Oltre la gabbia del panico: DIAGNOSI E TRATTAMENTO

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Dott.ssa Michela Pensavalli
Il panico è un paradosso interno al nostro organismo
(logica non ordinaria): la mente razionale cerca di
sedare la mente spontanea, in questa lotta, il controllo
fa perdere il controllo. Si sblocca il paradosso
(cortocircuitandolo) con un contro paradosso.
Viene definito un attacco di panico (DSM IV pag.437-438), quando nella persona si presenta
un periodo preciso di intensa paura o disagio, durante il quale quattro (o più) dei
seguenti sintomi si sono verificati improvvisamente ed hanno raggiunto il picco nel giro
di 10 minuti:
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palpitazioni, cardiopalmo, tachicardia
sudorazione
tremori fini o a grandi scosse
dispnea o sensazione di soffocamento
sensazione di asfissia
dolore o fastidio al petto
nausea o disturbi addominali
sensazioni di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento
derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere
distaccati da sé stessi)
paura di perdere il controllo o di impazzire
paura di morire
parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio)
brividi e vampate di calore
Durante il disturbo di attacchi di panico, uno o più singoli attacchi si sono verificati
immediatamente prima, e non durante situazioni che generalmente possono causare
disagio o ansia.
Non sono inoltre provocati da situazioni in cui la persona si trova prevedibilmente al centro
di interesse di altri(gli attacchi possono essere imprevedibili).
Nell’arco di quattro settimane, un singolo o più attacchi di panico, possono verificarsi, seguiti
poi da un mese in cui persiste la paura di averne uno ulteriore.
E’ sicuramente da escludere un fattore organico iniziale nella genesi dell’attacco di panico,
così come nel suo mantenimento. Inoltre la causa scatenante non può essere
un’intossicazione da farmaci, anfetamine, caffeina, né da una malattia generale.
L’attacco di panico può presentarsi in diverse forme, più o meno gravi:
Media: durante un mese preso in esame, gli attacchi di panico, hanno avuto un numero
limitato di sintomi (per esempio, poco più di quattro), oppure non si è presentato alcun
attacco di panico.
Moderata: nell’arco di un mese preso in esame, i sintomi dell’attacco di panico, si sono
presentati in numero limitato (ad esempio poco più di quattro), oppure non si è
presentato alcun attacco di panico o ancora gli attacchi sono stati intermedi tra “medi” e
“severi”.
Severa: nell’arco di un mese preso in esame, si sono presentati almeno otto attacchi di panico.
In parziale remissione: quando i sintomi sono intermedi tra completa e parziale
remissione.
In completa remissione: quando durante i sei mesi passati, non si sono
presentati sintomi tipici dello spettro panicoso, così come nessun attacco
di panico vero e proprio.
Una ulteriore specificazione si da agli attacchi di panico per differenziarli tra:
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Inaspettati: quando la situazione che li scatena, non è anticipata,
provocata, cercata dal soggetto, quanto piuttosto imprevedibile
Causati dalla situazione: quando il soggetto conosce il contesto che
potrebbe renderlo sensibile al presentarsi dei sintomi panicosi
Sensibili alla situazione: quando questa potrebbe in qualche modo
provocare un’ansia o sintomi simil attacco di panico.
L’attacco di panico viene classificato anche con o senza la presenza di sintomi
di agorafobia.
PAURA
→
PENSIERO
PANICO
Percezione di immagini mentali di tipo realistico o
fantastico che coinvolgono l’intero organismo.
→
Rapida escalation di eventi
ATTIVAZIONE
FISIOLOGICA
→
→
PANICO
PERDITA DI
CONTROLLO
-SENSAZIONI Sensazioni concrete
propriocettive
CIRCOLO VIZIOSO
Attribuzione di senso alle alte
Alterazioni delle sensazioni
propriocettive
- PENSIERI –
Questo processo di interazione tra la mente e le reazioni fisiologiche è stato osservato anche grazie a misurazioni di
laboratorio delle attività celebrali sottoposte ad impulsi terrorizzanti.
Sia i centri - ARCAICI e PRIMITIVI (che veicolano le reazioni
emozionali)
che MODERNI ed EVOLUTIVI (che veicolano il ragionamento
e le
decisioni logiche)
sono implicati nel panico.
Scattano prima le REAZIONI PSICOFISIOLOGICHE
poi i PENSIERI e le RISTRUTTURAZIONI DI SIGNIFICATO di
queste


Per paura io controllo i miei pensieri e le mie sensazioni
Controllando rivolgo la mia attenzione continuamente all’ascolto dei parametri
fisiologici che mi indicano che la mia ansia si sta alzando.

Le funzioni fisiologiche spontanee diventano artificiose, alterate.

La paura aumenta.
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Sale ancora di più il livello dell’ansia.
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Penso che sto avendo un attacco di panico.
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Mi agito.
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Ho un attacco di panico

Es. : della scala: controllo volontario di funzioni fisiologiche o azione di solito
spontanea.
Ascolto me stesso
→ controllo le mie funzioni → controllo →
il controllo mi fa perdere il controllo → ho il panico.
La mente non può controllare il proprio
funzionamento mentre sta funzionando.
“Gli occhi non possono guardarsi mentre stanno guardando”.
Ecco perché:
L’utilizzo del paradosso.
Utilizzo volontario di una reazione paradossale nei confronti del
momento del panico, blocca l’escalation della paura, provocata dal
fallimentare tentativo di controllo operato dalla persona.
Paura
E’ uno stato mentale, ma anche corporeo, di allarme generalizzato che si
attiva nei confronti di una situazione minacciosa che possa coinvolgere
noi stessi o le persone amate (es. si può avere paura che qualcuno possa
farci del male o farlo a nostro figlio o a nostro padre).
Una delle paure che da sempre ci accompagna nella vita è la paura di essere
abbandonati.
Tutte le paure, sono state da molti autori ricondotte a questa paura iniziale e
primaria, poiché questa si lega fortemente alla necessità di sopravvivere,
infatti ogni volta che esperiamo una intensa paura, il primo istinto è
quello di proteggerci, di agire per sopravvivere.
In ogni caso la paura si orienta su una oggettiva situazione minacciosa.
Ansia
L’ansia invece, è molto spesso una paura anticipatoria, eccessiva, poco
adattiva.
Si può provare ansia per un avvenimento che potrebbe avvenire nel futuro
(es. paura di perdere il lavoro, di una malattia improvvisa e grave, della
morte di qualcuno a noi caro).
L’anticipazione nel futuro, di qualcosa che non è certo, né altrettanto definito,
ma piuttosto ipotetico, immaginario, attiva la risposta fisiologica di
perenne stato di allarme, di eccitazione, di prontezza di riflessi.
Questa situazione di “iperattenzione”, laddove non esiste un reale pericolo,
ma questo è solo percepito, immaginato, mantiene la persona in un
cosiddetto stato di attivazione nervosa e cognitiva, fino a logorarla,
poiché non può esistere una situazione di operatività concreta che
permetta uno “sfogo” di queste energie eccessivamente accumulate.
Stress
Si definisce così, quella sorta di difficoltà, avversità, tensione, dovuta ad un
insieme di stimoli che producono una reazione nell’organismo e nei
comportamenti.
Selye definì lo stress come “una aspecifica reazione dell’organismo a qualsiasi
stimolo interno o esterno, di tale intensità da provocare meccanismi di
adattamento e riadattamento tali da ristabilire l’equilibrio interno
stabile”.
Molto spesso usiamo questo termine per definire tutte quelle situazioni
interne ed esterne che ci portano ad un eccessivo dispendio di energie con
conseguente alterazione negativa dei parametri fisiologici fisici e mentali
(es. mal di testa da stress, reazione allergica da stress, esaurimento
nervoso da stress).
Così come spiegato per l’ansia, nella reazione da stress, l’organismo rimane
attivato su eccessiva produzione di adrenalina, con conseguente eccessivo
spreco di energie, dovuto al blocco di sovreccitazione, che impedisce il
normale ritorno ad uno stato equilibrato di quiete (Possanzini, 2000).
Il circuito neurofisiologico anche in questo caso va in tilt.
Angoscia
L’angoscia invece, è un tipo di ansia che non ha però un oggetto
che può essere chiaramente riconoscibile.
L’esperienza che vive una persona angosciata, è quella di star
male senza riuscire a spiegarsi il perché, senza avere un vero
e proprio problema concreto, anche se spesso possono
trovarsi riferimenti nel presente o nel passato.
La percezione di non trovare una reale causa, di soffrire di un
male “sfuggente”, poco concreto, getta la persona in uno
stato di allarme ugualmente disfunzionale.
Si può provare angoscia nell’idea di non avere trovato il senso
della propria vita, per uscire in mezzo alla gente e sentirsi
ugualmente soli, per ripensare costantemente ad eventi
passati che tornano nostalgicamente alla memoria come
esperienze di vita mancate, non vissute a pieno
Probabilità
Percettiva
gravità
percepita
l’ansia aumenta quando
il soggetto avverte il danno
imminente, molto probabile
ANSIA =
capacità
percepita
di
fronteggiarlo
disponibilità
percepita di
aiuto
esterno
e con elevato potere di
compromissione
La discriminante per l’attacco di panico:
- carattere improvviso
- presenza di una situazione ansiogena
Quando sono presenti sintomi psicosensoriali (sensazione di camminare su
un tappeto di erba, limiti spazio - temporale sfumati) la prognosi è meno
favorevole, l’attacco di panico si presenta in forma più grave.
Al di fuori di quanto indicato dal D.S.M.IV sul piano clinico si riconoscono
diverse varianti e forme del D.A.P.:
- respiratorio
- cardiaco
- derealizzatorio
- gastroenterico
- cardiorespiratorio
- vestibolare
- depersonalizzazione/derealizzazione
- misto
Comorbidità = coesistenza di diversi disturbi nello stesso paziente.
Non per forza i diversi disturbi devono avere stessa
eziopatogenesi.
Comorbidità nel disturbo di Panico:
- depressione maggiore: 10-65%
(in circa 1/3 degli individui, con entrambi i disturbi, la
Depressione precede l’esordio del Disturbo di panico),
- fobia sociale: 15-30%
- ansia generalizzata: 15-30%
- fobia specifica: 2-20%
- ossessivo – compulsivo: 10%
- disturbi post - traumatico da stress: 2-10%
L’attacco di panico ha alta comorbidità con l’ipoglicemia e con l’infarto che
spesso è da esso mascherato, inoltre ha comorbidità con l’epilessia, con
l’emicrania nelle quali la luce può dare molto fastidio così come nel dap,
in cui siano presenti sintomi psicosensoriali.
La più alta comorbidità è comunque con la depressione, che può essere
sincronica o diacronica (in seguito all’attacco di panico).
Tra i disturbi di personalità c’è alta correlazione con il disturbo dipendente di
personalità, oltre che, in maniera minore, col disturbo schizoide e
schizotipico.
E’ comune anche la comorbidità con tutti gli altri disturbi di ansia
specialmente negli ambienti clinici e negli individui con agorafobia più
grave (la fobia sociale è stata riferita nel 15% - 30% degli individui con
disturbo di panico; il disturbo ossessivo- compulsivo nell’8% - 10%, la
fobia specifica nel 10% - 20%; e il disturbo di ansia generalizzato nel 25%).
Nel 20% dei pazienti panicosi con associato un Disturbo dell’Umore, è
presente un alto rischio suicidario. Il suicidio è più facilmente
riscontrabile laddove il disturbo ha altre comorbidità e quando presenta
sintomi di panico durante la notte, che risvegliano il paziente.
La percentuale di suicidio nel DAP è comunque
bassa : 0,06 % e cresce laddove ci sono i
seguenti fattori di rischio:
- disturbi affettivi
- abuso di sostanze
- disturbi alimentari
- disturbi di personalità
- sesso femminile
- se il DAP si presenta con episodi notturni
Il rischio di sviluppare il Disturbo di Panico è 4 – 8
volte superiore nei parenti di primo grado
delle persone con Disturbo da Attacchi di
Panico, rispetto a quelli di persone con altre
patologie psichiatriche.
La diagnosi differenziale può essere effettuata con:
- altre sindromi psichiatriche in cui compaiono
attacchi di panico
malattie cardiache (aritmie cardiache in particolare
feocromocitarie (tumore delle ghiandole surreali)
asma, ipertiroidismo
tumore del lobo temporale
ingestioni di sostanze stimolanti (caffeina, cocaina)
astinenza da alcol, barbiturici, e benzodiazepine.
I numeri del panico:
colpisce il 3% della popolazione (3.5 % in USA, 2.9% in Italia);
colpisce maggiormente il sesso femminile, con un rapporto maschi/ femmine
di 1:3.
Le ragioni per cui questo disturbo colpisce maggiormente le donne sono
dovute alle variabili biologiche e psicosociali:
1) decremento del progesterone durante la fase premestruale
A conferma dell’ipotesi biochimica, si è dimostrata una sensibilità alla CO2
(anidride carbonica) significativamente maggiore in donne affette da
DAP, nella parte iniziale del ciclo follicolare, quando sono più bassi i
livelli di progesterone.
Inoltre, donne con disturbi disforia della tarda fase luteale (accompagnata da
brusco abbassamento di progesterone) mostrano una ipersensibilità al test
di infusione con il lattato.
Il progesterone è un ormone che induce iperventilazione e il
suo abbassarsi, con conseguente aumento di CO2
stimolerebbe in sistema di allarme per soffocamento.
2)spiccata propensione della donna ad evitare il pericolo e
quindi situazioni ansiogene.
3) maggiore longevità della donna (vita media 83 anni)
4) maggiore propensione all’ascolto del proprio corpo,
dovuta ai maggiori cambiamenti (cicli mestruali,
menopausa, gravidanze)
L’età di insorgenza del disturbo di Attacchi
di panico: tra l’adolescenza e i 40 anni
I picchi di incidenza: il primo a 20 anni ed il
secondo a 35 anni.
L’età del primo trattamento psichiatrico si
situa tra i 25 e i 45 anni mediamente
dopo 5/10 anni di malattia.
Possiamo distinguere tra :
1) patologie che si esprimono con il panico: Attacco di panico
invalidante
( paura di perdere il controllo in situazioni
prevedibili o imprevedibili)
2) patologie nelle quali il disturbo di panico è rappresentato da
ciò che la persona fa per evitare di cadere nel panico: è la
Strategia invalidante( mai avuti attacchi di panico ma la
persona li previene con pensieri ed azioni)
Le patologie sono sempre in evoluzione e democraticamente
distribuite
Esiste una creatività nel costruire patologie “Esistono tante
paure quante ne possiamo inventare”.
1) PAURA DI PERDERE IL CONTROLLO
Non è la paura che conta ma come la persona ci si relaziona (reazioni alla paura).
La persona somatizza ciò che teme.
Es. paura di farsela addosso.
Profezia che si autoavvera.
T.S. evitamento, controllo, richiesta di aiuto
2) PAURA DI VOLARE
Modalità innaturale di spostarsi + paura dell’altezza + paura di rimanere feriti + claustrofobia
3)PAURA DELL’ALTEZZA
Non è per forza legata alla reale presenza dello stimolo minaccioso (paura di gettarsi nel vuoto).
E’ la paura di perdere il controllo e fare cose bizzarre.
4)PAURA DI PERDERE PERSONE CARE
Iperprotezionismo.
5) ZOOFOBIA
Per l’incontrollabilità degli animali, portatori di sporco.
6) AGORAFOBIA
Paura di stare da soli o in luoghi poco sicuri
T.S. Evitamento o richiesta di aiuto
7) CLAUSTROFOBIA
Paura e vergogna di rimanere in spazi chiusi e doversi allontanare.
T.S. evitamento o richiesta di aiuto
8) PAURA DEL RIFIUTO SOCIALE
Il fobico sociale è sicuro di essere rifiutato ed ha un atteggiamento difensivo.
T.S. evitamento, controllo.
9) FISSAZIONI IPOCONDRIACHE
Medicinale in sovradosaggio →
veleno.
Eccessiva prevenzione e ricerca diagnostica
→
“Chi cerca trova”
Es. leggere più giornali per convalidare la stessa notizia.
trappola
CONTROLLO TROPPO RIUSCITO: LE OSSESSIONI COMPULSIVE
10) DISMORFOFOBIA
Simile al doc.
Fattori genetici
Alcune ricerche hanno evidenziato che nella fisiopatologia degli
attacchi di panico intervengono alterazioni degli equilibri
neurotrasmettitoriali a livello cerebrale. In particolare, le
alterazioni riguardano i sistemi noradrenergico (nel senso di
un’iperattività e/o iperreattività del sistema),
serotoninergico (nel senso di un’iperattività) e GABAergico.
Si è osservato un maggior rischio di ammalarsi del disturbo nei
parenti di primo grado dei pazienti affetti rispetto al rischio
osservato nella popolazione generale: la probabilità di
ammalarsi passa dal 3 % nella popolazione generale al 15-17
per cento nei parenti di primo grado di soggetti affetti.
Fattori ambientali
Vissuti di esperienze traumatiche durante l’infanzia (per esempio un evento di perdita, come la morte di un
genitore)
Aver sofferto di ansia di separazione (difficoltà al distacco dai genitori) aumenti il rischio di ammalarsi di
disturbo di panico in età adulta.
Vivere un’esperienza traumatica (sia una situazione di pericolo e/o minaccia esterna sia la manifestazione
di conflittualità intrapsichiche) recente può essere correlato all'esordio del disturbo; il vivere in modo
conflittuale le esperienze di dipendenza/indipendenza aumenta la vulnerabilità per il disturbo di
panico.
I due gruppi di fattori ambientali interni ed esterni, possono agire in sinergia nel determinare gli attacchi di
panico. Nel 10 per cento circa dei casi (disturbo di panico dovuto a una condizione medica generale)
concorrono a determinare il disturbo specifiche patologie internistiche come le disfunzioni tiroidee, le
disfunzioni vestibolari (labirintite), malattie respiratorie.
Questa eventualità implica che le procedure diagnostiche prevedano anche un attento esame obiettivo
generale e l’effettuazione di alcune analisi (esami ematologici ed ematochimici, dosaggio degli ormoni
tiroidei ed elettroencefalogramma).
Proprio per questo motivo affermiamo che le cause dello scatenarsi di un attacco di panico, possono essere
multiple e diverse e spesso possono intrecciarsi fra di loro.
Possono essere di tipo biologico e psicologico, ma tutte queste informazioni ci possono servire in senso
conoscitivo, ci indirizzeranno per orientare l’intervento ma per risolvere concretamente il problema, è
importante soprattutto capire come esso funziona nel presente, più che risalire alle sue cause più
remote.
In altre parole, nella cura del panico, si rivolge l’attenzione sul concreto funzionamento del disturbo, sulle
dinamiche che lo sorreggono, sui processi che lo spiegano a livello di percezioni e di comportamenti
della persona che ne è affetta.
Cause fisiche
Tra le cause fisiche ed emotive che più spesso
vengono recuperate dai resoconti dei pazienti
panicosi e dell’indagine diagnostica ci sono:
periodi di forte stress
traumi, perdite o lutti
problemi legati a malattie mediche croniche
eccessivi impegno di lavoro, sul piano sociale o anche
personale (es. perenne intenzione di stare a dieta e
conseguente stress relativo agli scarsi risultati)
reazione allergica a medici o a sostanze stupefacenti
eccessivo o violento esercizio fisico
Per arrivare ad orientarci nell’intervento comprendendo le
cause del disturbo da panico, possiamo recuperare:
la DIMENSIONE BIOLOGICA DELL’ANSIA
la PROSPETTIVA PSICOLOGICA
la DIMENSIONE EVOLUTIVA DELL’ANSIA
la TEORIA STRESS – VULNERABILITA’
La struttura di personalità, può essere da alcuni intesa in senso genetico come temperamento,
da altri come organizzazione di elementi della storia dello sviluppo in strutture
relativamente stabili.
Alcuni autori, hanno intravisto nei tratti patologici classificati nel DSM IV, come disturbi di
personalità del Gruppo C, dei fattori predisponenti al panico.
Si parla di personalità cosiddette “ ansioso-paurose” , che comprendono in sé diversi tipi di
disturbi: evitante, dipendente, ossessivo compulsivo e misto.
Il disturbo evitante, si manifesta con l’esplicito timore di essere giudicati, rifiutati o
disapprovati, con un’ ipersensibilità alle critiche e la tendenza a non parlare di sé per
timore di essere umiliati o ridicolizzati, atteggiamenti solitamente riscontrabili per
esempio, in chi soffre di fobia sociale; il
Il disturbo dipendente, si manifesta con l’eccessivo bisogno di essere accuditi e protetti e la
costante paura della separazione;
Il disturbo ossessivo compulsivo, si manifesta con scarsa flessibilità e apertura mentale,
dedizione eccessiva al lavoro e alla produttività, estrema meticolosità e inflessibilità nei
confronti di se stessi.
La personalità di chi ha sofferto o soffre di Disturbo
di Panico è importante per inquadrare i diversi
aspetti comportamentali che sono racchiusi da
questa patologia multifattoriale, in particolar
modo possiamo dire che il fobico può presentare
nei risvolti pratici di comportamento,
atteggiamenti che hanno caratteristiche dei
disturbi del gruppo C diagnosticati nel Manuale
DSM IV.
E’ chiaro che, si tratta di persone che soffrono
prevalentemente di paura, prima che di un
disturbo di personalità.
Sulla base fobica, queste persone sviluppano poi,
tutte quelle ulteriori complicazioni che sono legate
ad un atteggiamento rigido di personalità che va a
sommarsi al disturbo d’ansia sottostante (Troiano,
2001).


EVITAMENTI

RICHIESTA DI AIUTO

TENERE OSSESSIVAMENTE IL CONTROLLO

L’ATTEGGIAMENTO PROTETTIVO DELLA
FAMIGLIA
Il risultato di 15 anni di studio su questa patologia attraverso protocolli di
intervento specifici.
E’ importante analizzare le t.s.:
1) evitamento;
2) richiesta di aiuto;
3) controllo delle proprie reazioni e della situazione circostante.
Il trattamento:
I° fase
(1 seduta)
parte CONOSCITIVO – OPERATIVA
in quanto indaga un problema e porta essa stessa
al cambiamento
parte delle PR: - d.b. (sposta attenzione)
- ristrutturazione della paura dell’aiuto
e dell’evitamento
II° fase :
(2-5 seduta)
viene ribadito il cambiamento ottenuto nella
I° fase della terapia.
Le PR : WF “spegnere il fuoco aggiungendo
la legna”.
5’ X 5
La WF si evolve in:
al bisogno
III° fase:
la terapia spostata alla soluzione.
Le PR: “come se”
Il paziente esperisce concretamente le proprie risorse
IV° fase :
(ultima seduta)
consolidato il lavoro fin a quel punto svolto.
Si sottolinea come il paziente non abbia creato
nulla di nuovo ha solo tirato fuori risorse che aveva
dimenticato di avere.
Immanuel Kant recita: “la maggioranza dei
problemi non deriva dalle risposte che ci diamo
ma dalle domande che ci poniamo”, questo ci
porta a pensare che sono le domande a creare
le risposte piuttosto che le ipotesi a indurre
domande.
Albert Einstein alla stessa stregua ci informa:
“Sono le nostre teorie che determinano le
nostre osservazioni”.
I° SEDUTA e DOMANDE AD IMBUTO
STRATEGICO = tutte quelle tattiche e manovre orientate ad un
fine preciso.
- Dialogo strategico:
grazie al quale anche la prima seduta è
terapeutica, nella prima seduta si può però già avere un processo di
ristrutturazione del s.p.r., questo è stato possibile grazie alle domande
ad imbuto (es. “Lei ha paura di morire o di perdere il controllo?
questa alternativa installa nel paziente una riflessione su ciò che gli
succede, noi possiamo trarre un insieme di informazioni sull’aspetto
fobico o ossessivodiscriminiamo anche sulle t.s. sull’aspetto
fobicofuga/ossessivaricerca di controllo).
La
RELA
ZION
E
La
COM
UNIC
AZIO
La NE
STRAT
EGIA
TERAP
EUTIC
A
Con le domande ad imbuto e la prima seduta
lavoriamo su questi 3 livelli
es. “Rispetto alle situazioni percorse lei le
evita o le rifugge?”
evita (fuga)
parametro fobico
affronta
ossessivo
es. “Nel momento in cui prende l’attacco, cerca
qualcuno oppure combatte da solo?”
es. “Lei tende a parlare molto del suo
problema o tende a tenere tutto per sé?”
N.B. Dopo ogni domanda ad imbuto e risposta, c’è una
parafrasi.
es. “Quando lei chiede aiuto e lo riceve si sente bene
oppure dopo si sente meno fiducioso nelle sue
capacità?”
Con la domanda ad imbuto già introduciamo una
ristrutturazione importantissima “la paura dell’aiuto”
es. “Tutte le volte che lei sfugge ad una situazione
paurosa come si sente?”
La prima seduta è una seduta:
Suggestiva: basata sull’auto inganno terapeutico che fa
auto persuadere il paziente.
Persuasiva: basata sull’auto inganno facendo
avvicinare la nostra percezione ai nostri desideri.
Nella terapia si utilizza di più la persuasione
basata sull’auto inganno, perché aggira le
resistenze del paziente, efficacemente combatte i
drop-out. Alla stregua dei saggi cinesi si
compiono cose senza che si vedano.
Manipolatoria : ingiunzione diretta.
La fase delle domande ad imbuto, è fondamentale
per aprire il campo alla fase di prescrizione.
“Non è importante vedere nuovi
mondi ma vedere il nostro
mondo con occhi diversi.”
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