INTERVISTA SU “SCIENZA E FEDE” GIANCARLA PEROTTI BARRA STEFANIA MEZZINA Ci può essere all’alleanza tra scienza e fede? La difficoltà posta dal binomio Ragione e fede nasce dal fatto che esso fa sorgere da sé, come molteplici cerchi concentrici, la tensione fra filosofia e teologia, scienza e fede, ragione e Rivelazione fino alla dimensione politica del rapporto fede e sfera pubblica, Chiesa e Stato. Papa Giovanni Paolo II, spalancando le porte della Chiesa cattolica alla scienza galileiana, dette vita a questa grande alleanza tra fede e scienza. “La fede e la ragione sono come due ali, con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità” così inizia l’enciclica Fides et Ratio di Papa Giovanni Paolo II massimo esponente della fede e grande filosofo. Un’alleanza di cui è prova la frase “scienza e fede sono entrambe doni di Dio” incisa su ferro ed esposta agli scienziati di tutto il mondo al Centro di cultura scientifica “Ettore Majorana” a Erice. Il prof. Kahn Axel genista pur autodefinendosi un agnostico dichiara che i suoi ragionamenti combaciano con quelli della Chiesa cattolica. Da una parte lui rimarca la sua formazione scientifica, ma dall’altra parte continua a marcare con insistenza che lui si interessa di metafisica, si interessa di filosofia, si interessa anche di temi etico-religiosi e questo fa sì che una figura di questo calibro diventi estremamente interessante per un confronto e un dialogo. La ragione e la fede devono ininterrottamente intrecciarsi fra di loro. La società attuale si trova di fronte alla tentazione molto forte di emarginare il pensiero religioso, considerandolo come una sorta di reperto del paleolitico culturale. Questa tentazione qualche volta è espressa in un mondo secolarizzato in forme anche aggressive, pensiamo alle nuove forme cosiddette di “Ateologia”, cioè la negazione della religione in una maniera aggressiva, molto superficiale, certe volte persino fondamentalista. Dall’altra parte, però, dobbiamo riconoscere che la cultura e la società contemporanea si interessano sempre di più, in maniera sorprendente, alle domande che fioriscono e che non hanno risposta nel mondo della scienza; esse trovano risposta nel mondo della sapienza, cioè della filosofia e della teologia. Nella cupola della Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a Roma è incisa un’altra famosa frase di Giovanni Paolo II: “La scienza ha radici nell’Immanente, ma porta l’uomo verso il Trascendente”. Il rapporto fra fede e ragione, e così fra filosofia e teologia, deve essere di distinzione ma non di separazione. Del resto, fra i due ordini di verità non ci può essere contraddizione perché è lo stesso Dio a rivelarsi nell’ordine naturale, letto dalla ragione, e nella Rivelazione. L’incontro tra scienza e fede ha un’urgenza improrogabile, afferma il Card. Carlo Cafarra, e io mi auguro che esso si realizzi in pienezza. Cosa la colpisce di più del contenuto dell’Enciclica Fide et Ratio di Papa Karol Wojtyla? La prima parola che merita di essere pronunciata per introdursi con coerenza in Fides et ratio, a me sembra essere: verità. Tra i diversi servizi che la Chiesa deve offrire all’umanità Giovanni Paolo II identifica come motivazione prima della sua enciclica “la diaconia alla verità”. La Chiesa, attesta il Papa, ha un compito da svolgere; questo non è assunto da una riflessione strategica che la comunità credente ha compiuto per giustificare la sua presenza nel mondo, ma è una missione che ha ricevuto dal Signore stesso. Se la Chiesa avesse semplicemente un "ruolo" da svolgere nella società, allora sarebbe abilitata a cambiarlo con il cambiare dei tempi e delle stagioni; se, invece, ha una missione da compiere, allora ciò che le viene chiesto è in primo luogo l'obbedienza e la fedeltà. Questa prima indicazione sembra necessaria nel momento in cui si deve almeno giustificare in un contesto come quello contemporaneo l'intervento del Magistero in materia di filosofia. La diaconia alla verità non è l'unico ministero che la Chiesa svolge; esso, comunque, è tra i prioritari. Scaturisce, infatti, direttamente dalla Rivelazione e dalla fede in essa e si attesta come la forma più adeguata per il riconoscimento della dignità e della libertà dell'uomo. La verità va ricercata. Penso che si debba partire dalla definizione netta di ciò in cui crede chi professa la fede cristiana, dalla determinazione dell’oggetto della fede cristiana. Esso è una persona: è Gesù Cristo, Dio fattosi uomo. Forse nessuno nella modernità ha espresso con più forza di S. Kierkegaard la “provocazione” che questa proposizione costituisce per quell’uso della ragione, quando il filosofo danese, riferendosi a quello che chiama il “problema di Lessing”, asserisce: «È mai possibile costruire una salvezza eterna su un fatto storico? Ossia, come mai un fatto storico può essere decisivo per una salvezza eterna? Ci può mai essere un punto di partenza storico per una coscienza eterna? Questo punto di partenza può avere un interesse diverso da quello storico? Si può fondare una beatificazione eterna su un sapere storico?». Chi crede risponde affermativamente a questa serie di domande poiché quel fatto storico è creduto incomparabile con qualsiasi altro fatto storico, assolutamente singolare fra tutti i fatti storici. Qual è oggi la posizione della filosofia nel rapporto scienza e fede? Desidero rispondere evidenziando il contenuto del n° 56 di F R, enciclica scritta appunto da un Papa che credeva nella ragione filosofica più degli stessi filosofi. In questo numero il papa scrive: “È certo comprensibile che, in un mondo suddiviso in molti campi specialistici, diventi difficile riconoscere quel senso totale e ultimo della vita che la filosofia tradizionalmente ha cercato”. Qui l’accento è preziosissimo. Lo scibile umano è stato diviso in molti campi, così è accaduto che anche la filosofia, intimorita da verità appartenenti alla scienza, ha abbandonato l’idea di una possibile concezione del mondo perché si è sentita superata dal campo specialistico della fisica e, quindi, in un certo senso, si è intimorita soprattutto sul giudizio, su quello che è il senso ultimo della vita, che è la massima concezione sintetica cui l’uomo può arrivare nella sua filosofia, quando essa tocca il senso stesso del nostro esistere. Il Papa continua scrivendo: “Non di meno alla luce della fede che riconosce in Gesù Cristo tale senso ultimo, non posso non incoraggiare i filosofi, cristiani o meno, ad avere fiducia nelle capacità della ragione umana e a non prefiggersi mete troppo modeste nel loro filosofare”. Quindi è addirittura il massimo esponente della fede che spinge la filosofia ad avere il coraggio che aveva inizialmente e che poi non ha avuto più quando è stata intimorita dalle cose accertate dalla scienza. Ogni accertamento scientifico deve avere a monte l’interpretazione della ragione, altrimenti diventa un dato acritico, anzi, può essere stimato in modo erroneo se è preso solamente direttamente per quello che mostra. Prendiamo ad esempio il sole che sembra girare attorno alla terra e ciò risulta da ogni osservazione fatta da ogni uomo, ma questa verità viene smentita grazie alla ragione di cui si è servito Galileo che ha dimostrato che il sole è fermo al centro dell’universo ed è la terra che si muove. Questo fenomeno quindi, è da giudicare con la capacità della ragione, altrimenti incorreremo ancora nell’errore del passato. Se il filosofo ha perso il suo coraggio nei confronti della sua ragione, e si fa intimorire dai fisici che poi, a volte, usano una ragione irragionevole, ecco che l’uomo può essere indotto a credere che il sole gira attorno alla terra e questo non è la verità. Il Papa incoraggiare i filosofi cristiani e non cristiani perché è convinto che non ci si debba appoggiare al cristianesimo per arrivare alla ragione perché chiunque filosofeggi sia cristiano e non cristiano e giunga alla verità, vi giunge, senza alcun dubbio, per la fede alla verità, quindi al senso unico della vita proprio nella concezione cristiana di Gesù Cristo. Andando avanti sul punto 56 il Papa afferma che “la lezione della storia di questo millennio… testimonia che questa è la strada da seguire: bisogna non perdere la passione per la verità ultima e l’ansia per la ricerca, unite all’audacia di scoprire nuovi percorsi. È la fede che provoca la ragione a uscire da ogni isolamento e a rischiare volentieri per tutto ciò che è bello, buono e vero. La fede si fa così avvocato convinto e convincente della ragione.” Emergono tre requisiti fondamentali: la passione per la verità ultima, l’ansia per la ricerca e l’audacia di scoprire nuovi percorsi. Perché se la ragione non è audace e si fa intimorire dalla verità scientifica non giudicata correttamente rischia di portare a conclusioni irragionevoli come è accaduto nel passato. Secondo Giovanni Paolo II è la fede che provoca, che spinge in ogni modo la ragione ad uscire da ogni isolamento e a rischiare volentieri.