quella di martin lutero fu una rivoluzione, punto e basta

QUELLA DI MARTIN LUTERO FU UNA RIVOLUZIONE, PUNTO E BASTA. MA
MOLTI CATTOLICI NON LA PENSANO PIÙ COSÌ
di Matteo Carletti
Lutero maestro della fede, cultore della buona musica, grande riformatore
del Cristianesimo? A leggere l’articolo firmato da Chiara Bertoglio sul sito di
Avvenire, sembra che il monaco tedesco sia questo ed anche di più. Scrive
la Bertoglio: «Nella storia del cristianesimo, c’è stato un teologo di grande
importanza […] Un cristiano appassionato della parola di Dio”. Ed ancora:
“Un leader religioso […] un colto dottore in teologia». A leggere l’elenco di
complimenti impallidirebbe anche il più santo tra i santi. Sarà forse
necessario ricordare alla Bertoglio cosa insegnano il Catechismo della
Chiesa Cattolica e il Magistero sul monaco ribelle.
La storiografia contemporanea ha ormai abbandonato quasi del tutto
l’espressione “Controriforma” di anti – luterana memoria in quanto
immagine falsata di una chiesa considerata dal monaco tedesco (e da
buona parte della propaganda modernista) retriva e oscurantista, contraria
a qualsiasi tentativo di rinnovamento. In realtà oggi si parla, per lo più, di Riforma Cattolica, intendendo con essa la grande stagione riformista
che ha attraversato il XVI secolo ed è culminata con il Concilio di Trento. Di certo è vero che la spinta luterana ha scosso la Chiesa dalle
fondamenta favorendone il rinnovamento. È però solamente all’interno di questo rapporto che trova giustificazione la sua dimensione indicata
come “Controriforma”, anche perché, semplicemente, in Lutero non albergava nessuna idea riformista.
Ad Avvenire sarà forse sfuggito che le idee del «colto dottore in teologia» siano già state giudicate eretiche, non solo da Papa Leone X con la
bolla “Exsurge Domine” del 15 giugno 1520, nella quale si condannano 41 proposizioni luterane (bolla peraltro che il «teologo di grande
importanza» bruciò con gran disprezzo davanti ai suoi studenti), ma anche dal magistero di San Pio X, che nel Catechismo Maggiore definisce il
Protestantesimo come «la grande eresia prodotta e divulgata principalmente da Lutero e da Calvino». «Questi novatori – prosegue San Pio X –
col respingere la Tradizione divina riducendo tutta la rivelazione alla S. Scrittura, e col sottrarre la S. Scrittura medesima al legittimo magistero
della Chiesa, per darla insensatamente alla libera interpretazione dello spirito privato di ciascheduno, demolirono tutti i fondamenti della fede,
esposero i Libri Santi alla profanazione della presunzione e dell’ignoranza, ed aprirono l’adito a tutti gli errori».
La Chiesa, Madre e Maestra, arrivò ad affermare con il Papa della Pascendi che «Il protestantesimo o religione riformata […] è la somma di
tutte le eresie, che furono prima di esso, che sono state dopo, e che potranno nascere ancora a fare strage delle anime». Ora se si può imputare
a papa Leone X una certa fretta nel giudicare un fenomeno che forse andava meditato nel tempo, ciò non si può certamente dire di Pio X, il
quale muove parole di fuoco quattrocento anni dopo la nascita della “chiesa” protestante, dopo avendone constatato gli effetti e le terribili
conseguenze per la fede. Cosa sia cambiato nel XX secolo tale da indurre ripensamenti così radicali circa i protestanti è mistero che avvolge
certe alte (e basse…) sfere dell’ecumenismo nostrano. Cosa poi oggi di quelle eresie i protestanti disconoscano, tanto da essere chiamati
“fratelli separati”, è altrettanto misterioso. Il fatto è che pare ci si trovi di fronte ad un fenomeno opposto: invece di ricondurre sulla via della
Verità coloro che l’hanno abbandonata si sdoganano per vere idee e posizioni già condannate, rischiando di creare confusione sul piano della
Dottrina e della prassi. Non è un caso che Gerard Muller, Prefetto per la Dottrina della Fede, in un recente discorso tenuto ai vescovi del Cile,
abbia ricordato come si debba far attenzione affinché la Chiesa non si abbandoni ad una certa “deriva protestante”.
Anche l’ex Prefetto poi divenuto Papa Joseph Ratzinger, nel suo ormai noto libro intervista con Vittorio Messori “Rapporto sulla fede”, metteva
già in guardia dal fenomeno della “protestantizzazione” della Chiesa Cattolica nel 1984. «Chi oggi parla di “protestantizzazione” della Chiesa
cattolica, – sosteneva Ratzinger – intende in genere con questa espressione un mutamento nella concezione di fondo della Chiesa, un’altra
visione del rapporto fra Chiesa e vangelo. Il pericolo di una tale trasformazione sussiste realmente; non è solo uno spauracchio agitato in
qualche ambiente integrista». Deriva che certo non può essere fermata incensando troppo colui che ha combattuto la Chiesa come istituzione
divina, i Sacramenti, la Tradizione e l’insostituibile necessità della ragione umana. Confidiamo che la “febbre” ecumenica che pare stia
colpendo diversi apparati della Chiesa, possa comprendere che il dialogo è si possibile e necessario, purché si eviti di perdere “pezzi” di Verità
che Dio stesso ha dato ai suoi pastori. La Verità, che è Cristo, è una ed essa non ci è stata Rivelata come la somma delle “verità”. Ci conforta
una sola certezza: la Verità non può perdere, la Verità ha già vinto il mondo. Per quanti sforzi si possano fare, il risultato non potrà che essere
scontato.
da «Libertà e
Persona»