Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica
Sezione di Psichiatria e Psicologia Clinica
U.O. di Psicosomatica e Psicologia Clinica
Università degli Studi di Verona
Corso di Psicoterapia cognitivocomportamentale
Claudia Goss
E-mail: [email protected]
A.A. 2011-2012
Le competenze professionali
del tecnico di riabilitazione psichiatrica
Competenze
tecniche
Operative Comunicative
relazionali
Fattori personali
•Motivazioni
•Attitudini
Conoscenze
scientifiche
Comunicative
Psicologiche
relazionali
Per essere dei bravi riabilitatori
occorre…
• Qualità personali
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
motivazioni
Sincerità e schiettezza verso il paziente
Atteggiamento rilassato, accogliente, non giudicante
Interesse e solidarietà verso il paziente
Comprensione e disposizione a vedere i problemi dal punto di
vista del paziente
Empatia, accettazione
Buon adattamento, alta tolleranza alla frustrazione
Fiducia in se stessi
Non farsi coinvolgere troppo
Senso di responsabilità
• Capacità professionali
– Conoscenze teoriche (es. formulare ipotesi di lavoro)
– Competenze tecniche (es. formulare un piano strategico,
utilizzare delle strategie)
– Competenze relazionali e comunicative (es. raccogliere
informazioni, gestire le emozioni)
– Automoniotoraggio e supervisione
Le funzioni terapeutiche del tecnico di
riabilitazione psichiatrica
• Accogliere e mettere a proprio agio il paziente
• Creare un clima di fiducia e collaborazione
• Gestire eventuali emozioni del paziente
• Motivare ed educare alla salute
• Riabilitare funzionamento (es. abilità sociali, relazionali)
• Individuazione dei bisogni di salute (individuo e collettività)
• Prevenzione
Le competenze comunicative e relazionali
tecnico di riabilitazione psichiatrica
• Saper raccogliere le informazioni utili dal paziente
• Saper instaurare una relazione di collaborazione e fiducia
• Saper informare correttamente il paziente
• Motivare il paziente
• Saper ascoltare e gestire eventuali reazioni emotive del paziente
• Capacità di identificare un problema o un disagio emotivo
• Capacità di comunicare e collaborare con altre figure professionali
Obiettivi del corso
• Far apprendere alcune nozioni teoriche di base
rispetto alle principali tecniche cognitivocomportamentali
• Far apprendere alcune possibili applicazioni pratiche
delle tecniche cognitivo- comportamentali nel campo
della riabilitazione psichiatrica
ADULT LEARNING
Un gruppo di adulti è motivato ad apprendere se ciò che si
impara è:
• rilevante rispetto alla propria situazione presente
• pratico e non solo teorico
• centrato su problemi realmente vissuti e non sui singoli
partecipanti
• costruito in base alle esperienze dei partecipanti
• diretto verso i bisogni sentiti dai partecipanti;
• pianificato in base ad obiettivi emersi da una discussione
plenaria;
• concreto e coinvolgente (in modo attivo);
• basato sui ritmi dei partecipanti;
• pianificato in modo che permetta una relazione paritaria con
i docenti.
Struttura del corso
1° LEZIONE: introduzione e presentazione delle lezioni, i diversi
approcci psicoterapeutici, l’efficacia delle psicoterapie. Principi di
base della Terapia cognitivo comportamentale
2° LEZIONE: La terapia cognitivo comportamentale dei disturbi d’ansia
e della depressione. Il modello ABC. Esercitazioni sul modello ABC
3° LEZIONE: la terapia cognitivo comportamentale nei disturbi di
personalità. L’importanza della relazione terapeutica. Le funzioni
metacognitve e i cicli interpersonali
4° LEZIONE: la terapia cognitivo comportamentale nella schizofrenia.
Principali tecniche d’intervento individuali e di gruppo (es. social skills
training).
5° LEZIONE: La gestione delle proprie emozione e nel lavoro di
supervisione tra pari. Come presentare un caso clinico ed organizzare
le strategie d’intervento nel lavoro d’equipe. La gestione dei conflitti in
ambito lavorativo.
Struttura del corso (2)
Testi consigliati:
 Semerari. Storia, teorie e tecniche della psicoterapia cognitiva.
Laterza,2000
 Bara B.G. (a cura di): Manuale di Psicoterapia Cognitiva.
Boringhieri, Torino, 2005.
 Ellis A.: L’Autoterapia Razionale Emotiva. Edizioni Erickson,
Trento, 2002.
 Cionini L. Psicoterapie:modelli a confronto. Carocci,1998
Orario di ricevimento:
Al termine delle lezioni e oppure
martedì dalle 14.00 alle 15.00 (preferibilmente avvisando prima)
presso l’U.O Psicosomatica e Psicologia clinica
Riferimenti
045 812 4441/ 6414
FAX 045 8027498
e-mail: [email protected]
Struttura del corso (3)
Modalità d’esame:
Esame scritto: descrizione di un caso clinico (da
inviare via mail, almeno due settimane prima della
data dell’orale)
Colloquio orale: discussione del caso clinico
Elementi rilevanti per strutturare un intervento
• Informazioni personali e condizioni attuali di vita del paziente
• Anamnesi familiare ed individuale con particolare riferimento agli
elementi rilevanti nella patogenesi della sofferenza (selezione
degli elementi biografici sulla base della loro rilevanza e funzione
nella spiegazione della situazione attuale. Descrizione delle
vicende che possono aver condotto quella persona a funzionare
nel modo attuale e leggi psicologiche di funzionamento
coinvolte)
• Invio e contesto della terapia/riabilitazione
• Definizione del problema secondo il paziente: sintomatologia,
descrizione di Sé, cosa si aspetta il paziente dalla
terapia/riabilitazione
• Definizione del problema secondo il tecnico della riabilitazione:
come si genera sofferenza nel paziente e perché non si riesce
ad uscirne, il funzionamento del paziente. In un’ottica
cognitivo-comportamentale
• Ipotesi diagnostiche
• Storia degli eventuali precedenti trattamenti terapeutici e terapia
farmacologia in atto
Presentazione del caso clinico per l’esame
1. Descrizione del paziente (vedi diapo precedente)
2. Descrizione dell’intervento
• Scopi concordati nel contratto iniziale con il paziente o discussi con il gruppo
di lavoro che indirizzano l’operare del tecnico della riabilitazione per
interrompere la genesi ed il mantenimento della sofferenza e/o migliorare il
funzionamento del paziente
• Le strategie d’intervento decise (specificare se l’intervento è individuale o di
gruppo), i motivi, i ragionamenti che hanno portato a scegliere tali strategie, il
razionale teorico (come mai possono essere utili con quel paziente e con
quel problema)
• Le tecniche utilizzate per attuare le strategie d’intervento
• Andamento del disturbo e dell’ intervento: ostacoli, fallimenti, scoperte,
cambiamenti di rotta, e riformulazioni della strategia (soffermare l’attenzione
su eventuali cambiamenti di strategia nel corso della terapia/riabilitazione:
come mai si sono resi necessari? Come ci si è accorti di questa necessità?)
• Eventuali osservazioni sullo stile del paziente nella relazione terapeutica
• Risultati raggiunti (pienamente, parzialmente o per nulla) e relativi indicatori
• Autovalutazione critica del tecnico della riabilitazione
Struttura del corso
Modalità d’esame:
Esame scritto: descrizione di un caso clinico (da
inviare via mail, prima della data dell’orale)
Voto: fino a 25/30 per l’inquadramento del paziente
Dal 25 in su se nelle descrizione si aggiungono
aspetti peculiari dell’approccio cognitivocomportamentale
Colloquio orale: discussione del caso clinico
Le figure professionali in Psichiatria
•
•
•
•
•
•
•
Psichiatra (medici in formazione)
Psicologo (tirocinanti)
Psicoterapeuta (tirocinanti)
Infermiere professionale (tirocinanti)
Assistente sociale (tirocinanti)
Educatore (tirocinanti)
Volontari
Come organizzare e strutture un
intervento (1)
• Fare una valutazione del problema e dei
bisogni (assessment)
– Quali sono gli aspetti su cui si vuole
lavorare?quali le abilità da rinforzare?
– Lavoro individuale (raccolta info, concordare
gli scopi)
– Lavoro in equipe (presentazione del caso)
– Gli strumenti (utili per fare la valutazione
iniziale e le successive durante o a fine
intervento)
Come organizzare e strutture un
intervento (2)
• Stabilire gli obiettivi (con il paziente e in
equipe)
– dove vogliamo arrivare?
• Identificare le strategie
– Quali sono gli strumenti per raggiungere gli
obiettivi ?
Come organizzare e strutture un
intervento (3)
• Organizzare l’intervento
–
–
–
–
–
Individuale
di gruppo
durata
numero di incontri
operatori coinvolti
• Rivalutazione periodica dell’andamento
dell’intervento (eventuali strumenti)
• Supervisione e revisione in equipe
Programma della seconda parte della
lezione
• I diversi approcci psicoterapeutici.
L’efficacia delle psicoterapie
• Le basi della terapia cognitivocomportamentale. Teorie e tecniche.
• Il colloquio clinico
Che cos’è la psicoterapia (1)
Definizione: dal greco “cura dell’anima”
Trattamento sistematico dei disturbi psichici
che può avvalersi di procedimenti diversi,
ma si fonda essenzialmente sul dialogo e
sull'interazione verbale tra paziente e
terapeuta
Che cos’è la psicoterapia (2)
• Un intervento psicologico finalizzato a
migliorare la condizioni emotive e le
capacità di adattamento, ad alleviare stati
di disagio e sofferenza, a ridurre e/o
eliminare sintomi o disturbi psicologici
Che cos’è la psicoterapia (3)
• Un intervento professionale rivolto ad un
individuo, una coppia, un nucleo familiare, un
gruppo di persone, finalizzato a raggiungere un
cambiamento nel loro funzionamento mentale
che risulta fonte di sofferenza e di
disadattamento, utilizzando una particolare
tecnica psicologica che viene impiegata
secondo precise modalità e in base ad una
determinata concezione teorica, la quale
definisce gli obiettivi che si vogliono raggiungere
e li collega alle strategie utilizzate per ottenerli,
mediante principi esplicativi sul perché
l’intervento viene eseguito, perché viene eseguito
in quella maniera, e sul perché dovrebbero
verificarsi i risultati attesi
Caratteristiche comuni e prerequisiti dei
diversi tipi di psicoterapia (Frank, 1961)
1. una relazione interpersonale fra paziente e terapeuta e una
alleanza a esclusivo beneficio del paziente
2. un luogo specifico e sicuro (setting) all’interno del quale si svolge
questa relazione
3. offerta di nuove prospettive e punti di vista per dare senso a
sensazioni confuse e indefinite
4. un insieme di tecniche e procedure che specificano e qualificano
il modo di operare del terapeuta
Finalità dell’intervento psicoterapeutico
• Far fronte ad una situazione di difficoltà
psicologica (es. lutto) o ad una
situazione psicopatologica (es. attacco
di panico)
• Prevenire le possibili ricadute
• Promuovere la crescita personale
mediante il cambiamento di aspetti
strutturali della persona
Fattori di cambiamento delle
psicoterapie
• Interventi verbali: aiutano il paziente a
comprendere ed elaborare le sue
esperienze (es. riformulazioni,
collegamenti, interpretazioni,
riorganizzazioni, suggerimenti)
• Relazione terapeutica: costruzione di un
clima positivo, funzionale e collaborativo
La psicoterapia è efficace?
Eysenk 1952: inizia il dibattito scientifico (remissioni spontanee)
• Problemi metodologici di non facile soluzione (es. valutare lo stato
iniziale, valutare il processo, definire la tecnica, valutare l’esito)
La psicoterapia può essere utile, inutile o dannosa a seconda di
molteplici variabili:
•il tipo di psicoterapia
•il tipo di patologia
•le caratteristiche del paziente
I diversi approcci psicoterapeutici
• Psicoanalisi
• Psicoterapie psicodinamiche
• Le terapie umanistiche
• La terapia sistemica
• Psicoterapia cognitivo
comportamentale
La psicoanalisi
Freud: alla fine dell’ottocento per curare i disturbi nevrotici
Obiettivo: ripercorrere la storia personale facendo emergere ed
elaborando le rappresentazioni inconsce che dominano la vita del
soggetto
Teoria: la vita psichica si svolge prevalentemente al di fuori della
consapevolezza e del controllo del soggetto, in forma inconscia. Il
disagio nasce da un conflitto inconscio al quale il paziente
risponde con le difese
Modalità: interpretazione di libere associazioni, sogni, lapsus,
sintomi etc.
Lavoro molto impegnativo, in genere 2-4 sedute la settimana per
4-5 anni (rapporto intenso e prolungato con l’analista  transfert)
Le psicoterapie psicodinamiche
• Continuum tra le psicoterapie orientate analiticamente e le
psicoterapie psicodinamiche
•
Scuole psicodinamiche:
1911 Adler: psicologia individuale
1913 Jung: psicologia analitica
anni ’30 Reich: psicoterapia corporea
1933 Burrow: psicoterapia di gruppo ( psicoterapia in gruppo)
1950 Lacan: psicanalisi
anni ’60 Berne: analisi transazionale
oggi Klerman e Weissman: terapia interpersonale
•
Scuole psicodinamiche sviluppatesi dallo studio dell’età
evolutiva:
A. Freud  psicologi dell’IO (Erikson, Rapaport, Hartmann)
M. Klein  Gioco nel bambino (=linguaggio nell’adulto)
Winnicott  concetto di Sé (Kernberg, Stern)
Bowlby  teoria dell’attaccamento
Le psicoterapie umanistiche
Gruppo eterogeneo di forme di psicoterapia che hanno in comune
un approccio umanistico.
Obiettivo: è raggiungere “l’autenticità” e favorire l’espressione delle
potenzialità insite nella persona
Teoria: condizione di “autenticità” dell’essere umano
Prospettiva esistenzialista (Kierkegaard, Heidegger, Jaspers, Sartre)
• condizione umana contraddistinta da una fondamentale “angoscia
esistenziale”; compito del terapeuta è offrire sostegno, comprensione,
empatia, aiutare la persona ad essere “autentica”
La terapia centrata sul cliente di Carl Rogers
• Ottimismo e fede nella bontà intrinseca degli esseri umani; “realizzazione
di sé” : tendenza innata degli esseri umani a sviluppare tutte le proprie
capacità in modo da mantenersi e migliorarsi
La terapia della Gestalt (Perls, 1969)
• Concezione ottimistica della natura umana; viene stimolata la creatività e
l’apertura all’esperienza attraverso tecniche che facilitino la crescita e la
consapevolezza
Modalità: predilezione per setting gruppali. Terapeuta come
facilitatore
La terapia familiare sistemica
Studia ciò che avviene tra le persone e non le
caratteristiche delle singole persone, grande
importanza al processo della comunicazione
Obiettivo: perturbare l’omeostasi familiare, favorire
un cambiamento e un riequilibrio più adattivo
Teoria
La famiglia coma sistema che tende a mantenere un equilibrio
Psicopatologia non del singolo, ma come risultante di un
sistema disfunzionale
Modalità: sedute familiari con lo specchio (4
terapeuti)
La terapia cognitivo- comportamentale (1)
Prima nasce il comportamentismo, poi con la maggiore
attenzione agli aspetti cognitivi, si crea la terapia
cognitivo-comportamentale che combina teorie e
tecniche provenienti dalla psicoterapia
comportamentale e cognitiva
Comportamentismo
• condizionamento classico (Pavlov)
• condizionamento operante (Skinner)
• teoria dell’apprendimento sociale (Bandura)
• Lavori di Wolpe, Eysenk, Lazarus (desensibilizzazione
sistematica, esposizione)
Terapia cognitiva
• R.E.T (A.Ellis)
• Terapia cognitiva di Beck
La terapia comportamentale
La terapia comportamentale è un tentativo di
modificare comportamenti, pensieri e sentimenti
patologici, applicando in un contesto clinico i
metodi usati e le scoperte compiute dagli psicologi
sperimentali negli studi sul comportamento
normale e patologico. Nell’approccio
comportamentale l’accento è posto sulla
manipolazione diretta del comportamento
manifesto e occasionalmente del comportamento
non manifesto
La terapia comportamentale aiuta a modificare la
relazione fra le situazioni che creano difficoltà e le
abituali reazioni emotive e comportamentali che la
persona ha in tali circostanze, mediante
l’apprendimento di nuove modalità di reazione.
Aiuta inoltre a rilassare mente e corpo, così da
sentirsi meglio e poter riflettere e prendere
decisioni in maniera più lucida.
Il modello ABC
Comportamentale
A
Antecedenti
Eventi attivanti
B
Comportamento
C
Conseguenze
Parlare il pubblico
Me ne vado
Si riduce l’ansia
Il mio capo mi
rimprovera
Vado in bagno e
piango
I miei colleghi mi
accudiscono
Mi vergogno
Collocazione storica
Con l’introduzione degli aspetti cognitivi si
passa:
dal determinismo (comportamentismo e
psicoanalisi)
al costruttivismo: l’individuo è costruttore
attivo: crea il proprio sapere e la sua
rappresentazione del mondo
Si passa da un modello S
S
O
R
R ad uno
La terapia cognitivo-comportamentale (2)
Maggiore attenzione ai processi cognitivi ed emotivi
• Uomo come sistema conoscente, attivo elaboratore
di dati, generatore di significati e conoscenze.
Costruisce modelli di sé e del mondo che
determinano la qualità di ciò che percepisce e gli
permettono di formulare ipotesi e aspettative.
• L’individuo come scienziato
L’attività dell’individuo che agisce o pensa è sempre diretta,
corrispondente o dipendente dalla teoria di sé e del mondo
che lui stesso si è costruito. Esistono un insieme di
convinzioni disposte in modo gerarchico tra di loro che,
articolandosi attraverso il dialogo interno, giungono a
controllare le emozioni e i comportamenti corrispondenti
La psicoterapia cognitiva
Lo psicoterapeuta pone al centro
dell’attenzione i processi e le strutture della
conoscenza di sé-con-l’altro
Emozioni
Condotte
Processi
Cognitivi
Motivazioni
Storia
La terapia cognitiva
• Una possibile causa della sofferenza emotiva e dei
comportamenti dannosi viene individuata nella
persistenza in noi di pensieri irrazionali e distorti. È
possibile ridurre il disagio emotivo modificando il proprio
modo di pensare.
• La terapia tende a modificare le convinzioni irrazionali
distorte che sono alla base del disagio,assumendo che
tale modifica porterà al cambiamento dell’emozione e
del comportamento disadattativo corrispondente
La terapia cognitiva
• La psicoterapia cognitiva aiuta ad individuare certi
pensieri ricorrenti, certi schemi fissi di ragionamento e di
interpretazione della realtà, che sono concomitanti alle
forti e persistenti emozioni negative che vengono
percepite come sintomi e ne sono la causa, a
correggerli, ad arricchirli, ad integrarli con altri pensieri
più oggettivi, o comunque più funzionali al benessere
della persona.
Il rapporto tra cognizione ed emozione
Teoria socio-costruttivista
stimoli
Attivaz.
NV
Processi
cognitivi
EMOZIONI
Teoria psicobiologica
Segnali
esterni
Processi
cognitivi
EMOZIONI
Attivaz.
NV
Il modello ABC
Cognitivo
(Ellis 1962)
Pensieri
Emozioni
Il modello ABC
Cognitivo
A
Evento
attivante
Parlare in
pubblico
Ho ricevuto un
rimprovero dl
mio superiore
Ho ricevuto un
rimprovero dal
mio superiore
B
Pensieri
Farò una brutta figura
Penseranno che sono stupido
Non so che dire
C
Conseguenze
Emozioni (0-10)
Comportamenti
Aspetti
biologici/neuroveg.
Ansia (8)
Mi sudano le mani
balbetto, me ne vado
Tristezza (6)
Rabbia (5)
Il modello ABC
Cognitivo
A
Evento
attivante
B
Pensieri
C
Conseguenze
Emozioni (0-10)
Comportamenti
Aspetti
biologici/neuroveg.
Parlare in
pubblico
Farò una brutta figura
Penseranno che sono stupido
Non so che dire
Ansia (8)
Mi sudano le mani
balbetto, me ne vado
Ho ricevuto un
rimprovero dl
mio superiore
Non ne combino una giusta
Ho sbagliato tutto
Sono un fallito
Tristezza (6)
Ho ricevuto un
rimprovero dal
mio superiore
Ma come si permette
Non è giusto
Non è colpa mia
Rabbia (5)
La terapia cognitiva
• Terapia razionale-emotiva (Ellis)
Gli schemi cognitivi:
- definiscono cosa è possibile attendersi in
ciascuna situazione
- guidano la percezione e la previsione degli
eventi
- consentono di interpretare le informazioni
provenienti dall’ambiente e agire di
conseguenza
• Terapia cognitiva standard (TCS): Beck
Evoluzioni
• Psicoterapia costruttivista (Kelly, Mancini, Semerari)
Il costruttivismo: riferimenti filosofici (Khun Popper, Lakatos), lavori di Bowlby,
Piaget, Mahoney e della ricerca sperimentale
– Psicoterapia post-razionalista (Guidano): ogni individuo è considerato
come l’espressione di un processo di auto-organizzazione attraverso
cui struttura un senso di consistenza e di continuità personale nel
tempo. Ogni individuo è portatore di un significato che gli permette di
riconoscere e riferirsi ogni esperienza immediata di sé e del mondo
– Psicoterapia cognitivo-evoluzionista (Liotti): riferimenti a Darwin,
etologia
• Terapia dialettico-comportamentale (TDC) M. Linehan
•
•
•
•
Schema Therapy: Young
Mindfulness: Kabat-Zinn;Teasdale
Acceptance and commitment therapy: Hayes
Compassion Focused Therapy: Gilbert
Ciò che lega i vari approcci è la comune enfasi sulle strutture di
significato e sui processi di elaborazione dell’informazione.
Il Cognitivismo Italiano
R.E.T: De Silvestri, Baldini
Terzo centro Roma: terapia dei disturbi di personalità (Semerari,
Carcione, Nicolò,DiMaggio Procacci)
Liotti: teorie dell’attaccamento, evoluzionismo. Sistemi
motivazionali interpersonali. Disturbi dissociativi e di
personalità
Mancini, Castelfranchi: costruttivismo,scopistica
Sassaroli, Lorenzini: teoria dei costrutti, attaccamento
Dettore: AIAMC
Guidano, Reda: teoria del sé, strutturalismo
Alcuni siti italiani
• Società Italiana di Terapia Cognitivo
Comportamentale (SITCC) www.sitcc.it
• Associazione Italiana Analisi del
Comportamento (AIAMC) www.aiamc.it
• Associazione di Psicologia Cognitiva
www.apc.it
• http://www.istitutobeck.it
• RET www.retitaly.com
La psicologia dei costrutti personali
• La realtà oggettiva non esiste, ma è costruita
• I costrutti sono elementi di base del sistema
conoscitivo, elementi a struttura dicotomica
bipolare che permettono di considerare alcuni
eventi simili fra loro discriminandoli da altri, che
consentono di categorizzare le somiglianze e le
differenze e di costruire anticipazioni
• La polarità non è logica, ma psicologica
La terapia cognitiva standard
Ellis e Beck indagano sistematicamente le rappresentazioni coscienti o pre-conscie
che precedono, accompagnano e seguono immediatamente uno stato emotivo
problematico
•
Pensieri automatici: flusso di pensieri che diventa consapevole solo con uno
sforzo di attenzione. Esprimono una modalità costante di attribuzione di
significato agli eventi, caratteristica della persona che li produce (concetti verbali
o immagini)
•
Schema cognitivo: regole di inferenza e di strutture di significati stabili che
sottendono i processi di pensiero e l’attività immaginativa. Attraverso tali schemi
è possibile vagliare, differenziare e codificare l’informazione. Questi schemi
producono i pensieri automatici. Lo schema è una struttura che genera
rappresentazioni. Gli schemi informano sullo stato dl mondo rispetto agli scopi e
contengono una componente affettiva, una disposizione all’azione e guidano la
regolazione dl comportamento. Dal punto di vista terapeutico schemi importanti
sono quelli che riguardano la conoscenza di sé (self) e la conoscenza di sé in
relazione all’altro (interpersonali)
•
Schemi disfunzionali: distorcono la realtà, provocano sofferenza, conducono
ad interpretazioni pervasive e scarsamente differenziate degli eventi.
•
Convinzioni: affermazioni incondizionate sul sé e sul mondo (es. sono un
debole)
•
Assunzioni: connessioni tra gli eventi esterni e le opinioni dell’individuo (es se
mi faccio vedere ansioso le altre persone penseranno che sono un debole)
Terapia cognitiva standard
Caratteristiche
I disturbi psicologici sono costituiti dalla presenza di un insieme
di schemi o modelli cognitivi disfunzionali che regolano in
modo patogeno l’elaborazione delle informazioni. La terapia
mira alla correzione di tali schemi
I modelli o schemi si esprimono attraverso i pensieri automatici
e l’immaginazione cosciente. La terapia mira ad aumentare
la consapevolezza dei propri pensieri e dei significati
personali con cui l’individuo organizza le proprie esperienze
di sé e del mondo.
Gli schemi si esprimono sottoforma di credenze e convinzioni,
come tali vengono sottoposti ad analisi logica e verifica
empirica. La terapia considera tali credenze come ipotesi da
sottoporre a verifica con lo scopo di correggere e ridurre la
pervasività e l’assolutismo delle credenze negativa. (N.B Non
punta all’ottimismo!)
Alcune distorsioni cognitive
• Lettura del pensiero (mi crede uno stupido)
• Eccessiva generalizzazione (sono proprio una persona
sfortunata)
• Pensiero tutto o nulla (se non va bene quest’esame
non mi specializzerò mai)
• Astrazione selettiva (ho sbagliato tutto)
• Svalutazione (sono tutti capaci di farlo)
• Pensiero binoculare (ci sono riuscito ma potevo farlo
meglio)
• Catastrofizzazione (mi andrà male)
• Personalizzazione (è tutta colpa mia)
• Ragionamento emotivo (lo sentivo che le cose
sarebbero andate male)
• Doverizzazioni (dovevo impegnarmi di più)
Terapia cognitivo-comportamentale
•
Esempio
http://www.istitutobeck.it/Clinica/TCC.asp
Terapia cognitivo-comportamentale
Esempio: il caso di Marco
http://www.istitutobeck.it/Clinica/TCC.asp
Marco è un giovane impiegato, assunto da poco in una grande azienda. È molto scrupoloso,
tanto da fare ogni sera tardi in ufficio per svolgere il suo lavoro in maniera perfetta. Finalmente
la sua fidanzata lo convince a prendersi un giorno di vacanza e a passare il fine settimana fuori
città. Il venerdì pomeriggio, mentre è in viaggio, riceve una chiamata dall’ufficio. Ci deve essere
qualcosa che non va, devo aver fatto un errore, pensa Marco. A chiamare è un suo collega che
sta cercando un file. Purtroppo la batteria del cellulare è quasi scarica e Marco non riesce a
portare a termine la conversazione. Immediatamente comincia a sentirsi agitato. Dove posso
aver messo il file? Perché non riescono a trovarlo? Sicuramente l’ho messo in una cartella
sbagliata. E se per errore l’avessi cancellato? Sono troppo sbadato. Non sarò mai un buon
impiegato. Marco comincia a preoccuparsi di quello che stanno dicendo di lui in ufficio.
Penseranno che sono un impiegato impreciso, che di me non ci si può fidare. Il cuore comincia
a battere sempre più velocemente, mentre continua inutilmente a cercare di telefonare. Poi
comincia ad accusare la fidanzata di avergli fatto commettere un errore partendo.
Probabilmente verrò licenziato o comunque non farò mai carriera, perché ho subito rivelato la
mia incompetenza, ed è anche colpa tua che mi accusi sempre di lavorare troppo. Marco e la
fidanzata litigano e il sabato tornano in città. Marco è sempre più agitato. Non ha il numero
privato del suo collega e deve aspettare il lunedì per sapere quello che è successo. Passa la
domenica immaginando i rimproveri del suo capo e pensando alla maniera migliore di scusarsi
per il suo errore. La notte della domenica non riesce a dormire a causa della tensione. È il suo
primo lavoro importante: non avrebbe dovuto commettere un errore così grave. Il lunedì va in
ufficio, dopo aver dormito solo poche ore e scopre che il suo collega aveva trovato il file pochi
minuti dopo la telefonata nella cartella dove avrebbe dovuto trovarsi. Aveva chiamato perché
non si ricordava qual era la cartella giusta. Nessuno in ufficio era a conoscenza di
quest’episodio. Marco è sollevato: nessuno si è accorto di niente. Tuttavia è piuttosto stressato
e pensa comunque che la prossima volta dovrà essere più attento e ricontrollare tutto più volte.
In questo esempio sono evidenti i pensieri automatici che assalgono Marco e la sua credenza
di base: “Sono inadeguato”. Questa credenza in lui profondamente radicata lo porta a provare
emozioni negative, a vivere un profondo disagio, e ad attuare comportamenti disadattivi. Può
anche compromettere le sue relazioni sociali e affettive. La TCC potrà aiutarlo a vedere le cose
in maniera più realistica, a migliorare la sua autostima e a sviluppare uno stile affermativo di
personalità.
La terapia cognitivo-comportamentale
Caratteristiche (1)
Pratica e concreta. Lo scopo della terapia si basa sulla
risoluzione dei problemi psicologici concreti. Alcune tipiche finalità
includono la riduzione dei sintomi depressivi, l'eliminazione degli
attacchi di panico e della eventuale concomitante agorafobia, la
riduzione o eliminazione dei rituali compulsivi o delle malsane
abitudini alimentari, la promozione delle relazioni con gli altri, la
diminuzione dell'isolamento sociale, e cosi via.
Centrata sul "qui ed ora". Il ricordo del passato, come il racconto
dei sogni, possono essere in alcuni casi utili per capire come si
siano strutturati gli attuali problemi del paziente, ma molto
difficilmente possono aiutare a risolverli. La TCC quindi non
utilizza tali metodi come strumenti terapeutici, ma si preoccupa di
attivare tutte le risorse del paziente stesso, e di suggerire valide
strategie che possano essere utili a liberarlo dal problema che
spesso lo imprigiona da tempo, indipendentemente dalle cause. La
TCC è centrata sul presente e sul futuro molto più di alcune
tradizionali terapie e mira ad ottenere dei cambiamenti positivi, ad
aiutare il paziente a uscire dalla trappola piuttosto che a spiegargli
come ci è entrato.
La terapia cognitivo-comportamentale
Caratteristiche (2)
A breve termine. La terapia cognitivo-comportamentale è a breve
termine, ogni qualvolta sia possibile. Il terapeuta è comunque
generalmente pronto a dichiarare inadatto il proprio metodo nel
caso in cui non si ottengano almeno parziali risultati positivi,
valutati dal paziente stesso, entro un numero di sedute prestabilito.
La durata della terapia varia di solito dai tre ai dodici mesi, a
seconda del caso, con cadenza il più delle volte settimanale.
Problemi psicologici più gravi, che richiedano un periodo di cura
più prolungato, traggono comunque vantaggio dall'uso integrato
della terapia cognitiva, degli psicofarmaci e di altre forme di
trattamento.
Orientata allo scopo. La TCC è più orientata ad uno scopo
rispetto a molti altri tipi di trattamento. Il terapeuta cognitivocomportamentale, infatti, lavora insieme al paziente per stabilire gli
obbiettivi della terapia, formulando una diagnosi e concordando
con il paziente stesso un piano di trattamento che si adatti alle sue
esigenze, durante i primissimi incontri. Si preoccupa poi di
verificare periodicamente i progressi in modo da controllare se gli
scopi sono stati raggiunti.
La terapia cognitivo-comportamentale
Caratteristiche (3)
Attiva. Sia il paziente che il terapeuta giocano un ruolo attivo nella
terapia. Il terapeuta cerca di insegnare al paziente ciò che si conosce dei
suoi problemi e delle possibili soluzioni ad essi. Il paziente, a sua volta,
lavora al di fuori della seduta terapeutica per mettere in pratica le strategie
apprese in terapia, svolgendo dei compiti che gli vengono assegnati volta
volta. Nella PCC il terapeuta svolge un ruolo attivo nella soluzione dei
problemi del paziente, intervenendo spesso e diventando talvolta "psicoeducativo". Ciò tuttavia non vuole assolutamente dire che il paziente
assista ad una lezione nella quale si sente dire che cosa dovrebbe fare e
come dovrebbe pensare; anch’egli, anzi, è stimolato ad essere più attivo
possibile, un terapeuta di sé stesso, sotto la guida del professionista.
Collaborativa. Paziente e terapeuta lavorano insieme per capire e
sviluppare strategie che possano indirizzare il paziente alla risoluzione dei
propri problemi. La TCC è infatti una psicoterapia breve basata sulla
collaborazione tra paziente e terapeuta. Entrambi sono attivamente
coinvolti nell'identificazione delle specifiche modalità di pensiero che
possono essere causa dei vari problemi. Il paziente potrà scoprire di aver
trascurato possibili soluzioni alle situazioni problematiche. Il terapeuta
aiuterà il paziente a capire come poter modificare abitudini di pensiero
disfunzionali e le relative reazioni emotive e comportamentali che sono
causa di
sofferenza.
La terapia cognitivo-comportamentale
Caratteristiche (4)
Scientificamente fondata. È stato dimostrato attraverso studi
controllati che i metodi cognitivo-comportamentali costituiscono una
terapia efficace per numerosi problemi di tipo clinico. E’ stato
dimostrato che la TCC è efficace nel trattamento della depressione e
dei disturbi d’ansia, e utile nel prevenire le ricadute.
Disturbi nei quali è stata applicata la TCC con risultati positivi
• Disturbi dell’umore: depressione
• Disturbi d’ansia: DAG, fobie, DAP, DOC, ipocondria
• Disturbi del comportamento alimentare
• Disturbi del sonno
• Disfunzioni sessuali
• Disturbi di personalità
• Psicosi (terapia dei deliri e delle voci, social skills training, psiced.)
• Abuso di sostanze (Colloquio di motivazione)
• Problemi comportamentali e handicap
• Difficoltà a stabilire e mantenere relazioni sociali
• Difficoltà nella scuola o nel lavoro
• Bassa autostima
Terapia cognitivo-comportamentale
Gli interventi e le tecniche
• Empirismo collaborativo e alleanza terapeutica (fiducia reciproca,
condivisione degli obiettivi, collaborazione)
• Scoperta guidata
– Identificare i pensieri automatici e gli schemi problematici (modello ABC) e agevolare la
consapevolezza
– favorire la distanza critica dai contenuti ideativi generati dagli schemi (favorisce la riduzione
della pervasività degli schemi disfunzionali e permette un uso maggiore di altri schemifunzionamento cognitivo più articolato)
– Discussione dei pensieri disfunzionali (ristrutturazione cognitiva) Stimolare la valutazione
delle possibili alternative (analisi costi benefici, grafi a torta, ricerca delle prove)
•
•
•
•
Dialogo socratico (es. il caso di Gary, pg 219 Semerari 2000)
Compiti di autosservazione (il modello ABC)
Tecniche immaginative
Biblioterapia
Tecniche comportamentali
Che aumentano la probabilità di emissione di un comportamento (es. rinforzi,
modellamento, suggerimenti, confronto, guida)
Che riducono la probabilità di emissione di un comportamento (es.
estinzione, desensibilizzazione sistematica)
Altro: training di assertività, problem solving, esercizi antivergogna, di assunzione
del rischio, esposizione e prescrizioni di comportamenti confutanti le credenze
patogene, role-play
Psicoterapie cognitive complesse
Gli interventi e le tecniche
• Terapia cognitiva con i disturbi gravi
–
–
–
–
–
Empirismo collaborativo
Cambiamento degli stati problematici
Interventi sulle funzioni metacognitve
La regolazione della relazione terapeutica
Riconoscere i cicli interpersonali
• Psicoterapia costruttivista
– Decentramento; costruzioni (narrazioni) alternative
• Psicoterapia post-razionalista
– La terapia mira a cogliere la coerenza interna del sistema
dell’individuo e comprendere, rispetto ad un significato espresso
dal sistema stesso, le sue capacità di auto-organizzazione (Storia
di vita; tecnica della moviola
• Psicoterapia cognitivo-evoluzionista
– Sistemi motivazionali interpersonali; modulazione della relazione
terapeutica; Teoria della Mente
Il colloquio clinico
Processo attivo di scambio di informazioni (dal
latino cum con e loqui parlare)
Finalità: conoscitive e terapeutiche
Caratteristiche:
• Setting ben definito
• Struttura finalizzata all’obiettivo
• Uso di supporti diagnostici (es. test, interviste
strutturate)
Il primo colloquio
Aree di esplorazione
• Storia del disturbo attuale
• Vissuti del paziente (impatto, aspettative, teorie)
• Valutazione dello stato mentale
• Anamnesi patologica remota
• Storia personale
• Storia familiare
Il primo colloquio
la valutazione dello stato mentale
• Descrizione generale
– Aspetto
– Comportamento ed attività psicomotoria
– Atteggiamento
• Umore
• Linguaggio
• Percezione
• Pensiero
• Coscienza e capacità cognitive
Test utili per l’assessment cognitivocomportamentale
Generali
• SCL 90 (Self-reprot Symptom Inventory)
• Autocaratterizzazione
• Questionario anamnestico
• CBI (cognitive-behavioural Assesment)
Autossoervazione
• Diari
• ABC
Test utili per l’assessment cognitivocomportamentale
Specifici per disturbo (esempi)
Disturbi dell’umore
• BDI (Beck Depression Inventory), HAM-D,
Disturbi d’ansia
• MOCI (Maudsley Obsessional-compulsive Inventory);
Y-BOCS (Yale-Brown Obsessive compulsive Scale); PI
(Padua Inventory); STAI (State Trait Anxiety Inventory),
BAI (Beck Anxiety Disorder), Fear Questionnaire, SCQ
(Social cognition Questionnaire)
Disturbi del comportamento alimentare
EDI (Eating Disorder Inventory)
Disturbi di Personalità
MMPI; SCID II
Psicosi
Osservazione naturalistica
L'osservazione ha luogo nell'ambiente naturale nel quale
spontaneamente si verifica il comportamento in esame.
Reattività di un comportamento = cambiamento che il comportamento
di quella persona viene ad avere per il solo fatto di essere osservato!
(tende a scemare con la ripetizioni delle osservazioni)
Esempio di griglia di osservazione
Automonitoraggio
tecnica intermedia tra la valutazione soggettiva
e l'osservazione, tecnica d'elezione per quanto
riguarda eventi interni: impulsi, emozioni,
pensieri.
Esempio: diario
Interviste strutturate
Tecnica standard dove contenuto e modalità delle domande sono prestabiliti
e che può essere utilizzata in fase avanzata dell’esame psicodiagnostico
(tecnica a metà strada tra l’osservazione diretta e l'autovalutazione
soggettiva)
Intervista strutturata :
a)
valuta un costrutto specifico
b)
dà luogo ad una classificazione o punteggio relativo a quel
costrutto
Test psicodiagnostici autovalutativi
I test sono procedure codificate (sistematiche o standard) di osservazione
di determinati comportamenti
 definizione operativa, indicatori rilevabili
che forniscono "misurazioni" di specifici costrutti
 definizione teorica del fenomeno oggetto d’indagine.
Caratteristiche che qualificano i test:
• validità (capacità di rilevare gli aspetti della variabile in studio)
• attendibilità (capacità di evidenziare gli aspetti del fenomeno con
ridotte distorsioni)
• sensibilità (capacità di misurare la diversa intensità del fenomeno)
Tecniche proiettive
Ipotesi proiettiva: le risposte di un individuo a degli stimoli ambigui, che
gli vengono presentati, riflettono attributi significativi e relativamente
stabili della sua personalità.
Tali tecniche consistono nelle presentazione di stimoli poco strutturati o
addirittura ambigui con la richiesta al soggetto in esame di "interpretarli" o
dar loro una qualche strutturazione.
Test di intelligenza
La valutazione clinica può includere l'uso di test che riguardano la sfera
cognitiva.
N.B.: la valutazione dell’intelligenza può essere una stima complessiva e
unitaria (riferimento al concetto di intelligenza), o una raccolta di indici
relativi a singoli aspetti del funzionamento mentale (percezione, pensiero,
memoria, apprendimento, visualizzazione, attenzione)
Es:
Scala
Stanford-Binet
per
avere
una
valutazione
dell’intelligenza:
Q.I. = età mentale x 100
età cronologica
complessiva
Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica
Sezione di Psichiatria e Psicologia Clinica
U.O di Psicosomatica e Psicologia Clinica
Università degli Studi di Verona
Corso di Psicoterapia cognitivocomportamentale
2° lezione
Claudia Goss
E-mail: [email protected]
A.A. 2011-2012
La TCC nei disturbi d’ansia
Utilizzata per il trattamento di:
• Disturbo da attacchi di panico
• Fobie specifiche
• Fobia sociale
• Disturbo d’ansia generalizzato
• Ipocondria
• Disturbo ossessivo-compulsivo
• Disturbo post-traumatico da stress
Teoria cognitiva dell’ansia
Ansia
Emozione molto generale ed elementare, quindi molto diffusa.
Definita come l’anticipazione apprensiva di un pericolo o di un
evento negativo futuri, accompagnata da sentimenti di disforia o
da sintomi fisici di tensione.
– Gli elementi esposti al rischio possono appartenere sia al mondo
interno che a quello esterno, e possono essere sia reali che
immaginarie.
Le situazioni ansiogene sono minacce di:
–
–
–
–
–
–
danni fisici
malattie gravi
danni alla salute psicologica
disastri economici
rifiuto sociale
indegnità morale
Molte emozioni specifiche comprendono una componente ansiosa.
– Ansia rispetto alla punizione che si ritiene di meritare
– Invidia: ansia da confronto sociale
– Se coinvolte immagine o autoimmagine: ansia relativa alla minaccia
di ricevere una valutazione o un’autovalutazione negativa
Teoria cognitiva dell’ansia
• Differenze tra ansia e paura
– Entrambe riguardano la minaccia di un danno
futuro reale o potenziale:
• La paura ha per oggetto danni specifici e concreti
• L’ansia ha oggetti indefiniti, spesso sconosciuti
– Sia nella paura che nell’ansia c’è un margine di
incertezza sulle modalità di realizzazione di tali
eventi, sul grado di danno, sulle modalità da
adottare, sulle proprie capacità di affrontare la
situazione.
• Quanto più una minaccia è indefinita tanto più sarà alto
il grado di incertezza sul da farsi
Teoria cognitiva dell’ansia
Aspetti centrali dell’ansia:
• Minaccia indefinita (possibile compromissione di scopi)
• Conseguente incertezza e attesa
• Queste minacce sono indefinite e difficilmente evitabili
per:
– Ambiguità degli eventi
• Il mondo, incluse le condizioni favorenti e
ostacolanti il raggiungimento degli scopi, è
tutt’altro che chiaro e distinto.
• Quanto il mondo diviene più complesso e più
rapido nei cambiamenti, tanto più le minacce
risultano oscure e indefinite.
– Carattere astratto e simbolico degli scopi
• Vanno oltre la sopravvivenza e la riproduzione, ad
esempio considerate la vaghezza e l’oscurità di
una minaccia all’autostima
Teoria cognitiva dell’ansia
Nei disturbi d’ansia, il difetto di elaborazione dell’informazione,
causa della vulnerabilità e della persistenza dell’ansia stessa,
può essere vista da un lato come una preoccupazione relativa
al concetto di pericolo dall’altro come una sottovalutazione
delle capacità di farvi fronte
Probabilità percepita
X
Gravità percepita
I Ansia =
Capacità di fronteggiarlo +
percepita
Disponibilità di aiuto
esterno percepita
L’ansia è il bilancio tra livello di pericolosità stimato, delle
probabilità che si realizzi e la fiducia nel fronteggiarlo.
Aumenta quando una persona avverte il danno potenziale al
suo bilancio scopistico come imminente, molto probabile con
elevato potere di compromissione
Teoria cognitiva dell’ansia
La tematica del pericolo si manifesta nel contenuto degli schemi
ansiosi (assunzioni e convinzioni) e nel contenuto dei pensieri
automatici negativi
Schemi di pericolo: la realtà esterna viene vissuta come
estremamente pericolosa e il proprio sé come estremamente
vulnerabile. Alcuni individui sono più inclini a valutare gli eventi
come minacciosi, poiché si avvalgono di schemi cognitivi che
ingigantiscono la pericolosità delle situazioni e evidenziano la
ridotta capacità di fronteggiarle
Convinzioni: affermazioni incondizionate sul sé e sul mondo (es. sono
un debole, sono un sciocco)
Assunzioni: connessioni tra eventi esterni e opinioni dell’individuo (es.
se mi faccio vedere ansiosi, gli altri penseranno che sono un debole)
Quando lo schema si attiva scattano i pensieri automatici negativi
che diventano elementi di modulazione e di mantenimento del
disturbo ansioso
Nei disturbi ansiosi (ogni disturbo ha il suo schema disfunzionale) le
convinzioni e le assunzioni condizionano anche il comportamento
dell’individuo. Spesso si creano dei circoli viziosi e i comportamenti
possono rafforzare le assunzioni e le convinzioni
Teoria cognitiva dell’ansia
Ogni disturbo ha il suo schema disfunzionale
GAD: rimuginazione cronica,incapacità di
fronteggiare l’evento, pensieri positivi e negativi
sulle ruminazioni stesse
DAP: Interpretazione erronea delle sensazioni
fisiche; predominano assunzioni circa la natura
minacciosa del sintomo ansioso o dei segnali
corporei
Fobie specifiche: associazione ad un evento o
oggetto forte sensazione di pericolo
Fobia sociale: convinzioni negative rispetto alla loro
identità sociale
I pensieri irrazionali
• Pensieri razionali: logici, funzionali legati ad emozioni
“sane”, adattivi
• Pensieri irrazionali: illogici, disfunzionali, non
congrui con la realtà, portano ad emozioni “non
sane”
– Doverizzazioni su di sé sul mondo e sul gli altri (es. devo
essere bravo, è giusto così, deve portarmi rispetto)
– Valutazione di se stessi (senso del valore personale) (es.
siccome non so fare una certa cosa sono tutta sbagliata)
– Catastrofizzazione
– Bassa tolleranza alla frustrazione (es non ce la posso fare)
Teoria cognitiva dell’ansia
Esperienza di apprendimento
Schema di pericolo
Situazione critica
Schema attivato
Pensieri automatici negativi
Sintomi ansiosi
Risposte comportamentali
Distorsioni cognitive
(da Wells 1999)
Teoria cognitiva dell’ansia
Esempio: G. 22 anni dg di fobia
sociale
Evento: parlare a cena con amici nuovi
Pensieri: penseranno che non sono normale, sto diventando rossa, ho qualche
cosa che non va
Emozioni: ansia/vergogna (arrossisce)
Comportamenti: mi porto le mani al volto, oppure abbasso lo sguardo, mi
allontano
Teoria cognitiva dell’ansia
Esempio: G. 22 anni dg di fobia
sociale
Alcuni ABC ricostruiti con la paziente
Evento
Pensieri
Arrossisco
Sto diventando
parlando
con rossa
degli amici del Ho qualche cosa
mio ragazzo che che non va
non conosco
Se ne
accorgeranno tutti
Chissà che cosa
penseranno
Evento
Pensieri
A
cena Penseranno che
parlando
con sono strana
degli
amici Non è normale
arrossisco
Emozioni
ansia
Comportamenti
Mi metto le mani
sul viso
Abbasso
lo
sguardo
Emozioni Comportamenti
ansia
Dico che non mi
sento bene e mi
allontano
Teoria cognitiva dell’ansia
Esempio: G. 22 anni dg di fobia
sociale
Evento: parlare a cena con amici nuovi
Pensieri: penseranno che non sono normale, sto diventando rossa, ho qualche
cosa che non va
Emozioni: ansia/vergogna (arrossisce)
Comportamenti: mi porto le mani al volto, oppure abbasso lo sguardo, mi
allontano
Pensieri disfunzionali: se divento rossa penseranno che sono strana, Non è
normale (non ha senso) arrossire così.
Teoria cognitiva dell’ansia
Esempio: G. 22 anni dg di fobia
sociale
Successivamente G. sviluppa un ABC secondario
Evento
Ripenso a quello che
è successo e alla mia
situazione
Pensieri
È colpa mia
Ho qualche cosa che
non va
Sono strana
Non ce la farò mai a
superare questa
situazione
Emozioni
colpa
tristezza
sfiducia
Teoria cognitiva dell’ansia
Esempio: G. 22 anni dg di fobia
sociale
Evento: parlare a cena con amici nuovi
Pensieri: penseranno che non sono normale, sto diventando rossa, ho qualche
cosa che non va
Emozioni: ansia/vergogna (arrossisce)
Comportamenti: mi porto le mani al volto, oppure abbasso lo sguardo, mi
allontano
Pensieri disfunzionali: se divento rossa penseranno che sono strana, Non è
normale (non ha senso) arrossire così.
G. rielabora successivamente le situazioni in cui arrossisce soffermandosi solo sugli
aspetti negativi (sono diventata rossa) e quindi focalizzandosi nuovamente su aspetti di sé
(non sono normale) che contribuiscono a mantenere il giudizio negativo di sé e la
convinzione che sia meglio evitare la situazione. Allo stesso modo, evitare le situazioni
sociali ha contribuito alla situazione depressiva di G. che desiderando di stare in
compagnia si vede, invece sempre più limitata nella sua vita e questo rafforza
confermando ulteriormente la sua idea di essere strana.
Teoria cognitiva dell’ansia
Esempio: G. 22 anni dg di fobia
sociale
Il modello secondo Wells
Situazione sociale
Incontro degli amici del mio ragazzo
Pensiero negativo automatico
Diventerò rossa e loro penseranno
che sono strana
Percezione di sé
Mi sento arrossire,
mi vedo rossa
Ansia
Sento caldo
Rossore
Fatica a parlare
Voglia di scappare
Comportamenti protettivi
Porta le mani al volto
Abbassa lo sguardo
Dice che sta male
Abbandona la situazione
Teoria cognitiva dell’ansia
Esempio: G. 22 anni dg di fobia
sociale
Evento: parlare a cena con amici nuovi
Pensieri: penseranno che non sono normale, sto diventando rossa, ho qualche
cosa che non va
Emozioni: ansia/vergogna (arrossisce)
Comportamenti: mi porto le mani al volto, oppure abbasso lo sguardo, mi
allontano
Pensieri disfunzionali: se divento rossa penseranno che sono strana, Non è
normale (non ha senso) arrossire così.
G. rielabora successivamente le situazioni in cui arrossisce soffermandosi solo sugli
aspetti negativi (sono diventata rossa) e quindi focalizzandosi nuovamente su aspetti di sé
(non sono normale) che contribuiscono a mantenere il giudizio negativo di sé e la
convinzione che sia meglio evitare la situazione. Allo stesso modo, evitare le situazioni
sociali ha contribuito alla situazione depressiva di G. che desiderando di stare in
compagnia si vede, invece sempre più limitata nella sua vita e questo rafforza
confermando ulteriormente la sua idea di essere strana.
Inoltre, i comportamenti che G. mette in atto per far fronte al disagio (es. portarsi le mani
al volto, dire agli altri che sta male, abbassare lo sguardo, andarsene via dalla situazione
e l’evitamento), anziché aiutarla, creano un ciclo interpersonale disfunzionale. Il desiderio,
infatti, di G. di risultare simpatica ed amichevole non viene raggiunto perché evitando la
situazione lei stessa trasmette agli altri l’impressione di non essere interessata alla
discussione o toccandosi il volto o dicendo che sta poco bene, attira maggiormente
l’attenzione su di sé ed aumenta la probabilità che gli altri reagiscano chiedendole se si
sente bene e questo a sua volta rafforza l’idea di Giulia che gli altri pensino che è strana.
La struttura della terapia cognitiva
Struttura della terapia (incontri settimanali, durata-6
mesi-2 anni)
• Fase di valutazione (assessment)
• Fase di restituzione
– Concordare gli obiettivi (introduzione al modello cognitivo)
• Fase degli interventi specifici
• Fase di prevenzione delle ricadute
Struttura delle sedute (durata 45-60 min)
• Analisi dei questionari o della reazioni del paziente la
seduta precedente
• Formulazione dell’ordine del giorno
• Analisi dei compiti assegnati a casa
• Introduzione di strategie specifiche
• Assegnazione di nuovi compiti
• Sintesi e chiusura
La fase di assessment
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Costruire gli ABC significativi
Capire la relazione tra ABC
Individuare gli ABC secondari
Individuare le convinzioni disfunzionali
Indagare la storia personale
Costruire ipotesi che spieghino la sofferenza del
paziente
Ricostruire i tentativi che il paziente ha messo in atto
per risolvere i suoi problemi
Comprendere i circoli viziosi
Individuare i meccanismi di mantenimento
Formulare una diagnosi secondo DSM o ICD
Somministrare eventuali altri test (es.
autocaratterizzazione, SCL 90, CBI)
La fase di assessment-restituzione
• Verificare la comprensione delle informazioni raccolte
• Spiegare come si svolgerà la terapia
• Informare il paziente sull’importanza dei compiti a
casa e dei questionari
• Informare il paziente dell’importanza della
registrazione e riascolto della seduta
• Normalizzare il problema
• Condividere con il paziente le ipotesi diagnostiche e i
meccanismi alla base del suo disagio
• Motivare il paziente alla terapia
Alcune tecniche della TCC
Il dialogo socratico
Scopo: indagare il contenuto e il significato dell’esperienza del
paziente e modificare successivamente convinzioni e
comportamenti
Esempi
• Qual è l’ultima volta che si è sentito ansioso?qual è stata la prima
cosa che ha notato?
• Che cosa ha provato?
• Quali sintomi ha osservato?
• Quali pensieri le sono venuti in mente?
• Che cosa ha immaginato?
• Come ha reagito in quella situazione?
• Qual è la cosa peggiore che poteva accaderle? Cosa
significherebbe per lei se ciò accedesse?
• Cosa succederebbe se.. (esempi di dialogo Wells ’99 pg 62-63)
Alcune tecniche della TCC
• Elicitare i pensieri automatici e le assunzioni
–
–
–
–
–
•
•
•
•
•
Descrizione di episodi specifici
Scenario delle peggiori conseguenze
Tecnica della freccia discendente (es. Wells ’99 pg 101-102)
Osservare in seduta i cambiamenti emotivi
Registrazione dei pensieri (modello ABC)
Compiti di esposizione
Esperimenti comportamentali
Role play
Audio e video feedback
Induzione del sintomo
Alcune tecniche della TCC
Metodi di riattribuzione
Modifica dei pensieri automatici e degli schemi cognitivi disfunzionali
Riattribuzione verbale (attraverso il dialogo socratico)
– Definizione del significato e uso dei termini
– Ricerca delle prove a favore e contro (che cosa le fa pensare che
questo accadrà?che prova c’è che questo accadrà? Che prova
hai di questa idea? Dove sta scritto questo?altri come hanno
fatto?
– Valutare la funzionalità dei pensieri (Come ti è dà aiuto pensare
questo?è utile per i tuoi scopi?)
– Ampliare la prospettiva (Come potresti pensare diversamente?
qual è un altro modo di vedere il problema?)
– Analisi dei costi benefici
– Grafici a torta (es. Wells ’99 pg 84)
– Fornire informazioni e biblioterapia
– Tecniche di immaginazione
Alcune tecniche della TCC
Controllo della respirazione
Scopo: Il controllo della respirazione aiuta il pz. a riacquisire un
senso di controllo sulle manifestazioni somatiche dell’ansia.
Modalità
S’insegna al pz. una tecnica respiratoria che aumenta il
rilassamento e previene l’iperventilazione
– Il ritmo respiratorio, sotto stress e ansia, tende ad aumentare, ed
è caratterizzato da respiri corti e poco profondi.
– L’iperventilazione, produce una serie di sintomi somatici: vertigini,
dolore al petto, dispnea, parestesie
– Per contrastare questa tendenza, s’insegna al pz. la
respirazione diaframmatica (respirazione che implica l’utilizzo
dell’addome, anziché del petto), ad un ritmo regolare (circa 12 atti
respiratori al minuto). Il pz. ripete questi esercizi a casa e in molti
contesti diversi; impara velocemente a controllare la respirazione,
e sperimenta che si tratta di una strategia affidabile in situazioni
ansiogene
Alcune tecniche della TCC
Tecniche di rilassamento
Rilassamento muscolare progressivo (Jacobsen)
Scopo: far acquisire al pz. un senso di controllo sul
proprio corpo attraverso il rilassamento muscolare
progressivo.
Modalità:
– La tecnica di base consiste nel contrarre e rilassare
i muscoli progressivamente, passando in rassegna
tutto il corpo fino a raggiungere la decontrazione
totale.
– Va ripetuto quotidianamente per identificare e
diminuire la tensione
Alcune tecniche della TCC
Tecniche di rilassamento
Training autogeno (Schultz)
Si basa sul principio di "condizionamento classico" per cui la
ripetizione (training-allenamento) di certe frasi ("formule
autogene") può portare benefici psicofisici immediati a livello
fisiologico, fisico e psicologico e a lungo termine alla
modificazione di processi psicofisici negativi che possono
essere all'origine di disturbi psicosomatici.
Modalità:
– ripetizione di alcuni esercizi :l'esercizio della pesantezza, del
calore, del respiro, del cuore, del plesso solare e della fronte
fresca a cui si fa precedere l'esercizio della calma.
Il panico
• Il modello del panico di Clark (1986) si basa
sul principio che i pz con attacchi di panico
temono l’esperienza di alcuni eventi fisici o
mentali.
• Paura della Paura:
– un individuo avendo sperimentato uno o più
attacchi di panico diventa particolarmente attento
(attenzione selettiva) alle sensazioni corporee
interpretandole come segno premonitore di
ulteriori attacchi.
Modello del Circolo vizioso del Panico
(Clark, 1986 – Modificato da Wells, 1997)
Modello del Circolo vizioso del Panico
• Gli attacchi di panico si verificano quando gli individui
percepiscono alcune sensazioni corporee come molto
pericolose, cioè le
interpretano come segnali di
un’imminente e improvvisa catastrofe.
– Ad esempio il soggetto può avere un attacco di
panico se interpreta la confusione mentale (i
pensieri confusi di un momento) come il segnale di
un impazzimento imminente, qualche secondo di
tachicardia come il segnale di un infarto
imminente.
• Queste
interpretazioni
catastrofiche
possano
riguardare non solo le sensazioni della paura, ma anche
quelle di una varietà di altre emozioni (ad es. la rabbia) o
di stimoli d’altra natura (ad es. la caffeina, ipoglicemia,
rilassamento).
Modello del Circolo vizioso del Panico
• Il circolo vizioso che alla fine culmina in un attacco di panico, si
sviluppa quando:
– uno stimolo percepito come minaccioso crea uno stato di forte
preoccupazione,
– il soggetto interpreta in modo catastrofico le sensazioni mentali e
somatiche che accompagnano questa preoccupazione
– quindi
sperimenterà
un
ulteriore
incremento
della
preoccupazione, si acuiranno le sensazioni somatiche,
– e così via, fino all’esplosione vera e propria dell’attacco di
panico.
• I pazienti con DP riferiscono:
– di avere pensieri, durante l’attacco di panico, riguardanti un
imminente pericolo (ad es. infarto, pazzia, svenimento)
– e che questi pensieri appaiono tipicamente dopo aver posto
l’attenzione a specifiche sensazioni corporee.
Esempio
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Ero con amici ad una festa in una discoteca.
Ho sentito una sensazione di confusione mentale, quasi di
irrealtà, mi sentivo distaccata dal mondo (sintomo fisico).
Ho pensato che questa sensazione era il segno di un
attacco di panico imminente, ma di quelli brutti, che avrei
perso il controllo e sarei impazzita e non sarei più tornata in
me (immagine dell’amico che dopo un acido non era più
tornato normale e del suo primo attacco di panico).
(Pensiero catastrofico).
Sono diventata più ansiosa, temevo di perdere il controllo, e
ho cominciato a respirare affannosamente (escalation dei
sintomi fisici).
Mi sono precipitata fuori a cercare mio marito (fuga e
evitamento).
Mi sono sentita depressa e scoraggiata, perché non sono
più in grado di passare una serata fuori con gli amici, e
inoltre nessuno mi riesce a capire, neanche mio marito.
(hopelessness)
Esempio
Modello della sequenza di Panico
Confusione mentale
Cosa accadrà se avrò un
attacco di panico?
Ansia
Panico
Perdo il controllo
Impazzirò
Confusione mentale
Sensazione di
soffocamento e di irrealtà
Respiro affannoso
Controllo del respiro
Evitare di stare da sola
Trattamento
• In Terapia cognitiva si utilizzano più moduli di intervento
che:
– agiscono selettivamente su specifici punti del meccanismo del
panico
– sono stati verificati nell’efficacia.
• Gli studi indicano che la migliore efficacia del trattamento
si ottiene combinando i seguenti metodi di intervento:
– Psicoeducazione
– Ristrutturazione Cognitiva
– Immaginazione
– Esperimenti Comportamentali
– Controllo della Respirazione
– Training di Rilassamento
– Esposizione
Fasi della Terapia
•Fase 1: Assessment
– Fattori predisponenti
– Fattori precipitanti
– Fattori di mantenimento
– Modello cognitivo del panico
•Fase 2: Psicoeducazione (normalizzazione)
– che cosa è l’ansia
– circoli viziosi (la paura della paura)
– i fattori di mantenimento (evitamento e comportamenti protettivi)
•Fase 3: Osservazione sistematica
– ABC e distanziamento
– Diario del panico
•Fase 4: Gestione dell’ansia
– Esperimenti comportamentali per induzione dei sintomi (es.
Iperventilazione)
– Rilassamento
– Controllo della respirazione
Fasi della Terapia
•Fase 5: Interruzione dell’evitamento
– Ruolo confermatorio degli evitamenti e dei comportamenti di
sicurezza
• Discussione
• Metafore
• Esperimenti comportamentali finalizzati al cambiamento
cognitivo
• Motivazione
•Fase 6: Interruzione del circolo vizioso
– Ristrutturazione cognitiva con decatastrofizzazione
– Immaginazione
– Esposizione e Esposizione enterocettiva
•Fase 7: Modificazione
– Credenze disfunzionali sul controllo
– Modificazione dell’idea di sé
– Riattribuzione di significato alla storia personale
•Fase 8: Prevenzione delle ricadute
Psicoeducazione
Presentazione didattica del DP tramite il modello
cognitivo-comportamentale dell’ansia.
• Definizioni dell’ansia, del panico e dell’agorafobia.
Ogni sintomo presentato dal pz è ridefinito come
una manifestazione del DP, allo scopo di mostrarne
l’innocuità.
• Si spiega al pz lo sviluppo del DP come una
risposta psicologica allo stress, e sottolinea come i
comportamenti d’evitamento e l’ansia anticipatoria
contribuiscano ad aumentare la frequenza di
comparsa degli attacchi di panico.
• Uno strumento terapeutico utile può essere
costituito da libri o articoli, perché il pz può leggerli
ogniqualvolta lo desideri.
Ristrutturazione cognitiva (1)
• La ristrutturazione cognitiva deriva dal lavoro di
Beck sul rapporto tra errata elaborazione delle
informazioni e ansia (Beck & Emery, 1985).
• Il cambiamento terapeutico consiste nell’identificare
gli errori cognitivi (pensieri, credenze, assunti), e nel
sottoporli ad un rigoroso esame di realtà.
• La ristrutturazione cognitiva non equivale al
“pensiero positivo”, ma consiste nell’insegnare alle
persone a pensare realisticamente (es: valutare le
prove a disposizione).
Ristrutturazione cognitiva (2)
Il primo passo consiste nell’aiutare il pz a capire come
certe cognizioni accentuino o provochino l’attacco di
panico.
• Si esaminano retrospettivamente i pensieri, le
credenze, gli assunti elicitati durante un tipico attacco
di panico o un episodio d’ansia del pz.
• È utile iniziare da una descrizione dettagliata del
primo episodio e dell’episodio più recente di attacco di
panico.
• Il terapeuta, attraverso una serie di domande, cerca
di definire la sequenza dell’attacco in quel particolare
pz, e di far emergere i pensieri catastrofici irrealistici.
Ristrutturazione cognitiva (3)
• Esplicitare questi pensieri è utile poiché molti
pazienti ne sono inconsapevoli. Infatti, nella maggior
parte dei casi, gli individui elaborano le informazioni
automaticamente, e interpretano gli stimoli molto
rapidamente.
• L’auto-monitoraggio dei pensieri durante l’attacco
di panico (ABC) , perché aiuta il pz a comprendere il
ruolo che giocano gli aspetti cognitivi.
• Una volta che il pz. è divenuto consapevole
dell’importanza dei suoi pensieri nello sviluppo e
mantenimento del disturbo, si può mettere in
discussione la validità di quei pensieri.
Immaginazione
Scopo: far immaginare le situazioni ansiogene, fino a
sperimentare l’ansia. Imparare a gestire situazioni difficili,
prima di doverle affrontare nella realtà.
Modalità
• Si invita il pz a visualizzare la specifica situazione
ansiogena il più dettagliatamente possibile.
• Man mano che il pz descrive la scena, si pongono
domande sui pensieri e sulle emozioni ad essa
associati.
• La visualizzazione procede ulteriormente e si chiede al
pz di visualizzare tecniche di fronteggiamento efficaci.
–In questo modo la visualizzazione funziona come un vaccino: se
il pz. è in grado di gestire piccole quantità d’ansia costruita in
terapia, sarà più preparato a gestirla in setting naturali.
Esperimenti Comportamentali
• Compiti in grado di produrre delle sensazioni molto simili a
quelle normalmente sperimentate dal pz durante un
attacco di panico
• Finalizzati al cambiamento di alcune credenze del paziente
• da soli non possono bastare e devono essere inseriti in un progetto
più ampio che contenga una serie di manovre di disconferma e di
spiegazioni alternative.
– Rappresentano un test di realtà
Esempi:
– Iperventilazione
– Concentrarsi sul corpo
– Lettura di liste con associazioni sintomo-pensiero
Esposizione (1)
Razionale: Nell’esposizione il paziente affronta l’ansia e gli
stimoli che provocano il panico:
– situazioni esterne
– sensazioni interne (desensibilizzazione enterocettiva).
Scopo: Affrontando ripetutamente l’ansia in una situazione
strutturata, i pazienti imparano a sviluppare meccanismi di
fronteggiamento appropriati (vaccino).
Esposizione (2)
Modalità:
Esposizione
– Si costruisce una gerarchia delle situazioni temute dal
pz.,
– lo si espone ad ognuna di esse in modo progressivo e
sistematico;
– Si guida il pz. nell’utilizzo delle sue capacità di coping
di fronte a situazioni ansiogene
Esposizione enterocettiva
– Si costruisce una gerarchia delle sensazioni interne
temute dal pz. (ad es. vertigini o tachicardia).
– Si può esporre il pz. a questi stimoli usando metodi
quali
lo
sforzo
fisico,
facendolo
respirare
affannosamente, girando su se stessi per provocare
una sensazione di sbandamento, ecc.
Esposizione (3)
L’utilizzo di una gerarchia di stimoli, dal meno al più temuto,
consente di procedere gradualmente e di consolidarsi sulle
competenze man mano acquisite.
• Il pz. impara dapprima a gestire le situazioni poco
ansiogene, e solo successivamente affronta le situazioni
più difficili.
• Affrontare l’ansia in un setting terapeutico aiuta il pz. ad
utilizzare le sue nuove competenze di coping.
Anche nel caso dell’esposizione, gli esercizi a casa tra una
seduta e l’altra sono essenziali per migliorare rapidamente
La terapia cognitiva della depressione
TRIADE COGNITIVA
1.Visione negativa che il pz. ha di sé stesso: egli vede sé stesso
inadeguato, malato, indesiderabile, inutile ecc. a causa dei suoi
presunti difetti. Per questi difetti tende a sottovalutarsi e criticarsi.
2.Visione negativa delle proprie esperienze. Il pz pensa che il
mondo gli facci a richieste esorbitanti e/o gli presenti ostacoli
insuperabili.
3.Visione negativa del futuro.
ORGANIZZAZIONE STRUTTURALE DEL PENSIERO
Il pz depresso mantiene i suoi atteggiamenti negativi nonostante vi
siano prove oggettive della presenza di fattori positivi nella sua
vita; questo perché utilizza modelli cognitivi stabili, detti schemi,
per vagliare , codificare e differenziare gli stimoli. Egli classifica le
proprie esperienze attraverso una matrice di schemi.
La terapia cognitiva della depressione
ELABORAZIONE ERRATA DELLE INFORMAZIONI
Gli errori sistematici del modo di pensare dell’individuo depresso
servono a mantenere in lui la convinzione della validità dei suoi
concetti negativi, malgrado vi siano prove del contrario.
Deduzione arbitraria: trarre un conclusione in assenza di prove;
Astrazione selettiva: concentrarsi su un particolare di una
situazione ignorando aspetti più salienti;
Generalizzazioni eccessive;
Ingigantire minimizzare;
Personalizzazione: porre gli eventi esterni in relazione a sé;
Pensiero assolutistico, moralistico e dicotomico.
La terapia cognitiva della depressione
Struttura della terapia
– Fase di assessment
– Preparare il paziente alla terapia
– Formulare un programma terapeutico
•Scegliere i sintomi bersaglio (affettivi, motivazionali, cognitivi,
comportamentali, fisiologici)
•Alleviamento dei sintomi (individuare e modificare i pensieri e i
comportamenti disfunzionali)
•Prevenzione delle ricadute
– Fase di intervento
Tecniche comportamentali
Tecniche cognitive
La terapia cognitiva della depressione
Tecniche comportamentali
Il paziente è preso in un circolo vizioso: ridotta attività →senso di
incapacità → ulteriore scoraggiamento
Bersaglio: la passività, la mancanza di gratificazione e l’incapacità
di esprimere emozioni adeguate
Scopo: produrre un cambiamento degli atteggiamenti negativi per
poi modificare il pensiero negativo. Migliorando il livello di
funzionamento ci si oppone al pensiero negativo e si offre la
possibilità di sperimentare un senso di gratificazione. Osservando i
cambiamenti il paziente è più propenso a riesaminare la
cognizione negativa di sé, con un conseguente miglioramento
dell’umore
– Il programma delle attività
– Tecniche di soddisfazione e piacere
– Assegnazione di compiti graduali
– Addestramento all’assertività e assunzione di ruoli
La terapia cognitiva della depressione
Tecniche comportamentali
Il programma delle attività
Stabilire un programma delle attività giornaliere, concordando con
il paziente una gerarchie di compiti graduali. Obiettivo è quello di
seguire il programma non di dare immediatamente sollievo ai
sintomi. Spesso il funzionamento migliora prima che si abbia il
sollievo.
Premesse da comunicare al paziente
–Nessuno realizza tutto ciò che programma
–Specificare che cosa verrà fatto non che cosa si otterrà
–Anche se non si riesce, il solo provare è importante per ottenere
informazioni per l’obiettivo successivo
–Alla sera dedicare un po’ di tempo a rivedere le cose fatte e il
programma del giorno successivo.
La terapia cognitiva della depressione
Tecniche comportamentali
Tecniche di soddisfazione e piacere
Alcuni pz non traggono piacere dalla attività che svolgano perché:
– tentano di svolgere attività che non erano piacevoli neppure prima
dell’episodio depressivo
– sono presenti cognizioni negative che opprimo il piacere
– c’è una disattenzione selettiva alle sensazioni di piacere
Si individua un compito con il paziente che dovrà essere svolo più
volte al giorno. Il pz prenderà nota del suo umore e dei pensieri
durante l’attività.
Inoltre valuterà il grado di bravura (efficacia personale durante
l’esecuzione del compito, ovvero avere la sensazione di aver
realizzato qualche cosa) e di piacere (sentimenti piacevoli durante
l’esecuzione del compito).
Il paziente impara a riconoscere piccoli successi e modesti gradi di
piacere. Contrasta il pensiero “tutto o nulla”.
E’ importante concentrarsi sulle sensazioni non sulla relizzazzione
del compito.
La terapia cognitiva della depressione
Tecniche comportamentali
Assegnazione di compiti graduali
– Definire il problema
– Formulare il programma con assunzione graduale di compiti (dai più
semplici a quelli più complessi)
– Discussione con il paziente cercando di contrastare le distorsioni
cognitive
A volte per il paziente è difficile svolgere dei compiti per la difficoltà di
concentrazione o per la presenza di pensieri e rimuginazioni
Può essere utile far immaginare al paziente lo svolgimento del compito,
passo dopo passo. E’ utile per poter individuare eventuali blocchi allo
svolgimento del compito e possibili soluzioni.
La terapia cognitiva della depressione
Tecniche cognitive
Insegnare al paziente ad osservare i propri pensieri
– Definire il pensiero automatico
– Spiegare il rapporto tra pensiero ed emozione
– Dimostrare la presenza di cognizioni derivanti dall’esperienza recente
– Assegnare compiti di auto-osservazione a casa
– Feedback sui compiti di auto-osservazione
Registrazione dei pensieri disfunzionali (modello ABC-DE)
Tecniche di riattribuzione (utile per pazienti inclini all’autoaccusa
o con eccessivo senso di responsabilità)
– Tecniche che permettono di riattribuire la responsabilità
• Rivedere i dati di fatto degli eventi
• Doppio criterio (far notare al pz come usi diversi criteri di attribuzione di
responsabilità)
• Deresponsabilizzazione (si mette in discussione l’idea che il pz sia
responsabile al 100% di ogni evento negativo)
– Ricerca di soluzioni alternative
Le emozioni
Definizione: (dal latino “muovere”) reazione affettiva complessa molto
intensa indotta da uno stimolo esterno che provoca dei cambiamenti
fisici e psicologici
Caratteristiche:
• Relazione con un evento
• Componente fisiologica/somatica
• Componente psicologica
• Componente comportamentale
• Hanno un oggetto e spesso un destinatario
• Relazione con scopi e credenze
Le principali emozioni
Le emozioni di base
• Paura/ansia
• Rabbia
• Tristezza
• Gioia
• Disgusto
Altre emozioni
• Invidia
• Colpa
• Gioia
• Gelosia
• Pena
• Sorpresa
• Delusione
• Disprezzo
INTENSITA' DELLE EMOZIONI
Intensità
Rabbia
Contentezza
Gioia
Ansia, Paura
Tristezza
Depressione
irritato
infastidito
innervosito
compiaciuto
contento
allegro
incerto
a disagio
apprensivo
triste
giù di corda
melanconico
Debole
Media
risentito
arrabbiato
felice
eccitato
soddisfatto
preoccupato
ansioso
turbato
afflitto
rabbuiato
abbattuto
Alta
infuriato
fuori di me
rabbioso
entusiasta
esaltato
estatico
angosciato
terrorizzato
spaventato
tormentato
devastato
schiacciato
disperato
sconvolto
Il modello ABC
Cognitivo
A
Evento
attivante
B
Pensieri
C
Conseguenze
Emozioni (0-10)
Comportamenti
Aspetti
biologici/neuroveg.
Parlare in
pubblico
Farò una brutta figura
Penseranno che sono stupido
Non so che dire
Ansia (8)
Mi sudano le mani
balbetto, me ne vado
Ho ricevuto un
rimprovero dl
mio superiore
Non ne combino una giusta
Ho sbagliato tutto
Sono un fallito
Tristezza (6)
Ho ricevuto un
rimprovero dal
mio superiore
Ma come si permette
Non è giusto
Non è colpa mia
Rabbia (5)
Il modello ABC
Cognitivo
A
Evento
attivante
Che cosa è
successo?
Cosa stava
facendo?
Dov’era?Con
chi?
B
Pensieri
Che cosa pensava in quel
momento?
Che cosa le passava per la
mente?
Che cosa si è immaginato?
C
Conseguenze
Emozioni (0-10)
Comportamenti
Aspetti
biologici/neuroveg.
Che cosa ha provato?
Come si sentiva?
Come ha reagito alla
situazione?
Che cosa ha osservato?
Cosa ha fatto?
Il modello ABC
Cognitivo
A
Evento
attivante
B
Pensieri
C
Conseguenze
Emozioni (0-10)
Comportamenti
Aspetti
biol/neuroveg.
D
Discussione
dei B
Che cosa le fa
pensare sia così?
Quali altre
spiegazioni
possiamo trovare?
Come fa a sapere
che ciò accadrà?
Che prove ci sono
a favore di questo
pensiero?
E
Valutazione
Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica
Sezione di Psichiatria e Psicologia Clinica
U.O di Psicosomatica e Psicologia Clinica
Università degli Studi di Verona
Corso di Psicoterapia cognitivocomportamentale
3° lezione
Claudia Goss
E-mail: [email protected]
A.A. 2011-2012
Programma della lezione
La terapia cognitivo-comportamentale dei disturbi di
personalità
• Il paziente “difficile” e il paziente grave in psichiatria
• Un modello di comprensione dei disturbi di
personalità
• Gli stati problematici
•
•
•
•
Le funzioni metarappresentative
I cicli interpersonali
La regolazione delle scelte
Indicazione di trattamento
Perché un paziente viene considerato
“DIFFICILE”
“Paziente che mi fa sentire impotente e non mostra fiducia
nei miei confronti”
“Paziente che non mostra rispetto, che argomenta e non
segue il trattamento”
“Paziente con cui ci sono continui contrasti o disaccordi su
ruoli, regole e aspettative reciproche (contrasto tra l’aiuto
offerto e l’aspettativa e la speranza espresse dal paziente)”
L’operatore si percepisce irritato e/o frustrato.
I comportamenti del paziente “difficile”
• Atteggiamenti di resistenza, sfida e provocatori
• Emozioni intense: rabbia, paura, depressione
e lutto.
• Mancanza di fiducia, sospettosità o eccesso di
confidenza, seduzione.
• Non adesione al trattamento o insoddisfazione
per gli interventi proposti
• Comportamenti patologici impulsivi
10 cose che possono rendere il paziente “difficile” e
provocano resistenza, irritazione e ostilità
nell’operatore
• Non ascolto
• Protesta ed obiezioni (resistenza)
• Aggressività verbale ed ostilità
• Mancanza di fiducia
• Sospettosità
• Eccesso di confidenza, seduzione
• Non adesione al trattamento
• Insoddisfazione
• Provocazione/sfida
• Rassegnazione
10 cose che possono rendere l’operatore “difficile” e provocano
resistenza, irritazione e ostilità nel paziente
•
Dare consigli se non richiesti
•
Tentare di attribuire all’altro la colpa di un evento/situazione
•
Rassicurazioni premature e irrealistiche
•
Ottimismo banalizzante
•
Atteggiamenti falsamente empatici
•
Forzare o fare pressioni per indurre cambiamenti
•
Dare l’impressione di voler biasimare
•
Voler a tutti i costi dimostrare l’errore dell’altro
•
Comportarsi come una persona infallibile
•
Usare linguaggio troppo drammatico o tecnico
Che cos’è “difficile”?
Gli operatori sanitari tendono ad attribuire ai pazienti la
responsabilità di una difficile interazione.
I pazienti tendono ad accusare gli operatori sanitari.
Ci possono essere operatori sanitari o pazienti “difficili”,
ma più spesso sono le interazioni ad essere difficili.
In psichiatria: i pazienti difficili sono più spesso quelli con
un disturbo (o tratti marcati) di personalità. In questi
pazienti è proprio la relazione che diventa difficile.
L’approccio
Considerare la relazione come deragliata e tentare di
riportarla sui binari giusti.
In psichiatria: la relazione diventa uno strumento
terapeutico
Indicazioni generali (1)
• L’ operatore sanitario è nella posizione migliore per poter
riparare relazioni non funzionali (ruolo professionale)
• Tutti gli elementi dell’interazione (operatore, paziente,
malattia, ambiente) possono rendere difficile la relazione
• Non sempre quello che è difficile per un operatore lo è
anche per un altro
• La supervisione e il lavoro di gruppo sono strumenti utili
per gestire i pazienti “difficili”
Indicazioni generali (2)
• Riconoscere la difficoltà:
–
–
–
–
–
–
Quando ci si accorge che si tende a ripetere le stesse cose
Quando ci si interrompe a vicenda
Quando si attuano dei comportamenti stereotipati
Quando si percepisce disagio o si desidera essere altrove
Quando le distanze si accorciano
Quando si provano emozioni di fastidio/irritabilità, senso di
inadeguatezza, senso di onnipotenza
• Essere consapevole delle proprie emozioni
Talvolta la rabbia, la noia, il fastidio emergono così rapidamente
che risulta difficile controllarli. E’ importante conoscere il proprio
modo di reagire per anticipare comportamenti inappropriati.
• Non perdere la propria professionalità
• Ricordare gli obiettivi da raggiungere
Il paziente grave in psichiatria
Sono gravi quei pazienti che presentano una
particolare difficoltà nello stabilire e mantenere
l’alleanza terapeutica, tendono al drop out, e non
riescono ad utilizzare in modo terapeutico la
relazione.
I disturbi di Personalità
Definizione
Modello abituale di esperienza interiore e di comportamento che devia
marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo. Si
manifesta in due o più delle seguenti aree:
– Cognitività (cioè modi di percepire ed interpretare se stessi, gli altri e gli
avvenimenti)
– Affettività (cioè la varietà, intensità, labilità e adeguatezza della risposta
emotiva)
– Funzionamento interpersonale
– Controllo degli impulsi
Il modello abituale risulta inflessibile e pervasivo in una varietà di
situazioni personali e sociali
Il modello abituale determina un disagio clinicamente significativo e
compromissione del funzionamento sociale, lavorativo e di altre aree
importanti.
(DSM IV TR)
I disturbi di Personalità
Consistono nel fallimento in tre principali compiti
di vita che determinano l’adattamento:
1. Stabilire rappresentazioni integrate di sé e
degli altri
2. Sviluppare un funzionamento interpersonale
adattivo (incapacità di sviluppare relazioni
intime, di funzionare come figura
d’attaccamento di stabilire relazioni affiliative)
3. Sviluppare un funzionamento sociale adattivo
I disturbi di Personalità
• Quali aspetti della vita mentale portano le persone a
soffrire, non integrare le rappresentazioni delle
interazioni e avere disfunzioni interpersonali e sociali?
• Da che cosa è costituito un disturbo di personalità?
• Perché chi ne è affetto non si adatta all’ambiente?
• In che modo elementi psicopatologici distinti e
compresenti nella stessa persona danno luogo a
forme peculiari di disfunzione?
I disturbi di Personalità
Per comprendere meglio il funzionamento dei pazienti
con disturbi di personalità è importante riuscire a fornire
una spiegazione su:
– come mai i vari problemi sono presenti contemporaneamente e
restano invariati per anni
– in che modo tali elementi si organizzano
– cosa impedisce ai pazienti di uscire dalla loro patologia
• Formulare modelli psicopatologici che facilitino la
pianificazione del trattamento
• Pianificare trattamenti che prevedano come obiettivo
finale la riduzione della sofferenza ed il miglioramento
della qualità di vita
Un modello di comprensione e trattamento
Le dimensioni della vita mentale
• Gli stati mentali problematici
Cosa sperimenta e pensa la persona?
• Le Funzioni meta-cognitive
In che modo e grado è capace di accedere ai pensieri propri ed
altrui?
• I Cicli interpersonali
In che modo elicita riposte che confermano le proprie
aspettative?
• I Processi decisionali e motivazionali
Come compie le scelte e quali sono i principi che la guidano?
Gli stati mentali problematici
• Il soggetto organizza i propri significati in forma di storie
(psicologia narrativa)
• I significati espressi sia otto forma verbale sia emotivosomatici si aggregano in modo coerente con il contesto
interno e situazionale e diventano esperienza soggettiva
come stati mentali
• Gli stati menatali fluiscono, di norma, nella coscienza del
soggetto, mantenendo un certo grado di organizzazione
e sono abbastanza sensibili da mutare concordemente
con il contesto situazionale
• Diventano problematici: se sono storie cariche di
sofferenza emotiva e vengono ripetute rigidamente
senza rispondere adeguatamente al cambiare delle
situazioni
Gli stati mentali problematici
• Ogni disturbo di personalità è caratterizzato da un set
tipico di stati mentali, rigido al mutare dei contesti. Le
transizioni da uno stato all’altro seguono modalità
riconoscibili.
• Damasio
emozioni
soggetto
negativa
evitare.
sostiene che scene mentali marcate da
positive costituiscono stati del mondo che il
avrà la tendenza a perseguire;la marcatura
di tali scene indicherà stati del mondo da
• I disturbi di personalità hanno un’alterazione della
narrazione che può essere nel contenuto (povertà
narrativa) o nella forma (disorganizzazione).
Gli stati mentali problematici
• Gli stati mentali sono caratterizzati da:
– Temi di pensiero dominanti
– Assetto emotivo
– Stati somatici
• C’è un rapporto tra gli stati mentali e i personaggi del
paesaggio narrativo
• La Psicoterapia: aiuta ad identificare gli stati mentali, il
passaggio d uno stato all’altro e il relazione con i vari
personaggi
Gli stati mentali problematici
Esempi
Stato di rabbia-ingiustizia subita (D. Borderline)
“Stamattina mi sono svegliata di umore nero..odio il mio lavoro, è da
fallite. Sono entrata in stanza e quella strega della mia collega mi
ha imposto di fare delle fotocopie. Ho sentito la testa che mi
scoppiava per la rabbia, avrei voluto darle un pugno in faccia. Le
odio mi vogliono sempre sottomettere per dimostrare la loro
superiorità, non è giusto.”
Stato di pena, colpa, danno arrecato (D. Borderline)
“Avevo litigato con mio fratello per colpa del cane: facciamo a
scaricabarile per portarlo fuori. Però lui sta preparando un esame e
io non sto facendo nulla per aiutarlo. Sono cattiva. Quando sono
tornata a casa era molto nervoso e giocava al pc.Se non passa
l’esame è tutta colpa mia. Vorrei morire.”
Stato di minaccia, solitudine, perdita (D. Borderline)
“sono terrorizzata che mi lasci. Si accorgerà prima o poi di quanto
sono pesante e che ho bisogno di lui. L’altro giorno quando ci
siamo salutati mi è preso il panico, mi sono sentita solissima, e si
mi abbandona?”
Le funzioni meta-cognitive
• Le funzioni metacognitive sono capacità dell’individuo di
compiere operazioni cognitive euristiche sulle proprie ed altrui
condotte psicologiche nonché la capacità di utilizzare tali
conoscenza ai fini strategici per la soluzione di compiti e per
padroneggiare specifici stati mentali fonte di sofferenza
soggettiva
• La metacognizione riguarda sia la conoscenza sia la
regolazione degli stati mentali. È un’attività continua con cui
nella vita di tutti i giorni regoliamo noi stessi e le nostre relazioni,
comprendendo gli stati mentali nostri e altrui.
• La metacognizione non è una funzione unica ma è costituita da
diverse attività eterogenee.
• Teoria della mente: capacità di rappresentarsi eventi mentali,
di attribuire a sé e agli altri stati mentali e di prevedere e
spiegare il comportamento manifesto sulla base di queste
rappresentazioni (sviluppo completo verso i 4 anni: risoluzione
del compito della falsa credenza)
Le funzioni meta-cognitive
• Autoriflessività:
– Identificazione e Relazione tra variabili
– Differenziazione
– Integrazione
Monitoraggio
• Comprensione della mente altrui
–
–
–
–
Identificazione e Relazione tra variabili
Differenziazione
Integrazione
Decentramento
• Strategie di padroneggiamento (mastery)
– 1° livello
– 2° livello
– 3° livello
I deficit possono essere:
• Limitati all’area sintomatica
• Contesto dipendenti
• Generalizzati e stabili
Le funzioni meta-cognitive
Autoriflessività
• Requisititi basici: consapevolezza di avere una mente
propria e indipendente
• Identificazione: capacità di distinguere, riconoscere e
definire gli stati interni (emozioni, cognizioni, intenzioni)
propri ed altrui
• Relazioni tra variabili: capacità di stabilire relazioni di
causalità tra stati mentali ed con eventi interni o esterni
Identificazione e relazione tra variabili costituiscono la
funzione di monitoraggio (il fallimento di questa finzione
rende la mente del soggetto opaca)
Le funzioni meta-cognitive
Esempi di deficit di monitoraggio
T: cosa ha provato?
P: mi tremavano le mani
T: Si sentiva tesa..
P: forse,stavo male non riuscivo a pensare a niente
P: lui continuava a chiedermi “hai fatto questo?hai fatto
quello?” Io “sì l’ho fatto” ad un certo punto comincia a dirmi
che non avevo capito niente, che non aveva senso che
stessi lì. Allora io serafica gli ho detto..
T:. Cosa provava?
P: cosa provavo…più che altro che lui non capiva quello che
stavo cercando di dire
Le funzioni meta-cognitive
Autoriflessività
• Differenziazione: permette di riconoscere la natura
rappresentazionale del pensiero distinguendo tra
rappresentazione e realtà.
Esempio di deficit
“Sono disperato, mi immagino proprio cose terribili, ma penso forse
che non sono vere non lo so, sono sceso oggi dal balcone con
una fune
T: dal balcone?
P: ho l’idea che mi stiano spiando e sentivo questa angoscia dentro,
allora mi sono detto scappo, faccio perdere le tracce, mi sembra
di impazzire, come faccio ad escludere che sia vero?”
Le funzioni meta-cognitive
Autoriflessività
• Integrazione: consente di costruire narrazioni
coerenti per descrivere il proprio scenario mentale
attraverso l’evoluzione di un proprio stato mentale e
l’integrazione tra stati differenti.
– Una mente che non integra risulterà confusa o dissociata
Esempio di deficit:
“Eleonora mi ha chiesto di accompagnarla. Siamo andati con la
macchina. Adesso mi sto rendendo conto che non sto prendendo
né l’autobus né la metropolitana. Neanche insieme ad altri. Ho
pensato che non ce l’ho fatta a fare questa cosa e non ce la farò
a fare niente. Ho provato fastidio verso mio padre. Non sopporto
niente di quello che fa, di quello che dice. Sento che non riesco a
seguire un filo logico parlando, non so. Mi sono sentita molto in
colpa. Adesso mi è venuta in mente mia madre, il fatto che non
riesco ad accontentarla.”
Le funzioni meta-cognitive
Comprensione della mente altrui
• Requisititi basici: permettono di attribuire ad altri menti
proprie e indipendenti
• Identificazione e relazioni tra variabili: permettono il
monitoraggio degli stati interni altrui ipotizzando e relazioni di
casualità con eventi interni o esterni
• Integrazione: consente di costruire narrazioni coerenti per
descrivere lo scenario mentale altrui attraverso l’evoluzione di
uno stato mentale o l’integrazione tra stati differenti.
• Differenziazione: permette di riconoscere la natura ipotetica
dello stato mentale altrui. Differenziare consente di compere
operazioni di decentramento cogliendo le differenze tra il
funzionamento mentale proprio ed altrui
• Decentramento: prospettiva da cui si esercita la lettura degli
stati mentali altrui
• Se non differenziamo e non decentriamo la nostra mente sarà
eogocentrica e/o autarchica
Le funzioni meta-cognitive
Esempio di deficit di comprensione della mente altrui
Decentramento
La scrivania nello studio del terapeuta era piena di libri, stava
preparando un intervento ad un seminario
P: “ Adesso glielo posso proprio dire, quando sono andata via
l’altra volta ho pensato che la terapia non poteva proprio
andare avanti, che per me non ci sono proprio speranze,
entrando qui e vedendo questi libri sul tavolo, in particolare
quello lì mi è venuta la paranoia che lei stesse studiando per
capire il mio caso per cercare di trovare una soluzione e
questo mi ha sconfortato ancora di più. Mi dica, è cosi?”
Le funzioni meta-cognitive
Strategie di padroneggiamento (mastery)
Capacità di definire i problemi in termini psicologici, di
formularli adeguatamente e di mettere in atto strategie
adeguate per la loro soluzione o per fronteggiare la
sofferenza psicologica che deriva da essi. L’incapacità di
compiere tali operazioni rende la nostra mente impotente
o disregolata
Requisiti basici: atteggiamento attivo verso la soluzione dei
problemi
1°livello: azione sullo stato dell’organismo (es. farmaci) e
coordinamento interpersonale
2° livello: regolazione autonoma dello stato mentale,
comportamenti attivi sullo state mentale problematico,
evitamento, non pensarci
3°livello: uso delle conoscenze per la soluzione dei
problemi intrapsichici e interpersonali criticando le proprie
credenze ed accettando i propri limiti nel padroneggiare gli
eventi
I cicli interpersonali disfunzionali (1)
Il soggetto attribuisce senso alla vita di relazione sulla base di
previsioni, aspettative e intenzioni
I processi di costruzione dell’individuo portano a tipici comportamenti
e comunicazioni che elicitano nell’altro risposte prevedibili (Safran &
Segal 1990)
La motivazione di base è il bisogno del soggetto di relazionarsi
all’altro, il desiderio sottostante gli schemi relazionali è quello di
mantenere la relazione
Il soggetto ha delle aspettative sull’andamento della relazione e con
queste entrerà in rapporto, attendendosi determinate risposte
Le sue previsioni lo muoveranno a comportamenti, automatici o
coscienti, congrui con i desideri
I cicli interpersonali disfunzionali (2)
I cicli diventano disfunzionali quando conducono le relazioni in
direzioni prescritte e prevedibili in cui entrambi i partecipanti
provano affetti che rinforzano le credenze sulla relazione
• Il soggetto può selezionare altri che giocano ruoli complementari a
quelli assunti dal sé (es. se il sé presta cure selezionerà altri
bisognosi d’aiuto), ricevendo risposte che confermeranno le
assunzioni sottostanti (gli altri hanno bisogno del mio aiuto)
• Il soggetto anticipa le reazioni degli altri e reagendo di
conseguenza elicita proprio le reazioni previste (es. Un paziente
che teme di essere rifiutato si pone in relazione con atteggiamento
dimesso e sfuggente. Gli altri con molta probabilità risponderanno
ignorandolo e questo confermerà in lui l’aspettativa di essere
degno del rifiuto)
• Il soggetto dissocia alcuni aspetti di sé. Questi riemergono nel
comportamento non verbale e promuovono nell’altro delle risposte
che rinforzano le convinzioni (anche inconsce) che avevano
portato a dissociare quegli aspetti (es. il soggetto che si sente
vittima, può dissociare la rabbia)
• Di fronte all’attesa di eventi temuti (es. abbandono) il soggetto
attiva delle difese (es. congelamento emotivo) che elicitano
nell’altro la risposta temuta
I cicli interpersonali disfunzionali (3)
• I cicli disfunzionali si attivano anche con il
terapeuta/operatore e condizionano profondamente
l’andamento della relazione
• I pazienti entrano in relazione con atteggiamenti che
possono essere aggressivi, timorosi, distaccati,
diffidenti, evitanti. Poiché mancano anche della
capacità di riflettere sul proprio atteggiamento
relazionale il tutto è complicato. Il terapeuta (operatore)
proverà emozione che se agite possono rinforzare la
psicopatologia
• Il terapeuta/operatore entrerà nei cicli disfunzionali del
paziente con disturbo di personalità (es. il paranoide
evoca reazioni di paura, il narcisista può evocare noia o
distacco)
I cicli interpersonali disfunzionali (4)
Per padroneggiare la spinta ad agire (che rischia di
diventare antiterapeutica) che si avverte quando si è
coinvolti in un ciclo problematico, bisogna ricorrere alle
operazioni di disciplina interiore (Safran & Muran, 2004)
Occorre quindi uno sforzo per ricollocarsi mentalmente
in modo contrario alla tendenza spontanea che emerge
dall’interazione con il paziente
Tali operazioni consistono nel focalizzarsi sulle proprie
emozioni e riconoscere il proprio stato mentale e
successivamente focalizzarsi sul paziente, sulle sue
emozioni e sulle eventuali comunanze
La regolazione delle scelte
Elementi:
• scopi (famiglia di stati mentali accomunati dall’essere
rappresentazioni cui un sistema cognitivo, tramite l’azione cerca di
adeguare il mondo. Oltre ai desideri, ci sono aspirazioni, rimpianti,
bisogni e aspettative) e credenze del soggetto
• Le opzioni d’azione possibili
• Un criterio in base al quale valutare le conseguenze ipotizzabili
Ciò che guida le scelte non è sempre una razionalità classica.
L’individuo cerca di raggiunger i propri obiettivi
I processi cognitivi disfunzionali sono quelli che riducono le capacità di
cambiamento e di adattamento dell’individuo, ovvero la su abilità
nell’esplorare le alternative, nell’adeguare i mezzi ai propri scopi e nel
discernere come e quando accettare i fallimenti
Tre componenti
• Emozioni, desideri, scopi (marcatore somatico)
• Valori e sé ideale
• Contesto interpersonale
La regolazione delle scelte
Valori
Sé ideale
Emozioni
Scopi
Contesto
Desideri
interpersonale
Linee generali di trattamento
• Superare i cicli interpersonali problematici
• Regolare il tono emotivo in seduta
• Incrementare in seduta le funzioni meta-rappresentative
• Individuare in seduta gli stati problematici
• Denominare gli stati problematici
• Spiegare i deficit meta-rappresentativi
• Concordare i compiti per migliorare le funzioni metarappresentative
• Concordare i compiti per riconoscere e gestire gli stati
problematici
• Utilizzare i promemoria e regolare il ricordo della seduta
• Spiegare e discutere eventuali deficit cognitivi/sociali
(Concordare un programma di riabilitazione per tali deficit e
applicare il programma
Linee generali di trattamento
Superare i cicli interpersonali problematici
“primo non nuocere”
Nei disturbi di personalità è frequente il sentirsi spinti ad agire e spesso
in modo antiterapeutico
I cicli problematici si attivano frequentemente e con intensità maggiore
nei disturbi di personalità rispetto ad altri disturbi e condizionano
profondamente la relazione e l’andamento del processo
Gli schemi interpersonali patogeni e i deficit meta-rappresentativi si
rafforzano reciprocamente. I primi spingono i pazienti ad entrare n
relazione con atteggiamenti, di volta in volta aggressivi, timorosi,
evitanti, distaccati, diffidenti, evitanti. I secondi impediscono loro di
riflettere sul proprio atteggiamento relazionale e di comprendere le
intenzioni dell’altro, ostacolando la correzione delle previsioni
contenute negli schemi. Tutto questo induce nel terapeuta emozioni
che se agite possono rinforzare la psicopatologia
Per padroneggiare la spinta ad agire in direzione antiterapeutica si
ricorre ad operazioni di disciplina interiore (Safran e Segal): lo sforzo
necessario a ricollocarsi mentalmente in modo contrario alla tendenza
spontanea che emerge dall’interazione con il paziente
Linee generali di trattamento
Superare i cicli interpersonali problematici
• Il terapeuta si focalizza in un primo momento sul proprio stato
mentale problematico per coglierne gi aspetti emotivi, cognitivi e
relazionali essenziali
•
Poi il focus si sposta sul paziente e il terapeuta si chiede cosa della
propria esperienza possa essere condiviso e cosa possa essere
complementare
•
Quando riesce l’operazione di disciplina interiore di per sé determina
la fuoriuscita dal ciclo, in quanto il terapeuta si sposta da una
prospettiva antiterapeutica ad una prospettiva empatica da cui
comprende lo stato mentale del paziente e il proprio ruolo nel
determinarlo e mantenerlo
Esempio: il ciclo del distacco con il paziente evitante (il terapeuta si
annoia) o con il narcisista (il terapeuta si sente infastidito) (Dimaggio
e Semerari pg 81)
Linee generali di trattamento
Regolare il tono emotivo in seduta
•Importante perché: alcuni stati emotivi impediscono o ostacolano la
capacità di riflettere in modo utile sui propri stati mentali e perché così
potrà essere rievocato meglio il ricordo della seduta
•Nei disturbi di personalità è particolarmente accentuata la tendenza a
rievocare e selezionare le informazioni in base allo stato emotivo
intenso. Questo effetto è accentuato da sedute emotivamente
disregolate o caotiche.
•Una seduta emotivamente ben regolata è quella dove è presente una
sensazione di padroneggiamento. Il paziente deve percepire di poter
parlar delle sue esperienze dolorose percependo la possibilità di capire,
fronteggiare e dominare certi stati. Lo scopo è quello di facilitare nel
paziente, nel momento in cui i troverà da solo nello stato doloroso, la
rievocazione del clima rassicurante della seduta. Se questo avviene è
facilitato anche il ricordo del contenuto cognitivo e delle osservazioni del
terapeuta che favoriscono la distanza critica e il padroneggiamento
Alcuni climi problematici (esempi a pg 83 Dimaggio & Semerari 2003)
•Il distacco emotivo
•La disperazione
•L’urgenza
•La devitalizzazzione
Linee generali di trattamento
Incrementare in seduta le funzioni meta-rappresentative
Gli interventi sulla meta-rappresentazione:
sottolineano il valore e il significato di ciò che pensa e prova il
paziente
Rivelano alcuni aspetti degli stati menatali del terapeuta e del
modo con cui egli partecipa alla relazione
Sottolineano la dimensione condivisa tra l’esperienza del
paziente e quella del terapeuta
• Validazione
• Svelamento
• Condivisione
Linee generali di trattamento
Incrementare in seduta le funzioni meta-rappresentative
Validazione
•Necessaria quando il paziente si trova in uno stato
autoinvalidante, uno stato mentale in cui giudica
negativamente o tenta di sopprimere qualunque aspetto
della propria esperienza considerandola indegna, sbagliata,
orribile o inaccettabile dagli altri.
•L’intervento di validazione si muove nella ricerca
dell’equilibrio ottimale tra accettazione e cambiamento,
mettendo in luce, contemporaneamente, ciò che è valido e
ciò che è dolorosamente disfunzionale.
•Il terapeuta deve porsi in condizioni di ascolto empatico
chiedendosi “cosa proverei e cosa farei se fossi convinto di
quello in cui è convinto il paziente?”.
Esempio:
T: capisco il senso di frustrazione, di imbarazzo e di irritazione verso se
stessi nel compiere tanti sforzi e vedere così pochi risultati. Ma immagini
una qualunque persona che debba studiare con qualcuno dietro la
schiena che le dice continuamente in tono sprezzante “beh vediamo che
sai fare! Su,su, che hai capito?ma quell’altra cosa te la ricordi?e quante
pagine hai fatto?”Lei studia in queste condizioni anche se è lei stesso a
darsi il tormento. Quanti otterrebbero più risultati di lei?
Linee generali di trattamento
Incrementare in seduta le funzioni meta-rappresentative
Tali interventi migliorano le funzioni metarappresentative in
quanto:
1) eliminano alcuni ostacoli alla riflessione su di sé
2) incoraggiano il paziente a pensare alla propria esperienza
in modo non giudicante
3) lo rassicurano dall’idea di dover fronteggiare aspetti
inaccettabili
4) consentono di discuterne senza il timore che
l’interlocutore li consideri intrinsecamente sbagliati o ne
risulti spaventato
•La validazione si rivela uno strumento prezioso anche quando
il paziente vive in modo sintonico comportamenti disfunzionali.
Linee generali di trattamento
Incrementare in seduta le funzioni meta-rappresentative
Svelamento
Consiste in dichiarazioni esplicite, da parte del terapeuta, su
ciò che sta provando e pensando in un dato momento.
E’ necessario con pazienti che presentano gravi difficoltà di
decentramento e comprensione della mente degli altri, per
vicariare le difficoltà del paziente a comprendere le sue
intenzioni: nei momenti di rottura dell’alleanza, il terapeuta
inizia con lo svelare la propria esperienza del momento,
evitando di assumere che essa debba, in ogni caso, essere
stata determinata dal comportamento del paziente. Quindi,
per favorire l’inizio del processo autoriflessivo, propone una
connessione tra tale esperienza ed un marker espressivo di
quest’ultimo
Esempio:
T: Mi sentivo in difficoltà ad esprimermi. Ho cercato di capire perché
e mi sono trovato a pensare che era legato al modo con cui
sorrideva, che io interpretavo come sorriso di scherno. Lei
percepiva di stare sorridendo?
Linee generali di trattamento
Incrementare in seduta le funzioni meta-rappresentative
Condivisione
Consiste in interventi espliciti in cui si sottolinea che alcuni
aspetti dell’esperienza del paziente sono condivisi o
condivisibili dal terapeuta stesso. Gli interventi di
condivisione contengono elementi sia di validazione sia di
svelamento. Con questa tecnica, infatti, il terapeuta
implicitamente valida l’esperienza del paziente attraverso
l’accettazione e il riconoscimento della dimensione
condivisa e, nel farlo, svela aspetti dei propri stati mentali.
Linee generali di trattamento
Condivisione
• Uso del noi universale
Con essa il terapeuta suggerisce implicitamente che condivide l’esperienza del paziente in quanto
essa è potenzialmente condivisibile da tutta l’umanità. Ad esempio: M: Mi sta dicendo che
attraversa uno di quei momenti di vuoto in tutto ci appare senza scopo e senza senso e ci
chiediamo perché siamo venuti al mondo?
• Riferimenti a stati mentali del terapeuta in seduta
Questa tecnica è sovrapponibile a quella di svelamento. In questo caso però si pone particolare
attenzione agli aspetti condivisi e ci si sofferma sulla ricerca di strategie di padroneggiamento.
• Discussione su argomenti di interesse condiviso
Molti operatori psichiatrici utilizzano spontaneamente i discorsi su argomenti di comune interesse
per creare un clima di condivisione e di agio con pazienti deliranti o con gravi difficoltà di
rapporto interpersonale. Questo è particolarmente utile con pazienti con deficit di differenziazione
e di decentramento. Il terapeuta, partendo dalla discussione di un argomento che suscita
l’interesse di entrambi (cinema, letteratura, sport, ecc.), sollecita il paziente ad uscire da una
stato di prevalente autarchia mentale. All’interno della discussione si invita il paziente a
considerare punti di vista diversi dal proprio in modo da favorire operazioni di decentramento.
• Narrazioni di episodi di vita del terapeuta
Analogamente al noi universale la narrazione deve riferirsi ad esperienze comuni e di portata
generale. Come per tutti i tipi di svelamento, la narrazione di episodi di vita del terapeuta ha un
effetto positivo quando il paziente la percepisce come un tentativo di normalizzazione
Linee generali di trattamento
• Individuare e denominare in seduta gli stati problematici
(esempio a pg 99)
• Spiegare i deficit meta-rappresentativi (esempi a pg 93,94)
• Concordare i compiti per migliorare le funzioni metarappresentative
• Concordare i compiti per riconoscere e gestire gli stati
problematici (es.compiti di auto-osservazione)
• Utilizzare i promemoria e regolare il ricordo della seduta
• Spiegare e discutere eventuali deficit cognitivi/sociali
(Concordare un programma di riabilitazione per tali deficit e
applicare il programma (esempio a pg 103)