Ansia e Depressione nel paziente cardiopatico Romina Iannuzzi Ansia e Depressione nel paziente cardiopatico Le malattie cardiovascolari costituiscono nel loro insieme la principale causa di morte nel mondo occidentale. Recenti studi epidemiologici hanno evidenziato un a serie di possibili relazioni tra malattie cardiovascolari e depressioni che comprendono: La frequente comorbilità tra i due tipi di disturbi; L’elevato tasso di mortalità cardiaca in pz. Depressi; L’influenza negativa della depressione sulla prognosi dei disturbi cardiovascolari; Alcune ipotesi eziopatologiche di tipo biologico; La necessità di trattare i pz. Cardiopatici affetti da depressione con farmaci antidepressivi efficaci e sicuri. Comorbilità tra malattie cardiovascolari e depressioni Numerosi studi hanno documentato un incidenza significativa di morbilità psichiatrica, in pazienti con cardiopatie di vario tipo prevalentemente ischemiche. La significatività di tali dati è sottolineata dal fatto che la prevalenza di DM in un campione della popolazione generale paragonabile per sesso ed età è risultata pari al 3%. Una storia di depressione precedente rappresenta un predittore significativo per l’insorgenza di depressione post-IM. I soggetti con anamnesi positiva per DM sono risultati più a rischio per lo sviluppo di un episodio depressivo maggiore durante l’ospedalizzazione per IM rispetto a quelli senza precedenti di DM. Incremento della mortalità cardiaca in soggetti depressi Alcuni studi hanno evidenziato che l’incremento della mortalità cardiaca in pz. depressi è pari al 40% , superiore di ben 8 volte rispetto a quella rilevabile nella popolazione generale e che la riduzione di mortalità emersa da questi studi sia da riferire ad un efficace trattamento terapeutico della depressione. Tali studi non hanno però potuto concludere con certezza che la depressione possa essere effettivamente considerata un fattore di rischio cardiovascolare indipendente, perché non hanno potuto controllare nell’associazione tra depressione e morbilità o mortalità cardiovascolare, l’effetto della contemporanea presenza di altri fattori di rischio cardiovascolari tra quelli classici… Gli studi più recenti hanno approfondito questo problema dopo controllo per variabili mediche, istruzioni, stato civile, attività fisica e fumo hanno evidenziato che i sintomi di depressione sono risultati predittivi di una accresciuta incidenza di cardiopatia ischemica sia fatale che non fatale. Mostrando approssimativamente un incremento del 65% del rischio di C.I. associato alla depressione. Influenza della depressione sulla prognosi dei disturbi cardiaci Numerosi dati di letteratura documentano che la DM ha un impatto negativo sul decorso delle CI sia acute che croniche che hanno evidenziato come, tra i pazienti con arteriopatia coronarica documentata con angiografia, quelli affetti da DM presentavano rispetto ai soggetti non affetti, una maggior prevalenza di aritmie ventricolari e andavano più frequentemente in contro a IM, interventi cch o decesso nei 12 mesi successivi, indipendentemente dalla gravità della malattia coronarica dalla FE ventricolare sinistra e dal fumo di sigaretta. Confermando l’influenza negativa della depressione sulla prognosi dei disturbi cardiovascolari. Ipotesi fisiopatologiche L’aumento di mortalità generale e più in particolare, quello da eventi cardiovascolari sembrerebbe in particolare legato ad alcune ipotesi fisiopatologiche e comportamentali. Le ipotesi fisiopatologiche riguardano alterazioni del sistema neurovegetativo e dell’aggregabilità piastrinica. Nel pz con DM si svilupperebbe una maggiore iperaggregabilità piastrinica che peggiorerebbe il quadro di coronaropatia. L’ipotesi neurovegetativa fa riferimento ad alterazioni funzionali del sistema nervoso autonomo, che favorirebbero l’insorgenza di aritmie ventricolari. Tra le ipotesi comportamentali vanno citate soprattutto la difficoltà di gestire il pz depresso per quando riguarda l’assunzione della terapia e la difficoltà di modificare il suo stile di vita (fumo, attività fisica ecc). La necessità di trattare i pazienti cardiopatici affetti da depressione con farmaci antidepressivi efficaci e sicuri Gli antidepressivi triciclici sono stati usati con successo per trattare la DM in pz con coronaropatie; tuttavia questi farmaci influiscono sulla conduzione cardiaca, sul ritmo, sulla contrattilità e sulla frequenza, soprattutto se somministrati in pazienti anziani che assumono farmaci quali beta-bloccanti, calcio-antagonisti e diuretici. Gli inibitori selettivi della serotonina (SSRI) sono efficaci come i triciclici ma più sicuri a ragione della loro minor affinità per i recettori istaminergici, colinergici e adrenergici. Conoscere i farmaci per poterli utilizzare TRADIZIONALI: Triciclici RECENTI: SSRI Si differenziano per farmacodinamica, farmacocinetica e tossicologia e principalmente per la diversa attività che esplicano sulle varie amine biogene. SSRI: Effetti collaterali Nausea: tende a scomparire e viene ridotta dall’assunzione a stomaco pieno. Sicuri negli anziani anche se affetti da patologie cardiovascolari. Le trappole da evitare Il farmaco non viene usato al dosaggio giusto. C’è un utilizzo improprio dei farmaci (benzodiazepine al posto dell’AD) Non viene fatta la giusta diagnosi Fevarin 100: fluvoxamina 100mg Efficacia antidepressiva sovrapponibile ai triciclici Marcata azione ansiolitica Negli anziani migliora il sonno Buona tollerabilità; gli effetti collaterali più comuni: Nausea 11% Sonnolenza 7% Ansia 1.5% Caso clinico Un caso emblematico di intreccio tra sintomi somatici e disturbi dell’umore riguarda Stefano, 49 anni, ex impiegato comunale precocemente in pensione, separato da 6 mesi In seguito ad un infarto è stato operato di by-pass aorto-coronarico e da tre mesi presenta dolori all’addome, gonfiore postprandiale, digestione protratta, profonda astenia. Le indagini strumentali sono negative ma lo psichiatra diagnostica una depressione a prevalente espressione somatica. La risposta positiva alla terapia con serotininergico a dosi terapeutiche ha però confermato la correttezza della diagnosi di depressione Conclusioni 1/2 La depressione è particolarmente frequente nei pazienti affetti da cardiopatia ischemica ed incide negativamente sulla prognosi a lungo termine, pertanto deve essere precocemente diagnosticata e trattata. In quest’ottica risulta fondamentale il ruolo dell’infermiere che, durante il ricovero del paziente, deve segnalare immediatamente al medico qualunque segno/sintomo di possibile depressione. Conclusioni 2/2 La depressione può essere sicuramente considerata un vero e proprio fattore di rischio cardiovascolare indipendente, da aggiungere a quelli classicamente conosciuti: Fumo di sigaretta Ipertensione arteriosa Colesterolo Familiarità FINE