Diapositiva 1 - Regione Veneto

Art.1> La Repubblica Italiana riconosce
il giorno 27 gennaio, data
dell’abbattimento dei cancelli di
Auschwitz, come “Giorno della
Memoria”, al fine di ricordare la Shoah
Art.2> In occasione del “Giorno della
Memoria” sono organizzati momenti di
riflessione anche nelle scuole, su quanto
è accaduto al popolo ebraico e ai
deportati militari e politici italiani.
RICORDARE>”Coloro
che non ricordano il
passato saranno
condannati a viverlo di
nuovo” George Santayana
NON
RIPETERE
VIGILARE
PROSEGUIRE/
EDUCARE
USA-GBRFRANCIA-URSS
VS
GERMANIA NAZISTAGIAPPONE-ITALIA
[FASCISMO]
27 GENNAIO 1945
LIBERAZIONE CAMPO DI
CONCENTRAMENTO DI
AUSCHWITZ [LAGER IN
POLONIA]
Si trovava in Polonia a nord-est di Cracovia e fu
aperto il 20 maggio 1940 e liberato il 27 gennaio
1945. In esso vennero deportati tra 1.300.000 ed un
milione e mezzo di prigionieri in gran parte ebrei,
ma anche zingari
ITALIA CON IL FASCISMO E CAPO MUSSOLINI
1938 LEGGI RAZZIALI CONTRO EBREI-167101943
DEPORTAZIONE EBREI GHETTO ROMA-UN SOLO CAPO
ED UN SOLO PARTITO
GERMANIA NAZISMO E
CAPO HITLER-UN SOLO
CAPO ED UN SOLO
PARTITO
URSS-COMUNISMO ED UN SOLO CAPO STALIN
– NON C’ERA DEMOCRAZIA
Dal diario di Anna Frank: ”Tutti possiamo cominciare fin da questo istante a
cercare di cambiare il mondo e ognuno di noi, grande o piccolo, può dare il suo
contributo a diffondere un po’ di giustizia”
Anna Frank è una ragazza tedesca di origine ebrea, che,
prima di morire a soli 16 anni nel campo di concentramento
di Bergen Belsen, in Germania a sud di Amburgo, ci insegna
il valore della bontà nonostante il mondo disumano in si
trova a vivere. Anna e la sua famiglia furono costretti a stare
nascosti in un alloggio segreto ad Amsterdam in Olanda per
circa due anni. Il 12 giugno 1942, il giorno del compleanno di
Anna, le viene regalato un diario e su questo lei scriverà le
sue gioie, i suoi dolori, le sue speranze, i fatti di tutti i giorni.
Il diario di Anna Frank fu trovato nell’alloggio segreto dove
aveva vissuto con la sua famiglia e consegnato dopo la guerra
al padre di Anna, unico superstite della famiglia.. Fu
pubblicato ad Amsterdam nel 1947, col titolo originale di”Il
Retrocasa”.
Nei campi di concentramento
e di sterminio si arrivava in
treno dopo lunghi viaggi
chiusi ed ammassati nei
vagoni bestiame, senza acqua
e senza cibo; i treni partivano
da tutta Europa verso i campi
nazisti, soprattutto in
Polonia e Germania.
LAVORIAMO TUTTI INSIEME
PER FARE UN MONDO
MIGLIORE
Testimonianze
Sola nella pazzia del male
di Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz
“Avevo 13 anni nel 1943 e conoscevo da cinque la persecuzione, perché una
sera di fine estate del 1938, cinque anni prima, mio papà mi spiegò con
dolcezza che non avrei più potuto andare a scuola, in via Ruffini, poiché
ero una bambina ebrea e c’erano delle nuove leggi che
mi impedivano di continuare la mia vita come prima. Eravamo diventati
cittadini «di serie B». Mio papà ed io cercammo di fuggire in Svizzera.
Con grande fatica passammo il confine sulle montagne dietro a Viggiù e
arrivammo in Svizzera. Il sogno durò poco: (…)fummo catturati e messi su
un treno merci con paglia per terra, senza né luce né acqua. All’alba del 6
febbraio il treno si fermò ad Auschwitz. (...)
Giorgio Perlasca
dal sito internet www.giorgioperlasca.it
“Giorgio Perlasca la straordinaria vicenda di un italiano che inventandosi
un ruolo, quello di Console spagnolo in Ungheria, riuscì a salvare oltre 5200
ungheresi di religione ebraica. La vicenda è straordinaria:
un uomo,pressoché da solo, nell’inverno del 1944 a Budapest riuscì a
salvare dallo sterminio nazista migliaia di ebrei sostenendo per mesi una
clamorosa bugia. Emersa dopo un silenzio durato quasi mezzo secolo
grazie ad alcune donne ebree ungheresi, ragazzine all’epoca delle
persecuzioni, che attraverso il giornale della comunità ebraica di
Budapest ricercano notizie del diplomatico spagnolo che durante la
seconda guerra mondiale le aveva salvate,
la storia di questo “eroe per caso” dimostra che per ogni individuo è sempre
possibile assumersi la responsabilità personale per la difesa della vita e
dell’umanità.
La vita nel campo
di Nedo Fiano, sopravvissuto ad Auschwitz, da A 5405 Il coraggio di vivere, Monti
Edizioni
(…) Dovevamo dare risposte monosillabiche, ma tranquillizzanti, ai deportati che
arrivavano e ripulire i loro vagoni per eliminare ogni traccia di quanto vi era
accaduto.
Un lavoro duro per l’impatto con un’umanità dolorante e impaurita, ma che
ci dava l’occasione di mangiare qualcosa del cibo abbandonato dalle persone
che avevano dovuto discendere precipitosamente dai vagoni, prima di andare a
morire. Esposti inermi al freddo, alla fame, alla violenza…
“Dove siamo? Dove ci portano? Cosa ci faranno?”, erano le domande angosciate di
ognuno.
“Non vi accadrà niente. State tranquilli, andrete a fare una doccia. Coraggio!”.
Malgrado cercassimo di tranquillizzarli (potevamo, forse, dir loro la verità? A cosa
sarebbe servito?), erano posseduti, divorati dalla paura.
Il 30 giugno arrivò un convoglio dall’Italia e nel gruppo di deportati intravidi
mia nonna Gemma, che si guardava attorno, senza riuscire a capire dove fosse
capitata. Mi diressi verso di lei, ma ero emozionato a tal punto che svenni..
I miei compagni mi raccolsero e mi occultarono per qualche minuto sotto
un cumulo di valigie. Rinvenni poco dopo, ma la nonna si era già allontanata
col suo gruppo… Era stata arrestata nella casa di riposo per ebrei a Firenze, il 6
aprile 1944.
Pagine di antologia
“...la vita al campo è scandita da orari rigidi e faticosi. Alle quattro della
mattina sveglia, alle
cinque l’appello sulla piazza centrale, alle sei e mezza il lavoro, sempre
all’aperto, pioggia o
neve, caldo soffocante o gelo. Alle dodici scatta l’ora del pranzo,un quarto
d’ora per mangiare
una zuppa di carote galleggianti e alcuni pezzi di cavolo bianco poi ancora
lavoro fi no alle diciotto
.La frusta e le botte piovono su coloro che rallentano il ritmo. Il ritorno
serale al campo
avviene a passo di corsa:sfi niti, spesso doloranti, siamo costretti a cantare
marce militari. Una
volta attraversato in cancello ci aspetta il secondo appello,un’ora se va tutto
bene, anche tutta
la notte se il conto degli internati non conta.
Una fuga comporta la punizione di tutta la squadra, a volte anche la morte
per rappresaglia.
Io in meno di cinquanta giorni di prigionia a Dachau ho perso dieci chili di
peso. ..”
(da Sotto il cielo d’Europa, di Frediano Sessi, Einaudi )
“Io porto la stella: mi ricordo che ero seduto
accanto a mia madre quando lei mi cuciva la
stella sul cappotto;cucendo cantava e mi
diceva:–Che fortuna che hai fi glio mio! Sai
quanti
pochi bambini hanno il diritto di portare
questa stella?
A ogni intervallo i compagni mi saltavano
addosso, i maestri guardavano la scena
senza intervenire
e io tornavo tutto segnato a casa...Avevo
l’impressione di lottare per una causa giusta.
Ero un eletto, in un certo senso, secondo le
spiegazioni di mia madre. Ma io non avevo
scelto
di essere un eletto”
(da Non gli ho detto arrivederci, di Claudine
Vegh, Giuntina)
Poesia da Terezin
Nostalgia della casa
È più di un anno che vivo al ghetto,
nella nera città di Terezìn,
e quando penso alla mia casa
so bene di che si tratta
O mia piccola casa, mia casetta,
perchè m’hanno strappato da te,
perchè m’hanno portato nella desolazione,
nell’abisso di un nulla senza ritorno?
Oh, come vorrei tornare
a casa mia, fi ore di primavera!
Quando vivevo tra le sue mura
io non sapevo quanto l’amavo!