27 gennaio 2017: Giorno della Memoria – Giardino della memoria di Via Milano. La celebrazione del 27 gennaio ha come imperativo etico il dovere della memoria: si deve ricordare, per far sprigionare la memoria, in tutta la sua tragicità agghiacciante, in tutta la sua straordinaria molteplicità, ovvero insegnamenti e messaggi essenziali per la costruzione del futuro. Per evitare di perdere la memoria come bene comune è necessario e vitale rievocare gli eventi storici (le leggi razziali, le discriminazioni, la dittatura, le deportazioni, gli stermini, anche le innumerevoli storie di vita), ma non basta; è necessario e vitale contrastare la disinformazione, il negazionismo, il revisionismo, ma non basta; Quando arriva il Giorno della Memoria penso che il nostro paese è stato costretto a ricordare per legge quello che non avrebbe mai dovuto dimenticare. Quando i pochi sopravvissuti tornarono dai campi nessuno li ascoltò, e per un buon motivo. A propiziare la loro individuazione ed emarginazione erano state ancora in tempo di pace le leggi dello stato italiano, a cui nessuno si era ribellato. Gli ebrei italiani vennero schedati, privati del lavoro, messi ai margini della società. Quando poi i tedeschi invasero il paese furono tanti altri italiani, zelanti e servili, a indicarli ai nazisti, a organizzare e premiare le delazioni, a spartirsi il frutto degli espropri, a chiudere gli occhi davanti al loro invio nelle carceri, nei campi di internamento, e poi verso i vagoni che li portarono allo sterminio. Nessun italiano, ha mai pagato per tutti questi atti e i tanti volenterosi complici dello sterminio hanno continuato a vivere senza pene né pentimenti. Ci sono molti libri di memoria di deportati che raccontano i tragici, non esiste alcun libro di memorie in cui si ammettono le colpe per anche un solo singolo episodio. E’necessario e vitale coltivare l’interesse per la ricerca, per ciò che ancora quegli anni ci nascondono. In un'epoca, che con troppa facilità, tende a rimuovere il fardello di una memoria che annichilisce e scuote le coscienze, onorare il ricordo di coloro che hanno subito la tragedia immane dell'Olocausto, significa riconoscere che quello stesso dolore del passato, per quanto gravoso sulle nostre spalle, può essere allo stesso tempo monito nel preservarci dagli atroci crimini già commessi contro l'umanità. Ed è con questa consapevolezza che oggi tributiamo il nostro omaggio commosso a tutte le vittime – furono 44 mila solo i deportati italiani – della follia, violenta e priva di qualsiasi giustificazione, del nazifascismo. Tra di loro anche due nostri concittadini, Alfredo Borghi e Giorgio Ghizzi, prima deportati e poi uccisi nei terribili campi di Mathausen e Gusen che qui ricordiamo e onoriamo. Donne, uomini e bambini, privati della loro dignità, della loro essenza stessa di persone, ridotte a numeri marchiati sulla pelle perché di religione ebraica, perché disabili, perché omosessuali, perché di radici etniche diverse da quelle della maggioranza della popolazione. O, semplicemente, perché non allineate al regime. Il rigore dell'inverno, porta alla mente di ciascuno di noi la stessa, fragile condizione degli internati nei campi di concentramento, teatri spettrali ma terribilmente veri di una sofferenza che si è consumata nel logorio del freddo, della fame, di insostenibili condizioni di lavoro forzato, ma anche nella crudezza del tormento psicologico e dell'accanimento. Sono simbolo e immagine forte, gli alberi, che in quegli anni di efferate violenze hanno esposto, come macabro trofeo tra i rami, i corpi dei partigiani uccisi nelle rappresaglie. Quadro desolante di una natura in lotta contro se stessa, destinata a essere cornice delle umiliazioni che spesso si accompagnavano alle vessazioni fisiche. Tutte le iniziative dell’Amministrazione Comunale sono nate con lo stesso scopo: dare spazio alla rievocazione di uno sterminio di massa per fissare nelle nostre menti che la diversità non è un male, ma un valore da apprezzare, coltivare, capire. Per un uomo la sua libertà è il bene più grande. Una libertà non scontata, conquistata in tutta Europa grazie al sacrificio di molti uomini. Conquistata grazie alla lotta di Liberazione, dopo un lungo periodo di dittatura e di guerra. Oggi, come ieri, vanno combattuti tutti gli integralismi, che rappresentano il vero nemico della libertà e delle idee. Di tutte le idee, libere e democratiche, perché non c’è altra via all’integrazione, nel rispetto delle culture di appartenenza. Finché il diverso sarà considerato pericoloso, cattivo e fastidioso, sarà aperta la strada perversa del razzismo, della non comprensione, dell’esclusione. Privare qualcuno della propria identità, significa togliergli la libertà di essere se stesso, di esprimersi, di realizzarsi come uomo. Significa privarlo della sua libertà e la sua dignità, ieri come oggi. Ad Auschwitz c’è una targa che recita: Solo quando nel mondo a tutti gli uomini sarà riconosciuta la dignità umana, solo allora potrete dimenticarci. Così commemoriamo, nell'anniversario dell'apertura dei cancelli di Auschwitz, coloro che si opposero al nazismo a rischio della loro stessa vita, e quanti furono calpestati, violati, offesi e umiliati da quell'insana ideologia di morte. Tutto questo non deve accadere mai più, perché comprendere è impossibile ma conoscere è necessario e dove la dimenticanza è sciagura la memoria è riscatto