CAPITOLO 4 COMPETIZIONE TECNOLOGICA Spesso diverse imprese possono cercare di ottenere la stessa innovazione, o innovazioni simili; vi è cioè competizione tecnologica. La competizione stimola l’attività di ricerca, proprio come la concorrenza tra diverse imprese aumenta la produzione e riduce il prezzo dei beni nella tradizionale analisi dell’equilibrio di mercato. Tuttavia la competizione tecnologica ha caratteristiche peculiari che la rendono non perfettamente sovrapponibile alla concorrenza nei mercati dei prodotti. La peculiarità più interessante della competizione tecnologica è legata al fatto che il sistema dei diritti di proprietà intellettuali garantisce protezione solo al primo innovatore. Questo è vero in particolare per i brevetti, ma come vedremo si applica in una certa misura anche ai diritti d’autore. La conseguenza è che in una competizione tecnologia conta solo arrivare primi: the winner takes all – il vincitore prende tutto. Questa proprietà implica che l’incentivo sociale ad investire in ricerca non coinciderebbe con l’incentivo privato neppure se il valore sociale dell’innovazione fosse identico al valore privato. In particolare, a parità di valore dell’innovazione, l’effetto winnertakes-all fa sì che l’incentivo privato ad investire in ricerca sia maggiore dell’incentivo sociale. Pertanto, quando diverse imprese possono investire per ottenere la stessa innovazione, l’equilibrio di mercato tende ad essere caratterizzato da un investimento eccessivo – sovra-investimento in ricerca. Nel confronto tra la soluzione di ottimo sociale e l’equilibrio di mercato possono allora essere individuate due tendenze contrastanti. Da una parte, l’equilibrio di mercato tende ad essere caratterizzato da sotto-investimento in ricerca perché il valore privato dell’innovazione è generalmente inferiore al valore sociale. D’altra parte, però, l’effetto winner-takes-all tende a generare sovra-investimento in ricerca. Vi è poi una terza tendenza creata dalla possibilità che vi siano spillover tecnologici. Quando un’impresa può imparare dai suoi concorrenti o può imitarli senza infrangere i loro diritti di proprietà intellettuale, la corsa ad innovare si può trasformare in un gioco d’attesa. In altri termini, gli spillover tecnologici ci riportano in qualche misura alla situazione che si creerebbe in assenza di diritti di proprietà intellettuali. 4.1 Libertà di entrata Il modo più semplice per tener conto della competizione nell’attività di ricerca è quello di immaginare che vi sia libertà di entrata nel settore della ricerca e che tutte le imprese siano simmetriche, per cui in equilibrio deve valere una condizione di profitti nulli. Come nella sezione 3.4, immaginiamo una innovazione dalle caratteristiche predefinite e supponiamo che l’investimento in ricerca determini la probabilità di successo. Ora tuttavia interpretiamo la variabile x come la probabilità che almeno una impresa abbia successo e c(x) come i costi di ricerca aggregati. La funzione di profitto (1) Π = xV P − c(x) rappresenta quindi ora i profitti aggregati di tutte le imprese attive nella ricerca per ottenere l’innovazione in questione. In equilibrio con libertà di entrata, questi profitti devono essere nulli per cui (2) xV P = c(x) Per esempio, nel caso di una funzione di costo quadratica c(x) = ½ cx2, la condizione di profitti nulli diventa (3) 2V P x= c per cui l’investimento in ricerca è esattamente doppio rispetto al caso diP monopolio nella ricerca, dove sotto le stesse ipotesi risultava V x= . c Nel modello di Poisson con costi marginali di ricerca costanti introdotto nella sezione 3.5, i profitti di ciascuna impresa sono (4) Πi = x iV P − cxi r+X dove X = ∑i xi è la probabilità istantanea aggregata di successo. Qui l’ipotesi è che i progetti di ricerca delle diverse imprese siano statisticamente indipendenti l’uno dall’altro, per cui la probabilità aggregata di successo in ogni periodo è uguale alla somma delle probabilità di successo di ciascuna impresa. (Questo presuppone che la lunghezza del periodo sia sufficientemente piccola da rendere trascurabile la probabilità che due o più imprese innovino nello stesso periodo, il che è sicuramente vero in tempo continuo.) La condizione di profitti nulli Π i = 0 determina l’investimento in ricerca aggregato (5) X = VP −r c mentre rimane indeterminata la divisione di questo investimento tra le diverse imprese. Si noti l’analogia con l’equilibrio di un mercato perfettamente concorrenziale con costi marginali costanti e uguali per tutte le imprese: anche in questo caso la produzione individuale di ciascuna impresa è indeterminata mentre è determinata la produzione totale. Per completare l’analogia possiamo notare che in entrambi i casi la indeterminatezza in equilibrio del livello di attività di ciascuna singola impresa è possibile perché i profitti delle imprese sono nulli quale che sia il loro livello di attività. Se confrontiamo il livello di investimento in ricerca con libertà di entrata con quello di monopolio osserviamo immediatamente che il primo è maggiore del secondo. Per capire meglio perché la competizione tecnologica fa aumentare l’investimento in ricerca è utile analizzare il caso in cui il numero di imprese che possono investire in ricerca è piccolo, anche se maggiore di uno. L’interdipendenza strategica che emerge in questo caso chiarisce come opera l’effetto winner-takes-all. 4.2 La corsa al brevetto Supponiamo che due imprese, 1 e 2, possano investire per ottenere la stessa innovazione. Le imprese sono simmetriche: dette x1 e x2 le probabilità di successo dell’impresa 1 e dell’impresa 2, le rispettive 1 funzioni di costo nel caso quadratico saranno c( x1 ) = cx12 e 1 c( x 2 ) = cx 22 . Supponiamo che i progetti di ricerca2 siano 2 indipendenti, per cui il successo di un progetto è probabilisticamente indipendente da quello dell’altro. Sono possibili quattro casi. Con probabilità x1(1- x2) solo l’impresa 1 ha successo. In questo caso l’impresa 1 ottiene un diritto di proprietà intellettuale sull’innovazione, che le garantisce il valore privato VP, mentre l’impresa 2 sostiene i costi di ricerca senza alcun beneficio. Con probabilità x2(1- x1) si verifica il caso simmetrico ma opposto in cui innova solo l’impresa 2, che ottiene VP mentre l’impresa 1 non ottiene nulla. Un terzo caso possibile, che si verifica con probabilità (1x1)(1- x2), è che nessuna impresa innovi. In questo caso entrambe le imprese sostengono i costi di ricerca senza alcun beneficio. Infine, è possibile che entrambe le imprese innovino. La probabilità che questo avvenga è x1 x2. Nell’ipotesi winner-takesall, però, una sola impresa ottiene un diritto di proprietà esclusivo sull’innovazione. Supponiamo per simmetria che ciascuna impresa abbia una probabilità del 50% di ottenere il DPI nel caso di successo di entrambe. Questa ipotesi può sembrare arbitraria, ma vedremo più avanti che non è necessaria per ottenere le conclusioni che ci interessano. Il profitto dell’impresa 1 è allora: (6) Π 1 = x1 (1 − x 2 )V P + 1 1 x1 x 2V P − cx12 2 2 Il primo termine è il payoff che l’impresa ottiene se è la sola ad innovare, un evento che come abbiamo visto ha una probabilità di verificarsi pari a x1(1- x2). Il secondo termine è il payoff nel caso entrambe le imprese innovino: questo evento ha probabilità x1 x2, e quando si verifica l’impresa 1 ha una probabilità del 50% di ottenere la proprietà esclusiva dell’innovazione. Il terzo termine rappresenta i costi di ricerca. In questo modello statico il payoff dell’impresa è nullo nel caso essa non innovi. La funzione di profitto dell’impresa 2, simmetricamente, è (7) Π 2 = x 2 (1 − x1 )V P + 1 1 x1 x 2V P − cx 22 2 2 E’ evidente che la strategia ottimale di ciascuna impresa dipende dal comportamento dell’altra: siamo quindi in un contesto di interdipendenza strategica. Per determinare il comportamento razionale delle imprese in contesti simili è necessario introdurre una qualche nozione di equilibrio strategico. La nozione di equilibrio che adotteremo nella nostra analisi è quella di equilibrio di Nash. Un equilibrio nel senso di Nash è una combinazione di strategie, una per ciascuna impresa, tali che la strategia dell’impresa 1 massimizza i profitti dell’impresa 1, data la strategia dell’impresa 2, e allo stesso tempo la strategia dell’impresa 2 massimizza i profitti dell’impresa 2, data la strategia dell’impresa 1. In altri termini, nessuna impresa ha incentivo a modificare la propria strategia unilateralmente (cioè prendendo per data la strategia dell’altra impresa). La strategia di una impresa è qui la sua probabilità di innovare, o se si vuole il suo investimento in ricerca. (Vi è una relazione biunivoca tra queste due variabili, per cui anche se è più naturale immaginare che ciascuna impresa controlli il proprio investimento in ricerca, si può ragionare come se le imprese scegliessero le rispettive probabilità di successo.) Per determinare l’equilibrio di Nash è conveniente cominciare calcolando la funzione di miglior risposta per ciascuna impresa, ossia la funzione che rappresenta la strategia ottimale dell’impresa in funzione della strategia che potrebbe scegliere l’altra. In un equilibrio di Nash, la strategia di ciascuna impresa è la miglior risposta alla strategia dell’altra. Consideriamo per fissare le idee l’impresa 1. Per calcolare la miglior risposta dell’impresa 1 ad una certa strategia x2 dell’impresa 2 bisogna massimizzare la funzione di profitto dell’impresa 1 prendendo per dato il valore di x2. La condizione del primo ordine per un massimo è (8) (1 − x 2 )V P + 1 x 2V P − cx1 = 0 2 che può essere risolta rispetto a x1 ottenendo la funzione di miglior risposta (9) 1 P 1 − x 2 V 2 x1 = c VP Per x2 = 0 si riottene x1 = , cioè il valore dell’investimento in c un’impresa che avesse il monopolio ricerca che sarebbe ottimale per della ricerca. In questo caso la funzione di miglior risposta è decrescente, il che significa che gli investimenti in ricerca delle due 1 imprese sono “sostituti strategici.” Quando x2 = 1, la miglior P V risposta dell’impresa 1 è x1 = , cioè la metà dell’investimento in 2c 1 Il concetto di “sostituti strategici” e quello di “complementi strategici” sono stati introdotti da Bulow, Geanakoplos e Klemperer (1985). ricerca di monopolio. Con una funzione di costo quadratica, la funzione di miglior risposta è una retta decrescente come quella rappresentata nella Figura 1. La funzione di miglior risposta dell’impresa 2 può essere ottenuta per simmetria: (10) 1 P 1 − x1 V 2 x2 = c Nella Figura 2 abbiamo sovrapposto le funzioni di miglior risposta delle due imprese. L’equilibrio di Nash corrisponde al punto di intersezione tra le due rette: in equilibrio, la strategia di ciascuna impresa è la miglior risposta alla strategia dell’altra. In questo caso, l’equilibrio di Nash è unico e risulta (11) x1 = x 2 = VP 1 c+ VP 2 Chiaramente, ciascuna impresa investe meno di quanto avrebbe investito in condizioni di monopolio. Tuttavia in questo modello di “corsa al brevetto” l’attività di ricerca aggregata è più intensa rispetto al caso di monopolio.2 Per verificarlo, osserviamo 2 A volte si parla di corsa al brevetto in un senso più definito, per riferirsi alle situazioni in cui la presenza di un concorrente fa aumentare l’investimento in ricerca di una impresa. In questo caso le funzioni di miglior risposta sono crescenti e gli investimenti in ricerca diventano, nella terminologia di Bulow, Geanakoplos e Klemperer (1985), complementi strategici. Nel modello sviluppato in questa sezione le funzioni di miglior risposta sono decrescenti perché per ciascuna impresa è indifferente, quando non innova, il fatto che il suo rivale innovi oppure no: in entrambi i casi i profitti della prima impresa sono nulli. Se invece un’impresa è danneggiata dal fatto che il suo rivale innovi, per esempio perché si troverà ad affrontare un concorrente più agguerrito nella competizione nel mercato dei prodotti, la funzione di miglior risposta può essere crescente, come vedremo meglio nel prossimo capitolo. Si ha in questo caso una vera e propria corsa al brevetto: l’impresa investe non solo perché vuole avere l’innovazione, ma anche perché vuole sottrarla ai concorrenti. che la probabilità che almeno un’impresa innovi è 1 – (1 – x1) (1 – x2) = x1 + x2 – x1 x2.3 Nell’equilibrio di Nash, la probabilità che almeno una impresa innovi è (12) 2V P 1 c+ VP 2 VP − c + 1V P 2 2 2cV P = 2 1 P c + V 2 che è maggiore della probabilità di innovare nell’equilibrio di monopolio, posto che VP < c.4 4.3 L’effetto winner-takes-all Il confronto che abbiamo appena condotto non è però del tutto appropriato, perché la funzione dei costi di ricerca è convessa e quindi c’è un vantaggio nel poter suddividere l’investimento in ricerca su due progetti distinti. Se per esempio la funzione di costo è c(x) = 100.000x2, un monopolista che investa 50.000 euro ottiene l’innovazione con una probabilità che è implicitamente data dalla 1 condizione 100.000x2 = 50.000, da cui si ottiene x 2 = e quindi 2 una probabilità di successo pari a poco meno del 71%. Ma se la stessa somma di 50.000 euro viene divisa in parti uguali tra due imprese, ciascuna delle quali realizza un investimento in ricerca pari a 25.000 euro, ciascuna impresa ottiene una probabilità di successo del 50% per cui la probabilità che almeno una impresa innovi è pari al 75%. Se vogliamo svolgere un confronto appropriato dobbiamo allora confrontare l’equilibrio di duopolio nella ricerca con 3 E’ importante notare che la probabilità che almeno un’impresa innovi è diversa dalla somma delle probabilità individuali di innovare, x1 + x2. Come si vede dalla formula riportata nel testo, la differenza è dovuta alla possibilità che entrambe le imprese innovino, cosa che accade con probabilità x1 x2. Nel modello di Poisson, invece, la probabilità che due o più imprese innovino simultaneamente è nulla per cui la probabilità istantanea aggregata di innovare coincide con la somma delle probabilità istantanee individuali. 4 Se questa disuguaglianza non è verificata avremo una soluzione d’angolo in cui la probabilità di innovare è pari a 1 sia in monopolio che in duopolio. l’equilibrio di un monopolista che possa suddividere il proprio investimento totale tra due progetti di ricerca simmetrici. Indichiamo con x1 e x2 le probabilità di successo di ciascuno dei due 1 1 progetti e con c( x1 ) = cx12 e c( x 2 ) = cx 22 le corrispondenti 2 funzioni di costo. Supponiamo, sempre 2per poter svolgere un confronto appropriato, che i progetti di ricerca siano indipendenti, così come avevamo supposto nel caso di duopolio. La funzione di profitto del monopolista è: (13) 1 1 Π = x1 (1 − x 2 )V P + x 2 (1 − x1 )V P + x1 x 2V P − cx12 − cx 22 2 2 Il primo termine è il payoff che il monopolista ottiene se ha successo solo il primo progetto, un evento che come sappiamo ha una probabilità di verificarsi pari a x1(1- x2). Il secondo termine è il payoff nel caso abbia successo solo il secondo progetto. Il terzo termine corrisponde al caso in cui entrambi i progetti hanno successo: il monopolista in questo caso è certo di ottenere il diritto di proprietà intellettuale e quindi il valore privato dell’innovazione. Il payoff del monopolista è nullo solo se nessuno dei due progetti ha successo. Gli ultimi due termini sono i costi di ricerca. Le condizioni del primo ordine per la massimizzazione dei profitti del monopolista sono (14) (1 − x 2 )V P − cx1 = 0 e (15) (1 − x1 )V P − cx 2 = 0 La soluzione di queste due equazioni determina l’investimento ottimale per il monopolista, che risulta (16) VP x1 = x2 = c +V P Il confronto con la (11) è ora immediato: il denominatore della (16) è maggiore di quello della (11), il che significa che nell’equilibrio di duopolio l’investimento in ricerca è maggiore che nell’equilibrio di monopolio. Ricordiamo che l’equilibrio con monopolio nella ricerca coinciderebbe con la soluzione di ottimo sociale se fosse VS = VP; poiché però in generale VS > VP , nel caso di monopolio nella ricerca c’è una tendenza al sotto-investimento. Nel confronto tra la soluzione di ottimo sociale e l’equilibrio di duopolio possono allora essere individuate due tendenze contrastanti. Da una parte, l’equilibrio di mercato sia in duopolio che in monopolio tende ad essere caratterizzato da sotto-investimento in ricerca perché il valore privato dell’innovazione è generalmente inferiore al valore sociale. D’altra parte, però, l’effetto winner-takes-all tende a generare sovra-investimento nel caso di duopolio nella ricerca. Per capire l’origine di questa tendenza al sovra-investimento è utile confrontare la condizione del primo ordine per la massimizzazione dei profitti in duopolio (8) con la corrispondente condizione per la massimizzazione del benessere sociale, che è data dalla (14) con VS al posto di VP:5 (17) (1 − x 2 )V S − cx1 = 0 Il primo termine nella (17) rappresenta il beneficio sociale marginale di un aumento della probabilità di successo del primo progetto pari all’1%: quando il secondo progetto fallisce (cosa che avviene con probabilità 1 – x2) aumenta dell’1% la probabilità di conseguire il valore sociale VS. Il secondo termine rappresenta invece il costo marginale di un aumento della probabilità di successo del primo progetto pari all’1%. Nella soluzione ottimale, 5 Un confronto del tutto analogo potrebbe essere proposto per le corrispondenti condizioni relative alla determinazione di x2. l’investimento nel primo progetto deve essere aumentato fino a quando il beneficio sociale marginale è uguale al costo sociale marginale. Una interpretazione analoga si applica alla (8): in questo caso, però, il beneficio marginale di un aumento della probabilità di successo dell’1% è che la probabilità di conseguire il valore sociale VP aumenta dell’1% quando l’altra impresa non innova (cosa che avviene con probabilità 1 – x2) e aumenta dello 0,5% quando l’altra impresa innova (cosa che avviene con probabilità x2), perché se entrambe le imprese innovano ciascuna ha il 50% di probabilità di ottenere il diritto di proprietà sull’innovazione. Il fatto che il beneficio privato marginale di un aumento della probabilità di successo di una impresa sia proporzionale a VP invece che a VS riduce l’incentivo ad investire nell’equilibrio di mercato. Ma il beneficio privato di un aumento della probabilità di successo è positivo (anche se in misura inferiore) anche quando l’altra impresa innova, mentre in questa eventualità il beneficio sociale è nullo (la società non guadagna nulla per il fatto che l’innovazione sia ottenuta due volte invece di una sola). Questo è l’effetto winner-takes-all, che aumenta l’incentivo ad investire nell’equilibrio di mercato e tende a generare sovra-investimento in ricerca. Questa spiegazione solleva il dubbio che l’effetto winnertakes-all sia un artefatto generato dalla nostra ipotesi che se entrambe le imprese innovano si debba estrarre a sorte quale delle due otterrà il diritto di proprietà sull’innovazione. Se, quando entrambe le imprese innovano, il diritto di commercializzare l’innovazione fosse assegnato a tutte e due e la conseguente competizione sul mercato del prodotto riducesse a zero i profitti degli innovatori, l’incentivo privato ad investire in ricerca sarebbe identico a quello sociale, se non fosse per la differenza tra VP e VS. In altri termini, l’effetto winner-takes-all scomparirebbe. A questa obiezione si può rispondere che l’effetto winnertakes-all deriva precisamente dall’ipotesi che il diritto di proprietà sull’innovazione venga concesso solo a un innovatore. Questa ipotesi, d’altra parte, corrisponde al modo in cui nella realtà vengono attribuiti i diritti di proprietà intellettuale, e in particolare i brevetti. Nel caso dei brevetti, solo il primo inventore ha diritto a brevettare l’invenzione. In Europa, per stabilire la priorità fa fede la data della domanda all’Ufficio dei Brevetti (c.d sistema first-to-file). Negli Stati Uniti, invece, vige il principio del first-to-invent, per cui anche chi ha presentato domanda per secondo potrebbe riuscire ad ottenere il brevetto se fosse in grado di dimostrare di aver in effetti innovato per primo.6 In ogni caso, però, viene concesso un solo brevetto sull’innovazione e nel sistema americano l’unica incertezza riguarda chi lo ottiene7 – una situazione non troppo diversa da quella che abbiamo ipotizzato nella nostra analisi. Nel caso dei diritti d’autore, invece, vale il principio dell’independent invention defense, in base al quale chi creasse in modo indipendente lo stesso oggetto (ad esempio, chi componesse la stessa poesia o lo stesso brano musicale) non solo non violerebbe il diritto del primo autore, ma avrebbe titolo per godere a sua volta di un diritto d’autore su ciò che ha creato. Tuttavia il caso di creazione indipendente dello stesso oggetto è un caso di scuola. Quello che più spesso si verifica nella realtà è la creazione indipendente di oggetti simili, ma i diritti d’autore hanno un’ampiezza così limitata che non si dà quasi mai il caso che vi sia sovrapposizione tra le sfere protette di autori veramente indipendenti.8 Se c’è qualcosa di artificioso nella nostra precedente analisi, pertanto, questo non è l’ipotesi che il diritto di proprietà sull’innovazione venga assegnato a un solo soggetto, ma semmai la possibilità che diverse imprese ottengano la stessa innovazione 6 In pratica, non è affatto semplice per un inventore fornire la prova di aver innovato per primo quando qualcun altro lo ha anticipato nella presentazione della domanda all’Ufficio dei Brevetti, per cui all’atto pratico i due sistemi differiscono meno di quanto potrebbe sembrare. 7 In realtà un rischio concreto nei casi in cui la controversia su chi ha innovato per primo sfoci in tribunale è che il brevetto non venga assegnato a nessuno per difetto del requisito di originalità. 8 Alcuni autori, come La Manna, McLeod e De Meza (1989) e Maurer e Scotchmer (2002), hanno suggerito di applicare il principio dell’independent invention defense anche ai brevetti, ma questi suggerimenti non sono stati fino ad ora accolti dai legislatori. Il sistema dei diritti di proprietà intellettuale rimane caratterizzato dalla proprietà per cui the-winner-takes-all. contemporaneamente. Possiamo escludere questa possibilità utilizzando il modello di Poisson. Con tempo continuo, la probabilità che due o più imprese innovino simultaneamente è zero; ciò nonostante, come mostra l’analisi seguente, rimane una differenza tra incentivo privato e incentivo sociale ad ottenere l’innovazione. Per dimostrare quanto affermato, supponiamo che i costi di ricerca siano sostenuti in un’unica soluzione e che il costo marginale di ricerca sia costante. La funzione del benessere sociale nel modello di Poisson è (18) W= xV S − cx r+x e la condizione del primo ordine per un massimo è (19) rV S −c = 0 (r + x) 2 L’interpretazione di questa condizione è simile a quella proposta sopra: il primo termine rappresenta il beneficio sociale marginale di un aumento della probabilità istantanea di successo dell’1%; il secondo termine rappresenta il corrispondente costo marginale. Il profitto di una impresa (poniamo l’impresa 1) in caso di duopolio è invece (20) Π1 = x1V P − cx1 r + x1 + x 2 e la condizione del primo ordine per la massimizzazione del profitto è (21) rV P + x 2V P −c = 0 (r + x1 + x 2 ) 2 Oltre alla differenza tra VP e VS, che abbiamo già ampiamente commentato, il confronto tra la (21) e la (19) mette in luce che a parità di investimento totale in ricerca, cioè quando x = x1 + x2, il beneficio privato di un aumento della probabilità di successo include il termine x2 VP che non compare invece nell’espressione del beneficio sociale. La ragione per cui l’incentivo privato è maggiore dell’incentivo sociale è che quando l’impresa 1 anticipa l’impresa 2 ottiene l’intero valore privato VP, mentre dal punto di vista sociale il beneficio è dato soltanto dal fatto che l’innovazione viene ottenuta un po’ prima. Dal punto di vista sociale, infatti, non conta chi innova ma quando; dal punto di vista privato, invece, conta precisamente arrivare prima del rivale. 4.4 Spillover tecnologici Se l’effetto winner-takes-all genera una corsa al brevetto, l’esistenza di spillover può trasformare la competizione tecnologica in un gioco d’attesa. Gli spillover tecnologici derivano dal fatto che per un insieme di ragioni il sistema dei diritti di proprietà intellettuale (inclusa la protezione dei segreti industriali) non garantisce la perfetta appropriabilità della conoscenza tecnologica. Per esempio, i brevetti vengono assegnati quando l’innovazione è sufficientemente perfezionata, mentre la conoscenza tecnologica intermedia non è protetta. Come vedremo meglio nel capitolo 7, l’ampiezza dei brevetti è limitata e spesso i concorrenti del detentore del brevetto possono imitare l’innovazione senza infrangerlo. Questo fenomeno è così comune che esiste un termine specifico per indicarlo: inventing around the patent. Molte innovazioni non sono brevettabili o, anche se lo sono, vengono tenute segrete: ma non è facile mantenere la segretezza e a volte la sola conoscenza del fatto che una innovazione sia possibile aiuta i rivali ad ottenerla. Alla varietà di forme che può prendere il fenomeno degli spillover tecnologici corrisponde una altrettanto ricca varietà di strategie analitiche che sono state usate per studiarli. In questa sezione faremo l’ipotesi che in presenza di spillover tecnologici l’innovatore a cui viene assegnata la proprietà intellettuale sull’innovazione ottenga solo la frazione (1 – α) del valore privato VP; la frazione rimanente, α, viene invece ottenuta dal suo rivale, anche se non ha innovato. Assumiamo che il parametro α sia compreso tra 0 e ½ : il caso α = 0 corrisponde all’assenza di spillover (l’ipotesi che abbiamo fatto fino ad ora) mentre il caso α = ½ è il caso limite in cui chi non ha innovato e non ha alcun diritto di proprietà intellettuale sull’innovazione ottiene gli stessi profitti del proprietario.9 Tornando per quanto riguarda le rimanenti ipotesi al modello della sezione 4.2, la funzione di profitto dell’impresa 1 è ora (22) 1 1 1 Π 1 = x1 (1 − x 2 ) + x1 x 2 (1 − α )V P + x 2 (1 − x1 ) + x1 x 2 αV P − cx12 2 2 2 Il termine entro la prima parentesi quadra è la probabilità che il diritto di proprietà sull’innovazione sia assegnato all’impresa 1; questa probabilità è la somma della probabilità che innovi esclusivamente l’impresa 1 e della probabilità che innovino entrambe le imprese ma l’impresa 1 vinca il sorteggio. Quando l’impresa 1 è proprietaria dell’innovazione, ottiene un payoff pari a (1–α)VP. Il termine nella seconda parentesi quadra è, simmetricamente, la probabilità che il diritto di proprietà sull’innovazione sia assegnato all’impresa 2; in questo caso l’impresa 1 ottiene un payoff pari a α VP per via degli spillover tecnologici. L’ultimo termine nella funzione di profitto (22) rappresenta come al solito i costi di ricerca. La funzione di miglior risposta dell’impresa 1 è data in forma implicita dalla condizione del primo ordine Anche nel caso limite α = ½ la situazione è comunque diversa da quella che si creerebbe in assenza di diritti di proprietà intellettuale: abbiamo infatti ipotizzato che gli spillover tecnologici influenzano esclusivamente la divisione del valore privato dell’innovazione tra le due impresa, ma non il valore privato stesso. 9 (23) 1 1 P P 1 − x 2 (1 − α )V − x 2αV − cx1 = 0 2 2 che può essere risolta rispetto a x1 ottenendo (1 − α )V P − 1 x2V P 2 (24) x1 = c Un’espressione analoga vale per l’impresa 2. L’equilibrio di Nash è simmetrico e risulta (25) x1 = x 2 = (1 − α )V P 1 c+ VP 2 Confrontando con la (11), si vede che l’investimento in ricerca di ciascuna delle due imprese diminuisce al crescere dell’intensità degli spillover tecnologici, misurata dal parametro α. Un confronto con la (16) rivela poi che si può avere sotto-investimento in ricerca anche se VP=VS quando il parametro di spillover è sufficientemente grande e precisamente quando 1 c+ VP 2 (26) α > 1− c +V P Quando è soddisfatta questa disuguaglianza, la presenza di spillover tecnologici più che compensa l’effetto winner-takes-all. Intuitivamente, invece di correre per ottenere l’innovazione prima del rivale, le imprese hanno convenienza ad aspettare che sia il rivale ad innovare, per poi appropriarsi, anche se solo in parte, del frutto dei suoi sforzi. La corsa al brevetto si trasforma quindi in un gioco d’attesa. 4.5 Conclusioni L’analisi fin qui svolta ha evidenziato tre motivi di fallimento del mercato nel campo della ricerca, pur in presenza di diritti di proprietà intellettuale. In primo luogo, il valore privato di una innovazione è generalmente una frazione del suo valore sociale; ciò genera una tendenza al sotto-investimento in ricerca. In secondo luogo, in presenza di competizione tecnologica, l’effetto winnertakes-all implica che l’incentivo privato ad investire in ricerca sia maggiore dell’incentivo sociale perché alla società interessa solo se e quando, ma non chi, innova; questo tende a generare sovrainvestimento in ricerca. In terzo luogo, l’esistenza di spillover tecnologici tende a trasformare la corsa al brevetto in un gioco d’attesa, generando nuovamente una tendenza al sotto-investimento in ricerca.10 L’analisi teorica non è in grado di stabilire quanto siano importanti in assoluto questi effetti né quale sia la loro forza relativa. Questa è in ultima analisi una questione empirica, così come è un problema empirico quello di misurare l’effetto degli incentivi ad innovare sul livello di investimento in ricerca effettivamente realizzato e sull’output del processo di ricerca, cioè la velocità del progresso delle nostre conoscenze. Riferimenti bibliografici Bulow J., J. Geanakoplos e P. Klemperer (1985), Multimarket oligopoly, Journal of Political Economy, 93, 48-511. La Manna M., R. MacLeod e D. De Meza, The case for permissive patents, European Economic Review, 33, 1427-1443 Maurer S. e S. Scotchmer, 2002. The independent invention defense in intellectual property, Economica, 69, 535-547. 10 Nel capitolo 10 vedremo che con innovazioni sequenziali si generano ulteriori fallimenti del mercato.