3 Logica intuizionista

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3
Logica intuizionista
Un calcolo logico intuizionista H si ottiene1 facilmente da quello classico L di
1.5.1 modificando l’assioma A10:
assiomi
A1
A2
A3
A4
A5
A6
A7
A8
A9
A10
A11
A12
A → (B → A)
(A → B) → ((A → (B → C)) → (A → C))
A → (B → A ∧ B)
A∧B → A
A∧B → B
A → A∨B
B → A∨B
(A → C) → ((B → C) → (A ∨ B → C))
(A → B) → ((A → ¬B) → ¬A)
¬A → (A → B)
A[x/t] → ∃xA
se t sostituibile a x in A
∀xA → A[x/t]
se t sostituibile a x in A
e
regole
R1 A, A → B taglio o modus ponens
B
R2
C →A
C → ∀xA
se x non libera in C
R3
A→C
∃xA → C
se x non libera in C
1
Un calcolo intuizionista fu presentato per la prima volta da A. Heyting, “Die formalen Regeln der intuitionistischen Logik”, Sitzungsberichte der Preussischen Akademie der
Wissenschaften, physikakisch-mathematische Klasse, 1930, pp. 42-56 e in “Die formalen
Regeln der intuitionistischen Mathematik”, ibidem, pp. 57-71 e 158-69.
52
Scriveremo T `H A per indicare che A è derivabile da T in questo calcolo
logico. Se `H A, A è detta anche teorema logico intuizionistico.
In H non sono derivabili né
¬¬A → A
né
A ∨ ¬A,
che sono equivalenti in H. infatti
1. ¬(A ∨ ¬A), A `H A ∨ ¬A
2. ¬A
`H ¬¬A → A
3. A ∨ ¬A
`H ¬¬A → A.
Viceversa classicamente A ∨ ¬A si deriva in questo modo
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
¬(A ∨ ¬A), A
¬(A ∨ ¬A), A
¬(A ∨ ¬A)
¬(A ∨ ¬A), ¬A
¬(A ∨ ¬A)
`H
`H
`H
`H
`H
`H
`L
A ∨ ¬A
¬(A ∨ ¬A)
¬A
A ∨ ¬A
¬¬A
¬¬(A ∨ ¬A)
A ∨ ¬A
per cui se vale lo schema ¬¬B → B, in particolare per A ∨ ¬A al posto di
B si ottiene A ∨ ¬A.
Per dimostrare che una formula non è derivabile in un calcolo si usa di
solito una semantica; siccome non l’abbiamo presentata ci limiteremo ad
affermarlo, quando è il caso2 .
Ovviamente tutti i teoremi intuizionistici sono teoremi di L, perché
11. `L ¬A → (A → B).
Tutti i teoremi logici di 1.5.1 senza asterisco sono anche teoremi intuizionistici. In particolare lo sono
2
Esistono anche metodi non semantici; ad esempio S. C. Kleene, Introduction to Metamathemtics, North Holland, Amsterdam, 1952, §80 presenta un metodo di decisione per
l’esistenza di derivazioni basato sul teorema di forma normale di Gentzen; in questo modo
si possono giustificare le affermazioni di non derivabilità.
53
5. A → ¬¬A
e
9. ¬¬¬A → ¬A
che con
43. ¬A → ¬¬¬A
1. ¬A, ¬¬A `H contraddizione
2. ¬A
`H ¬¬¬A
dà
44. ¬¬¬A ↔ ¬A.
La seguente è la derivazione intuizionistica vista sopra di
45. ¬¬(A ∨ ¬A)
1.
2.
3.
4.
5.
6.
da cui segue anche
¬(A ∨ ¬A), A
¬(A ∨ ¬A), A
¬(A ∨ ¬A)
¬(A ∨ ¬A), ¬A
¬(A ∨ ¬A)
`H
`H
`H
`H
`H
`H
A ∨ ¬A
¬(A ∨ ¬A)
¬A
A ∨ ¬A
¬¬A
¬¬(A ∨ ¬A)
46. ¬¬(¬¬A → A).
Valgono inoltre
47. (A → B) → (¬¬A → ¬¬B)
con due applicazioni della contrapposizione, e
48. ¬¬(A → B) → (¬¬A → ¬¬B)
1.
2.
3.
4.
5.
6.
¬B, A → B, A
¬B, A
¬B
¬B
¬¬(A → B)
¬¬(A → B)
`H
`H
`H
`H
`H
`H
54
B
¬(A → B)
A → ¬(A → B)
¬¬(A → B) → ¬A
¬B → ¬A
¬¬A → ¬¬B
49. A → (B → C), ¬¬A, ¬¬B `H ¬¬C
50. ¬¬(A → B), ¬¬(B → C) `H ¬¬(A → C)
51. ¬¬(A ∧ B) → ¬¬A ∧ ¬¬B
1. ¬A ∨ ¬B
`H ¬(A ∧ B)
14.
2. ¬¬(A ∧ B) `H ¬(¬A ∨ ¬B)
3. ¬¬(A ∧ B) `H ¬¬A ∧ ¬¬B 12.
52. ¬¬A ∨ ¬¬B → ¬¬(A ∨ B)
1.
2.
3.
4.
5.
A
¬(A ∨ B)
¬¬A
¬¬B
¬¬A ∨ ¬¬B)
53. ¬¬(A → C) `H ¬¬(∃xA → C)
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
¬¬(A → C) `H
¬¬(A → C) `H
¬¬(A → C) `H
`H
`H
`H
¬¬(A → C) `H
`H
`H
`H
`H
`H
A∨B
¬A
¬¬(A ∨ B)
¬¬(A ∨ B)
¬¬(A ∨ B)
x non libera in C
¬¬A → ¬¬C
(∃x¬¬A) → ¬¬C
¬¬((∃x¬¬A) → ¬¬C)
A → ¬¬A
¬¬(∃xA → ∃x¬¬A)
¬¬(¬¬C → C)
¬¬(∃xA → C)
da 50 e righe 3, 5 e 6.
Non vale invece l’analogo di 52. per il quantificatore universale.
Sulla base di questi risultati si dimostra quindi facilmente, per induzione
sulla lunghezza di una derivazione che, indicando con ¬¬T l’insieme {¬¬A |
A ∈ T },
Teorema 3.1 (Glivenko 19293 ). (a) Se T `L A nel calcolo proposizionale,
allora ¬¬T `H ¬¬A;
3
V. I. Glivenko, “Sur quelques points de la logique de M. Brouwer”, Académie royale
de Belgique. Bulletin de la classe de sciences. (5), 15, 1929, pp. 183-88.
55
(b) se ¬T, S `L ¬A nel calcolo proposizionale, allora ¬T, ¬¬S, `H ¬A;
(c) lo stesso di (a) e (b) per il calcolo dei predicati, purché non si usi nella
derivazione da L la regola R2. 2
Corollario 3.1 (Gödel, 19324 ). Se A è una formula proposizionale che
contiene solo i connettivi ∧ e ¬, allora se `L A allora `H A.
Dimostrazione se A è una congiunzione, o di proposizioni atomiche o
di proposizioni che iniziano con ¬, e se è derivabile, tutti i congiunti sono
derivabili, ma nessuna proposizione atomica è un teorema, quindi sono tutte
negazioni, e per il teorema sono allora derivabili intuizionisticamente. 2
Esempio I teoremi 4.,12. e 13. rientrano sotto le condizioni del corollario.
Ricordiamo le leggi che regolano i rapporti tra i connettivi: per 12. e 13.
vale
¬A ∧ ¬B ↔ ¬(A ∨ B),
mentre vale
¬A ∨ ¬B → ¬(A ∧ B)
ma
6`H ¬(A ∧ B) → ¬A ∨ ¬B.
L’aritmetica intuizionistica HA ha gli assiomi di Peano del primo ordine
sulla base della logica H.
Gli assiomi di Peano al primo ordine sono
x0 6= 0
x0 = y 0 → x = y
x+0=x
x + y 0 = (x + y)0
x·0=0
x · y0 = x · y + x
A[x/0] ∧ ∀x(A → A[x/x0 ]) → ∀xA
per ogni formula A.
Essi formano la teoria PA se la logica sottostante è L, la teoria HA se la
logica sottostante è H.
4
K. Gödel, “Zur intuitionistischen Arithmetik und Zahlentheorie”, Ergebnisse eines
matehmatischen Kolloquiums, Heft 4, 1933, pp. 34-38, in Collected Works, Vol. I , Oxford
Univ. Press, New York, 1986, pp. 286-95; trad. it. in Opere, vol. 1, Bollati Boringheiri,
Torino, xxx. Gödel cita Glivenko.
56
Per ogni formula A, si definisca A0 nel modo seguente
P0
(A → B)0
(A ∧ B)0
(A ∨ B)0
(¬A)0
(∀xA)0
(∃xA)0
=
=
=
=
=
=
=
P
P atomica
0
0
¬(A ∧ ¬B )
A0 ∧ B 0
¬(¬A0 ∧ ¬B 0 )
¬(A0 )
∀xA0
x una variabile
0
¬∀x¬A
x una variabile
mentre Ao è definita nello stesso modo salvo che per il caso dell’implicazione:
Po
(A → B)o
(A ∧ B)o
(A ∨ B)o
(¬A)o
(∀xA)o
(∃xA)o
=
=
=
=
=
=
=
P
P atomica
o
o
A →B
Ao ∧ B o
¬(¬Ao ∧ ¬B o )
¬(Ao )
∀xAo
x una variabile
o
¬∀x¬A
x una variabile.
Sia A† infine ottenuta da A rimpiazzando ogni sottoformula atomica P
con ¬¬P . Nel calcolo classico A, A0 , Ao e A† sono tutte equivalenti.
Teorema 3.2. (a) Se A è una formula proposizionale, se `L A allora `L A0
(Gödel, 1932);
(b) se A è una formula aritmetica, se T `L A nell’aritmetica classica
allora T 0 `H A0 nell’aritmetica intuizionista (Gödel, 1932);
(c) se A è una formula aritmetica, se T `L A nell’aritmetica classica
allora T o `H Ao nell’aritmetica intuizionista (Gentzen, 1936);
(d) se A è una formula proposizionale, predicativa o aritmetica, se T `L A
allora T o† `H Ao† . 2
Corollario 3.2. L’aritmetica classica è non contraddittoria, se quella intuizionistica lo è. 2
La traduzione 0 di Gödel si chiama anche “traduzione negativa”, perché
le traduzioni sono formule senza gli operatori intuizionisticamente “positivi”
∨ ed ∃.
57
intuizionismo5
La base dell’intuizionismo, come predicato da Luitzen Egbertus Jan Brouwer (1881-1966)6 a partire dal 1907, è una tesi sulla radicale frattura tra
pensiero e linguaggio. La matematica è prodotto della mente umana; l’espressione linguistica non è matematica e non è neanche una rappresentazione della matematica; il linguaggio serve solo a comunicare, a permettere agli
altri di (cercare di) seguire il proprio pensiero. Il pensiero umano qualche
volta è idealizzato dagli intuizionisti, ma più spesso consiste proprio di atti
individuali di pensiero, non esiste per essi una mente collettiva – in particolare la mente non è infinita, e lavora sempre con un ammontare finito di
informazioni. La matematica consiste in costruzioni della mente, la prima
delle quali è quella dei numeri naturali, fondata sulla
percezione di un passaggio di tempo, dello scindersi di un momento di vita in due cose distinte, l’una delle quali cede il posto
all’altra ma è conservata dalla memoria. La forma vuota della
biunità cosı̀ generata è l’intuizione di base della matematica.
L’intuizione del tempo ricorda Kant; Brouwer chiamava Kant un protointuizionista, ma la sua intuizione è molto diversa, creativa, non si limita
come in Kant a rendere non vuoti i concetti. Naturalmente quest’intuizione
è ancora diversa da quella di cui parlano i platonisti. La parola “intuizione”
è usata in molti quartieri a cavallo del secolo. Benché il pensiero di Brouwer
sia del tutto originale, con forti venature di misticismo, egli stesso riconosce
qualche antesignano, tra i tanti nemici del formalismo o del logicismo.
Tra i predecessori dell’intuizionismo sono talvolta classificati i matematici
francesi noti come semi-intuizionisti, Emile Borel, René Baire, Henri Lebesgue e lo stesso Poincaré . Tutti hanno in comune la tesi che la base e l’unica
parte assolutamente garantita della matematica è rappresentata dai numeri
naturali. L’intuizione dei numeri naturali è irriducibile, i numeri sono oggetto
di un’intuizione primaria, la quale si manifesta non nella percezione dei singoli
numeri ma, soprattutto in Poincaré, nella validità del principio di induzione.
Su questa base si possono solo usare metodi che trattino entità definibili; si
deve rifiutare l’infinito attuale (con varie sfumature, qualcuno rifiuta anche
l’infinito potenziale), e l’assioma di scelta – che per un costruttivista coerente
5
6
Adattato da G. Lolli, Filosofia della matematica, Il Mulino, Bologna, 2002, pp. 163-78.
L. E. J. Brouwer, Collected Works I , North Holland, Amsterdam, 1975.
58
invece è lecito, perché se i dati sono costruttivamente presentati, le scelte si
possono fare con un procedimento sistematico.
Tutti gli enti matematici per Brouwer sono costruzioni della mente; anche
la parola “costruzione” ricorda Kant, ma ha un significato diverso, generalissimo; in Kant aveva il senso tecnico delle costruzioni geometriche con riga
e compasso. Oltre all’intuizione di base, per Brouwer la mente ha altre capacità di costruire nuove entità matematiche, in particolare le successioni di
numeri. Per la costruzione (di strani sostituti) del continuo Brouwer, che non
finirà mai di lavorarci sopra, introdurrà molti concetti nuovi: le successioni
legiformi, le successioni di libera scelta, gli spiegamenti, le specie; formulerà
originali metodi dimostrativi, come il teorema di sbarramento, analoghi intuizionistici dell’induzione e del lemma di König, classicamente equivalenti
ad essi ma tutti ostici ai matematici, anche se alcuni sono utili per capire
meglio la continuità.
Osserva Brouwer che se una costruzione eseguita viene messa in forma
linguistica, ad essa si possono applicare trasformazioni linguistiche; il risultato è qualcosa che a sua volta può essere la descrizione di una costruzione
possibile, nel qual caso il linguaggio funziona come una specie di scorciatoia;
ma questo è lecito e garantito solo se nelle trasformazioni si sono usati alcuni
principi logici e non altri; il principio di non contraddizione è accettabile,
quello del terzo escluso no.
Per la giustificazione di queste tesi, è più trasparente l’esposizione di altri
autori, che nello sforzo di rendere convincente l’intuizionismo hanno preso
in considerazione sistematicamente la logica soggiacente; tra questi un posto
preminente spetta ad Arend Heyting (1898-1980), l’allievo di Brouwer che nel
19307 espone i principi dell’intuizionismo e per farlo si riferisce esplicitamente
a Husserl.
Una proposizione matematica per Heyting esprime un’aspettativa, o in
termini fenomenologici un’intenzione. Un’asserzione, cioè un’affermazione di
una proposizione, è il riconoscimento del soddisfacimento dell’intenzione; tale
è sempre il suo significato. A differenza della proposizione o dell’intenzione,
l’asserzione è un fatto empirico – per modo di dire, non ci sono ad esempio
limitazioni di spazio e tempo. L’aspettativa si soddisfa con una costruzione,
con l’esibizione di un oggetto; il non soddisfacimento di un’aspettativa, non
7
A Königsberg nel settembre 1930 alla Conferenza sulla epistemologia delle scienze
esatte, in P. Benacerraf e H. Putnam (eds.), Philosophy of Mathematics, Blackwell, Oxford,
1964, pp. 42-9.
59
temporaneo ma definitivo, si realizza con una prova d’impossibilità.
Dunque asserire la negazione di una proposizione è impegnativo. La prova
d’impossibilità si ha dimostrando che l’assunzione porta ad una contraddizione. Anche le dimostrazioni sono costruzioni. L’intenzione di non-p è soddisfatta da una prova che p è assurda. Con le parole di Oskar Becker (18811964)8 , citato da Heyting, la negazione è l’intenzione di una contraddizione
contenuta nell’intenzione originaria.
Una disgiunzione, per considerare uno dei connettivi tradizionali, è anch’essa un’intenzione; si può asserire solo se si è asserita una delle due proposizioni disgiunte; quindi p o non-p si può asserire solo se o si ha una dimostrazione di p o si ha una dimostrazione che il soddisfacimento di p porta ad
una contraddizione. Le due proposizioni p e “è provabile che p”, che Heyting
rappresenta con “+p”, esprimono due intenzioni diverse, soddisfatte la prima
da una costruzione relativa all’argomento di cui parla p, la seconda da una
costruzione che è una dimostrazione di p. Le asserzioni “` p” e “` +p” hanno
lo stesso significato: “perché se p è dimostrata, la dimostrabilità di p è anche
dimostrata, e se +p è dimostrata, allora l’intenzione di una dimostrazione di
p è stata soddisfatta, cioè p è stata dimostrata”.
Ma p e +p non sono identiche; il controesempio di Heyting si riferisce come
spesso negli esempi matematici intuizionistici ad approssimazioni di numeri
irrazionali: “Nel calcolo della costante C di Euler, potrebbe succedere che
un particolare valore razionale A sia contenuto per un tempo insolitamente
lungo nell’intervallo che continuiamo a stringere intorno a C, sicché siamo
indotti a sospettare che C = A; cioè sospettiamo che se continuassimo il
calcolo di C continueremmo a trovare A nell’intervallo. Ma un tale sospetto
non è per nulla una prova che questo succederà. La proposizione +(C = A),
perciò, contiene qualcosa in più rispetto alla proposizione C = A.”.
Invece non solo “¬p” e “¬ + p” sono proposizioni diverse, ma anche le
asserzioni “` ¬p” e “` ¬ + p” sono diverse. La seconda significa che l’assunzione di una costruzione come +p richiede è contraddittoria, mentre la
semplice aspettazione di p non necessariamente porta a una contraddizione.
“È persino concepibile che noi possiamo [. . . ] asserire allo stesso tempo sia
‘` ¬ + p’ sia ‘` ¬¬p’. In tal caso il problema [p] sarebbe essenzialmente
irrisolubile”.
8
O. Becker, “Mathematische Existenz”, Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung, 7 (1927), pp. 439-809.
60
La distinzione tra p e +p scompare se in p stessa è intesa una costruzione,
perché la possibilità di una costruzione può essere dimostrata solo dalla sua
effettiva esecuzione. Se ci si limita perciò a trattare proposizioni che richiedono costruzioni, per esempio quelle della forma “p è dimostrabile”, la funzione
di dimostrabilità non appare, e questo è il motivo, secondo Heyting per cui
la logica intuizionistica fino ad ora è stata sviluppata senza la funzione +.
Immaginare situazioni in cui né p è soddisfatta, né si ha una dimostrazione
che p è assurda è facile soprattutto se la matematica è concepita, coerentemente con l’idea di una produzione da parte di un soggetto creativo, come
dipendente dal tempo, come l’insieme delle costruzioni eseguite, non come un
insieme di verità. Amleto era un intuizionista, visto che per lui to be or not
to be era un problema, e non una tautologia. Altre presentazioni della logica
dell’intuizionismo la giustificano come un calcolo di soluzione di problemi.
In ogni caso, per ogni p, p o non-p è l’aspettativa di una costruzione matematica, quindi la logica dipende dalla matematica, lungi dal fondarla. La
logica usata nella matematica viene quindi costruita a partire dalla nozione
matematica di prova. Michael Dummett ha usato quest’idea come fondazione della logica in generale, della semantica, usando una nozione primitiva di
prova in modo intuizionista.
Heyting si dedicherà soprattutto alla logica e all’aritmetica, piuttosto che
al continuo, e costruirà una logica formale intuizionista, uno di quei sistemi
formali contro i quali protestano anche altri costruttivisti, oltre a Brouwer.
La logica intuizionista ha interessanti semantiche, sia in termini di mondi
possibili, sia in termini di soluzione di problemi, sia in termini di funzionali.
Tali sistemi sono interessanti in teoria della dimostrazione per misurare la forza delle varie teorie; ma è vero che con essi scompare un po’ la carica eversiva
dell’intuizionismo. Ha incominciato Gödel9 nel 1932 a mostrare che prima
la logica, poi l’aritmetica classiche sono interpretabili in quelle intuizioniste,
vale a dire per ogni loro teorema una opportuna traduzione è intuizionisticamente derivabile10 . I sistemi intuizionisti forniscono quindi dimostrazioni di
non contraddittorietà relativa per la logica e l’aritmetica classica.
Prima del suo annacquamento logico, l’intuizionismo di Brouwer negli
anni venti del ventesimo secolo ha goduto di un notevole ascolto. Brouwer
era un grande geometra, è stato nemico acerrimo di Hilbert non solo per la
9
Con anticipazioni di Kolmogorov e Glivenko.
K. Gödel, “Zur intuitionistichen Arithmetic und Zahlentheorie” (1932), in Collected
Works, Vol. I , Oxford Univ. Press, New York, 1986, pp. 286-95; trad. it. in Opere, vol.
1, pp. xxx
10
61
filosofia della matematica, ma anche in dispute accademiche. Hilbert era spaventato del suo successo nella questione dei fondamenti, e parlava di putsch
a proposito della rivoluzione intuizionista a cui si era avvicinato anche Hermann Weyl (1885-1955); fu anche per difendere la matematica dalla minaccia
di Brouwer che Hilbert si dedicò seriamente alla teoria della dimostrazione.
62
i contributi di gödel all’intuizionismo
Gödel nel 1932-3 scrive tre brevi articoli sull’intuizionismo.
1. Nel primo11 dimostra
I. Non esiste alcuna realizzazione con un numero finito di elementi
(valori di verità) per cui le formule dimostrabili in H, e solo quelle, siano soddisfatte (cioè diano valori designati per assegnazioni
arbitrarie).
La terminologia è quella delle logiche a più valori, e più avanti Gödel dà un
esempio di una realizzazione Sn , con un solo elemento designato, definita da
Elementi: {1, 2, . . . , n}; elemento designato: 1;
a ∨ b = min(a, b); , a ∧ b = max(a, b);
a ⊃ b = 1 per b ≥ a; a ⊃ b = b per a < b;
¬a = n per a 6= n, 6= n = 1.
La dimostrazione consiste nell’osservare che le formule Fn
Σ
≤i≤k≤n (ai
⊃⊂ ak ),
dove Σ è la disgiunzione generalizzata e le aj sono proposizioni atomiche,
sono soddisfate in ogni realizzazione con meno di n elementi in cui siano
soddisfatte tutte le formule dimostrabili in H.
Infatti per ogni assegnazione a due elementi ai e ak sarà assegnato uno
stesso valore e, e la formula avrà un valore designato perché a ⊃⊂ a. ∨ b è
dimostrabile in H.
In particolare in ogni Sn sono soddisfatte tutte le formule di H e tutte
le Fi con n < i, mentre tutte le Fi con i ≤ n non sono soddisfatte. Quindi
nessuna Fn è dimostrabile in H.
Se si indica con Ln l’insieme delle formule soddisfatte in Sn si ha
L = L2 ⊃ L3 ⊃ . . .
11
“Zum intuitionistichen Aussagenkalküls”, Anzeiger der Akademie der Wissenschaften
in Wien 69 (1932), pp. 65-6; trad. inglese in Collected Works, Vol. I , Oxford Univ. Press,
New York, 1986, pp. 222-5; trad. it. in Opere, vol. 1, Bollati Boringhieri, Torino, 19xx,
pp. xxxx
63
una gerarchia di sistemi di forza descrescente che contengono tutti H, che è
il secondo risultato enunciato da Gödel nel lavoro.
L’ultima osservazione, senza alcuna indicazione di prova, è che “vale in
piena generalità che una formula della forma A ∨ B può essere dimostrabile
in H solo se o A o B sono provabili in H”.
Questo risultato è stato dimostrato da Gentzen nel 1935.
2. Nel già citato lavoro “Zur intuitionistischen Arithmetik und Zahlentheorie”, presentato al colloquium di Menger nel giugno del 1932, Gödel dimostra
l’interpretazione negativa.
Kolmogorov12 aveva considerato una traduzione più complicata in cui si
inseriva ¬¬ di fronte a ogni sottoformula, e aveva trattato in dettaglio solo
il frammento proposizionale con → e ¬.
Lo stesso risultato di Gödel fu provato da Bernays e Gentzen nel 1933,
ma Gentzen ritirò il suo lavoro quando seppe di quello di Gödel, del 1932,
pubblicato 1933, e lo pubblicò poi nel 1936.
Alla fine dell’articolo Gödel commenta:
Il teorema [. . . ] mostra che il sistema dell’aritmetica e teoria
dei numeri intuizionista è solo apparentemente più restrittivo di
quello classico, e in effetti lo contiene, sia pure con una interpretazione in un certo senso differente. La ragione sta nel fatto il
divieto intuizionista di riformulare le proposizioni universali negate come pure proposizioni esistenziali cessa di avere effetto perché
il predicato di assurdità può essere applicato a proposizioni universali, e questo porta a proposizioni che sono formalmente le
stesse di quelle asserite nella matematica classica. L’intuizionismo sembra introdurre genuine restrizioni solo nell’analisi e nella
teoria degli insiemi; queste restrizioni tuttavia sono dovute al rifiuto non del principio del terzo escluso, ma dei concetti introdotti
con definizioni impredicative. Le considerazioni precedenti, naturalmente, forniscono una dimostrazione intuizionistica di non
contraddittorietà per l’aritmetica e la teoria dei numeri calssica.
Questa dimostrazione tuttavia, non è ‘finitaria’ nel senso in cui
Herbrand, seguendo Hilbert, usava il termine.
12
A. N. Kolmogorov, “Sul principio del terzo escluso”, (in russo), Mathematicheskii
sbornik . 32, 1925, pp. 646-67; trd. inglese in J. Van Heijenoort (ed.), From Frege to
Gödel , Harvard Univ. Press, Cambridge MA, 1967 pp. 414-37. Si veda anche Kleene, cit.,
pp. 493-501.
64
Heyting risponde13 : “Tuttavia per gli intuizionisti questa intepretazione
è la cosa essenziale”.
L’affermazione che l’intuizionismo introduce restrizioni solo nell’analisi
e nella teoria degli insiemi va qualificata considerando che l’interpretazione
negativa è stata estesa a diversi sistemi di aritmetica del secondo ordine,
con l’assioma di comprensione non ristretto, alla teoria dei tipi e a teorie
degli insiemi. Ma Gödel riteneva che l’intuizionismo non dovesse accettare le
definizioni impredicative, e questa è la restrizione a cui forse si riferisce, non
alla impossibilità di estendere l’interpretazione negativa14 .
Bernays15 ricorda che il lavoro di Gödel fece capire ai membri della scuola
di Hilbert che esistevano alternative al ragionamento finitistico come base
della metamatematica, e che i principi dell’intuizionismo andavano al di là
del finitismo.
I sistemi di valori di verità Sn sono i primi esempi di quelle che sarebbero state
chiamate algebre di Heyting.
Un’algebra di Heyting è un reticolo con massimo e minimo e pseudocomplemento. Un reticolo è una struttura con due operazioni ∨ e ∧ che soddisfano le
proprietà commutativa, associativa, di idempotenza16 e di assorbimento17 .
Si definisce un ordine parziale con a ≤ b se e solo se a ∧ b = a, e si indica con
0 il minimo e con 1 il massimo.
In alternativa un reticolo è un insieme parzialmente ordinato tale che per ogni
due elementi esistono l’estremo superiore e l’estremo inferiore, che si denotano
rispettivamente ∨ e ∧.
Il pseudocomplemento di a rispetto a b, indicato con a → b è il massimo x per
cui a ∧ x ≤ b.
Si pone ¬x uguale a x → 0.
Il pseudocomplemento si può anche definire assiomaticamente con
a→a
a ∧ (a → b)
b ∧ (a → b)
a → (b ∧ c)
=
=
=
=
1
a∧b
b
(a → b) ∧ (a → c)
13
A. Heyting, Mathematische Grundlagenforschung. Intuitionismus. Beweistheorie, Ergebnisse der Mathematik und ihrer Grenzgebiete, Springer, Berlin, vol. 3, n. 4, pp.
iv-73.
14
Si veda la nota introduttiva di A. S. Troelstra al lavoro nelle Collected Works.
15
P. Bernays, “Hilbert, David”, in P. Edwards (ed.), The encyclopedia of philosophy,
MacMillan and the Free Press, New York, vol. 3, 1967, pp. 496-504.
16
a ∨ a = a e a ∧ a = a.
17
a ∧ (a ∨ b) = a ∨ (a ∧ b) = a.
65
Esempi di algebre di Heyting sono:
1. Ogni algebra di Boole, con p → q = ¬p ∨ q.
2. Insiemi totalmente ordinati con massimo e minimo, con le definizioni analoghe a quelle di Sn (Sn deve essere inteso come ordinato da >, con 1 massimo
e n minimo, quindi con la definizione a ∨ b = max(a, b) e analoga inversione
per le altre).
3. Gli insiemi aperti di uno spazio topologico, con ¬A definito come interno
del complemento Ac e A → B come l’interno di Ac ∪ B.
L’algebra di Heyting {0, 1/2, 1}, con 0 minimo e 1 massimo, falsifica il principio
del terzo escluso:
1/2 ∨ ¬1/2 = 1/2 ∨ (1/2 → 0) = 1/2 ∨ 0 = 1/2.
3. In “Eine Interpretation des intuitionistischen Aussagenkalküls”18 Gödel
mostra come si possa interpretare il calcolo proposizionale di Heyting nel
sistema logico S che si ottiene aggiungendo a quello classico il concetto di
“p è dimostrabile”, rappresentato da Bp, con gli assiomi
1. BP → p,
2. Bp → .B(p → q) → Bq,
3. Bp → BBp
e la regola
A
BA.
La traduzione è data dalla seguente tabella, dove Gödel usa simboli diversi
per i connettivi intuizionistici, a sinistra, e per quelli classici:
¬p
∼ BP
p ⊃ q Bp → Bq
p ∨ q Bp ∨ Bq
p∧q
p.q
18
in Ergebnisse eines mathematischen Kolloquiums, 4 (1933), pp. 39-40; trad. inglese
in Collected Works Vol. I , cit., pp. 300-3; trad. it. in Opere, vol. 1, cit., pp. xxxx
66
Gödel osserva che si potrebbe tradurre ¬p con B ∼ Bp e p ∧ q con Bp.Bq e
si avrebbe lo stesso risultato.
Il risultato è che la traduzione di una formula che è un teorema di H è
derivabile in S.
Gödel esprime la congettura che forse è vero il viceversa. Il viceversa è
stato dimostrato da McKinsey e Tarski nel 1948 con metodi semantici.
Gödel osserva ancora che la traduzione di p ∨ ¬p non è derivabile in S
e non lo è in generale BP ∨ BQ se non è derivabile uno dei due disgiunti.
Anche questo è stato dimostrato da McKinsey e Tarski.
Il concetto “dimostrabile” deve essere inteso in senso informale, e non riferito a un preciso sistema S. Infatti, osserva Gödel, se S contiene l’aritmetica,
allora
B(Bp → p)
che è derivabile in S, non può essere vero per la dimostrabilità in S, altrimenti
B(0 6= 0) → 0 6= 0
sarebbe dimostrabile in S, quindi
∼ B(0 6= 0),
che esprime la non contraddittorietà di S, sarebbe dimostrabile in S, contro
il secondo teorema di incompletezza.
Il sistema S è equivalente a un sistema di implicazione stretta di Lewis,
ed è noto come S4 con questa assiomatizzazione di Gödel.
Il risultato è stato esteso alla logica predicativa da Rasiowa e Sikorski nel
1953 con la traduzione
(∀xA)0 = ∀xA0 e (∃xA)0 = ∃x2A0 ;
in seguito anche all’aritmetica intuizionista con estensioni modali di PA.
La semantica di Kripke per l’intuizionismo si deriva da quella modale con
la traduzione di Gödel.
Una estensione dovuta a Solovay è la logica G, con l’assioma di Loeb
2(2p → p) → 2p,
per mezzo della quale si dà una trattazione modale dei teoremi di incompletezza.
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