L’intuizionismo in matematica Questa teoria sui fondamenti della matematica fu creata negli anni venti dal matematico e filosofo olandese J.L. Brouwer, e venne successivamente sviluppata dal suo allievo A. Heyting. Secondo questa concezione, gli enti matematici esistono solo in quanto possono essere intuiti o costruiti mentalmente dal soggetto pensante (costruttivismo). I capisaldi dell’intuizionismo matematico secondo Heyting sono i seguenti: 1. La matematica intuizionista consiste nell’attività mentale costruzione dei sistemi matematici. di 2. Essa non può far a meno dell’espressione linguistica con parole o segni, che però serve solo da supporto per la memoria e la comunicazione; le formule che non si fondano su una costruzione mentale non trovano posto in essa. 3. La comprensione tra i matematici è essenziale. 4. Le ipotesi filosofiche, in particolare quella che gli oggetti matematici esistano indipendentemente dal pensiero umano, non sono ammesse come mezzi di dimostrazione matematica. (cit. da A. Heyting, L’intuizionismo in matematica, in: C. Cellucci, La filosofia della matematica, Laterza, Bari 1967, pagg. 249-267) L’infinito La mente umana è finita, e come tale non può contenere una totalità infinita di enti matematici. Tuttavia noi siamo in grado di concepire l’infinito in maniera potenziale, ossia come la possibilità di perpetuare, un numero qualunque di volte, un determinato atto mentale. Così nasce il concetto di successione che prosegue all’infinito: una successione che può essere costruita passo dopo passo, trovando il successore ad ogni elemento. Questo può avvenire in maniera deterministica, ossia in base ad una legge generale, oppure liberamente, in virtù di scelte arbitrarie effettuate di volta in volta. In questo modo possiamo concepire la successione dei numeri naturali, ed anche ogni numero reale, identificandolo con la successione delle sue cifre decimali. È interessante il confronto con quanto, nel Seicento, Galileo aveva affermato nel Dialogo sui due massimi sistemi a proposito della capacità umana di cogliere le verità matematiche: “L’intendere si può pigliare in due modi, cioè intensive o vero extensive: e extensive, cioè quanto alla moltitudine degli intelligibili, che sono infiniti, l’intender umano è come nullo, quando bene egli intendesse mille proposizioni, perché mille rispetto all’infinità è come un zero; ma pigliando l’intendere intensive, in quanto cotal termine importa intensivamente, cioè perfettamente, alcuna proposizione, dico che l’intelletto umano ne intende alcune così perfettamente, e ha così assoluta certezza, quanto se n’abbia l’istessa natura, e tali sono le scienze matematiche pure, cioè la geometria e l’aritmetica, delle quali l’intelletto divino ne sa bene infinite proposizioni di più, perché le sa tutte, ma di quelle poche intese dall’intelletto umano credo che la cognizione agguagli la divina nella certezza obiettiva, poiché arriva a comprenderne la necessità, sopra la quale non par che possa esser sicurezza maggiore.” Galileo, contrariamente a Brouwer, crede nell’assolutezza della conoscenza umana, allorché questa avviene attraverso la matematica. È però concorde nel negare la possibilità di concepire direttamente l’infinito. D’altronde anche Cartesio, che pure aveva incentrato la propria filosofia sul potere della ragione, crede che l’infinità competa solo a Dio; la mente dell’uomo può, tutt’al più, contenere l’idea di oggetti indefiniti. La teoria degli insiemi Secondo Brouwer esistono due modi di definire un insieme. Il primo è quello detto spiegamento: gli elementi dell’insieme considerato vengono costruiti sotto forma di successione. Il secondo consiste nell’assegnare un insieme sulla base di una certa proprietà, detta specie. Questo approccio presuppone un universo preesistente di oggetti, tra i quali vengono selezionati solo quelli aventi le caratteristiche della specie fissata. Ad esempio: nell’universo dei numeri reali si può definire la specie S come la proprietà di ammettere una rappresentazione decimale finita o periodica. L’insieme dei numeri razionali può essere allora definito come l’insieme dei numeri reali corrispondenti alla specie S. Anche in questo caso l’insieme viene costruito effettivamente dal pensiero: l’atto mentale - potenzialmente ripetuto all’infinito - consiste nel verificare, per ogni singolo oggetto dell’universo, se esso possiede o no la proprietà richiesta. La logica proposizionale L’intuizionismo nega alla matematica, che è prodotto della mente umana, ogni pretesa di pervenire ad una conoscenza certa ed assoluta. Le sue verità si basano esclusivamente sull’evidenza. Questa può essere intesa come immediatezza, tipica delle proposizioni che vengono comprese al volo, che convincono subito di per sé (“se un insieme ha 5 elementi differenti, allora ha anche 4 elementi differenti”), ma anche come chiarezza intuitiva dei passaggi mentali che costituiscono le dimostrazioni delle proposizioni più complesse. Una dimostrazione, per essere valida, deve soddisfare il principio di positività: se A è una proposizione, questa sarà dimostrata soltanto una volta che essa sarà stata costruita a partire da altre proposizioni vere, ad esempio se si sarà trovata una concatenazione di implicazioni che, partendo da una proposizione vera (cioè, evidente o dimostrata), termini con A. Se A afferma l’esistenza di un certo oggetto, essa risulterà provata soltanto nel momento in cui l’oggetto sarà stato esplicitamente costruito. Le uniche dimostrazioni ammesse dagli intuizionisti sono le dimostrazioni dirette (modus ponens). Non è ritenuta valida la reductio ad absurdum, in quanto non viene riconosciuto il principio del tertium non datur (principio del terzo escluso): una proposizione non è necessariamente vera se è falsa la sua negazione. Per gli intuizionisti una proposizione A è definita falsa se si può dimostrare che essa implica una contraddizione, e questa condizione è del tutto indipendente dalla verità di non A. Il nome di Brouwer è rimasto legato ad un teorema estremamente importante, che ha conosciuto successive generalizzazioni, e che, nella sua formulazione originaria, è perfettamente intuitivo: TEOREMA DEL PUNTO FISSO. Una funzione continua di un intervallo chiuso e limitato in sé ha almeno un punto fisso. Per punto fisso si intende un valore che viene inviato dalla funzione su se stesso. La verità del teorema diventa lampante se si visualizza la sua y traduzione geometrica, e si pensa al grafico della funzione: una curva continua avente i due estremi sui lati opposti di un quadrato interseca la sua diagonale in almeno un punto (vedi figura). x