mito di Teseo.rtf - Scuola del Molinatto

TESEO E IL MINOTAURO
Su tutta la città di Atene gravava un profondo silenzio. “Oggi, figlio mio,” disse re Egeo, “è un giorno molto
amaro per il nostro popolo. Sette giovani e sette fanciulle partiranno per Creta, per essere consegnate a re
Minosse che li darà in pasto al Minotauro. Anni fa ci fu aspra guerra tra Creta ed Atene; per raggiungere la pace
e salvare la città, gli Ateniesi promisero che ogni anno avrebbero pagato a Minosse il tributo di sette giovani e
sette fanciulle. Solo a questo patto Minosse si ritirò.” Avvampando di sdegno e d'ira, Teseo disse: “Partirò
anch'io con questi innocenti e sventurati giovani; affronterò il Minotauro e l’ucciderò, o sarò ucciso!”. “So che
non posso trattenerti, figlio mio,” rispose Egeo “parti pure dunque, e che gli Dei ti assistano. Ma ascolta: se
riuscirai nella tua impresa e tornerai vincitore, fà issare sull’albero della nave una vela bianca e ordina che, in
caso di tua morte, sia issata una vela nera. Così io, che ogni giorno starò a guardare il mare attendendoti, saprò
subito se dovrò gioire o piangere.”
Giunti a Creta, prima di essere gettati nel Labirinto i giovani vennero ospitati
per un giorno nel palazzo del re ed Arianna, la giovane e bellissima figlia di
Minosse, vedendo Teseo così giovane, forte e fiero, ne ebbe pietà e subito se ne
innamorò. “Ah, straniero, chi sei tu? Il mio cuore si spezza, pensando che tra un
po' morrai vittima del Minotauro!”. “Sono Teseo, figlio di Egeo re d'Atene, e
non sono venuto qui per morire, ma per uccidere il Minotauro.” “Anche se tu
riuscissi ad ucciderlo,” rispose Arianna, “morresti egualmente, perché dal
Labirinto non si esce. Ma,” aggiunse, “posso aiutarti. Domattina, prima che tu
sia condotto con gli altri nel Labirinto, ti darò un gomitolo di filo e un pugnale
dalla lama avvelenata.” “Un gomitolo?”chiese Teseo. “E che ne farò?”.
“Lascerai che si svolga e seguendo il filo potrai trovare la via del ritorno”
replicò la fanciulla, che era tanto bella quanto astuta.
Così avvenne; il giorno dopo Teseo ricevette di nascosto il pugnale e il gomitolo ed entrò nel Labirinto con i
compagni. Man mano che le vittime entravano in quell’intrico di sale e di gallerie, il silenzio si faceva sempre
più profondo. D’un tratto risuonò uno spaventoso muggito e il Minotauro apparve, gigantesco, con le narici
dilatate, le fauci spalancate, gli occhi fiammeggianti; ferocemente ruggendo si lanciò verso Teseo, che tutti
precedeva: ma questi, sguainato il pugnale, fu pronto a colpirlo tra capo e collo. Un urlo: il Minotauro arretrò
spalancando le braccia, volse attorno gli occhi, con un lamento strozzato cadde a terra: dopo qualche terribile
convulsione morì, fulminato dal veleno.
“Tutti con me!” gridò Teseo; seguendo la bianca traccia del filo, che passo dopo passo aveva svolto, egli poté
facilmente ritrovare la via del ritorno e l’uscita del Labirinto. Poco dopo, ancor prima che Minosse potesse
sapere quanto era accaduto, i giovani ateniesi raggiunsero la loro nave, sciolsero le vele e partirono. Partì con
essi Arianna, innamorata di Teseo. Costui, però, si mostrò verso di lei ingrato e crudele. Quando la nave fece
sosta nell'isola di Nasso, infatti, un'isola che si credeva deserta, vedendo che la stanca Arianna s’era sdraiata
sotto un albero e addormentata, Teseo senza alcuno scrupolo la abbandonò, ripartendo prima che ella si fosse
svegliata. Ciò non gli portò fortuna: la nave venne poco dopo sorpresa da una tempesta, che squarciò la vela.
Teseo ordinò che ne fosse issata un’altra. “Ce ne è
una,” gli dissero, “ma è nera!”. Senza ricordarsi di
quanto gli aveva detto Egeo, il giovane esclamò:
“Non importa! Quello che conta, è sfuggire alla
tempesta!”. La nave dunque giunse ad Atene con la
vela nera ed Egeo, che da giorni e giorni scrutava il
mare, vedendola credette che essa annunciasse la
morte del figlio: così, disperato, si gettò dalla rupe
in quel mare che, da lui, si chiama appunto Egeo.