11 Verganti Tossicità meno comuni ma non meno lievi

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Tossicità meno comuni ma non meno lievi
Sara Verganti
Medico Veterinario, Libero professionista
Clinica Veterinaria Brugherio
e-mail [email protected]
Mielosoppressione ed alterazione gastroenterica rappresentano le tossicità più comuni; tuttavia, altri
organi o tessuti possono essere danneggiati in corso di chemioterapia, con conseguenti effetti
collaterali di tipo acuto o cronico. Tali tossicità possono avere conseguenze anche molto gravi, a tal
punto da essere esse stesse, in maniera diretta o indiretta, causa di morte per il paziente oncologico.
Dal momento che in medicina veterinaria l’utilizzo di un trattamento chemioterapico ha lo scopo di
prolungare il più possibile la sopravvivenza del paziente garantendo, al contempo, una buona
qualità di vita, è fondamentale non solo conoscere il tipo di tossicità legata ad un determinato
farmaco e le circostanze in cui si possa realizzare, ma soprattutto cercare di attuare strategie per
prevenire o minimizzare gli effetti tossici ad esso correlati.
Tossicità renale
Tra i numerosi farmaci potenzialmente nefrotossici, i più comuni sono cisplatino nel cane e
doxorubicina nel gatto.
Il cisplatino induce nel cane una nefrotossicità dose- e durata del trattamento dipendente. Il
meccanismo alla base di tale tossicità è da ricercare nella sua farmacocinetica. Oltre ad una
filtrazione passiva a livello glomerulare, il cisplatino viene eliminato dall’organismo anche per
secrezione attiva, soprattutto a livello di pars recta di tubulo prossimale, con conseguente accumulo
e danneggiamento delle cellule tubulari, che vanno così incontro a fenomeni di apoptosi e necrosi. Il
danno renale, inizialmente reversibile, diventa ben presto irreversibile. Nonostante siano state
formulate numerose ipotesi, l’esatta eziopatogenesi della nefrotossicità indotta da cisplatino è a
tutt’oggi sconosciuta. La terapia migliore è la prevenzione, pertanto è fondamentale un’attenta
valutazione della funzionalità renale prima di ogni trattamento mediante esami del sangue e delle
urine. Inoltre, la diuresi salina “short term”, proposta ed utilizzata di routine nel cane in
associazione alla somministrazione di cisplatino, ha permesso una diminuzione dell’incidenza di
tossicità renale per questa specie (<10%). Diuresi salina e diuretici rappresentano invece il
trattamento standard nei pazienti umani che ricevono cisplatino.
La nefrotossicità associata a doxorubicina nel gatto ha incidenza variabile (9-80%); si tratta di una
tossicità cumulativa e ritardata, che si instaura circa a 4-7 mesi dall’inizio del trattamento. Data la
gravità ed irreversibilità di tale patologia è necessaria un’attenta valutazione dei soggetti trattati con
doxorubicina. Infatti, è importante escludere dalla terapia pazienti con patologia renale pregressa o
presente e monitorare la funzionalità renale prima di ogni trattamento e per diversi mesi dal termine
del protocollo chemioterapico.
Tossicità uroteliale
La cistite emorragica sterile (SHC), associata unicamente a ciclofosfamide ed ifosfamide, è
descritta nel cane e, più raramente, nel gatto. Responsabile di tale tossicità è l’acroleina, metabolita
inattivo escreto a livello urinario, che determina irritazione diretta della mucosa vescicale. Le
lesioni variano da una leggera cistite fino ad alterazione grave ed irreversibile dell’epitelio
vescicale, contraddistinta da fibrosi, necrosi e mineralizzazione distrofica. SHC può comparire in
seguito a singola somministrazione di farmaco, così come in seguito a molteplici somministrazioni.
La mancata sospensione del trattamento è sempre stata associata ad insorgenza di danni
irreversibili, anche se dati recenti indicano un possibile riutilizzo di ciclofosfamide una volta risolta
SHC, senza rischio di recidiva. I numerosi accorgimenti atti a prevenire l’insorgenza di SHC nei
pazienti sono volti ad aumentare la diuresi per diminuire il contatto di acroleina con la mucosa
vescicale. A differenza di quanto si verifica in medicina umana, data la bassa incidenza di SHC nel
cane associata a ciclofosfamide, in veterinaria non è pratica comune utilizzare un agente
uroprotettore. Al contrario, ifosfamide è molto più urotelio-tossico di ciclofosfamide, pertanto è
sempre raccomandata la contemporanea somministrazione di mesna. Non esistendo un trattamento
specifico, in caso di insorgenza di SHC si consiglia solo l’utilizzo di antispasmodici urinari e di
antibiotici per prevenire infezioni batteriche secondarie.
Il trattamento con ciclofosfamide è stato anche associato, nell’uomo e nel cane, a sviluppo di
neoplasie vescicali, in particolare carcinomi transizionali.
Tossicità cardiaca
La cardiotossicità è associata soprattutto a doxorubicina, daunorubicina ed epirubicina.
La tossicità acuta è rara e si manifesta soprattutto con aritmie transitorie durante la
somministrazione del farmaco che non precludono ulteriori trattamenti.
La tossicità cronica è invece irreversibile e determina la comparsa di una cardiomiopatia dilatativa
con grave insufficienza cardiaca congestizia non responsiva ad alcun trattamento che si può
manifestare in un intervallo di tempo variabile da 1 a 270 giorni dall’inizio del trattamento. La
miglior strategia terapeutica si basa sulla prevenzione e sulla diagnosi precoce e, dal momento che
non esiste un buon test di screening per individuare i cani che svilupperanno cardiotossicità, è
importante eseguire un esame accurato della funzionalità cardiaca prima di ogni trattamento
attraverso ECG ed ecocardiografia, valutando soprattutto la frazione di accorciamento (v.n. 2555%). Recentemente è stato proposto il monitoraggio della troponina I, marker sensibile e specifico
di morte dei miociti. Una volta sviluppata cardiomiopatia dilatativa è necessario sospendere la
somministrazione del chemioterapico ed iniziare una terapia a base di diuretici, vasodilatatori,
digitale e β-bloccanti. Ace-inibitore e β-bloccanti rappresentano il trattamento di scelta nell’uomo.
Dal momento che la cardiotossicità è poco comune nel cane e rara nel gatto, l’utilizzo di
dexrazoxane come agente cardioprotettore è consigliato solo in determinate circostanze: trattamento
di razze di cani a rischio di cardiomiopatia dilatativa, superamento della dose cumulativa
raccomandata (180-240 mg/m2) o in caso di patologie cardiache preesistenti.
Tossicità dermatologica
Stravaso
Complicanza molto grave associata alla fuoriuscita accidentale di chemioterapici vescicanti, tra cui
doxorubicina, alcaloidi della vinca, D-actinomicina. In caso di stravaso è necessario aspirare sangue
e la maggior quantità di farmaco possibile prima di rimuovere il catetere endovenoso. Per cercare di
diminuire gli effetti tossici locali sono consigliate applicazioni locali di DMSO 99% ed impacchi
freddi per lo stravaso da doxorubicina e D-actinomicina, mentre impacchi caldi e infiltrazioni locali
di ialuronidasi sono suggeriti con gli alcaloidi della vinca. Un pratica molto promettente usata
nell’uomo e sperimentata anche negli animali consiste nella somministrazione EV di dexrazoxane
(dose 10x dose di doxorubicina) entro 3 ore dallo stravaso da ripetere a distanza di 24 e 48 ore.
Alopecia
L’alopecia indotta da chemioterapia, associata soprattutto a doxorubicina, ha scarsa rilevanza
clinica. Nel cane le razze colpite, tra cui barbone e schnauzer, hanno peli in costante fase anagena.
Oltre a perdita di pelo e baffi, durante il trattamento chemioterapico si può osservare un
rallentamento nella crescita delle parti tosate. Nel gatto si nota perdita delle vibrisse, mentre è molto
raro osservare alopecia generalizzata. La ricrescita si verifica a circa 2-3 mesi dalla sospensione del
trattamento ma il pelo può cambiare colore o tipo.
Eritrodisestesia palmare-plantare (PPES)
È una forma molto particolare di tossicità cutanea legata alla somministrazione di doxorubicina
incapsulata in liposomi. Si verifica dopo 2 o più trattamenti ravvicinati e nel cane è caratterizzata
da una grave forma di dermatite, con irritazione cutanea, alopecia ed ulcere estese fino alla necrosi
cutanea, localizzata a livello di inguine, ascelle e attorno ai cuscinetti plantari. È una condizione
autolimitante che regredisce con la sospensione del trattamento. La contemporanea
somministrazione di piridossina (50 mg PO TID) riduce di 4 volte l’incidenza di casi gravi di PPES.
Nel gatto è più lieve e si può osservare alopecia focale a carico di mento e arti.
Anafilassi e reazioni di ipersensibilità
Associate a diversi chemioterapici, tra cui doxorubicina, L-asparaginasi e tassani. Gli organi di
shock nel cane sono la cute ed il tratto gastroenterico, nel gatto il polmone. Reazioni avverse si
osservano durante o subito dopo la somministrazione di doxorubicina, mentre con L-asparaginasi
possono verificarsi fino a 60’ dopo. Per prevenire tali reazioni è stato suggerito l’utilizzo di
difenidramina (3-4 mg/kg IM 15-20’ prima) (farmaco non commercializzato in Italia) e
desametazone (0,5 mg/kg IV subito prima). Se la reazione si verifica durante il trattamento è
necessario sospendere l’infusione del chemioterapico, somministrare difenidramina, desametazone,
e iniziare un’adeguata fluidoterapia.
Tossicità epatica
Associata a lomustina, L-asparaginasi, metotrexato, azatioprina e streptozotocina.
Nel cane la somministrazione di lomustina può determinare una tossicità cumulativa ritardata,
dose-dipendente ed irreversibile. Inizialmente asintomatica, con il progredire della patologia si
possono osservare anoressia, vomito, PU/PD, ascite con eventuale versamento pleurico associato.
Data l’irreversibilità delle lesioni è fondamentale monitorare la funzionalità epatica durante il
trattamento con lomustina, ponendo particolare attenzione ad un innalzamento di ALT. Tossicità neurologica
Farmaci potenzialmente neurotossici sono vincristina, cisplatino, 5-fluorouracile e clorambucile.
La neurotossicità associata a vincristina è stata descritta sia nel cane che nel gatto e si tratta di una
neuropatia periferica caratterizzata da degenerazione assonale che migliora una volta sospeso il
trattamento.
Il 5-fluorouracile non va mai somministrato nel gatto perché determina una neurotossicità fatale. Il
cane, invece, può sviluppare una tossicità neurologica caratterizzata da eccitazione, allucinazioni,
ansia, tremori ed iperattività fino al collasso, se la dose somministrata supera quella raccomandata,
come si verifica ad esempio in caso di avvelenamento per ingestione di pomate umane (> 20mg/kg).
In caso di sintomatologia neurologica iniziare una fluido terapia adeguata, ed eventualmente
prednisone e diazepam.
Tossicità polmonare
Nel gatto il cisplatino alla dose di 60 mg/m2 determina una grave forma disponica fatale dopo circa
48-96 ore dalla somministrazione, caratterizzata da edema polmonare e versamento pleurico. La
diminuzione della dose a 40 mg/m2 determina una riduzione della sintomatologia che scompare
completamente a 20 mg/m2.
Nel cane, così come nell’uomo, la somministrazione di bleomicina è stata associata a polmonite
interstiziale e fibrosi polmonare. I sintomi sono aspecifici e il trattamento prevede la sospensione
del farmaco ed eventualmente l’utilizzo di glucocorticoidi.
Sperimentalmente è stata osservata tossicità polmonare in cani trattati con BCNU e recentemente è
stato segnalato per la prima volta un caso di fibrosi polmonare da CCNU sia nel cane che nel gatto.
Tossicità pancreatica
È una tossicità rara, associata a L-asparaginasi, azatioprina, cisplatino e metotrexato. I sintomi
possono essere attribuiti al trattamento chemioterapico (es. vomito) o essere diversi da quelli
comunemente associati a pancreatite (ad esempio in caso di mielosoppressione non si ha né febbre
né neutrofilia). La terapia è quella classica che si attua in caso di pancreatite.
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