Istituto di Malattie Infettive e Tropicali Università degli Studi di Milano

annuncio pubblicitario
LE PROSPETTIVE DELLA CURA ANTI HIV
La gestione dei farmaci antiretrovirali sta attraversando una situazione di “svolta
critica”. Se da una parte non possiamo non tenere in considerazione i clamorosi successi
ottenuti, che in pochissimo tempo hanno abbattuto la mortalità dal 100% a valori
attorno al 10%, dall’altra ci troviamo ad affrontare fenomeni sempre più preoccupanti di
resistenza e tossicità cronica ai farmaci, la cui conseguenza diretta è una ridotta
adesione ai trattamenti e un intrecciarsi in modo sinergico di questi tre elementi:
adesione, tossicità e resistenze.
Per questo dobbiamo guardare con la dovuta attenzione al futuro, tenendo conto che
sarà molto lungo ed è proprio la dimensione temporale il punto critico di tutta l’attuale
gestione dei farmaci. Una durata presumibilmente di varie decine di anni ci impone di
trovare strategie che permettano l’utilizzo di farmaci nel modo migliore in attesa di
molecole in grado di consentire associazioni innovative.
L’adesione è un problema grave. Con il passare del tempo le persone sieropositive
tendono ad assumere i farmaci irregolarmente, tanto più quando compaiono i primi
segni relativi alla tossicità. Più o meno tutti gli antiretrovirali, in particolare alcuni
inibitori della trascrittasi inversa, hanno un effetto tossico sulle strutture intracellulari
più nobili, i mitocondri.. Da ciò deriva il danno epatico, il danno sui nervi periferici che
porta alla neuropatia sensoriale, quello sul metabolismo dei grassi, l’accumulo di
trigliceridi e colesterolo, che possono dare disturbi cardiovascolari e infine il grosso e
ancora insoluto problema della lipodistrofia.
Tossicità e ridotta adesione portano dunque ad un’incongrua assunzione dei farmaci e
alla selezione dei mutanti resistenti. Attualmente in tutte le nostre statistiche il 10-12%
delle persone sieropositive ha ormai sviluppato resistenze nei confronti di pressoché
tutte le molecole disponibili e anche la stessa circolazione di ceppi resistenti in pazienti
naive sta aumentando un po’ in tutto il mondo. Questo è lo scenario che caratterizzerà
gli studi nei prossimi 10 anni, che non è uno scenario catastrofico, ma deve indurre i
ricercatori a prendere le adeguate contromisure.
Quali possono essere le contromisure? Alcune si stanno già sperimentando, come le
interruzioni controllate della terapia, che permettono alle persone sieropositive non solo
di riprendere le cure con rinnovata adesione ma anche alle strutture subcellulari di
riparare eventuali danni prodotti dagli antiretrovirali. Vi sono delle persone che riescono
a restare anche per anni senza terapia, aver raggiunto e stabilizzato il risultato. Le
interruzioni controllate hanno preso il posto delle interruzioni strutturate a intervalli
prestabiliti che non hanno permesso di raggiungere i risultati sperati.
Altri approcci sono quelli relativi a farmaci che agiscono sul sistema immunitario:
l’interleuchina 2, il micofenolato e ultimamente, molto promettente, il tucaresol. Si
tratta di un farmaco che in studi sperimentali coordinati dall’Istituto di Malattie Infettive
dell’Università di Milano si è dimostrato in grado di incrementare il numero e l’attività
dei linfociti CD8, i linfociti citotossici capaci di riconoscere le cellule infette da HIV e
di distruggerle. Gli studi preliminari hanno evidenziato un aumento del numero e
dell’efficacia dell’attività citotossica specifica per HIV da parte dei CD8 e la capacità di
provocare, come conseguenza, un aumento dei CD4 naive. Questi studi preliminari sono
stati ritenuti talmente interessanti, da autorizzare uno studio randomizzato e controllato
che partirà prossimamente.
Un terzo approccio è quello della semplificazione delle cure fino ad arrivare alle terapie
once a day, che si sono dimostrate capaci di migliorare l’adesione e in quanto ad
efficacia non sono inferiori rispetto alle pluri somministrazioni. E questo è un grosso
passo avanti se pensiamo che sono 15 anni fa prescrivevamo l’AZT a cinque
somministrazioni giornaliere. Oggi si sta arrivando alla mono somministrazione e alla
mono somministrazione associata ad un numero limitato di compresse.
Ultima cosa, stiamo assistendo alla riscoperta di molecole che erano state un po’
trascurate, come ad esempio l’abacavir che si sta dimostrando particolarmente utile in
quanto dotato di una scarsa tossicità mitocondriale rispetto agli altri inibitori della
trascrittasi inversa. Io credo che si andrà sempre più verso associazioni di più molecole
in una sola compressa, dando quindi al medico la possibilità di scegliere ai base alle
condizioni del singolo paziente.
prof. Mauro Moroni
Istituto di Malattie Infettive e Tropicali Università degli Studi di Milano
Scarica