Università degli studi di Brescia Dipartimento Scienze Biomediche e

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Università degli studi di Brescia
Dipartimento Scienze Biomediche e Biotecnologie
Sezione di Fisiologia
Dottorato di ricerca in Neuroscienze
Coordinatore Prof PierFranco Spano
XXII Ciclo
Relazione annuale – Anno accademico 2008/2009
Dottoranda: De Stefani Elisa
Tutor: prof. Claudio Maioli
1
Accoppiamento occhio-mano durante l’esecuzione di movimenti saccadici
Introduzione
Nella vita di ogni giorno l’uomo mette in atto una vasta serie di azioni che prevedono ci sia
una coordinazione tra i movimenti degli occhi e quelli della mano. Indicare, seguire o raggiungere
un oggetto, sono azioni per le quali il movimento della mano è finalizzato al raggiungimento di un
bersaglio che si sposta nello spazio, e per questo motivo è necessario l’utilizzo di informazioni
visive. Il movimento degli occhi e della mano necessitano, perciò, di una stretta spaziale e
temporale.
Il termine coordinazione occhio-mano fa riflettere su due aspetti fondamentali presenti
nell’esecuzione di questi due atti motori: a che livello i due sistemi interagiscono e si scambiano
informazioni? Esiste un segnale di comando motorio comune ad entrambi? Vari studi hanno
dimostrato come una stretta coordinazione dei movimenti del braccio e degli occhi sia
indispensabile se si vogliono eseguire compiti di raggiungimento o puntamento di un oggetto in
modo accurato (Prablanc et al., 1979; Mather and Lackner, 1980; Koken and Erkelens, 1992; van
Donkelaar and Staub, 2000; Miall and Reckess, 2002; Engel et al., 2003). Tuttavia, l’organizzazione
funzionale dell’accoppiamento occhio-mano è oggetto di numerose teorie non ancora
completamente condivise nel panorama della letteratura scientifica. Questo perché, nonostante
l’indicare con la mano e l’eseguire una saccade verso lo stesso stimolo siano comportamenti
frequenti e naturali, coinvolgono processi di coordinazione sensoriali e motori molto complessi. Ad
esempio, puntare un oggetto prevede che il soggetto valuti la posizione del bersaglio rispetto al
proprio corpo (sulla base di informazioni visive), abbia consapevolezza della posizione del braccio
(afferenze propriocettive e visive) e sia in grado di coordinare i movimenti degli occhi, della testa e
della mano. Vari autori hanno cercato di chiarire in che modo i sistemi motori del braccio e degli
occhi, interagiscono facendo eseguire ai soggetti semplici compiti di puntamento di un oggetto in
varie condizioni sperimentali. In termini di accuratezza del movimento è stato dimostrato che:
-
il movimento oculare si conclude prima che la mano abbia raggiunto il suo picco massimo di
velocità (Helsen et al. 2000);
-
il puntamento risulta essere meno accurato se il bersaglio visivo scompare prima che la mano
abbia terminato il suo percorso, (Prablanc, 1986);
-
l’accuratezza del movimento della mano si riduce se viene meno la foveazione del bersaglio
(Abrams & Landgraf. 1990, Vercher et al. 1994).
2
Vi sono ampie prove sperimentali che il raggiungimento di un oggetto con la mano risulti molto più
preciso e sicuro se è preceduto da un movimento oculare di foveazione del bersaglio. Neggers and
Bekkering (1999, 2000), utilizzando un paradigma che prevedeva l’uso congiunto di occhio e mano
verso uno stimolo visivo, osservarono come c’era una tendenza generale a pianificare prima il
movimento oculare rispetto a quello della mano. Questa anticipazione permetterebbe al movimento
della mano di utilizzare le informazioni visive per raggiungere una maggiore accuratezza
nell’esecuzione, e proprio per questa ragione lo sguardo sarebbe mantenuto fisso sull’oggetto finché
la mano non raggiunge il bersaglio. Se durante il compito un secondo stimolo visivo compare nel
campo visivo del soggetto, l’inizio di una seconda saccade risulta ritardata. Sembra, infatti, che al
secondo spostamento dello sguardo sia anteposta la necessità di terminare il movimento della mano
verso il primo bersaglio. Questo risultato sottolinea come non solo il movimento della mano è
dipendente da quello dell’occhio ma che la relazione è reciproca.
In un precedente lavoro, pubblicato dal nostro gruppo di ricerca, è stato dimostrato come
l’inseguimento oculare lento (smooth pursuit) implichi un cambiamento nell’eccitabilità del sistema
motorio del’arto superiore, in assenza di movimenti evidenti del braccio o segni di attivazione
elettromiografia (Maioli et al. 2007). Tali cambiamenti di eccitabilità del sistema cortico-spinale
(SCS), rivelano l’esistenza di un piano motorio sotto soglia del braccio a riposo, che si attiva in
conseguenza al movimento degli occhi. Nei primi due anni di dottorato ho partecipato ad un
progetto di ricerca che ha permesso si individuare come, anche durante i movimenti saccadici, ci sia
un cambiamento di eccitabilità dell’SCS dell’arto a riposo, compatibile con lo spostamento dello
stimolo visivo nello spazio. Nello specifico, sembra esserci un alto grado di congruenza tra la
modulazione dei potenziali evocati motori (PEM) registrati sui muscoli primo interosseo dorsale
(FDI), abductor digiti minimi (ADM), extensor carpi radialis (ECR) e la direzione del movimento
oculare. Inoltre, in base alle osservazioni fatte sulle variazioni di ampiezza dei PEM e sui
movimenti dell’arto superiore, acquisiti mediante Polhemus FASTRAK, abbiamo osservato che la
cinematica del movimento indotto dalla TMS nelle articolazioni del polso e di quella metacarpofalangea dell’indice, evidenzia specifiche variazioni in funzione della direzione dello spostamento
dello sguardo.
Questo studio ha lo scopo di indagare se le modificazioni di eccitabilità dell’SCS dell’arto a riposo,
dipendono dall’esecuzione del movimento oculare o se, invece, siano indotte dalla codifica
sensoriale dello stimolo. A questo scopo, abbiamo utilizzato un paradigma di discriminazione a
scelta multipla, in cui il soggetto doveva eseguire o no una saccade verso uno stimolo periferico.
Durante il compito le variazioni di eccitabilità dell’SCS sono state studiate mediante TMS della
corteccia motoria.
3
Protocollo sperimentale
Alla sessione sperimentale hanno partecipato 20 soggetti (8 femmine e 12 maschi con età
media di 21.5 anni), destrimani (misurati utilizzando Edinburgh handedness inventory), sani e
ignari rispetto allo scopo dell’esperimento. I soggetti sedevano ad un metro di distanza da uno
schermo a retroproiezione (160 cm di larghezza e 120 cm di altezza) con il braccio destro orientato
verso il centro (in posizione rilassata). La testa del soggetto era immobilizzata mediante una
mentoniera e una base di appoggio per la fronte. Per la presentazione degli stimoli è stato utilizzato
un programma in ambiente di sviluppo Presentation (Neurobehavioral Systems) (fig. 1).
I soggetti dovevano guardare una croce bianca su sfondo nero, posta al centro dello schermo
che rimaneva presente per tutta la durata del trial. Dopo un intervallo di tempo variabile da 1a 4
secondi, era presentato uno stimolo visivo (un quadratino di 0.6° di angolo visivo) che poteva essere
di colore giallo o blu. Lo stimolo era visibile per un periodo di 2 secondi. Il soggetto era istruito a
muovere l’occhio verso di esso o a mantenere la fissazione centrale a seconda del colore comparso.
Per metà dei soggetti il giallo indicava di eseguire una saccade in direzione dello stimolo e di
tornare con lo sguardo sul punto di fissazione centrale solo alla scomparsa del bersaglio, mentre il
blu indicava di mantenere lo sguardo al centro. Per l’altra metà dei soggetti la combinazione
colore/compito oculare era invertita. Al soggetto era chiesto di essere il più accurato possibile,
quindi di eseguire il compito oculare solo dopo aver correttamente discriminato il colore dello
stimolo.
In ciascuna prova sperimentale, il bersaglio compariva in una di due possibili posizioni, ad
un’eccentricità di 5° gradi a sinistra o destra del punto di fissazione centrale, lungo il meridiano
orizzontale. Dall’inizio della prova fino a quando lo stimolo colorato compariva, trascorreva un
periodo di tempo variabile compreso tra 1 e 4 sec. Durante questo intervallo temporale, il soggetto
manteneva lo guardo sulla mira centrale. Un ulteriore secondo precedeva la comparsa dello stimolo
visivo colorato. In seguito, il soggetto doveva discriminare il colore dello stimolo e decidere se
eseguire la saccade verso il bersaglio o mantenere lo sguardo fisso al centro. Nel caso in cui il
colore dello stimolo indicasse al soggetto che doveva eseguire una saccade, egli doveva mantenere
lo sguardo sul bersaglio laterale per 2 sec e tornare a fissare la mira centrale quando lo stimolo era
scomparso (fig. 2.)
4
Figura 1: Allestimento del protocollo sperimentale.
I soggetti erano istruiti a fissare una croce di fissazione al centro dello schermo. Dopo la presentazione di uno stimolo
acustico, compare uno stimolo visivo (un quadratino che misura 0.6° di angolo visivo) che si sposta alla destra o alla
sinistra del soggetto (eccentricità paria a 5°) in uno schermo nero ad un metro di distanza. Il braccio è mantenuto a
riposo, appoggiato ad un supporto morbido. La testa è immobilizzata utilizzando un apposito supporto non evidenziato
nella figura.
Figura 2: Protocollo sperimentale.
Una singola prova durava 8 sec e la fissazione rimaneva presente. Dopo il segnale acustico e un intervallo di attesa
variabile (da un minimo di uno ad un massimo di quattro secondi) compariva lo stimolo visivo. Il colore del quadratino
indicava al soggetto il tipo di compito che doveva eseguire (saccade verso lo stimolo o fissazione della croce centrale).
Per metà dei soggetti il giallo indicava di eseguire una saccade in direzione dello stimolo e di tornare con lo sguardo sul
punto di fissazione centrale solo alla scomparsa del bersaglio, mentre il blu indicava di mantenere lo sguardo al centro.
Per l’altra metà dei soggetti la combinazione colore/compito oculare era invertita.
5
Figura 3: Stimolazione TMS
Durante ogni prova era dato un solo impulso TMS. I possibili ritardi con cui la TMS scaricava erano in tutto 10 e erano
selezionati in modo casuale dal programma. Di questi dieci possibili ritardi, due avvenivano prima che lo stimolo visivo
fosse comparso. Nello specifico, la TMS poteva scaricare circa 500 ms prima del segnale acustico (questi dati erano
successivamente utilizzati come riferimento o baseline rispetto a cui calcolare il grado di eccitazione o inibizione del
SCS del braccio a riposo), o 480 ms prima della comparsa dello stimolo visivo (questi dati ci permettevano di
controllare la reattività del soggetto al segnale acustico e quindi il grado di attenzione prestata al compito). Gli altri 8
ritardi erano successivi alla comparsa dello stimolo visivo. Tra questi, il primo possibile ritardo della TMS avere circa
120 ms dopo l’apparizione dello stimolo colorato. Il ritardo successivo avere circa 120 ms dopo il primo ovvero 240 ms
dalla comparsa dello stimolo. Gli 8 impulsi TMS, successivi alla comparsa dello stimolo, cadevano, perciò, con un
ritardo di 120 ms l’uno rispetto all’altro. Quindi, nel primo secondo di comparsa dello stimolo gli impulsi TMS
potevano avvenire con uno dei seguenti ritardi: 120, 240, 360, 480, 600, 720, 840 o 960 ms dopo la comparsa dello
stimolo visivo. Per ciascuno degli 8 ritardi, successivi alla comparsa dello stimolo, erano effettuate 10 ripetizioni, in
ciascuna delle 4 combinazioni posizione-colore dello stimolo per un totale di 32 possibili combinazioni. In ciascun
blocco (5 in totale) le 32 combinazioni (TMSdelay*posizione*colore) erano ripetute due volte e selezionate casualmente
per un totale di 320. Per quanto riguarda i ritardi TMS che precedevano la comparsa dello stimolo, si è scelto di non
effettuare tutte le possibili combinazioni TMSdelay*posizione*colore, che, altrimenti, avrebbe appesantito la sessione
sperimentale di ulteriori 80 prove. Dato che la TMS scaricava prima che il soggetto avesse la possibilità di discriminare
lo stimolo, si è deciso di selezionare, in ciascun blocco, solo 4 delle otto possibili combinazioni, aggiungendo così solo
20 prove. Il paradigma sperimentale prevedeva perciò un totale di 340 prove suddivise in 5 blocchi di 68.
Durante ogni prova sperimentale, era erogato un singolo impulso di TMS sulla corteccia
motoria sinistra. La TMS scaricava 500 ms prima del segnale acustico, o 480 ms prima della
comparsa dello stimolo visivo. In alternativa, l’impulso era erogato con uno di otto possibili ritardi
entro 960 ms dalla comparsa dello stimolo visivo. Perciò, la TMS poteva scaricare casualmente
prima o dopo il segnale acustico, oppure 120, 240, 360, 480, 600, 720, 840 o 960 ms dopo la
comparsa dello stimolo visivo (fig. 3.)
Ciascuna sessione sperimentale prevedeva 340 prove per ciascun soggetto ottenute da 5
blocchi di 68 prove. Tra un blocco e l’altro il soggetto era fatto riposare per alcuni minuti. È stato
utilizzato sistema di neuronavigazione per stimolatore magnetico transcranico 3D (Softaxic
Navigator System) per aiutare il soggetto a riposizionare correttamente la testa rispetto alla
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posizione precedentemente assunta e, dunque, a riposizionare anche il coil rispetto all’area della
corteccia motoria stimolata. A tal fine è stato sviluppato un software dedicato, in grado di
interfacciarsi con il sistema di neuronavigazione e restituire la posizione e l’orientamento del capo e
del coil. Le informazioni sono state acquisite mediante Polhemus FASTRAK, un sistema
elettromagnetico che prevede l’utilizzo di sensori 3D di piccole dimensioni, applicati alla superficie
corporea che comunicano con trasmettitore tramite campi magnetici.
Mediante l’utilizzo di
FASTRAK e del software dedicato è stato possibile registrare accuratamente e mostrare
graficamente al soggetto la posizione (coordinate cartesiane X, Y, Z) e l’orientamento nello spazio
della sua testa. La ricostruzione della posizione del capo avveniva posizionando i sensori in tre
punti craniometrici: i due punti pre-auricolari sinistro e destro e a livello del nasion del soggetto. Un
quarto sensore era posizionato sul coil della TMS. Prima di iniziare l’esperimento erano acquisite le
posizioni dei sensori e questi dati erano utilizzati per verificare che, durante l’esperimento, il
soggetto mantenesse la testa ferma, così da poter concludere che la TMS era applicata ogni volta nel
medesimo punto di stimolazione.
I movimenti oculari orizzontali erano registrati tramite elettrooculografia (EOG) mediante
elettrodi Ag-AgCl posizionati ai lati esterni degli occhi (cutoff 0-200 Hz).
Il segnale EMG era registrato dai muscoli FDI, ADM, ECR e FCR. Il segnale EMG è stato
amplificato 1000x, con ampiezza di banda tra 0.2 Hz e 1 kHz. I segnali EOG e EMG sono stati
acquisiti su PC con una frequenza di campionamento di 4 khz (National Instrument PCI-MIO-16E4) e analizzati off-line.
Un coil focale di 70 mm era posizionato tangenzialmente allo scalpo con il manico che
puntava all’indietro lateralmente di 45° rispetto al piano sagittale, inducendo una corrente posteroanteriore. Il coil era connesso ad uno stimolatore magnetico MagStim Super Rapid (Mag-1450-00;
MagStim, Whitland, UK). Trovato il punto di stimolazione sullo scalpo, che permette di evocare i
PEM in tutti i muscoli di interesse, il coil era fissato grazie ad un braccio meccanico e mantenuto in
posizione per tutta la durata dell’esperimento. Si è poi proceduto con l’individuazione della soglia
della risposta, definita come l’intensità dello stimolo che evoca un PEM, nel muscolo FDI rilassato,
avente un’ampiezza picco-picco di almeno 100 µV in 5 su 10 stimoli consecutivi. Durante l’intero
esperimento, era utilizzata un’intensità di stimolazione TMS pari al 120% dalla soglia motoria
dell’FDI trovata per ciascun soggetto.
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Criteri di inclusione/esclusione delle prove.
Le istruzioni date ai soggetti erano semplici ma precise. Era loro chiesto di posizionare
comodamente il braccio destro sopra un supporto e mantenere l’arto rilassato per tutta la durata
della sessione sperimentale. Il segnale EMG dai muscoli FDI, ADM, ECR e FCR era costantemente
monitorato on-line al fine di verificare il completo rilasciamento dei muscoli. Off-line erano
effettuati controlli accurati in ogni singola prova sull’assenza di attivazione elettromiografia
all’infuori dei PEM. Durante ogni prova, i soggetti erano istruiti ad eseguire il compito in modo
accurato.
Sono stati utilizzati dei criteri specifici per decidere le caratteristiche delle prove valide da
includere nell’analisi:
1 La latenza della risposta saccadica inferiore a 180 ms. Le prove in cui il soggetto iniziava a
muovere l’occhio prima dei 180 ms erano scartate in quanto considerate risposte
anticipatorie, perché non permettevano al soggetto di discriminare il colore del
bersaglio.
2 La latenza della risposta saccadica superiore ai 600 ms. I soggetti dovevano eseguire il
compito in modo accurato, mantenendo, però, un livello elevato di attenzione durante
tutta la sessione sperimentale.
3 Per ciascun muscolo, i soggetti sono inclusi nell’analisi solo se la media dell’ampiezza
picco-picco dei PEM durante la fissazione (baseline) è di almeno 140 µV.
Durante la sessione sperimentale si sono raramente verificate situazioni in cui, a causa di
problemi tecnici (come possibili interferenze presenti nel segnale o il funzionamento non corretto
delle apparecchiature) la prova del soggetto era invalidata nonostante la prestazione del soggetto
fosse corretta. L’ammontare delle prove escluse per motivi indipendenti dal soggetto sono irrisorie.
Il terzo criterio di esclusione sopraelencato, ci ha indotto a scartare un elevato numero di prove
riguardanti la registrazione del muscolo FCR. I valori dei PEM normalizzati del muscolo sono stati
comunque inclusi nelle analisi, ma l’alta variabilità dei dati non ha permesso di ottenere
informazioni utili a chiarirne il reclutamento. Sarà pertanto necessario aumentare il numero dei
soggetti della ricerca per acquisire un numero più elevato di osservazioni su cui eseguire le analisi.
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Normalizzazione e analisi statistiche
Dato che la variabile ampiezza del PEM era caratterizzata da un’ampia variabilità in termini
di media e di deviazione standard tra i soggetti e’ stato necessario applicare un processo di
normalizzazione per l’interpretazione dei dati. La normalizzazione dei dati e’ stata eseguita
applicando la seguente formula:
dove: X rappresenta la variabile standardizzata, x è la variabile originale avente una distribuzione
con media µ e deviazione standard σ.
La standardizzazione è un procedimento che riconduce una variabile aleatoria distribuita secondo
una media µ e varianza σ2, ad una variabile con distribuzione "standard", ossia con media uguale a
zero e varianza pari a 1. Il procedimento adottato prevede, quindi, di sottrarre alla variabile x
(ampiezza dei PEM) la sua media µ e dividere il tutto per la deviazione standard σ. Questa
operazione di trasformazione e’ stata applicata ai dati di ogni singolo soggetto. Poiché lo scopo del
lavoro era di verificare l’effetto dello spostamento dello sguardo sull’ampiezza media dei PEM, per
la standardizzazione dei dati è stata utilizzata la radice quadrata della varianza residua, intesa come
misura della variabilità interna a ciascun soggetto (per tutte le combinazioni compito oculare e
ritardo della TMS). Come valore di µ è stato utilizzato il PEM medio di ogni soggetto quando la
TMS scaricava prima della comparsa dello stimolo acustico. Questa scelta è stata fatta in quanto la
comparsa del segnale acustico determinava un aumento generalizzato dell’eccitazione (arousal) del
soggetto.
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Risultati e discussione
E’ stato dimostrato come l’inseguimento lento con gli occhi (smooth pursuit) di un oggetto
che si muove nello spazio, comporti un cambiamento nell’eccitabilità dell’SCS del braccio, in
assenza di movimenti evidenti o segni di attivazione elettromiografica (Maioli et al. 2007). Nei dati
discussi nelle precedenti relazioni di dottorato, era emerso come, anche durante l’esecuzione di una
saccade, si evidenziano cambiamenti di eccitabilità dell’SCS del braccio a riposo. Questi
cambiamenti sono compatibili con l’esistenza di un piano motorio sotto soglia dell’arto superiore,
specifico per il puntamento, che si attiva in conseguenza al movimento degli occhi. In questo studio
abbiamo utilizzato un paradigma di discriminazione a scelta multipla, in cui il soggetto doveva
decidere se eseguire o no una saccade verso uno stimolo periferico. Lo scopo e’ indagare se le
modificazioni di eccitabilità dell’SCS dell’arto a riposo, osservate nei precedenti esperimenti,
dipendono dall’esecuzione del movimento oculare o se, invece, sono indotte dalla codifica
sensoriale dello stimolo.
Modulazione dell’SCS dell’arto a riposo quando il soggetto esegue un movimento oculare:
In fig. 4 sono rappresentati i valori normalizzati dei PEM di tutti i soggetti, nei compiti di
GO e NOGO, registrati sul muscolo FDI, ADM ed ECR. Nell’asse delle ascisse si trovano gli 8
ritardi con cui la TMS scaricava dopo la comparsa dello stimolo visivo. I dati sono raggruppati in
funzione del lato di comparsa del bersaglio. Osservando l’ampiezza dei PEM del muscolo FDI, si
nota una graduale riduzione di eccitabilità dell’SCS (fig. 4a.) Questa differente attivazione del
muscolo, rispetto alla baseline, e’ massimale se il soggetto esegue una saccade verso destra ed inizia
circa 600 ms dopo la comparsa dello stimolo visivo. Nel muscolo ADM si osserva un
comportamento simile ma non significativo. Nel muscolo ECR (fig. 4c), dopo 600 ms dalla
comparsa dello stimolo visivo, si riscontra una differenza significativa (t-test, p<0.05) tra l’ampiezza
dei PEM registrati in funzione del lato verso cui il soggetto sposta lo sguardo. Da queste prime
osservazioni e’ possibile supporre che, la minore inibizione dell’SCS del muscolo FDI, presente
quando il soggetto guarda a sinistra, è compatibile con l’ipotesi, formulata nei nostri precedenti
lavori, di un piano motorio di puntamento, che si attiva verso lo stesso bersaglio del movimento
oculare. Tuttavia, questi risultati non ci permettono ancora di chiarire se sia il comando motorio
dell’occhio o la codifica sensoriale dello stimolo, ad indurre una modulazione dell’eccitabilità’
dell’SCS del braccio. Per questo motivo abbiamo introdotto un compito in cui il soggetto non
doveva eseguire alcun movimento nonostante uno stimolo visivo comparisse in periferia. Se fosse la
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codifica sensoriale dello stimolo ad indurre una modulazione dell’eccitabilità’ dell’SCS dell’arto a
riposo, anche in mancanza di movimento avremmo dovuto trovare una modulazione nell’attività’
dei muscoli del braccio a riposo.
Modulazione dell’SCS dell’arto a riposo quando il soggetto mantiene lo sguardo fisso al centro
dello schermo:
Nei compiti di NOGO, non abbiamo riscontrato una significativa differenza nell’eccitabilità
dell’SCS dei PEM registrati dai muscolo FDI ed ECR rispetto alla baseline (fig. 4d-e-f.) Perciò,
sembra che, affinché vi sia una modulazione dell’eccitabilità dell’SCS del braccio a riposo,
specifica per i muscoli che si attivano nel puntare un oggetto con la mano, è necessario che il
movimento sia effettivamente eseguito.
Figura 4: T-test eseguito sui valori dei PEM normalizzati rispetto alla baseline. L’analisi è stata eseguita per tutti i
singoli ritardi con cui la TMS scarica, in funzione del lato di comparsa dello stimolo visivo nei compiti di GO (fig.4a-bc) e in quelli di NOGO (fig.4d-e-f). I cerchi riempiti identificano la significatività riscontrata tra i PEM normalizzati di
ciascun muscolo rispetto alla baseline.
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Modulazione dell’SCS dell’arto a riposo in funzione della latenza della saccade:
Il paradigma sperimentale prevede che i soggetti individuino una caratteristica dello stimolo
(il colore) e solo successivamente decidano se eseguire o no la saccade. Se fosse la codifica
sensoriale dello stimolo a determinare le modulazioni dell’eccitabilità’ dell’SCS che sono state
osservate, la latenza con cui la saccade è eseguita non dovrebbe avere nessuna influenza
sull’ampiezza dei PEM. Le prestazioni dei soggetti sono state suddivise in tre sottogruppi in
funzione della latenza della saccade. I tre intervalli scelti raggruppano le saccadi che hanno una
latenza pari a: circa 180-300 ms; 300-420 ms; 420-540 ms. In fig. 5 sono rappresentate le ampiezze
dei PEM del muscolo FDI, in funzione della comparsa dello stimolo. L’analisi statistica effettuata
(t-test, p<0.05) ha permesso di confrontare ogni singolo ritardo della TMS, separatamente per le due
posizioni (destra-sinistra) in cui lo stimolo compare. La graduale riduzione di eccitabilità dell’SCS
quando il soggetto esegue una saccade a destra rispetto alla baseline, è evidente se la latenza della
saccade cade nell’intervallo 180-420 ms e scompare nelle saccadi più tardive. E’ possibile quindi
concludere che non solo le variazioni di eccitabilità osservate sono correlate all’effettiva esecuzione
della saccade ma che esse dipendono dalla prontezza con cui i soggetti eseguono il movimento
oculare. Infatti, le saccadi che hanno una latenza superiore a 400 ms sono da ascrivere ad un basso
livello attentivo del soggetto durante il compito.
Figura 5: T-test eseguito sui valori dei PEM normalizzati. L’analisi è stata eseguita per tutti i singoli ritardi con cui la
TMS scarica, in funzione del lato di comparsa dello stimolo visivo.
Come ultima analisi, abbiamo studiato le variazioni di eccitabilità calcolando le ampiezze medie dei
PEM in relazione all’inizio della saccade invece che alla presentazione degli stimoli.
La fig. 6,
mostra i dati dei soggetti così ottenuti, in cui, al valore “0” corrisponde, sull’asse dei tempi,
l’inizio della saccade. Si nota come, nelle saccadi con latenza compresa tra 200-400 ms, dopo pochi
millisecondi dall’inizio del movimento oculare, e’ evidente una maggiore inibizione
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dell’eccitabilità’ dell’SCS quando il soggetto esegue una saccade verso destra. Questa inibizione
scompare completamente nelle saccadi tardive. Questa differente modulazione di eccitabilità
dell’SCS, che si verifica circa 120 ms dopo l’inizio della saccade, lascia pensare che l’effetto
trovato sia dovuto all’esecuzione della saccade.
Figura 6: T-test sui valori normalizzati dei PEM raggruppati facendo riferimento all’inizio del movimento oculare, in
funzione del lato di comparsa dello stimolo visivo.
Conclusioni
Il dover attendere la comparsa dello stimolo per decidere se eseguire o no la saccade verso il
bersaglio, induce, nel muscolo FDI, nei compiti di GO, un’inibizione dell’eccitabilità dell’SCS del
braccio a riposo. Questa inibizione è maggiore quando il soggetto esegue una saccade a destra,
rispetto a quando il movimento richiesto è a sinistra. Considerando il fatto che, il muscolo FDI è un
abduttore del dito indice, il cui reclutamento è previsto nel puntamento di un oggetto che compare a
sinistra, la minore riduzione di eccitabilità dell’SCS del braccio a riposo quando lo stimolo compare
a sinistra, conferma le conclusioni tratte dai dati presentati nelle precedenti relazioni di dottorato,
avvalorando l’ipotesi dell’esistenza di un piano motorio sotto soglia del braccio a riposo, che si
attiva in conseguenza al movimento degli occhi. Inoltre, raggruppando le saccadi in funzione delle
latenze, abbiamo potuto osservare come, la riduzione di eccitabilità dell’SCS del braccio a riposo,
dopo circa 600 ms dalla comparsa dello stimolo visivo, dipenda dal ritardo con cui i soggetti
iniziano il movimento oculare. Questo ci suggerisce che l’effetto osservato, non solo è legato al
movimento oculare, ma è anche dipendente dal grado di attenzione che il soggetto mantiene durante
la prova. Il fatto che nei compiti di NOGO, non si riscontri una significativa differenza
nell’eccitabilità dell’SCS dell’arto superiore a riposo, ci porta ad escludere che l’effetto trovato
possa essere dovuto allo stimolo presentato e non al movimento oculare eseguito. E’nostra
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intenzione iniziare una nuova sessione sperimentale per cercare di chiarire meglio i dati emersi. Il
paradigma sperimentale che utilizzeremo e’ simile a quello descritto nella parte dedicata ai metodi.
L’unica differenza saranno le istruzioni che daremo ai soggetti. I partecipanti dovranno eseguire
esclusivamente compiti di GO, nei quali chiederemo loro di eseguire anche un’antisaccade. In
questo modo, se e’ effettivamente il movimento degli occhi che induce le modulazioni
dell’eccitabilità’ dell’SCS dell’arto, ci aspetteremo di riscontrare una modulazione nell’ampiezza
dei PEM, specifica per la direzione dello sguardo e non per il lato di comparsa dello stimolo.
14
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