LA PERCEZIONE
Il processo della percezione è inteso come l’elaborazione cognitiva dell’informazione sensoriale ed è il
risultato di processi complessi che si realizzano implicitamente. Ciò significa che noi percepiamo la realtà
che ci circonda con un processo di integrazione delle varie parti degli stimoli che organizziamo in forme
dotate di significato.
Lo stimolo, ad esempio visivo (la funzione visiva è la più studiata nel campo della percezione), arriva alla
soglia dei recettori sensoriali, posti nella retina(coni, bastoncelli ed altri recettori specifici) che operano
una prima elaborazione, poi percorre il nervo ottico ed arriva all’area corticale specializzata Quest’area
elabora il segnale e lo “rende” in una forma con un significato. Questo processo è inconsapevole.
Il prodotto cognitivo della percezione deriva da un’elaborazione delle informazioni sensoriali delle aree
corticali specializzate. La percezione è frutto di una complessa elaborazione corticale delle caratteristiche
fisiche dello stimolo, ad esempio, visivo: forma, orientamento, colore. Questo processo è inevitabilmente
legato agli altri processi cognitivi, quali la memoria (per il riconoscimento si compara il percetto con le
tracce mnestiche), il linguaggio e l’immaginazione per la categorizzazione, l’attenzione (che funge da filtro
selettivo) ed il pensiero per la metapercezione.
Il processo della funzione visiva è virtualmente diviso in due parti:
 uno stadio primario dell’analisi della forma o della descrizione strutturale, dove si
analizzano le caratteristiche fisiche dello stimolo (colore, forma, orientamento);
 uno stadio secondario in cui si ha l’elaborazione cognitiva ed il confronto del risultato,
per cui si ricostruisce l’oggetto e gli si dà un significato, appellandosi alle tracce
mnestiche e al processo di categorizzazione. Questo processo di matching delle parti
e del tutto può avvenire con un’elaborazione guidata dai dati (bottom-up) oppure con
un’elaborazione guidata dai concetti (top-down), per cui si formula un’elaborazione di
maggior probabilità.
Nello stadio primario la caratteristica fisica che sembra aver maggiore importanza per il riconoscimento di
uno stimolo è la forma. L’analisi delle caratteristiche fisiche dello stimolo viene compiuta da gruppi di
neuroni specializzati, posti nell’area corticale specializzata, che scansionano frequenza spaziale, lunghezza
d’onda, orientamento e movimento.
L’ultima fase del processo di percezione visiva è la categorizzazione dello stimolo, ossia il suo
etichettamento secondo proprietà specifiche del sistema cognitivo, dopo esser stato confrontato con le
tracce prototipiche presenti in memoria.
Fino ai primi anni del Novecento si credeva che la percezione fosse il risultato della somma delle varie
caratteristiche fisiche dello stimolo. Secondo questo modello teorico, detto sensista, i cui maggiori
esponenti erano Wundt e Fechner, la più piccola unità percettiva è costituita dalla sensazione elementare.
Esisterebbe un’equivalenza tra afferenza sensoriale e fenomenologia percettiva.
La scuola della Gestalt respinse questo modello e sostenne che la percezione è il risultato di
un’organizzazione globale delle varie parti. Attraverso il metodo della scuola della Gestalt si sono, fra
l’altro, spiegati alcuni fenomeni come le percezioni illusorie (triangolo di Kanisza) e le figure reversibili
(quercia dei reali associati di Bartlett).
Altre teorie, più recenti, trattano l’identificazione indipendente dal punto di vista (Marr) oppure la
memorizzazione con l’orientamento specifico.
La teoria più recente è quella di Biederman (teoria dei geoni) che sostiene il riconoscimento tramite la
comparazione con solidi di forme diverse (geoni, appunto) che rendono la forma significativa.
Una teoria di notevole credito fu quella dell’analisi delle caratteristiche, per cui neuroni diversi sono
specializzata in operazioni diverse, in accordo con le scoperte di Hubel e Wiesel, e lo stimolo viene definito
in base alle sue caratteristiche peculiari, teoria che mutua da quella delle assemblee cellulari di Hebb.
Lo studio della percezione dello stadio primario, quello dell’analisi della forma e descrizione strutturale, fu
rivoluzionato da Wertheimer (uno dei maggiori esponenti della Gestalt con Kofka e Kolher), il quale
dimostrò che la percezione non è la somma dei singoli elementi ma la strutturazione di quelli elementi in
un insieme organizzato, una forma (Gestalt), appunto. Con l’esperimento del movimento apparente, lo
studioso dimostrò che l’organizzazione prevale sugli elementi e li struttura in una forma che si stac ca dallo
sfondo, cioè dal campo di stimolazione. Wertheimer descrisse varie leggi dell’organizzazione percettiva, fra
cui quella della vicinanza (elementi vicini sono percepiti come un insieme) e quella della chiusura (di
fronte a dei frammenti di figura si tende a chiudere e a percepire la figura intera).
I metodi d’indagine sono, principalmente, quelli degli ERP, i potenziali evocati nelle aree corticali
specializzate in presenza di uno stimolo, per cui si ha P100 quando lo stimolo raggiunge le strutture
sensoriali, P300 quando si ha l’elaborazione cognitiva dello stimolo, P400 risposta molto più complessa dal
punto di vista cognitivo. La grande utilità del metodo di indagine con gli ERP si ha nel campo della
patologia. Ma anche da un punto di vista fisiologico si sono fatte scoperte interessanti. In un esperimento
descritto nel manuale di psicologia generale di Mecacci, emergeva che nel compito di riconoscimento dello
stimolo si ha una sorta di riconoscimento “inconscio”. Ai soggetti era chiesto di ricono scere delle figure
frammentate e per le figure già viste, vecchie, l’onda di riconoscimento appariva già quando i soggetti
rispondevano che non avevano ancora riconosciuto la figura.