L’alimentazione nel post-operatorio: il digiuno è necessario? Com’è: “Mangerà quando starà meglio”. Come deve essere: “Quando starà meglio mangerà da solo, nel frattempo…..” Formaggini,L. DMV Clinica Veterinaria “Lago Maggiore” C.so Cavour, 3 – 28040 Dormelletto (NO) Italia Tel +39 0322243716, Fax +39 0322232756 e-mail [email protected] Nonostante sia acquisizione comune che una adeguata alimentazione sia necessaria per il mantenimento dello stato di salute, per decenni la medicina ha accettato il digiuno in pazienti traumatizzati, settici o reduci da interventi chirurgici. Questa pratica (cattiva pratica) non solo non trova nessun fondamento nella moderna scienza medica, ma è stata dimostrata essere una delle cause di malnutrizione proteico-calorica presente ancora oggi nei pazienti ospedalizzati sia in medicina umana che in medicina veterinaria. A questo proposito è necessario prevedere l’instaurarsi di stati di malnutrizione prendendo in considerazione: - la malnutrizione si instaura nel paziente malato dopo 3-5 giorni di digiuno - danni subiti (traumi facciali, incapacità di prensione, masticazione, deglutizione); - dolore; - eccessiva perdita proteica (drenaggi peritoneali, ferite aperte o essudanti); - stati di anoressia da meno di 3 giorni (animali piccoli hanno un metabolismo accelerato); - esami di laboratorio (indicazione relative date da diminuzione di albumine, linfociti, capacità totale di legame del Fe, aumento dell’attività della CK). - METABOLISMO DEL PAZIENTE IN STATO DI STRESS (trauma/chirugia/sepsi) Il concetto di stress (= sforzo, tensione) è stato introdotto in Medicina dal canadese Hans Selye al fine di esprimere il conflitto tra uno stimolo aggressivo (es. trauma, chirurgia, sepsi, dolore) e la risposta dell’organismo. Nella risposta allo stress, il metabolismo del paziente si modifica in modo radicale, rispetto a quanto si verifica in caso di digiuno semplice. Al contrario di quanto succede in quest’ultimo caso, la risposta allo stress NON è finalizzata al risparmio energetico e alla conservazione delle scorte, bensì ha come necessità prioritaria quella di compensare l’aumento delle richieste metaboliche derivanti dal trauma/chirurgia. La risposta dell’organismo ad uno stimolo stressante viene tipicamente suddivisa in 3 fasi o periodi: 1. Fase di riflusso o di declino ( in inglese ebb): immediatamente successiva al trauma, caratterizzata da una depressione di tutte le attività vitali (metabolismo, temperatura, portata cardiaca). Viene associata allo stato di shock. 2. Fase di flusso (in inglese flow): è caratterizzata da una esaltazione di tutte le attività vitali, dall’aumento delle richieste energetiche basali e da uno spiccato catabolismo proteico (fase catabolica). In questa fase si rende necessario a volte l’intervento nutrizionale. 3. Infine, nella fase di guarigione si assiste ad un adattamento dell’organismo che riprende un corretto utilizzo dei substrati energetici (come nel digiuno semplice) e ripristina le riserve organiche (fase anabolica). La reazione al trauma innesca diverse situazioni riconducibili schematicamente a due alterazioni: a. Alterazioni endocrine (Tab 1) b. Alterazioni metaboliche (Tab 2) L’adattamento allo stress è mediato fondamentalmente da ipofisi e surrene e si manifesta con aumentata liberazione di ormoni ad azione catabolica (es catecolamine). Adrenalina e noradrenalina stimolano a loro volta il rilascio di corticosteroidi e di glucagone al fine di mobilizzare substrati ossidabili (zuccheri) in risposta alle aumentate richieste energetiche. A questa situazione di aumentata richiesta energetica si accompagna però ad uno stato simil-diabetico con iperglicemia. Questa è determinata da un aumento del rilascio di glucosio da parte del fegato (catecolamine) e da una insulino-resistenza che provoca una ridotta utilizzazione del glucosio a livello muscolare (intolleranza al glucosio nello stato di stresss). La glicemia elevata induce una ulteriore secrezione di insulina da parte del pancreas. L’iper-insulinemia da un lato non riesce a superare la resistenza del tessuto muscolare, dall’altro agisce normalmente sul tessuto adiposo riducendo la lipolisi e di conseguenza la disponibilità di acidi grassi e corpi chetonici come fonti di energia alternativa. Questo si riflette sul bisogno di energia del tessuto muscolare, che, venendo a mancare l’utilizzo del glucosio (insulino resistenza) e venedo a mancare la fonte lipidica (mancata lipogenesi per iperinsulinemia) si trova costretto a mobilizzare l’unica fonte di energia utilizzabile: le proteine e cioè se stesso. Il catabolismo proteico risulta peraltro indispensabile nella fase di risposta allo stress in quanto la miscela di aminoacidi liberata in seguito alla proteolisi muscolare viene trasportata al fegato e utilizzata per la sintesi delle proteine della fase acuta (immunoglobuline, ormoni, fibrinogeno etc etc) e per la neoglucogenesi. In questo modo si viene a creare un circolo vizioso nel quale la demolizione proteica supera la capacità di sintesi dell’organismo. Il risultato netto di tutta questa situazione è un aumento del fabbisogno energetico basale ed un aumento dell’escrezione di urea urinaria (bilancio azotato negativo). La durata e la gravità della fase acuta catabolica è in funzione di una serie di variabili: - Tipo di trauma - Gravità del trauma - Associazione a dolore e shock - Complicanze settiche - Condizioni precedenti del paziente (stato nutrizionale e malattie metaboliche) - Tipo di intervento terapeutico e nutrizionale sul paziente Se l’intestino funziona, usalo!! L’intervento nutrizionale si propone di: - Ridurre il deficit energetico muscolare - Diminuire le perdite azotate - Sostenere la sintesi proteica - Reintegrare (nella fase di guarigione) la massa corporea magra - Controllare l’equilibrio idro-elettrolitico Riassumendo, nell’ipermetabolismo le richieste metaboliche a riposo sono aumentate, il Quoziente Respiratorio è elevato (0,8-0,9 contro lo 0,6-0,7 nel digiuno semplice) a dimostrazione che i substrati utilizzati dall’organismo sono misti e non solo rappresentati dai grassi; i corpi chetonici sono assenti mentre sono particolarmente attivi tutti i processi catabolici e di sintesi; sono presenti elevate perdite azotate; elevato è anche il consumo di ossigeno. Dal punto di vista clinico, il paziente ipermetabolico si presenta con febbre, tachipnoico (per eliminare l’anidride carbonica prodotta in gran quantità), tachicardico, inotropismo elevato, basse resistenze vascolari periferiche (esaltazione del trasporto dell’ossigeno). Sono presenti anche leucocitosi, iperlattacidemia, iperazotemia e elevata escrezione urinaria dell’azoto. Caratterizzati da questa descrizione possono essere, tra gli altri, tutti i pazienti sottoposti ad interventi chirurgici di una certa entità, i pazienti traumatizzati, quelli affetti da Sindrome da Risposta Infiammatoria Sistemica (SIRS) e quelli colpiti da Disfunzione Organica Multipla (MOD). La malnutrizione è importante perché può essere una causa indiretta di morte. Casi di malnutrizione estrema vengono rilevati di solito in pazienti oncologici, ma esiste anche una malnutrizione subclinica, quella che ad esempio è in grado di complicare un’altra malattia, o quella che può instaurarsi repentinamente in un paziente traumatizzato o settico o chirurgico grave, cioè quella presente in tutti quei soggetti ipermetabolici. Le sequele della malnutrizione sono rappresentate da: - Ipoproteinemia ed edemi tissutali - Ipovolemia e diminuzione della perfusione tissutale - Ritardo di cicatrizzazine di ferite e ritardo nella formazione del callo osseo - Aumento del rischio di infezioni sistemiche - Insufficienza respiratoria ed edema polmonare Tutto questo determina come conseguenze una ospedalizzazione più lunga (aumento dei costi), un aumento della morbilità e della mortalità e una convalescenza più lunga. L’intervento nutrizionale si propone primariamente di nutrire il catabolismo limitando così i danni provocati dalla risposta neuroendocrina e catabolica allo stress e solo in un secondo tempo (fase di guarigione) di reintegrare le riserve energetiche e proteiche consumate a seguito di un digiuno protratto e spesse volte ingiustificato. Numerosi studi condotti in medicina umana hanno dimostrato che l’alimentazione precoce (entro 24-48 ore dall’accettazione) riduce il rischio di sepsi; peraltro, è indispensabile correggere le alterazioni emodinamiche e idroelettrolitiche prima di iniziare l’intervento nutrizionale. “E’ importante nutrire sia il piccolo intestino che il paziente” E’ fuori dubbio l’importanza che riveste l’integrità del tratto gastroenterico in pazienti traumatizzati, non solo per l’assorbimento dei nutrienti ma anche come barriera nei confronti dei batteri intestinali e dalle loro tossine. Batteri e tossine a seguito del mancato trofismo della mucosa intestinale possono traslocare innescando così una SIRS. La nutrizione enterale (NE) promuove la crescita degli enterociti, migliora la produzione enzimatica e la funzione immunitaria intestinale e mantiene la barriera mucosale. Di conseguenza la NE è sempre da preferire alla nutrizione parenterale (NP). In alcuni rari casi, tuttavia, viene raccomandata la NP: pazienti che vomitano oppure pazienti con stato del sensorio depresso (trauma cranico) per cui incapaci di proteggere le proprie vie aeree. In questi pazienti, peraltro, esiste la possibilità di intraprendere una nutrizione di tipo enterale utilizzando sonde naso-digiunali o digiunostomiche, riducendo in questo modo il rischio legato al vomito. In conclusione, il paziente colpito da trauma/chirurgia/sepsi, non solo non beneficia in alcun modo dal digiuno, ma oltretutto necessita di un adeguato apporto sia qualitativo che quantitativo in nutrienti semplici o complessi. Ogniqualvolta sia possibile la nutrizione enterale è da preferire a quella parenterale. Ciò non toglie che possano essere utilizzate entrambe contemporaneamente. Tabella 1 ALTERAZIONI ENDOCRINE NEL PAZIENTE IN STATO DI STRESS Aumentata screzione di ormoni catabolici - Catecolamine (adrenalina e noradrenalina) - Ormone adrenocorticotropo (ACTH) e crticosteroidi (cortisolo e aldosterone) - GH - Glucagone - TSH - ADH Tabella 2 ALTERAZIONI METABOLICHE NEL PAZIENTE IN STATO DI STRESS - Aumentate richieste energetiche - Insulino-resistenza e intolleranza muscolare al glucosio - Proteolisi e neoglucogenesi da aminoacidi e altri substrati