L`alimentazione nel post-operatorio

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International Congress of
the Italian Association of Companion
Animal Veterinarians
May 19 – 21 2006
Rimini, Italy
Next Congress :
62nd SCIVAC International Congress
&
25th Anniversary of the SCIVAC Foundation
May 29-31, 2009 - Rimini, Italy
Reprinted in IVIS with the permission of the Congress Organizers
53° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC
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This manuscript is reproduced in the IVIS website with the permission of the Congress Organizing Committee
L’alimentazione nel post-operatorio:
il digiuno è necessario?
Luca Formaggini
Med Vet, Dormelletto (NO)
Nonostante sia acquisizione comune che una adeguata alimentazione sia necessaria per il mantenimento dello stato di
salute, per decenni la medicina ha accettato il digiuno in
pazienti traumatizzati, settici o reduci da interventi chirurgici. Questa pratica (cattiva pratica) non solo non trova nessun
fondamento nella moderna scienza medica, ma è stata dimostrata essere una delle cause di malnutrizione proteico-calorica presente ancora oggi nei pazienti ospedalizzati sia in
medicina umana che in medicina veterinaria. A questo proposito è necessario prevedere l’instaurarsi di stati di malnutrizione prendendo in considerazione:
- la malnutrizione si instaura nel paziente malato dopo 3-5
giorni di digiuno
- danni subiti (traumi facciali, incapacità di prensione, masticazione, deglutizione);
- dolore;
- eccessiva perdita proteica (drenaggi peritoneali, ferite aperte o essudanti);
- stati di anoressia da meno di 3 giorni (animali piccoli hanno
un metabolismo accelerato);
- esami di laboratorio (indicazione relative date da diminuzione di albumine, linfociti, capacità totale di legame del
Fe, aumento dell’attività della CK).
- METABOLISMO DEL PAZIENTE IN STATO DI STRESS
(trauma/chirugia/sepsi)
Il concetto di stress (= sforzo, tensione) è stato introdotto
in Medicina dal canadese Hans Selye al fine di esprimere il
conflitto tra uno stimolo aggressivo (es. trauma, chirurgia,
sepsi, dolore) e la risposta dell’organismo. Nella risposta
allo stress, il metabolismo del paziente si modifica in modo
radicale, rispetto a quanto si verifica in caso di digiuno semplice. Al contrario di quanto succede in quest’ultimo caso, la
risposta allo stress NON è finalizzata al risparmio energetico e alla conservazione delle scorte, bensì ha come necessità prioritaria quella di compensare l’aumento delle richieste
metaboliche derivanti dal trauma/chirurgia.
La risposta dell’organismo ad uno stimolo stressante viene tipicamente suddivisa in 3 fasi o periodi:
1. Fase di riflusso o di declino (in inglese ebb): immediatamente successiva al trauma, caratterizzata da una depressione di tutte le attività vitali (metabolismo, temperatura,
portata cardiaca). Viene associata allo stato di shock.
2. Fase di flusso (in inglese flow): è caratterizzata da una
esaltazione di tutte le attività vitali, dall’aumento delle
richieste energetiche basali e da uno spiccato catabolismo
proteico (fase catabolica). In questa fase si rende necessario a volte l’intervento nutrizionale.
3. Infine, nella fase di guarigione si assiste ad un adattamento dell’organismo che riprende un corretto utilizzo dei
substrati energetici (come nel digiuno semplice) e ripristina le riserve organiche (fase anabolica).
La reazione al trauma innesca diverse situazioni riconducibili schematicamente a due alterazioni:
a. Alterazioni endocrine (Tab. 1)
b. Alterazioni metaboliche (Tab. 2)
L’adattamento allo stress è mediato fondamentalmente da
ipofisi e surrene e si manifesta con aumentata liberazione di
ormoni ad azione catabolica (es catecolamine). Adrenalina e
noradrenalina stimolano a loro volta il rilascio di corticosteroidi e di glucagone al fine di mobilizzare substrati ossidabili (zuccheri) in risposta alle aumentate richieste energetiche.
A questa situazione di aumentata richiesta energetica si accompagna però ad uno stato simil-diabetico con iperglicemia.
Questa è determinata da un aumento del rilascio di glucosio
da parte del fegato (catecolamine) e da una insulino-resistenza che provoca una ridotta utilizzazione del glucosio a livello muscolare (intolleranza al glucosio nello stato di stresss).
La glicemia elevata induce una ulteriore secrezione di insulina da parte del pancreas. L’iper-insulinemia da un lato non
Tabella 1
ALTERAZIONI ENDOCRINE
NEL PAZIENTE IN STATO DI STRESS
Aumentata screzione di ormoni catabolici
- Catecolamine (adrenalina e noradrenalina)
- Ormone adrenocorticotropo (ACTH) e crticosteroidi
(cortisolo e aldosterone)
- GH
- Glucagone
- TSH
- ADH
Tabella 2
ALTERAZIONI METABOLICHE
NEL PAZIENTE IN STATO DI STRESS
- Aumentate richieste energetiche
- Insulino-resistenza e intolleranza muscolare al glucosio
- Proteolisi e neoglucogenesi da aminoacidi e altri substrati
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riesce a superare la resistenza del tessuto muscolare, dall’altro agisce normalmente sul tessuto adiposo riducendo la lipolisi e di conseguenza la disponibilità di acidi grassi e corpi
chetonici come fonti di energia alternativa. Questo si riflette
sul bisogno di energia del tessuto muscolare, che, venendo a
mancare l’utilizzo del glucosio (insulino resistenza) e venedo
a mancare la fonte lipidica (mancata lipogenesi per iperinsulinemia) si trova costretto a mobilizzare l’unica fonte di energia utilizzabile: le proteine e cioè se stesso.
Il catabolismo proteico risulta peraltro indispensabile nella
fase di risposta allo stress in quanto la miscela di aminoacidi
liberata in seguito alla proteolisi muscolare viene trasportata al
fegato e utilizzata per la sintesi delle proteine della fase acuta
(immunoglobuline, ormoni, fibrinogeno etc etc) e per la neoglucogenesi. In questo modo si viene a creare un circolo vizioso nel quale la demolizione proteica supera la capacità di sintesi dell’organismo. Il risultato netto di tutta questa situazione è
un aumento del fabbisogno energetico basale ed un aumento
dell’escrezione di urea urinaria (bilancio azotato negativo).
La durata e la gravità della fase acuta catabolica è in funzione di una serie di variabili:
- Tipo di trauma
- Gravità del trauma
- Associazione a dolore e shock
- Complicanze settiche
- Condizioni precedenti del paziente (stato nutrizionale e
malattie metaboliche)
- Tipo di intervento terapeutico e nutrizionale sul paziente
Se l’intestino funziona, usalo!!
L’intervento nutrizionale si propone di:
Ridurre il deficit energetico muscolare
Diminuire le perdite azotate
Sostenere la sintesi proteica
Reintegrare (nella fase di guarigione) la massa corporea
magra
- Controllare l’equilibrio idro-elettrolitico
Riassumendo, nell’ipermetabolismo le richieste metaboliche a riposo sono aumentate, il Quoziente Respiratorio è
elevato (0,8-0,9 contro lo 0,6-0,7 nel digiuno semplice) a
dimostrazione che i substrati utilizzati dall’organismo sono
misti e non solo rappresentati dai grassi; i corpi chetonici
sono assenti mentre sono particolarmente attivi tutti i processi catabolici e di sintesi; sono presenti elevate perdite
azotate; elevato è anche il consumo di ossigeno. Dal punto
di vista clinico, il paziente ipermetabolico si presenta con
febbre, tachipnoico (per eliminare l’anidride carbonica
prodotta in gran quantità), tachicardico, inotropismo elevato, basse resistenze vascolari periferiche (esaltazione del
trasporto dell’ossigeno).
Sono presenti anche leucocitosi, iperlattacidemia, iperazotemia e elevata escrezione urinaria dell’azoto. Caratterizzati da questa descrizione possono essere, tra gli altri,
tutti i pazienti sottoposti ad interventi chirurgici di una certa entità, i pazienti traumatizzati, quelli affetti da Sindrome
da Risposta Infiammatoria Sistemica (SIRS) e quelli colpiti da Disfunzione Organica Multipla (MOD).
La malnutrizione è importante perché può essere una
causa indiretta di morte. Casi di malnutrizione estrema
vengono rilevati di solito in pazienti oncologici, ma esiste
-
anche una malnutrizione sub-clinica, quella che ad esempio è in grado di complicare un’altra malattia, o quella che
può instaurarsi repentinamente in un paziente traumatizzato o settico o chirurgico grave, cioè quella presente in tutti
quei soggetti ipermetabolici.
“È importante nutrire
sia il piccolo intestino che il paziente”
Le sequele della malnutrizione sono rappresentate da:
- Ipoproteinemia ed edemi tissutali
- Ipovolemia e diminuzione della perfusione tissutale
- Ritardo di cicatrizzazine di ferite e ritardo nella formazione del callo osseo
- Aumento del rischio di infezioni sistemiche
- Insufficienza respiratoria ed edema polmonare
Tutto questo determina come conseguenze una ospedalizzazione più lunga (aumento dei costi), un aumento della
morbilità e della mortalità e una convalescenza più lunga.
L’intervento nutrizionale si propone primariamente di
nutrire il catabolismo limitando così i danni provocati dalla
risposta neuroendocrina e catabolica allo stress e solo in un
secondo tempo (fase di guarigione) di reintegrare le riserve
energetiche e proteiche consumate a seguito di un digiuno
protratto e spesse volte ingiustificato.
Numerosi studi condotti in medicina umana hanno dimostrato che l’alimentazione precoce (entro 24-48 ore dall’accettazione) riduce il rischio di sepsi; peraltro, è indispensabile correggere le alterazioni emodinamiche e idroelettrolitiche prima di iniziare l’intervento nutrizionale. È fuori
dubbio l’importanza che riveste l’integrità del tratto
gastroenterico in pazienti traumatizzati, non solo per l’assorbimento dei nutrienti ma anche come barriera nei confronti dei batteri intestinali e dalle loro tossine. Batteri e tossine a seguito del mancato trofismo della mucosa intestinale possono traslocare innescando così una SIRS. La nutrizione enterale (NE) promuove la crescita degli enterociti,
migliora la produzione enzimatica e la funzione immunitaria intestinale e mantiene la barriera mucosale. Di conseguenza la NE è sempre da preferire alla nutrizione parenterale (NP). In alcuni rari casi, tuttavia, viene raccomandata la
NP: pazienti che vomitano oppure pazienti con stato del
sensorio depresso (trauma cranico) per cui incapaci di proteggere le proprie vie aeree. In questi pazienti, peraltro, esiste la possibilità di intraprendere una nutrizione di tipo
enterale utilizzando sonde naso-digiunali o digiunostomiche, riducendo in questo modo il rischio legato al vomito. In
conclusione, il paziente colpito da trauma/chirurgia/ sepsi,
non solo non beneficia in alcun modo dal digiuno, ma oltretutto necessita di un adeguato apporto sia qualitativo che
quantitativo in nutrienti semplici o complessi. Ogniqualvolta sia possibile la nutrizione enterale è da preferire a quella
parenterale. Ciò non toglie che possano essere utilizzate
entrambe contemporaneamente.
Bibliografia disponibile presso l’Autore
Indirizzo per la corrispondenza:
Luca Formaggini - Clinica Veterinaria “Lago Maggiore”
C.so Cavour, 3 - 28040 Dormelletto (NO) Italia
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