18,45 Monitoraggio della contaminazione da OGM delle principali coltivazioni di interesse agrario attraverso lo studio della matrice polline raccolto dalle api D. Tesoriero 19,00 Discussione 19,30 CENA MERCOLEDI’ 28 NOVEMBRE IV SESSIONE: ANALISI MOLECOLARE DELLA BIODIVERSITÀ Coordinatore: A. M. Stanca - CRA 09,00 Il suolo e le biotecnologie S. Mocali 09,15 Marcatori molecolari per l’identificazione di nematodi e artropodi di interesse fitosanitario T. Irdani, E. Cosi, S. Simoni, P. F. Roversi 09,30 Il germoplasma olivicolo italiano: caratterizzazione molecolare e valorizzazione dei genotipi E. Perri, I. Muzzalupo 09,45 Messa a punto di tecniche di biologia molecolare per l’identificazione e caratterizzazione di lieviti e batteri. Applicazioni nel settore enologico E. Garcia-Moruno 10,00 Dal progetto “Approcci genomici” a “ Vigna”: un percorso per lo sviluppo di strumenti molecolari utili alla caratterizzazione dei vitigni M. Crespan 10,15 Discussione 10,45 Applicazione della tecnica AFLP in fluorescenza per l’ identificazione varietale di genotipi di frumento duro F. Sciacca 11,00 Analisi della variabilità nel genere Nicotiana e caratterizzazione di funghi fitopatogeni L. Del Piano, R. Caiazzo, E. Lahoz 11,15 Prunus avium L. e Abies nebrodensis (Lojac) Mattei: due specie forestali da impiegare come modelli in vista del cambiamento climatico F. Ducci, A. De Rogatis, S. Guerri, R. Proietti 11,30 Caratterizzazione di Apis mellifera sicula mediante monitoraggio genetico delle popolazioni apistiche del Mediterraneo e creazione di un database genetico rappresentativo della biodiversità della razza ligustica M. Lodesani 11,45 Le ricerche di biotecnologie avanzate presso l’Unità di ricerca per la Frutticoltura di Caserta M. Buccheri, G. Delia, M. Petriccione 12,00 Discussione 12,30 Bioinformatica e Systems Biology P. Faccioli, V. Baldassarre 12,45 Conclusioni – Stefano Bisoffi – Direttore Scientifico CRA Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive Hotel Regina Largo Roma 3 Salsomaggiore Terme (PR) Tel 0524 571611 Fax 0524 576941 Informazioni e segreteria organizzativa Dott.ssa Primetta Faccioli Tel. 0523 983758-9 Fax 0523 983750 e-mail [email protected] www.entecra.it Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Hotel Regina Largo Roma 3 LUNEDÌ 26 NOVEMBRE 12,00 REGISTRAZIONE 14,30 Apertura dei lavori Romualdo Coviello – Presidente CRA A.M. Stanca – CRA I SESSIONE: FUNZIONE GENICA Coordinatore: N. Di Fonzo - CRA 15,00 Analisi funzionale del genoma in pianta modello e di interesse agrario L. Cattivelli, F. Rizza, C. Crosatti, C. Marè, F. Badeck, A. Tondelli, A. Aprile, D. Guerra, C. Campoli, S. Pastorelli 15,15 Interazione ospite-patogeno: trasformazione del fungo e analisi dei profili trascrizionali A. Infantino, A. Belisario 15,30 Risposta di resistenza ai patogeni: geni effettori, geni recettori e della trasduzione del segnale – induzione di RNA interference M. Pilotti, S. Loreti, V. Ilardi 15,45 Analisi funzionale di geni coinvolti nei meccanismi di resistenza a stress e nella determinazione della qualità in frumento duro D. Trono, A.M. De Leonardis, L. Canfora, A. Verlotta, V. De Simone, P. De Vita, A.M. Mastrangelo, E. Mazzucotelli, L. Cattivelli 16,00 Canapa, Bietola e Agronanotecnologie. Applicazioni della genomica a specie di interesse industriale G. Mandolino, V.M.C. Moliterni, D. Pacifico 16,15 La genomica funzionale per il miglioramento genetico degli agrumi G. Reforgiato Recupero, G. Russo, S. Recupero, P. Russo, C. Licciardello, P. Cotroneo, P. Caruso, D. Pietro Paolo 16,30 Analisi dell’espressione genica durante il processo di maturazione dell’ uva tramite le tecniche dei microarray e della PCR quantitativa B. De Nardi 16,45 Meccanismi epigenetici nella regolazione dell’ attività genomica in mais V. Rossi, H. Hartings, M. Lauria, S. Locatelli, M. Motto 17,00 Discussione II SESSIONE - MOLECULAR BREEDING (I^parte) Coordinatore: P. Ranalli - CRA 17,30 MAS, mappaggio fine e clonaggio per posizione di geni G. Valè, G. Tacconi, D. Barabaschi, D. Bulgarelli, L. Bernardo, S. Urso 17,45 Sviluppo di una piattaforma genomica per la costruzione di mappe genetiche e l’impiego di marcatori molecolari in programmi di selezione assistita in frumento duro A.M. Mastrangelo, D. Marone, M.A. Russo, A. Nicosia, G. Laidò, G. Panio, V. Menzo, P. De Vita, P. Ferragonio, V. Giovaniello, C. Riefolo, L. Cattivelli 18,00 Coniugare genomica e pedigree per individuare sequenze geniche utili A. Carboni, F. Del Bianco, B. Parisi 18,15 Discussione 19,30 CENA 21,00 Seminario - Carlo Soave – Università di Milano “Tante correlazioni non fanno una prova” MARTEDI’ 27 NOVEMBRE II SESSIONE: MOLECULAR BREEDING (II^parte) 09,00 Studi biochimici di nuovi materiali di Solanum derivati da miglioramento genetico non convenzionale e genomica comparativa in Pseudomonas syringae pv Tomato e modelli di interazione pianta – batteri utili G. Mennella, M. Zaccardelli, A. D’Alessandro, F. Campanile, G. Francese, B. A. Vinatzer 09,15 Sviluppo e applicazione di marcatori per l’organogenesi e la qualità degli espianti nella micropropagazione di pero e pesco E. Caboni 09,30 Approcci molecolari nel miglioramento genetico delle specie arboree da frutto R. Quarta, M.T. Dettori, I. Verde 09,45 Approcci di genomica nel miglioramento genetico di specie frutticole M. Botoli, F. Brandi, D. Giovannini, A. Liverani, W. Faedi 10,00 Patologie della vite: caratterizzazione molecolare dei patogeni e studio dei geni implicati nelle interazioni vite-patogeno M. Borgo, I. Bazzo, N. Bertazzon, L. Filippin, V. Forte, O. Repetto, E. Angelini 10,15 Discussione 10,30 Genomica nelle leguminose foraggere: impiego di marcatori molecolari nella costituzione varietale di Medicago sativa L. e individuazione di geni d’interesse mediante approcci di forward e reverse genetics nella specie modello Medicago truncatula C. Scotti 10,45 Impiego di metodologie genetiche innovative per il miglioramento quali-qualitativo del seme di mais M. Motto. H. Hartings, M. Lauria, C. Balconi, V. Rossi, N. Berardo, N. Lazzaroni, M. Sturaro, R. Pirona 11,00 Genomica applicata al miglioramento genetico del genere Triticum A. Brandolini, M. Perenzin, P. Vaccino, M. Corbellino 11,15 Studio e impiego di marcatori genomici e funzionali nel miglioramento genetico del riso e genotipizzazione del germoplasma E. Lupotto, S. Cavigiolo, G. Valè, G. Sacconi, C. Lanzanova 11,30 Sviluppo di marcatori, mappe molecolari e studi di genomica funzionale in asparago, fagiolo, melanzana e peperone G.L. Rotino, A. Falavigna 11,45 Discussione 12,30 PRANZO 14,30 Isolamento genico e marcatori molecolari per la caratterizzazione varietale e la selezione assistita su ornamentali A. Allavena, A. Giovannini, A. Mercuri, B. Ruffoni 14,45 Applicazione di biotecnologie nel vivaismo ornamentale: ricerche in atto e prospettive future G. Burchi 15,00 Miglioramento genetico di specie orticole mediante l’impiego di tecnologie innovative V. Ferrari, N. Ficcadenti, N. Acciarri 15,15 Biotecnologie applicate al miglioramento genetico del pioppo G. Nervo, S. Zelasco, T. Collot, P. Calligari, L. Vietto 15,30 Discussione III SESSIONE: GENOMICA E QUALITA’ Coordinatore: R. Aleandri - CRA 16,00 Definizione degli standard molecolari per qualità, biosicurezza, tracciabilità, monitoraggio V. Terzi, A. Gianinetti, C. Morcia, F. Finocchiaro, B. Ferrari, S. Di Bernardini 16,15 Sviluppo di una piattaforma metabolomica per l’identificazione di composti ad alto valore biologico in cariossidi di frumento duro P. De Vita, R. Beleggia, C. Platani, F. Nigro, D. Ficco, M. Petrarulo, G. Borrelli, G. Nicastro, L. Cattivelli 16,30 La tessitura della cariosside dei cereali: basi genetiche, effetti ambientali e riflessi sulla qualità tecnologica e nutrizionale L. Gazza 16,45 Genomica e qualità: analisi dei geni implicati nel post-raccolta in patata e nell’uptake della barbabietola da zucchero coltivate in condizioni di ridotto/nullo input chimico P. Bagnaresi, A. Moschella, P. Stevanato, B. Parisi, F. Miselli, T. Baschieri, E. Biancardi 17,00 Discussione 17,45 La selezione per la qualità dei prodotti e il benessere animale attraverso strumenti avanzati di genomica, trascrittomica e proteomica: primi risultati e prospettive del progetto GENZOOT B. Moioli 18,00 Associazione tra indagine genomica e caratterizzazione fenotipica dell’animale per gli aspetti connessi alla resistenza alle patologie di allevamento ed alla qualità dei prodotti F.P. Abeni 18,15 Impiego della biologia molecolare per il miglioramento qualitativo di alimenti e prodotti zootecnici P. Del Serrone 18,30 Caratterizzazione molecolare di batteri di interesse alimentare: applicazioni nel settore lattiero caseario G. Giraffa “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Analisi funzionale del genoma in piante modello e di interesse agrario Luigi Cattivelli, Fulvia Rizza Cristina Crosatti, Caterina Marè, Franz Badeck, Alessandro Tondelli, Alessio Aprile, Davide Guerra, Chiara Campoli, Sandro Pastorelli CRA–(GPG) Centro di ricerca per la genomica e la postgenomica animale e vegetale di Fiorenzuola d’Arda (PC) Durante la presentazione vengono passati in rassegna alcune dei più recenti progressi nel settore della genomica e delle strategie di analisi post-genomiche. Si illustra lo sviluppo della genomica dall’avvento delle mappe molecolari saturate con i diversi tipi di marcatori molecolari riuniti in mappe di linkage che includono anche tratti di interesse agronomico per le specie industriali. Le mappe genetiche così create costituiscono la premessa per la selezione assistita, per studi di genomica comparativa e di indagine della struttura dei genomi delle specie vegetali, ampiamente sinteniche in special modo entro le famiglie delle principali piante coltivate. Il passaggio alle mappe fisiche costituisce poi la premessa sia per l’isolamento e il clonaggio basato sulla mappa di geni di interesse agronomico che per l’inizio del sequenziamento su larga scala del genoma. Vengono quindi discusse le varie strategie di analisi funzionale dei genomi, dal T-DNA tagging al PTGS e al TILLING, e vengono illustrate le tecniche di analisi del trascrittoma su scala genomica più recenti (microarrays). Infine, vengono passate in rassegna le strategie di analisi globale delle proteine codificate dai genomi (proteomica) e di analisi su vasta scala dei metaboliti sintetizzati come prodotto finale dell’attività dei geni (metabolomica). I prevedibili futuri sviluppi di queste strategie e delle loro integrazioni reciproche vengono infine brevemente discussi. 1 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Interazione ospite-patogeno: trasformazione del fungo e analisi dei profili trascrizionali Alessandro Infantino e Alessandra Belisario CRA-(PAV) Centro di ricerca per la patologia vegetale di Roma La comprensione dei meccanismi molecolari alla base del processo di infezione dei funghi fitopatogeni costituisce un fattore importante per la individuazione, nel patogeno, di nuovi target per il controllo chimico e, nella pianta, per la conoscenza di nuovi target sui quali interagire al fine di ridurre la suscettibilità al patogeno (es. detossificazione di tossine). Il PAV si occupa da diversi anni dello studio dell’interazione tra funghi fitopatogeni e specie erbacee di interesse agrario, tra le quali l’orzo, il pomodoro ed il melone. Gli studi hanno riguardato diverse malattie, in particolare: la striatura bruna dell’orzo, causata da Pyrenophora graminea, trasmissibile esclusivamente attraverso il seme, e due malattie trasmesse tramite il terreno, la radice suberosa del pomodoro, causata da Pyrenochaeta lycopersici e la tracheomicosi del melone, causata in Italia da Fusarium oxysporum f. sp. Melonis, principalmente dalla razza 1,2. Si tratta di patologie “emergenti”, già note da tempo in Italia, ma la cui incidenza è andata sempre più aumentando negli ultimi anni a seguito di diversi fattori tra i quali la coltivazione intensiva e reiterata, il divieto di utilizzo di alcuni fitofarmaci a largo spettro e la limitata disponibilità o assenza di valide fonti di resistenza genetica. Le malattie trasmesse per seme e attraverso il terreno hanno un notevole impatto negativo sulla produzione agricola. Tuttavia, il loro studio a livello molecolare ha ricevuto minore impulso rispetto a quelle fogliari. In particolare, alcune caratteristiche dei patogeni da noi studiati (assenza del teleomorfo, scarsa produzione di conidi, presenza di “razze fisiologiche”, ecc.) rendono poco agevole l’utilizzo di metodiche di genetica classica per lo studio dei deteminanti della virulenza. A tal fine, per una migliore conoscenza del processo infettivo, è stato seguito un approccio di tipo molecolare. Per P. graminea e per P. lycopersici è stato messo a punto un protocollo di trasformazione di protoplasti in presenza di PEG. In P. graminea ciò ha consentito l’utilizzo della mutagenesi inserzionale mediata da enzimi di restrizione (REMI), permettendo di ottenere un trasformante con ridotta virulenza causata dall’integrazione del vettore in una regione regolativa non trascritta del gene inattivato. Per lo studio in planta delle prime fasi del processo di infezione, P. graminea e P. lycopersici sono stati trasformati con il gene GUS della β-glucuronidasi. L’utilizzo dei trasformanti ha consentito di: i) brevettare una procedura per lo screening precoce di linee di orzo resistenti a P. graminea; ii) messa a punto di un saggio quantitativo per la valutazione di linee di pomodoro resistenti a P. lycopersici; iii) conduzione di studi istologici per l’individuazione dei tessuti bersaglio e per meglio definire il timing dell’infezione per entrambi i funghi. Nell’interazione F. oxysporum f. sp. melonis/melone è stato attentamente monitorata l’evoluzione del processo infettivo a mezzo di reisolamento per l’individuazione dell’organo bersaglio e del timing. Due razze di F. oxysporum f. sp. melonis, razza 1 e razza 1,2, sono state inoculate sul differenziale ospite Charentais-Fom2 che risulta resistente alla razza 1 e suscettibile alla razza 1,2. Le conoscenze ottenute sono state positivamente applicate per lo studio dei processi molecolari alla base della resistenza della pianta e della virulenza del fungo. Ciò è stato effettuato mediante l’analisi dei profili trascrizionali utilizzando la tecnica cDNA-AFLP, sistema “aperto” particolarmente adatto per l’individuazione di geni, possibili candidati nei meccanismi di resistenza/virulenza, in specie ospiti e patogene, per le quali non si hanno adeguate conoscenze genomiche. Questo approccio è stato utilizzato per lo studio delle tre malattie in esame. Di seguito si riportano i principali risultati ottenuti: P. graminea: 610 bande differenzialmente espresse sono state eluite dal gel e sequenziate. La consultazione di diverse banche dati (GenBank, TIGR, Cogeme), ha consentito di individuare 543 sequenze con similitudine a geni di orzo, 26 di frumento, riso o arabidopsis, 18 di origine fungina e 26 sconosciute. È stata effettuata un’analisi microarray su 595 sequenze alle quali sono state aggiunte sequenze di 100 geni di cereali coinvolti in processi di difesa, utilizzando cDNA da interazione a 7 e 14 giorni dopo l’infezione. Sono state confermate 238 sequenze, di cui 202 indotte, 36 represse. I geni di pianta maggiormente rappresentati corrispondono a geni di PR-protein, a geni coinvolti nello stress ossidativo e nella trasduzione del segnale, nonché geni coinvolti nel metabolismo secondario e di rinforzo delle pareti cellulari. I geni di origine fungina sono risultati scarsamente rappresentati; i più interessanti corrispondono a geni di enzimi litici (xilanasi) e del metabolismo generale (deidrogenasi); P. lycopersici: 650 bande differenziali sono state eluite da gel e riamplificate; di queste, 263 risultavano indotte. Il loro sequenziamento ha consentito di individuare 137 sequenze con similitudine con geni di pomodoro o di altre solanaceae, 44 con similitudine con geni di altre specie a funzione sconosciuta e 82 con nessuna o scarsa omologia. Le 387 sequenze represse sono in corso di sequenziamento; F. oxysporum f. sp. melonis: 893 bande differenzialmente espresse, eluite e riamplificate. Di queste, 420 risultano indotte nella interazione compatibile (Chreantais-Fom2/ F. oxysporum f. sp. melonis razza1) con presenza di bande nell’isolato fungino, 301 indotte nella interazione compatibile con assenza di bande nell’isolato fungino, mentre 172 risultano differenzialmente espresse nella interazione incompatibile (Chreantais-Fom2/ F. oxysporum f. sp. melonis razza 1,2) vs. compatibile. Tutte le bande sono state sequenziate. Ad oggi, la ricerca di omologie ha consentito di individuare 150 geni melone e 123 geni di F. oxysporum f. sp. melonis. La comparazione dei trascritti di F. oxysporum f. sp. melonis razza 1 con quelli ottenuti da due isolati della razza 1,2 ottenuti da colture in vitro hanno fornito bande differenzialmente espresse che possono rappresentare la basi per lo sviluppo di marcatori molecolari per la razza 1,2 e di determinanti per la virulenza per le razze 1 e 1,2, le più diffuse sul territorio italiano. La prosecuzione delle attività prevede, per ciascuna specie, la creazione di customized arrays costruiti sulla base delle sequenze cDNA-AFLP, per validare gli esperimenti effettuati e per eseguire studi comparativi con altri patogeni, al fine di individuare i geni specificatamente coinvolti nell’interazione. Sarà inoltre valutato l’utilizzo di microarrays commerciali, quali Barley 1 Affymetrix GeneChip, GeneChip® Tomato Genome Array e il Melon cDNA array. Per quanto riguarda i geni di fungo, in base all’omologia di sequenza e al profilo di espressione verranno individuati quelli maggiormente implicati nel processo di patogenesi e nell’interazione ospite/patogeno che verranno caratterizzati mediante silenziamento genico. 2 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Induzione di RNA interference per la resistenza a Plum pox viurs (PPV). Vincenza Ilardi, Elisa Di Nicola-Negri, Angela Brunetti, Laura Salandri. CRA-(PAV) Centro di ricerca per la patologia vegetale di Roma Il Plum pox virus (PPV), agente eziologico della sharka delle drupacee, è un patogeno da quarantena per il quale è prevista la lotta obbligatoria. Il genoma è costituito da una molecola di ssRNA+ di circa 9700 nucleotidi. Esistono sei ceppi di PPV (M, D, Rec, EA, C e W) ma i più importanti economicamente sono M e D. Come per tutte le malattie virali non è possibile curare le piante malate; il miglior mezzo di lotta è quindi l’impiego di piante resistenti. Ad oggi, con il miglioramento genetico classico non si è riusciti ad ottenere resistenze utili; l’attenzione si è allora rivolta alle biotecnologie. In Di Nicola-Negri et al. (2005, Trans. Res.,14:989-994) Nicotina benthamiana è stata trasformata con quattro sequenze che coprono le regioni 5’ UTR, P1 e HC-Pro del genoma virale. Le sequenze sono state clonate da un isolato italiano di PPV M (ISPaVe44) e arrangiate per esprimere un RNA a forcina autocomplementare in modo da indurre il silenziamento del RNA virale (tecnologia del RNAi). Piante immuni/altamente resistenti a ISPaVe44 sono state ottenute con ogni costrutto. Inoltre, è emerso che il 95% delle linee prodotte è resistente a PPV. Per verificare la capacità di resistenza ad ampio spettro, requisito fondamentale per un patogeno da quarantena, le piante T1 sono state inoculate con isolati virali afferenti ai ceppi M, D, Rec, EA e C reperiti da varie specie di Prunus in diverse aree geografiche. Tutti i costrutti hanno conferito immunità/resistenza agli isolati afferenti ai ceppi M, D e Rec. Inoltre, il costrutto 5’UTR/P1 ha indotto immunità anche ai ceppi EA e C, più distanti filogeneticamente. Dati in letteratura indicavano l’inefficenza del RNAi a temperature ≤ 15°C (Szittya et al. 2003, EMBO J., 22:633-640). Sono stati, quindi, condotti esperimenti d’inoculazione con ISPaVe44 a 15°C su piante T2 omozigoti afferenti al costrutto 5’UTR/P1. In tutte le prove (con singola, doppia e tripla inoculazione virale) le piante T2 sono risultate immuni all’infezione. Per vedere se la presenza di soppressori eterologhi del silenziamento del RNA infici la capacità delle piante trasformate di silenziare il genoma di PPV sono state eseguite inoculazioni miste (PPV+CMV e PPV+PVY) su piante T2 5’UTR/P1. Sia nel caso d’inoculazione contemporanea dei due virus sia sfalzata nel tempo (prima CMV o PVY e dopo 8 giorni il PPV) le piante T2 5’UTR/P1 sono risultate immuni a ISPaVe44. L’insieme dei risultati esposti indica come il costrutto 5’UTR/P1 sia di particolare interesse per lo studio dell’interaziene pianta-PPV e per l’ottenimento di resistenza a questo patogeno da quarantena la cui gestione nel mondo negli ultimi 30 anni è costata più di 10.000 milioni di Є (Cambra et a.,l 2006, EPPO Bull.36: 202–204). 3 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Analisi funzionale di geni coinvolti nei meccanismi di resistenza a stress e nella determinazione della qualità in frumento duro D. Trono, A.M. De Leonardis, L. Canfora, A. Verlotta, V. De Simone, P. De Vita, A.M. Mastrangelo, E. Mazzucotelli, L. Cattivelli CRA–(CER) Centro di ricerca per la cerealicoltura di Foggia Lo studio delle basi molecolari di pathway metabolici responsabili di caratteri di interesse in frumento duro è stata condotta essenzialmente in tre fasi: 1) identificazione di geni candidati. E’ stata condotta utilizzando due differenti approcci. Il primo approccio ha previsto l’impiego di una “cDNA library” di frumento duro arricchita in geni differenzialmente espressi tra la condizione di controllo e quella di stress combinato freddo/luce. Ciò ha consentito di identificare una decina di sequenze sovraespresse nelle prime fasi dello stress (e-cor, early cold regulated) e codificanti per proteine con putativa funzione di regolazione, tra cui fattori di trascrizione Cbf, proteine “zinc-finger”, una E3-ubiquitina ligasi ed una E2-SUMO coniugasi. Il secondo tipo di approccio è stato quello di individuare in frumento famiglie geniche codificanti per classi di proteine per le quali sia noto il ruolo nella determinazione di caratteri di interesse. Con questo tipo di approccio è stata identificata, in frumento, la famiglia delle Fosfolipasi A2 (PLA2), notoriamente coinvolta nella risposta a stress abiotici, e quella delle Lipossigenasi (LOX), per la quale è stato ampiamente riportato sia il coinvolgimento nella risposta all’attacco da patogeno sia il ruolo nei processi di sbiancamento della semola durante il processo di pastificazione; 2) analisi trascrizionale per valutare i livelli di mRNA. Le famiglie geniche di interesse sono state sottoposte ad analisi trascrizionale al fine di valutare i livelli di espressione in diverse condizioni sperimentali. Complessivamente, per la maggior parte delle sequenze analizzate i risultati ottenuti hanno evidenziato che i livelli di espressione variano a seconda della cultivar, del tipo di tessuto e dello stadio di sviluppo indagati, e che l’imposizione dello stress idrico determina variazioni nei livelli di trascritto che dipendono non solo dalle modalità di imposizione dello stress ma anche dalla cultivar, dal tessuto e dallo stadio a cui lo stress è stato imposto; 3) analisi funzionale dei prodotti genici. L’analisi funzionale dei prodotti relativi ai geni di interesse è tutt’ora in corso di svolgimento ed è finalizzata ad esprimere ciascuna proteina in un idoneo sistema eterologo, a purificare la proteina così espressa e dosarne l’attività in vitro, nonché a valutare l’esatta localizzazione subcellulare della proteina attraverso l’impiego di un costrutto con la proteina fluorescente GFP (Green Fluorescent Protein). Attualmente sono state espresse in E. Coli sia una putativa PLA2 sia la putativa E3-ubiquitina ligasi, i cui livelli di trascritti aumentano in condizioni di stress idrico. In entrambi i casi è stato effettuato il dosaggio di attività in vitro delle proteine purificate che ha confermato la putativa funzione identificata sulla base dell’omologia con sequenze note. Studi di localizzazione subcellulare sono stati, invece, completati per la putativa E2-SUMO coniugasi ed hanno consentito di stabilirne la localizzazione nucleare. In conclusione, l’approccio sopra descritto consentirà, al termine delle indagini condotte su tutti i geni di interesse, di ottenere un quadro completo relativamente alla funzionalità dei determinanti molecolari che regolano importanti processi metabolici da cui dipendono caratteri di interesse per il miglioramento del frumento duro. 4 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Applicazioni della genomica a specie di interesse industriale Giuseppe Mandolino, Andrea Carboni, V.M.Cristiana Moliterni, Daniela Pacifico, Manuela Bagatta, Pier Luigi Burzi, Eleonora Sala, Stefania Galletti, Claudio Cerato CRA-(CIN) Centro di ricerca per le colture industriali di Bologna L’attività di ricerca nel campo della genomica strutturale e funzionale svolta presso il CIN di Bologna negli ultimi anni ha riguardato diverse specie di interesse industriale, del tipo food e non food. Le strategie adottate nei diversi filoni di ricerca spaziano dallo sviluppo di marcatori molecolari PCR al sequenziamento, all’analisi del trascrittoma e del proteoma ed al metabolic profiling. L’analisi RAPD dell’ampia collezione di germoplasma di canapa di cui il CIN è dotato, e di popolazioni segreganti, finalizzata al fingerprinting ed alla mappatura di caratteri di interesse agronomico, ha permesso di identificare due marcatori strettamente associati al fenotipo sessuale ed al chemotipo. E’ stato sviluppato un marcatore SCAR maschiospecifico ed un marcatore in grado di discriminare il chemotipo da droga da quello da fibra. I due marcatori sono stati di particolare utilità sia nella selezione per la riduzione del contenuto del THC, sia nell’attività di ricerca finalizzata all’individuazione di geni coinvolti nel differenziamento sessuale della canapa dioica. L’analisi del trascrittoma di individui di sesso maschile e femminile realizzata mediante la tecnica del cDNA-AFLP ha permesso di individuare alcune sequenze indotte nelle fasi precoci del differenziamento del meristema fiorale femminile. Attraverso il sequenziamento delle regioni del genoma responsabili della sintesi dei cannabinoidi è stato inoltre possibile identificare un'intera famiglia genica correlata alle THC- e CBD-sintasi. L'analisi funzionale dei geni espressi, realizzata mediante strategie di tipo high-throughput (cDNA-AFLP e microarray) e mediante l’expression profiling di singoli geni coinvolti nel metabolismo degli zuccheri (saccarosio sintasi 1 e 2) è stata applicata allo studio della risposta della bietola alla carenza idrica ed alle basse temperature (5°, 0°, -2°, -4°C). Il cDNA-AFLP ha consentito l'isolamento di 350 TDF (transcript derived fragments) modulati dalle basse temperature in diversi organi; tra le sequenze ottenute, numerose risultano specificamente espresse in foglia e radice. Tali sequenze potranno essere utilizzate per la realizzazione di un chip a cDNA di barbabietola. L'analisi real-time PCR dell’espressione dei geni che codificano per vari enzimi del metabolismo del saccarosio ha richiesto la ricerca preliminare dei geni "housekeeping" da usare come “reference genes”. A tale scopo sono stati scelti 7 geni candidati (rRNA 5 e 18S, tubulina, actina, GAPDH, ubiquitina 10 e elongation factor 1α) da banche dati ESTs di bietola; l’analisi bioinformatica ha permesso di identificare delle sequenze consenso per la costruzione dei primers che sono stati poi utilizzati nelle analisi real-time. Quest’analisi preliminare ha permesso di identificare alcuni geni la cui espressione risulta maggiormente stabile nei diversi tessuti considerati e nei diversi trattamenti, ed in ultimo, di ottenere dei profili d’espressione delle due saccarosio sintasi in organi diversi di plantule di bietola sottoposte al trattamento con basse temperature. L’analisi RT-PCR semiquantitativa è stata invece adoperata nello studio della regolazione dell’espressione genica delle chitinasi di bietola in seguito a trattamento con acibenzolar-S-metile (AMS), un induttore di SAR (Systemic Acquired Resistance). Le piante "indotte" hanno mostrato una più precoce attivazione della trascrizione delle chitinasi (classi I e IV), ed il livello di espressione di tali isoforme si è mantenuto più elevato rispetto al controllo non trattato fino al termine dell’esperimento (96 h). 5 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 La genomica funzionale per il miglioramento genetico degli agrumi G. Reforgiato Recupero, G. Russo, S. Recupero, M. P. Russo, C. Licciardello, P. Cotroneo, P. Caruso, A. Cultrone, D. Pietro Paolo CRA-(ACM) Centro di ricerca per l’agrumicoltura e le colture mediterranee di Acireale (CT) L’Italia è sino ad oggi il maggiore produttore mondiale di arancia ‘rossa’, il cui valore salutistico, determinato dalla presenza di antocianine, rappresenta un fattore promozionale, nei cui riguardi l’attuale consumatore risulta particolarmente attento. Il processo di maturazione dell’arancia ‘rossa’ è stato preso in considerazione attraverso un approccio di genomica funzionale e di proteomica (in corso) mediante: 1) il monitoraggio dei livelli di espressione dei geni strutturali della biosintesi delle antocianine calcone sintasi (CHS), antocianidin sintasi (ANS) ed UDP-glucoso-flavonoid 3-O-glucosiltransferasi (UFGT), in relazione ai livelli di pigmento ed alla capacità antiossidante (ORAC). Le analisi sono state effettuate su selezioni e portinnesti diversi; 2) l’isolamento, attraverso una libreria sottrattiva, la classificazione e la sottomissione nella banca dati GenBank di EST differenziali esistenti tra la polpa dell’arancio pigmentato (Moro) e biondo (Cadenera); 3) l’analisi dell’espressione differenziale di sequenze ritenute di importanza strategica attraverso RT-PCR semiquantitativa e Real Time PCR; 4) l’allungamento di alcune sequenze isolate attraverso la libreria SSH mediante 5’-3’ RACE – PCR; 5) la costruzione di un array specifico di polpa di arancio, utilizzando: le sequenze EST differenziali isolate al punto 2, le sequenze rese disponibili da una libreria cDNA-AFLP (A. Marocco, Università Cattolica del S. Cuore di Piacenza) e quelle isolate dalla banca dati HarvEST Citrus. Per il confronto sono stati usati i dati ottenuti con l’array di Citrus messo in commercio dall’Affymetrix; 6) l’analisi incrociata dei dati ottenuti attraverso il confronto di diverse metodologie di analisi sul livello di espressione, quali la libreria sottrattiva ed i due array (il chip mirato e l’array Affymetrix) e la corrispondente validazione dei dati differenziali mediate Real time PCR (questo approccio è stato rivolto all’isolamento di sequenze specifiche di polpa di arancio); 7) la costruzione di un database di C. sinensis,; ciò ha consentito di condurre un’indagine tissutale della famiglia genica della glutatione S transferasi, verificando così dal punto di vista sperimentale alcune supposizioni avanzate in una prima fase in silico (studio svolto in collaborazione con M. L. Chiusano del DISPAPA dell’Università Federico II di Napoli); 8) esperimenti di trasformazione transiente mediante protoplasti di N. tabacum, approccio utilizzato al fine di confermare la necessaria interazione tra le due classi di fattori trascrizionali Myc e Myb-like, su specifici promotori, per attivare il meccanismo di regolazione (in collaborazione con Cathie Martin, JIC, Norwich, UK); 9) esperimenti di trasformazione transiente e stabile utilizzando protoplasti ed internodi di C. limon, al fine di verificare la capacità di delila e rosea (isolati in precedenza nella polpa di arancio dolce), di incrementare la biosintesi di antocianine; 10) l’analisi proteomica. I dati ottenuti dall’analisi proteomica saranno confrontati con i dati di trascrittomica funzionale, al fine di individuare eventuali convergenze e divergenze. In futuro, l’indagine di altre vie biosintetiche di notevole importanza nel processo di maturazione del frutto di agrume (ad es. acidi tricarbossilici) potrà migliorare la disponibilità di sequenze da inserire in un chip mirato per il monitoraggio delle caratteristiche del frutto in dipendenza del genotipo e dell’ambiente pedoclimatico e per la selezione assistita. 6 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Analisi dell’espressione genica durante il processo di maturazione dell’uva tramite le tecniche dei microarray e della PCR quantitativa Barbara De Nardi CRA-(VIT) Centro di ricerca per la viticoltura di Conegliano (TV) Numerosi studi condotti nell’ultimo decennio sulla fenologia e fisiologia della vite hanno dimostrato in modo inequivocabile che il fenomeno della maturazione è molto complesso. Risulta pertanto fondamentale indagare sui presupposti bio-molecolari di tale processo ‘scomponendolo’ in più tasselli (vie metaboliche) e utilizzando diversi approcci analitici (trascrittomica, metabolomica, proteomica) per comprenderne le diverse parti. Scopo dell’attività di ricerca, inserita nel progetto italo-francese denominato ‘VIGNA’ (VItis GeNome Analysis) dedicato al sequenziamento e alla caratterizzazione funzionale del genoma della vite (Vitis vinifera L.), è la definizione di indici genetici, biochimici e molecolari per monitorare la progressione della maturazione della bacca. In particolar modo, poiché tra i processi metabolici più importanti vi è l’accumulo di zuccheri, e visto che precedenti indagini hanno messo in evidenza l’esistenza, nell’ambito del genere Vitis, di variabilità del carattere “rapporto glucosio/fruttosio” (Calò et al., 1987), sono stati intrapresi degli studi sulla maturazione dell’uva con particolare riferimento all’accumulo degli zuccheri sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. A questo scopo è iniziato il monitoraggio, tramite analisi di espressione genica con la tecnologia dei microarray e tramite analisi dei metaboliti via HPLC e GC/MS, dell’evoluzione degli zuccheri nelle bacche di un vitigno di riferimento (Moscato d’Amburgo). Una volta che sarà identificato un set di geni differenzialmente espressi coinvolti nel processo di sintesi degli zuccheri, verranno condotte delle analisi di real time PCR su un gruppo di 40 vitigni caratterizzati da un diverso accumulo di zuccheri. Successivamente saranno ricercati parametri di correlazione tra geni e metaboliti allo scopo di trovare degli indici di maturazione e/o di qualità dell’uva, e quindi, del vino. In futuro, potrebbero venire intrapresi studi funzionali relativi ad uno o pochi geni interessanti, oppure potrebbero essere presi in considerazione, magari restringendo il pannello di geni d’interesse (microarray dedicato), altri aspetti della maturazione o altri vitigni importanti dal punto di vista agroalimentare ed enologico. Per riassumere brevemente l’attività svolta, è stato definito il disegno sperimentale e i prelievi in campo: per le analisi di microarray sul Moscato d’Amburgo, sono stati campionati 5 diversi stadi di maturazione temporalmente equidistanti, 2 repliche biologiche per ogni stadio, 2 diverse annate (2006 e 2007); per le analisi di PCR quantitativa sui 40 vitigni, invece, sono stati programmati 4 diversi stadi di maturazione (annata 2007) e 2 repliche biologiche per ogni stadio. E’ stata utilizzata la piattaforma oligoarray Combimatrix 12K (contenente 12000 geni) perché più adatta allo scopo del progetto. Per la sintesi delle sonde sono stati selezionati attentamente, sulla base di analisi di espressione genica in silico, di studi bibliografici, di analisi cDNA-AFLP e microarray in vite (collaborazione ISV di Conegliano-Università di Verona), di scrupolose analisi bioinformatiche per determinare l’orientamento delle sequenze consenso, 6000 geni da rappresentare in doppio sul microarray. E’ stato poi ottimizzato un protocollo di estrazione dell’RNA totale da polpa e buccia basato sull’uso di CTAB e PVP, per rimuovere le contaminazioni da polifenoli e polisaccaridi, e di LiCl, per precipitare selettivamente l’RNA (protocollo modificato di Chang et al. 1993). E’ stato quindi estratto, purificato e analizzato quali-quantitativamente (corsa in gel d’agarosio, lettura spettrofotometrica, e analisi via Bioanalyzer, Agilent), l’RNA di tutti i campioni di Moscato d’Amburgo, tenendo separate polpa e buccia. Per la metabolomica, sono stati analizzati gli zuccheri e i composti aromatici liberi e glicosidati delle uve di Moscato d’Amburgo (2006) tramite HPLC e GC/MS, rispettivamente; inoltre, è in corso la determinazione delle curve di maturazione e le analisi del profilo cromatografico di zuccheri e acidi via HPLC, dei 40 vitigni prelevati nel 2007. 7 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Meccanismi epigenetici nella regolazione del genoma in mais V. Rossi, H. Hartings, M. Lauria, S. Locatelli, and M. Motto CRA-(MAC) Unità di ricerca per la maiscoltura di Bergamo Numerose ricerche, svolte prevalentemente nel corso dell’ultimo decennio, hanno dimostrato che i meccanismi epigenetici, quali la regolazione della struttura della cromatina, le modifiche istoniche e la metilazione delle citosine, svolgono un ruolo cruciale nella regolazione delle attività dell’intero genoma. L’attività di ricerca svolta nel nostro laboratorio si è, quindi, concentrata sullo studio della relazione esistente tra i meccanismi epigenetici e la trascrizione genica in mais. A questo proposito, la regolazione genica mediata dall’attivatore trascrizionale Opaque2 (O2) durante lo sviluppo dell’endosperma è stata usata come sistema modello. I nostri studi, inoltre, hanno riguardato anche la caratterizzazione funzionale di alcuni regolatori epigenetici di mais in grado di modificare gli istoni. In particolare, abbiamo analizzato il ruolo fisiologico di alcuni membri della famiglia delle istone deacetilasi (HDACs) del tipo Rpd3. Questi enzimi, insieme alle istone acetiltransferasi (HATs), sono responsabili della formazione e del mantenimento del livello di acetilazione degli istoni. I nostri risultati hanno evidenziato che i meccanismi epigenetici svolgono un ruolo importante nella regolazione trascrizionale dei geni bersaglio di O2. In particolare, abbiamo osservato che la trascrizione di questi geni avviene in due fasi, caratterizzate da un diverso profilo di modifiche epigenetiche. La prima fase, definita di potenziamento, avviene prima dell’inizio della trascrizione e permette la formazione di una struttura della cromatina accessibile ad attivatori di trascrizione come O2. La seconda fase, di attivazione vera e propria, è mediata da O2 che, con meccanismi diversi per differenti gruppi di geni bersaglio, facilita l’accesso all’RNA Polimerasi II. La caratterizzazione delle HDACs ha invece contribuito a migliorare la nostra comprensione del ruolo svolto da questi enzimi nello sviluppo delle piante. Innanzi tutto, è stato osservato che diversi membri della famiglia Rpd3 presentano differenti profili di espressione durante lo sviluppo e sono in grado di associare fisicamente con un regolatore chiave del ciclo cellulare: l’omologo di mais della proteina retinoblastoma. L’analisi di mutanti transgenici ha poi permesso di evidenziare che un membro della famiglia Rpd3, HDA101, è coinvolto nella regolazione trascrizionale e nella formazione di specifici profili di modifiche istoniche in geni e sequenze ripetute. HDA101 esercita inoltre anche un effetto pleiotropico sullo sviluppo, poiché la sua sovra- e sotto-espressione determina numerosi difetti morfologici, oltre ad alterare la transizione tra fase vegetativa e riproduttiva e la formazione dei meristemi. Infine, le nostre ricerche hanno dimostrato che la regolazione della localizzazione nucleo-citoplasmatica e la proteolisi sono meccanismi importanti per modulare l’attività di diverse HDACs. Negli studi sopra citati è stata spesso impiegata una tecnica denominata “Immunoprecipitazione della cromatina” (ChIP), che permette di studiare in vivo le interazioni DNA-proteina, compreso i diversi profili di modifiche epigenetiche. Dopo avere sviluppato dei protocolli di ChIP specifici per diversi tessuti di mais, stiamo ora sviluppando metodologie che permettano di utilizzare la ChIP per analizzare l’intero epigenoma. A tal proposito, stiamo cercando di accoppiare la ChIP a nuovi sistemi di sequenziamento, quali quelli sviluppati recentemente da Solexa/Illumina. 8 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 MAS, mappaggio fine e clonaggio per posizione di geni Davide Bulgarelli, Gianni Sacconi, Valentina Baldassarre, Delfina Barabaschi, Simona Urso, Antonio Michele Stanca, Giampiero Valè CRA–(GPG) Centro di ricerca per la genomica e la postgenomica animale e vegetale di Fiorenzuola d’Arda (PC) La selezione assistita con marcatori molecolari (MAS) è una delle applicazioni della genetica molecolare capace di fornire applicazioni pratiche nel breve periodo, in quanto facilita e velocizza la introduzione di caratteri agronomicamente utili durante il processo di breeding. Si basa sulla identificazione di marcatori molecolari di facile utilizzo (basati sulla PCR) associati geneticamente a caratteri utili e sulla loro utilizzazione per effettuare una selezione indiretta del carattere. La selezione non sarà quindi basata sul fenotipo (valutazione che talvolta risulta dispendiosa, richiede tempi lunghi ed è talora incerta) ma sul genotipo del marcatore molecolare associato al carattere; in questo ultimo caso la valutazione del genotipo è oggettiva, veloce e non influenzata da fattori ambientali. Presso il GPG è attiva una ricerca volta allo sviluppo di marcatori molecolari associati a importanti malattie di piante di interesse agrario; questa attività ha portato alla identificazione di marcatori molecolari associati a geni di resistenza verso malattie dell’orzo, come la resistenza alla striatura bruna (gene Rdg2a) e all’oidio (gene mlo). E’ tutt’ora in corso (in collaborazione con la Unità di ricerca per la risicoltura di Vercelli) lo sviluppo di marcatori molecolari associati a diversi geni di resistenza all’agente del brusone (Pyricularia oryzae) in riso; quest’ultima attività ha attualmente portato allo sviluppo di marcatori associati a sei diversi geni di resistenza (geni Pi) verso il brusone. Tutti i marcatori sviluppati sono co-dominanti e consentono quindi di identificare genotipi omozigoti per il carattere di resistenza già nella prima generazione segregante (F2) e di limitare quindi la applicazione della MAS ad una sola volta. Lo sviluppo di marcatori per geni diversi che conferiscono resistenza verso la medesima malattia consentirà inoltre di “piramidare” resistenze diverse in un medesimo genotipo fornendo resistenze evolutivamente durevoli. Il clonaggio per posizione di geni consente di isolare fisicamente geni di importanza agronomica senza alcuna conoscenza a priori della sequenza del gene; l’approccio si basa invece su informazioni ottenute dalla posizione del gene in una mappa genetica ad alta risoluzione. Mappe di questo tipo (realizzate con numeri elevati di individui segreganti) consentono di identificare marcatori molecolari che sono ad una distanza fisica dal gene che è generalmente inferiore alla dimensione media degli inserti della libreria genomica (in genere librerie cosmidiche, BAC o YAC), che si intende sottoporre a screening. La identificazione di tali marcatori consente infatti di evitare i passaggi di “chromosome walking”, che richiedono elevati tempi tecnici. Presso il GPG è in fase conclusiva il clonaggio per posizione del gene Rdg2a, un gene di resistenza alla striatura bruna che controlla processi di rinforzamento delle pareti cellulari. La esecuzione di questo lavoro ha richiesto diverse fasi, tra queste si possono citare lo sviluppo di popolazioni segreganti di ampie dimensioni, il loro screening con marcatori molecolari, la saturazione della regione genomica contenente Rdg2a con marcatori, la costruzione di una libreria genomica in vettori cosmidici, il sequenziamento di circa 100 kbp di inserti cosmidici e un lavoro bioinformatico per la identificazione di geni candidati. Tre geni di tipo CC-NBS-LRR espressi solo nel genotipo resistente sono stati isolati e clonati in vettori di trasformazione per prove di complementazione su un genotipo di orzo suscettibile. Lo sviluppo di competenze in questo settore ha aperto la via alla utilizzazione di simili approcci per isolare geni di resistenza da altre piante; presso il GPG popolazioni segreganti per il mappaggio fine sono infatti in fase di sviluppo per altre piante di interesse agrario e potranno portare all’isolamento di nuovi geni di resistenza a patogeni nel corso dei prossimi anni. 9 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Sviluppo di una piattaforma genomica per la costruzione di mappe genetiche e l’impiego di marcatori molecolari in programmi di selezione assistita in frumento duroA.M. Mastrangelo, D. Marone, M.A. Russo, A. Nicosia, G. Laidò, G.Panio, V. Menzo, P. De Vita, P. Ferragonio, V. Giovanniello, C. Riefolo, L. Cattivelli CRA-(CER) Centro di ricerca per la cerealicoltura di Foggia Le attività del gruppo di ricerca del CER di Foggia sono incentrate sullo studio delle basi genetiche e molecolari di caratteri chiave per l’adattamento del frumento duro agli ambienti del Mediterraneo. Le attività di ricerca comprendono lo studio della diversità genetica per capacità produttiva in ambienti stressati e non, e la realizzazione di mappe genetiche per l’individuazione di regioni genomiche coinvolte nel controllo di importanti caratteri agronomici e di marcatori molecolari associati ad esse per lo sviluppo di programmi di miglioramento genetico del frumento duro basati su selezione assistita. Una collezione di circa 450 coppie di primer per microsatelliti a posizione nota sul genoma di frumento è disponibile presso il CER per la caratterizzazione molecolare dei materiali genetici. Le risorse genetiche disponibili presso il CER di Foggia sono costituite da collezioni germoplasma comprendenti diverse centinaia di frumenti diploidi e tetraploidi, impiegate in analisi di linkage disequilibrium, e da popolazioni segreganti costituite da recombinant inbred lines in corso di sviluppo per caratteri che riguardano la tolleranza a stress biotici e abiotici, la domesticazione, la qualità e la produzione e sue componenti. Per tre popolazioni in particolare, realizzate a partire dagli incroci Creso x Pedroso, Ofanto x Cappelli e Cirillo x Neodur, è in corso di sviluppo la mappa di linkage. Nel caso della mappa Creso x Pedroso, costituita per studiare le basi genetiche della resistenza alla ruggine bruna, la valutazione della popolazione in campo ha portato all’individuazione di un QTL di resistenza sul braccio lungo del cromosoma 7B che spiega circa il 70% della variabilità totale osservata per il carattere. Un programma di selezione assistita da marcatori molecolari è partito presso il Centro, al fine di selezionare, partendo da opportune linee donatrici, genotipi di pregio per caratteri come resistenza alla ruggine bruna (Creso, in collaborazione con CIFA Alameda del Obispo, Córdoba), resistenza all’oidio (5BIL-42, in collaborazione con l’Università degli Studi di Bari), elevato contenuto proteico e resistenza alla ruggine gialla (UC1113, in collaborazione con l’Università della California). Una piattaforma high-throughput è stata realizzata presso il CER per lo sviluppo e analisi di marcatori molecolari (microsatelliti e SNPs in particolare). Principali progetti che finanziano il lavoro: AGRONANOTECH - Nuove tecnologie molecolari applicate al miglioramento genetico di specie di interesse agrario, finanziato dal MIPAF. AGROGEN - Laboratorio di GENomica per caratteri di importanza AGROnomica in frumento duro: identificazione di geni utili, analisi funzionale e selezione assistita con marcatori molecolari per lo sviluppo della filiera sementiera nazionale, finanziato dal MIUR. 10 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Sviluppo e applicazione di marcatori per l’organogenesi, la qualita’ degli espianti nella coltura in vitro e il miglioramento genetico dei fruttiferi E.Caboni, M.A. Palombi, S. Monticelli, A. Gentile, A. Frattarelli, E. Condello, C. Damiano CRA–(FRU) Centro di ricerca per la frutticoltura di Roma Il gruppo di “colture in vitro” del FRU svolge la sua attività di sviluppo e applicazione di marcatori molecolari nelle seguenti principali tematiche: 1) caulogenesi da gemma ascellare e rizogenesi avventizia finalizzati alla definizione di protocolli di micropropagazione e alla caratterizzazione molecolare dei processi. In tutti i processi di differenziazione in vitro le condizioni di coltura non ottimali, oltre a limitare il processo morfogenico, inducono stress che possono alterare la stabilita’ genica e variare l’attività metabolica. L'identificazione di marcatori molecolari che individuano uno stadio fisiologico di “benessere” e di elevato potenziale moltiplicativo costituiscono un potente mezzo per l’ottimizzazione dei processi. Si sta procedendo, pertanto, all’isolamento e caratterizzazione di geni del differenziamento e dello sviluppo del germoglio, di risposta allo stress e della fotosintesi in pero (Pyrus communis, L.). Sono stati identificati frammenti genici da utilizzare come sonde per ibridazioni in situ e per la progettazione di primers specifici utili per le successive analisi di espressione genica ha permesso di individuare somacloni in actinidia, cv Tomuri. Sono previsti ulteriori studi su altre specie da frutto; 2) caulogenesi avventizia finalizzata all’utilizzo dei sistemi rigenerativi per lo sfruttamento della variabilità somaclonale e per la ricombinazione genica nel miglioramento non convenzionale dei fruttiferi. In Actinidia deliciosa, cv Tomuri, la variabilità genetica ottenuta in seguito a rigenerazione avventizia e selezione in presenza di NaCl ha permesso di ottenere cloni resistenti alla salinità. In Pyrus pyraster la variabilità genetica ottenuta in seguito a rigenerazione in presenza di agente selettivo (KHCO3), è stata sfruttata per selezionare cloni resistenti al calcare. La variabilità genetica è stata evidenziata tramite l’analisi con marcatori molecolari RAPD. La rigenerazione avventizia da tessuto adulto viene anche utilizzata per la trasformazione. Sono stati messi a punto sistemi di rigenerazione e trasformazione in Fragaria x ananassa, cv Egla e cv Teodora e sono stati ottenuti cloni transgenici per nptII e uidA. E’ anche in corso la valutazione del flusso genico. Sono stati, inoltre, messi a punto sistemi di rigenerazione da tessuto adulto in pesco, ciliegio, pero, melo e rigenerazione da materiale embrionale in pesco, albicocco e susino. Per quanto riguarda la trasformazione si è ottenuto quanto segue: in pesco l’espressione transiente del gene uidA nei cotiledoni, in pero cloni che crescono su canamicina (Costrutti forniti dal CNR – IBBA, Montelibretti), in albicocco cloni chimerici con integrazione transitoria dei geni nptII, uidA e delle “coat protein” del PPV, in susino cloni transgenici contenenti i geni nptII, uidA e delle “coat protein” del PPV su cui sono in corso le valutazioni per la resistenza alla Sharka. Le analisi molecolari hanno confermato l’inserimento delle sequenze. Ulteriori ricerche sono previste per l’introduzione di geni di resistenza e la messa a punto di metodi che non prevedano l’utilizzo di sequenze eterologhe e di resistenza agli antibiotici; 3) conservazione del germoplasma per la salvaguardia della biodiversità di specie da frutto, mediante “slow – growth” e crioconservazione, e controllo della stabilità genetica tramite marcatori molecolari. La crioconservazione è stata applicata con successo a varie specie frutticole utilizzando il sistema di incapsulazione-disidratazione degli apici. Marcatori molecolari RAPD e SSR sono stati utilizzati per monitorare la stabilità genetica del materiale crioconservato in perastro. Analisi del livello di mutilazione sono attualmente in corso. I risultati ottenuti indicano che la tecnica di incapsulazione-disidratazione può essere applicata per la conservazione ex situ senza indurre variabilità genetica nel materiale crioconservato. Tale tecnica verrà estesa ad altre specie frutticole. 11 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Studi biochimici su nuovi materiali di Solanum derivati da miglioramento genetico non convenzionale Giuseppe Mennella, Antonietta D’Alessandro, Gianluca Francese CRA-(ORT) Centro di ricerca per l’orticoltura di Pontecagnano (SA) I materiali oggetto di studio sono stati ottenuti mediante tecniche di breeding non-convenzionale (ibridazione somatica tra differenti tipologie di parentale coltivato e le specie correlate S. aethiopicum gr. gilo e/o S. aethiopicum gr. aculeatum =S. integrifolium) seguita da androgenesi e reincroci. La progenie da reincroci, dotata di caratteristiche di resistenza a Fusarium oxysporum f.sp. melongenae, è stata caratterizzata a livello morfo-fisiologico, molecolare e biochimico. Mancavano, tuttavia, informazioni sia sulle proteine coinvolte nel meccanismo di resistenza al patogeno fungino sia sulla composizione e concentrazione dei composti antiossidanti della bacca quali fenoli e glicoalcaloidi della polpa e antocianine della buccia. Le proteine totali sono state estratte, a tempi diversi dall’infezione artificiale, da radici di piante inoculate (sospensione conidica di F. oxysporum) e non, del parentale suscettibile S. melongena 1F5(9), del parentale resistente S. integrifolium e del reincrocio resistente All 96/6 x 1F5(9). E’ stato notato che gli stadi più interessanti nella risposta della pianta al fungo sembrano essere quelli compresi tra otto ore (T0 + 8h) e ventiquattro ore (T1) dall’inoculazione. Infatti, solo nelle radici delle piantine del genotipo suscettibile 1F5(9) infettate con Fusarium non si verifica, in questo intervallo, un incremento delle proteine totali (rispettivamente 1,906 e 1,598 mg/ml). L’analisi differenziale delle proteine effettuata mediante scambio anionico in HPLC ha evidenziato interessanti differenze sia tra le tesi inoculate e non dello stesso genotipo sia tra i genotipi resistenti a Fusarium e quello suscettibile. In particolare, dalla comparazione dei profili di eluizione ottenuti, è stata evidenziata la presenza di proteine putativamente ascrivibili al fungo infettante (ad es. quelle eluite al tempo di ritenzione 3,6’ e/o 5,5’ circa) oltre che di proteine putativamente prodotte dalla pianta in risposta all’infezione (ad es. quelle eluite al tempo di ritenzione 4,4’ e/o 11,8’), nonché di proteine della pianta la cui sintesi è stata putativamente influenzata dall’infezione (ad es. quelle eluite al tempo di ritenzione 6,8’, 7,4’ e/o 10,4’). Le differenze riscontrate nei profili cromatografici sembrano essere di tipo quantitativo ma ulteriori studi dovrebbero chiarire questo aspetto. E’ stata notata anche una differenza temporale (precocità) nella risposta all’infezione sia tra i genotipi resistenti e quello suscettibile sia tra gli stessi genotipi resistenti. Attualmente sono in corso analisi (gel filtration in HPLC, elettroforesi 2D e valutazione di attività chitinasica e/o glucanasica) sugli eluati raccolti a tempi di ritenzione reputati più interessanti, al fine di caratterizzare meglio le proteine putativamente coinvolte nella risposta al fungo. Ulteriori studi, utilizzando la spettrometria di massa e MALDITOF, potranno chiarire l’identità delle specie proteiche coinvolte nell’interazione pianta-fungo nel nostro sistema modello. Per quanto riguarda lo studio dei composti a valenza nutraceutica e salutistica della bacca, frutti immaturi, a maturazione commerciale e a maturazione fisiologica (sovramaturi) sono stati raccolti dai parentali selvatici, parentali coltivati e nuove linee da reincrocio (resistenti a Fusarium oxysporum f.sp. melongenae) allevati in pien’area, allo scopo di determinare le concentrazioni di fenoli, glicoalcaloidi e antocianine mediante fase inversa in HPLC. I valori dell’acido clorogenico, il più importante fenolo monomerico responsabile dell’imbrunimento della polpa nei frutti di molte specie orticole ed arboree, sono risultati più elevati, in generale, nei frutti immaturi. I parentali coltivati hanno mostrato sempre valori più elevati rispetto ai parentali selvatici S. aethiopicum gr. gilo e gr. aculeatum. Tutte le nuove linee di melanzana, eccetto due, hanno evidenziato valori di acido clorogenico significativamente più elevati rispetto a S. aethiopicum gr. gilo relativamente allo stadio di maturazione commerciale; valori significativamente più elevati rispetto a S. aethiopicum gr. aculeatum sono stati rilevati per la maggior parte dei nuovi genotipi negli stessi stadi di maturazione. I livelli di solasonina e solamargina, i principali glicoalcaloidi tossici in melanzana, sono stati studiati nelle nuove linee da reincrocio, comparandoli con quelli, notoriamente elevati, dei parentali selvatici. Per quanto riguarda i frutti immaturi, tutti i nuovi genotipi, eccetto tre per solamargina, hanno mostrato livelli significativamente più bassi rispetto ai parentali selvatici; i valori sono risultati più simili a quelli dei parentali coltivati. A maturazione commerciale i nuovi genotipi di melanzana hanno evidenziato tutti, eccetto due per solamargina e uno per solasonina, valori significativamente più bassi rispetto ai parentali selvatici e, in generale, più simili a quelli dei parentali coltivati. In frutti a maturazione fisiologica i livelli dei due glicoalcaloidi sono risultati più variabili e, quasi per tutti i genotipi, più elevati rispetto ai due stadi precedenti. La nasunina rappresenta la principale antocianina in melanzana e la sua attività di contrasto verso i radicali liberi e contro la perossidazione dei lipidi è ben studiata. Nei frutti a maturazione commerciale, la maggior parte delle nuove linee di melanzana ha mostrato livelli misurabili di nasunina rispetto ai parentali selvatici; la nasunina è risultata significativamente più bassa rispetto ai parentali coltivati per tutti i nuovi genotipi ad eccezione di cinque di essi. Nei frutti a maturazione fisiologica sono state rilevate marcate riduzioni nei livelli dell’antocianina. 12 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Approcci molecolari nel miglioramento genetico delle specie da frutto Roberta Quarta, Maria Teresa Dettori, Elisa Vendramin, Sabrina Micali, Jessica Giovinazzi, Ignazio Verde CRA–(FRU) Centro di ricerca per la frutticoltura di Roma Nella strategia del miglioramento genetico convenzionale delle piante da frutto, l'utilizzo di marcatori molecolari può dare un supporto utile nelle fasi di selezione che riguardano sia la scelta dei parentali da utilizzare nei programmi di incrocio, sia l'individuazione dei semenzali interessanti ottenuti dagli incroci controllati. L'individuazione di marcatori molecolari strettamente associati a caratteri di interesse agronomico permette di effettuare uno screening basato sul genotipo e non sul fenotipo e di selezionare i semenzali ad uno stadio molto precoce di sviluppo, abbreviando notevolmente i tempi necessari per la costituzione di una nuova varietà. Tra le piante arboree da frutto, il pesco è considerato una specie modello in quanto diploide (n = 8), con un genoma relativamente piccolo ed un breve periodo improduttivo (3 anni). Gli studi fin qui condotti, utilizzando approcci di genomica e postgenomica applicati al miglioramento genetico del Pesco, hanno prodotto interessanti risultati: costituzione di una mappa di associazione del Pesco, individuazione e localizzazione di 15 QTL relativi a caratteri di interesse agronomico, individuazione di marcatori molecolari cosegreganti con i caratteri agronomici presi in considerazione. Per alcuni caratteri specifici sono in corso studi di genomica funzionale al fine di individuare i geni che ne determinano l'espressione. Alcuni dei caratteri attualmente in studio sono: la qualità del frutto (consistenza della polpa, polpa di tipo "stony hard"), la resistenza a malattie come oidio (Sphaerotheca pannosa) e Sharka (PPV) e la determinazione del sesso nel genere Pistacia. Gli studi eseguiti sul Pesco hanno fornito interessanti indicazioni su alcuni dei processi relativi alla maturazione del frutto che determinano la "consistenza della polpa". Ad oggi sono disponibili diverse migliaia di EST (Expressed Sequence Tag) ottenute a partire dal mesocarpo di pesco a differenti stadi di maturazione, queste si sono rivelate uno strumento d’indagine efficace per lo studio del trascrittoma al fine di individuare geni specifici la cui espressione è modulata durante la maturazione del frutto. Le EST prodotte sono state raccolte dal primo Consorzio Nazionale dedicato esclusivamente al Pesco e sono a disposizione della comunità scientifica presso il database ESTree (http://www.itb.cnr.it/estree). Il FRU oltre ad essere uno dei componenti del Consorzio Nazionale ESTree, è anche parte attiva del GENOME DATABASE FOR ROSACEAE (GDR), costituito presso la Clemson University. L'attività del FRU riguarda anche la caratterizzazione varietale (Fingerprinting) con le seguenti finalità: conservazione del germoplasma, salvaguardia biodiversità e valorizzazione prodotti tipici. Le specie attualmente in esame sono Pero, Melo e Pistacchio. Nell'ambito del Progetto PRAL "FACILE" sono in studio accessioni di diversi ecotipi laziali di Fagiolo al fine di caratterizzare e valorizzare prodotti tipici locali. 13 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Approcci di genomica nel miglioramento genetico di alcune specie frutticole M. Bonoli, F. Brandi, A. Liverani, D. Giovannini, W. Faedi CRA-(FRF) Unità di ricerca per la frutticoltura di Forlì Negli ultimi anni le tecniche di biologia molecolare hanno permesso uno studio più approfondito del genoma vegetale migliorando la conoscenza dei processi fisiologici delle piante e consentendo l’individuazione di nuovi strumenti utili sia al miglioramento genetico che alla caratterizzazione varietale. A partire dal 2002, sono stati eseguiti studi di biologia molecolare al fine di supportare le attività tradizionali di breeding nell’ambito dei progetti finalizzati “PRIA” e “QUALIFRAPE” . Il progetto MiPAF - MiUR QUALIFRAPE (2002-2005) ha previsto ricerche sul miglioramento della qualità dei frutti di fragola e pesco-nettarina. Le attività di biologia molecolare hanno riguardato solo gli studi relativi al genere Fragaria. In collaborazione con l’Università di Udine (DiSTA) sono stati sviluppati, utilizzando la cultivar diploide Ilaria (F. vesca) circa 100 marcatori molecolari di tipo microsatellite che sono stati poi utilizzati negli studi di fingerprinting, di filogenesi e nella creazione di una mappa genica in F. vesca. In collaborazione con L’ENEA - Centro Ricerche “Trisaia” si è analizzata l’espressione genica nel frutto maturo di fragola. In particolar modo si è posta a confronto, tramite la tecnica del DNA microarray l’espressione genica della varietà ottoploide di Fragaria x ananassa Queen Elisa rispetto a quella dei parentali. Queen Elisa presenta caratteristiche qualitative dei frutti (dolcezza, consistenza e aroma in particolare) migliori rispetto ai parentali; si sono quindi ricercati eventuali geni differenzialmente espressi nel frutto maturo al fine di individuare i geni responsabili della sua elevata qualità dei frutti. Gli esperimenti di profiling comparativo hanno evidenziato una diversa espressione di un numero limitato di geni coinvolti nelle caratteristiche tipiche della qualità come la consistenza della polpa e la biosintesi dell’aroma a favore dell’elevata qualità di Queen Elisa. Il progetto MiPAF PRIA (2002-2006) prevedeva studi della qualità di frutti di pero e della resistenza ad Erwinia amylovora (Fire blight) e a Psylla (Psylla). Al fine di individuare marcatori molecolari correlati al più alto livello di resistenza al batterio Erwinia amylovora si è studiata una progenie di pero ottenuta dall’incrocio fra le selezioni ISF-FO 80.115.69 (libera impollinazione di US 309) e 80.91.01 (Dr. J. Guyot x Bella di giugno), caratterizzate rispettivamente da un’elevata suscettibilità e da una tolleranza alla malattia. In collaborazione con l’Università di Bologna (DCA), i semenzali e i due parentali sono stati testati con marcatori SSR e AFLP. I risultati di mappa unitamente a quelli di reazione delle piante all’inoculazione artificiale del patogeno hanno consentito di individuare due possibili QTLs di resistenza, nei Linkage Group 2 e 9 del parentale più tollerante. Ulteriori studi saranno condotti per confermare questi QTLs per poterli successivamente utilizzare nella MAS al fine di selezionare nuovi genotipi resistenti al “fire blight”. Attualmente, la nostra Unità è impegnata in alcuni progetti nazionali (Frumed) ed europei (Genberry) per la conservazione e caratterizzazione molecolare del germoplasma autoctono del sud Italia, nel primo caso e di germoplasma di fragola e lampone nel secondo caso. Inoltre è in corso uno studio per individuare geni coinvolti nel metabolismo dei carotenoidi in pesco ponendo a confronto la varietà Redhaven (polpa gialla) con il suo mutante Redhaven a polpa bianca. La comparazione dei profili di espressione genica dei due campioni nei diversi stadi di maturazione permetterà di individuare le eventuali differenze quali-quantitative di geni espressi e quindi l’identificazione di sequenze responsabili del colore del mesocarpo. 14 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Caratterizzazione molecolare di patogeni della vite ed interazioni pianta-patogeno Michele Borgo, Irene Bazzo, Nadia Bertazzon, Luisa Filippin, Vally Forte, Ombretta Repetto, Elisa Angelini CRA-(VIT) Centro di ricerca per la viticoltura di Conegliano (TV) La vite è soggetta a molte malattie, che possono causare danni quali-quantitativi di diversa entità alle produzioni vitivinicole, provocando la morte della pianta nei casi più gravi. Gli agenti eziologici sono principalmente virus, citoplasmi, batteri e funghi. Le tecniche di biologia molecolare sono state inizialmente applicate per studi di selezione clonale sanitaria della vite, per interventi di monitoraggio e di diagnosi in vigneto e per la valutazione dello stato sanitario delle varietà presenti nelle collezioni ampelografiche del Centro per la Viticoltura. Queste stesse metodiche sono state in seguito utilizzate in linee di ricerca finalizzate a: i) messa a punto, ottimizzazione e miglioramento di protocolli molecolari per la diagnosi di patogeni della vite; ii) caratterizzazione molecolare e genomica di patogeni della vite; iii) genomica funzionale dell’interazione vite – patogeni. Per la diagnosi di virus dell’accartocciamento fogliare (GLRaV-1, GLRaV-2) e di fitoplasmi sono stati messi a punto metodi molecolari innovativi, basati su PCR/RFLP e real time PCR. Sono stati condotti studi sul polimorfismo molecolare di diverse varianti di virus dell’accartocciamento (GLRaV-1, GLRaV-2, GLRaV-3) e del legno riccio (GVA, RSPaV), ed il genoma completo del ceppo virale GLRaV-2-BD (Biologia e Difesa) è stato sequenziato. Queste ricerche sulla variabilità dei virus hanno permesso di associare alcuni tipi di sintomatologie alla presenza di diverse varianti filogenetiche. Le ricerche sulle malattie da fitoplasmi hanno permesso di identificare e caratterizzare a livello molecolare diversi isolati di fitoplasmi associati alla Flavescenza dorata (nota malattia di quarantena in Europa). Hanno inoltre portato all’individuazione di trend epidemiologici specifici associati ai diversi isolati, di rintracciare l’origine delle epidemie su nuovi vigneti, nonché in nuove aree geografiche. Le biotecnologie, unite alle osservazioni di campo, hanno permesso di identificare piante spontanee “reservoir” di fitoplasmi, in particolare la clematide; tutto ciò è molto importante per capire le origini delle epidemie nelle varie zone viticole. Inoltre sono stati condotti studi di genomica funzionale su geni chiave del metabolismo al fine di cercare di comprendere alcuni dei meccanismi fisiologici e genetici alla base delle interazioni vite – fitoplasmi, tuttora ignoti. Le tecniche molecolari sono state recentemente applicate anche per lo studio dei funghi patogeni della vite. Nel caso della peronospora, la malattia fungina che in Italia richiede il più alto numero di trattamenti, i marcatori molecolari hanno permesso l’individuazione dei genotipi in diverse popolazioni, che ora saranno messi in correlazione con i fattori ambientali, pedologici e climatici. Inoltre, in collaborazione con altri ricercatori dell’Università, sono in corso ricerche per identificare i geni implicati nella difesa da muffa grigia e studiare la loro espressione su varietà di vite con diversa sensibilità al fungo, tramite RNA interference e silenziamento transiente. I risultati positivi degli studi condotti finora ci consentono di aspirare a nuove prospettive, quali la possibilità di applicare le tecniche di biologia molecolare già in uso presso il CRA-VIT anche ad altri patogeni della vite ed implementare nuove biotecnologie (es. microarray). Ciò permetterebbe di studiare in maniera più approfondita le patologie di maggior interesse per la viticoltura, acquisendo nuove conoscenze, di utilità anche pratica perché potenzialmente applicabili nel campo della prevenzione, della diagnosi e della cura delle patologie. 15 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Genomica nelle leguminose foraggere: impiego di marcatori molecolari nella costituzione varietale di Medicago sativa e individuazione di geni d’interesse mediante approcci di forward e reverse genetics nella specie modello Medicago truncatula. C. Scotti, M. Carelli, C. Depedro, P. Gaudenzi e L. Ferrari CRA–(FLC) Centro di ricerca per le produzioni foraggere e lattiero-casearie di Lodi Strumenti biotecnologici sono applicati nel miglioramento genetico di leguminose foraggere presso il FLC di Lodi in due ambiti: 1) il processo di costituzione varietale in Medicago sativa (specie autotetraploide allogama) messo a punto a Lodi utilizza una fase di autofecondazione e selezione entro le progenie parzialmente inbred e prevede come modelli varietali finali semi-ibridi o sintetiche a basso numero di costituenti. E’ importante dunque utilizzare efficacemente la diversità genetica per limitare l’effetto di inbreeding nelle sintetiche e per orientare la scelta dei parentali da incrociare nei semiibridi. L’analisi con marcatori codominanti SSR (microsatelliti) derivati da M. sativa e M. truncatula è utilizzata per: a) stimare la strutturazione della diversità genetica nelle popolazioni di partenza (su DNA bulk di piante); b) stimare la distanza/diversità genetica e il livello di eterozigosi nelle famiglie parentali che si originano nel corso del programma di miglioramento allo scopo di indagare i rapporti tra distanza genetica dei parentali e performance produttiva degli ibridi e/o sintetiche e tra eterozigosi e eterosi; 2) l’individuazione di geni di interesse mediante l’utilizzo di collezioni di mutanti con approcci di forward e reverse genetics nella specie modello Medicago truncatula, diploide e autogama. Nell’ambito del progetto MIUR-FIRB ‘Postgenomica di leguminose foraggere’ sono state costituite, in collaborazione con l’IGV-CNR di Perugia, collezioni di mutanti di M. truncatula mediante mutagenesi inserzionale (enhancers 35S di CaMV) e chimica (trattamento dei semi con 0.15% EMS). L’utilizzo delle collezioni è esemplificato nel caso della ricerca di geni candidati della via biosintetica delle saponine, metaboliti secondari triterpenici dotati di attività biologica; le saponine sono infatti implicate nei meccanismi di difesa della pianta da patogeni e insetti (Osbourn, 1996), hanno effetti antinutrizionali negli animali monogastrici (Cheeke et al. 1977), influenzano la fermentazione ruminale negli animali poligastrici (Wina et al., 2005), presentano un’attività anticolesterolemica (Lee et al., 2005) e antitumorale (Haridas et al., 2001). Nell’approccio di forward genetics la collezione di mutanti inserzionali (61 linee, 770 piante totali) è stata esaminata per la presenza di saponine ad attività biologica mediante test emolitico; un mutante privo di saponine emolitiche è stato individuato e la composizione delle saponine prodotte dal mutante è stata analizzata mediante TLC, HPLC, GC e GC/MS in collaborazione con la sezione di chimica di CRA-ISCF. I frammenti di DNA contigui all’inserzione sono stati isolati mediante tecniche di DNA rescue e inverse-PCR, clonati in E. coli e sequenziati. Una delle sequenze presentava un’elevata omologia con un citocromo P450 a funzione non nota di M. truncatula; poiché i citocromi P450 sono indicati come mediatori-chiave della parte finale della via biosintetica delle saponine triterpeniche, il gene individuato costituiva un candidato per la mutazione knock-out individuata. La cosegregazione tra fenotipo e inserzione è stata verificata in progenie segreganti di piante eterozigoti sorelle del mutante omozigote. E’ attualmente in corso la retro-trasformazione del mutante con il gene wild type per verificare il recupero della funzione. Nell’approccio di reverse genetics la collezione di mutanti chimici (DNA di circa 2300 piante M2 e corrispondente seme M3) è stata analizzata mediante la tecnica TILLING in collaborazione con la Piattaforma Genomica del Parco Tecnologico Padano per l’individuazione di mutazioni al gene in questione; sono stati individuati quattro mutanti le cui progenie sono attualmente in corso di allevamento. La collezione ‘TILLING’ è stata analizzata per altri due geni (una fitasi e un inibitore di proteasi) ottenendo rispettivamente 9 e 7 mutanti; il tasso di mutazione stimato (1 mutazione/amplicone di 1000 bp ogni 400 piante analizzate) è coerente con i dati di letteratura e convalida la collezione come strumento idoneo all’individuazione di mutazioni puntiformi a geni di interesse. 16 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Impiego di metodologie genetiche innovative per il miglioramento quanti-qualitativo del seme del mais H. Hartings, M. Lauria, C. Balconi, V. Rossi, N. Berardo, N. Lazzaroni, R. Pirona, S. Locatelli, M. Motto CRA–(MAC) Unità di ricerca per la maiscoltura di Bergamo Il mais è un cereale molto importante per l’elevata potenzialità produttiva della coltura e per l’alto valore nutritivo del foraggio. Il mais è anche una pianta preziosa perché assicura la materia prima da impiegarsi per una molteplicità di prodotti alimentari e industriali; ciò è evidenziato dalle riguardevoli quantità di granella di mais che tutti gli anni vengono lavorate dalle industrie di trasformazione. E’ convinzione generale che la specie troverà ulteriore sviluppo nei progetti di “chimica verde” e come risorsa energetica rinnovabile. L’acquisizione di conoscenze scientifiche a sostegno del miglioramento quanti-qualitativo dei processi produttivi del seme del mais è per il sistema agroalimentare nazionale, un’occasione di marketing; ciò a beneficio della produzione alimentare “made in Italy”, di elevato valore qualitativo basata sui prodotti tipici della trasformazione agroindustriale del mais (latte e derivati, carni e derivati, semole) commercializzati sui mercati mondiali. Gli obiettivi specifici di queste ricerche sono diretti a: i) realizzare una piattaforma tecnologica al servizio della genetica del seme del mais; ii) sviluppare modelli per la valutazione di linkage disequilibrium e sue applicazioni nel miglioramento qualitativo dei cereali; iii) sviluppare marcatori molecolari di nuova concezione e ad alta efficienza; iv) sviluppare mappe di associazione genetica ad alta densità utilizzando marcatori SNP e realizzare mappe funzionali tramite collezioni di specifiche EST; v) avvalersi di una banca dati con 7.500 sequenze EST normalizzate derivate da cariossidi intere e da endospermi del mais a diversi stadi di sviluppo; vi) ricostruire in silico le principali vie biosintetiche del seme e analizzare i profili di espressione dei geni coinvolti; vii) analizzare l’espressione degli EST in mutanti della cariosside con alterazioni a carico della divisione cellulare, dello sviluppo e dell’accumulo di carboidrati e proteine al fine di identificare geni associati a questi processi e, quindi, di rilevante interesse agronomico; viii) identificare marcatori di tipo SNP associati ai geni identificati (geni candidati) e geni utili a modificare il metabolismo cellulare per l’accumulo di composti di interesse alimentare e industriale; ix) identificare geni e passaggi di regolazione che hanno un effetto primario per il miglioramento del seme. Nel mais la formazione del seme è il risultato di un preciso processo di differenziazione cellulare che porta alla formazione di due organi distinti, ma complementari: l’embrione e l’endosperma. Lo studio di mutazioni geniche del seme ha permesso di chiarire alcuni aspetti del processo di sviluppo dell’embrione. Indagini indicano che i passaggi rilevanti alla differenziazione delle cellule endospermiche comprendono: regolazione del ciclo cellulare, sintesi dell’amido, e sintesi delle proteine di riserva. La transizione attraverso le fasi sinciziale, cellulare e endopoliploide rende le cellule endospermiche un modello utile per studi sul ciclo cellulare. Dati suggeriscono che geni per istone deacetilasi (RPD3), retinoblastoma-simili (pRb) e proteine associate al retinoblastoma (RbAp) svolgono un ruolo nel determinismo dei processi di divisione di cellule endospermiche. La disponibilità di collezioni di mutanti che influenzano la crescita dell’endosperma e il differenziamento delle cellule endospermiche, quali i mutanti endosperma difettosi (de), appaiono utili per disegnare strategie utili a scomporre i meccanismi di controllo genetico che pilotano lo sviluppo dell’endosperma. Ulteriori indagini sono richieste per identificare altri geni che facilitano la rilocazione di fotosintati alla granella nella fase di riempimento del seme. I passaggi biochimici della sintesi dell’amido sono stati precisati geneticamente impiegando mutazioni diverse. Le mutazioni fl2, o2, o6, o7 e o15, hanno permesso di identificare geni che sono coinvolti nella sintesi e assemblaggio delle proteine di riserva del seme e alcuni meccanismi che ne controllano la sintesi. Le proteine di riserva del seme del mais sono state studiate in dettaglio dal punto di vista genetico, biochimico e nutrizionale; un’ampia attività di ricerca è stata altresì indirizzata a chiarire a livello genetico e molecolare i meccanismi che regolano la loro sintesi. L’espressione dei geni strutturali che determina l’accumulo di proteine di riserva del seme appare altresì influenzata da eventi di metilazione e dalla disponibilità di aminoacidi. Inoltre, dati sperimentali mostrano che la regolazione delle principali vie biosintetiche del seme è un processo altamente integrato. In tal senso sono stati identificati geni attivi nel modulare il flusso di carbonio per la sintesi di amido e proteine. Peraltro, svariate mutazioni difettive del seme che arrestano o rallentano il periodo di riempimento del seme sono state descritte, ma non ancora studiate in dettaglio. Verosimilmente queste varianti genetiche includono mutazione di geni “housekeeping” e altre mutazioni importanti dello sviluppo del seme. Una possibilità per chiarire i meccanismi di regolazione è l’applicazione di strategie genetiche e molecolari per analizzare efficacemente questa numerosa e complessa classe di fenotipi. Le indagini hanno permesso di accertare fenomeni di imprinting parentale e diverse interazioni di dosaggio genico tra genoma materno e paterno del mais. Lo studio di questi fenomeni nel mais appare, pertanto, utile per chiarire aspetti importanti dello sviluppo e crescita del seme del mais. Il seme del mais rappresenta anche una delle maggiori fonti rinnovabili di carboidrati complessi e di oli necessari per la trasformazione industriale. L’attenzione si sta attualmente spostando sulla modificazione delle reti biosintetiche del seme al fine di cambiare i metaboliti esistenti o produrne di nuovi. Numerose componenti della granella del mais sono altresì dotate di valore farmacologico e nutraceuticals. E’ pertanto previsto di arricchire e ampliare il repertorio genetico del seme dei cereali, mais incluso, con l’identificazione di geni che specificano nuove caratteristiche ad alto valore aggiunto quali composti con azione antiossidante (ad esempio, carotenoidi) e sintesi di biopolimeri. Risulta pertanto evidente la necessità di incentivare l’attività di ricerca per identificare geni importanti che controllano le vie biosintetiche attive nel seme al fine di consentire la produzione di molecole di elevato valore commerciale e per migliorare la qualità dei prodotti del seme sia per impieghi industriali che alimentari. 17 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Genomica applicata al miglioramento genetico del genere Triticum Andrea Brandolini, Maurizio Perenzin, Patrizia Vaccino, Maria Corbellini CRA-(SCV) Unità di ricerca per la selezione dei cereali e la valorizzazione delle varietà vegetali di Sant’Angelo Lodigiano (LO) Sono presentati i risultati delle ricerche eseguite utilizzando la specie diploide (2x=2n=14) Triticum monococcum. Tale specie è un parente stretto di frumento duro e frumento tenero e presenta un’alta omologia del genoma con quelli dei Triticum poliploidi, per cui è un ottimo candidato per analisi di QTL (Quantitative Trait Loci) e la mappatura di tratti in Triticum. Inoltre la sua notevole variazione per caratteristiche agronomiche, fisiologiche, biochimiche e morfologiche lo rende un’ottima fonte di geni utili. Tra le ricerche svolte vi sono quindi la costituzione di una mappa molecolare integrata (477 marcatori, 856 cM di lunghezza), ottenuta combinando i risultati di due mappe diverse e che ha permesso di identificare QTL per attitudine alla panificazione, contenuto proteico, svestibilità, peso, lunghezza e colore del seme e n° di semi per spighetta. Altre due mappe specifiche hanno invece contribuito a localizzare i principali geni responsabili dell’addomesticamento ed a quantificare gli eventi di ricombinazione tra i genomi di due specie diverse (T. monococcum e T. urartu). I marcatori molecolari utilizzati per la costituzione delle mappe sono stati inoltre utilizzati per numerosi studi di carattere filogenetico e di identificazione varietale. Uno dei genitori della mappa integrata (ID1331) è servito per creare una libreria genomica che è stata utilizzata per identificare cloni specifici delle proteine di riserva e, in seguito, isolare peptidi antigenici per il morbo celiaco (in totale, 19 peptidi antigenici). Nel campo del breeding assistito, l’identificazione di geni responsabili per il carattere waxy (effettuata combinando tecniche di marcatura proteica e molecolare) ha permesso di individuare nel germoplasma italiano nuove varianti alleliche; tali varianti sono state ricombinate ed associate in un programma di gene-pyramiding. Un’attività analoga è in corso per quanto riguarda la resistenza ad alcune fisiopatie: oidio e ruggine bruna: il primo passo è consistito nell’identificazione di marcatori molecolari specifici e nella selezione di linee resistenti/tolleranti, da utilizzare come parentali. In seguito si è proceduto ad una serie di incroci/reincroci pianificati ed alla selezione degli individui resistenti mediante marker assisted selection (MAS). Anche in questa linea di ricerca si sta procedendo verso un accumulo di geni di resistenza diversi in un numero limitato di genotipi (gene pyramiding). Recentemente, il pentatomide Eurigaster maura ha causato danni economici notevoli nelle regioni italiane nordoccidentali, compromettendo la qualità dei raccolti (la saliva introdotta durante la fase di nutrizione danneggia le proteine di riserva). Per combattere tale problema, si stanno mettendo a punto metodi biochimici e molecolari in grado di evidenziare rapidamente ed in maniera precisa gli effetti dei danni causati da tale insetto. 18 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Studio e impiego di marcatori genomici e funzionali nel miglioramento genetico del riso e genotipizzazione del germoplasma E Lupotto, S. Cavigiolo, G.P. Valè, G. Tacconi, C. Lanzanova CRA-(RIS) Unità di ricerca per la risicoltura di Vercelli Il riso (Oryza sativa L.) rappresenta al mondo uno dei cereali più coltivati, nonché alimento base per circa il 40% della popolazione mondiale. Originario dei paesi asiatici, la specie ha differenziato due sottospecie: spp japonica per l’areale temperato e spp indica per le zone a clima tropicale. Sebbene per restrizioni di natura climatica in Italia si coltivi solamente riso appartenente alla ssp. japonica, i programmi di miglioramento genetico condotti dall’inizio del XX secolo ad oggi hanno permesso la costituzione di un consistente numero di varietà. L’attuale Registro Nazionale conta 140 varietà di riso italiane, differenziate tra loro per aspetti morfologici, agronomici o qualitativi. Il miglioramento genetico per la costituzione di nuove varietà, più rispondenti alle esigenze del produttore e del mercato, rappresentano un punto importante per lo sviluppo dell’attuale ricerca in risicoltura. Il miglioramento genetico convenzionale viene oggi affiancato dalle metodiche molecolari più innovative in modo da permettere una selezione più mirata per caratteri speciali: la strategia di base si avvale di marcatori molecolari e il settore di indagine è detto MAS (Marker Assisted Selection). Nella presente relazione viene esemplificato lo studio condotto da CRA-RIS in collaborazione con CRAGPG di Fiorenzuola D’Arda e con il Gruppo di ricerca per la Genomica del riso del CERSA, Fondazione Parco Tecnologico Padano di Lodi. Per quanto riguarda il settore del miglioramento genetico della qualità, sono stati sviluppati marcatori molecolari per due caratteri principali del riso: contenuto in amilosio e presenza della caratteristica di aromaticità. In Italia sono presenti attualmente sul mercato cinque varietà di riso bianco aromatiche, ed una di riso pigmentato nero. Queste varietà sono migliorabili per vari caratteri: taglia, lunghezza del ciclo semina-maturazione, resistenza alle malattie e resa. La selezione delle progenie migliori per questi tratti fenotipici facilmente rilevabili, deve essere associata alla possibilità di discriminare gli individui che presentano anche il caratteristico aroma. Attualmente le selezioni si basano – per il carattere in questione – solo sulla percezione olfattiva della pianta. Studi recenti riguardanti la genetica del tratto aromatico hanno concluso che un singolo gene (frg) recessivo localizzato sul cromosoma 8 è responsabile della produzione dell’aroma in riso. L’aroma è dovuto alla presenza di una delezione di 8 bp e 3 SNP nell’esone 7 del gene codificante per una putativa beatina aldeide deidrogenasi (BAD2). L’accumulo di 2-AP è dovuto alla presenza di questa mutazione che crea una proteina tronca mancante di un dominio di legame di circa 800 bp incapace di legare il substrato target. L’analisi chimica dei composti volatili viene effettuata attraverso una sofisticata analisi di gas cromatografia/spettrometria di massa con microestrazione della fase solida nello spazio di testa. Pur consentendo una analisi routinaria, la SPME HS/GC-MS non è facilmente e direttamente applicabile durante la costituzione di nuove varietà. Data l’importanza di questo carattere, è stato necessario affiancare alle tecniche chimiche di analisi, l’utilizzo di marcatori molecolari che permettono di seguire facilmente questo tratto in programmi specifici di incrocio e selezione. Nell’ambito di questa tematica si inserisce il lavoro di scelta e validazione di specifici marcatori molecolari di tipo SSR (Simple Sequence Repeats, detti anche microsatelliti) o SNP per il gene frg. I microsatelliti sono piccole sequenze di due o quattro nucleotidi, ripetuti in tandem, fiancheggiati da sequenze uniche. Essi sono un mezzo potente per la genotipizzazione in quanto possono rilevare facilmente diversità alleliche, sono co-dominanti, e sono facilmente utilizzabili tramite semplice tecnica di PCR. Nel riso sono stati identificati migliaia di microsatelliti, e più di 2500 sono stati impiegati come marcatori molecolari. Recenti studi hanno dimostrato l’elevata potenzialità dei microsatelliti nella genotipizzazione e fingerprinting varietale di risi aromatici indica. Sulla base di queste informazioni sono stati quindi disegnati specifici primers in grado di discriminare, mediante PCR competitiva, varietà omozigoti aromatiche e non aromatiche da eterozigoti. Tale set di primers è stato utilizzato in primo luogo per analizzare una collezione di germoplasma di 60 varietà di riso italiano ed estero, in modo da valicare i primers considerati su una popolazione ampia di risi convenzionali ed aromatici. Successivamente, sono state analizzate progenie segreganti ottenuti da incroci tra varietà aromatiche e non aromatiche di interesse per il mercato italiano. Analogamente le 60 varietà sono state analizzate con un panel di marcatori SSR specifici per il gene waxy, che hanno permesso di raggruppare le varietà analizzate in 5 classi di appartenenza in dipendenza del contenuto in amilosio della cariosside. Per quanto riguarda l’impiego dei marcatori molecolari nel processo di costituzione di varietà di riso contenenti resistenze multiple a Pyricularia (gene pyramiding), è stato condotto uno studio su un panel di cira 80 varietà (italiane ed estere), dopo aver introdotto genotipi specifici recanti i geni di interesse, variamente localizzati sul genoma. Il lavoro durato tre anni circa ha permesso non solo la diretta genotipizzazione delle varietà italiane per la resistenza specifica, ma ha permesso la realizzazione di una banca dati direttamente utilizzabile nei programmi di breeding. Un ampio studio di genotipizzazione è stato condotto in collaborazione con la FPTP di Lodi per la caratterizzazione molecolare tramite un panel di 24 microsatelliti del germoplasma di riso temperato comprensivo delle varietà del germoplasma italiano ed europeo, e di una parte di germoplasma estero, per un totale di circa 227 varietà. Il lavoro di fenotipizzazione condotto da CRA-RIS ha permesso l’interpretazione dei dati molecolari per migliore impiego della diversità genetica disponibile. 19 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Sviluppo di marcatori, mappe molecolari e studi di genomica funzionale in asparago, fagiolo, melanzana, peperone e pomodoro. A. Falavigna, G.L. Rotino CRA–(ORL) Unità di Ricerca per l’Orticoltura di Montanaso Lombardo (LO) Le ricerche di biotecnologia e genomica condotte presso il CRA-ORL sono finalizzate alla costituzione di materiali genetici migliorati per produzione, qualità del prodotto e resistenza alle malattie. Melanzana. L’attività riguarda lo sviluppo e la caratterizzazione di materiali genetici innovativi dotati di resistenza a Fusarium, tolleranza a Verticillium derivante da ibridazione (sessuale e somatica) con specie affini. Le linee da introgressione sono caratterizzate mediante marcatori ISSR, COSII e SSR. La base genetica della resistenza a Fusarium è stata chiarita e sono stati sviluppati marcatori CAPS codominanti associati al locus di resistenza denominato Rfosa-1. Al fine di procedere al mappaggio fine è stata avviata la costruzione di una mappa molecolare; sono stati avviati anche esperimenti per individuare, mediante PCR-select, geni differenzialmente e precocemente coinvolti nell’interazione melanzana-Fusarium oxysporum (progetti PROM e Proteo-Stress). E’ in corso lo sviluppo di un sistema biologico sicuro e reversibile per il contenimento di piante transgeniche. L’attività ha lo scopo di combinare il carattere partenocarpia (assenza di semi) con la maschio sterilità condizionale e reversibile (assenza di polline vitale) in modo da eliminare/mitigare la dispersione accidentale di polline e semi da piante transgeniche nell’ambiente. La maschio sterilità sarà indotta mediante inattivazione specifica di fattori di trascrizione basali (TAF 10 e 13) nelle cellule del tappeto o delle microspore utilizzando amiRNA specifici. Pomodoro. Genomica funzionale mediante utilizzo di siRNA è stata condotta su geni differenzialmente espressi (individuati mediante analisi cDNA-AFLP) durante lo sviluppo partenocarpico del frutto indotto dal gene DefH9-iaaM (Progetto Agronanotech). Peperone. Il programma di miglioramento genetico prevede l’introgressione delle resistenze genetiche multiple in pregiate tipologie italiane di peperone. Per le resistenze a Verticillium dahliae, Phytophthora capsici e Phytophthora parasitica, a controllo poligenico, in collaborazione con l’Università di Torino, è in corso lo sviluppo di marcatori QTLs, utilizzando una mappa ad alta risoluzione intraspecifica. Al momento è stata completata l’analisi QTL solo per i caratteri legati alla morfologia del frutto e sono stati identificati 54 QTL coinvolti nel loro determinismo genetico. Fagiolo. L’attività di incrocio e selezione che nel corso di tre decenni ha portato alla costituzione di varietà dotate di resistenza al virus del mosaico comune (BCMV) ed alla batteriosi ad alone (Pseudomonas phaseolicola var capestris), attualmente è affiancata alle seguenti ricerche di biologia molecolare: caratterizzazione di pregiate varietà locali e collezione di germoplasma attraverso marcatori SSR, profilo elettroforetico delle proteine totali, tipo di varianti proteiche di riserva e lectine, attività degli inbitori di idrolasi (tripsina ed amilasi), contenuto di acido fitico, attività antitripsinica, sviluppo di lines con diverse combinazioni proteiche, introgressione in diversi background genetici del carattere “low phytic acid (lpa); studio della base genetica e del metabolismo che determina il basso contenuto in acido fitico. Asparago. L’attività di miglioramento genetico condotta negli ultimi tre decenni, basata sulla coltura in vitro di antere, ha dato origine ad una ampia collezione di cloni diplo-aploidi androgenetici e ad una serie di ibridi che rappresentano la quasi totalità delle coltivazioni nella Pianura Padana. Nell’ultimo decennio dall’ibridazione tra un genotipo tetraploide della specie coltivata (A. officinalis) e quelle spontanee A. maritimus ed A. acutifolius sono stati ottenuti cloni androgenetici tetraploidi e di-aploidi che rappresentano il materiale di base per l’ottenimento di ibridi dotati di resistenze genetiche alle malattie e di particolari qualità organolettiche dei turioni. Le ricerche di genomica, condotte in collaborazione con l’Università di Reggio Calabria, riguardano l’utilizzo dei marcatori AFLP ed SSR per caratterizzare il materiale di interesse per il miglioramento genetico. L’elevato numero di polimorfismi ha permesso di stimare le distanze genetiche tra i cloni diploaploidi utili alla guida degli incroci da effettuare per ottenere ibridi commerciali e di individuare marcatori specie-specifici che permetteranno di seguire l’introgressione di caratteri genetici dalle specie spontanee a quella coltivata. Utilizzando bulk di cloni diploaploidi maschili e femminili è stato possibile validare i marcatori AFLP, già noti in letteratura, strettamente associati al locus che controlla l’espressione sessuale che ha una grande rilevanza in termini produttivi e qualitativi dei turioni. 20 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Ricerca biotecnologica sulle specie ornamentali: situazione e prospettive Barbara Ruffoni, Marina Laura, Marco Savona, Cristina Regis, Giacomo Morreale, Laura De Benedetti, Simona Bruna, Luca Braglia, Claudio Cervelli, Cesare Bianchini, Annalisa Giovannini, Luca Pipino, Antonio Mercuri, Andrea Allavena. CRA–(FSO) Unità di ricerca per la floricoltura e le specie ornamentali di Sanremo Gli interventi che utilizzano gli strumenti della biologia molecolare per il miglioramento delle specie ornamentali, in corso presso il CRA-FSO, sono raggruppabili nei settori dei marcatori molecolari, del clonaggio di geni e dello studio della funzione genica. I marcatori molecolari sono stati utilizzati su numerose specie e con diversi obiettivi come indicato di seguito: Genere Anemone Marcatori molecolari Obiettivi AFLP Distinzione varietale e distribuzione della variabilità RAPD Origine progenie androgenetiche Caratterizzazione specie botaniche Identificazione ibridi interspecifici Distinzione di popolazioni mediterranee Limonium RAPD Myrtus AFLP Alstroemeria RAPD Dianthus AFLP Hibiscus AFLP, M-AFLP e microsatelliti Identificazione ibridi interspecifici Marcatori per discriminare genotipi caratterizzati da una maggiore durata dei fiori in vaso Individuazione dei parentali delle recenti varietà Salvia AFLP Valutazione variabilità esistente Gli studi di genomica sono stati indirizzati essenzialmente all’identificazione di geni coinvolti nei processi morfogenetici. Una prima ricerca si è posta l’obiettivo di comprendere gli eventi molecolari precoci che avviano la formazione di plantule dai bordi delle foglie di Kalanchoe xhoughtonii. A tal fine sono stati attivati due approcci: preparazione e screening di una libreria sottratta; identificazione di ortologhi di geni omeotici della famiglia KNOX. La libreria sottratta ha permesso di identificare 270 sequenze differenzialmente espresse successivamente classificate in classi funzionali sulla base delle analogie con sequenze presenti in banca dati. Sono stati sequenziati cinque geni della famiglia KNOX di cui quattro di classe 2 ed uno di classe 1. Le sequenze sono state depositate in banca dati. Una seconda ricerca nel settore della genomica si proponeva l’obiettivo di identificare il gene SERK (Somatic Embryogenesis Receptor Kinase) di Cyclamen persicum selettivamente espresso durante le fasi precoci del processo di embriogenesi somatica. Si dispone al momento della sequenza parziale di due geni della famiglia SERK: CpSERK1 e CpSERK3. Entrambe le sequenze sono state depositate in banca dati. Mediante ibridazione in situ è stata dimostrata l’espressione di CpSERK1 nelle masse proembriogeniche di Cyclamen. Gli studi di espressione genica hanno permesso di identificare gli effetti, su piante ornamentali, di alcuni geni clonati da specie diverse. In particolare l’espressione del gene 35S KxhKN1 (sequenza parziale) in Kalanchoe xhoughtonii ha permesso di identificare piante con taglia ridotta e più accestite; il gene 35SOsmyb, espresso in Osteospermum, ha indotto resistenza all’ozono ed al freezing; la proliferazione di callo e teratomi è stata osservata in Petunia trasformata con il gene 35SD2. Altre ricerche in atto riguardano l’induzione di Hairy Roots e la produzione di biomassa per estrazione di metaboliti secondari in Salvia, gli studi molecolari delle alterazioni fenotipiche riscontrate in piante di Gerbera micropropagate. Nelle specie ornamentali gli studi di genomica e postgenomica possono dare un contributo sostanziale per migliorare il benessere degli operatori e per la riduzione dell’impatto ambientale: migliorare l’utilizzo delle risorse acqua e fertilizzanti, ridurre le richieste energetiche (calore, luce), assistere la selezione di resistenze a condizioni avverse (eccesso di calore, gelate, salinità), a patogeni e parassiti. Gli stessi strumenti possono essere utilizzati per migliorare caratteri agronomici ed estetici: metodi riproduttivi, architettura della pianta, controllo fioritura, forma dei fiori, nuovi colori, profumo, resistenza alla senescenza dei fiori recisi e delle piante in vaso. Considerato il numero elevato delle specie ornamentali, le ricerche potrebbero essere focalizzate su alcune specie particolarmente adatte alla coltivazione nelle condizioni climatiche del bacino del mediterraneo, utilizzando le esperienze e la mole di dati prodotti sulle specie modello e di grande rilevanza economica. 21 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Applicazioni delle tecniche biotecnologiche nel florovivaismo Gianluca Burchi CRA-(VIV) Unità di ricerca per il vivaismo e la gestione del verde ornamentale ed ambientale di Pescia (PT) L’attività del VIV si è concentrata sulla moltiplicazione, ingrossamento e conservazione dei bulbi, oltre ad una notevole attività di miglioramento genetico sul Lilium, con l'ottenimento di numerose nuove varietà in possesso di caratteri commerciali originali ed interessanti (uno tra tutti, l'assenza di polline o di antere nei fiori). Sono state anche messe a punto tecniche di micropropagazione e manipolazione in vitro (embryo rescue) e di analisi del DNA per la diagnosi ed il risanamento da virosi in progenie selezionate di Lilium. Oltre alla suddetta attività sul Lilium, sono attualmente in corso programmi di breeding su Lisianthus e su Limonium. In Lisianthus sono stati sottoposti a trattamenti mutageni (raggi gamma) diversi genotipi di origine diversa: le progenie ottenute sono attualmente in osservazione. Su Limonium invece è stata allestita una notevole collezione di specie selvatiche e varietà commerciali. Sono stati effettuati incroci fra specie e varietà diverse e sono state selezionate una ventina di nuove varietà interessanti, attualmente in corso di valutazione in diversi ambienti ed anche presso aziende di coltivatori privati locali. Sono in corso prove di miglioramento della colorazione e di allungamento della durata in vaso dei fiori recisi, oltre a studi sui fattori che rallentano la senescenza (etilene, temperatura), a ricerche sulla razionalizzazione della filiera florovivaistica post-raccolta e ad attività di miglioramento genetico per il carattere 'longevità dei fiori', anche mediante l'utilizzo di marcatori molecolari (RAPDs e AFLP). Attualmente, su calla vengono testate differenti densità colturali, regimi termici e trattamenti ormonali con l’obiettivo di ampliare il periodo di produzione. Su altre specie ornamentali in vaso sono stati posti a confronto differenti regimi nutritivi su diversi substrati (compost, fanghi reflui) con lo scopo di valutare la qualità colturale di diverse miscele ed anche la risposta alla coltivazione fuori suolo. Tra le specie in osservazione ricordiamo: Arbutus, Pancratium, Myrtus, Hebe, Prunus, Photinia, Asparagus, Danae, Ilex, Cocculus, Fabiana, Sarcococca, Podocarpus, Coprosma, Olearia, Osmanthus, Pittosporum, Iresine, Physocarpus, Viburnum, Acacia, Teucrium, Cotoneaster, Symphoricarpus, Callicarpa, Crategus, Pyracantha, Hypocalymma, Escallonia, Nandina, Santolina, Euonymus, Metrosideros, Kennedia, Leucophyta, Correa, Berberis, Aucuba ecc. 22 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Miglioramento genetico di specie orticole mediante l’impiego di tecnologie innovative N. Ficcadenti, S. Sestili, F. Fusari, A. Rosa, P. Travaglini, V. Ferrari CRA-(ORA) Unità di ricerca per l’orticoltura di Monsampolo del Tronto (AP) Le piante, con l’enorme varietà di specie esistenti, da sempre hanno rappresentato per l’uomo la principale fonte di cibo, di energia, e di molti prodotti di importanza economica. Negli anni ‘70 ’80 l’avvento dell’ingegneria genetica e della tecnologia del DNA ricombinante hanno consentito il raggiungimento degli obiettivi del breeding con più celerità rispetto alle tecniche tradizionali. Gli studi condotti da ORA, fin dal 1990, hanno permesso l’ottenimento di rilevanti risultati di ordine scientifico e di pratica applicabilità in diverse specie orticole tra cui il melone, il pomodoro, il peperone e il carciofo. Ibridi di pomodoro e di melone partenocarpici sono stati ottenuti con le tecniche di ingegneria genetica, mentre diverse linee isogeniche diploaploidi, che hanno costituito il materiale genetico di partenza per gli studi sulla resistenza alla fusariosi del melone, sono state ottenute mediante la coltura in vitro di ovari non fecondati. Studi finalizzati alla verifica di polimorfismi presenti in linee diploaploidi e in accessioni di melone coltivate, sono stati sviluppati impiegando i marcatori molecolari RAPDs e ISSR mentre attraverso l’analisi molecolare AFLP sono stati sviluppati 4 marcatori significativamente associati con i geni di resistenza alla razza 1,2w di Fusarium oxysporum f.sp. melonis. Nell’ambito del progetto“Fusamelo”, mirato alla selezione di linee di melone resistenti al Fusarium, i risultati finora conseguiti con l’analisi dell’intero trascrittoma, basato sulla tecnica cDNA-AFLP, hanno permesso di individuare diversi geni differenzialmente espressi nell’interazione di compatibilità e di incompatibilità ospite-patogeno. L’individuazione di polimorfismi, mediante l’utilizzo dei marcatori molecolari dominanti (ISSR, RAPD) e codominanti (SSR) ha permesso di ottenere utili e specifiche informazioni per la valutazione della diversità genetica a livello individuale e di popolazioni locali di melone d’inverno, di pomodoro a pera, di peperone a corno e di carciofo di “Mazzaferrata” di Cupello. 23 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Miglioramento genetico di varietà locali di pomodoro da mensa: individuazione ed impiego di nuovi marcatori molecolari per la selezione assistita N. Acciarri, G.L. Rotino, T. Ciriaci, N. Pecchioni, M. Barbieri, G.P. Accotto, G. Tamietti, D. Valentino, E. Sabatini CRA-(ORA) Unità di ricerca per l’orticoltura di Monsampolo del Tronto (AP) Il germoplasma italiano di pomodoro da mensa comprende un elevatissimo numero di varietà localmente selezionate. Queste cultivar tradizionali sono qualificate da un insieme di caratteri positivi (es.: sapore, colore, forma) uniti ad altri molto negativi come sensibilità a stress biotici ed abiotici e scarsa conservabilità. Nell’ambito del PROM (Progetto di Ricerca per potenziare la competitività di Orticole in aree Meridionali) è stata avviato il miglioramento di alcune di queste varietà con lo scopo di mantenerne i caratteri peculiari di tipicità. La MAS (Marker assisted selection) è alla base di questa attività. Oltre all’impiego di marcatori disponibili sono stati individuati nuovi marcatori poi impiegati nella selezione. Tra questi nuovi marcatori vengono segnalati quelli per Ve1 e Ve2. I due nuovi marcatori CAPS, validati anche da prove di inoculazione artificiale, hanno consentito rapidi progressi nell’introduzione della resistenza in diverse tipologie locali oltre che la scoperta della resistenza stessa in accessioni originali di “Rosa di Sorrento” e “Cuor di Bue di Albenga”. Altri marcatori di rapido impiego individuati, validati ed utilizzati con successo nella MAS sono quelli legati alla resistenza a TYLCV. Alcune delle cultivar locali oggetto di miglioramento quali “Cuor di Bue di Albenga” e “San Marzano” sono caratterizzate da una forma del frutto determinata dalla presenza del gene “ovate” mutato nel genoma. Questo gene, nella sua forma mutata, determina una costrizione nella parte prossimale all’attacco del peduncolo dei frutti. Questa costrizione, ben visibile nel “Cuor di Bue di Albenga” è appena accennata nel “San Marzano”. Per facilitare la selezione di queste tipologie, già coinvolte nella MAS per resistenza a stress biotici, è stato messo a punto, validato ed impiegato un nuovo marcatore molecolare legato al gene ovate mutato. Questo marcatore ha consentito, oltretutto, di riconoscere il vero “San Marzano” da altri pomodori allungati solitamente confusi con la famosa varietà campana. 24 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Biotecnologie applicate al miglioramento genetico del pioppo G. Nervo, S. Zelasco, T. Collot, P. Calligari, L. Vietto CRA-(PLF) Unità di ricerca per le produzioni legnose fuori foresta di Casale Monferrato (AL) Negli ultimi sessant’anni il miglioramento genetico del pioppo ha consentito la costituzione di cultivar clonali caratterizzate da maggiore rapidità di accrescimento, adattamento a differenti condizioni ambientali, resistenza genetica alle avversità biotiche ed abiotiche e buona qualità del legno. Il programma di miglioramento genetico condotto presso il PLF ha portato alla selezione di un gruppo ristretto di specie parentali (P. deltoides Bartr. e P. nigra L.) per la costituzione di nuovi cloni commerciali (P.×canadensis Moench). Ad oggi sono stati costituiti oltre 60 cloni di pioppo di cui 27 già iscritti al Registro Nazionale dei Cloni Forestali ed 8 in fase di iscrizione; per 13 cloni è già stata ottenuta la privativa comunitaria. Tuttavia alcune difficoltà connesse alle caratteristiche proprie delle piante arboree, fanno sì che i programmi di miglioramento genetico convenzionale del pioppo siano lunghi e laboriosi. Molte di queste problematiche possono essere superate dalle continue innovazioni nel campo della biologia molecolare che ha portato al completo sequenziamento del genoma di P. trichocarpa Torr. & Gray, oltre alla costruzione di mappe molecolari di P. alba L., P. nigra L. e P. deltoides Bartr. Il PLF ha già avviato attività finalizzate all’identificazione clonale, alla gestione delle risorse genetiche ed allo studio della variabilità genetica intra- ed inter-popolazione. Utilizzando una combinazione di 5 loci microsatelliti (SSR) è stato possibile identificare in modo inequivocabile 53 cloni commerciali su 56 analizzati, sulla base di specifici profili molecolari. L'efficacia del metodo utilizzato, confermata dalla riproducibilità dei profili ottenuti tra individui diversi dello stesso clone, ha consentito l'avvio della caratterizzazione molecolare del germoplasma di P. alba presente presso il PLF. Si intende inoltre sviluppare adeguati programmi di selezione assistita con marcatori molecolari (MAS) integranti la strategia di breeding commerciale. Altre applicazioni biotecnologiche a supporto del miglioramento genetico derivano dalla manipolazione e rigenerazione in vitro di cellule e tessuti di differenti specie di pioppo. Efficienti protocolli di trasformazione genetica sono stati ottenuti presso l’Unità di ricerca per due cloni (I-214 e Neva) ampiamente utilizzati in pioppicoltura, con la conseguente possibilità di inserimento in modo puntuale di tratti di interesse agronomico, senza alterarne il background genetico. Geni di utilità agronomica già inseriti con successo nella specie modello P. alba L. clone Villafranca, codificano tratti in grado di conferire resistenza ad insetti Coleotteri (Chrysomela populi L.) e ad un erbicida totale a basso impatto ambientale (p.a. Glufosinate Ammonium). La stabilità di espressione di quest’ ultimo carattere è stata studiata in ambiente confinato per tre anni successivi e recentemente su materiale vegetale derivato da propagazione vegetativa, confermando il mantenimento dell’attività biologica del carattere espresso nel tempo. Altre finalità della trasformazione genetica riguardano la possibilità di utilizzo del pioppo, in virtù della elevata produzione di biomassa, come sistema di produzione su larga scala di molecole ad alto valore biologico. Piante del clone Villafranca sono state trasformate con un gene codificante l’enzima stilbene sintasi, responsabile della produzione di resveratrolo, un noto composto dalle proprietà antiossidanti. L’isolamento e la caratterizzazione biochimica hanno evidenziato la preminente produzione nei vari organi della pianta di resveratrolo glucosilato (trans-piceide) che sembra possedere proprietà chimiche più interessanti rispetto alla molecola originale. Studi condotti in serra nell’arco di tre anni, hanno evidenziato che l’ accumulo maggiore di trans-piceide avviene nell’ apparato radicale in virtù della maggiore stabilità di produzione nel tempo. Questi dati potrebbero fornire valori di riferimento per la pianificazione del processo di estrazione di questo metabolita ad alto valore aggiunto. Un altro approccio è quello di produrre piante transgeniche più sicure per l’ ambiente. Al riguardo sono state adottate due strategie a livello molecolare: l’inserimento del tratto sterilità sessuale attraverso la modalità dell’ablazione fiorale (costrutto PTD-DTA) e l’ottenimento di piante transgeniche ‘marker- free’, mediante l’impiego di vettori MAT ( Multi Auto Transformation). Questa strategia è stata testata con successo anche nei cloni ibridi P.×canadensis I-214 e Neva. A ciò va aggiunta la ricerca volta a migliorare la capacità di assorbimento e detossificazione di metalli pesanti nell'ambito della quale sono state ottenute piante transgeniche del clone Villafranca, tolleranti alte concentrazioni di rame e zinco con la strategia ‘marker-free’ e piante trasformate con 5 diverse varianti di un gene sintetico (trx) per la tolleranza al cadmio. Sebbene sia verosimile che anche in futuro saranno ancora i metodi convenzionali di breeding a dare il maggior contributo allo sviluppo di varietà e cloni adatti alle esigenze dell’arboricoltura da legno è tuttavia evidente che l’uso delle biotecnologie contribuirà in maniera sempre più importante al superamento degli attuali limiti e difficoltà del miglioramento genetico convenzionale. 25 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Definizione degli standard molecolari per qualità, biosicurezza, tracciabilità, monitoraggio Valeria Terzi, Alberto Gianinetti, Caterina Morcia, Francesca Finocchiaro, Barbara Ferrari, Stefano Di Bernardini CRA–(GPG) Centro di ricerca per la genomica e la postgenomica animale e vegetale di Fiorenzuola d’Arda (PC) Qualità e sicurezza alimentare sono le parole chiave ricorrenti sia nell’ambito del VII programma quadro dell’Unione Europea, sia nel PNR nazionale e nei piani di sviluppo delineati da diverse regioni italiane. In sostanza, l’innalzamento e la definizione della qualità dei prodotti agroalimentari rappresentano perciò strumenti indispensabili per dare nuovo impulso e rinnovamento al settore. I recenti sviluppi della normativa europea ed italiana in questo settore hanno conseguentemente mostrato una netta tendenza verso la necessità di fornire al consumatore, oltre ad una sicurezza microbiologica, anche chiare indicazioni su diversi aspetti qualitativi dei prodotti agro-alimentari. La valutazione della qualità e sicurezza di materie prime ed alimenti può attualmente avvantaggiarsi di innovativi strumenti d’indagine molecolari che sono in grado da una parte di affiancare e rafforzare le metodiche ufficiali, ma soprattutto possono rispondere in modo flessibile alle nuove esigenze di tracciabilità, rintracciabilità e certificazione di autenticità, intesa come rispondenza di un prodotto a criteri stabiliti in termini di contenuto, origine e processo produttivo. In particolare, con il termine tracciabilità molecolare vengono indicate metodiche genomiche, proteomiche e metabolomiche capaci di dare indicazioni su diverse caratteristiche di una produzione agraria o di un prodotto agroalimentare, quali sicurezza e qualità, origine geografica, valore nutrizionale, autenticità. Metodiche basate sull’analisi del DNA possono essere, ad esempio, applicate all’identificazione e quantificazione di specie vegetali, animali e microbiche, oltre che di varietà vegetali geneticamente modificate o caratterizzate da un particolare pregio. La composizione in specie vegetali di un alimento può infatti avere risvolti di rilievo sia dal punto di vista della sua sicurezza d’uso, sia della sua qualità. Qui vengono proposti approcci di PCR quantitativa per la tracciabilità di specie cerealicole. Molte caratteristiche qualitative delle materie prime e degli alimenti finiti possono essere inoltre correlate con caratteri controllati geneticamente in particolari genotipi. I metodi fingerprinting sono perciò necessari per caratterizzare e identificare genotipi di alto valore qualitativo. L’uso di marcatori molecolari è stato proposto per la caratterizzazione varietale anche su alimenti finiti: set di marcatori molecolari sono stati infatti applicati per la certificazione di autenticità in diversi prodotti trasformati, quali malto o pasta monovarietale. A questo si aggiunge l’attuale necessità di identificare e quantificare componenti transgeniche in materie prime vegetali ed alimenti e valutarne la persistenza in prodotti animali. Di particolare interesse è il recente sviluppo della tracciabilità molecolare a scopo diagnostico, applicata a specifici problemi microbiologici delle produzioni agro-alimentari. Metodiche molecolari basate sulla tracciabilità e quantificazione di DNA fungino, quali la qPCR, possono ad esempio essere utilizzate per una diagnosi estremamente precoce in campo, dei livelli di contaminazioni da funghi produttori di micotossine, in particolare di Fusaria, produttori di deossinivalenolo e zearalenone. Studi di persistenza e tracciabilità del DNA fungino in seguito a diversi trattamenti tecnologici sono stati inoltre applicati alla filiera di produzione del pane e dei prodotti da forno, ottenendo chiare indicazioni sulla possibilità di seguire l’abbattimento della presenza del fungo e delle relative micotossine. Questi sistemi diagnostici, la loro implementazione e la conseguente messa a punto di sistemi previsionali, potrebbero contribuire ad innalzare i livelli di sicurezza alimentare di filiere strategiche, per le quali la possibilità di contaminazione da patogeni, ma soprattutto da micotossine, rappresenta un rischio emergente. Si può perciò ipotizzare la realizzazione di un sistema integrato di tracciabilità di specie vegetali e microbiche rilevanti ai fini della qualità e sicurezza, oltre che di certificazione di qualità ed autenticità per produzioni di particolare pregio: il risultato finale potrebbe perciò essere lo sviluppo ed applicazione di un prototipo basato sull’analisi del DNA, capace di rispondere alle esigenze di diverse filiere agro-alimentari. 26 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Sviluppo di una piattaforma metabolomica per l’identificazione di composti ad alto valore biologico in frumento duro P. De Vita, R. Beleggia, C. Platani, F. Nigro, D.B.M. Ficco, M. Petraruolo, G. Borrelli, G. Nicastro, L. Cattivelli CRA-(CER) Centro di ricerca per la cerealicoltura di Foggia La metabolomica nel flusso dell’informazione biologica si colloca a valle in stretta connessione con la genomica e con la proteomica. I metaboliti, infatti, possono essere visti come i prodotti finali dell’espressione genica e dell’attività proteica (enzimi) definendo così il fenotipo biochimico di un sistema biologico integrale. In questo senso la piattaforma di metabolomica realizzata presso il CER si pone come uno strumento a sostegno dell’analisi genetica e della genomica funzionale per identificare i determinanti genetici coinvolti nell’espressioni di fenotipi complessi. In particolare gli obiettivi che la piattaforma intende affrontare riguardano: 1) lo sviluppo di metodi analitici rapidi, sensibili e affidabili per lo screening di popolazioni naturali ed artificiali (F2, RILs, ILs); 2) la definizione di protocolli analitici di riferimento, più complessi, ad elevata produttività e affidabilità, per l'analisi multianalita di gruppi di composti per i) comprendere i processi fisiologici delle piante; ii) comprendere le basi genetiche dei caratteri complessi; iii) identificare marcatori biochimici legati alla qualità dei prodotti; iv) sviluppare nuovi programmi di breeding basati sull’utilizzo di metaboliti specifici; v) seguire i cambiamenti durante il processo di maturazione e di trasformazione; ed infine, 3) la determinazione di indagini metabolomiche da condurre in parallelo ad analisi genomiche ad alta processività per lo studio di fenotipi complessi legati alla qualità nutrizionale e l’identificazione di “metabolic QTL”. Attualmente la piattaforma comprende diversi sistemi cromatografici (GC, HPLC, CI), elettroforetici (EC) e spettrometrici (ICP, MS), accoppiati in vario modo tra loro per la separazione, l’identificazione e la quantificazione di molte classi di composti (carotenoidi, vitamine, lignani, metalli, zuccheri, amminoacidi, composti volatili, acidi grassi, acidi fenolici, flavonoidi, fitati, ecc.). Il sistema è stato predisposto in modo da funzionare con un elevato livello di efficienza. Nel corso della relazione sono stati presentati alcuni esempi applicativi per alcune di queste categorie di composti ad alto valore nutrizionale. 27 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Genetica per la valorizzazione qualitativa dei cereali N.E. Pogna, M. Pasquini, L. Gazza, S. Conti, F. Nocente, F. Taddei CRA-(QCE) Unità di ricerca per la valorizzazione qualitativa dei cereali di Roma Nella unità QCE sono utilizzate biotecnologie “avanzate”. Primo fra tutti lo studio delle basi genetiche, biochimiche e molecolari della durezza della cariosside di T. aestivum, T.monococcum e Avena sativa, e l’introgressione dei geni responsabili del carattere durezza in genotipi qualitativamente validi di T. durum per valutarne gli effetti sulla tecnologia delle semole. Sono poi usate le biotecnologie nel campo della genomica e della proteomica per analizzare le proteine del glutine di frumento e di grani primitivi (farro e monococco) che scatenano la malattia celiaca mediante esperimenti in vitro, in vivo ed ex vivo e recentemente anche peptidi che sembrano in grado di proteggere dall’azione delle molecole tossiche. Negli ultimi anni infine, si sta utilizzando un approccio di tipo molecolare, affiancato sempre dai test fitopatologici in serra, per la diagnosi precoce di malattie fungine sul frumento ma anche per il breeding assistito (MAS) e per il “pyramiding” di più geni di resistenza alle malattie fungine all’interno di genotipi di frumento qualitativamente validi. Qui di seguito sono illustrati brevemente i risultati più recenti ottenuti nell’analisi delle basi genetiche e biochimiche della durezza della cariosside dei cereali. Le puroindoline, due polipeptidi associati alla membrana dei granuli d’amido, e coinvolti nella determinazione della durezza della cariosside, sono codificate dai loci Pina-D1 e Pinb-D1, localizzati nel braccio corto del cromosoma 5D. La durezza della cariosside è fondamentale per la determinazione della qualità del prodotto trasformato in quanto influenza fortemente le condizioni di macinazione, la granulometria della farina e il grado di danneggiamento dell’amido. Le puroindoline e i loro geni codificanti sono stati investigate mediante tecniche elettroforetiche e molecolari. Dopo frazionamento A-PAGE le puroindoline appaiono come due bande principali in tutte le specie analizzate. La sofficità della cariosside misurata mediante analisi SKCS è risultata essere associata alla presenza degli alleli wild-type Pina-D1a e Pin-bD1a, mentre una tessitura hard o medium hard è associata o all’assenza di una delle due puroindoline o alla presenza di un nucleotide mutato nella sequenza codificante della Pin-b. Le varietà di grano tenero con la stessa composizione allelica per le puroindoline hanno mostrato una marcata variabilità degli indici di durezza, suggerendo la presenza di altri fattori determinanti nella tessitura della cariosside. Il principale fattore ambientale in grado di influenzare tale parametro è risultato essere il peso del chicco. Tutte le cvs appartanenti alle diverse classi di hardness hanno mostrato una distribuzione normale dell’indice SKCS, con la sola eccezione della cv Enesco, la quale contiene due biotipi, uno con cariosside di tipo soft, avente gli alleli wild-type e l’altro a tessitura hard con alleli Pina-D1b e Pinb-D1a. I due biotipi sono risultati simili per i caratteri agronomici, mentre erano profondamente diversi per alcuni aspetti qualitativi, quali resa in macinazione, assorbimento idrico, parametri alveografici e farinografici. Avena sativa possiede una cariosside estremamente soffice. I nostri risultati suggeriscono che un’altra famiglia proteica strutturalmente simile alle puroindoline, da noi denominate vromoindoline, è responsabile dell’estrema sofficità della cariosside, in questa specie. A seguito della caratterizzazione biochimica e molecolare, le vromoindoline appaiono, come sei famiglie proteiche, tre delle quali codificati da almeno due geni. 28 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Genomica e qualità: analisi dei geni implicati nel post-raccolta in patata e nell’uptake della barbabietola da zucchero coltivate in condizioni di ridotto/nullo input chimico P. Bagnaresi, A. Moschella, P. Stevanato, M. Bertaggia, B. Parisi, F. Miselli, T. Baschieri, E. Biancardi CRA-(CIN) Centro di ricerca per le colture industriali di Bologna L’aumentata sensibilità del consumatore verso tematiche salutistiche e ambientali rende auspicabile, ove possibile, una rimodulazione in tale direzione delle pratiche associate a tutti i segmenti di filiera. Cruciale in tal senso si configura la riduzione degli inputs chimici, che può essere perseguita a vari livelli ed in vari contesti. Nel caso della conservazione della patata per la trasformazione industriale, le basse temperature (4-7 °C) sono alternativa praticabile all’uso di antigermoglianti chimici. Tali temperature tuttavia provocano il ben noto addolcimento da freddo dei tuberi, che a sua volta presiede (tramite la reazione di Maillard tra zuccheri riducenti a composti amminici ad alte temperature) ad un grave scadimento organolettico dei trasformati con produzione dei composti amari e di colorazione nera (melanoidine) e, come in questi ultimi anni si è appurato, alla problematica ben più grave dell’ acrilammide, sostanza neurotossica e genotossica che viene generata anch’essa nella reazione di Maillard. Nonostante l'addolcimento sia noto da più di un secolo, non esiste un chiaro consenso sul contributo preciso degli enzimi associati ai carboidrati (a parte il ruolo cruciale dell’invertasi acida) ed in particolare la genesi del fenomeno stesso e gli eventi molecolari precoci che lo scatenano sono ignoti. Poiché tali incertezze persistono probabilmente a causa delle differenze nei sistemi sperimentali utilizzati e dal mancato uso di metodiche di studio high throughput, si e perciò deciso di intraprendere un profiling dei trascritti a partire al momento dell’incubazione dei tuberi a 4 °C. Tale approccio è inizialmente consistito in una analisi con microarray al fine di discernere membri di famiglie geniche “cold responsive” ed è quindi proseguito con un time-course (26 giorni) dell’accumulo dei trascritti effettuato con Real-time PCR. A causa dell’assenza di una piattaforma microarray commerciale di alta qualità per la patata, si è deciso di utilizzare il GeneChip Affymetrix di pomodoro, stante la estrema prossimità filogenetica delle due solanacee e comunque con l’ulteriore intento di mettere a punto procedure bioinformatiche tese a consentire approcci di ibridazione eterologa. Infatti, sono numerosissimi i casi di piante di interesse commerciale per le quali tuttavia non sia disponibile una piattaforma microarray, con grave menomazione delle potenzialità sperimentali. Tra le procedure investigate, una procedura “Globale” (consistente in un BLAST di tutti i target di pomodoro vs trascritti ed assemblies di patata; TIGR TA) si è generato un “Global Match File” che associa a ciascun probeset di pomodoro il miglior corrispettivo di patata (e relativa annotazione aggiornata) e permette, tramite definizione di parametri ad hoc, di stimare la qualità di tale associazione. E’ così possibile, inoltre, definire cluster di geni altamente affidabili. Un ulteriore approccio permette “adattamento” del GeneChip di pomodoro ai geni di patata escludendo dai probeset solo i probes non identici tra le due specie tra il gene di pomodoro e la controparte di patata. In questo modo (laddove esistano informazioni di sequenza per la specie d’interesse) si ottimizzano le stime di espressione mantenendo l’opzione di osservare il dato “grezzo” di espressione genica sulla totalità dei geni rappresentati nel GeneChip. Ulteriori analisi sono infine state condotte al fine di stabilire quale procedura di analisi dati (solo PM; PM-MM, GC-RMA, etc) presentasse maggiore consistenza sperimentale coi dati di Real-Time PCR, sottolineando l’importanza di includere i probes MM nel calcolo. Tale metodica ha consentito notevoli progressi sulla comprensione dell’addolcimento tra cui, in estrema sintesi: i) andamento bifasico dell’espressione per vari geni associati ai carboidrati; ii) identificazione a livello di sequenza di attività enzimatiche da lungo tempo note per la partecipazione all’addolcimento come β-amilasi ed invertasi neutre; iii) induzione di geni associati ai processi redox ed alla sintesi e risposta a specifici ormoni che potrebbero accompagnare o addirittura veicolare l’addolcimento, con importanti conseguenze pratiche e concettuali per la comprensione del fenomeno. Lo sviluppo di varietà di barbabietola da zucchero che richiedono minori input tecnici per la coltivazione rappresenta una delle principali domande di ricerca da parte della filiera bieticola-saccarifera. A tal fine la ricerca genetica si sta focalizzando su programmi di miglioramento assistito da marcatori genetici. Tra i vantaggi di queste tecniche vi è quello di aver reso più rapido, preciso e meno costoso il lavoro di selezione. Ciò anche grazie al supporto di nuove tecnologie genomiche high-throughput (ad alta processività) che consentono il monitoraggio tempestivo e simultaneo su migliaia di individui delle modificazioni indotte dai procedimenti di breeding. In questo ambito si collocano i progetti di ricerca genomica in essere presso il CRA-CIN Sede distaccata di Rovigo che hanno come obiettivo l’identificazione di geni e complessi genici coinvolti nei meccanismi di risposta adattativa alla carenza idrico-nutrizionale da trasformare in marcatori molecolari. Su linee parentali di barbabietola caratterizzate da diverso comportamento rispetto allo stress nutrizionale, è stata condotta l’analisi del trascrittoma mediante tecnica cDNAAFLP, al fine di isolare frammenti genici differenzialmente espressi in risposta alla carenza nutrizionale. Sulla progenie F1, ottenuta dall’incrocio di due linee parentali caratterizzate da diverso sviluppo radicale, è stata inoltre effettuata l’analisi BQA (Bulk QTL Analysis) con l’obiettivo di identificare loci genici che governano lo sviluppo radicale. L’attività ha finora portato all’individuazione di marcatori molecolari utili alla selezione assistita della barbabietola da zucchero: i) caratteri morfofunzionali dell’apparato radicale legati alla produttività; ii) geni coinvolti nei meccanismi di risposta allo stress nutrizionale; iii) regioni cromosomiche (QTL) associate allo sviluppo della radice. Obiettivo finale è la messa a punto di metodi innovativi basati su marcatori molecolari per la selezione assistita della barbabietola da zucchero e la produzione di linee parentali e ibridi di barbabietola dotati di superiore adattabilità a condizioni ambientali avverse. 29 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 La selezione per la qualità dei prodotti e il benessere animale Bianca Moioli CRA-(PCM) Centro di ricerca per la produzione delle carni e il miglioramento genetico di Roma La ricerca si caratterizza per la novità dei caratteri studiati, che rappresentano forti esigenze attuali nell’ambito delle produzioni animali: qualità dei prodotti (latte, carne, formaggi); caratteristiche edonistiche per il consumatore (sapidità, tenerezza); caratteristiche per la salute del consumatore (quantità e distribuzione delle varie tipologie di grassi); benessere animale (suscettibilità alle malattie e sensibilità allo stress). Per le metodiche di indagine impiegate, lo studio rappresenta quanto di più avanzato è disponibile in scienze ad alto contenuto tecnologico e di innovazione, come la genomica, la trascrittomica e la proteomica. L’approccio genomico, trascrittomico e proteomico vengono seguiti in parallelo per analizzare animali con caratteristiche fenotipiche estreme, e le ricerche da effettuarsi mediante ciascuna metodica vengono rimodulate man mano che si acquisiscono risultati informativi da parte delle altre metodiche. La genomica segue l’approccio del gene candidato che consiste nell’ipotesi, basata su studi di fisiologia, che alcuni geni, detti “candidati” svolgano un ruolo importante nella manifestazione del carattere su cui si sta indagando. Una volta individuati i geni, questi vengono sequenziati in individui fenotipicamente diversi alla ricerca di varianti alleliche responsabili della diversa manifestazione fenotipica. Lo studio a livello del trascrittoma attraverso l’ impiego dei microarray permette di ipotizzare quali sono i geni responsabili della manifestazione del carattere senza conoscerli a priori, analizzando il livello di espressione individuale di animali con caratteristiche estreme. Ibridando campioni provenienti da animali con caratteristiche estreme è possibile identificare i geni che vengono espressi in maniera differenziale e di seguito studiare il loro coinvolgimento in processi metabolici correlati con la condizione in esame. L’approccio proteomico dà la possibilità di ottenere un quadro quanto più ampio possibile di tutte le differenze metaboliche esistenti tra due individui; dalla proteina è possibile risalire ai geni che vengono espressi in maniera differenziale. Sono stati analizzati 22 geni candidati per la qualità del grasso del latte e della carne (bovini, ovini e suini); 5 per la sensibilità allo stress nel periparto della bovina; 2 per la suscettibilità alle malattie e l’anticipo della pubertà nelle bufale; sono state trovate varianti con effetto significativo sulla quantità e qualità del grasso del latte nei seguenti geni: Fatty AcidBinding Protein 4, Peroximose Proliferator-Activated Receptor Alpha, Insulin-like Growth Factor I, Acyl-CoA Dehydrogenase, Diacylglycerol Acyltransferase 1. L’RNA è stato estratto dal tessuto epatico di individui di due razze bovine con attitudini opposte estreme, Chianina e Frisona e ibridato su vetrini costituiti da circa 14k di cDNA bovino in replica. La scansione e la quantificazione delle immagini ottenute ha individuato 300 geni differenzialmente espressi nelle due razze. Le proteine sono state estratte dagli stessi tessuti epatici utilizzati per l’estrazione dell’RNA e sono state sottoposte a elettroforesi (prima dimensione ISOELETTROFOCUSING; seconda dimensione SDS PAGE); l’analisi di immagine ha rivelato diversi spots sovra-espressi in entrambe le specie: gli spots individuati sono stati sottoposti a digestione triptica e i peptidi sono stati analizzati in HPLC e spettrometria di massa tandem (MS/MS) per l’identificazione delle proteine. Sono state trovate 30 proteine, differenzialmente espresse nelle due razze. Otto di queste proteine sono state confermate dall’analisi microarray. 30 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Associazione tra indagine genomica e caratterizzazione fenotipica dell’animale per gli aspetti connessi alla resistenza alle patologie di allevamento ed alla qualità dei prodotti Fabio Abeni CRA-(FLC) Centro di ricerca per le produzioni foraggere e lattiero-casearie di Lodi-Sede distaccata Cremona L’attività del FLC sta subendo una transizione dall’impiego esclusivo delle vecchie metodologie di indagine all’adozione di nuovi strumenti basati sulle nuove tecnologie. Se da un lato tali tecniche sono a supporto delle scelte per il miglioramento genetico della specie o razza, dall’altro lato sono uno strumento di miglioramento dell’efficienza della ricerca nel settore della fisiologia e delle tecniche di allevamento degli animali. I primi approcci verso queste nuove metodologie sono quelli relativi alla caratterizzazione fenotipica delle bovine dal punto di vista ematologico, in momenti critici della loro carriera in allevamento, per verificare le associazioni con differenti genotipi per geni collegati a: citochine e loro recettori; chemochine e loro recettori; geni legati ad aspetti metabolici connessi alle variabili ematologiche considerate. Un aspetto importante è quello della tipizzazione degli animali per ricerche che hanno il loro perno nella reazione dell’asse somatotropico della bovina al trattamento sperimentale applicato. Particolare importanza è rivestita dalla conoscenza del genotipo per l’ormone somatotropo GH e per i suoi recettori. La sostituzione di un singolo nucleotide nell’esone V del gene GH determina una variante con sostituzione della leucina (Leu) da parte della valina (Val), che ha una ricaduta significativa in termini sia di risposta dell’asse somatotopico a seguito di stimolazione (picco di GH e livello di IGF-I), sia in termini produttivi. La conoscenza del genotipo GH delle bovine, impiegate nelle ricerche sull’accrescimento della manza e sulla produzione dell’animale adulto, determinerebbe enormi benefici in termini di comprensione dei risultati ottenuti e di programmazione di nuovi esperimenti per esaltare eventuali vantaggi derivanti dal genotipo mediante una più mirata gestione zootecnica. Analogo discorso può essere fatto per il gene leptina, per il quale sono stati evidenziati polimorfismi con importanti implicazioni zootecniche, soprattutto per la produzione di latte e proteina. Un campo di ricerca di particolare interesse per la bovina da latte è quello della regolazione nutrizionale dell’espressione genica. Un esempio significativo è rappresentato dalla differente risposta in termini di attivazione di enzimi epatici da parte dei diversi acidi grassi. E’ fondamentale la comprensione dei meccanismi più intimi di risposta della bovina alle variazioni nella dieta, soprattutto in momenti delicati per il suo metabolismo (ad esempio, nel periparto). Altri autori hanno evidenziato il potenziale che deriva dall’affiancamento del tradizionale approccio di monitoraggio ormonale e metabolico, mediante dosaggio diretto nel plasma e nel siero, alla valutazione dell’espressione a livello epatico dei geni coinvolti nella risposta animale. Sembra essere particolarmente stimolante la possibilità di indagare i meccanismi che regolano l’espressione genica nei leucociti, per le interazioni che emergono sempre più tra questa ed il metabolismo dell’animale durante la crescita. Infine, per le importanti conseguenze che ne derivano sullo sviluppo del sistema riproduttivo (inclusa mammella), è importante la possibilità di controllare il differente livello di attivazione di geni coinvolti nella mammogenesi a seguito di trattamenti alimentari durante le prime fasi di vita della bovina. Per quanto attiene agli aspetti di genomica, l’obiettivo è quello di poter genotipizzare per i caratteri di interesse sperimentale i soggetti da inserire nelle prove. Per quanto concerne la trascrittomica, si vorrebbe proseguire nell’acquisizione delle tecniche di studio dell’espressione genica soprattutto per alcune cellule, quali quelle del sangue, sulle quali abbiamo già impostato una ben precisa linea di ricerca volta a indagare, soprattutto, i rapporti tra alimentazione, metabolismo e aspetti connessi all’immunità innata. Infine, per quanto attiene maggiormente all’area della proteomica (e metabolomica), si auspica di poter collaborare con altre strutture al fine di valorizzare al massimo le potenzialità di indagine offerte dalle linee di ricerca sopra descritte. 31 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Impiego della Biologia Molecolare per il miglioramento qualitativo degli alimenti e dei prodotti zootecnici. Paola Del Serrone CRA-(PCM) Centro di ricerca per la produzione delle carni e il miglioramento genetico di Monterotondo (RM) Il progredire della Biologia Molecolare, intesa come studio delle macromolecole informazionali (acidi nucleici e proteine) e dei meccanismi che sono alla base dell’espressione e dell’ereditarietà dei caratteri, ha aperto nuovi fronti della ricerca e lo sviluppo di appropriate tecniche di conoscenza. Verrano di seguito elencate alcune applicazioni utilizzate in Progetti di ricerca svolti presso il PCM per il miglioramento qualitativo degli alimenti e dei prodotti zootecnici a sostegno di una zootecnia nazionale di qualità. Per quanto riguarda la qualità microbiologica della carne, del latte e dei loro derivati varie tecniche di biologia molecolare sono state impiegate: - nell’identificazione e caratterizzazione genotipica di microrganismi associati a latte e carne ed ai loro prodotti derivati per l’accettabilità al consumo, l’idoneità alla trasformazione, per la loro tipicizzazione, e la salvaguardia della biodiversità delle popolazioni microbiche; - nella produzione di diagnostici e lo sviluppo di protocolli di diretta leggibilità idonei all’applicazione su un elevato numero di campioni da analizzare; - nella selezione, l’identificazione, la caratterizzazione ed il mantenimento di microrganismi potenzialmente utili per la conservazione, sicurezza e miglioramento qualitativo dei prodotti zootecnici. Inoltre si intende applicare i metodi innovativi di diagnosi con la microbiologia predittiva, la sensoristica e la tecnologia RFid per la rintracciabilità del prodotto e la valutazione del rischio (RAS Eeg CE 178/2002). Ma le tecniche molecolari sono anche state utilizzate per l’identificazione delle specie in alimenti di origine animale permettendo per esempio di discriminare latte bovino da quello bufalino e per l’individuazione di geni che determinano la tenerezza della carne. Questa può essere, infatti, valutata sulla espressione differenziale della proteina Hsp40, una componente della fibra muscolare. Per quanto riguarda invece gli alimenti zootecnici, particolare attenzione è stata rivolta all’uso delle piante officinali impiegate in zootecnia anche a fini terapeutici. Le piante medicinali o i loro derivati, intesi anche come precursori di sintesi chimico-farmaceutiche, ricadono nella disciplina legislativa dei farmaci per uso umano e veterinario. Il loro impiego deve essere conseguente alla validazione della loro qualità, efficacia e sicurezza d’uso. Anche in questo settore della ricerca sono state applicate tecniche di Biologia Molecolare per: - l’identificazione in prodotti commerciali di droghe vegetali appartenenti allo stesso genere ma di specie differenti da quelle riportate in Farmacopea; - lo studio in vitro dell’attività biologica di metaboliti secondari sulla replicazione di virus di rilevante importanza nel settore zootecnico, come interazione diretta con l’acido nucleico o per inibizione della sintesi proteica; - per studi in vivo ed in vitro sulla attività biologica di metabolici vegetali sulla fertilità (RGA Reporter Gene Assays su linee cellulari MCF7, COS1). 32 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Caratterizzazione molecolare di batteri di interesse alimentare: applicazioni nel settore lattiero-caseario Giorgio Giraffa, Lia Rossetti, Maria Emanuela Fornasari, Barbara Bonvini, Miriam Zago, Domenico Carminati CRA-(FLC) Centro di ricerca per le produzioni foraggere e lattiero-casearie di Lodi Nell’ambito dei batteri di interesse alimentare i batteri lattici, che sono un gruppo eterogeneo di microrganismi ampiamente diffusi in natura, sono di estrema importanza nella trasformazione e conservazione di molti alimenti. Essi rivestono un ruolo essenziale nelle biotecnologie agroalimentari, in virtù soprattutto delle loro proprietà di interesse tecnologico, determinanti per definire le caratteristiche qualitative dell’alimento, ma anche per le proprietà probiotiche, importanti per gli aspetti salutistici e nutrizionali che possono svolgere. Molti batteri lattici hanno un notevole valore commerciale poiché sono impiegati come starter in svariati alimenti fermentati. Inoltre, alcune specie mostrano una serie di proprietà biologiche ritenute utili per un’applicazione come probiotici. Al riguardo, studi recenti hanno dimostrato che il carattere probiotico di un ceppo non dipende dall’origine dello stesso ma è una caratteristica speciee/o ceppo-specifica. Ciò potrebbe aprire nuove frontiere nell’individuazione di microrganismi probiotici. Recentemente, sono stati pubblicati studi che riportano il carattere di potenziali probiotici di microrganismi appartenenti alle specie Lactobacillus casei e Lactobacillus plantarum isolati da formaggi artigianali di varia provenienza. Per tutte queste ragioni è pertanto necessario stabilire dettagliati criteri classificativi per i batteri lattici e sviluppare metodi affidabili e rapidi per una loro identificazione e caratterizzazione. I metodi tradizionali di conta, identificazione e caratterizzazione dei batteri lattici risultano spesso insufficienti per valutare la dinamica di particolari ceppi o specie in popolazioni microbiche complesse o in colture miste. Ultimamente lo sviluppo esponenziale di tecniche di identificazione e biotipizzazione molecolari, la conoscenza di un sempre più ampio numero di sequenze geniche e l’impatto delle tecnologie informatiche nella diagnostica microbiologica, hanno permesso di incrementare le conoscenze sulla diversità microbica nei batteri lattici e hanno concorso nella definizione di nuove discipline dell’ecologia microbica alimentare: l’ecologia microbica molecolare e la diagnostica molecolare. Questi strumenti oggi permettono indagini sempre più fini e mirate sui microrganismi anche qualora essi si trovino in uno stato di incoltivabilità, in virtù dell’introduzione di analisi coltura-indipendenti, basate sulla presenza di acidi nucleici integri all’interno di cellule vitali. Scopo di questa presentazione è di fornire un quadro riassuntivo delle indagini svolte a tutt’oggi presso la nostra struttura e volte a ottenere una caratterizzazione di batteri lattici di origine casearia mediante applicazioni di tecniche di biologia molecolare e bioinformatica. In virtù delle nuove possibilità diagnostiche e delle conoscenze scientifiche offerte dalla tassonomia polifasica emerge chiaramente che solo una visione multidisciplinare, comparata, delle informazioni biologiche su un dato organismo può consentire una conoscenza non solo dell’evoluzione filogenetica dei microrganismi ma anche del loro significato ecologico e funzionale negli alimenti ad essi associati. Inoltre, la disponibilità di sequenze genomiche complete di numerose specie lattiche consente la ricerca mirata di ceppi con particolari caratteri fenotipici di interesse biotecnologico. Nello specifico, saranno riportati due esempi significativi applicati nel nostro laboratorio: la ricerca in lattobacilli mesofili del gene associato all’attività glutammato deidrogenasi (gdh) e di quello codificante per la proteina adesina mannosio-specifica (msa). 33 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Monitoraggio della contaminazione da OGM delle principali coltivazioni di interesse agrario attraverso lo studio della matrice polline raccolto da Apis mellifera Donato Tesoriero CRA-(API) Unità di ricerca di apicoltura e bachicoltura di Bologna Il monitoraggio ambientale si avvale di indicatori che possono essere fisici, chimici e biologici in quest’ultimo caso si parla di bio-indicatori. Un indicatore deve soddisfare criteri di pragmaticità, semplicità, chiarezza ed affidabilità. Negli ultimi anni in Italia sono state autorizzate diverse sperimentazioni che coinvolgono colture OGM selezionate per resistenze agli erbicidi, virosi, insetti, per il miglioramento della qualità e l’ottenimento di frutti partenocarpici; abbiamo tra gli altri pomodori, melanzane riso, mais, grano, barbabietola, soia, colza, cotone, varie piante da frutto e persino piante ornamentali (dati rintracciabili presso il sito http://gmoinfo.jrc.it/). La presenza di OGM in pieno campo comporta il rischio di trasmissione di transgeni ad altri individui (flusso genico) attraverso l’incrocio sessuale. La probabilità di tale evento è in funzione sia della biologia fiorale che delle condizioni ambientali. In questa ottica particolarmente interessante potrebbe essere la messa a punto di procedure di individuazione e quantificazione di transgeni vegetali e della loro diffusione per mezzo della raccolta di pollini. Metodi di campionamento di polline associati alle normali tecniche di biologia molecolare potrebbero essere standardizzati nell’ambito di procedure comuni per la messa a punto di un sistema di monitoraggio. Il CRA-API propone l’utilizzo delle api, già impiegate, ad esempio, per il monitoraggio di vari contaminanti. In Italia è già avvenuto un episodio di contaminazione da OGM su vasta scala nel 2003 con mais GM Pioneer prodotto dalla Monsanto. Questo controllo cosiddetto “post-rilascio”, tra l’altro è reso obbligatorio da Direttive Europee e successivamente recepite in Italia. Le api hanno il vantaggio di essere pressoché ubiquitarie ed hanno modeste esigenze alimentari. Inoltre ciascun alveare è provvisto di diverse migliaia di api bottinatrici, addette all’approvigionamento di polline e nettare per la famiglia, con elevata mobilità in un raggio di bottinamento medio di 1,5 km. Le api visitano tutti i settori ambientali e intercettano i pollini presenti sui fiori e quelli aerodispersi in un’area di 7 km2. Inoltre il CRA-API insieme con la Facoltà di Agraria di Bologna da tempo opera nel settore del monitoraggio mediante le api in tutta Italia ed ha realizzato numerosi lavori su metalli pesanti, benzo[a]pirene, pesticidi, radionuclidi, microorganismi fitopatogeni ed ha attualmente in fase di studio il monitoraggio di diossine ed esplosivi. Il mais pur essendo capace di auto-fecondazione, è essenzialmente una specie allogama: in condizioni di coltivazione in campo aperto, almeno il 95% dei semi prodotti è il risultato di impollinazione incrociata tra piante diverse. Il polline del mais, disperso dal vento può mantenersi vitale per alcuni giorni in condizioni favorevoli di tempo fresco e umido, o solo poche ore in condizioni sfavorevoli. Esso può essere trasportato senza perdere vitalità anche molto lontano e produrre ibridi in un’altra coltivazione di mais. Molti studi riportano che la maggior parte della contaminazione genica, si esaurisce entro poche decine di metri dal campo, tuttavia è ampiamente dimostrato che, nel mais, essa si verifica anche molto oltre i cento metri di distanza dal campo sorgente. In particolari condizioni climatiche, può essere trasportato da correnti d’aria d’alta quota per cadere al suolo anche a dozzine di chilometri di distanza. Le api stesse potrebbero trasportarlo lontano. Il suo polline è attrattivo e in certi ambienti, con poche risorse trofiche, il polline di mais può essere l’unica risorsa disponibile. La soia in Europa non ha specie spontanee affini e distanze di isolamento di 100 m sono ritenute adeguate a garantire una buona sicurezza contro i rischi di flusso genico. Tuttavia, complice una fioritura tardiva (luglio-settembre) ed una certa appetibilità del polline, può essere dispersa dalle api a distanze importanti. La colza fiorisce mediamente nella prima decade di aprile, è un’ottima nettarifera ed ha un polline estremamente attrattivo per le api. È una specie con un alto livello di fecondazione incrociata e presenta specie spontanee sessualmente compatibili. La dispersione anemofila è consistente (fino a 3000 metri) sia per il peso non elevato del granulo sia per l’enorme produzione per fiore. Il protocollo sperimentale prevede l’allestimento di centraline sperimentali ciascuna costituita da due alveari. Settimanalmente vengono prelevate le pallottoline di polline dalle api bottinatrici mediante la sistemazione, all’entrata della colonia, di apposite trappole. Verrà altresì prelevato il polline dal pelo delle api in entrata. Il materiale così raccolto fornirà una indicazione temporale coincidente col momento del prelievo. Diversamente il polline prelevato dall’interno dei favi del nido fornirà una indicazione precedente nel tempo. Contemporaneamente verrà eseguita, mediante ispezione in loco, una mappa vegetazionale della zona di bottinamento di ciascuna stazione con particolare riferimento alle colture oggetto di studio. In tal modo sarà possibile, attraverso la caratterizzazione microscopica del polline raccolto, stabilire con una certa approssimazione l’area ispezionata dalle api ed eventualmente circostanziare la fonte di polline OGM. Per indagare sulla eventuale presenza di pollini OGM si ricorre a tecniche biomolecolari basate sia sull’espressione genica che sulla sequenza del DNA. Nel primo caso si utilizza l’ELISA che presenta vantaggi economici ma sono meno precisi: i falsi negativi possono derivare da proteine OGM a bassa espressione, o non espresse nel polline, e anche l’integrità delle strutture terziarie e/o quaternarie della proteina. Più sicure sono spesso le tecniche basate sul DNA. Dopo averlo estratto, il DNA purificato viene sottoposto ad una PCR qualitativa basata sull’individuazione del promotore CaMV 35S e/o NOS (terminatore nopalina sintetasi). Queste sequenze sono caratteristiche di tutti gli OGM. In caso di campioni positivi, si procede successivamente all’esecuzione di una PCR specifica che utilizza primers specifici per ciascun transgene così da identificare il tipo di OGM. La quantificazione mediante Real Time PCR potrebbe infine stabilire il grado di contaminazione ambientale. Infine viene elaborata una mappa dei siti contaminati e grado di presenza. In un precedente studio degli effetti della 34 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Colza-Bt (GT-2-4) sull’attività di bottinamento di A. mellifera in ambiente confinato, abbiamo rilevato, mediante ELISA, l’espressione del gene specifico Cry1Ac responsabile della trascrizione della proteina Cry di Bacillus thuringensis. E’ stato altresì quantificato il contenuto della proteina Cry nel polline. Nello studio in questione sono stati indagati i possibili effetti subletali causati all’ape dall’esposizione alla colza GM. Sono state confrontate le frequenze di api osservate e attese sui fiori di pianta isogenica e transgenica, il tempo medio di permanenza delle api sui fiori e le frequenze di spostamento tra i fiori. Non sono state evidenziate differenze statisticamente significative. La prova è stata condotta in semicampo a circa 26°C. A questa temperatura non sono state osservate differenze fenotipiche tra piante di colza isogenica e transgenica tuttavia l’esame di piante tenute a 18°C ha mostrato, in accordo con altri autori, che i fiori della linea isogenica producono, nel primo giorno, significativamente più nettare rispetto alle piante transgeniche e più ricco di zuccheri. Essi pertanto potrebbero risultare più attrattivi in prove condotte a temperature analoghe. In conclusione è necessario monitorare scrupolosamente la contaminazione da colture OGM dovuta sia a flusso genico sia a contaminazione dei semi utilizzati dal momento che l’attuale legislazione in Italia ne vieta la coltivazione eccetto per uso sperimentale opportunamente autorizzato. Inoltre non si è sufficientemente indagato a fondo il loro impatto sulle api, sugli altri animali e sull’uomo. Sarebbe auspicabile la creazione di una rete di sorveglianza nazionale che agisca prima che i prodotti finiscano nella filiera alimentare. 35 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Il suolo e le biotecnologie Stefano Mocali, Anna Benedetti CRA – (RPS) Centro di ricerca per lo studio delle relazioni tra pianta e suolo di Roma Negli ultimi anni si è resa sempre più irrinunciabile l’applicazione delle biotecnologie e delle tecniche biomolecolari allo studio della fertilità del suolo al fine di incrementare la qualità e la produttività del sistema suolo-pianta. Infatti, non è sufficiente ottimizzare la capacità produttiva delle piante se non si tiene conto della qualità e della fertilità del suolo in cui queste vengono coltivate, ed è ormai noto che tali caratteristiche sono dettate e controllate dai microrganismi che in esso risiedono e che lo rendono un vero e proprio sistema vivente. Il CRA-RPS, dopo aver maturato una notevole esperienza in settori biotecnologici tradizionali legati alla fertilità biologica del suolo (es. messa a punto di tecniche di compostaggio in ambienti aerobi ed anaerobici, di biofertilizzatori, di tecniche di fitodepurazione, ecc.), dal 2001 si è dotato di un laboratorio di biologia molecolare in cui le più moderne tecniche di fingerprinting (DGGE, ARDRA, RAPD, T-RLFP, ecc.) vengono applicate allo studio della fertilità biologica del suolo e alla sua biodiversità attraverso due tematiche: 1) Indicatori di qualità e sostenibilità del suolo; 2) Studio e conservazione della biodiversità e delle risorse genetiche del suolo. Lo studio del suolo richiede un approccio multidisciplinare in cui le tecniche molecolari si affianchino a quelle biochimiche ed ecofisiologiche. Tuttavia l’applicazione delle tecniche di biologia molecolare allo studio della biodiversità microbica del suolo si scontra con enormi difficoltà, sia di carattere conoscitivo che tecnico. Infatti si stima che solo l’1% dei microrganismi del suolo sia coltivabile in vitro e pertanto, se si considera che in un grammo di suolo naturale possono essere presenti miliardi di batteri suddivisi in 6.000-10.000 specie diverse, è facile immaginare le difficoltà che possono avere i ricercatori a capire “CHI fa CHE COSA” nel suolo. Grazie alle tecniche molecolari, nonostante le difficoltà legate alla riproducibilità delle tecniche utilizzate per l’estrazione del DNA dal suolo, l’amplificazione di geni target, ecc. che varia in funzione delle caratteristiche chimico-fisiche specifiche di ciascun suolo, è possibile ottenere informazioni sulla biodiversità genetica e funzionale dei microrganismi tellurici anche senza isolarli, utilizzando direttamente le informazioni contenute nei loro acidi nucleici. Molti progetti mirati allo studio e la messa a punto di tali strumenti sono stati condotti in collaborazione con gruppi afferenti al CRA, con molte Università nazionali ed internazionali e la pubblicazione dell’handbook dal titolo “Microbial methods to assessing soil quality” (Bloem, J., Hopkins, D. and Benedetti, A. Eds - CAB International, 2006) ne costituisce un esempio. Nonostante le difficoltà gli strumenti che abbiamo a disposizione, se correttamente applicati, ci consentono di ottenere accurate informazioni sulle specie microbiche dominanti presenti nel suolo. In questi anni sono stati condotti studi sulla biodiversità di suoli sottoposti ad inquinamento di metalli pesanti, idrocarburi, prodotti fitosanitari e fertilizzanti, o in presenza di OGM. In particolare sono stati finanziati progetti di ricerca dal Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali, dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero della Salute e dalla Regione Lazio per lo studio e il monitoraggio degli effetti potenziali diretti e indiretti, immediati e differiti di piante OGM e dei loro residui sul suolo, come richiesto dal D.L. 224/2003. Lo studio della diversità microbica del suolo ha recentemente permesso di individuare batteri del suolo “elettrigeni”, cioè che hanno la capacità di bonificare il suolo dalla presenza di metalli pesanti e di produrre energia elettrica direttamente. Attualmente in altri paesi del mondo si stanno sviluppando alcuni sistemi detti MFC (Microbial Fuel Cells) che sfruttano questi batteri per il trattamento di acque reflue. Il progetto da noi proposto prevede di individuare nuove specie da utilizzare per l’allestimento di MFC per la produzione di energia elettrica a partire da biomasse di scarto della filiera agroalimentare. Le prospettive future delle biotecnologie del suolo dovranno confrontarsi con la“metagenomica” che si sta già iniziando ad utilizzare nei più moderni laboratori del mondo, ma al momento tali approcci sono fuori dalla nostra portata. 36 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Marcatori molecolari per l’identificazione di nematodi e artropodi di interesse fitosanitario T. Irdani, E. Cosi, S. Simoni, P. F. Roversi CRA- (ABP) Centro per l’agrobiologia e pedologia di Firenze La corretta identificazione di organismi di interesse agro-forestale di rilevante importanza fitosanitaria inclusi tra i nematodi e gli artropodi è un prerequisito essenziale per l’adozione di strategie di protezione delle piante. In tale ambito le tecniche di diagnosi molecolare sono sempre più in uso nei laboratori di tassonomia e vengono utilizzate correntemente dai servizi di protezione delle piante deputati al controllo di organismi da quarantena. La diagnosi molecolare trova peraltro ampio utilizzo nella prassi comune di supporto agli operatori agricoli che quotidianamente sono impegnati nella difesa delle colture. Gli strumenti utilizzati per la tassonomia molecolare si basano essenzialmente su metodi che applicano la reazione a catena della polimerasi o PCR che, partendo dal DNA, realizzano indagini per loro natura indipendenti dall’influenza dell’ambiente circostante e dallo stadio di sviluppo del fitoparassita. Dette metodiche, consentono inoltre analisi estremamente rapide a partire anche da campioni apparentemente inconsistenti, fatti da singoli esemplari o pochi individui. Le amplificazioni del DNA generalmente riguardano regioni specifiche del DNA come sequenze di DNA mitocondriale, DNA satellite o quello ribosomale. Molto utilizzate le regioni ITS del rDNA che poi vengono meglio caratterizzate mediante digestione o ITS-RFLP. Altre volte, ci si basa su amplificazioni casuali o random del DNA, come nel caso delle analisi RAPD. Alcune di queste tecniche consentono non solo l’identificazione ma anche eventuali analisi filogenetiche delle specie in studio. Interesse del settore fitosanitario è anche quello di identificare geni coinvolti nell’interazione ospite-parassita. A tal riguardo, sono state avviate presso il centro CRA-ABP di Firenze, prove d’infezione con nematodi galligeni del genere Meloidogyne su piante di tabacco capaci di sovraesprimere un recettore animale per gli ormoni steroidei. 37 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Il germoplasma olivicolo italiano: caratterizzazione molecolare e valorizzazione dei genotipi Muzzalupo Innocenzo, Enzo Perri CRA- (OLI) Centro di ricerca per l'olivicoltura e l'industria olearia di Rende (CS) L’olivo è una delle più antiche e importanti piante coltivate del bacino Mediterraneo. In Italia l'olivicoltura si è diffusa su un territorio molto vario per ubicazione e per caratteristiche climatiche e pedologiche. Dalla letteratura sono segnalati numerosissimi genotipi di olivo presenti sul territorio italiano di cui 390 sono indicati nell’elenco dello schedario olivicolo (Schedario olivicolo supp. G.U. 5/94), 538 segnalate dalla FAO e recenti aggiornamenti bibliografici hanno fatto salire questa lista a 680 accessioni. Tale situazione porta inevitabilmente ad uno stato di confusione nella individuazione, enumerazione e classificazione delle varietà di olivo presenti in Italia dovuto anche a molteplici casi di sinonimia ed omonimia. Ai fini di una più corretta ed organica caratterizzazione, classificazione, eventuale valorizzazione e conservazione, allo scopo della salvaguardia della biodiversità e dell’utilizzazione per futuri programmi di miglioramento genetico, il CRA-OLI ha da lungo tempo avviato l’allestimento di un campo collezione del germoplasma olivicolo nazionale che attualmente raccoglie oltre 500 accessioni. Per l’identificazione e caratterizzazione morfologica e bio-agronomica, è stata utilizzata la scheda elaborata da un gruppo di ricerca del Consiglio Olivicolo Internazionale, mentre per la caratterizzazione molecolare, si stanno utilizzando, visti i buoni risultati ottenuti per l’elevato grado di eterozigosità che riescono ad evidenziare, i marcatori microsatellite o SSRs. Tale iniziativa del CRA-OLI ha come obiettivo, oltre a un riordino varietale ed a garantire la conservazione dei genotipi presenti sul territorio nazionale, la salvaguardia della biodiversità, nonché l’individuazione di genotipi di pregio da utilizzare per futuri programmi di miglioramento genetico. 38 Messa a punto di tecniche di biologia molecolare per l’identificazione e la caratterizzazione di lieviti e batteri. Applicazioni nel settore enologico. E. Garcia-Moruno, E. Vaudano, M. Cersosimo, A. Costantini, V. Del Prete CRA – (ENO) Centro di ricerca per l’enologia di Asti Presso il Centro di ricerca per l’enologia di Asti sono state messe a punto diverse tecniche di biologia molecolare che permettono: - l’identificazione intraspecifica (Polimorfismo dei microsatelliti) dei lieviti S. cerevisiae, responsabili delle fermentazioni alcoliche; - l’identificazione e caratterizzazione di ceppi di batteri lattici produttori di ammine biogene mediante tecniche di PCR. I batteri lattici, ed in particolare Oonococcus oeni, sono coinvolti nei processi di fermentazione malolattica dei vini; - l’individuazione e la quantificazione in tempo reale della presenza di Brettanomyces bruxellensis direttamente dalla matrice vino (Real time PCR). Tale lievito è responsabile della produzione di etilfenoli, che conferiscono odori sgradevoli nei vini in affinamento; - l’identificazione intraspecifica dei ceppi Brettanomyces bruxellensis (PFGE e RAPD multiplex). Le applicazioni di queste tecniche nel settore enologico sono principalmente le seguenti: - Il controllo di lieviti e batteri acquistati come starter per le fermentazioni alcoliche e malolattica; - L’analisi di dominanza del ceppo inoculato; - La caratterizzazione dei ceppi in relazione alla sicurezza alimentare (assenza di produzione di sostanze tossiche); - Il controllo dell’eventuale presenza di microrganismi contaminanti, in particolare Brettanomyces e batteri produttori di ammine. L’attività di ricerca è supportata dal mantenimento di una collezione di lieviti (1200) e batteri (300) di interesse enologico importanti per lo studio della biodiversità dei microrganismi, in quanto i ceppi sono stati isolati da molti anni da uve, vini e mosti provenienti dall’Italia e da altre parti del mondo. 39 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Dal progetto “Approcci genomici...” a “Vigna”: un percorso per lo sviluppo di strumenti molecolari utili alla caratterizzazione dei vitigni M. Crespan CRA – (VIT) Centro di ricerca per la viticoltura di Conegliano (TV) La vite è la coltura arborea da frutto più diffusa al mondo e riveste un ruolo economicamente rilevante per la nostra agricoltura. Il ruolo delle collezioni di germoplasma è fondamentale sia per la conservazione dei materiali che per la pianificazione dell’attività sperimentale. I materiali sono un punto di forza del nostro ente, un elemento strategico per partecipare ai progetti, alla stessa stregua di laboratori ben attrezzati e sistemi informatici aggiornati. Vengono presentate considerazioni generali sulle dinamiche che hanno articolato i due progetti, con particolare riferimento alla caratterizzazione delle varietà di vite, esponendo una carrellata di informazioni relativamente ai vari approcci adottati ed ai risultati ottenuti. Vengono esposte argomentazioni sull’importanza e sulle ricadute scientifico-pratiche degli studi di caratterizzazione varietale mediante SSR e di quelli sul pedigree dei vitigni. Si presenta succintamente il progetto IDENTIVIT, recentemente finanziato dal MiPAF. Si descrivono i risultati recentemente conseguiti per distinguere con marcatori molecolari i mutanti somatici per il colore dell’uva. Si accenna al chimerismo della vite e si traggono considerazioni generali sulle sue conseguenze. Si espongono alcune considerazioni sui punti di debolezza dell’attuale organizzazione della ricerca nel CRA di Conegliano. 40 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Applicazione delle tecnica AFLP in fluorescenza per l’identificazione varietale di genotipi di frumento duro Fabiola Sciacca, Claudia Fichera, Massimo Palumbo CRA – (ACM) Centro di ricerca per l’agrumicoltura e le colture mediterranee di Acireale Nell’ultimo decennio, i marcatori molecolari hanno rappresentato un utile complemento alla caratterizzazione morfologica e fisiologica delle cultivars di frumento duro ed hanno fornito un prezioso supporto al breeding tradizionale. In questo studio viene presentata l’applicazione della tecnica AFLP in fluorescenza per la caratterizzazione dei genotipi di frumento duro e i vantaggi ottenuti rispetto alla tecnica tradizionale. Tecnica AFLP tradizionale Tecnica AFLP in fluorescenza fAFLP: come si realizza? Le cariossidi delle cultivar in studio sono mantenute a germinare in scatole Petri a 4°C per 24h e a 25°C per i successivi sei giorni. I DNA isolati dalle varietà vengono analizzati singolarmente secondo il protocollo Beckman & Coulter A2015A modificato presso i nostri laboratori. Il template DNA viene preparato in un unico step di restrizione e ligazione: 500 ng di DNA vengono digeriti per 3 ore a 37° con gli enzimi di restrizione PstI e MseI. L’amplificazione preselettiva avviene in un volume finale di 13 μL. L’ amplificazione selettiva avviene in un volume finale di 8 μL, con l’utilizzo di Cy5 dye-labeled PstI primer (+3) ed MseI primer (+3). Con l’ elettroforesi capillare i frammenti amplificati vengono separati attraverso l’analizzatore genetico Beckman Coulter, Inc. CEQ 8000 Genetic Analysis System. La separazione dei singoli picchi avviene in un range compreso tra 50 e 600 bp. Allo scopo di verificare l’efficienza del metodo fAFLP nella discriminazione di genotipi di frumento duro sono stati condotti degli studi anche su delle miscele di DNA di genotipi noti. Le miscele di DNA, ottenute utilizzando 4 genotipi di Triticum turgidum spp. durum (Simeto, Sant’Agata, Creso e Ciclope), sono state analizzate con 5 combinazioni di primer. Con la tecnica fAFLP è stato possibile identificare i picchi caratteristici dei quattro diversi genotipi presenti in miscela fino ad una percentuale minima del 25 %. Sono in corso ricerche che permetteranno di valutare se il riconoscimento dei genotipi presenti in percentuali inferiori potranno ancora essere individuati, e stabilire così il grado di sensibilità della tecnica. I vantaggi della tecnica AFLP in fluorescenza rispetto alla tecnica tradizionale sono molteplici: fornisce fingerprinting di maggiore risoluzione e precisione, un numero maggiore di picchi polimorfici, un numero maggiore di informazioni per esperimento, permette l’abbandono dell’uso del radioattivo. 41 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Analisi della variabilità genetica nel genere Nicotiana e caratterizzazione di funghi fitopatogeni L. del Piano, C. Sorrentino, M. Abet, M. Sicignano, M. Vasco, M. Crimaldi, C. Capone, A. Cuciniello Ernesto Lahoz, Rosa Caiazzo CRA – (CAT) Unità per le colture alternative al tabacco di Scafati (SA) Per quanto riguarda l’attività relativa alla prima tematica, sono stati condotti studi sul polimorfismo intra ed interspecifico nel genere Nicotiana utilizzando marcatori molecolari RAPD (Random Amplified Polymorphic DNA), ISSR (Inter Simple Sequence Repeat). Tali ricerche sono state condotte con le seguenti finalità: a) contribuire all’attività di caratterizzazione e catalogazione della collezione botanica dell’unità di ricerca di Scafati comprendente più di 1500 accessioni di tabacco e 60 specie di Nicotiana tra le quali per la N. rustica sono presenti 143 genotipi; b) valutare il polimorfismo rivelato da marcatori molecolari tra le specie di Nicotiana e relativamente alla N. tabacum tra le diverse varietà di tabacco al fine dell’identificazione; c) valutare delle relazioni genetiche tra specie appartenenti a specifiche sezioni del genere Nicotiana per contribuire sia alla collocazione sistematica di alcune specie recentemente descritte, quali la N. wuttkei e la N. kawakamii, che alla revisione della collocazione di specie come la N. glutinosa per la quale è stato proposto il trasferimento dalla sezione Tomentosae a quella delle Undulatae. L’analisi interspecifica condotta su diverse specie del genere Nicotiana ha evidenziato un alto grado di polimorfismo sia con la tecnica RAPD che ISSR. Pertanto tali metodiche possono consentire di ottenere “fingerprint” caratteristici del DNA di ciascuna specie. L’analisi intraspecifica condotta sulla Nicotiana tabacum ha invece evidenziato un basso grado di polimorfismo tra le varietà di tabacco esaminate, sia con i marcatori molecolari RAPD che ISSR, pertanto tali tecniche non sono idonee per l’identificazione varietale in tabacco. Nell’ambito della sezione Suaveolentes, le indagini molecolari, analogamente a quelle morfologiche, hanno rivelato una stretta relazione tra la N. wuttkei e le specie N. velutina, N. maritima e N. exigua. Nell’ambito della sezione Tomentosae, dall’analisi basata sul polimorfismo ISSR, quattro delle cinque specie esaminate, N. kawakamii, N. tomentosiformis, N. tomentosa, e N. otophora sono risultate raggruppate insieme, mentre la N. glutinosa risulta separata da queste ultime, come proposto recentemente. Inoltre, nell’ambito di progetti realtivi alla riconversione di aree tabacchicole, sono state condotte analisi della variabilità genetica mediante marcatori molecolari ISSR e SSR (Simple Sequence Repeats) finalizzate alla caratterizzazione e valorizzazione di colture tipiche campane, quali il carciofo di Pietrelcina ed il fagiolo di Controne. Per quanto riguarda l’attività relativa alla seconda tematica, sono stati condotti studi sulla caratterizzazione di funghi fitopatogeni. Molti funghi sono difficili da classificare perché mancano della forma perfetta o sessuata (il teleomorfo) ed il riconoscimento morfologico è quindi laborioso. Con la biologia molecolare si può realizzare la caratterizzazione inter ed infra specifica, attraverso l’analisi del DNA polimorfico e/o delle sequenze del DNA ribosomale (RISA, rRNA Intergenic Spacer Analysis). Come prima analisi identificativa si può utilizzare l’amplificazione degli spaziatori interni trascritti (ITS) e degli spaziatori intergenici IGS, utilizzando coppie di oligonucleotidi specifiche ed effettuare l’analisi delle sequenze ottenute in banca dati (NCBI) (metodica applicata nel nostro laboratorio per l’identificazione di Phoma exigua, Alternaria alternata, Phoma glomerata Peronospora tabacina). Per effettuare un’analisi infraspecifica (Rhizoctonia solani), le sequenze nucleotidiche ottenute sono state sottoposte ad analisi di restrizione con endonucleasi specifiche, oppure per distinguere individui strettamente correlati dal punto di vista filogenetico (es Penicillium canescens da Penicillium janczewskii) è stata effettuata un’analisi mediante la RAPD (Random Amplified Polymorphic DNA). Nel nostro laboratorio, inoltre si studia l’interazione ospite-patogeno attraverso analisi dell’espressione genica. L’ analisi dei trascritti è stata effettuata mediante amplificazione con primers specifici che amplificano geni coinvolti nella sintesi di proteine (es. poligalatturonasi in Pyrenochaeta lycopersici) o analizzando qualsiasi differenza presente costruendo una libreria genica attraverso l’uso della tecnica RASH (Rapid Amplyfication Subtractive Hybridization). Diverse sono le tecniche di biologia molecolare che si applicano nel nostro laboratorio e a seconda del fungo e della specificità della caratterizzazione da effettuare una metodica risulta essere più valida dell’altra. 42 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Prunus avium L. e Abies nebrodensis (Lojac.) Mattei: due specie forestali da impiegare come modelli in vista del cambiamento climatico Fulvio Ducci, Anna De Rogatis, Serena Guerri, Roberta Proietti, Piero Belletti*, Diana terrazzini*, Ignazio Monteleone* CRA – (SEL) Centro di ricerca per la selvicoltura di Arezzo *UNITO, Divapra, Genetica Agraria, Torino. Si descrivono le ricerche avviate su due specie forestali scelte come modelli per le loro caratteristiche ecologiche e biologiche, per definire strategie di intervento ai fini della conservazione della diversità genetica e della biodiversità. Queste ricerche sono sviluppate nell’ambito di due progetti finalizzati MiPAF (RISELVITALIA, RGV/FAO) ed inserite in attività stabilite in seno a programmi e network internazionali (per il ciliegio: EU-Treebreedex, IPGRI/Euforgen-Noble Hardwoods/Scattered Broadleaves Network; per l’abete delle Madonie: FAO-Silva Mediterranea, IUFRO WP 20213 Mediterranean Conifers). In questi programmi è prevista la messa a punto di strategie e metodi per studiare e far fronte agli effetti del cambiamento climatico. Il Ciliegio selvatico (Prunus avium L.) Il suo studio è finalizzato a considerare vari aspetti che interessano la gestione della sua diversità: i) inventario delle risorse genetiche naturali e studio della strutturazione genetica della specie sul territorio nazionale, ii) definizione di Regioni di Provenienza per meglio controllare i movimenti di materiali di propagazione e tutelare la diversità (Dir. UE 1999/105/CE), iii) caratterizzare materiali di interesse per la selezione ed il miglioramento genetico da avviare a successive analisi per la resistenza a fattori di stress. E’ una specie ben rappresentata su tutto il territorio europeo, relativamente sensibile agli stress ambientali e di elevato interesse economico a causa del legname pregiato. Ai fini dello studio sulla variabilità genetica della specie, della struttura genetica e della caratterizzazione genetica di cloni selezionati, sono stati utilizzati marcatori molecolari SSRs (10 primer) su 420 individui appartenenti a 29 popolazioni di tutto il territorio italiano. I dati genetici hanno per il momento messo in evidenza un’elevata componente individuale della varianza e ridotta differenziazione tra popolazioni, confermando quanto messo in evidenza in Francia ed in altri paesi. I dati SSR saranno messi in relazione con caratteri morfologici, fenologici ed enzimatici (attraverso analisi multivariata) al fine di aumentare il livello di risoluzione dell’informazione. Sono inoltre studiati gli effetti della filiera vivaistica sulla diversità diffusa in essa gestita e attraverso le piantagioni. La definizione di Regioni di Provenienza è ottenuta comparando la struttura genetica della specie con parametri ecologici caratterizzanti l’areale italiano. Abete dei Nebrodi (Abies nebrodensis (Lojac.) Mattei E’ una specie relitto (solo 29 – 32 piante) che si trova sulle Madonie, in Sicilia. Il rischio d’estinzione è determinato da: un ridotto numero di piante, incendi, erosione genetica, ecc. La piccola popolazione è strutturata in una fascia esterna di minore variabilità e sottoposta ad intensa erosione genetica; è anche evidente un nucleo di maggiore variabilità, da proteggere e gestire con appropriata selvicoltura del ceduo di faggio. La variabilità in situ, comparata alle popolazioni calabresi di abete bianco, è ancora alta. Per stabilire una strategia di conservazione della specie sono state studiate anche le relazioni genetiche con le altre specie mediterranee di abete. Attualmente è in corso la messa a punto dell’analisi genetica con marcatori molecolari AFLP sulle piante madri e sulle discendenze ottenute da un arboreto da seme e di conservazione realizzato nell’Appennino Toscano. La specie vi è stata trasferita per sperimentare, con i materiali di propagazione prodotti, la costituzione di una nuova popolazione dinamica ex situ, in grado di sfuggire agli effetti del cambiamento climatico e di conservarne il gene pool. 43 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Caratterizzazione genetica di Apis mellifera ligustica Raffaele Dall’Olio, Marco Lodesani CRA – (API) Unità di ricerca di apicoltura e bachicoltura di Bologna The genetic variability of honeybees belonging to the race Apis mellifera ligustica (Spinola) was screened throughout the Italian peninsula and the island of Sardinia. Two other subspecies (Apis mellifera mellifera, Apis mellifera carnica) and samples from the Buckfast artificial breeding line were also genotyped for comparison. A total of 379 colonies were sampled in different locations over a four-year period (2001 – 2004). All A. m. ligustica samples were assigned to seven distinct regional groups. Genetic polymorphisms were studied within a suite of eight microsatellite loci using automated capillary electrophoresis. Microsatellite data of the ten groups were analyzed to assess overall population parameters, phylogenetic relationships among groups and population structure and for the purpose of conducting individual analyses. The genetic markers used in this study confirmed the discriminatory power of microsatellite DNA loci for closely related taxa, since it was possible to distinguish not only between A. m. mellifera samples (belonging to evolutionary branch M) and others, but also between A. m. carnica and A. m. ligustica honeybees (both belonging to the same biogeographic branch C). Most loci had subspecies-specific alleles, with locus Ap43 showing one private allele for each of the three taxa. The analyses of the samples from the artificial Buckfast breeding line confirmed their hybrid origin and high genetic diversity. Our genotyping approach allowed the detection of hybrid individuals in the northeast Italian honeybee. Phylogenetic and individual analyses confirmed that A. m. ligustica has come to resemble one large population, probably as a result of intensive beekeeping practices such as migratory beekeeping and large scale commercial queen trading. The results provide a useful reference data set for future local biodiversity conservation programs and other controlled breeding programs. Microsatellite DNA analysis is an effective means for detecting and monitoring the introgression of foreign alleles into both endemic natural and commercially used A. m. ligustica populations. 44 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Le ricerche di biotecnologie presso l’Unità per la Frutticoltura di Caserta M. Buccheri, G. Delia, M.Petriccione CRA - (FRC) L’Unità di ricerca per la frutticoltura di Caserta Nella (CRA - FRC) si studia la caratterizzazione genetica di nocciolo (cv Tonda di Giffoni e cv Tonda Calabrese) e di noce (cv Sorrento). Su queste tre cultivar-popolazioni è in corso la selezione (tramite rilievi fenologici e carpologici) di individui qualitativamente superiori da caratterizzare a livello molecolare attraverso analisi dei microsatelliti. Il fine è quello di propagare gli individui con le migliori caratteristiche geneticamente provate. Il Progetto FRU.MED – DAFME, riguarda lo studio dell’influenza della carica di fitoplasma sui sintomi espressi dalla pianta ospite. Spesso, infatti, individui della stessa specie colpiti da fitoplasmosi manifestano sintomi differenti dovuti, probabilmente, al diverso grado di infestazione. Per stimare la quantità di fitoplasma verrà utilizzata la PCR real-time con il Fluoroforo intercalante SYBR® Green I. Il laboratorio di micropropagazione si occupa della propagazione in vitro delle varietà frutticole meridionali e del recupero di germoplasma di frutta antica locale. Insieme al laboratorio di proteomica, si occupa di indagare le differenze fra i profili proteici delle piante in vitro nei diversi stadi della micropropagazione. Nel laboratorio sono in corso le attività per il Progetto FRU.MED - PRO.VI.SUD, che riguarda la propagazione di albicocco, castagno, corbezzolo, kaki, mirto, nocciolo e molte altre specie e per il Progetto REVAMEIR, in collaborazione con la provincia di Avellino, per il recupero e la propagazione rapida del germoplasma di mele antiche. Per un biotipo di Mela Rosa, denominato ML 03, sono state ottimizzate tutte le fasi della micropropagazione ottenendo buon tasso di moltiplicazione, radicazione e ambientamento. Nel laboratorio di Proteomica, infine, si studia le proteine coinvolte nel processo di maturazione dei frutti; lo studio degli allergeni presenti nella frutta (in collaborazione con l’Istituto di Biochimica delle Proteine del CNR); lo studio del profilo proteico di piante nelle diverse fasi della micropropagazione (in collaborazione con il nostro laboratorio di micropropagazione). Il metodo utilizzato è l’analisi bidimensionale (2DE). I gel ottenuti vengono studiati con un programma di analisi di immagine o trasferiti su filtro PVDF per effettuare Immunoblot con sieri di pazienti allergici. Le proteine di interesse vengono identificate tramite sequenziamento N-terminale o spettrometria di massa. Presso il laboratorio è stato messo a punto un metodo di estrazione delle proteine da frutto dedicato all’analisi bidimensionale. 45 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 Systems Biology Primetta Faccioli, Valentina Baldassarre CRA–(GPG) Centro di ricerca per la genomica e la postgenomica animale e vegetale di Fiorenzuola d’Arda (PC) Il Centro per la Genomica e post-genomica di Fiorenzuola d’Arda si occupa di Systems Biology dal 2003, dedicandosi in particolare all’identificazione di relazioni funzionali tra geni. Dal 2003 è infatti attiva la collaborazione con il gruppo di ricerca di biologia computazionale del Dipartimento di Genetica, Biologia e Biochimica dellUniversità di Torino, con il quale sono stati sviluppati strumenti dedicati all’analisi in silico di dati di espressione genica ottenuti medianti approcci high-throughput. Negli ultimi anni, a tale collaborazione si è affiancata quella con l’Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Informazione del CNR di Pisa che ha come scopo l’implementazione di una struttura altamente funzionale dedicata al supporto della ricerca in agricoltura secondo i criteri della moderna “omics science”. Tra i principali settori d’indagine attivi presso il Centro si ricordano: - l’applicazione della teoria dei network all’individuazione di relazioni funzionali tra geni - l’impiego di tecniche di “guilt by association” per la predizione di funzione genica - lo sviluppo di efficaci sistemi di information retrieval, - l’identificazione mediante analisi in silico di geni normalizzatori - l’impiego di GRID computazionale per l’implementazione di un laboratorio virtuale dedicato alla genomica funzionale per la condivisione di dati e di calcolo (E-Science) - lo sviluppo di sistemi di automazione dei processi di lavoro che prevedano l’impiego di strumenti bioinformatici. Lo scopo è quello di dare la possibilità ai ricercatori di comporre i propri workflow in maniera astratta, specificando solo le azioni associate ai vari passaggi, evitando di doversi occupare degli aspetti informatici sottostanti le interazioni con l’interfaccia grafica. 46 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 I geni candidati per l’individuazione di componenti cruciali nella interazione pianta-patogeno in patosistemi non-modello Massimo Pilotti, Stefania Loreti, Angela Brunetti, Angela Gallelli, Lorenza Tizzani, Valentina Lumia, Fabio Gervasi CRA – (PAV) Centro di ricerca per la patologia vegetale di Roma La risposta di resistenza delle piante alle malattie è un fenomeno di cruciale importanza per la qualità e l’entità delle produzioni vegetali, la salvaguardia dell’ambiente e di singole specie la cui diversità può essere messa a rischio a causa della diffusione di gravi malattie. Comprenderne i meccanismi e le basi genetico-molecolari significa creare i presupposti per strategie di controllo delle malattie che siano efficaci e nel contempo rispettose della salubrità dell’ambiente e della salute umana. Particolare importanza rivestono diversi tipi di resistenza: quelle governate dai geni di resistenza (geni R), dai geni recettori di PAMP e quelle sistemiche indotte (ISR). Le motivazioni risiedono nell’impatto che possono avere sulla protezione delle coltivazioni e nel fatto che le conoscenze maturate nei sistemi modello sono ormai adeguate per permettere un approccio su specie “difficili” quali sono le specie arboree. Il meccanismo di azione dei geni R si basa sul fatto che i prodotti da essi codificati riconoscono in maniera specifica, direttamente o indirettamente, gli effettori del patogeno che sono strutture molecolari con un ruolo nella patogenicità e/o nella virulenza. L’evento di riconoscimento ha importanza cruciale poiché innesca la trasduzione del segnale che ha come risultato una estesa riprogrammazione genetica finalizzata al contenimento o alla eliminazione del patogeno. Pertanto un gene R è in grado di iniziare una efficace risposta di resistenza solo contro razze del patogeno in grado di esprimere un prodotto del gene effettore “riconoscibile”, e che in tal caso, dato l’esito, viene chiamato determinante di avirulenza (Avr). Se il prodotto del gene effettore non viene adeguatamente riconosciuto dal prodotto del gene R, la pianta risulta suscettibile. Tuttavia i geni R non sono definibili esclusivamente secondo i criteri della razza-specificità e della superabilità. Infatti esistono geni R che controllano resistenze durevoli ed efficaci nei confronti di razze diverse del patogeno o di classi di patogeno molto diversi tra loro. I geni recettori dei PAMP (Pathogen Associated Molecular Pattern) riconoscono strutture molecolari del patogeno generalmente molto conservate tra i diversi gruppi tassonomici di microrganismi, dette appunto PAMP o elicitori generali. Nei batteri flagellina, fattore di allungamento (EF-Tu), lipopolisaccaridi, fattori di nodulazione; nei funghi e oomiceti chitina, ßglucano. Anche in questo caso il riconoscimento innesca una trasduzione del segnale e, come conseguenza, l’attivazione dei geni di difesa. Non essendoci specificità di riconoscimento tali geni regolano resistenze ad ampio spettro, anche se generalmente non complete (resistenza basale). Le resistenze sistemiche indotte si instaurano in seguito all’esposizione della pianta ad una varietà di stimoli, come ad esempio l’attacco di agenti patogeni virulenti o avirulenti. L’evento infettivo induce una resistenza sia locale (nella zona prossima al sito di infezione) che sistemica (nelle parti di pianta distanti dal sito di infezione) che si esprime ed è efficace contro successivi attacchi dello stesso o di diverse razze/specie di patogeni. Questa resistenza rimane attiva per un tempo variabile da pochi giorni a qualche mese od anche per l’intero ciclo biologico della pianta. Si tratta, in ogni caso di un tipo di resistenza durevole e ad ampio spettro. Il gene NPR1 è senza dubbio un regolatore centrale della trasduzione del segnale nelle resistenze sistemiche. La sua importanza nella risposta di resistenza in generale è sottolineata anche dal fatto che regola positivamente la resistenza basale ed il funzionamento di alcuni geni R. In questi ultimi anni sono state al centro dei nostri studi le Rosaceae da frutto e da legno, il platano e il nocciolo. Tali specie sono colpite da numerose malattie, alcune delle quali hanno esito letale. Ad esempio, il cancro colorato del platano causato dal fungo Ceratocystis platani, il colpo di fuoco batterico delle Pomoideae causato da Erwinia amylovora e la moria del nocciolo causata dal batterio Pseudomonas avellanae. Un obiettivo delle nostre ricerche è stato la caratterizzazione di famiglie di geni classificabili come analoghi dei geni R (classificabili in base a numerosi tipi strutturali), dei recettori PAMP e del gene NPR1. Parallelamente, i nostri studi si sono concentrati nella individuazione di geni batterici di P. avellanae, appartenenti alle classi di geni effettori, di geni hrp codificanti arpine, proteine che agiscono da ‘helper’ nella traslocazione degli effettori attraverso il sistema di secrezione di tipo III nella pianta, e di geni hrp con funzione di regolazione del sistema di secrezione. E’ stato utilizzato un approccio metodologico di geni candidati e cioè basato su amplificazioni in PCR a partire da RNA retrotrascritto o da DNA genomico. In questo lavoro è stato cruciale il disegno degli oligonucleotidi in regioni conservate delle tipologie geniche oggetto di studio. A tal fine è stato necessario acquisire numerose sequenze geniche note in altre specie vegetali o batteriche, le quali sono state sottoposte ad elaborazioni filogenetiche. Ciò ha permesso di individuare gruppi e sottogruppi genici all’interno dei quali è stato possibile individuare regioni nucleotidiche sufficientemente conservate e quindi adeguate per la costruzione di oligonucleotidi con un grado di degenerazione contenuto. Gli ampliconi di taglia attesa sono stati clonati e sequenziati. Frequentemente gli ampliconi clonati sono risultati essere un pool molecolare eterogeneo contenente frammenti di geni omologhi ma distinti (famiglie geniche). In tal modo sono state caratterizzate famiglie geniche appartenenti alle tipologie: TIR-NB-LRR, nonTIR-NB-LRR, chinasi simili a Pto, Erecta, EFR/Xa21, FLS2 nonché WAK chinasi e lectine chinasi. I tipi strutturali e i geni citati afferiscono a geni R o geni recettori di PAMP. La famiglia del gene NPR1 di Arabidopsis è stata inoltre caratterizzata all’interno di uno studio di comparazione effettuato su Amygdaloideae e Drupoideae. Ad ultimo è stata caratterizzata la famiglia del gene BRI1, un recettore degli ormoni brassinosteroidi e di segnali da ferita (questi ultimi importanti nella risposta di resistenza). In totale 47 “Biotecnologie e ricerca genomica nel CRA: attualità e prospettive” - Salsomaggiore Terme (PR) 26-28 novembre 2007 sono stati isolati e sequenziati oltre 1500 frammenti genici la maggior parte di dimensioni di circa 500-900 bp che afferiscono alle suddette tipologie. Le famiglie dei geni NPR1-simili sono risultate non molto estese mentre gli alberi filogenetici dei geni analoghi ai geni R hanno evidenziato grosse famiglie geniche in tutte le specie analizzate. I geni analoghi a recettori PAMP sono risultati organizzati sia in famiglie geniche (EFR-simili) che come geni in singola copia all’interno del genoma (FLS2-simili). Relativamente alla classe di geni batterici sono stati individuati in P. avellanae alcuni geni effettori omologhi a quelli di P. syringae pv. phaseolicola e P. s. pv. tomato: hopD1 (varianti della proteina possono agire come determinati di virulenza o avirulenza), exeA e hopAW1 (codificanti un’ATPase e un effettore di tipo III), hopAB2 (aventi un ruolo nella espressione di avirulenza nell’ospite resistente e di virulenza nel suscettibile), hrpZ e hrpW (codificanti arpine), hrpS e hrpL (geni di regolazoione del sistema di secrezione di tipo III) Alcuni dei geni batterici appartenenti alle suddette classi sono stati individuati anche in altre Pseudomonadi: P. syringae pv. coryli, P. s. pv. theae, P. s. pv. actinidiae, P. s. pv. Syringae. Le sequenze ottenute potranno essere utilizzate come marcatori molecolari per l’isolamento di geni R responsabili di resistenze contro patogeni specifici (map-based cloning), o come marcatori molecolari per assistere le procedure di selezione di genotipi resistenti. Lo studio dell’espressione di queste famiglie geniche, in seguito all’infezione di patogeni specifici (trascrittomica) potrebbe facilitare l’individuazione di geni chiave. La ricerca svolta costituisce pertanto una base conoscitiva necessaria per lo sviluppo di una genomica funzionale in specie non-modello e per un miglioramento genetico finalizzato all’ottenimento di resistenze che siano comprensive di caratteristiche di specificità, durevolezza e ampio spettro. Si ricorda infine che il miglioramento genetico per la resistenza è l’unica strada percorribile per la protezione dalle avversità biotiche, visto che i trattamenti chimici per la difesa delle colture andrebbero ridotti il più possibile. 48