IL PRIMO SOCCORSO Prestare un primo soccorso ad un infortunato e' un atto doveroso di solidarietà' sociale che, se ben condotto, può contribuire a prevenire l’aggravamento del danno (Fig. 1), ma che, spesso, può' essere determinante per salvargli la vita. Gli interventi di un primo soccorso hanno in genere la seguente successione: 1) MISURE IMMEDIATE (ad es. trascinare in luogo sicuro l'infortunato) 2) SEGNALAZIONE DELL'INCIDENTE (avvertendo o facendo avvertire il più' vicino centro medico di Pronto Soccorso 3) SOCCORSO SUL POSTO (attuando le misure immediate (es. fermare emorragie) 4) RIMOZIONE E SGOMBERO DELL'INFORTUNATO (dal luogo dell'incidente) 5) TRASPORTO IN OSPEDALE (al più' vicino con autoambulanza attrezzata) Nelle misure di Primo Soccorso possiamo riconoscere due condizioni tra loro spesso indipendenti: la URGENZA e la GRAVITA'. L’entità' della URGENZA e' direttamente proporzionale al pericolo immediato di vita dell'infortunato essa e' sempre gravissima e richiede un intervento immediato. La GRAVITA' di un danno fisico non sempre richiede invece interventi immediati. Vi sono casi gravissimi, come a esempio la sospetta frattura della colonna vertebrale (che può' comportare paralisi) che non richiedono urgenza assoluta, nei quali vale la regola base del Primo Soccorso "meglio non fare che fare male", oppure "primo intento non nuocere", dove e' meglio lasciare immobile l'infortunato anche per tempi lunghi e attendere l'intervento, per la rimozione e il trasporto di soccorritori qualificati. Mobilizzazioni eseguite in modo scorretto potrebbero causare una paralisi che altrimenti non si sarebbe determinata se non addirittura la morte (fratture della colonna cervicale). Vi sono poi casi che oltre a essere gravi sono anche molto URGENTI come la asfissia, le grandi emorragie. Se non si interviene subito, infatti, il destino dell'infortunato e' la morte. Tra gli eventi che richiedono ESTREMA URGENZA e richiedono intervento sul posto riconosciamo: 1) tutte le lesioni che impediscono o alterano gravemente la respirazione (es. asfissia) 2) tutte le lesioni che influiscono gravemente sulla circolazione del sangue (es. arresto cardiaco, emorragie). Richiedono una rimozione piu' rapida possibile i politraumatizzati e gli infortunati in coma. Hanno URGENZA PRIMARIA: 1) emorragie incontenibili; 2) grave stato di shock; 3) gravi traumi toracici e addominali; 4) gravi e diffuse ustioni; 5) membra sfracellate. Hanno URGENZA SECONDARIA: 1) fratture di colonna vertebrale e bacino; 2) fratture esposte degli arti; 3) ferite gravi. Sono SENZA URGENZA per cui gli infortunati vanno rimossi per ultimi (nel caso di un incidente in cui rimangono coinvolte piu' persone): 1) ferite superficiali, 2) contusioni, 3) emorragie facilmente contenibili, etc. Chi presta il primo soccorso deve quindi capire cosa sia accaduto e costatare le condizioni dell'infortunato (e' cosciente o no; respira o no, ha ferite sanguinanti, ha fratture, etc,) e non agire in fretta e a casaccio, ma valutare la gravita' del caso, discernere i pericoli che sovrastano e agire con la massima rapidita' possibile. Di conseguenza DEVE: a) evitare alla vittima successivi danni applicando le manovre piu' opportune per il caso, sottraendola a nuovi pericoli e ponendo in atto tutte le misure immediate per la sua sopravvivenza; b) provvedere alla segnalazione del caso perche' possano intervenire i mezzi piu' idonei per il trasporto nel luogo dove dovranno essere applicate le opportune cure mediche e/o chirurgiche; c) attenuare i dolori posizionando in maniera opportuna l'infortunato o la parte lesa o con altre modalita'; d) impedire con decisione interventi maldestri di persone volenterose ma inesperte di soccorso. NON DEVE: prendere iniziative che siano di competenza del medico o del personale sanitario specializzato (ad es. praticare una iniezione, tentare di ridurre una lussazione, etc.) ossia andare oltre il primo soccorso per entrare direttamente nella terapia, pratica che spetta solo al personale sanitario, e quindi correre il rischio di essere denunciati per uso abusivo della professione medica. LE FERITE Si intende per ferita una interruzione accidentale traumatica della continuità' della pelle (o cute), provocata da cause esterne: le conseguenze piu' immediate sono ovviamente la fuoriuscita di sangue e il rischio di penetrazione di microbi nell'organismo. Come noto la pelle e' costituita di piu' strati (superficiale o epidermide formata da piu' strati di cellule che si moltiplicano rapidamente, per cui le piu' superficiali muoiono e vanno a costituire lo strato corneo della pelle (con funzione protettiva) su cui si aprono forellini da cui esce il sudore e il sebo e strato profondo o derma, ricco di vasi sanguigni, di terminazioni nervose di ghiandole sebacee e sudorifere) La pelle ha quindi piu' funzioni: 1) protegge contro agenti esterni impedendo anche l'ingresso di microbi, etc.; 2) contribuisce al mantenimento della temperatura del corpo costante limitando la dispersione del calore mediante il restringimento dei capillari e la limitazione conseguente dell'afflusso di sangue alla periferia e disperdendo il calore in eccesso (ambienti caldi, sforzi muscolari etc.) mediante la traspirazione ossia la evaporazione delle goccioline di sudore prodotto dalle ghiandole sudorifere; 3) attraverso il meccanismo della "escrezione" ossia eliminando con il sudore acqua, sali e altre sostanze contribuisce con i reni alla depurazione dell'organismo da sostanze nocive; 4) riduce o elimina gli effetti dannosi dei raggi ultravioletti della luce solare mediante un pigmento scuro, la melanina, in essa contenuta (abbronzatura); 5) con la ricca rete di terminazioni nervose permette all'organismo di percepire stimoli provenienti dall'ambiente esterno (tatto, pressione, dolore, calore, freddo, etc.). Le ferite possono essere da punta (per es. prodotte da un chiodo), da taglio (se prodotte da un coltello), da punta e taglio, lacere (se prodotte da un corpo che strappa i tessuti) lacero-contuse (se prodotte da un corpo che colpisce con violenza un tessuto lacerandolo), etc. In tutti i casi un primo intervento da porre in essere, avendo cura di operare con le mani, quando possibile, ben pulite mediante lavaggio con acqua e sapone, e' detergere la ferita con acqua corrente per togliere polvere e terriccio con l'aiuto di un piccolo telo pulito o con garza (e non cotone che lascia peli), procedendo dall'interno all'esterno della ferita. Quindi disinfettare con un antisettico, preferibilmente incolore, se ne abbiamo a portata di mano, e infine proteggere la ferita possibilmente con materiale sterile per prevenire possibili infezioni, mantenendo stabile il materiale sterile con mezzi appropriati (una benda o una fascia approntata in emergenza) anche per provocare l'arresto del sanguinamento che in genere e' sempre presente nelle ferite specie se profonde o tali da interessare anche vasi sanguigni. Possibilmente non usare alcool denaturato o tintura di iodio che ledono le cellule. Se la ferita e' lunga e piuttosto profonda e si ha a disposizione del cerotto si possono preparare delle "farfalle" come indicato nella figura 2 e 3 e avvicinando con pollice e medio i lembi della ferita applicarle sulla ferita con la parte piu' stretta a ponte sulla stessa. Per lenire il dolore, specie se si prevede una lunga attesa per il trasporto si puo' somministrare un comune antidolorifico di quelli liberamente acquistabili in farmacia. In un primo intervento, quando non si abbia a disposizione una benda, la fasciatura puo' essere fatta usando un fazzoletto (per piccole fasciature, ad es. il polso) o un foulard (per fasciare parti del corpo piu' grandi (ad es. un avambraccio) o un telo disposto a triangolo come nella figura 4 e utilizzato come nelle figure successive (figg. 5, 6, 7, 8, 9, 10). Alla necessita' il telo triangolare puo' essere ripiegato a nastro ed essere usato in tal modo come una benda o essere utilizzato per arrestare una emorragia (fig. 11). In questo caso si deve ripiegare la punta fino a tre dita dalla base, quindi ripiegare la base per due volte sulla punta e, ancora, nell'altro senso sino a formare un largo nastro. Nelle figure sono dimostrati alcuni modi di usare fazzoletti, foulard, etc. Per fasciare la spalla si puo' procedere come segue: distendere il telo triangolare sulla spalla con una punta rivolta in alto, verso il collo; girare i due lembi della base attorno al braccio e annodarli all'esterno; avvolgere la punta del triangolo attorno a un secondo triangolo disposto, come anzidetto a nastro il cui capo piu' lungo penda sulle spalle e il piu' corto sul torace; annodare i due lembi del nastro in prossimita' dell'ascella, anteriormente (fig. 12). In modo analogo, come mostra la figura si puo' procedere per la fasciatura dell'anca avendo cura di avvolgere la punta del triangolo intorno al telo disposto a nastro che verrà annodato sull'addome. Qualora l’infortunato non fosse in grado di camminare il foulard preparato come detto in precedenza può servire a formare un sedile su cui sistemarlo e , con l’aiuto di una seconda persona , portarlo in luogo tranquillo in attesa dell’intervento di autoambulanza, intervento medico, etc.. (fig. 13). Naturalmente solo le piccole ferite possono essere medicate dal soccorritore usando garza, bende, fazzoletti, foulard disponendoli come indicato, in alcuni esempi, nelle figura 14 e 15 , quelle gravi devono essere curate dal medico. Possono considerarsi FERITE GRAVI: 1) le ferite molto estese (che necessitano di punti di sutura) 2) le ferite profonde (che possono interessare nervi, tendini, etc.) 3) le ferite contenenti corpi estranei (es. proiettili, schegge, etc.) 4) le ferite contuse (con schiacciamento di estese zone di tessuto) 5) le ferite complicate da fratture o emorragie 6) le ferite situate in alcune zone (faccia, dita, orifizi naturali) perche' anche se piccole possono essere gravi. Il soccorritore non deve quindi toccare ferite gravi ma limitarsi a coprire la ferita con garza o con un telo possibilmente sterile, o porre un tampone in caso di emorragia e avviare l'infortunato in ospedale. In casi particolari come le ferite al torace, dopo aver applicato una garza alla ferita fermandola con un bendaggio poco stretto l'infortunato va trasportato in ospedale in posizione semiseduta o sdraiato sul fianco ferito con la testa sollevata. Nelle ferite dell'addome, anche con fuoriuscita dei visceri o ritenzione di corpo estraneo, che non si deve tentare di rimuovere (es. lama di coltello), coprire la ferita e trasportare l'infortunato in ospedale in posizione orizzontale con le ginocchia piegate. DISTRAZIONE, DISTORSIONE, LUSSAZIONE La distrazione e' un brusco e temporaneo spostamento di un muscolo o tendine dalla sua sede naturale; la distorsione e' una temporanea dislocazione di due capi ossei che compongono una articolazione con parziale rottura o contusione dei legamenti; la lussazione e' una perdita definitiva (causata da un violento spostamento) dei rapporti tra due o piu' capi articolari con conseguente (in gran parte dei casi) lacerazione dei legamenti che trattengono tra loro congiunti i capi ossei dell'articolazione e della capsula articolare che la fascia. In tutti questi casi il sintomo piu' immediato e costante e' il dolore. La lussazione pero' si riconosce facilmente e si distingue dalle altre lesioni articolari perche' in corrispondenza dell'articolazione lussata (gomito, spalla, ginocchio) si nota un gonfiore rigido dovuto all'accavallarsi delle due ossa che formavano l'articolazione. Inoltre in genere al dolore si accompagna impotenza funzionale, ossia quella articolazione non e' piu' mobile. Spesso per la rottura di vasi sanguigni nella regione lesa si puo' avere la formazione di un ematoma o, se il sangue si versa direttamente nell'articolazione all'interno della capsula articolare una raccolta di sangue chiamata emartro. Il trauma puo' anche causare infiammazione delle borse sierose che producono il liquido sinoviale destinato a lubrificare, durante il movimento, i capi articolari ossei, in modo da ridurre l'attrito. Questo verra' prodotto in eccesso e versandosi all'interno della capsula articolare creera' quella condizione morbosa chiamata sinovite. Nel caso del versamento di sangue all'interno dell'articolazione (emartro) o di versamento di liquido sinoviale (sinovite) l'articolazione apparira' gonfia. In tutti i casi il trattamento di primo soccorso consiste in: 1) immobilizzare la parte colpita in modo da alleviare il dolore con stecche o, nel caso della lussazione del gomito (riconoscibile per il gonfiore causato dai capi ossei spostati nei loro rapporti all'interno dell'articolazione) fissando con qualsiasi legaccio di fortuna l'avambraccio al torace (vedi figura 16). Questa tecnica può essere applicata anche nelle fratture della scapolo, del braccio, dell’avambraccio e della mano. 2) praticare spugnature di acqua fredda in modo da limitare o arrestare la eventuale emorragia che accompagna sia distorsione che distrazione e lussazione. Non si deve mai tentare di ridurre la lussazione cercando di rimettere al loro posto i capi ossei fuoriusciti dalla loro posizione perche' si puo' correre il rischio di provocare anche una frattura delle ossa. La riduzione della lussazione e' un intervento riservato al medico (curante o del pronto soccorso) al quale l'infortunato dovra' essere affidato per le cure successive. FRATTURE Per frattura si intende, ovviamente, la rottura di un osso. Una frattura puo' essere completa, se interessa l'osso a tutto spessore; completa con spostamento se le due parti di un osso fratturato si spostano l'una rispetto all'altra; parziale se interessa solo una parte piu' o meno piccola dell'osso; esposta quando l'osso fratturato sporge attraverso la ferita della pelle. Le fratture possono complicarsi con lesioni dei vasi sanguigni o dei nervi. Ad esempio se i monconi dell'osso fratturato sono a punta o taglienti possono ledere un nervo o un vaso sanguigno che decorrono nelle vicinanze con conseguente paralisi e/o emorragia. I segni piu' importanti di una frattura sono: 1) dolore spontaneo, che aumenta se si esercita una pressione in corrispondenza della parte dell'osso dove ha sede la frattura; 2) deformita', ossia accorciamento o tumefazione o angolatura della parte sede della frattura; 3) impotenza funzionale, cioe' impossibilita', da parte dell'infortunato, di muovere la parte fratturata. Nei casi di frattura della colonna vertebrale l'infortunato potra' presentare una deformita' a gobba in corrispondenza del tratto di colonna vertebrale fratturato oppure una insensibilita' o semplicemente un torpore in corrispondenza delle mani (fratture del tratto cervicale) o delle mani e dei piedi (fratture della colonna dorsale). Nei casi di fratture della colonna vertebrale particolare importanza ha il modo in cui l'infortunato viene sollevato e deposto sulla barella per il trasporto in ospedale. Movimenti non corretti fatti anche nel tentativo di portargli soccorso potrebbero provocargli, con lo spostamento delle vertebre fratturate, una paralisi totale (tetraplegia = paralisi dei quattro arti) o parziale (paraplegia = paralisi di due arti, in genere degli inferiori). CONDIZIONI COMUNI NEL TRATTAMENTO DEL FRATTURATO Innanzitutto alcune indicazioni di ordine generale: 1) NON tentare MAI di RIDURRE una frattura (ossia riportare i monconi di frattura nel loro allineamento naturale, operazione che deve sempre fare un MEDICO. 2) sdraiare l'infortunato evitando che faccia movimenti inutili e soprattutto impedendo il suo trasporto prima che l'arto fratturato venga immobilizzato. 3) metterlo in posizione antishock e coprirlo bene (in genere a causa del dolore intenso l'infortunato impallidisce e suda freddo). 4) immobilizzare la parte lesa con qualsiasi mezzo di fortuna (grondaie, bastoni, sci, riviste, cartoni ripiegati, etc.) avendo cura di imbottirli con cotone, stracci, paglia etc. e fare altrettanto con i possibili vuoti tra stecca e arto in modo da dare allo steccaggio maggiore stabilita'. Talora si puo' utilizzare l'arto sano come stecca (fratture del femore o delle ossa della gamba) oppure il torace per le fratture delle ossa delle braccia, ponendo imbottiture tra l'arto fratturato e l'arto sano. 5) NON fissare MAI uno steccaggio sul punto della frattura, ma sempre al di sopra e al di sotto. C om e re gol a ge ne ral e ricordare che nessuna frattura di arto puo' considerarsi veramente immobilizzata se non vengono immobilizzate le articolazioni a monte e a valle della frattura, questo per evitare rotazione e spostamenti dei monconi. Lasciare libere sempre le dita in modo da accertare che le unghie rimangano rosee (diventano bianche o livide se i lacci che trattengono lo steccaggio sono troppo stretti. PRIMO SOCCORSO DELLE FRATTURE Primo soccorso delle FRATTURE ESPOSTE 1) non cercare MAI di far rientrare i monconi di frattura che sporgono dalla pelle, non allontanare o togliere eventuali frammenti di osso anche se liberi e se sembrano completamente staccati dall'osso; 2) coprire la ferita e l'osso che sporge con garza sterile o con un fazzoletto pulito; 3) mettere l'infortunato in posizione antishock; 4) ridurre se non addirittura, ove possibile, immobilizzare l'arto fratturato con una doccia di cartone o una assicella posta sotto l'arto fratturato; 5) attendere, se possibile, l'intervento di soccorso qualificato. Primo soccorso delle FRATTURE DELL'ARTO SUPERIORE Se e' fratturato l'avambraccio fare una doccia (anche con una rivista) che contenga l'arto dal gomito fino a mezza mano; se la frattura riguarda il polso immobilizzare tutta la mano fino a meta' dita; se la frattura riguarda la mano porre una stecca dalla punta delle dita fino ad oltre il polso. Sostenere il tutto con un triangolo ad armacollo (vedi Fig. 16 e 17). Primo soccorso delle FRATTURE DEL GOMITO Lasciare sempre il gomito come si trova: se flesso lasciarlo appoggiato sul torace se esteso lasciarlo lungo il fianco e imbottendo le cavita' tra braccio e torace o braccio e tronco immobilizzarlo cosi'. Fasciare il tutto con teli senza stringere troppo per non impedire la respirazione. Primo soccorso delle FRATTURE DEL BRACCIO E DELLA SPALLA Per la frattura del braccio appoggiare il braccio traumatizzato contro il torace con l'avambraccio ad angolo retto, imbottire le cavita' e fissare il braccio al torace con un telo. Per la frattura della spalla costruire con un foulard o con un telo una specie di sacchetto che sostiene l'avambraccio dal lato colpito in modo che questo si presenti obliquo con la mano rivolta verso la spalla sana e legare le punte del foulard sulla spalla sana. Primo soccorso della FRATTURA DELLA CLAVICOLA Questa frattura, molto frequente nei motociclisti e automobilisti, essendo la clavicola un osso superficiale e poco protetto, si riconosce facilmente facendo scorrere un dito lungo la clavicola perche' nel punto della frattura si notera' una sporgenza molto dolorosa. La clavicola si immobilizza passando una fascia, una cinghia o altra striscia di stoffa dietro la nuca dell'infortunato, facendo poi passare i due capi sotto le ascelle e legandoli dietro la schiena. Primo soccorso nella FRATTURA DELLE COSTOLE Nel caso di frattura delle costole l'infortunato lamenta dolore durante la inspirazione, difficolta' respiratorie fino al vero e proprio affanno, tosse irritativa che aumenta il dolore, qualche volta emissione di sangue con l'espettorato (lesioni del polmone). Mettere il paziente in posizione semiseduta per facilitargli la respirazione, girandolo sul lato leso in modo da lasciare libero di espandersi il polmone dal lato sano. Non farlo parlare o tossire. Primo soccorso nelle FRATTURE DEL PIEDE Immobilizzare dal terzo superiore della gamba al piede compreso, slacciare e allargare la scarpa ma lasciarla se non si riesce a toglierla (piede a squadra). Primo soccorso nella FRATTURA DI TIBIA E PERONE Nel caso di fratture della tibia e/o perone disporre una lunga stecca e legare: 1) caviglia e piede, 2) sotto il punto di frattura, 3) sopra il punto di frattura, 4) sopra il ginocchio. Primo soccorso nelle FRATTURE DEL FEMORE La frattura del collo del femore (cioe' della parte con cui il femore si articola col bacino) e' riconoscibile perche': 1) l'infortunato non puo' alzarsi e muovere l'arto fratturato e se messo in piedi non si regge ma cade; 2) se si invita l'infortunato disteso ad alzare la gamba non ci riesce; 3) l'arto e' accorciato di qualche centimetro; 4) il piede e' ruotato verso l'esterno, 5) dolore costante nella sede della frattura. Immobilizzare con lunga stecca esterna tutto l'arto dal piede fino alla ascella. Nella frattura del corpo del femore oltre ai sintomi indicati nei punti 1, 2 e 5 e' in genere presente deformazione della coscia. Immobilizzare con lunga stecca tutto l'arto fino al bacino compreso. Primo soccorso nelle FRATTURE DEL BACINO Sono fratture gravi perche' possono venire danneggiati organi interni contenuti e protetti dal bacino. In genere compare ben presto stato di shock. Tenere il paziente supino, immobile in attesa di soccorso qualificato per il suo sollevamento e trasporto a meno che non si disponga di persone capaci e mezzi adeguati. Primo soccorso nelle FRATTURE DEL CRANIO Possono interessare sia la "volta cranica" (calotta che protegge il cervello) che la "base cranica" su cui poggia il cervello. Nelle fratture della base cranica si puo' avere emorragie da un orecchio o dal naso oppure la presenza dei cosiddetti "occhiali neri spontanei" cioe' le palpebre dei due occhi bluastre e gonfie. Tenere sempre presente che in seguito ad un trauma cranico anche in assenza di fratture si possono avere lesioni cerebrali come il suo rigonfiamento (edema cerebrale), con conseguente coma, oppure la compressione di una parte del cervello per la rottura di una arteria o di una vena con conseguente formazione di un ematoma che puo' impiegare minuti, ore o addirittura giorni per formarsi. Per questa ragione si possono avere intervalli cosiddetti "lucidi" per cui il paziente non perde la coscienza subito dopo il trauma ma dopo un periodo piu' o meno lungo. Dopo interviene il coma. Il primo soccorso consiste nel liberare le vie respiratorie dell'infortunato, e porlo in posizione laterale di sicurezza. COME SI ATTUA LA POSIZIONE LATERALE DI SICUREZZA 1) Slacciare tutto quello che stringe (cravatta, colletto, cintura, etc.); 2) togliere quello che eventualmente c'e' in bocca (protesi, caramelle, etc.) 3) inginocchiarsi a fianco dell'infortunato; 4) preparare un cuscino basso (con stracci, una giacca, un golf ripiegati etc.) ossia uguale a circa la meta' della sua spalla 5) allungare ad angolo retto rispetto al corpo il braccio della vittima che si trova dalla parte opposta del soccorritore; 6) Flettere il ginocchio del lato opposto del soccorritore; 7) ripiegare sul torace l'altro braccio; 8) afferrando l'infortunato alla spalla opposta o sotto l'ascella e al bacino farlo ruotare verso di se fino a farlo appoggiare sul fianco; 9) iperestendergli subito la testa (che nel corso della rotazione si e' appoggiata sul cuscino) con una mano sotto il cuscino e l'altra appoggiata al capo ruotando lievemente in dietro il cuscino; 10) se necessario mettere appoggi dietro la schiena e sotto il ginocchio flesso per ottenere maggiore stabilita' impedendo che il paziente cada prono o ritorni supino (vedi Figg.. Se il paziente porta un CASCO PROTETTIVO Ricordare innanzitutto che il casco non va mai rimosso se sono presenti nell'infortunato le funzioni vitali: respiro e battito cardiaco, condizione facilmente accertabile se l'infortunato porta un casco parziale, cioe' senza mentoniera. Se l'infortunato porta un casco integrale ed e' impossibile accertare la presenza di respirazione o addirittura se e' necessario intervenire con la respirazione artificiale il casco va immediatamente sfilato in questo modo: la manovra va eseguita possibilmente in due, mentre il primo soccorritore posto dietro il capo dell'infortunato aperta la visiera mantiene il casco e quindi il capo e il collo in leggera trazione ponendo le mani su ciascun lato del casco e stringendo con le dita la sua mandibola, il secondo si pone al fianco della vittima, slaccia o taglia il cinturino, quindi pone una mano sotto il collo della vittima e con l'altra mantiene spinta verso l'alto la mandibola: Il capo risulta cosi' iperesteso, la colonna cervicale e la mandibola ben fissate. Adesso il primo soccorritore puo' eseguire la vera manovra di rimozione del casco infilando le dita fra il casco e la mandibola ed esercitando una trazione laterale sui due lati del casco per far entrare aria tra capo e casco. Dopo questa manovra di "scollamento" incomincia a sfilarlo ruotandolo all'indietro e sollevandolo sopra il naso. Quando vedra' spuntare il naso dal margine inferiore della mentoniera egli sfilera' completamente il casco tirandolo indietro parallelamente al terreno. E' importantissimo che la manovra si svolga senza flessioni ne' torsioni della colonna cervicale, per evitare lesioni vertebrali. Primo soccorso nelle FRATTURE DELLE OSSA FACCIALI 1) porlo in posizione laterale di sicurezza: se stenta a respirare, rantola, vomita, diventa cianotico in viso. a) aprirgli la bocca; b) mantenerla aperta con un fazzoletto arrotolato posto internamente da un lato; c) tirare fuori la lingua prendendola fra le dita con un fazzoletto asciutto; d) trasportarlo in ospedale in questa posizione. Primo soccorso nelle FRATTURE DELLA MASCELLA 1) tenere il ferito seduto; 2) se sanguina portargli il capo un poco in avanti per far defluire il sangue; 3) sostenete la mascella con un foulard o una sciarpa legata sulla testa. Primo soccorso nelle FRATTURE DELLA COLONNA VERTEBRALE I sintomi piu' comuni delle fratture della colonna vertebrale sono: 1) forte dolore localizzato in un punto preciso della colonna; 2) formicolio alla estremita'; 3) impotenza funzionale, ossia se invitato a farlo dichiara di non essere in grado di muovere gli arti; 4) perdita' della sensibilita' degli arti (se pizzicato non avverte di essere toccato); 5) perdita di urina e feci. COSA NON SI DEVE FARE: MAI piegare il ferito, soprattutto MAI in avanti, ossia non metterlo a sedere, non trasportarlo MAI prendendolo sotto le ascelle e sotto le ginocchia, Mai girargli la testa, Mai piegargli la testa in avanti. Mai improvvisare un trasporto con inesperti. COSA SI DEVE FARE 1) Lasciare l'infortunato immobile come e dove si trova e impedire che altri lo muovano; 2) coprirlo; 3) aspettare il soccorso qualificato, dato che l'attesa non lo danneggia; 4) controllare che respiri e non vomiti; 5) all'arrivo dei soccorsi possiamo dare una mano conoscendo, ovviamente, almeno un sistema di sollevamento e di trasporto. RIMOZIONE DI UN INFORTUNATO E TRASPORTO Spesso puo' capitare che un individuo svenuto, o che abbia perso la conoscenza in seguito a un trauma sia in una situazione immediata di pericolo (ad esempio se corre il rischio di essere travolto da mezzi di passaggio o coinvolto in un possibile incendio per travaso di materiale infiammabile che puo' incendiarsi, etc.) oppure che sia urgente per il concorrere di piu' eventi (trauma e grave ferita emorragica, etc.) trasportarlo in ospedale, etc. Sara' necessario in questi casi provvedere a rimuovere l'infortunato in modo tale da non arrecargli danni (come ad es. una paralisi degli arti per compressione sul midollo spinale, etc.). Ecco le manovre che possono essere effettuate se si ha la certezza, avendo magari assistito all'evento, che non vi siano lesioni della colonna vertebrale: 1) porsi dietro il capo del sinistrato disteso, con i propri piedi a lato delle sue orecchie (vedi figure 22, 23, 24), 2) con entrambe le mani afferrarlo alla nuca o al bavero della giacca o altro indumento resistente facendo in modo da immobilizzarli la testa tra i polsi; 3) con un ben misurato slancio sollevargli il busto e metterlo "seduto" col busto lievemente inclinato in avanti; 4) avanzare un piede fino alle natiche dell'infortunato puntando il ginocchio sulla sua schiena all'altezza delle spalle in modo da impedire che ricada indietro o di lato durante la successiva manovra; 5) piegare un avambraccio dell'infortunato all'articolazione del gomito in modo da disporlo a traverso (a sbarra) all'altezza della cintura; 6) passare le proprie mani sotto le sue ascelle e afferrare saldamente, dall'alto in basso, l'avambraccio piegato; 7) spostando all'indietro il peso del proprio corpo raddrizzarsi sulla schiena; l'infortunato verra' allora a trovarsi attirato verso le vostre coscie, alle quali rimarra' appoggiato; 8) indietreggiare a ginocchia lievemente piegate in modo da trascinarlo in luogo sicuro. Questa manovra che va attuata solo se si ha la certezza che non vi siano lesioni delle vertebre e fratture degli arti e' chiamata "presa sottoascellare di Rautek" (vedi Fig. 22, 23 e 24). Quando si ha il sospetto di fratture ossee o di lesioni vertebromidollari il sollevamento, per il trasporto dell'infortunato necessita dell'intervento di tre persone per il sollevamento e di una che disponga un mezzo rigido (una asse sufficientemente lunga, larga e resistente o meglio una barella sotto il corpo della vittima. Con una variante della presa sottoascellare di Rautek è possibile estrarre una persona in stato di incoscienza da una autovettura incidentata (vedi Fig. 25). COME ESTRARRE DA UNA VETTURA L'INFORTUNATO PRIVO DI SENSI 1) aprire la portiera dell'automezzo; 2) chinarsi verso il sinistrato; 3) cingergli con un braccio la schiena all'altezza del sedile (natica dell'infortunato, come da figure); 4) afferrare i suoi indumenti all'altezza dell'anca rivolta dalla parte opposta della portiera; 5) tirarlo verso di se con forza in modo che sporga con buona parte delle natiche fuori dal sedile; 6) trattenendolo appoggiato al proprio petto per evitare che cada fuori dalla macchina piegargli sul petto un avambraccio all'altezza della cintura (destro o sinistro a seconda che il soggetto da estrarre dalla vettura sia il guidatore o il passeggero), passagli quindi le proprie braccia sotto le ascelle, afferrargli saldamente con entrambe le mani l'avambraccio piegato; 7) drizzarsi sulla schiena; 8) indietreggiare con le ginocchia lievemente piegate e il corpo inclinato all'indietro; 9) estrarre in questo modo l'infortunato e trascinarlo al sicuro. Sollevamento di lato, in tre persone: 1) mettersi da un lato (in caso di fratture o ferite dal lato sano) della persona da soccorrere; 2) appoggiare a terra il ginocchio che si trova dalla parte della testa dell'infortunato, mentre l'altro ginocchio rimane sollevato ma girato all'esterno verso i piedi della vittima; 3) il primo soccorritore, che si trova vicino alla testa, fa passare delicatamente in braccio sotto la nuca del sinistrato sino a raggiungere con la mano la ascella opposta e passera' l 'altra mano sotto la schiena; il secondo soccorritore fa passare un braccio sotto la sua cintura e l'altro sotto le coscie; il terzo soccorritore un braccio sotto la piega delle ginocchia e l'altro sotto le caviglie; 4) alla domanda "pronti?" e risposta "pronti" il primo soccorritore ordinera' allora "sollevare"; i soccorritori solleveranno l'infortunato simultaneamente, gireranno verso l'interno, sotto il corpo sollevato, le ginocchia prima rivolte verso l'esterno in direzione dei piedi, adagiando l'infortunato sulle proprie ginocchia; 5) un quarto soccorritore sospingera' l'asse o la barella, tenendola alzata dalla parte della testa della vittima sotto il suo corpo; i soccorritori gireranno di nuovo le ginocchia verso l'esterno e alla voce "giu'" adagiano simultaneamente il corpo sulla asse o la barella. Se il trasporto verso un luogo sicuro in attesa dell'ambulanza viene effettuato su un asse, due soccorritori si porranno ai suoi lati per evitare che questi possa cadere dall'asse. Sollevamento della vittima in tre persone standogli a cavalcioni 1) porsi tutti e tre a cavalcioni sopra la persona a terra rivolti verso il suo viso: il primo sopra il petto, il secondo sopra l'addome, il terzo sopra le gambe; 2) chinarsi sulle ginocchia e sulle anche (vedi figure 26 e 27) verso la persona da soccorrere, arrotolare i suoi abiti in modo da stringerli aderenti attorno al suo corpo e permettere cosi' alle proprie mani una presa migliore; il primo soccorritore, quello piu' vicino alla testa della vittima, afferra con una mano gli indumenti all'altezza del petto e con l'altra sostiene la testa del sinistrato, sotto la nuca; il secondo afferra gli indumenti all'altezza dell'addome; il terzo afferra i pantaloni all'altezza delle ginocchia e delle caviglie; 3) il primo soccorritore chiede "pronti?" e alla risposta "pronti" ordina "sollevate". Contemporaneamente, dolcemente e senza scosse ci si dovra' raddrizzare sulle anche e sulle ginocchia rimanendo con le braccia tese in modo da sollevare l'infortunato quanto sufficiente perche': 4) un quarto soccorritore faccia scivolare un asse o meglio una barella sotto il corpo sollevato della vittima. 5) all'ordine "giu'" l'infortunato dovra' essere adagiato con cautela e simultaneamente sul mezzo disposto per il trasporto. Questa operazione è più facile della precedente. Se si dispone di un lenzuolo resistente: 1) due persone lo faranno scivolare, con delicatezza sotto il corpo dell'infortunato disteso a terra dalla testa ai piedi; 2) quando il corpo della vittima e' ben disposto al centro del lenzuolo quattro soccorritori dovranno afferrare saldamente i quattro lembi del lenzuolo e tenendolo il piu' possibile teso al comando "sollevate" lo solleveranno contemporaneamente in modo da trasportare l'infortunato sul mezzo preparato per il trasporto vedi Fig. 28). N.B. - l'infortunato dovra' essere coperto per evitare che il corpo si raffreddi e come misura antichoc. Nel caso si abbia a disposizione un camioncino il corpo dell'infortunato vi potra' essere disposto di fortuna e trasportato all'ospedale senza attendere l'arrivo dell'ambulanza. In questo caso i soccorritori dovranno disporsi, durante il tragitto ai lati della vittima in modo da evitare movimenti bruschi del corpo e, soprattutto della testa e del collo. EMORRAGIE Le emorragie sono in genere determinate dalla rottura di uno o piu' vasi sanguigni rimasti coinvolti nella ferita (da punta, da taglio, etc.). Le emorragie possono essere arteriose o venose: Le prime, ossia le emorragie arteriose, sono facilmente riconoscibili perche il sangue zampilla dalla ferita in coincidenza con le pulsazioni (ossia con il battito del cuore), mentre nelle emorragie venose il sangue sgorga con continuita' dalla ferita senza zampillare e senza coincidere con il battito cardiaco. Per quanto riguarda il pronto soccorso nel 90% e oltre dei casi di emorragie puo' bastare, per arrestare il flusso del sangue, una buona fasciatura compressiva: In questo caso se si hanno a disposizione materiali di medicazione e bende la fasciatura compressiva puo' essere effettuata come nella prima figura 29; nel caso si abbiano a disposizione solo pezzi di telo o fazzoletti si puo' procedere come segue: a) disporre sulla ferita sanguinante un tampone di tela (es. un fazzoletto ripiegato) b) ripiegare il telo triangolare a nastro; c) sovrapporre al tampone il telo ripiegato all'altezza del suo primo terzo; d) interporre tra tampone e triangolo un secondo tampone di materiale elastico (es. un altro fazzoletto ripiegato piu' volte); e) avvolgere il capo piu' lungo del telo triangolare ripiegato attorno al tampone esercitando una moderata progressiva pressione; f) annodare i due capi terminali del nastro; g) mantenere l'arto fasciato, per quanto possibile sollevato. NOTA BENE: questa ultima manovra deve essere sempre eseguita sia per quanto riguarda gli arti superiori che inferiori (in quest'ultimo caso, ovviamente, a infortunato coricato sul dorso) in quanto cosi' facendo l'emorragia si attenua dato che il punto che sanguina viene a trovarsi piu' in alto del cuore. Nel caso di emorragie di tipo arterioso la prima cosa da fare e' cercare di arrestare la emorragia in quanto il prolungarsi della perdita del sangue puo' risultare mortale per il prodursi di una anemia acuta. In questo caso se i soccorritori sono due le manovre da eseguire nelle emorragie dell'arto superiore sono le seguenti: 1) disporre l'infortunato in posizione sdraiata; il primo soccorritore si pone in ginocchio all'altezza della testa dell'infortunato dal lato dell'arto nel quale si e' prodotta la lesione; 2) sollevargli l'arto (come nella figura 30); 3) esercitare una forte compressione con le dita della mano destra o della sinistra a seconda dell'arto interessato in modo da comprimere l'arteria omerale che passa nel solco bicipitale sulla superficie interna del braccio contro l'omero (vedi figura), se la compressione e' stata efficace si vedra' cessare l'emorragia, altrimenti comprimere parti vicine fino ad ottenere l'arresto del sangue. Nel frattempo il secondo soccorritore provvedera' a preparare un bendaggio compressivo da disporre come nella figura 31 e lo fissera' con un bendaggio molto stretto alla ferita sanguinante. Solo quando questa operazione sara' ultimata il primo soccorritore ridurra' lentamente la compressione delle dita sull'arteria fino a rimuoverla se il bendaggio compressivo sarà stato efficace. NOTA BENE: dato che il tempo per un intervento efficace e' molto limitato (specie nelle emorragie arteriose imponenti) i soccorritori non dovranno preoccuparsi della sterilita' del mezzo che impiegano per tamponare l'emorragia in quanto una perdita di tempo per questa ricerca potrebbe risultare fatale per l'infortunato. Nelle emorragie dell'arto inferiore: 1) il primo soccorritore si porra' in ginocchio al lato del traumatizzato con lo sguardo rivolto verso la ferita sanguinante; 2) con i pollici di entrambe le mani comprimera' con forza l'arteria femorale nel mezzo della piega inguinale, contro il femore (come nella figura 32). Anche in questo caso il secondo soccorritore provvederà a preparare e disporre un tampone compressivo da applicare sulla ferita. Nel caso il soccorritore fosse da solo e non potesse contare sull'aiuto di nessuno, oppure quando la ferita fosse troppo estesa (come nel caso ad es. della amputazione traumatica o dello sfacelo di una parte dell'arto sarà necessario disporre subito un laccio al di sopra della zona lesa con qualsiasi mezzo a disposizione (cintura dei pantaloni, corda, straccio di tela, etc.) e stringere con molta forza sino a provocare l'arresto della emorragia. In questo caso ricordare che sia nell'avambraccio (tra le ossa ulna e radio) che nella gamba (tra le ossa tibia e perone) passa una arteria chiamata arteria interossea. Un laccio percio' disposto sull'avambraccio o sulla gamba non sarebbe efficace in quanto l'arteria non puo' essere compressa perche' protetta tra le due ossa. Percio' il laccio va disposto sul braccio, nel caso di lesioni dell'arto superiore, o sulla coscia, per lesioni dell'arto inferiore, come mostrato nelle figure 33 e 34. NOTA BENE: se il sangue continua a filtrare attraverso una fasciatura compressiva appena applicata, questa non deve essere rimossa, ma a essa si dovra' sovrapporre altro materiale assorbente ed elastico (es. un fazzoletto ripiegato piu' volte), che verra' reso stabile con un'altra fasciatura moderatamente tesa. Qui di seguito riportiamo le manovre da eseguire per un primo soccorso avendo a disposizione solo mezzi di fortuna: APPLICAZIONE DI UN LACCIO EMOSTATICO ALL'AVAMBRACCIO. 1) Tenere l'arto sollevato; 2) disporre un telo triangolare ripiegato a nastro (o una fune o altro mezzo valido) oltre la meta' superiore del braccio e fare un nodo scorsoio; 3) tendere con forza i due capi del nastro sul nodo scorsoio; 4) mantenendo la tensione annodare i due capi intorno al braccio (come nella figura 33); 5) annotare in modo da poterla riferire all'arrivo al pronto soccorso medico l'ora esatta dell'applicazione del laccio; 6) provvedere al trasporto dell'infortunato (con il mezzo piu' rapido) al piu' vicino pronto soccorso. APPLICAZIONE DEL LACCIO EMOSTATICO ALLA COSCIA. 1) Annodate un telo triangolare disposto a nastro (o una fune o altro mezzo valido) alla coscia senza stringere; 2) passare una asticella di torsione tra la coscia e il nastro, torcendo con cautela fino a provocare l'arresto della emorragia; 3) ottenuto l'arresto dell'emorragia sospendere il movimento di torsione e fissare l'asticella in questa posizione servendosi di un secondo telo disposto a laccio (come nella figura 34); 4) annotare l'ora esatta dell'applicazione del laccio; 5) provvedere al trasporto rapido al piu' vicino pronto soccorso medico. INTERVENTO CONTRO EMORRAGIE ESTERNE PERICOLOSE Braccio Lacerazioni Gamba Braccio-Gamba Capo Tronco Tenere sollevato l'arto Compressione Compressione sul punto dove fuoriesce il sangue manuale con materiale morbido, possibilmente sterile FASCIATURA COMPRESSIVA _________________________________________________________________ IN CONDIZIONI ECCEZIONALI LACCIO EMOSTATICO _________________________________________________________________ Versamento di sangue nei tessuti. Sono in genere determinati da un trauma che senza lacerare i tessuti superficiali o profondi provoca la rottura di uno o piu' vasi sanguigni e quindi un versamento di sangue tra la cute e i tessuti sottostanti, o all'interno di un tessuto (muscolo) anche molto abbondante (EMATOMA) Se il fenomeno emorragico e' circoscritto si puo' avere una tumefazione locale senza apprezzabili lesioni esterne (ematoma), se diffuso sotto la cute puo essere rappresentato da una macchia colore vino per il versamento del sangue sotto la pelle (ECCHIMOSI). In genere l'unico sintomo e' il dolore nella regione tumefatta; in qualche caso, se il trauma e' stato esteso e violento, si puo' avere uno choc. In caso di ematoma circoscritto o di ecchimosi praticare impacchi di acqua fredda da rinnovare con frequenza, o applicare del ghiaccio (triturato e disposto in un panno). LO SH O CK E LE M ISURE ANTISHOCK Ad ogni insulto fisico, ed in particolare nelle gravi emorragie interne o esterne nelle quali si sia realizzata una grave perdita di sangue, puo' accompagnarsi uno stato di shock. Un tale stato puo' essere accertato per la presenza di: 1) polso sempre piu' accelerato e debole, fino a diventare appena percettibile (il battito cardiaco ossia il polso puo' essere accertato sia ponendo il proprio dito medio e anulare sul polso dell'infortunato dal lato del suo pollice sia sul collo dell'infortunato a lato del pomo d'Adamo come dimostrato nella figura 35; 2) pallore terreo; 3) cute fredda; 4) brividi. Caduta della pressione del sangue; 5) sudorazione fredda alla fronte; 6) stato di agitazione. In caso di shock si deve: 1) arrestare l'emorragia 2) far assumere all'infortunato una posizione antishock: a) se non vi sono lesioni visibili e lo shock e' provocato da un evento traumatico (shock emotivo) l'infortunato va adagiato al suolo in posizione supina possibilmente con il capo piu' basso del corpo (fatta eccezione per i traumi cranici) e gli arti inferiori vanno rialzati a squadra in modo da consentire il massimo afflusso di sangue al cuore e al cervello (vedi Fig. 36); b) in caso di shock da emorragie interne (nelle cavita' toraciche o nell'addome), riconoscibili per l'indebolimento del polso, il pallore del viso, delle labbra, delle congiuntive, la sudorazione fredda, crescente difficolta' respiratorie nelle emorragie interne del torace, pareti addominali rigide e resistenti anziche' morbide alla palpazione dell'addome etc.) le posizioni antishock sono rispettivamente: emorragie endotoraciche: in attesa dell'ambulanza tenere sollevato il tronco in posizione semiseduta per facilitare la respirazione dell'infortunato che risulta affannosa; emorragie endoaddominali: immobilizzare l'nfortunato facendogli assumere una posizione che favorisca il rilassamento delle pareti addominali e l'afflusso di sangue al cuore e al cervello ossia mantenere il capo piu' basso del corpo e disporre sotto le ginocchia un rotolo di materiale adatto a mantenerle piegate; 3) impedire il raffreddamento del corpo coprendo opportunamente l'infortunato; 4) cercare, nell'attesa di tranquillizzarlo (il paziente e' per lo piu' agitato) evitando che intorno a lui si crei trambusto e confusione (invitare con decisione i curiosi ad allontanarsi in modo da non aumentare lo stato di agitazione dell'infortunato creandogli un senso di soffocamento); 5) pregare i presenti di chiamare con la massima urgenza una ambulanza nella quale possibilmente sia presente un medico. Traumi chiusi dell'addome con possibile lesione degli organi interni. Gli unici interventi possibili da parte del soccorritore sono quelli di prevenzione dello shock, di limitare possibili emorragie interne e il dissanguamento, contenere l'eventuale uscita di visceri dalle ferite sull'addome. Quindi: 1) provvedere a richiedere con la massima urgenza un qualificato soccorso di emergenza (far chiamare un'ambulanza magari attraverso il 113). Nel contempo far assumere all'infortunato una posizione antishock. Controllare il polso per rendersi conto del suo stato; 2) proteggere la eventuale ferita o la fuoriuscita dei visceri dall'addome lacerato con uno strato di garze, o altro messo idoneo, senza tentare di spingere i tratti di intestino fuoriusciti nella cavita' addominale; 3) adagiare il ferito facendogli assumere una posizione antishock, secondo il suo stato, mettendogli una coperta arrotolata sotto le ginocchia in modo da rialzarle; 4) mantenere il calore del corpo utilizzando una coperta, o altro mezzo idoneo. NON SI DEVE: 1) somministrare medicinali; 2) dare da bere o da mangiare; 3) consentire di fumare. Improvvisi dolori al torace spontanei o conseguenti a un trauma. I dolori spontanei possono essere determinati da ANGINA PECTORIS (una condizione cronica di crisi intensamente dolorose ma di breve durata al petto, piu' frequente dai 40 anni in su e negli uomini piu' che nelle donne) conseguenza della sclerosi delle arterie coronarie; o dall'INFARTO CARDIACO (ossia una condizione dovuta alla morte di un'area piu' o meno grande di muscolo cardiaco per la chiusura definitiva [trombosi] o eccessivamente prolungata di una arteria coronaria, dovuta a cause organiche ma anche conseguenza possibile persino in soggetti molto giovani, di un trauma sul torace. La cause organiche in genere sono l'arteriosclerosi, l'ipertensione, il diabete, la gotta, l'obesita', l'eccesso di grassi nel sangue [iperlipidemia], l'abuso di alcool, il fumo di tabacco, fattori costituzionali [predisposizione familiare o costituzionale]. In entrambi i casi il sintomo caratteristico e' il DOLORE RETROSTERNALE che tende ad estendersi alla base del collo, alla spalla e al braccio sinistro, dolore di tipo costrittivo (come una morsa al cuore, accompagnato da senso di oppressione: nell'ANGINA PECTORIS: 1) il paziente ha il sintomo dell’angor", angoscia, senso di morte imminente. Non perde la conoscenza; 2) lo spasmo anginoide, causa del dolore dura pochi secondi o pochi minuti; 3) compaiono pallore, palpitazioni, affanno, talvolta vertigini. PRIMO SOCCORSO: 1) porre il paziente semiseduto; 2) slacciare cio' che stringe (colletto, cintura dei pantaloni, etc.) per facilitare la respirazione; 3) muoverlo il meno possibile; 4) chiamare un medico o un'ambulanza per il trasporto in ospedale; 5) se il paziente e' soggetto a crisi e porta con se' apposito farmaco somministrarglielo, altrimenti non prendere assolutamente iniziative come quella di dare cardiotonici, analettici o altro. Nell'INFARTO CARDIACO: 1) Il dolore al torace (precordiale) e' improvviso, violento e prolungato, spesso localizzato alla "bocca dello stomaco" per cui il paziente crede di aver fatto indigestione; 2) il malato ha affanno, e' agitato, con un forte senso di angoscia. Ha paura di morire; 3) il viso e' pallido, quasi terreo, i lineamenti sono tesi e scavati, la fronte imperlata di sudore; 4) la respirazione e' difficile e c'e' fame d'aria; 5) il polso e' piccolo e frequente (tachicardia), talvolta aritmico; la pressione arteriosa puo' diminuire anche sensibilmente 6) il paziente puo' perdere la coscienza. PRIMO SOCCORSO: 1) tranquillizzare il malato soprattutto con il proprio comportamento calmo; 2) e' di rigore l'IMMOBILITA' ASSOLUTA. Evitargli qualsiasi sforzo; 3) far assumere al paziente una posizione antalgica (meno dolorosa) scelta dal paziente o comunque semiseduta per favorire la respirazione. Il soccorso deve essere rivolto a impedire lo shock e l'aggravarsi delle condizioni generali. Quindi: 1) coricare il malato a seconda del caso. In genere, se trattasi di un attacco cardiaco o di una malattia polmonare fargli assumere una posizione semiseduta per agevolare la respirazione; 2) avvertire se possibile il medico di famiglia o richiedere il soccorso di emergenza specificando che occorre una ambulanza attrezzata per cure intensive e rianimative con medico a bordo (chiedere soccorso al 113); 3) evitare ogni trambusto attorno alla persona colpita da malore allontanando i curiosi. NON SI DEVE: 1) somministrare medicine di qualsiasi genere senza prescrizione medica; 2) somministrare cibi, bevande o consentire di fumare. SVENIMENTO Puo' essere causato da sovraffollamento, aria viziata in un locale chiuso, troppo lunga permanenza in piedi, dolori improvvisi e intensi (in persone particolarmente impressionabili o emotive). Uno svenimento puo' essere complicato dalle conseguenze della caduta a terra (ferite, traumi cranici, etc.). Lo svenimento e' in genere causato da un momentaneo insufficiente apporto di ossigeno al cervello (transitoria riduzione della circolazione del sangue cerebrale) ed e' riconoscibile per il pallore del viso, la perdita della conoscenza con rilasciamento muscolare (se si solleva un arto e lo si lascia questo ricade pesantemente al suolo). SI DEVE: 1) Sdraiare subito supina la persona svenuta, sollevandogli gli arti inferiori in modo da favorire un maggiore afflusso di sangue al cervello e accelerare cosi' il ritorno della coscienza; 2) mantenerla sdraiata per alcuni minuti anche dopo la ripresa della conoscenza (rialzarlo troppo presto potrebbe causare un nuovo svenimento); 3) controllare polso e respiro e portarla all'aria aperta. In genere la ripresa della conoscenza avviene molto rapidamente. In caso contrario comportarsi come nel caso della "perdita della coscienza" PERDITA DI COSCIENZA Puo' essere causata da un trauma cranico, da disturbi circolatori, da un colpo di calore, da una folgorazione, da avvelenamenti, etc: ed e' caratterizzata dalla mancanza di reazione agli stimoli esterni (assenza di riflessi, assenza di risposta a stimoli dolorosi provocati es. un pizzicotto , etc..). Nel caso di un trauma cranico possono verificarsi 4 casi di crescente gravità, schematizzati nella figura 37: 1) compressione cerebrale da emorragia intracranica per rottura di un vaso sanguigno; 2) perdita della coscienza per l’aumento della compressione sul cervello; 3) aspirazione nelle vie respiratorie di corpi estranei (sangue, rigurgiti, etc..) per la scomparsa dei riflessi di difesa rappresentati dalla tosse con la quale vengono spinti all’esterno corpi penetrati nella trachea e nei bronchi. NOTA BENE - Nel caso di traumi cranici, anche se l’infortunato dopo aver denunciato nausea, amnesia, etc.. dichiara di sentirsi bene. I 4 pericoli sono sempre dietro l’angolo per cui è opportuno avviare l’infortunato a un presidio sanitario per gli accertamenti del caso Le prime operazioni da eseguire sono il controllo della respirazione [vedi schema nella figura 38] (l'infortunato respira? altrimenti respirazione artificiale) e del battito cardiaco (il suo cuore batte? altrimenti massaggio cardiaco) (vedi respirazione bocca-bocca e massaggio cardiaco esterno). Quindi: se sono presenti movimenti respiratori (che possono essere accertati sia ponendo la propria guancia molto vicina alla bocca dell'infortunato oppure inginocchiandosi al suo fianco all'altezza dell'anca ponendo una mano di lato sul torace, all'altezza del margine inferiore della gabbia toracica; l'altra mano sull'addome al centro, immediatamente sopra l’ombelico in modo da avvertire con entrambe le mani il sollevarsi e abbassarsi della gabbia toracica. EPILESSIA 1) La crisi epilettica puo' avere inizio con alte grida (pianto epilettico); 2) contemporaneamente il malato perde i sensi e cade a terra di colpo dovunque si trovi: tutti i muscoli sono contratti, le mani serrate e gli occhi rovesciati all'indietro; 3) segue una fase convulsiva vera e propria in cui il malato e' agitato da scosse sempre piu' forti. Gambe e braccia si scuotono, gli occhi ruotano ed esce bava dalla bocca. La faccia e' alterata da una smorfia, la lingua proiettata in avanti puo' ferirsi quando le mascelle si chiudono. Il malato puo' perdere urina e feci; 4) segue la perdita totale della coscienza; 5) quando si risveglia il malato non ricorda piu' nulla. PRIMO SOCCORSO 1) Non cercare di impedire la crisi; non cercare di frenare i movimenti convulsivi; 2) levare di mezzo tutti gli oggetti contro i quali il malato potrebbe ferirsi; 3) prevedere se possibile la caduta cercando di ammortizzarla e soprattutto di proteggere il cranio; 4) porre se possibile un oggetto preferibilmente di gomma fra le arcate dentarie del malato; 5) slacciare cintura, cravatta, colletto; 6) sorvegliare continuamente il malato durante la fase delle convulsioni; 7) stargli vicino quando si riprende perche' per un certo periodo e' stordito, stremato e ha bisogno di aiuto psicologico. CRISI ISTERICA L’isterismo e' imperniato sull'estrema suggestionabilita' del soggetto, sulla sua forte emotivita' e sull'egocentrismo. Nasce in genere da una difficolta' di rapporto con gli altri. La persona vuole porsi al centro dell'attenzione, imponendo la propria personalita' attraverso una manifestazione plateale, spesso simile a quanto osservabile nell'epilessia (cadute a terra, agitazione psicomotoria, urla, etc:). Si distingue dall'epilessia perche': 1) la crisi isterica avviene "solo" in pubblico; 2) non c'e' perdita della coscienza; 3) il soggetto non cade di colpo, se cade, cade sempre in sicurezza, senza ferirsi; 4) non c'e' amnesia retrograda (ossia perdita della memoria di quello che e' successo; 5) non ci sono altri sintomi associati. PRIMO SOCCORSO 1) trattenere il soggetto in crisi isterica con comprensione, ma con fermezza; 2) e' lecito uno schiaffo o una spruzzata di acqua sul viso per calmarlo; 3) isolare il soggetto perche' l'attacco isterico si prolunga se ci sono spettatori che compatiscono e puo' contagiare altre persone (specie donne) specie se neurolabili. COLPO DI SOLE I sintomi di un COLPO di SOLE sono in genere: 1) intenso dolore di testa (cefalea), confusione mentale, allucinazioni, talora cecita'; 2) rossore al viso; 3) polso cardiaco frequente (oltre le 100 pulsazioni al minuto); 4) vomito; 5) perdita della coscienza; 6) coma e rischio di morte (nei casi piu' gravi) per eccessive esposizioni. PRIMO SOCCORSO 1) riparare il soggetto dal sole in luogo possibilmente ben ventilato facendo pero' attenzione ai raffreddamenti del corpo troppo rapidi che possono essere causa di collasso; 2) se e' cosciente e rosso in viso: posizione semiseduta e impacchi freddi sulla fronte e sulla nuca: Fargli bere qualche sorso di acqua fredda. 3) se incosciente: Posizione Laterale di Sicurezza. 4) se compaiono i segni dello shock lasciarlo in posizione laterale e sollevargli gli arti inferiori. COLPO DI CALORE E' determinato dalla permanenza del soggetto in un luogo chiuso, non ventilato, molto caldo e con una elevata umidita'. In queste condizioni critiche l'organismo non puo' adeguatamente difendersi disperdendo il calore prodotto dall'attivita' muscolare, etc. perche' l'evaporazione del sudore (il principale meccanismo con cui l'organismo perde calore attraverso la pelle quando si trova in ambienti caldi) e' impedita dalla elevata umidita' dell’ambiente. La temperatura interna percio', per la continua produzione di calore e per la mancata eliminazione aumenta progressivamente fino a raggiungere e superare il livello di sopravvivenza delle cellule cerebrali. I sintomi del COLPO DI CALORE sono in genere: 1) aumento della sudorazione e successivamente secchezza della pelle; 2) respiro superficiale e affannoso; 3) pallore o anche congestione del volto; 4) eccitazione nervosa; 5) battito cardiaco molto frequente (100 e oltre pulsazioni al minuto); 6) cefalea fino al delirio; 7) crampi muscolari. PRIMO SOCCORSO a) liberare gli abiti; b) portare il paziente in ambiente aperto e ben aerato; c) bagnare la superficie del corpo con acqua fresca (spugnature o avvolgerlo in un lenzuolo bagnato); d) ghiaccio sul capo; e) se cosciente dargli da bere (acqua possibilmente con del bicarbonato di sodio per compensare le perdite di acqua e sali; f) se il cosciente e' cosciente: posizione semiseduta; g) se incosciente e respira Posizione Laterale di Sicurezza; h) se c'e' arresto della respirazione praticare la respirazione artificiale. USTIONI Le ustioni vengono classificate in diversi gradi a seconda della profondita' del tessuto ustionato: Ustioni di primo grado: sono quelle che interessano solo la cute in superficie e si manifestano con il solo arrossamento della parte ustionata; Ustioni di secondo grado: interessano la cute piu' in profondita' e si manifestano con arrossamento e la formazione di bolle (flittene) contenenti liquido; Ustioni di terzo grado: sono ancora piu' profonde e carbonizzano i tessuti (talvolta addirittura un intero arto). In genere ai fini della sopravvivenza ha piu' importanza l'estensione della lesione che il suo grado. Una ustione di primo grado che interessi piu' del 20% della superficie del corpo puo' essere mortale o piu' grave di una di terzo grado che interessa solo il 5% del corpo. Una ustione di qualunque grado che interessi piu' del 30% della superficie corporea in genere e' mortale senza un adeguato trattamento. Il pericolo maggiore per l'ustionato e' dovuto alla perdita di liquidi del sangue (plasma - per vaste ustioni litri al giorno) e al conseguente sopraggiungere dello shock. Di fronte a ustioni: 1) calcolare approssimativamente l'estensione della superficie ustionata e se questa e' estesa e sembra superare il 15% trasportare subito l'ustionato in ospedale; 2) dato che le ustioni non sono mai infette in partenza perche' il calore che ha ustionato i tessuti ha provveduto anche ad uccidere i germi, le ustioni non vanno disinfettate, le eventuali bolle non dovranno essere rotte, non dovranno essere applicate pomate o altro, ma la zona ustionata potra' essere eventualmente ricoperta con garza sterile. Per non correre il rischio di infettare le ustioni, nel trattamento iniziale di pronto soccorso, non si dovra' nemmeno togliere le vesti bruciate, essendo state anche queste sterilizzate dal calore. ARRESTO DELLA RESPIRAZIONE E DELLA CIRCOLAZIONE RESPIRAZIONE BOCCA A BOCCA - MASSAGGIO CARDIACO ESTERNO In molte circostanze della vita (svenimenti, perdite improvvise della coscienza per traumi cranici, intensi dolori, folgorazioni da corrente elettrica, annegamenti, asfissie acute, etc.) si puo' verificare un arresto della respirazione o della respirazione e della circolazione per cui si rende necessario, per assicurare la sopravvivenza dell'assicurato, ripristinare queste senza perdere tempo ad attendere soccorsi. Un intervento immediato puo' salvare la vita di una persona, tanto piu' che le pratiche per riattivare respirazione e battito cardiaco sono cosi' semplici da eseguire e richiedono uno sforzo minimo cosi' che un adulto puo' essere anche salvato da un bambino. PREMESSA: tutte le cellule del nostro corpo hanno bisogno dell'ossigeno per sopravvivere: in mancanza di ossigeno tutte sono destinate a morire, alcune, come le cellule nervose possono resistere senza ossigeno solo un tempo molto limitato (in genere non superiore ai 4 minuti). Infatti se non gli si riporta l'ossigeno indispensabile per la loro vita muoiono. Poiche' esse non sono in grado di riprodursi (nasciamo con un numero prefissato di cellule nervose e questo numero rimane fisso per tutta la nostra vita) con la loro morte muore anche l'organismo dato che le funzioni che questo svolge dipendono appunto dalla integrita' delle cellule nervose. L'ossigeno necessario alle cellule dell'organismo viene sottratto dall'aria che respiriamo a livello dei polmoni, attraverso la membrana alveolo-capillare passa nel sangue della rete capillare che circonda l'alveolo e si fissa a un pigmento particolare presente nei globuli rossi del sangue, l'emoglobina (formando ossiemoglobina) e attraverso la fitta rete di vasi sanguigni viene portato mediante i capillari piu' periferici fino alle cellule alle quali viene ceduto per essere utilizzato per lo svolgimento delle proprie funzioni. E' evidente quindi che respirazione e circolazione sono tra loro strettamente legate. Infatti se si arrestasse la respirazione, pur rimanendo attiva la circolazione, l'ossigeno presente nel sangue si esaurirebbe rapidamente e, mancando il rifornimento attraverso i polmoni immobili le cellule dei tessuti piu' o meno rapidamente verrebbero a morte: Allo stesso modo anche se la respirazione fosse attiva l'ossigeno non potrebbe raggiungere le cellule se il cuore, e quindi la circolazione, fossero ferme. Da quanto detto risulta quindi che: 1) il soccorso deve essere molto rapido e senza perdite inutili di tempo (dopo 4 minuti e' quasi certo che l'infortunato non possa piu' essere recuperato alla vita); 2) ci si deve accertare se respirazione e circolazione sono attive perche' solo la contemporanea attivita' di queste due funzioni puo' assicurare la riuscita del nostro salvataggio mediante la respirazione bocca-bocca e/o il massaggio cardiaco esterno. ECCO LA SUCCESSIONE DELLE MANOVRE PRELIMINARI DA ESEGUIRE: 1) distendere l'nfortunato privo di coscienza a terra o su una superficie rigida; 2) assicurarsi che il soggetto non abbia la bocca piena di qualche cosa (ad esempio nell'annegato alghe o sabbia) che possa impedire l'esecuzione della respirazione boccabocca e nell'eventualita' liberarla (estraendo con le dita il materiale, esercitando dei colpi sulla schiena, specie nei bambini, in modo da far espellere i corpi estranei, etc.); 3) accertarsi che il soggetto non respira avvicinando il proprio orecchio alla bocca dell'infortunato e osservando con la coda dell'occhio se il torace si solleva o eseguendo le manovre riferite in precedenza; 4) accertarsi che il cuore batte: in questo caso data la difficolta' di verificare la presenza di pulsazioni al polso o al collo (spesso i battiti sono cosi' deboli che anche un medico trova difficolta' ad accertarli) il metodo piu' semplice e sicuro e' quello di aprire una palpebra dell'infortunato o se ha gli occhi aperti coprirne uno con la mano e quindi allontanarla di scatto, oppure, se la luce e' scarsa, toccare con il polpastrello del dito indice la cornea di uno dei suoi occhi. La luce improvvisa che colpisce l'occhio, oppure il tocco della cornea provocheranno il restringimento della pupilla se il cuore batte: Se la pupilla, malgrado la luce proiettata improvvisamente oppure il tocco della cornea rimane dilatata cio' significa che il cuore non batte. Nel primo caso ci si dovra' percio' preoccupare solo di riattivare la respirazione, nel secondo caso si dovranno riattivare cuore e respirazione. MANOVRE DA ESEGUIRE DA UN SOCCORRITORE SE DA SOLO 1) liberare bocca e naso da eventuali corpi estranei; 2) accertarsi che respirazione e circolazione siano fermi; 3) aprire le vie aeree; 4) iniziare la respirazione bocca a bocca o naso bocca; 5) iniziare il massaggio cardiaco esterno. I punti 1 e 2 sono gia' stati descritti in precedenza quindi: APRIRE LE VIE AEREE: nella posizione supina se il soggetto e' privo di coscienza, per il rilasciamento della muscolatura di tutto il corpo, anche i muscoli che mantengono la lingua in posizione si rilasceranno, e la lingua ricade percio' nella glottide ostruendo l'ingresso dell'aria nelle vie respiratorie. Per aprire le vie aeree sara' sufficiente iperestendere verso la nuca la testa. Questa manovra si esegue poggiando una mano sulla fronte e l'altra sotto il collo. Mentre la mano disposta sotto il collo viene sollevata, quella disposta sulla fronte verra' spinta verso il basso. Cosi' facendo la testa verra' ripiegata verso il dorso, i muscoli destinati alla lingua si tenderanno e questa verra' risollevata disostruendo le vie aeree (vedi figure 39 e 40). Questa manovra puo' essere in qualche caso sufficiente a consentire una respirazione normale in attesa della ripresa spontanea della conoscenza(ad es. nel soggetto semplicemente svenuto o privo di coscienza perche' affetto da colpo di sole, che trova difficolta', in posizione supina, a respirare per la sola ricaduta della lingua verso il faringe) . INIZIARE LA RESPIRAZIONE BOCCA A BOCCA: senza spostare la mano che era stata posta sotto il collo necessaria a mantenerlo sollevato e aprire le vie aeree, con la mano che era stata disposta sulla fronte stringere le narici del soggetto in modo da impedire che l'aria che verra' soffiata nella bocca della vittima esca attraverso il naso rendendo inutile la respirazione bocca-bocca. Prima di disporre la propria bocca sul quella dell'infortunato (si puo' interporre tra la propria bocca e quella della vittima un fazzoletto aperto), inspirare profondamente (circa il doppio di una respirazione normale) e poi soffiare due volte l'aria nella bocca della vittima (fig. 41), avendo cura ogni volta di allontanare la propria da quella dell'infortunato in modo da consentire la espirazione che avverra' spontaneamente per ritorno elastico dei suoi muscoli respiratori. Qualora fosse impossibile accedere alla bocca dell’infortunato o nei bambini, è possibile praticare anche la respirazione bocca-naso (vedi figura 42). Nei lattanti è consigliabile chiudere con la propria bocca naso e bocca del neonato e praticargli così la respirazione artificiale. Naturalmente se il cuore batte e solo la respirazione e' impedita sara' sufficiente ripetere con un ritmo di 15-16 atti respiratori al minuto le insufflazioni di aria nei polmoni della vittima: N.B. - a) ogni volta che si ripete la insufflazione di aria nei polmoni dell'infortunato si deve avere cura di assicurarsi della corretta posizione della sua testa, posizione atta ad assicurare la apertura delle vie aeree, inoltre di controllare, con la coda dell'occhio, il sollevarsi e l'abbassarsi del torace ogni volta che si soffia aria nella sua bocca. b) se non fosse possibile disostruire la bocca, non perdere tempo e attuare la respirazione naso-bocca ponendo la propria bocca sul naso della vittima e operando come in precedenza detto. In questo caso si avra' comunque cura di assicurarsi che la sua bocca rimanga chiusa ponendomi sopra la propria mano. c) se la vittima e' un neonato o un bambino molto piccolo coprire naso e bocca contemporaneamente con la propria bocca e attuare la respirazione. INIZIARE IL MASSAGGIO CARDIACO ESTERNO: se il cuore non batte si dovra' iniziare, dopo aver fatto compiere due atti respiratori all'infortunato (vedi sopra) il massaggio cardiaco esterno. Questo va attuato ponendo una mano a piatto sul torace della vittima lievemente a sinistra dello sterno e all'altezza della linea immaginaria che unisce i due capezzoli e disponendo su di questa l'altra mano a croce. Appoggiando il peso del proprio corpo sulle braccia tese si compieranno delle pressioni in modo da abbassare lo sterno di 3-4 centimetri (nel neonato l'operazione va compiuta con due dita abbassando lo sterno di 2-3 centimetri. Il ritmo da seguire e' di 15 compressioni (al ritmo di una ogni secondo circa) ogni due atti respiratori in modo che in un minuto si avranno: 2 atti respiratori (durata media 4 secondi), 15 compressioni sul torace (massaggi cardiaci) poi 2 atti respiratori e 15 compressioni, 2 atti respiratori e 15 compressioni, 2 atti respiratori etc. e si continuera' senza mai interrompere questa pratica anche durante il trasporto sulla barella dal luogo dell'incidente all'ambulanza e su questa durante il trasporto sino all'arrivo in ospedale e avere affidato la vittima alle cure dei medici con il ritmo 2-15-2-15-2-15-2-15 e cosi' via. Se si ha la fortuna di avere un compagno addestrato alla pratica della respirazione bocca-bocca e del massaggio cardiaco esterno mentre uno si occupera' di attuare la respirazione l'altro provvedera' ad effettuare il massaggio cardiaco. In questo caso i due soccorritori dovranno prendere un ritmo in modo da non intralciarsi o vanificare il massaggio cardiaco attuandolo mentre il compagno soffia aria nei polmoni dell'infortunato. Il ritmo dovra' percio' essere di 16 atti respiratori al minuto e 60 compressioni sul torace. L'efficacia del massaggio cardiaco, che come la respirazione bocca a bocca non dovra' essere interrotto se non quando sono ormai evidenti i segni della ripresa spontanea della respirazione e circolazione o allorche' l'infortunato e' stato affidato alle cure dei medici, e' legato al fatto che il cuore (che nella circolazione ha la funzione di una pompa), si trova nel torace esattamente tra sterno e colonna vertebrale, due superfici rigide tra le quali puo' essere schiacciato in modo da riattivare la sua funzione di pompa interrotta dal suo arresto. AVVELENAMENTI Sono in genere causati dall'assorbimento di sostanze tossiche penetrate nell'organismo per lo piu' attraverso la via digestiva. Alcune sono di uso comune: alimenti, detersivi, insetticidi, altre di uso industriale; molte sono rappresentate da farmaci. REGOLE DI COMPORTAMENTO GENERALE 1) Se in soggetto e' cosciente chiedergli cosa ha ingerito; 2) Se e' incosciente ma respira, porlo in Posizione Laterale di Sicurezza e attuare misure antishock. 3) Se non respira: praticare la respirazione artificiale bocca-bocca; 4) Se il cuore non batte (polsi arteriosi assenti) attuare il massaggio cardiaco esterno; 5) chiamare un ambulanza avvertendo che si tratta di un "avvelenamento" o trasportare in ospedale l'avvelenato con la massima urgenza; 6) telefonare, se possibile, al piu' vicino Centro antiveleni per avere istruzioni sul miglio comportamento da attuare; 7) assistere la vittima in caso di vomito (sorreggergli la fronte, etc.; 8) inviare o portare in ospedale i resti eventuali del veleno o del cibo sospetto, un campione del materiale vomitato, un poco di urina, etc: In modo da poter eseguire analisi e risalire al tossico. 9 Non provocare il vomito se non nei caso in cui questa pratica e' indicata: RICORDARE PROVOCARE VOMITO E' INUTILE PROVOCARE VOMITO nelle intossicazioni da: nelle intossicazioni da: ALCOOL FUNGHI ALIMENTI INFETTI (dolci, gelati, etc.) TOSSINA BOTULINICA (scatolame) ANTIPARASSITARI FARMACI NON SI DEVE PROVOCARE IL VOMITO negli avvelenamenti da SOSTANZE CAUSTICHE INOLTRE: 1) Non si fa MAI vomitare una persona il stato di INCOSCIENZA 2) Non si somministrano MAI BEVANDE ALCOLICHE 3) Non somministrare LATTE perche' puo' venire favorito l'assorbimento del tossico. AVVELENAMENTO DA FUNGHI (Amanita Muscaria e Amanita Falloide) I sintomi sono: 1) rapida insorgenza dei sintomi (1-6 ore dopo il pasto; 2) violenti disturbi gastrici (nausea, vomito); 3) disturbi nervosi, euforia tipo quella dell'ubriachezza, delirio; 4) dolori di testa, vertigini, convulsioni, sudori, incoscienza fino allo morte. Il PRIMO SOCCORSO consiste nell'attenersi alle REGOLE GENERALI e NON FAR VOMITARE. INTOSSICAZIONE DA SOSTANZE DI USO PREVALENTEMENTE DOMESTICO Possono essere la conseguenza di ingestione di candeggina, smacchiatori, detersivi chimici, disinfettanti vari, solventi (trementina, trielina, benzina, etc.), sostanze caustiche (acido cloridrico, soda caustica, etc.) I SINTOMI possono essere: a) causticazione con distruzione dei tessuti con i quali il tossico e' venuto in contatto; b) dolori violentissimi allo stomaco o esofago che possono venire perforati; c) violenti dolori addominali. PRIMO SOCCORSO: Attenersi alle REGOLE GENERALI e, soprattutto NON FAR VOMITARE, c'e' il rischio di aggravare le lesioni interne. INTOSSICAZIONE DA ANTIPARASSITARI SINTOMI: a) tremori e convulsioni; b) alterazioni della respirazione fino all'arresto del respiro; c) miosi (restringimento della pupilla) o midriasi (dilatazione della pupilla). PRIMO SOCCORSO: NON somministrare il LATTE; provocare il VOMITO; se possibile recuperare il recipiente in cui era contenuto il parassitario (per riconoscere il tipo di sostanza tossica presente nel composto), ospedalizzare IMMEDIATAMENTE l'intossicato. INTOSSICAZIONE DA MEDICINALI PRIMO SOCCORSO: a) favorire il vomito (solo se e' cosciente); b) somministrare acqua e bicarbonato di soda; c) dare del caffe' forte (per combattere il sonno determinato da barbiturici); d) respirazione artificiale bocca a bocca se l'intossicato non respira; e) massaggio cardiaco esterno se c'e' arresto cardiaco. INTOSSICAZIONE DA ALCOLICI PRIMO SOCCORSO: a) se l'ubriaco cade e si addormenta all'aperto e al freddo rischia di morire assiderato bisogna quindi trasportarlo al caldo e coprirlo; b) provocare il vomito se l’intossicazione e' agli inizi e se l'intossicato e' cosciente; c) somministrare caffe' forte (eccitante); d) se lo stato e' avanzato somministrare 10 gocce di ammoniaca sciolte in un bicchiere di acqua; e) se l'intossicato e' incosciente non dare da bere ma porlo in Posizione Laterale di Sicurezza; f) se incosciente e non respira attuare la respirazione bocca-bocca e, eventualmente, anche il massaggio cardiaco esterno; g) se le condizioni sono gravi trasporto rapido in ospedale. TOSSICODIPENDENZE E' un tossicodipendete chi a seguito di somministrazioni ripetute di una sostanza (una droga) ne e' diventata dipendente, ha un desiderio incontrollato di continuare ad assumerla e mostra una marcata tendenza ad aumentare la dose. Si parla di assuefazione quando e' stata contratta l'abitudine dell'organismo alla sostanza che e' estranea e viene a modificare il suo equilibrio naturale. Si parla di dipendenza se vi e' desiderio incontrollato di continuare ad assumere quella determinata sostanza. Esistono diversi tipi di dipendenza: dipendenza fisica se l'organismo viene condizionato dall'assunzione di una droga per cui se questa non viene assunta si ha un disturbo da "privazione" (la cosiddetta sindrome da astinenza); dipendenza psichica se esiste la voglia, ossia il desiderio di assumere una nuova dose che se manca provoca uno stato di malessere psicologico; dipendenza sociale quando l'assunzione della sostanza drogante diventa un mezzo per essere inserito in un gruppo dedito al consumo della stessa droga (ossia l'assumere droga diventa un sistema di socializzazione (evenienza frequente soprattutto fra gli alcoolisti). Sono sostanze che piu' frequentemente determinano tossicodipendenza. 1) gli oppiacei (eroina, morfina, metadone); 2) barbiturici (veronal, gardenal, luminal etc.); 3) benzodiazepine (Valium, Roipnol, Serpax, Tavor, etc.) 4) psicodislettici (LDS, amfetamine, cocaina, etc.); 5) canape (Marijuana, Hashis) 6) tabacco; 7) alcool; Bevande caffeiche. ALCOLISMO O ETILISMO CRONICO E' la conseguenza dell'abuso prolungato di sostanze alcoliche (specie superalcolici), e' una tossicomania e come tale da assuefazione, dipendenza e disturbi da "astinenza". Oltre a provocare danni a organi vitali (come il fegato inducendo cirrosi epatica) e al sistema nervoso, l'abuso di alcool lentamente produce una progressiva decadenza della personalita', indebolimento della volonta', modificazioni del comportamento fino a quella forma estremamente grave rappresentata dal "DELIRIUM TREMENS" con paurose allucinazioni, scoppi di crisi furibonde in cui il malato puo' arrivare anche ad uccidere. In questi casi: ISOLARE IL SOGGETTO E CHIAMARE LA POLIZIA. INTOSSICAZIONE DA OPPIACEI (eroina, morfina, metadone) Sintomi di "fattura" (ossia dovuti all'effetto della droga): a) miosi (restringimento della pupilla) anche al buio (dove la pupilla normalmente si dilata per far entrare la maggiore quantita' di luce possibile; b) calma (l’individuo sembra assente rispetto a cio' che lo circonda); c) secchezza della pelle, stipsi (per diminuzione delle secrezioni). Sintomi di "astinenza" (la durata media dell'effetto dell'eroina e' di 6 ore): 1) midriasi (pupilla dilatata anche alla luce forte, condizione nella quale normalmente la pupilla si restringe per limitare l’ingresso di un eccesso di luce nell'occhio); 2) agitazione, irrequietezza; 3) Tachicardia (polso frequente), insonnia; 4) aumento delle secrezioni (sudorazione abbondante, lacrimazione, rinorrea (fuoriuscita di liquidi dal naso); 5) sbadigli, starnuti, nausea, vomito; 6) diarrea; 7) crampi, dolori ossei (come se la schiena si spezzasse); 8) eventuali mestruazioni improvvise. Ricordare comunque che NESSUNO MUORE DI ASTINENZA. In entrambi questi casi il PRIMO SOCCORSO e' esclusivamente un intervento di sostegno e conforto psicologico peso a convincere il soggetto a recarsi al piu' vicino ospedale dove farsi somministrare metadone (oggi considerato meno tossico di altri oppiacei e pertanto somministrato di pronto soccorso o per una lenta e progressiva disintossicazione. Nei casi di "overdose" ossia di dose troppo alta rispetto a quella abituale, oppure di "taglio" ossia di aggiunta di altro tipo di sostanze, tossiche, utilizzate per "allungare" l'eroina si possono determinare situazioni gravissime fino alla morte. I sintomi piu' frequenti sono: 1) all'inizio miosi; in seguito: 2) perdita della coscienza; 3) depressione del respiro (fino a 1-2 atti respiratori al minuto rispetto ai 12-14 normali); 4) cianosi (colorito blu delle labbra, guance etc.); infine: a) arresto del respiro; b) arresto del cuore; c) midriasi; e) morte: La comparsa di MIDRIASI ci fa comprendere che si e' determinato un arresto cardio-respiratorio che richiede la RIANIMAZIONE IMMEDIATA effettuata con la respirazione artificiale (bocca-bocca) e il massaggio cardiaco esterno. Gli oppiacei (eroina, morfina) cosi' come i sedativi (barbiturici), l'alcool e la marijuana sono DEPRIMENTI del sistema nervoso centrale e agiscono sui centri bulbari del respiro sino alla loro paralisi con conseguente arresto respiratorio e quindi cardiocircolatorio per le strette connessioni che esistono tra questi due sistemi (quello respiratorio provvede alla ossigenazione del sangue; il cuore e il sistema della arterie e delle vene lo fanno circolare. In questi casi il PRIMO SOCCORSO consiste nell'esecuzione rapida della respirazione artificiale e del massaggio cardiaco. NOTE: INDICE Il primo soccorso: Urgenza e Gravità pag. 1 Le ferite pag. 3 Distrazione, Distorsione, Lussazione Fratture pag. 5 pag. 6 Condizioni comuni nel trattamento del fratturato ...................................pag. 7 Primo soccorso delle fratture Fratture dell’arto superiore (gomito, braccio e spalla, clavicola) Frattura delle costole Fratture dell’arto inferiore (piede, tibia e perone, femore) pag. 7 pag. 8 pag. 8 pag. 9 Frattura del bacino pag. 9 Frattura del cranio pag. 9 Posizione laterale di sicurezza pag. 10 Rimozione del casco protettivo nel traumatizzato cranico............................pag. 11 Frattura delle ossa facciali e mascella..........................................................pag. 11 Rimozione di un infortunato e trasporto pag. 12 Come estrarre da una vettura l’infortunato privo di sensi............................pag 13 Sollevamento di lato in tre persone..............................................................pag. 14 Sollevamento in tre persone stando a cavalcioni della vittima......................pag. 14 Emorragie...................................................................................................pag. 15 Applicazione del laccio emostatico all’avambraccio.....................................pag. 17 Applicazione del laccio emostatico alla coscia..............................................pag. 18 Lo shock e le misure antishock.................................................................... pag.. 19 Traumi chiusi dell’addome pag. 20 Angina pectoris e infarto cardiaco.................................................................pag. 21 Svenimento...................................................................................................pag. 22 Perdita della coscienza..................................................................................pag. 23 Epilessia.......................................................................................................pag. 24 Colpo di sole e di calore................................................................................pag. 25 Ustioni pag. 26 Respirazione bocca-bocca e massaggio cardiaco esterno ................................pag.27 Aprire le vie aeree.........................................................................................pag. 29 Iniziare la respirazione bocca a bocca............................................................pag. 29 Iniziare il massaggio cardiaco esterno pag. 30 Avvelenamenti ..............................................................................................pag. 31 Toccicodipendenze.........................................................................................pag. 33