PERCORSO RIMEDIATIVO LOGOPEDICO NEI DISTURBI
GENERALIZZATI DELLO SVILUPPO.
Dott. Simone Becucci-Logopedista
PRESTAZIONALITA’, FUNZIONI E POTENZIALE DI SVILUPPO
Il trattamento logopedico dei disturbi della comunicazione in età evolutiva segue un processo
di valutazione e terapia improntato sulla stesura di un profilo comunicativo individuale, analisi
effettuata a livello impressivo/espressivo/integrativo/emotivo-relazionale, utilizzando differenti
strumenti formali ed informali (anamnesi, osservazione del comportamento comunicativo in
contesti familiari e strutturati, compilazione di griglie valutative della prestazionalità generale,
test per la valutazione di prestazionalità specifiche).
Il confronto dei dati raccolti permette di inquadrare le abilità comunicative, in base agli aspetti
deficitari e delle abilità emerse nei vari livelli, seguendo un criterio di articolazione gerarchica
di alcuni aspetti della comunicazione1:
1.
La spinta volitiva /garantisce la quantita' dei messaggi (voglia di comunicare,
necessità/desiderio, motivazione, stimolazione, rapporti col gruppo, rapporti affettivi, ...)
2.
Mezzi cognitivi / garantiscono la qualità dei messaggi ("intelligenza", fattori intellettuali,
raziocinio, razionalità, ...)
3.
Strumenti periferici impressivi-espressivi / garantiscono l'uscita o l'entrata dei messaggi
preformati.
Il piano diagnostico- identificativo del profilo comunicativo consente di conoscere come siano
evolute, o a quale punto siano, le abilità di ogni singolo soggetto, rispetto alle tappe evolutive
riscontrate nello sviluppo di un individuo con prestazionalità adeguata a quell’età anagrafica e
poter utilizzare tali informazioni sul piano terapeutico-educativo.
In fase di valutazione possiamo osservare i comportamenti comunicativi del soggetto in
conformità a criteri relativi ai comportamenti normali e più comuni, mirando ad una
misurazione della performance come indice rilevabile della sua conoscenza. Anche nella
valutazione prestazionale generale si utilizzano delle griglie calibrate per aree di abilità e
progressione delle tappe di sviluppo motorie, linguistiche verbali, cognitive, sociali, secondo il
concetto di sviluppo armonico delle stesse abilità.
Questo tipo di valutazione, riduttivamente descritta, risulta indispensabile nell'indirizzare
l'intervento rieducativo-educativo nel bambino con disturbi della comunicazione in età
prescolare e scolare, ritardi dello sviluppo e del linguaggio.
La concomitanza del disturbo comunicativo con deficit a livello motorio-prassico e percettivosensoriale, complica notevolmente la fase valutativa.
L'assenza o la povertà di comportamenti comunicativi espressivi verbali-gestuali, la difficoltà
ad avviare, controllare e progettare condotte motorie adattive e manipolative sull'ambiente,
rendono la valutazione spesso difficile, poiché solo indice della presenza di disabilità, con
1
O.Schindler-I. Vernero, 1994
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risposte spesso non concordanti al grado di elaborazione e integrazione del soggetto o alla sua
intenzione comunicativa, dimostrati nel comportamento spontaneo in situazioni contestuali più
familiari e in alcune interazioni privilegiate dal soggetto
Di fronte a tali difficoltà, il nostro atteggiamento nell’interpretare i dati osservabili e nel
richiederli, si determina nel particolare approccio teorico che scegliamo di seguire.
Il crescente interesse neuropsicologico per la riabilitazione, che ha preso avvio dalle ipotesi di
“riorganizzazione” di “sistemi funzionali” nei soggetti patologici2, ha fornito altri elementi utili
nell’identificazione e nell’interpretazione delle disfunzioni comportamentali e della
comunicazione.
In tale ambito, la riabilitazione è intesa come analisi delle funzioni adattive3, come complessi
sistemi dinamici, per l’adempimento di uno scopo per il quale sono implicate numerose zone o
aree cerebrali, collaboranti tra loro ognuna con un contributo specifico. Quindi l’indagine del
riabilitatore si pone di individuare ed analizzare quali funzioni permettano un adattamento
dell’individuo alle condizioni ambientali e all’esigenze conseguenti all’interazione con
l’ambiente.
Queste funzioni potrebbero essere congrue ad una data situazione, ma stereotipate o mal
adattate in altre, in particolare in seguito ad una modificazione del contesto.
Il concetto di normalità e patologia è in relazione alla capacità o meno, di un individuo, di
adattarsi e modificarsi ai cambiamenti dell’ambiente o degli obiettivi.
La capacità di adattamento e di modificazione dell’individuo, richiede che egli possa:
• Prevedere
• Fare ipotesi
• Immaginare e rappresentarsi l’effetto del proprio comportamento
La costruzione delle funzioni adattive, in età evolutiva, è riferita agli scopi ed alla valutazione
dei risultati del proprio comportamento. Nelle patologie dell’età evolutiva, spesso non ci sono
funzioni perdute da ricostruire, ma un’incapacità nel trovare strategie per l’adattamento e
nella modificazione delle funzioni in risposta ai cambiamenti contestuali. In questo caso la
mediazione dell’adulto ha un’importanza primaria.
Possiamo riferirci ad alcuni concetti chiave derivanti dagli studi effettuati in ambito
neuropsicologico (Giorgio e Letizia Sabbadini), circa la riabilitazione dei disturbi del linguaggio
e dello sviluppo in età evolutiva.
• capacità di apprendimento dimostrata dal soggetto: imparare a un livello più alto di quello
dimostrato nel comportamento spontaneo (concetto di modificabilità);
• attenzione alle modalità richieste all'esaminatore: mettere il bambino in condizione di
migliorare la sua prestazione (concetto di mediazione);
• attuare un programma d'intervento più idoneo per fare in modo che il bambino trasferisca
un’abilità a diversi settori, ovvero impari a generalizzare.
In terapia bisogna agire rispetto all'efficienza delle strutture processanti (funzioni di base:
movimenti e percezioni) poiché è necessario che queste forniscano dati certi ai processi di
controllo (analisi e sintesi, pianificazione di un'azione, verifica dei risultati, correzione degli
errori), in particolare in patologie caratterizzate da deficit della rappresentazione, iperattività,
mancanza di flessibilità e iperattenzione.
E’ ripreso un concetto importante, già presentato negli studi di Vigotskij e di R. Feuerstein:
potenziale capacità al cambiamento, per cui è necessario valutare la modificabilità del
comportamento nelle varie aree e competenze.
Un esempio di come il modello di riferimento possa determinare le modalità d’interpretazionevalutazione del comportamento e quindi la modalità d’intervento a livello riabilitativoeducativo su uno stesso aspetto deficitario, è rappresentato dalla pluralità degli approcci
sviluppati nei confronti del Disturbo Autistico ovvero Disordine Pervasivo dello Sviluppo (DSM
IV).
I soggetti con Disturbo Autistico non si dimostrano in grado di realizzare dei comportamenti
adattivi, dei comportamenti convenzionali per interagire e fornire risposte rispetto
all’interlocutore ed all’ambiente. I numerosi studi effettuati, rivelano una sostanziale differenza
2
3
Lurija e coll., 1948; 1972
G. Sabbadini e L. Sabbadini, 1996
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nello sviluppo e nell’utilizzo di tutte le funzioni integrative, rispetto a quanto avviene in un
individuo normale.
Dall'esperienza con i DPS possiamo dedurre che a delle buone capacità di ricevere
informazioni , corrispondono discrete capacità di elaborazione e pessime risposte in uscita .
Nell'approccio cognitivo relazionale4 si prendono in considerazione i seguenti paradigmi circa
l'autismo:
•
•
•
•
•
•
processi di IN della conoscenza integri
mente ipoteticamente disorganizzata, con funzionamento non integrato (MODULARE)
disorganizzazione meta-cognitiva
difficoltà di attivazione ed esecuzione di schemi d'azione volontari (programma)
incoerenza ideo-prassica (limita e disturba lo sviluppo delle esperienze conoscitive e della
relazione intersoggettiva e della comunicazione)
incoerenza ideo-verbale
I principi metodologici implicano
l'osservazione dei comportamenti, la riattivazione
dell'interazione, la facilitazione delle condotte, l'utilizzo della comunicazione, secondo un
percorso sostenuto dalla cooperazione di differenti figure professionali all'interno di un'equipè
multidisciplinare.
Il lavoro congiunto di tutta l'equipè è sicuramente essenziale al raggiungimento degli obiettivi
preposti in ambito educativo e riabilitativo, dovendo valutare periodicamente l'efficacia delle
strategie comunicative apprese, l'effettivo vantaggio che ne deriva nel comportamento sociale
ed espressivo nei contesti familiare e scolastico, in un rapporto costo/beneficio.
La facilitazione delle condotte consiste in azioni (dirette o indirette) che l’operatore può fare
per favorire l’organizzazione e l’esecuzione di azioni volontarie. E’ importante sottolineare il
termine volontarie in quanto è possibile facilitare solo le azioni che il soggetto vuol eseguire e
non altre. Inoltre, l’operatore non si sostituisce mai al soggetto nell’esecuzione dell’azione ma
gli fornisce un supporto per permettergli di portarla a termine da solo.
Distinguiamo tra facilitazione alla programmazione (selezione dell’obiettivo, delle sequenze,
del programma motorio) e all’esecuzione (attivazione, modulazione, verifica del
raggiungimento dello scopo ed eventuale nuovo tentativo) di prassie semplici e/o complesse.
Nel primo caso si tratta di un supporto indiretto (uso di un linguaggio referenziale per
descrivere l’azione; disposizione del materiale; presentazione di un modello d’azione, etc.);
nel secondo caso il supporto può essere indiretto (start verbale o prossemico-gestuale,
contenimento) o diretto (contatto fisico).
La facilitazione implica diverse fasi:
• condivisione dell'obiettivo (costruire il gesto per l'azione proponendo attività adeguate
all'età anagrafica)
• descrizione dell'azione (chiarezza del programma)
• attivazione dell’ azione (start verbale, tattile, gestuale)
• Completamento azione (ricominciare se l'azione è incompleta o scorretta)
Di seguito, sono riportate le difficoltà ricorrenti, aiutate dalla facilitazione:
• Scarsa coordinazione occhio-mano
• Basso tono muscolare
• Elevato tono muscolare
• Problemi ad isolare ed estendere il dito indice
• Perseverazione (nelle risposte gestuali e/o verbali
• Utilizzo di entrambe le mani per un compito che ne richiede una sola
• Tremito
• Instabilità muscolare del settore radio/ulna
• Problemi di avvio del movimento
• Impulsività
• Instabilità prossimale (spalle e tronco)
4
M. Brighenti, Neuropsichiatria Infantile presso il Centro Diagnosi, Cura e Ricerca per l’Autismo, USL 20 - Verona
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• Propriocezione ridotta
• Mancanza di sicurezza
Il gesto che andiamo a costruire avrà come obiettivo determinare la scelta, ad esempio con
l'indicazione, senza guida fisica, ma aiutandone l'esecuzione, con spiegazioni chiare circa le
modalità ed il fine, con diverse modalità (gestuali, verbali, tattili, in relazioni alle soggettive
difficoltà).
Nei bambini discretamente abili nel gestire gli schemi motori, un problema prevalente è il fatto
che non riescono a concludere quel che vorrebbero fare, spesso in soggetti iperattivi, con
disturbo di attenzione e problemi di orientamento/mantenimento dello sguardo sullo stimolo
bersaglio.
In questi casi la facilitazione necessaria potrà essere una richiesta di attenzione sul compito, il
rallentamento degli atti espressivi gestuali/verbali, strutturando l'attività in modo tale da
permettere l'effettiva riuscita del compito in riguardo alle capacità attentive (selettiva e
diffusa) e prassico-motorie del soggetto.
Questo è attuabile calibrando l'aspetto motorio, percettivo e semantico del compito,
eliminando il più possibile le variabili non interessanti per il raggiungimento degli obiettivi:
tempi di lavoro, numero di stimoli coinvolti e tipologia di stimoli, collocazione degli stessi e
posizione nello spazio, rumore ambientale, stimoli visivi distraenti, conformazione della stanza
e tipo di arredamento presente, qualità e quantità del materiale presente nella stanza.
L'utilizzo di strategie facilitanti rappresentano una fase transitoria, poichè il fine ultimo sarà
rendere possibile l'esecuzione di comportamenti comunicativi in progressiva autonomia,
riducendo nel tempo il grado di facilitazione (verso la costruzione del gesto).
Occorre ancora ribadire la necessità di controllare l'applicazione della strategia in un ambito di
équipe educativa-rieducativa, affinchè possa realmente essere utilizzata in modo finalizzato
agli obiettivi definiti e scelti in relazione alle possibilità e necessità del soggetto.
In ambito logopedico, l'utilizzazione di strategie facilitanti, quando ve ne sia la necessità,
permette lo sviluppo di piani di intervento specifici e aspecifici, di rinforzo e sostegno di alcuni
aspetti riguardanti le attività educative e didattiche:
• potenziare i mezzi cognitivi,
• favorire l'emergere di comportamenti comunicativi espressivi gestuali e verbali,
•
migliorare le funzioni percettive visive e uditive,
•
la coordinazione dei vari aspetti motori implicati nei compiti di ricerca dello stimolo,
riconoscimento e mantenimento attentivo sullo stesso,
•
facilitare la concettualizzazione e la capacità di interiorizzare immagini mentali e di
utilizzarle in modo funzionale alla strutturazione del pensiero (capacità di prevedere,
immaginare e determinare in maniera consapevole).
VALUTAZIONE DELLA PRESTAZIONALITA’ E FACILITAZIONE
Le difficoltà che inducono all’utilizzo della facilitazione, descritte precedentemente, sono anche
la causa principale del rilevamento, in fase valutativa, di un profilo prestazionale che spesso
risulta molto basso, come indice di capacità dell’individuo di finalizzare e regolare il proprio
comportamento alle necessità ambientali e contestuali, come processo di adattamento. Questo
rappresenta un grosso problema, soprattutto nel caso di soggetti ormai “grandi” (età scolare),
sia nell’individuare elementi terapeutici utili al processo educativo e scolastico, significativi e
realmente condivisibili nei vari ambienti e con gli operatori coinvolti, sia in termini di
motivazione personale sia del soggetto che degli stessi operatori. Constatare semplicemente il
basso livello di sviluppo di una persona, esclude a priori la possibilità di poter lavorare su
obiettivi compatibili con il gruppo di pari e quindi determina il progressivo e inevitabile
allontanamento del soggetto dal gruppo, per attività fortemente individualizzate.
Nella mia esperienza personale, si è dimostrato utile procedere nel lavoro, partendo dalla
valutazione della qualità e quantità di deficit manifestati, in relazione ai compiti specifici
richiesti, per determinare per prima cosa, una possibile compensazione dei comportamenti
più disturbanti, individuando una modalità o strategia attendibile, funzionale e generalizzabile
che permetta al soggetto di esprimere intenzioni, scelte, bisogni. Tale strategia diventerà la
modalità privilegiata, rispetto al criterio di economicità di realizzazione ed efficacia, sulla quale
si potrà costruire il percorso di apprendimento, in ambito educativo e scolastico, promuovendo
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una progressiva capacità di interiorizzare la strategia e renderla autonoma da parte del
destinatario.
In tal senso la valutazione prestazionale, sempre indispensabile, diventa un obiettivo: riuscire
a determinare un profilo di sviluppo delle abilità comunicative che sia il più possibile
attendibile, riducendo al minimo le eventuali difficoltà esecutive e cognitive legate alla
presentazione dei compiti richiesti nelle procedute valutative formali.
La valutazione prevederà, successivamente alla fase di osservazione e individuazione delle
funzioni deficitarie, aspetti specifici sulla verifica dell’efficacia nell’utilizzo, interiorizzazione e
generalizzazione delle strategie individuate. E’ altresì importante verificare l’effettiva
possibilità e funzionalità dell’utilizzo da parte degli altri interlocutori (familiari, operatori
educativi e scolastici), poiché il lavoro è basato sulla consuetudine si alcune condotte e sulla
generalizzazione, affinché diventi un aspetto significativo per il soggetto stesso.
Oltre al bilancio comportamentale del soggetto in relazione a:
1. ambiente
2. interlocutore
3. richieste da parte dell’interlocutore
valutando il tipo di risposte fornite :
• comportamentale
• gestuale
• verbale
sia in caso di richiesta verbale che con modalità visivo-gestuale, si indagano i seguenti aspetti:
• l’attenzione
• utilizzo dello sguardo
• attivazione motoria
• interferenza emotiva
• comportamento consapevole
• comportamento di verifica da parte del soggetto sulle proprie risposte
In un primo bilancio del comportamento comunicativo si dovrà individuare:
• quali sono i sistemi maggiormente compromessi e quali più interi e utilizzabili per
raggiungere
l’obiettivo-stimolo,
su
richiesta
dell’interlocutore
(aspetti
emotivi/percettivi/motori/iniziativa/…)
• utilizzo
del
SI/NO
in
relazione
alle
intenzioni
comunicative
dimostrate
(pertinenza/motivazione/iniziativa/…)
• consapevolezza delle proprie risposte e capacità di autocorrezione
Generalmente è possibile individuare e definire obiettivi a breve e lungo termine:
Obiettivi a breve termine
• Stabilizzare
uno
schema
motorio
per
il
comportamento
espressivo
(indicazione/sguardo/…)
• Verifica dei requisiti cognitivi: potenziale di sviluppo e di apprendimento, per gli aspetti
di decodifica verbale, riconoscimento visivo, capacità di memorizzare e trattenere le
informazioni…
• Abitudine a stare seduti e collaborare per un compito con l’interlocutore
• Migliorare l’autostima e la motivazione a fare
Obiettivi a lungo termine
• Riduzione della facilitazione (contenimento – attivazione motoria, sostegno) verso una
maggiore e progressiva autonomia
• Generalizzazione dell’indicazione, su compiti progressivamente più difficili (competenze
metafonologiche e metalinguistiche, con parole, frasi, piccoli testi…
• Generalizzazione dell’indicazione a scopo comunicativo, per bisogni, necessità,
desideri…
L’obiettivo del lavoro è quindi, permettere una valutazione in autonomia, secondo il profilo
comunicativo individuale, portando il soggetto ad un livello di prestazionalità prima ottenuto
con l’intervento della facilitazione.
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INTERVENTO SULLA DISPOSIZIONE AMBIENTALE E SULLA PRESENTAZIONE DEGLI
STIMOLI IN FASE VALUTATIVA
In fase valutativa, la necessità di proporre materiale testistico formale o altro materiale
informale per indagare le abilità ed i relativi livelli raggiunti dal soggetto, prevedono la
necessità di poter contare, nell’esecuzione di una risposta, su comportamenti precisi
(individuare un determinato stimolo) e un sufficiente grado di collaborazione con
l’interlocutore.
In riferimento alle difficoltà riscontrabili in fase valutativa, come in fase di intervento, con
soggetti che presentino particolari deficit di attivazione, regolazione motoria e di regolazione
del comportamento, per i quali non è facilmente ottenibile una risposta espressiva certa e
univoca a livello esecutivo, una modalità utile, per proporre un certo compito e per richiedere
una risposta ad esso è rappresentata dall’utilizzo della scelta multipla.
E’ una procedura facilmente eseguibile e generalizzabile, nella quale la tipologia di stimoli
(qualità – quantità) può essere calibrata e controllata dall’esaminatore, modificando le variabili
che possono determinare e/o inficiare le possibilità di risposta o efficacia della stessa, in
termini di complessità esecutiva prassico-motoria, possibilità attentive e partecipazione del
soggetto alle richieste. La risposta tramite l’indicazione può essere più o meno precisa ed
accurata, ma sempre funzionale alle richieste, indipendentemente dalle possibilità di
espressione verbale e gestuale dimostrate. Quando queste ultime sono possibili e strutturate,
rappresenta comunque una modalità di conferma, indice del grado di coerenza e pertinenza
del soggetto nelle stesse risposte fornite.
Permette inoltre l’assunzione di una prospettiva “dinamica” della valutazione, poiché permette
di valutare la performance spontanea, confrontandola con la performance ottenuta in
condizioni in cui alcuni aspetti deficitari potrebbero essere ridotti o annullati, oppure associati
ad altri aspetti legati a determinati aspetti del compito. Inoltre, permette un procedimento
inverso nel quale la complessità-difficoltà esecutiva è progressivamente aumentata, fino a
determinare un limite massimo della prestazione, come nel concetto di zona prossimale di
sviluppo.
Le attività di scelta multipla possono essere associate a oggetti, figure, parole/cifre,
lettere/numeri, sequenze e storie figurate.
UTILIZZO DELLA
SCELTA MULTIPLA
Difficoltà di esecuzione di
un compito
• scelta tra un numero elevato di stimoli
• disposizione sul piano di lavoro degli stessi
• tipologia del piano di lavoro utilizzato
• presenza di distrattori
• presenza di interferenze ambientali
• posizione assunta dall’interlocutore
• postura assunta dal soggetto
• distanza dagli stimoli proposti
• grado di autonomia concessa/richiesta
• richieste troppo incalzanti e ridotto tempo
di elaborazione-organizzazione della risposta
• grado di facilitazione attentiva fornita
• modalità di scelta (tipo di indicazione)
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Complessità semantica
del compito
• natura del compito
• materiale utilizzato
• modalità utilizzata nella
richiesta
(verbale/gestuale/scritta/mista)