LA RIVOLUZIONE RUSSA
Il crollo del regime zarista e i soviet
L’impero russo nel corso dell’800 si estese notevolmente, fino alla vigilia del primo conflitto mondiale.
Al suo interno convivevano decine di popoli diversi che chiedevano autonomia e indipendenza, ma la
Russia era governata da una monarchia assoluta e lo zar non era disposto ad alcuna concessione.
Uno dei problemi più gravi della Russia era l’arretratezza delle sue campagne, infatti i contadini
erano ancora sottoposti alla servitù della gleba e riuscivano a stento a produrre per il consumo e non per
il commercio. Lo zar Alessandro II, nel 1868 abolì la servitù della gleba, secondo questa riforma il
contadino riceveva in uso permanente la terra ma non in proprietà, in cambio però doveva pagare un
riscatto al proprietario. Ciò non sempre avveniva perciò furono favoriti solo i grandi proprietari
terrieri che si liberarono di molta manodopera inutile e, i Kulaki, cioè i medi proprietari che
acquistarono gran parte delle terre a poco prezzo, perché i contadini erano schiacciati dai debiti.
Nell’800 l’economia russa era basata sul commercio dei prodotti agricoli e delle materie prime,
occorreva perciò sviluppare l’industria e questo fu possibile anche grazie al contributo economico di
Francia, Germania e Gran Bretagna.
Agli inizi del ‘900 si ebbe un vero e proprio boom che portò alla nascita di stabilimenti industriali
intorno a grandi città; nonostante ciò la Russia restava un paese agricolo anche se il divario con
l’occidente iniziava a diminuire. Lo sviluppo industriale favorì l’opposizione Marxista al regime dello
zar che riuscì, nonostante le persecuzioni della polizia zarista, a fondare il Partito Operaio
Socialdemocratico Russo, che a sua volta era diviso in due blocchi contrapposti: i BOLSCEVICHI,
guidati da Lenin, e i MENSCEVICHI. Questi erano divisi sia sulla linea politica da seguire, sia
sull’organizzazione da dare al partito.
I menscevichi volevano creare un partito di massa accettando l’alleanza con la borghesia, mentre i
bolscevichi volevano un partito formato da professionisti politici. Secondo Lenin, operai e lavoratori
dovevano essere guidati alla rivoluzione perché, solo così, si poteva liberare la Russia dal regime dello
zar e stabilire una società comunista.
Nel 1905, dopo la guerra col Giappone, la Russia visse una grave crisi: la guerra peggiorò le
condizioni di vita cosicché le proteste si trasformarono in una vera e propria rivoluzione. Il 9 Gennaio
1905, 140.000 persone sfilarono per le strade di Pietroburgo fino alla sede dello zar, dove l’esercito fece
fuoco sui manifestanti, ciò causò scioperi e rivolte e la protesta coinvolse anche l’esercito. Ma il
culmine si raggiunse in Ottobre quando a Pietroburgo venne creato il primo consiglio dei lavoratori
chiamato SOVIET. Lo zar Nicola II concesse un parlamento: la Duma. Ma le Dume elette tra 1906 e il
1917 non ebbero mai un ruolo effettivo, così i socialisti divennero sempre più forti.
La situazione precipitò con la prima guerra mondiale, con conseguente ondata di scioperi e
indebolimento del potere dello zar. Nel 1917 il desiderio di pace diede avvio al movimento
rivoluzionario. Si mossero anzitutto gli operai, coinvolgendo altre categorie di lavoratori e generando
grandi manifestazioni di massa. A causa della repressione zarista e dell’esilio di Lenin le richieste
politiche avanzate dai dimostranti non ebbero un carattere socialista; la guida della protesta fu perciò
assunta da forze borghesi che chiedevano una democrazia parlamentare in cui la Duma avesse poteri
effettivi. Lo zar respinse questa richiesta e rispose inviando l’esercito contro i manifestanti. I soldati si
rifiutarono di obbedire e si schierarono con i rivoltosi.
L’8 Marzo (23 Febbraio secondo il calendario russo) i rivoluzionari si impadronirono rapidamente di
Pietrogrado. Ma il governo non si rese conto della loro forza e decise per lo scioglimento della Duma. I
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deputati rifiutarono di sciogliersi e il movimento rivoluzionario fu guidato dal Soviet, un comitato in cui
erano rappresentati gli operai e i soldati. A quel punto lo zar Nicola II abdicò a favore del fratello
Michele, ma questi si rifiutò e il Soviet ordinò l’arresto dello zar e della zarina ponendo così fine
all’impero dei Romanov e trasformando la Russia in repubblica.
Venne istituito un governo provvisorio sostenuto della Duma , mentre i componenti del Soviet
decisero di svolgere per il momento solo un’azione di controllo. Il governo decise allora la
convocazione di una Assemblea Costituente. Esistevano dunque due poteri: la Duma che mirava a
realizzare un regime liberale, e il Soviet che voleva una trasformazione in cui il potere fosse nelle mani
del popolo.
LENIN
Una svolta significativa fu determinata dal rientro in patria di Nicolaj Lenin, leader dei bolscevichi.
Nell’Aprile del 1917 egli pubblicò le “Tesi di Aprile” con cui giudicava inutile l’attesa del
consolidamento del sistema borghese e riteneva possibile proporre l’immediata insurrezione
rivoluzionaria. Le Tesi produssero sconcerto e sorpresa anche fra gli stessi bolscevichi. Egli propose ai
Bolscevichi di continuare la rivoluzione proponendo loro tre obiettivi:
 Tutto il potere ai Soviet
 Pace
 Terra ai contadini
I bolscevichi decisero perciò di preparare l’insurrezione organizzando la loro forza militare: la Guardia
Rossa che il 24 Ottobre 1917 occupò i punti strategici di Pietroburgo.
Venne creato un nuovo governo rivoluzionario che adottò due provvedimenti importanti: abolì la
proprietà della terra e fece uscire la Russia dalla prima guerra mondiale.
Nelle intenzioni di Lenin il decreto sulla pace avrebbe dovuto favorire lo scoppio della rivoluzione
mondiale. In Stato e rivoluzione, un'opera scritta nell'agosto-settembre del 1917, Lenin, infatti,aveva
affermato che, per arrivare alla forma più alta di democrazia, era necessario passare attraverso una
fase di dittatura del proletariato. La rivoluzione d'ottobre, secondo Lenin, aveva appunto aperto
questa nuova fase, rendendo «superata» l'Assemblea costituente. Lenin decise di scioglierla impiegando
la forza. Il 19 gennaio 1918 un marinaio armato intimò lo scioglimento della Costituente. Era iniziata la
«dittatura del proletariato», che era, in realtà, la dittatura dei bolscevichi e di Lenin.
Nel marzo del 1919 Lenin promosse la fondazione di una Terza internazionale, formata dai partiti
comunisti e chiamata perciò Internazionale comunista che si poneva invece l’obiettivo di rovesciare
l’ordinamento universale borghese. La rivoluzione oltre che in Russia vinse, però, solo in Ungheria.
Qui nel 1918 era stata proclamata la repubblica ma nel marzo del 1919 i comunisti ungheresi
conquistarono il potere, che, però, ben presto persero. Iniziò, così l’opposizione al bolscevismo.
Questa, ben presto, si radicò in Ucraina, nell'area del Don e del Caucaso, alimentando una
sanguinosa guerra civile, protrattasi sino al 1920; nel corso di questo conflitto i controrivoluzionari
"ARMATA BIANCA" ebbero l'appoggio finanziario e militare di molte potenze europee occidentali
nella lotta contro l’"ARMATA ROSSA" (bolscevichi) che, ottenuta la vittoria, dovette ammorbidire
la propria azione di governo per evitare il totale collasso della nazione , a questo scopo Lenin varò la
Nuova politica economica (NEP) nel 1921.
La NEP consisteva nella reintroduzione dell’iniziativa privata: nelle piccole imprese, nel commercio
al dettaglio e nell’agricoltura. A tal scopo, il Governo promulgò diversi codici: civile, penale, agrario,
etc.
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La ricostituzione delle banche portò alla libera circolazione della moneta ed alla sostituzione delle
imposte in natura con quelle monetarie.
Nonostante l’industria fosse completamente nazionalizzata, all'interno della Nuova Politica
Economica si affermò il concetto di autosufficienza ed autonomia aziendale: per la prima volta i
contadini ebbero il diritto di vendere i propri prodotti sul libero mercato, ad eccezione della parte
riservata allo Stato.
La NEP aumentò notevolmente la produzione agricola, riuscendo a rallentare la carestia in corso.
Poiché si riteneva che gli obiettivi prefissati dalla Nuova Politica Economica fossero stati pienamente
raggiunti, e pertanto occorresse proseguire oltre, la NEP fu abbandonata subito dopo la morte di Lenin
(1924). Il successore di Lenin, Stalin, vi mise fine nel 1929.
L'ultimo atto formale della Rivoluzione bolscevica fu la costituzione, il 30 dicembre 1922, dell'Unione
delle repubbliche socialiste sovietiche (URSS).
Alla morte di Lenin si scatenò la lotta per la successione. Si fronteggiavano Stalin, che sosteneva la
tesi della costruzione del socialismo in un solo paese, e Trozckij. Quest’ultimo intendeva invece portare
il socialismo anche fuori dall’Unione Sovietica e realizzare una rivoluzione permanente.
STALIN E LO STALINISMO
Alla fine fu Stalin ad avere la meglio e Trozckij sconfitto politicamente, fu costretto all’esilio nel
1929, bandito come traditore della rivoluzione (fu poi ucciso nel ‘40 da un sicario di Stalin in Messico).
Stalin ebbe un immenso potere, un potere assoluto superiore a quello dei sovrani dell'antichità perché
molto più capillare organizzato ed efficiente nel punire e anche nel prevenire ogni possibile forma di
opposizione e, fra il 1928 e il 1939, organizzò uno stato fortemente centralizzato e autoritario a sostegno
del suo progetto di edificazione del socialismo. Egli programmò i suoi primi piani quinquennali, a
sostegno dell’economia, per dotare l’URSS di una grande industria pesante e rendere la sua economia
competitiva sul piano internazionale. Nel primo quinquennio (1928-1934) la pianificazione interessò
in particolare l’agricoltura con l’istituzione di aziende di stato i sovkoz, e di cooperative
direttamente organizzate e gestite dai contadini, i kolkoz. Nel primo caso i contadini erano
stipendiati dallo stato come dipendenti pubblici, nel secondo la terra era ugualmente di proprietà dello
stato, ma ai contadini veniva lasciato un appezzamento di terreno e un’abitazione per uso proprio. Molti
contadini che tentarono inizialmente la fuga dalle fattorie collettive vennero costretti a lavorarvi. Ai
kulaki, piccoli e medi proprietari terrieri arricchitisi durante la Nep, il piano economico voluto da Lenin,
vennero confiscate, fra il 1929 e il 1930, le loro proprietà, dopodiché vennero deportati e spietatamente
uccisi. Anche in ambito industriale si assistette alla progressiva nazionalizzazione delle imprese; nel
1933 lo stato controllava il 99% delle industrie.
Il secondo piano quinquennale continuò la strategia prevista dal primo, che produceva sì
un’impetuosa crescita dell’industria pesante, ma a discapito dei beni di consumo e dei servizi. Dal
1930 i sindacati cessarono di esistere, e intanto si sviluppava una celebrazione del lavoro tesa ad esaltare
i successi produttivi, tanto che nel 1935 era nato il movimento “stacanovista” che prendeva il nome da
Stachanov, un minatore che divenne un vero e proprio eroe del lavoro.
Sul piano politico internazionale, ogni successo economico dell'URRS diventava una manifestazione
della bontà del comunismo, storicamente alternativo alle democrazie capitalistiche occidentali. Per il
momento Stalin aveva rinunziato all’edificazione del socialismo anche in altri stati, consapevole delle
preoccupazioni delle potenze occidentali e delle dittature fasciste, così dovette sviluppare un incredibile
potenziamento dell’Armata rossa, che andava di pari passo con il potenziamento dell’industria pesante.
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Nel 1936 l’URSS si diede un nuovo ordinamento istituzionale: i soviet locali, protagonisti assieme ai
bolscevichi della rivoluzione, diventarono organi elettivi di amministrazione della città e delle
province e si riunivano ogni anno per due volte: in teoria i soviet avrebbero dovuto avere potere
legislativo, ma ben presto si trasformarono in organismi adibiti alla ratifica delle decisioni prese dal
partito di Stalin.
Nonostante la struttura federalista e le regole democratiche che avrebbero dovuto regolare la società,
l'elite del governo gestiva il potere attraverso un sistema terroristico, le “purghe staliniane”; la
repressione del dissenso avveniva in vari modi e a vari livelli. Le persecuzioni cominciarono a colpire
non soltanto gli oppositori ma anche gli intellettuali e gli artisti, gli ufficiali dell'Armata Rossa, i
vecchi bolscevichi di cui Stalin temeva il prestigio, e persino molti fedeli dirigenti comunisti.
Bastava un semplice sospetto un'accusa di frazionismo (= volontà di dividere il partito) o di
deviazionismo (= allontanamento, deviazione della linea politica ufficiale) per essere processati,
torturati, costretti a confessare colpe mai commesse, e poi giustiziati o inviati nei campi di lavoro
forzato.
La potente e temutissima polizia politica i funzionari dello Stato Sovietico e del partito comunista,
pretesero di regolare ogni aspetto della vita quotidiana dei cittadini. Fu imposto il culto della possibilità
di Stalin "geniale" erede di Lenin e "padre" del popolo sovietico. Centinaia di migliaia e forse ancora
di più (è difficile calcolarle, perché molte semplicemente scomparvero senza lasciare traccia) furono le
vittime del periodo compreso fra il 1934 e il 1939 , che fu detto del terrore staliniano.
Il culto della personalità di Stalin divenne un elemento determinante nella propaganda politica dei
paese. Nell’arco di 15 anni, dunque, l'URRS si era trasformata in un totalitarismo sicuramente
"perfetto"; lo stato infatti aveva un controllo sulla società ancora più capillare di quello che poteva
garantirsi il fascismo in Italia e il nazismo in Germania.
In Occidente le notizie provenienti dalla Russia sollevarono grandi preoccupazioni ed emozioni. I
governi e le classi dirigenti ebbero il timore che il contagio rivoluzionario si allargasse. Fortissime
furono le emozioni e le speranze che la Rivoluzione fece nascere nelle classi popolari dell'Occidente
soprattutto fra gli operai. La diffusione delle informazioni era allora assai più lenta e difficile che
adesso. La Russia inoltre era un paese vastissimo e lontano dove le comunicazioni erano ben poco
sviluppate. Per lungo tempo tutto ciò che si sapeva in Occidente della Rivoluzione era che il popolo si
era ribellato e aveva preso il potere. Anche dopo quando maggiori notizie cominciarono a circolare
poco o nulla trapelò delle crudeli lotte di potere che avevano luogo al vertice dello Stato Comunista,
della tirannia imposta da Stalin al paese e delle persecuzioni che di lì a poco si sarebbero abbattute su
chiunque avesse osato opporsi .
In questa situazione molti pensarono alla Russia sovietica per lungo tempo come al paradiso dei
lavoratori: un paese dove il popolo poteva governarsi da sé, dove si era liberato con le proprie mani
dall'oppressione e dallo sfruttamento. Anche se questo, molto più tardi, non si sarebbe rivelato vero,
l'idea di "fare come in Russia" divenne per molti , che vi credettero in assoluta buona fede, un ideale
traguardo di politica e giustizia sociale.
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