UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II” SCUOLA DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA SEDE DIDATTICA VALLO DELLA LUCANIA TESI DI LAUREA TUMORE DELLA MAMMELLA NELLA DONNA: IL PROCESSO INFERMIERISTICO L’ASPETTO FISICO E PSICOLOGICO RELATORE Ch.mo Prof. Giovanni Lerro CANDIDATO Cervo Stella Matr. 5973232 ANNO ACCADEMICO 2012/2013 1 INDICE 2 Introduzione ................................................................................................................5 CAPITOLO 1 K Mammario………………………………………………………..8 1.1 Epidemiologia................................................................................................................. 9 1.2 Fattori di rischio............................................................................................................ 10 1.3 Sintomatologia ............................................................................................................. 10 1.4 Diagnosi ........................................................................................................................ 12 1.5 Stadiazione ................................................................................................................... 17 1.6 Terapia.......................................................................................................................... 22 CAPITOLO 2 Assistenza infermieristica alla donna con K mammario……….28 2.1 Requisisti del nursing oncologico ................................................................................. 29 2.2 Somministrazione dei farmaci: ruolo dell’Infermiere .................................................. 30 2.3 Diagnosi infermieristica ............................................................................................... 34 CAPITOLO 3 Aspetto psicologico………………………………………………..38 3.1 Psiconcologia ............................................................................................................... 39 3.2 Reazione psicologica.................................................................................................... 42 3.3 Le associazioni ............................................................................................................. 48 3 CAPITOLO 4 Qualità della vita…………………………………………………..50 4.1 Accettazione e non accettazione di sè ......................................................................... 51 4.2 Dolore oncologico ........................................................................................................ 52 4.3 Isolamento.................................................................................................................... 55 4.4 Vergogna ...................................................................................................................... 56 Conclusioni................................................................................................................58 Bibliografia................................................................................................................61 Sitografia ...................................................................................................................64 4 INTRODUZIONE 5 Intrigante simbolo di femminilità e maternità, il seno è generalmente oggetto di molte cure volte ad esaltarne e conservarne la bellezza il più a lungo possibile. Le mammelle sono delle ghiandole esocrine composte da lobuli ed alveoli. I primi abbozzi di ghiandola mammaria si hanno circa 150 mila anni fa, in alcuni mammiferi, quale l’ornitorinco. E’ grazie all’esistenza del seno che i mammiferi si sono affermati come “specie dominante” proprio perché, con le mammelle, vi era la possibilità di dare nutrimento al cucciolo in ogni periodo dell’anno, senza bisogno di cacciare. Nella donna, il seno si sviluppa nel corso della pubertà e raggiunge il massimo splendore verso i 20 anni, quando la pelle è tonica e le mammelle sono perfettamente sostenute dai legamenti di Cooper. Non esiste una forma ed una misura specifica, ciò dipende dalla quantità di tessuto adiposo presente, ciò funge da isolante. Il seno però,viene trascurato dal punto di vista medico eppure questo delicato organo, richiederebbe una grande attenzione al fine di preservarlo da alcune patologie come il Carcinoma Mammario, oggetto della presente trattazione che ha come obiettivo quello di informare ed educare le donne. Si parte da un’analisi della patologia sia dal punto di vista medico, che da quello infermieristico, mettendo in risalto la figura professionale dell’Infermiere che rappresenta un ruolo in continuo mutamento. 6 “E’ certo che quando ti confermano una diagnosi di cancro, è come andare sotto ad un carro armato, ma è anche vero che dopo, superato il periodo delle cure, guardi la vita in modo diverso, più vero, la vita la vivi….non la sciupi!” Attive come prima 7 CAPITOLO 1 K mammario 8 1.1 EPIDEMIOLOGIA Il carcinoma mammario riveste un ruolo di rilevanza tra le diagnosi nella popolazione femminile, in quanto è la prima neoplasia in particolare nelle donne sotto i 45 anni, con una frequenza ancora più elevata nelle donne fino a 65 anni. Colpisce all’incirca 1 donna su 8 nell’arco della vita e rappresenta il 29% di tutti i tumori femminili e comporta una mortalità del 16%. Oggigiorno però, l’aumento dell’incidenza e la riduzione della mortalità possono essere spiegati sia con l’aumentata attività di diagnosi precoce tramite lo screening mammografico, sia con una maggior consapevolezza dei fattori di rischio; entrambi gli aspetti sono alla base di una stadiazione precoce della patologia con conseguente applicazione tempestiva dei protocolli terapeutici. L’incidenza più alta è registrata nel Nord America, al secondo posto troviamo invece L’europa; in Italia i casi di Tumore al seno sono circa 31000 con un’incidenza crescente da sud a nord. Negli ultimi 6 anni si registra un aumento preoccupante per quanto riguarda l’incidenza del tumore al seno del 13.8% ca. Nel nostro paese, questa malattia, è la prima causa di morte tra i 35 e 44 anni. 9 1.2 FATTORI DI RISCHIO Le cause del tumore al seno sono tutt’ora sconosciute, in generale vengono considerati fattori di rischio: - Età; - Familiarità e genetica: negli ultimi anni, sono stati identificati 2 geni responsabili della trasmissione ereditaria del carcinoma mammario. Essi si chiamano BRCA1, BRCA2 che conferiscono un rischio di carcinoma mammario del 60-90%. - Fattori ambientali: esposizione in età infantile e/o giovanile alle radiazioni ionizzanti; - Fattori riproduttivi ed ormonali: la comparsa precoce della prima mestruazione (menarca) e l'entrata tardiva in menopausa (dopo i 55 anni) sono altri due fattori predisponenti. La maternità, invece, sembra avere un ruolo protettivo: le donne che hanno partorito presentano un rischio inferiore del 25% rispetto a quelle che non hanno avuto figli, ed il rischio è tanto minore quanto più precocemente è avvenuto il primo parto; - Stile di vita:una dieta ricca di vegetali,frutta e fibre,ed una regolare attività fisica, sembra diminuiscano il rischio di tumore mammario. Il consumo di alcool, una dieta ricca di grassi saturi e proteine animai, e l’abitudine al fumo, invece, lo aumenterebbero. 1.3 SINTOMATOLOGIA I sintomi non sono legati al dolore,proprio perché al donna ha un dolore al seno anche nel periodo prima della comparsa delle mestruazioni. 10 Il sintomo più comune è la sensazione della presenza di un nodulo o tessuto addensato sopra il seno. Di questi grumi, circa il 90% sono noduli benigni e non cancerosi, ma comunque è opportuno controllare qualsiasi anomalia utilizzando aspirazione con ago sottile o qualsiasi tecnica di biopsia. I sintomi che possono portare alla scoperta di un tumore al seno sono: - Massello all’interno del petto; - Modificazioni nella forma e nell’aspetto del seno - Eruzioni o ferite intorno al capezzolo: di solito ciò avviene nei tumori giù avanzati; - Gonfiore alle braccia a causa della non partecipazione del linfonodo; ciò avviene perché non vi è afflusso di linfa; - Attacchi febbrili: possono essere riscontrati nei tumori in fase avanzata; - Convulsioni; - Perdita ponderale di peso La crescita del tumore induce alterazioni che non riguardano soltanto l'organo o il tessuto colpito, ma tutto l'organismo; infatti, il tumore é ‘visto e sentito' dal nostro organismo come un corpo estraneo contro il quale esso scatena la risposta del sistema immunitario, con la conseguente produzione di sostanze che determinano importanti cambiamenti nel metabolismo. Questo complesso di reazioni può risultare anche in una notevole riduzione dell'appetito. E’ importante però sapere che la sintomatologia dipende dal tipo di tumore, dal diametro, dall’età della paziente e dalla sua diffusione. 11 Nelle forme iniziali si avrà una sintomatologia precoce caratterizzata dalla presenza di una massa singola,con volume variabile di consistenza dura. Inoltre possono essere presenti anche erosioni, tumefazioni o secrezioni sierose ematiche dal capezzolo, con successivo aumento dei linfonodi ascellari dallo stesso lato del seno malato. Segni tardivi, tipici del tumore già in fase avanzato,sono dovuti ad una massa di volume considerevole, fissa rispetto ai piani circostanti, associati ad edema della mammella che risulta arrossata e dolente. I capezzoli possono retrarsi e vi è edema al braccio dove si trova il tumore. I linfonodi risultano aumentati di volume e fissi ai piani sottostanti 1.4 DIAGNOSI Per una diagnosi di tumore alla mammella bisogna effettuare vari step: - Anamnesi: Con il colloqui la paziente può fornire informazioni per quanto concerne il suo stato di salute,se vi sono state ,malattie pregresse, se ha avuto altri tipi di cancro e soprattutto sapere se vi è stato o meno altri casi di K mammario in famiglia. 12 - Ispezione: per controllare se vi sono eventuali asimmetrie o variazioni di volume tra i seni. - Palpazione: Questo esame serve viene effettuato con il paziente disteso e le braccia dietro la testa. Serve per valutare consistenza,mobilità e volume de nodulo (ove presente). In seguito si passa all’esecuzione degli esami strumentali,che sono fondamentali per la diagnosi. - Mammografia: E’ l’esame più importante della diagnostica senologica, consiste in una radiografia della mammella in 2 o 3 proiezioni (dall’alto al basso, lateralmente, obliquamente). La dose di radiazioni emesse è minima, grazie a ciò è possibile ripetere l’operazione più volte. Questo esame viene effettuato alle donne con un età superiore ai 35 anni, proprio perché la consistenza del seno rende difficile l’esame, cioè, essendo il seno molto denso riduce il contrasto tra tessuto normale e patologico. Viene invece effettuato in questa fascia di età, quando vi sono sintomi o presenzi ci K-mammario in famiglia. Con la mammografia è possibile scoprire le più piccole lesioni non ancora palpabili o delle micro calcificazioni che possono essere, espressione, di una iniziale proliferazione di cellule tumorali. 13 Questo esame è utilizzato soprattutto come screening, grazie ai quali vi è una riduzione consistente della mortalità, soprattutto nelle donne in postmenopausa. - Ecografia: E’ l’esame che va ad utilizzare gli ultrasuoni per individuare noduli. Viene effettuata come integrazione alla mammografia e nelle donne giovani. Il limite della mammografia è rappresentato dall’impossibilità di individuare le micro calcificazioni. - Esame citologico: E’ l’esame fondamentale per la diagnosi del tumore al seno, questo perché vi è la possibilità di indagare direttamente sulle cellule. Può essere eseguito su secrezioni del capezzolo, qualora si presentassero in maniera siero-ematica (siero e sangue), liquido prelevato dall’asportazioni di cisti o materiale prelevato da una lesione solida. - RMN: E’ una tecnica che viene utilizzata come integrazione alla mammografia ed all’ecografia. Questo esame viene utilizzato per i follow up nelle donne operate o che effettuano la chemioterapia. 14 Un altro esame importante e di routine è l’esame ematico, per controllare se vi è la presenza di markers tumorali. I più importanti sono 2: - CEA ( antigene carcino-embrionale): Questo è una glicoproteina che appartiene alla famiglia delle immunoglobuline. La sua presenza nel sangue è indice non solo di tumore alla mammella, ma anche di tumori addominali (circa il 70% delle volte). - CA 15.3 (antigen cancer 15.3): E’ una proteina prodotta dalle cellule del seno, non è la causa della patologia, ma va ad aumentare con essa. Il dosaggio non è utilizzato solo per la diagnosi, ma per seguirne l’evoluzione nel tempo della malattia e l’efficacia dei trattamenti. 15 Tumore al seno visto con una RMN,Ago Aspirato,Ecografia, Mammografia 16 1.4 STADIAZIONE La classificazione dell’unione Internazionale Contro il cancro ha proposto una classificazione in base alle dimensioni del tumore, all’interessamento dei linfonodi e alla presenza di metastasi. Ciò viene tradotto con l’acronimo TNM (Tumor/Nodes/Metastasis). Secondo questo sistema vi è la possibilità di stimare la prognosi,definire la terapia più adatta e valutarne i risultati. CLASSIFICAZIONE CLINICA (prima del trattamento preoperatoria) Tumore primario (T): · TX: tumore primario non identificato – assenza di notizie sul tumore primario; · T0: non evidenza del tumore primario; · T1: Tumore di dimensioni massime 2.0 cm; · T2: Tumore di dimensioni massime >2.0 cm ma 5.0 cm; · T3: Tumore di dimensioni massime >5.0 cm· T4: Tumore di qualsiasi dimensioni esteso alla parete toracica (a) o alla cute (b); . T4a: estensione alla parete toracica ma non al pettorale; o T4b: Edema (compresa la peau d’ orange), ulcerazione della cute della mammella, presenza di moduli satelliti confinati nella stessa mammella; o T4c: T4a + T4b; 17 o T4d: carcinoma infiammato. Il carcinoma infiammatorio della mammella è caratterizzato da un diffuso indurimento infiammatorio della cute con bordo erisipelatoide, di solito senza una massa sottostante palpabile. Se la biopsia della cute è negativa e non vi è cancro primitivo localizzato misurabile, quando la diagnosi clinica è di carcinoma infiammatorio (T4d), nello staging patologico la categoria T va indicata come pTX. Avvallamento della cute, retrazione del capezzolo o altre modificazioni cutanee, fatta eccezione per quelle T4b e T4d, possono esservi nei T1, T2 o T3 senza modificarne la classificazione. Linfonodi regionali (N): · NX: informazione non disponibile sui linfonodi regionali (es. pregressa biopsia); · N0: linfonodi regionali senza metastasi; · N1: linfonodi regionali con metastasi ipsiaterali, mobili; · N2: metastasi in linfonodi ascellari omolaterale fissi o in linfonodi mammari interni omolaterali; · N3: metastasi in linfonodi sottoclaveari omolaterali con o senza coinvolgimento di linfonodi. Metastasi a distanza (M): · MX metastasi a distanza non accertabili; · M0 metastasi a distanza assenti; · M1 metastasi a distanza presenti; 18 Le categorie M1 e pM1 possono essere così ulteriormente definite: PUL = polmone; OSS = ossa; HEP = fegato; ADR= surrene. BRA = cervello; PLE = pleura; LYM = linfonodi. PER = peritoneo; SKI = cute; MAR = midollo osseo; OTH = altre sedi. CLASSIFICAZIONE ANATOMO-PATOLOGICA (postchirurgica) . pT Tumore primitivo; La classificazione ricalca quella del T preoperatorio. . pN - Linfonodi regionali; · pNX I linfonodi regionali non possono venire definiti (non sono stati prelevati per venire esaminati o sono stati rimossi in precedenza); · pN0 Non metastasi nei linfonodi regionali; · pN1mi Micrometastasi (delle dimensioni massime comprese tra 0.2 mm e 2 mm); · pN1 Metastasi a 1-3 linfonodi ascellari omolaterali, e/o linfonodi mammari interni omolaterali con metastasi microscopica rilevata valutando il linfonodo sentinella ma non clinicamente rilevabile; · pN1a Metastasi in 1-3 linfonodi ascellari, includendo almeno un linfonodo delle dimensioni massime > 2 mm; · pN1b Linfonodi mammari interni con metastasi microscopica rilevata valutando il linfonodo sentinella ma non clinicamente rilevabile; 19 . pN1c Metastasi in 1-3 linfonodi ascellari e linfonodi mammari interni con metastasi microscopica rilevata valutando il linfonodo sentinella ma non clinicamente rilevabile; · pN2 Metastasi in 4-9 linfonodi ascellari omolaterali, o in linfonodi mammari interni omolaterali clinicamente rilevabili in assenza di metastasi in linfonodi ascellari; o pN2a Metastasi in 4-9 linfonodi ascellari, includendo almeno un linfonodo delle dimensioni massime >2mm; o pN2b Metastasi clinicamente rilevabile in linfonodi mammari interni, in assenza di metastasi in linfonodi ascellari; · pN3 Metastasi in ³10 linfonodi ascellari omolaterali; o in linfonodi sottoclaveari omolaterali; o metastasi clinicamente rilevabili in linfonodi mammari interni omolaterali in presenza di metastasi in uno o più linfonodi ascellari o in > 3 linfonodi ascellari con metastasi microscopiche, clinicamente negative, in linfonodi mammari interni; o in linfonodi sovraclaveari omolaterali; . pN3a Metastasi in ³ 10 linfonodi ascellari (almeno uno delle dimensioni massime > 2 mm) o metastasi in linfonodi sottoclaveari; . pN3b Metastasi clinicamente rilevabili in linfonodi mammari interni in presenza di metastasi in linfonodi ascellari o metastasi in > 3 linfonodi ascellari e linfonodi mammari interni con metastasi microscopiche rilevate valutando il linfonodo sentinella ma non clinicamente rilevabili; . pN3c Metastasi in linfonodo(i) sovraclaveare (i). 20 Le combinazioni tra il T , N, M definiscono gli STADI della malattia : dal I al IV Stadio 0 Tis N0 M0 Stadio I T1* N0 M0 Stadio IIA T0 N1 M0 T1* N1 T2 N0 T2 N1 T3 N0 Stadio IIB M0 21 1.5 TERAPIA La terapia medica del k mammario si avvale di tre fondamentali presidi terapeutici: la chemioterapia, la radioterapia e la terapia ormonale e biologica. La chemioterapia Consiste nell’impiego di farmaci che,attraverso il circolo sanguigno, raggiungono le cellule tumorali e quelle sani. Vengono somministrati per via endovenosa o sottoforma di compresse. Questi cicli chemioterapici hanno una cadenza variabile settimanale, trisettimanale), con un periodo di somministrazione che varia da pochi minuti a diverse ore. Per il trattamento del tumore al seno vengono utilizzati vari farmaci che possono essere somministrati da soli o in combinazione tra di loro. I più usati sono: il Tamoxifene (Nolvadex, Tamoxifene AUR, Nomafen): l'impiego di questo farmaco (classe: anti-estrogeni), ampliamente utilizzato in terapia contro il cancro al seno, è utile per ridurre lo sviluppo della massa tumorale; il farmaco esplica la propria azione terapeutica bloccando gli effetti degli estrogeni, idealmente implicati nella sopravvivenza e nella crescita delle cellule tumorali. È stato osservato che una buona percentuale delle donne sensibili agli estrogeni beneficia della terapia con questo farmaco. La dose raccomandata per il trattamento del cancro al seno avanzato (metastasi) è 20 mg per os in singola dose, o 40 mg per os in due dosi frazionate. La durata della terapia va stabilita dal medico. Per il carcinoma duttale in situ, assumere 20 mg per os al dì per 5 anni. 22 Per la prevenzione del cancro al seno, assumere 20 mg di farmaco per via orale, una volta al dì, per 5 anni. Fluoxymesterone(es Halotestin): appartiene alla classe degli steroidi anabolizzanti. Assumere 10-40 mg di farmaco per via orale, frazionati in 34 dosi. La durata della terapia varia da 1 a 3 mesi. L'assunzione di questo farmaco può comportare anoressia e alterazioni del ciclo mestruale. Poiché questi farmaci vanno ad agire anche sulle cellule sane, vanno a provocare molteplici effetti collaterali come la nausea, alterazioni cutanee, dolori ossei, ma soprattutto la caduta dei capelli che rappresenta l’effetto collaterale più pesante, per la donna, sotto il punto di vista psicologico. La Radioterapia consiste invece nell’utilizzo di radiazioni ionizzanti che riescono ad arrecare danni alla molecola di DNA della cellula tumorale, causandone la morte. Questa tecnica può essere effettuata anche in concomitanza con la chemioterapia. Nel tumore al seno, la radioterapia viene effettuata nel post intervento chirurgico, al fine di ridurre le recidive loco-regionali. A differenza della chemioterapia, gli effetti collaterali di questa tecnica sono pochissimi ed a carico solo dell’area interessata. Da oltre 30 anni nel campo della medicina oncologica, si è individuata un’altra terapia, che, ove possibile è largamente utilizzata. Si parla della terapia ormonale e biologica che viene utilizzata quando il tumore presenta dei recettori per gli estrogeni, ovvero ormoni femminile che influenzano la crescita del carcinoma. 23 Questa terapia ormonale consiste quindi nel trattamento farmacologico che blocca l’azione di questi ormoni femminili, sia sulle cellule tumorali che sulle cellule sane. Questi farmaci sono: Trastuzumab (Es. Hercepitin): il farmaco è utilizzato sia in monoterapia, sia in associazione con altri farmaci (es. paclitaxel). Iniziare l'assunzione con 4 mg/kg per infusione e.v. di 90 minuti. Proseguire la terapia con 2 mg/kg per infusione endovenosa di 30 minuti ogni settimana, fino alla completa regressione del tumore. Lapatinib (es.Tyverb) la dose iniziale è di 1250 mg (5 tavolette) da assumere per os una volta al dì, per un periodo variabile da 1 a 21 giorni, in associazione a capacitabina (es xeloda). Il trattamento va protratto fino alla regressione della neoplasia. Bevacizumab (Es Avastin): la dose raccomandata per il trattamento del cancro al seno è 10 mg/kg per via endovenosa ogni 2 settimane; in genere, il farmaco viene combinato con pacilitaxel. Ciclofosfamide (es. Endoxan Baxter) agenti alchilanti: in monoterapia per il trattamento del cancro al seno, assumere 40-50 mg/kg frazionati in più dosi in 2-5 giorni. In alternativa, assumere 10-15 mg/kg ogni 7-10 gg o 5 mg/kg due volte a settimana. Per la dose di mantenimento, si raccomanda di assumere il farmaco per via orale alla posologia di 1-8 mg/kg al dì. 24 Letrozolo (es. Letrozolo ACC, Femara): appartenente alla classe degli inibitori dell'aromatasi, questo farmaco trova indicazione per la cura del cancro al seno nelle donne nel periodo post-menopausale; in genere, viene utilizzato in seguito ad una terapia ormonale che non ha riportato una sufficiente risposta positiva. Assumere 2,5 mg di farmaco per os, una volta al dì, con o senza cibo. La terapia con Letrozolo va protratta fino alla completa remissione del cancro al seno. Gli effetti di questa terapia sono molteplici, ma non invalidanti e sono facilmente sopportabili, come: vampate di calore, sudorazione eccessiva. Il trattamento chirurgico rappresenta però, l’intervento più diffuso nel tumore al seno. Esistono vari tipi di interventi per l’asportazione del tumore, ma prima di qualsiasi intervento bisogna effettuare la tecnica del linfonodo sentinella. Questa tecnica consiste nell’individuazione del linfonodo che drena la linfa dell’area ove vi è il tumore,se vi non vi sono presenze di micro metastasi, non viene effettuata l’asportazione di tutti i linfonodi, mentre se vi sono micro metastasi si effettua lo svuotamento del cavo ascellare. Come detto in precedenza le tecniche utilizzate sono diverse, tra cui: La tumorectomia è una chirurgia conservativa dove avviene solo l’asportazione del tumore e il tessuto mammario circostante. La mastectomia segmentaria consiste nell’asportazione del tumore e di una parte più estesa del tessuto circostante. La mastectomia totale è l’intervento dove avviene l’asportazione totale della mammella. 25 La mastectomia radicale o secondo Halsted è l’asportazione della mammella, dei muscoli pettorali, dei linfonodi ascellari, cute e tessuto adiposo. Come ogni intervento chirurgico vi è la possibilità di avere problemi alla cicatrizzazione, emorragie, reazioni avverse all’anestesia e rischio di infezioni. Gli effetti collaterali dell’intervento sono localizzati nella zona interessata, principalmente sono il dolore e la stanchezza all’arto. 26 Mastectomia secondo Halsted senza e con protesi. 27 CAPITOLO 2 Assistenza infermieristica alla donna con K-Mammario 28 2.1 REQUIISITI DEL NURSING ONCOLOGICO L’Infermiere è una figura professionale importante soprattutto quando si tratta di reparti come l’oncologia. Tutti sappiamo quanto il cancro sia una malattia difficile da affrontare, ma soprattutto da accettare, sia per il paziente che va a subire il tutto, sia per le persone che gli sono accanto. L’infermiere ha il compito più difficile e delicato, proprio perchè è al persona che trascorre più tempo con il paziente ed inoltre fa da tramite tra il medico e il malato, il malato e la famiglia. Questa figura sanitaria,oltre ai continui aggiornamenti per essere preparato professionalmente, deve farsi carico di un grande senso di responsabilità,umanità e sensibilità nei confronti del malato che si affida totalmente a lui. Attualmente, la preparazione dell’Infermiere oncologico è deputato al tirocinio e all’esperienza di reparto. L’Infermiere risulta quindi una figura poliedrica proprio perché deve svolgere molteplici interventi come: - Prevenzione primaria: Il compito è di informare la popolazione ed invitarla ad avere comportamenti più sani per il mantenimento della salute. - Diagnosi precoce: Dove l’Infermiere di occupa di educare la popolazione sull’importanza degli screening. 29 - Stato di malattia. - Riabilitazione: Ciò orienta il paziente a riprendere totalmente la sua indipendenza. Infatti con la legge 739/94 si ha la precisazione della responsabilità dell’assistenza infermieristica e delle aree dove attuare le sue competenze. 2.2 SOMMINISTRAZIONE DEI FARMACI: RUOLO DELL’INFERMIERE L’Infermiere ha il compito di somministrare i farmaci, quindi per uniformare i comportamenti degli operatori coinvolti nei processi di manipolazione dei farmaci antiblastici, sono necessarie procedure standardizzate contenute in un “Manuale delle Procedure” consultabile da tutti i professionisti coinvolti nel processo. Le procedure che seguono sono state elaborate dal personale infermieristico in collaborazione con il farmacista secondo il format aziendale, in linea con gli standard previsti dalle norme di accreditamento e di certificazione. Le funzioni proprie dell’infermiere all’interno della Centrale Antiblastici, sono quelle di: Allestire i farmaci antiblastici attendendosi scrupolosamente alla prescrizione del Medico Oncologo. Garantire il mantenimento della sicurezza rispetto al rischio chimico all’interno dei locali di preparazione, attenendosi alle procedure scritte; 30 Mantenere elevati standard igienici a tutela dei pazienti nella fase di allestimento dei farmaci antiblastici; Verificare gli interventi di sanificazione ambientale eseguiti dal personale ausiliario dedicato; Pianificare la propria attività, compreso il trasporto degli antiblastici alle Unità operative utilizzatrici; Provvedere all’approvvigionamento del materiale di consumo. Gli addetti alla preparazione del farmaco e alla sua somministrazione devono essere istruiti per quanto riguarda le misure di prevenzione e le manovre in sicurezza. Il personale non deve, nella zona in cui si manipolano farmaci antiblastici, mangiare, bere, fumare, conservare cibi e bevande o utilizzare cosmetici. E’ vietato l’utilizzo degli indumenti di protezione al di fuori delle zone di lavoro. Per prevenire danni accidentali è necessario che i farmaci siano imballati in appositi contenitori che permettano un trasporto sicuro ed una buona conservazione. L’imballaggio deve recare contrassegni facilmente comprensibili con istruzioni di comportamento in caso di perdita accidentale. Le manovre a rischio nella preparazione dei farmaci antiblastici sono 11 quali: - Apertura delle fiale: possono generarsi schizzi di farmaco, è consigliabile l’utilizzo di garze; - ricostituzione di un prodotto liofilizzato: l’introduzione del solvente all’interno del flacone può generare una soprapressione che provoca la 31 fuoriuscita di aerosol dal tappo. Per ovviare a questo inconveniente si possono utilizzare apparati filtranti che permettono la fuoriuscita dell’aria in eccesso; - manovre di riempimento di siringhe: utilizzare siringhe sufficientemente grandi tali da non essere riempite per più di 2/3 del loro volume. Se si aspira dal flacone porre sempre attenzione al problema della compensazione della pressione all’interno della boccetta; se si aspira dalla fiala, tenere quest’ultima in posizione obliqua e aspirare il quantitativo di farmaco necessario; - espulsione di aria dalle siringhe: è opportuno posizionare una garza sterile imbevuta di alcool all’estremità superiore dell’ago o aiutandosi con il cappuccio; - trasferimento del farmaco dalla siringa alla fleboclisi: introdurre il farmaco nel flacone della fleboclisi perforando con l’ago della siringa la parte centrale del tappo avendo cura di posizionare preventivamente un ago affinché non si producano delle soprapressioni interne. Nel rimuovere la siringa, proteggere il punto di fuoriuscita dell’ago con una garza; - frazionamento e triturazione delle dosi per terapia orale: da effettuarsi sotto cappa e da somministrare utilizzando appositi contenitori (capsule, cartine, cialdini ecc.); - smaltimento: il materiale tagliente (aghi, flaconi, fiale) deve essere riposto in contenitori per rifiuti taglienti, impermeabili, rigidi, imperforabili, a bocca larga e a chiusura ermetica. Il materiale non tagliente (guanti, garze, cotone, telini monouso, mezzi di protezione personale) deve essere riposto in contenitori per rifiuti speciali pericolosi; 32 - contaminazione accidentale: è opportuno avere a disposizione un kit di intervento in caso di versamenti durante lo stoccaggio, la preparazione o la somministrazione contenente DPI, sostanze adsorbenti e inattivanti (es. ipoclorito sodico), paletta, contenitore rigido e telini monouso. Il personale operante nel settore deve essere informato delle procedure da seguire in caso di contaminazione di cute o mucose oppure inoculazione o puntura accidentale. - Tutti gli operatori dovranno essere periodicamente sottoposti a controlli sanitari (ricerca di metabolici urinari e test biologici). E’importante quindi l’uso dei DPI Gli operatori addetti alla manipolazione dei farmaci antiblastici devono utilizzare efficaci dispositivi di protezione individuali (DPI) quali: - camici - monouso in TNT, idrorepellente con allacciatura posteriore, maniche lunghe, polsini di elastico o maglia; - guanti - monouso, in lattice pesante e testati per quanto riguarda la permeabilità ai farmaci antiblastici. E’ buona norma sostituire i guanti ogni 30 minuti di lavoro e comunque sempre in caso di rottura o di contaminazione; - mascherine - sono consigliate maschere semirigide a conchiglia (facciali filtranti) dotate di filtro (tipo FFP2). Le mascherine in carta, TNT o cotone sono sufficienti solo a garantire la sterilità del preparato; - occhiali e visiere - costituiti da materiale plastico con protezioni laterali; - cuffie e calzari - in TNT monouso. 33 2.3 DIAGNOSI INFERMIERISTICA La diagnosi infermieristica è una fase del processo assistenziale in cui l’Infermiere identifica i bisogni del paziente. E’ definibile come un giudizio clinico sulle risposte di un individuo, una famiglia o una comunità, a processi di salute/vita reali o potenziali. L’infermiere per formulare tale diagnosi segue le indicazioni contenute nei piani assistenziali raccolte nel NANDA (North American Nursing Diagnosis). E’ importante ricordare che,ogni piano assistenziale deve essere basato sulla persona, in base alle sue esigenze e al suo stato psicologico. Pertanto la diagnosi infermieristica si attua attraverso la valutazione dei problemi e la risoluzione degli stessi con interventi mirati. Nello specifico la diagnosi infermieristica ad un malato affetto da cancro al seno valuta i seguenti problemi: - Grado di ansia/paura correlata agli effetti percepiti, relativi alla prognosi e all’intervento; effetti che possono essere immediati: dolore ed edema. - Rischio elevato di compromissione della mobilità (spalla-braccio) correlata ad linfedema,danno nervoso-muscolare e dolore. - Rischio elevato di disturbo del concetto di sé correlato a modificazioni riguardanti lo stile di vita, la responsabilità di ruolo e l’aspetto. - Rischio elevato di gestione inefficace del regime terapeutico, correlato ad insufficiente conoscenza della cura della ferita, degli 34 esercizi,della protesi mammaria,dei segni e sintomi delle complicanze,delle precauzioni relative alla mano-braccio. Per far fronte al problema dell’ansia-paura l’Infermiere raccoglie informazioni circa: 1. La natura delle preoccupazioni e delle paure; 2. Il sapere della paziente sull’intervento, incluse le informazioni che le sono state fornite da altre persone sottoposte al medesimo intervento; 3. Le associazioni o gruppi che frequenta o può frequentare. Gli interventi che lo stesso mette in atto per la risoluzione del suddetto problema sono ad esempio: - Iniziare un dialogo riguardante le preoccupazioni relative alla diagnosi di cancro ed incoraggiare la paziente ad esprimere le proprie incertezze e paure; - Rimanere il più possibile accanto alla paziente e alla famiglia trasmettendo un senso di empatia ed interesse; - Confermare alla paziente ed alla famiglia che le loro paure e preoccupazioni sono normali ed attese; - Discutere con il paziente le possibili reazioni da parte degli altri al momento del reinserimento nell’ambito familiare o/e di lavoro; - Se è possibile organizzare una visita con una donna che fa parte di un’associazione. Per quanto riguarda la compromissione della mobilità, l’Infermiere effettua un accertamento mirato raccogliendo informazioni circa: 1. Movimenti dell’arto e della spalla interessati 35 2. Livello di dolore e affaticamento 3. Equilibrio Gli interventi che lo stesso mette in atto per la risoluzione del suddetto problema sono ad esempio: - Spiegare la necessità di aumentare la mobilità al massimo grado tollerato,specificicando i rischi dell’immobilità; - Fornire istruzioni scritte per gli esercizi riabilitativi da eseguire 3 volte al giorno; - Controllare regolarmente la compromissione linfatica monitorando le misure della circonferenza del braccio e,consultare il medico per gli interventi eventualmente necessari (bendaggio elastocompressivo pneumatico intermittente, somministrazione di diuretici). Il problema di rischio elevato di disturbo del concetto di sé è affrontato dall’infermiere raccogliendo informazioni circa: 1. Capacita di esprimere i sentimenti relativi a questa condizione e di condividerli con i familiari 2. Senso di benessere; 3. Partecipazione alla cura di sé; Gli interventi che lo stesso mette in atto per la risoluzione del suddetto problema sono ad esempio: - Contattare frequentemente la paziente; - Incoraggiare la paziente ad esprimere i suoi sentimenti ed i suoi pensieri su: condizione, progresso, prognosi, effetti sullo stile di vita e trattamenti; 36 - Aiutare la paziente nell’igiene e nella cura del suo aspetto se risulta necessario. Infine, per quanto riguarda l’accertamento mirato del rischio elevato di una gestione inefficace del regime terapeutico l’Infermiere raccoglie informazioni circa: 1. Prontezza e capacità di apprendere e ritenere informazioni. Gli interventi che lo stesso mette in atto per la risoluzione del suddetto problema sono ad esempio: - Insegnare alla paziente la tecnica dell’autoesame del seno ed istruirla ad effettuare periodicamente l’esame di entrambi i seni; - Insegnare le misure relative alla cura delle ferite; - Discutere delle risorse disponibili nella comunità ed incoraggiarne i contatti. 37 CAPITOLO 3 Aspetto psicologico 38 3.1 LA PSICONCOLOGIA Per psiconcologia si intende la disciplina che si occupa in maniera specifica, della vasta area delle variazioni psicologiche connesse al tumore. Quindi la psicologia oncologica è il risultato ultimo di convergenze tra la psicologia,che va a soffermarsi sugli aspetti più soggettivi espressi dal paziente neoplastico, e l’oncologia che privilegia gli aspetti oggettivi della stessa sofferenza. L’oggetto della psiconcologia è di promuovere la salute,intesa in modo globale,per rendere possibile questo obiettivo vi è la necessità di avere un approccio multidisciplinare alla malattia neoplastica. Come detto in precedenza questa scienza nasce da un approccio multidisciplinare, che viene chiamato, secondo Guarino (1996). Esistono due tipi di indirizzo teorico: - Il primo va ad occuparsi della ricerca. Indaga sulle componenti psicosomatiche del cancro,con studi sull’influenza delle varie risposte psicologiche nella con-causa della neoplasia. Cioè cerca di confermare come il legame mente-corpo sarebbero fattori predisponenti l’insorgenza della malattia neoplastica. - La seconda va ad occuparsi dell’aspetto assistenziale. Studia le modalità di approccio psicoterapeutico per aiutare il paziente ad affrontare meglio al malattia,prevenendone ansia e depressione. L’assistenza psicologica è importante sia per affrontare che per ridurre i fattori emozionali che vanno ad incidere sul decorso della patologia. La malattia tumorale quindi,inquadrata nell’ottica della centralità dell’individuo, rivela come siano importanti i bisogni del malato. 39 Non appare più possibile a tutt’oggi il riferimento ad un solo modello psicoterapeutico, soprattutto in funzione dell’elaborazione di un programma terapeutico che deve tener conto di diverse variabili: le esperienze individuali del paziente, le modalità di reazione soggettiva nei diversi stadi della malattia, l’ambito nel quale viene realizzato il programma terapeutico, gli operatori che lo realizzano. All’interno di una presa in carico globale del paziente oncologico si intersecano obiettivi, manifesti o latenti, che condizionano l’utilizzo di modelli di intervento centrati su piani diversi. Storicamente diversi Autori si sono occupati in modo specifico di una possibile struttura di personalità del malato di cancro. In particolar modo Le Shan e Kissen, in ambito psicodinamico, hanno correlato la malattia a tipiche situazioni psicologiche individuali, quali le esperienze di perdita o l’incapacità di espressione, sul piano emozionale, delle pulsioni aggressive, ipotizzando peculiari tratti di personalità del paziente oncologico. E’ importante individuare quali meccanismi di difesa dell’Io vengano messi in atto più massivamente, per inferire in quale direzione le scariche pulsionali si dirigeranno, se verso la regressione psicologica, da cui avrà origine la malattia mentale nei suoi vari gradi, o la regressione somatica. Secondo alcuni Autori i pazienti portatori di cancro utilizzano principalmente le difese della rimozione e della negazione, in modo più accentuato rispetto alla popolazione sana ed alla popolazione affetta da altre malattie. 40 Sarebbe proprio a causa dell’incapacità o impossibilità di proiettare gli affetti negativi, che deriverebbero il particolare tipo di alienazione che può rendere necessaria la conversione, espressa somaticamente, delle emozioni di colpa, ostilità e depressione. Naturalmente conducono al massimo grado di scarica somatica o psichica solamente conflitti di particolare intensità soggettiva. La neoplasia, sul versante somatico, e il deterioramento psicotico, su quello psichico, rappresentano il più alto grado di disorganizzazione ed alienazione. I diversi modelli di intervento psicoterapeutico sono sostanzialmente classificabili in due principali categorie:psicoterapie individuali e di gruppo. Gli obiettivi qui di seguito specificati possono essere ritenuti comuni a tali diversi modelli: - chiarire al paziente l’influenza ed il peso delle determinanti psicologiche nell’ambito delle malattie “fisiche”; - contenere lo stato di sofferenza incoraggiando i pazienti a verbalizzare pensieri e sentimenti negativi; - aiutare il paziente a sviluppare atteggiamenti e comportamenti più adattivi, restituendogli il senso di controllo personale sulla propria vita; - favorire la comunicazione tra il paziente, lo staff medico, la famiglia, favorendo la soluzione di problemi pratici connessi con la gestione della malattia; - restituire al paziente ed alla famiglia il senso del futuro. 41 3.2 REAZIONE PSICOLOGICA In oncologia, la sofferenza psicologica del paziente si esprime in maniera molto più intensa che in altri ambiti medici perchè, nonostante i notevoli progressi medico-scientifici, dal punto di vista emotivo la diagnosi di tumore rappresenta ancora qualcosa di minaccioso, che genera incertezza, ansia, paura e angoscia, incrementa la vulnerabilità personale, mina le capacità di controllo e il senso di continuità della propria esistenza. Si può parlare di un vero e proprio trauma e la sofferenza psicologica è l’espressione sia dell’incapacità ad affrontare le minacce che la malattia rappresenta, sia della difficoltà ad adattarsi ai vari cambiamenti che essa richiede (fisico, psico-emotivo, relazionale, sociale) con conseguenze negative sulla qualità di vita delle persone malate e di chi le assiste. Diversi Autori hanno riconosciuto nei pazienti oncologici alcune fasi inerenti la reazione psicologica, accompagnate da corrispondenti meccanismi difensivi: una fase del dubbio, che si estende dalla comparsa dei sintomi iniziali di malattia alla definizione diagnostica; è caratterizzata da vissuti angosciosi correlati all’esecuzione degli esami e degli accertamenti clinici e durante tale fase nel paziente predominano meccanismi difensivi di negazione, di rimozione, di razionalizzazione; una fase diagnostica, particolarmente difficile per il paziente e i suoi familiari, oltre che per il curante, in cui dapprima operano massicciamente i meccanismi di negazione, con una successiva graduale presa di coscienza 42 ed una possibile alternanza di vissuti d’angoscia e di fiducia nell’efficacia delle terapie; una fase di ospedalizzazione/fase terapeutica, nella quale si realizza, con l’ingresso nella struttura ospedaliera, una sorta di spersonalizzazione dell’individuo che si percepisce quasi esclusivamente come portatore di una patologia, piuttosto che come individuo nella sua complessità. In questa fase possono manifestarsi varie problematiche connesse con l’esecuzione di terapie più o meno complesse (chirurgiche, che mio e radioterapiche), sovente gravate da effetti collaterali particolarmente debilitanti e fastidiosi per il paziente; una fase di remissione, in cui il paziente riacquista fiducia ed ottimismo grazie al miglioramento clinico conseguito con le terapie, recuperando anche una certa capacità progettuale; una fase di ripresa della malattia, che, qualora si manifesti, rappresenta il periodo di maggiore rischio per la comparsa di disturbi psichiatrici, particolarmente di tipo depressivo e ansioso; una fase terminale, nella quale vengono, in genere, attuate delle terapie palliative mirate ad alleviare le sofferenze del paziente nell’ultimo periodo della sua esistenza. In ambito psiconcologico è di primaria importanza, in questa fase, farsi carico delle esigenze psicologiche del paziente, oltre che dei familiari, aiutandoli ad elaborare la separazione ed il lutto imminenti. 43 Il Coping Il Coping rappresenta la modalità cognitivo-comportamentale con la quale un individuo affronta la malattia e, più in generale, la capacità di affrontare i problemi e le loro conseguenze sul piano emozionale. Rappresenta, in definitiva, la modalità di adattamento propria di ciascun soggetto di fronte ad un evento negativo, stressante, in quanto ciascun individuo presenta uno specifico e peculiare stile di coping. In ambito oncologico lo stile di coping del paziente è un parametro di grande rilevanza per le sue molteplici implicazioni che si riverberano sulla modalità di reazione psicologica e sull’adattamento psicosociale alla malattia, sulle possibili complicanze psicopatologiche, sulla qualità della vita successiva alla diagnosi di neoplasia, sulla compliance ai trattamenti antineoplastici e, con molta probabilità, anche sul decorso biologico e sulla prognosi stessa della malattia. Diversi cofattori si rendono responsabili della messa in atto di un particolare stile di coping da parte di un individuo: il tipo, la gravità e la sede della patologia, le caratteristiche psicologiche e di personalità (compresi eventuali disturbi psichiatrici preesistenti), il precedente livello di adattamento raggiunto dal soggetto, il significato attribuito al cancro anche in relazione all’età, a fattori culturali e religiosi, alla presenza ed all’entità del supporto sociale. Secondo Burgess e coll. sarebbero riconoscibili quattro diversi profili di coping in presenza di una malattia neoplastica, contraddistinti da differenti livelli di ansia e depressione, oltre che da differenti risposte comportamentali: 44 hopelessness/helplessness, caratterizzato da elevati livelli di ansia e di depressione, dall’incapacità di mettere in atto strategie cognitive finalizzate all’accettazione della diagnosi, dalla presenza di numerose risposte comportamentali, dalla convinzione dell’esistenza di un locus di controllo esterno sulla malattia; spirito combattivo, contraddistinto da moderati livelli di ansia e di depressione e da numerose risposte di confronto, palliative e comportamentali, attraverso le quali il paziente cerca di reagire positivamente e costruttivamente alla situazione, mantenendo una convinzione di controllo interno sulla malattia; 1. accettazione stoica, con bassi livelli di ansia e depressione, attitudine fatalistica, convinzione di controllo esterno sulla malattia; negazione/evitamento, in cui appaiono del tutto assenti sia le manifestazioni ansioso-depressive, sia le strategie cognitive, nella convinzione da parte del paziente di un controllo sia interno che esterno nei confronti della malattia. In uno studio condotto su pazienti oncologici sono stati identificati quindici stili di coping diversi nei confronti della neoplasia, ai quali corrispondono altrettanti meccanismi difensivi, tra i quali i più frequentemente riscontrabili sono la rassegnazione fatalistica (che si esprime col mantenere un atteggiamento di completa passività nei confronti della malattia), la proiezione (che consiste nell’attribuire ad altri o a situazioni esterne la causa della malattia), la razionalizzazione (con ricerca e richiesta di 45 informazioni sulla propria patologia), il confronto (porsi realisticamente di fronte al problema), la compliance (consistente nell’avvalersi del supporto e delle indicazioni di persone di fiducia). Le risposte emozionali più comuni in pazienti nei quali sia stata posta diagnosi di neoplasia sono rappresentate dai seguenti atteggiamenti: - "spirito combattivo”, atteggiamento di ottimismo e di fiducia nelle proprie capacità al fine di fronteggiare e sconfiggere la malattia; - “negazione-evitamento”, con tendenza a minimizzare l’entità e la gravità della patologia, mantenendo un atteggiamento di relativa indifferenza; - “atteggiamento fatalistico”, con tendenza alla passività e all’assenza di opposizione nei confronti della malattia; - “preoccupazione ansiosa”, con reazione di allarme ansioso nei confronti della neoplasia, ricerca febbrile di informazioni, elevati livelli d’ansia con ripercussioni significative sulla qualità della vita del paziente; - “disperazione”, con sensazione di sconfitta ed ineluttabilità del male, angosce di morte, vissuti depressivi, sovente mancata adesione alle terapie. Vari studi hanno evidenziati come un tipo particolare di reazione psicologica alla diagnosi di cancro possa esplicare un ruolo significativo sul decorso della malattia, influendo anche sull’immunità cellulo-mediata, la cui importanza nella difesa dell’organismo dai tumori è ormai ampiamente riconosciuta; in questo senso, un atteggiamento di rifiuto o di negazione della patologia ed un atteggiamento combattivo nei confronti della stessa sono correlabili ad una prognosi migliore, rispetto a quella 46 prevista di fronte ad un atteggiamento di passività, di ineluttabilità e di disperazione nei confronti della malattia. Qualora le strategie attuate dall’individuo per fronteggiare la malattia risultino funzionali ed efficaci, l’adattamento può rappresentare un’importante occasione di crescita maturativa per il soggetto e la malattia può condurre ad una ridefinizione della sua situazione personale ed esistenziale. Viceversa, se le capacità e le risorse del paziente, nel far fronte ad uno stress così intenso, sono limitate, potranno insorgere reazioni psicopatologiche. Alcuni Autori hanno proposto un modello personologico a rischio di neoplasia definito personalità di Tipo C (cancer-prone personality). Sembra che la tendenza a sopprimere o a negare le emozioni più intense, in particolare la rabbia, attraverso il ricorso a meccanismi difensivi quali la negazione e la rimozione, e l’alessitimia, intesa come incapacità di manifestare i propri sentimenti, si correlino a una più elevata incidenza di malattia o ad una maggior gravità, fino alla realizzazione di vere e proprie alterazioni fisiologiche e/o organiche. In questi soggetti, inoltre, è riscontrabile una correlazione tra tale profilo personologico e la reazione biologica allo stress, con riduzione della risposta immunitaria e, conseguentemente, con una maggiore vulnerabilità alle malattie. 47 3.3 LE ASSOCIAZIONI Le associazioni sono enti costituiti da un insieme di persone fisiche o giuridiche, legate dal perseguimento di uno scopo comune. Le associazioni per le donne con tumore al seno sono molteplici, quelle che,durante la stesura della mia tesi, mi hanno colpito maggiormente sono due: l’Andos Onlus e Noi Come Prima. L’associazione Andos Onlus (cioè senza scopo di lucro), nasce nel 1976 quando, alcune volontarie avevano intuito come il tumore al seno non una semplice malattia, ma qualcosa di più complesso e profondo, che comportava una grave ferita anche nell’animo femminile. L’obiettivo primario di questa Onlus sono è rappresentato da una maggior sensibilizzazione della popolazione femminile alle problematiche della prevenzione soprattutto nell’Italia Centro-Meridionale che risulta essere molto meno informata del Nord Italia. La seconda associazione è Noi come prima, nata nel 1986 dall’esperienza diretta di tumore al seno della presidentessa Aurora Ferrini. Inizialmente questo gruppo di aiuto era composto soltanto da 2 donne ed una dottoressa, ma con il passar del tempo il numero delle iscritte è altissimo. Questa associazione oltre ad occuparsi della prevenzione primaria, sofferma la sua attenzione anche su altri aspetti fondamentali come: attività cliniche psicologiche, riabilitazione, attività che hanno come scopo un ritorno alla normalità ed alla vita lavorativa. Le associazioni risultano essere fondamentali sotto l’aspetto psicologico, proprio perché il confronto con altre donne con la medesima patologia, può 48 portare ad una minore preoccupazione con meno paura, per quanto concerne i problemi relativi alla vita sociale e della non accettazione. "All'inizio è brutto e metti la parrucca ogni giorno. Poi togli la parrucca perchè ti accorgi che prude veramente troppo e impari a vederti senza. Poi alla fine ti piaci anche." 49 CAPITOLO 4 Qualità della vita 50 4.1 ACCETTAZIONE E NON ACCETTTAZIONE DI SE’ Il seno è simbolo di femminilità e prosperità nella cultura di tutto il mondo, una patologia, anche minima, che va a riguardare questa parte del corpo, è causa di preoccupazione, figuriamoci quando la patologia è un carcinoma alla mammella. La carica di emozioni e di paura sale ad una soglia altissima sentendo soltanto il nome. Le donne hanno di solito due tipi di comportamento: quello della non accettazione di sé e dell’accettazione di sé. Per quanto riguarda la prima reazione psicologica, la donna con l’intervento chirurgico ha un vuoto dentro, un senso di incompletezza che non si riesce a colmare. La donna non si vede più come tale,ma come un “mostro” privato del suo aspetto fisico, che comunque risulta fondamentale in per queste donne,soprattutto nelle società occidentali, per questo il SSN ha introdotto l’utilizzo delle protesi al seno, in seguito all’asportazione del tumore, proprio perchè riavere “ciò che si aveva” è fondamentale per l’equilibrio psicofisico della paziente. Come detto in precedenza, già con la diagnosi si ha il calo psicologico, la paziente si vede “come una straniera imprigionata in un corpo malato”. Quindi è opportuno un colloqui con uno psicologo fin da subito. Di solito nei vari ospedali si ha una collaborazione tra le varie figure sanitarie in modo da stare accanto alla persona in tutto l’iter diagnostico e terapeutico. 51 Con la chemioterapia poi, la perdita di capelli porta ad una sofferenza maggiore, la folta chioma va man mano perdendosi, diventa quindi una testa pelata, coperta da un cappellino o una bandana. Molte donne hanno fatto della loro bandana un punto di forza, il tumore viene ben accettato e visto come una parte di sé stessi, questa è la reazione di chi riesce ad amarsi sempre, nonostante la malattia. Vi sono persone che hanno persino dato un nome al proprio tumore, ne hanno parlato con gli altri proprio perché facendo questo riuscivano ad essere ancora più forti ed accettarsi ancora di più. Ovviamente anche questo approccio ha bisogno di consulenze psichiche per capire se è vera forza la loro o paura che viene nascosta da scariche di adrenalina. 4.2 IL DOLORE ONCOLOGICO Il dolore è definito come un’esperienza spiacevole,sensoriale ed emotiva, associata ad un danno tessutale reale o meno. Quindi il dolore è soggettivo e strettamente influenzato da fattori culturali e psicologici. Poiché la cura del dolore oncologico abbia successo, è opportuno effettuare una valutazione approfondita e corretta. Risulta fondamentale quindi che il malato racconti il suo dolore. 52 Per descriverlo su utilizzano due tipi di scale: la scala numerica e la scala analogica visiva La scala numerica dove viene chiesto al paziente di valutare il dolore da 0 (nessuno dolore) ad un max di 10-100 (con un dolore inimmaginabile). La scala analogica visiva, invece,viene chiesto al paziente di indicare il dolore su una linea che va dall’assenza di dolore al massimo dolore possibile. Oltre all’intensità, è importante valutare anche la durata e le caratteristiche del dolore. In base a queste caratteristiche si ha la prescrizione di farmaci per ridurre il dolore stesso. L’OMS il trattamento del dolore deve seguire 3 step: FANS per i dolori con un intensità non molto alta, Oppioidi Deboli per un dolore moderato e Oppioidi Forti per un dolore grave. Gli effetti collaterali di questa terapia sono legati ai farmaci utilizzati, è possibile individuare, in linea di massima, stitichezza, nausea, vomito e problemi durante la guida a causa della sedazione. 53 Trattamento del dolore secondo l’OMS. 54 4.3 ISOLAMENTO L’isolamento della donna è strattamente correlato alla reazione psicologica della negazione. La donna dopo il primo momento di shock, non riesce ad accettare che sia “proprio lui” ed esprime il suo stupore con la frase “no, io no, non può essere vero” (Kubler-Ross E., 1979). In questo periodo, egli cerca tutto ciò (altri medici, altri esami, guaritori ecc…) che possa sconfessare la diagnosi, e quindi confermare la sua tesi, nonché la speranza che non possa essere lui il malato. Questa fase è molto importante, perché, “il rifiuto dopo un’inattesa notizia, permette al malato di ritrovare coraggio e con il tempo, mobilitare altre difese meno radicali”. Grazie all’isolamento, il malato riconosce certamente la gravità del suo stato, ma si limita a descriverla con distacco e decisione, facendone un resoconto distante e inespressivo, dissociando la rappresentazione penosa dell’affetto, “intellettualizzando” la malattia e trasferendola in modo naturale, in un corpo diverso dal proprio. Per mezzo di questa dissociazione, il malato cerca di attenuare l’inizio della paura prima dell’irreversibile conferma del dolore fisico e della sofferenza. Anche se c’è da dire che negli stadi iniziali i carcinomi provocano raramente dolore, negli stadi successivi esso può comparire come conseguenza degli interventi chirurgici, chemioterapici, radioterapici, ecc. L’importanza del momento della diagnosi è evidenziata dalla reazione del paziente, che sarà anche in funzione del “chi” e del “come” comunicherà la presenza della malattia, infatti “il rifiuto ansioso che segue la presentazione di una diagnosi è più tipico nel paziente che viene informato prematuramente o all’improvviso da qualcuno che non conosce bene il malato, o che lo fa in fretta perché gli pesa farlo, senza prendere in considerazione se il malato è pronto a sentirselo dire” (Kubler- 55 Ross E., 1979). Anche in questa fase è importante dialogare sugli stati d’animo, sul futuro e sui problemi che la malattia comporta, non solo col paziente, ma anche con la famiglia. 4.4 VERGOGNA La reazione di vergogna avviene proprio perché il corpo è mutilato,questo sentimento avviene soprattutto nelle donne masterectomizzate. L’intervento pone un limite anche sull’attività sessuale, la donna si vergogna di mostrare le cicatrici e non riesce ad attattarsi a quel seno che non è suo. Questo non adattamento può essere una contraddizione all’intervento chirurgico di mastoplastica additiva o riduttiva, ma la differenza sostanziale stà nel fatto che la donna non è parte attiva della scelta di modificare il suo seno, è la patologia di tumore a scegliere per lei. Il tumore al seno è una malattia democratica, può colpire tutte le donne. In tutto il mondo nella società si sono ammalate di tumore al seno tante donne famose appartenenti al mondo della musica, dello spettacolo, della politica o della cultura. Molte di queste donne hanno contribuito e continuano a contribuire in vario modo alla diffusione della cultura della prevenzione con lo scopo di arrivare in pochi anni, come dice il Prof. Veronesi, a mortalità zero. Kylie Minogue, la famosa pop star australiana, fu operata di tumore al seno a Melbourne nel maggio del 2005 Il chirurgo dichiarò ” Ho fiducia nel fatto che abbiamo preso in tempo il cancro e la paziente potrà guarire 56 completamente”, ed infatti così è stato. Attualmente la cantante lotta attivamente per la diffusione della cultura della prevenzione che rimane l’unica arma per sconfiggere questo male. Anastacia è probabilmente una delle cantanti più popolari che ha avuto un cancro al seno e non ha paura a parlarne, anzi è di sicuro una delle più attive a sensibilizzare il pubblico. Nel 2003 le è stato diagnosticato il tumore al seno mentre stava facendo degli esami preliminari per un intervento di riduzione del seno. Ha subito un’operazione di rimozione, la ricostruzione del seno e la radioterapia. Nonostante tutto ha portato a termine il suo tour e solo alla fine si è concessa un periodo di riposo. Dopo la malattia “ha ritrovato se stessa” e ha scritto il suo terzo album: “Anastacia”: un successo mondiale. Nel frattempo ha anche fondato un’associazione per la raccolta di fondi. La star afferma che non ha mai considerato la malattia come una cosa negativa: di sicuro non ha intaccato la sua vitalità! Con queste parole alcune donne Campane hanno presentato un calendario fatto da loro stesse per promuovere la prevenzione per il tumore al seno e nello stesso tempo trasmettere tutta la normalità nell’affrontare la vita anche dopo essere state operate di tumore mammario. Tutte si sono improvvisate fotomodelle per un giorno riuscendo a trasmettere agli altri la serenità con cui hanno superato la malattia. 57 CONCLUSIONI 58 Gli studi effettuati negli ultimi anni sono stati tutti sostanzialmente coerenti, nell’indicare che, adottando uno stile di vita più sano e partecipare ai programmi di screening, è la strada possibile per evitare alcuni tipi di cancro e migliorare il proprio benessere. Il cancro al seno rappresenta oggi la causa più frequente di morte in donne tra i 35 e 55 anni., non sono ancora chiare le cause che determinano il tumore, ma sono stati individuati quei fattori di rischio per giungere ad una diagnosi il più precoce possibile. Ma oggi grazie alla prevenzione ed all’informazione che viene data alle donne, riesce a far calare il picco di mortalità di circa il 35%. A livello psicologico le implicazioni psicologiche del paziente oncologico sono notevoli e riguardano tutto il ciclo della malattia, dalla comparsa dei primi sintomi, alla diagnosi, alle cure mediche. La patologia tumorale, infatti, per il suo carattere di gravità e di cronicità, ha un effetto sconvolgente sulla vita del paziente e della sua famiglia. L’ottica multidimensionale è dunque fondamentale nell’incontro col paziente oncologico: non si può aiutare in modo adeguato il paziente senza intervenire sulla famiglia e sull’equipè curante. L’attenzione all’intero sistema dovrebbe prendere l’avvio già al momento della diagnosi, perché è in questa fase che il “cancro” inizia a prendere forma nell’immaginario del paziente e della famiglia. Ed è sempre in questa fase iniziale che prendono il sopravvento le metafore collettive sul cancro come parassita che riesce, viene generato e alimentato dal corpo del 59 malato, e che, attraverso atroci sofferenze, porterà quest’ultimo ad una morte umiliante e svilente della propria dignità di essere umano. Autoresponsabilizzare e rendere il paziente costantemente consapevole di ciò che gli sta accadendo, mantiene un’autonomia di scelta che ne preserva la dignità e ne attiva le potenzialità autocurative. Negando la malattia, invece, non gli si consente l’elaborazione dell’angoscia, e se ne aumenta la forza distruttiva. Nel momento in cui non agisce più silenziosità nascosta dell’organismo, ma si mostra nei suoi effetti di catastrofe, l’evento cancro può sia nientare sia provocare una sorte di risveglio liberatore, come quando ci svegliamo da un incubo. 60 BIBLIOGRAFIA 61 1. Psiconcologia “L’integrazione tra cure mediche, trattamento farmacologico e intervento psicologico in oncologia”, Strano ed., Catania. 2. Mauro Boldrini, Sabrina Smerrieri e Francesca Goffi, Ho vinto io Guarire dal tumore del seno, testimonianze e interventi, Giunti Demetra. 3. Mani sul mio corpo di Luciana Coen. 4. . Brunner Suddarth “Infermieristica medico-chirurgica” III° edizione, II° Vol., casa editrice Ambrosiana. 5. Libro di Anatomia: “Fondamenti di anatomia e fisiologia umana” sec. Ediz. – casa editrice Sorbona Milano. 6. Il tumore al seno;prevenire,curare,vivere. G.Paolo Androni. 7. Il fatalismo si può sconfiggere Eluterio Pagano. 8. Psicologia. Il modello biopsicosociale R.Torta- A.Mussa centro scientifico editore. 62 9. Carpenito Lynda Juall Manuale tascabile delle Diagnosi Infermieristiche 2011. 63 SITOGRAFIA 64 1. http://www.ipasvi.it 2. http://www.airc.it 3. http://www.tumorealseno.it 4. http://news-medical.net 5. http:///www.salutedoctissimo.it 6. http://www.senologia.it 7. http://www.aimac.it 8. http://andosparma.wordpress.com 9. http://www.andosonlusnazionale.it 10. http://www.ico.it 11. http://www.psicologiitalia.it 12. http://www.uniud.it 65 66