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Imperialismo
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INTRODUZIONE
Imperialismo Tendenza di un popolo o di una nazione a esercitare un'influenza o un controllo
sopra popoli o nazioni più deboli. Può essere arduo andare oltre questa generica definizione,
perché le molteplici interpretazioni storiografiche e politiche dell'imperialismo non concordano che
su pochi punti. Il termine è spesso usato in senso più specifico: alcuni studiosi lo considerano
come un effetto dell'espansione economica degli stati capitalisti, altri lo limitano a definire la
politica di espansione sviluppatasi a partire dal 1880. Altrettanto frequente è il suo uso per
indicare il colonialismo nel suo complesso o il suo ultimo sviluppo.
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Il colonialismo, in realtà, implica il controllo politico, l'annessione del territorio e la perdita
della sovranità dello stato o del popolo sottomesso;
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l'imperialismo, secondo molti studiosi, può invece fare a meno di colonie e si manifesta
attraverso un controllo o un'influenza esercitati, direttamente o indirettamente, formalmente
o informalmente, con mezzi politici, economici e anche ideologici.
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L'IMPERIALISMO NELLA STORIA
L'attuazione di politiche imperialistiche risale agli albori della civiltà; esempi classici furono
l'impero di Alessandro Magno e quello romano. Più avanti nel tempo, tra il XV e il XIX secolo, in
seguito alle esplorazioni geografiche, molti stati europei fondarono imperi che comprendevano
colonie in Asia, Africa e America; questa "prima forma" di moderno imperialismo è molto vicina al
concetto di mercantilismo: tende infatti a creare situazioni di monopolio nei commerci della zona
egemonizzata e di difesa dei benefici che essi generano.
Dopo la metà dell'Ottocento, l'imperialismo conobbe nuovo impulso e si trasformò da potere
spesso informale, ricercato per vie diplomatiche o con i commerci, in vero dominio coloniale su
gran parte dell'Africa, dell'Asia e dell'area del Pacifico da parte delle potenze europee, degli Stati
Uniti e del Giappone. Negli anni che vanno dal 1880 alla prima guerra mondiale, definiti anche
come “età dell’imperialismo”, non solo il processo di controllo e di conquista di nuovi mercati si
velocizzò, ma si ridefinirono da una parte i rapporti tra le potenze che vi agirono, che diventarono
via via più ostili, dall’altra cambiarono le idee dei popoli coinvolti dal fenomeno: nei paesi che
attuavano politiche imperialiste si svilupparono spesso ideologie nazionaliste e razziste (ad
esempio in Francia e in Germania); nei paesi che le subivano si svilupparono invece grandi
movimenti per l’indipendenza (ad esempio in Cina e in India).
Con la fine della seconda guerra mondiale gli ultimi grandi imperi coloniali europei cominciarono a
dissolversi. A essi, dopo la decolonizzazione, si sostituì una nuova politica imperialista, rivolta a
stabilire un’egemonia economica e militare nei confronti dei paesi del Terzo Mondo, o attraverso
un intervento diretto (ad esempio quello statunitense nel Sud-Est asiatico e quello sovietico in
Afghanistan), oppure attraverso il controllo esercitato su organismi internazionali.
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LE RAGIONI DELL'IMPERIALISMO
All'origine dell'imperialismo vi sono ragioni economiche, politiche e ideologiche. La motivazione
economica all'imperialismo è la più diffusa: uno stato cerca di dominarne altri per reperire
materie prime, forza lavoro e trovare mercati per i propri prodotti. Le teorie che sostengono una
natura economica dell’imperialismo, avviate dalle analisi di Rosa Luxemburg, Lenin e altri
pensatori marxisti, consideravano l'imperialismo come un'espressione strutturale del capitalismo
e, più precisamente, della sua fase monopolistica.
L’economia fu al centro delle analisi di altri pensatori, come il socialdemocratico austriaco Rudolf
Hilferling, o il liberale britannico John A. Hobson, autore nel 1902 della prima importante opera
sulla questione, secondo cui il dispiegarsi di politiche imperialiste era dovuto alla ricerca di
occasioni di investimento dell’”eccedenza di risparmio”, un’enorme massa di capitale finanziario
costituitasi per i bassi salari e l’esiguo prelievo fiscale.
La volontà di espandere la propria influenza può essere originata dal desiderio di potere o
prestigio, dalla ricerca della sicurezza nazionale o di vantaggi diplomatici. Così, ad esempio,
l'espansione francese nell'ultimo quarto dell'Ottocento fu giustificata con il bisogno di riacquisire
prestigio dopo l'umiliante sconfitta nella guerra franco-prussiana del 1870; il controllo sovietico
sull'Europa orientale all'indomani della seconda guerra mondiale fu invece giustificato con un
bisogno di sicurezza e come misura di prevenzione contro un temuto attacco da parte dei paesi
dell'Europa occidentale.
Alla radice di molti imperialismi ci furono anche motivazioni ideologiche: l'espansione europea
ottocentesca, ad esempio, veniva considerata missione civilizzatrice dei popoli più avanzati verso
quelli più arretrati; Adolf Hitler fondò invece le proprie pretese di dominio basandosi su
motivazioni di superiorità razziale. In tempi più recenti, gli Stati Uniti hanno spesso giustificato
l'espansione della propria influenza, intendendola come una "difesa del mondo libero" contro il
dominio marxista; l'Unione Sovietica, a sua volta, intendeva la sua influenza come garanzia di
"liberazione" dei popoli dallo sfruttamento capitalistico e dall'imperialismo occidentale.
In alcuni casi, infine, la ragione dell'estendersi di un dominio non sarebbe da ricercarsi nella
potenza di una nazione, quanto nella debolezza di altre; in questi casi una grande potenza, pur
non avendo l'obiettivo primario di espandere ulteriormente il proprio dominio, vi sarebbe
costretta dalla debolezza degli stati alla sua periferia.
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GLI EFFETTI DELL'IMPERIALISMO
Il parametro su cui normalmente si misurano gli effetti dell'imperialismo è quello economico,
anche se le conclusioni degli studiosi non sono concordi. C'è infatti chi lo accusa di essere
responsabile del sottosviluppo delle nazioni povere e chi, invece, sostiene che, se arricchisce le
nazioni dominatrici, al contempo estende gli effetti benefici, perlomeno nel lungo periodo, anche
alle nazioni dominate.
Gli effetti economici
prodotti
dall'imperialismo
sono
comunque
differenti a seconda della
situazione: a fronte di nazioni che nel breve termine si dibattono in problemi di sottosviluppo
apparentemente insolubili, ve ne sono infatti altre, come India e Brasile, che paiono aver invece
raggiunto un livello di sviluppo tale da poter competere sul piano economico, perlomeno in alcuni
settori, con le nazioni ex colonizzatrici.
Gli effetti politici e sociali causati dall'imperialismo sono di altrettanto difficile definizione.
Un'osservazione che si può però fare è che, importando nei paesi dominati abitudini e strutture
proprie del mondo occidentale, l'imperialismo ha di fatto contribuito al declino delle istituzioni,
della cultura e delle tradizioni autoctone. Se è vero, infatti, che in alcuni paesi ha portato
all'istituzione di sistemi scolastici prima inesistenti, è parimenti vero che in altri la lingua, e con
essa un'intera tradizione culturale locale, è scomparsa sotto il peso di quella del paese
dominante.
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