NATURA E CAUSE DELL'IMPERIALISMO ROMANO ll problema relativo all'imperialismo romano fu di_ denza al militarismo, owero se in esso abbiano battuto già dagli storici antichi. ll greco polibio fu prevalso interessi economici e commerciali o colui che più lucidamente vide négli eventi suc_ motivi di sicurezza. cessivi alla guerra annibalica la realiuazione da Occorre precisare che il termine ,,imperialismo" parte di Roma di oun disegno unitario di dominio è alquanto recente, risalendo alla fine del seco_ mondiale che, se non proprio concepito fin dall'i_ lo XlX, e che il concetto stesso è stato influennizio, si sarebbe tuttavia venuto chiarendo sem_ zato dallo sviluppo del colonialismo. ll dibattito pre più alla classe dirigente romana, (E. Gabba). storico ha risentito quindi del peso dei fattori ln epoca moderna si continua a discutere circa ideologici, oscillando spesso tra I'esaltazione il momento che segnò il passaggio di Roma a della "missione civilizzatrice" di Roma. e la ridu_ una politica ímperialistica e se, in tale imperiali_ zione di ogni aspetto della politica romana a me smo, sí debba vedere I'espressione di una ten_ ra bramosia di potere e di guadagno. Lo spirito di conquista G. Giannelli, In repubbtina rornarw, ,l fn* politi.ca d,ltalia, \y'allardi, Milano 1937 ln un saggio del 1g37, lo storico Giannelli presenta la tesi tradizionale secondo cui la vittoria riportata su Annibale segna una svolta in senso imperialistico nella politica romana. Aspetti economici dell'imperialismo romano E esistito un imperialismo romano? E. Gabba, P. Veyne, Y a-t-il eu un impérialisme romnin?, L' imp e i alísÌru) r omanD ) in Storia di Romn, vol. II, Einaudi, Torino 1990 in Mélanges dc l'Ecol,e Franpaise de Romc,87, trad. P Pontani. 1975 IJn'altr-a conseguen?u.9{" guera annibalica ug i, modo più profondo e più durevole sui destini di Roma: da essa prese origin" e ,uilr,ppo'qu"Io .p*i; di conqui{a e 4i on", priry_P"-, della cui esisienzala io.ia di Roma "à" del'duema della fine del III secolo, tracce palesi. In realtà, sino alÌa metà cento a.C., i Romani non ebbero altia preoccup€rzione che quella Ji consolidare la-fortg l4sa politica costituita, intàmo aI'i-atio,nell'Italia centrale e meridionale, di allontana.re e di debellare i pericoli e gìi impedimenti di ogni specie che, di tempo in tempo, accennavanó a minac.i*"t ad ostacolame la vit" LlJ Plogredire; la prima guelra con Cartagine e la conquista della Sardegna e della Corsica rispondono proprio a guesto"scopo di sicwezzae di libero svi- bpp: per l'Italiu jd-"..9:" ì p"r il mar Tirrenà; lu della "o'q,ri;;;r" Cisalpina non fu che l'effetto di .rnu controffensiva "portata alle sue ultime conll8uenze e volta a stroncare ogni velleità e possibilita di ritorni ostili dei Celti. Ma durante la seconda guerra punica, si inizia la conquista o I'asservimento di regioni diverse e lontane,_comé h penisola Iberica . parti dell'Africa set"Lrt" tentrionale; gli eserciti e le flotte .ò*"n" visitarono, ammiiati e temuti, città e di splendida civiltà_e-di grande ricchezr^, la Grecia, i. Pug:i a.t"o nacqúe la Macedonia e dell'Asia Minoé, le isole d"ilT;;;; " "ort"e nei ""i-L""".ai *19qi stessi 4"gJi eserciti romani e italici il gu"sto'della facile fittori" su popoli disabituati ai pericoli e alle arti della gu";", l,orgoglio J;ll";r*t" fona e compattezza, dgl.nronrio spirito di sacrificio, di fd"É a genri iivise, indisciplinate o imbelli, incapaci o indegne di vincere; nacque"la sicurez za dell'invincibilità delle legioni romane,.gtT" q"gri .r"rr.r.,u fonaawebbe ormai po- I rispondi lndividua le differenze nella I condotta politica dei romani pnma e dopo ia seconda guerra punica. Il totqg1", o meglio, il prevalere di questo nuovo spirito di cànnella classe dirigente e nell'ambito, in g"rr"L, dell,esercità ,o^*":; _quista la fine del III secolq si rivela limpidam".rí" nJUu politica seguita a" n"-lili riguardi deÌ vicino Oriente, negli ùtti*i anni della'seconda pir"i"" *tì;; il t po la fine di essa. " tuto resistere- __t ] I I i i il Lo storico Gabba mette in luce come, a partire dai primi decenni del ll secolo, il criterio dell'interesse economico abbia interferito con gli indirizzi della politica. t rispondi lndividua i fattori di ordine economico che determinaro- no la diffusione di una concezione utilitaristica della politica. ffi ll sociologo francese Veyne aderisce alla tesi di un prevalere delle esigenze difensive. Il prevalere di comportamenti politici dettati da pure ragioni utilitarie e senza più(o almeno_con minore) necessità di giustificazione mórale si spiega con un profondo cambiamento nella società romana e nella dirigenza poiiti* in specie dopo i primi decenni di continua espansione. Lo stesso esercizio continuo del potere su di un piano mondiale doveva aver creato una nuova mentalità di fronte alla concezione stessa della politica. Roma era oramai diventata la capitale politica di un impero e il centro di un'economia ,.mondiale> e, come tale, in grado, anche senza direttamente volerlo, di modificare la realtà economica e sociale di intere aree mediterranee. IJespansione commerciale, I'estendersi dei rapporti e degli interessi economici a tutti gli strati della società romano italica e. quindi le inevitabili collusioni fra classe senatoria e gruppi economici romani e af!ea1i, il sempre più vistoso e indifferenziato coinvolgimento in queste attività di elementi italici devono aver avuto effetti dirompenti sulla sociale e politica dell'Italia e se ne hanno abbondanti indizi e prove. l"4tÌ Colpiva soprattutto la rapidità con la quale ci si poteva arricchire; si uld"uu bene come si venisse creando un tipo di ricchezru ,r.ruuu e, per un certo tempo, meno stimata di quella tradizionale legata alla proprietà ierriera e alle attività dell'agricoltura. Linterferenza di questi fattori nella politica romana, nella stessa decisione politica ai più alti livelli, non può esseie ignorata, anche se è vano attenderci dalle nostre fonti storiografiche delle testimonianze dirette ed esplicite. Lg teoria stessa della "comrzione", che interviene così spesso e tipicamente nella storiografia antica, non fa che esprimere in termini moralistici la constatazione di un cambiamento nella sociètà, del quale si vuole accentuare il distacco dagli assetti tradizionali. Il criterio utilitaristico, che naturalmente non era mai rimasto assente anche prima, veniva, dopo i primi decenni del II secolo, a dominare la valutazione e la decisione politicà. Il process_o espansionistico diveniva così sempre più una spinta autónoma e inàvitabile, che si autoalimentava, anche nella mentalità oramai di routine della classe dirigente senatoriale. Si possono concepire tre situazioni. Anzitutto quella, a cui noi siamo abituati e che era anche que_lla del mondo greco ai tempi di Tucidide come pure di Polibio: una società di nazioni che si sono rassegnate a essere in molte, che si riconoscono simili, che hanno rinunciato ad assicurarsi una sístezzadefinitiva per condividere tutte una comune insicurezzal...].In un quadro come questo, se si diviene imperialisti sarà per desiderio di dominio; ài"iu*o, sarà per la gloria o ancora sarà, forse, p€r il profitto (imperialismo economico); o sarà infine per proselitismo religioso o ideologico: queste sono le varietà classiche di imperialismo. Una situazione ben diversa è quella di uno stato che non sia stato educato alla rassegnazione e che continui ad aspirare alla sicure zza totale; in questo caso non resta che indebolire e assorbiie le altre nazioni in modo da restare i più foni owero da restare soli, avendo la sincera convinzione di non far altro che difendersi contro un mondo minaccioso. Si arriva allora alla terua situazione, quella di una nazione che ha la fortuna di vivere separata da tutti, circondata da un oceano, da un deserto o da barbari che la isolino. Roma non ha mai conosciuto la prima situazione ed è passata dalla seconda alla. t9ryg-c91_Uu{che spinta di i-mperialismo in senso classico come le guerre del 201-1BB e la conquista della Gallia. I1 bellicismo romano aveva giicreduto di poter raggtunger_e la sicurezza una volta per tutte facendo propiìa I'in- -mescola f rispondi lndividua i criteri guida della politica estera romana sot- tolineando le differenze rispetto al mondo greco. tera penr.sola italica [...]; poi la spinta propriamente imperialistica Roma agli aftari del resto dell'ecumene. Dopo Pidna, préssoché nessuno osa fEoversi. e Roma -lascia vegetare Seleucidi e Lagidi: quando è la più forte, Roma tollera, a volte per secoli, l'esistenza di piccoli stàti che le sarebbe stato facile assorbire; I'importante è che non costiìuiscano una minaccia; è la sicwezza che ella cerca, non I'egemonia di tipo tucidideo.