LA LEZIONE La spartizione del pianeta Nel periodo che va dall'ultimo ventennio dell'Ottocento alla Prima guerra mondiale, le maggiori potenze europee, gli Stati Uniti e il Giappone realizzano una espansione economica e politica di tale portata da determinare una pressoché completa spartizione del pianeta in domini coloniali e in sfere di influenza. L'assetto del mondo che ne deriva e per il quale poche potenze, per lo più europee, governano territori e popolazioni molto maggiori di quelli della madrepatria, durerà sostanzialmente fino alla Seconda guerra mondiale. Le differenze tra colonialismo e imperialismo Per denominare nel suo insieme questo fenomeno storico, complesso e gigantesco, che ‘europeizza’ il mondo, viene generalmente utilizzato il termine imperialismo. L'imperialismo degli anni qui considerati si inserisce nel solco di una tendenza storica secolare, ma si distingue dal colonialismo di tutte le età precedenti per la dimensione (tendenzialmente planetaria) e la rapidità (pochi decenni per il dominio dei tre quarti del pianeta) delle conquiste nonché per le modalità di intervento (militare e politico) che vedono in primo piano gli Stati colonizzatori e per gli estesi riflessi culturali connessi (ideologie nazionaliste xenofobe e razziste, ‘fardello dell'uomo bianco’...). John Atkinson Hobson, nel primo studio approfondito sull'imperialismo (Imperialismo, 1902, 2a ed. 1938), lo distingue dal colonialismo precedente innanzitutto perché, nella maggior parte dei casi, non comporta una vera e propria colonizzazione con flussi migratori di grandi proporzioni. Non produce cioè necessariamente l'effettiva espansione di uno Stato su un territorio assoggettato, quanto l'“espansione del suo potere politico” ovvero il controllo e il dominio, diretto o indiretto, sul governo, l'economia e, in senso ampio, la cultura del territorio colonizzato. Una nuova geografia La fase della grande spartizione avviene entro la fine del XIX secolo, rallenta nel nuovo secolo e si arresta sostanzialmente con lo scoppio della guerra mondiale. Le sue mete privilegiate sono l'Africa e l'Asia. Il continente africano viene esplorato, rapidamente conquistato e totalmente spartito fra le potenze europee. Prima degli anni Ottanta, le presenze coloniali si limitavano quasi esclusivamente a piccole zone costiere, a porti e presidi; nel 1914, alla vigilia della guerra, solo Liberia ed Etiopia risultano indipendenti. In pochi decenni la Gran Bretagna si assicura vasti territori da nord a sud, dall'Egitto all'Unione Sudafricana, passando per il Sudan, la Nigeria, la Costa d'oro, l'Uganda, il Kenya, la Rodhesia; la Francia soprattutto la parte centro-settentrionale (Marocco, Algeria, Africa occidentale ed equatoriale) e il Madagascar. Possedimenti minori hanno la Germania (Camerun, Togo, Namibia e Tanganica), il Portogallo (Angola e Mozambico), il Belgio (Congo), l'Italia (Eritrea e Somalia e, nel 1911, la Libia). Nel continente asiatico dalle civiltà millenarie, l'espansione si dirige principalmente verso il Sud-Est – che viene interamente spartito fra vecchie (Gran Bretagna, Olanda) e nuove potenze (Francia, Germania, Stati Uniti, Giappone) – e verso il debole impero cinese, suddiviso in aree di influenza fra Gran Bretagna, Francia, Russia, Germania e Giappone. In Asia, oltre alla Russia degli zar (che allarga i propri confini verso sud e verso est, raggiungendo il mondo mussulmano e la civiltà mongola), si affacciano sulla scena mondiale due potenze extraeuropee: gli Stati Uniti della seconda industrializzazione (che controllano le Hawaii, le Filippine, i Caraibi e parte dell'America centrale direttamente e indirettamente l'America Latina) e il Giappone della modernizzazione strabiliante (che si spinge in direzione della Cina e conquista la Corea e Taiwan). Protagonista di questa travolgente crescita imperiale è però l'Europa che, alla vigilia della guerra, con una popolazione di 320 milioni di abitanti, dispone di domini per 53 milioni di km quadrati e più di 550 milioni di sudditi coloniali, con un evidente predominio militare, economico e tecnologico, quindi, sul resto del mondo. Più precisamente, è la Gran Bretagna che domina il mondo. I decenni fra Ottocento e Novecento sono caratterizzati, infatti, dall'accentuarsi delle politiche imperialistiche degli stati emergenti e rivali della Gran Bretagna, che resta, però, la potenza egemone e con i possedimenti coloniali più vasti, più popolati, più ricchi e sparsi sui cinque continenti. Le ragioni alla base dell’imperialismo Molte e diverse sono le interpretazioni dell'imperialismo. Su tutto vale la considerazione che a seconda del paese colonizzatore e di quello colonizzato varia l'intreccio (sempre presente) e il peso degli interessi e dei problemi di ordine economico, politico, militare, diplomatico, sociale, religioso, ideologico e culturale. In generale, si può dire che dietro l'imperialismo vi stanno la Grande depressione, la Seconda rivoluzione industriale, la formazione del capitalismo monopolistico, la ricerca di materie prime e di nuovi e più vasti mercati, l'eccedenza di capitali, la ricerca di prestigio per la nazione, motivi strategici e di potenza degli stati o il loro timore di essere lasciati fuori dalla spartizione; la crescita demografica europea, la estesa disoccupazione, le tensioni sociali, le richieste popolari, l’accentuarsi del nazionalismo, il crescente autoritarismo, la fiducia nella superiorità culturale e civile dell'Occidente o la razzistica rivendicazione della superiorità della razza bianca, la forza delle mitragliatrici o del chinino, la superiorità della tecnologia industriale europea; la volontà dei governi di trovare diversivi ai problemi interni, le attività delle Società geografiche, degli esploratori, dei missionari e dei mercanti e altro ancora.