Aristotele: Aristotele è il più autentico discepolo di Platone, anche se ha espresso opinioni differenti. Nella filosofia di Aristotele viene a meno la componente mistico-religiosa della concezione orfica e il filosofo da una valutazione più positiva del mondo sensibile e quindi all’esperienza. Mentre Platone ritiene che la realtà vera, sia qualcosa che trascende la nostra esperienza, per Aristotele, tutte le singole cose che ci circondano esistono effettivamente, e non sono “immagini” imperfette dell’idea. Lo stile filosofico di Platone è il dialogo, mentre gli scritti di Aristotele sono trattati concisi, sistematici e rigorosi. Non si tratta però di un sistema rigido in quanto viene utilizzata la dialettica, che torna ad essere un metodo, un confronto critico con le opinioni dei filosofi precedenti. La dialettica di Aristotele è quindi più simile a quella di Socrate e non presenta più il carattere ontologico. La vita: Aristotele nasce nel IV secolo a.C. A 18 anni entra nell’accademia platonica e vi rimane fino al 347 a.C. I suoi scritti giovanili, detti essoterici,destinati al pubblico, sono particolarmente influenzati dalla filosofia di Platone e ci sono pervenuti per via indiretta tramite brevissimi frammenti. Lasciata l’accademia, Aristotele si trasferisce con alcuni discepoli in Asia Minore, dove fonda una piccola scuola. Dal 343 a.C. diventa precettore di Alessandro Magno e questo suo incarico ha fatto sorgere numerosi dubbi tra gli studiosi: infatti nonostante egli sia il suo insegnante e il principale punto di riferimento della sua filosofia sia la polis, Alessandro Magno è colui che ha scardinato il mondo della Grecia classica. Alla morte di Alessandro Aristotele torna ad Atene, dove fonda la sua scuola. Gli scritti esoterici (legati al mistero), sono appunti raccolti più tardi dai suoi discepoli, e sono suddivisi in base agli argomenti trattati: - scritti di logica - scritti di fisica - scritti della metafisica - scritti di etica e politica - scritti sull’arte La scienza: La scienza, per Aristotele, è conoscenza rigorosa che ricerca le cause e stabilisce i legami necessari tra gli oggetti di cui si occupa. Le scienze possono essere divise in tre categorie: - scienze teoretiche (teorie più perfette): sono rigorosamente dimostrative, contemplative e non hanno altro fine che la conoscenza e il puro sapere. Le scienze teoretiche sono la fisica, la matematica e la metafisica. N. B. Aristotele non parla di metafisica, ma di filosofia prima. Il nome di metafisica è stato introdotto dal suo discepolo, Andronico di Rodi, che sistemando i suoi appunti ha dato il nome alla ricerca che si occupava dell’essere soprasensibile (che va oltre la fisica). - scienze pratiche: sono l’etica e la politica, rappresentano una via intermedia di perfezione, di conoscenza e sono finalizzate alla prassi (praxis) e all’azione. - Le scienze pratiche chiamano in causa il bene dell’uomo: l’etica considera il bene dell’uomo come singolo, mentre la politica considera il bene dell’uomo nella collettività. scienze poietiche: sono le arti e le tecniche che riguardano l’ambito della produzione di opere o di oggetti. Sono scienze empiriche ed appartengono ad un grado inferiore di conoscenza. N.B... Nella suddivisione delle scienze non è compresa la logica, che è considerata la scienza preparatoria attraverso la quale il pensiero diventa rigoroso (organon = strumento). La metafisica: Aristotele attribuisce un grande valore all’esperienza e al mondo empirico, tanto da farne il punto di partenza della sua filosofia. Aristotele sostiene che il significato del mondo dell’esperienza non si trova nel mondo sensibile, ma oltre (logica fondamentale di Aristotele). Tale valutazione positiva, che il filosofo ha del mondo dell’esperienza rappresenta una critica alla concezione platonica delle idee. Per Aristotele le idee platoniche sono trascendenti e confinate in un mondo, l’iperuranio, separato da quello dell’esperienza (Platone utilizza il mito del Demiurgo per mettere in comunicazione i due mondi). Esse non potevano dunque essere causa dell’esistenza delle cose e del loro divenire, infatti dice Aristotele le cause delle cose si trovano nelle cose stesse. Ciascuna cosa, sottolinea Aristotele, deve avere in sé la causa (che non può essere confinata in un mondo trascendente) e la forma, ovvero quel principio di essere e di ordine, che la fa essere appunto quella che è. Le cause di tutte le cose sono principi immanenti, che stanno dentro le cose. Aristotele nega la trascendenza delle idee, ma non le riduce al piano sensibile. Egli ammette anche l’esistenza di un piano soprasensibile dove però, non vi sono oggetti intelligibili ma l’intelligenza. Parlando di filosofia prima, o metafisica Aristotele ne dà quattro definizioni, sviluppando poi un unico discorso: - Scienza delle cause e dei principi primi - Scienza dell’essere in quanto essere (ontologia) - Scienza della sostanza - Scienza di Dio (teologia) La prima può essere ricondotta alla quarta, in quanto riguardano la teologia: studiare le cause e i principi primi significa studiare il principio primo di tutta la realtà, cioè dio. Dio è quindi la causa, il principio primo per eccellenza. La seconda e la terza (le più importanti) sono definizioni che riguardano l’ontologia: studiare l’essere in quanto essere equivale a studiare la realtà nella sua totalità senza soffermarsi sui singoli oggetti. Per Aristotele il significato fondamentale dell’essere è la sostanza, quindi le due definizioni si richiamano. Le definizioni di teologia e di ontologia sono in stretta relazione tra di loro, in quanto entrambe studiano la realtà (collegamento tra la seconda e la quarta definizione). Inoltre, la terza definizione si ricollega alla quarta in quanto per Aristotele anche Dio è sostanza, la sostanza di tutte le cose. Infine, la prima richiama la seconda perché studiare le cause e i principi primi vuol dire studiare le cause che danno origine a tutta la realtà, e la realtà è l’essere in quanto essere. Le categorie dell’ente Per Aristotele, persone, animali, piante ed anche colori, odori e sapori sono “cose esistenti”, cioè enti. La svariata molteplicità degli enti viene classificata nelle categorie. Aristotele ne indica 10: - sostanza: che include tutti gli enti che hanno un’autonoma capacità di sussistenza - qualità: che comprende tutte le qualità degli enti - quantità: che include tutte le determinazioni quantitative degli enti - relazione: che implica il confronto tra gli enti - dove - quando - giacere - avere - agire - patire Il concetto di causa Per causa Aristotele intende tutto ciò in virtù di cui qualcosa è. La causa è ciò che rende qualcosa conoscibile. La filosofia nasce dal chiedersi il perché delle cose e dalla conseguente ricerca razionale di questo perché, che può essere diverso. Esisteranno perciò più tipi di cause: - materiale - formale che spiegano l’ente da un punto di vista statico. In particolare la causa materiale, indica il materiale da cui è composta la sostanza, mentre quella formale, indica la forma, l’essenza della cosa, ciò che la fa essere così. - efficiente - finale che spiegano l’ente nel suo divenire. La causa efficiente indica ciò che determina l’inizio del cambiamento (ciò che crea il movimento), mentre la causa finale indica ciò in vista di cui avviene il mutamento, il fine. es. Statua di bronzo - causa materiale: bronzo - causa formale: l’immagine che rappresenta; - causa efficente: lo scultore - causa finale: la perfezione artistica es. Uomo - causa materiale: corpo - causa formale: anima - causa efficiente: genitori - causa finale: felicità N.B... Per Aristotele bene = fine e, tutte le realtà possono tendere ad esso, al contrario di Platone che dava all’idea del bene un senso irraggiungibile. Ente Aristotele elimina completamente l’essere univoco di Parmenide ed intende una realtà come qualcosa di complesso e differente. Di conseguenza l’essere non ha né un unico significato identico, né molti significati completamente diversi, bensì una molteplicità di significati uniti fra loro da una radice comune: la sostanza (concezione analogica dell’essere). L’analogia per Aristotele può essere intesa in due modi differenti: - come parziale identità (principio comune della sostanza) - come parziale differenza I significati dell’essere I significati dell’essere sono da intendere in senso analogico: - L’essere come categorie Aristotele individua 10 caratteristiche, dove la prima è la sostanza, dalla quale derivano tutte le altre caratteristiche. Tale suddivisione in 10 categorie deriva dall’esperienza. - L’essere come potenza e atto La potenza e l’atto si definiscono solo attraverso un rapporto reciproco. La potenza è la tendenza ad un atto, mentre l’atto è la realizzazione di una potenza. es. il bambino è un uomo in potenza, mentre l’adulto è un uomo in atto. Attraverso questa coppia di concetti Aristotele, “risolve” il problema del divenire, che viene inteso come un semplice passaggio da potenza ad atto, i quali sono entrambi essere. Dal punto di vista cronologico la potenza viene prima dell’atto: es. L’uovo prima della gallina, il bimbo dell’adulto… ma dal punto di vista ontologico (grado d’essere) invece viene prima l’atto, perché è perfezione già realizzata, il fine a cui la potenza tende. Per potenza si intende inoltre la capacità da parte della materia di assumere una determinata forma. Per atto invece intende la realizzazione di tale capacità, dunque la potenza sta alla materia come l’atto sta alla forma. Le sostanze soprasensibili sono atto puro. - L’essere come accidente L’accidente indica le qualità che una cosa può avere o non avere, senza per questo cessare di essere. L’accidente indica ciò che è contingente (non necessario), ciò che può accadere, così come può anche non accadere. - L’essere come vero E’ un significato che appartiene più che altro alla logica. Tanto più qualcosa è, tanto più qualcosa è vero. La Sostanza Nell’ambito della terza definizione di metafisica, Aristotele si pone due domande: - che cos’è la sostanza? - quante sostanze esistono? e introduce i concetti di forma e materia. atto = forma potenza = materia L’atto è anteriore alla potenza perché la forma è più perfetta della materia. Rispondere alla domanda “che cos’è l’essere?” si concretizza nella domanda “che cos’è la sostanza?” Quello di sostanza è il concetto più importante della filosofia aristotelica. In un senso molto debole la sostanza è materia, ogni individuo concreto, che ha vita propria. Ciò che però rende qualcosa quello che è, è la forma. Per forma intende, quindi, la natura propria di una cosa, ossia la struttura. L’essenza, in virtù della quale essa è ciò che è. Per Aristotele la sostanza è un sinolo (composto indissolubile di materia e forma). L’uomo è un sinolo di anima e corpo. Il fatto che la sostanza sia costituita da più elementi distinti, implica la molteplicità all’interno delle cose, ma, Aristotele recupera l’unità delle cose dicendo che materia e forma non si sono unite a caso : la materia è fatta apposta per una determinata forma. N.B... La realtà sensibile ha perciò una realtà ilemorfica, composta da materia e forma. L’universo di Aristotele L’universo aristotelico è stato lo spunto della struttura dantesca del mondo. Attorno al mondo sensibile (terra), ruotano 55 sfere concentriche e oltre a queste c’è il motore immobile, che non ha luogo. Il cosmo aristotelico è distinto in due zone principali: - il mondo terrestre, che comprende la terra e lo spazio che la circonda immediatamente ed è costituito dai quattro elementi tradizionali. - Il mondo celeste, eterno e incorruttibile, è il luogo naturale di un quinto elemento, l’etere. Per Aristotele esistono 3 tipi di sostanze: - Sostanze sensibili - corruttibili quelle che appartengono al mondo sensibile, sublunare. - Sostanze sensibili – incorruttibili sono i corpi celesti, composti da materia e forma. Costituiti da etere (materia cristallina), sono incorruttibili e indivenibili, possono solo spostarsi. - sostanze soprasensibili sono pure forma, l’essere è assoluto. È il motore immobile, che dà il movimento alle cose. Caratteristiche del motore immobile Il motore immobile è: - Eterno: il motore è eterno perché deve spiegare anche il movimento e il tempo. Dunque visto che questi sono eterni allora necesariamente anche il loro motore lo sarà. - Immateriale: ha solo forma non ha materia. È atto puro, infatti se avesse materia (potenza) potrebbe mutare, in quanto tenderebbe a qualcosa. - Causa finale: egli è ciò a cui tendono tutti gli esseri viventi e li muove, nel senso che li attrae a sé. Aristotele afferma che il motore immobile muove come “l’oggetto d’amore muove l’amante”. - Ha vita razionale: Aristotele dice che la vita è indice di perfezione, infatti ciò che vive è più perfetto di chi è morto. La vita razionale è la forma di vita più perfetta. - Pensiero di pensiero: pensa solo a sé stesso, infatti se pensasse ad altro si corromperebbe. Se amasse il mondo perderebbe perfezione. Il motore immobile è un blocco chiuso in sé stesso. - Immobile: se si muovesse, muterebbe la sua perfezione. Il motore primo non partecipa del movimento di cui è causa: infatti se il primo motore fosse a sua volta mosso, sarebbe necessario ricercare un motore più originario. La Fisica La fisica si occupa dello studio del mondo sensibile, caratterizzato dal divenire. Nella fisica il motore immobile rappresenta il fondamento di tutte le forme di divenire che si trovano nel mondo dell’esistenza. La fisica rappresenta la metafisica del mondo sensibile e mira a cogliere le qualità e le essenze del sensibile. La fisica è qualitativa e non quantitativa. Aristotele suddivide il divenire del mondo dell’esperienza in quattro forme: - mutamenti secondo la sostanza, cioè di generazione e di corruzione. - mutamenti secondo la quantità, cioè di accrescimento e diminuzione. - mutamenti secondo la qualità, cioè di alterazione. - mutamenti di traslazione, cioè il movimento locale e il movimento nello spazio. Le facoltà dell’anima Aristotele individua nell’anima il principio vitale di ogni organismo. La definizione più generale dell’anima, valida per tutti gli organismi vegetali e animali è quella di ”forma” o ”atto”. Anima e corpo costituiscono l’unità inscindibile dell’organismo vivente. L’uomo non è più un essere diviso da due dimensioni sempre in lotta tra di loro, in quanto anima e corpo convivono perfettamente. Per Aristotele non esiste qualcosa come l’anima in genere, ma esistono specifiche facoltà dell’anima, corrispondenti alle diverse funzioni degli organismi. Aristotele individua tre facoltà dell’anima: - nutritiva: propria di tutti gli esseri viventi in grado di nutrirsi e di riprodursi. In queste due funzioni si esaurisce la vita dei vegetali. - sensitivo-motoria: gli organismi superiori sono dotati anche sensi più o meno sviluppati, propri della facoltà sensitiva. - intellettiva e razionale: l’uomo detiene in esclusiva la facoltà razionale. Aristotele articola la facoltà razionale distinguendovi un intelletto passivo ed un intelletto attivo (luce). L’intelletto passivo è pura potenzialità di apprendere gli intelligibili. L’intelletto attivo è conoscenza in atto di tutti gli intelligibili, che agisce sull’intelletto in potenza “illuminandolo” e determinandolo ad attuarsi nelle conoscenza. Per Aristotele la conoscenza coincide con l’astrazione. Sulle immagini prodotte dall’immaginazione opera la ragione, cogliendo per astrazione la forma (l’essenza) universale e intelligibile che conviene a tutti i membri del genere a cui appartengono. Spazio Per Aristotele lo spazio si identifica con l’insieme dei luoghi propri dei corpi. In particolare, per luogo intende la superficie che abbraccia o contiene un corpo. Da questa visione dello spazio come “luogo di qualcosa” deriva innanzitutto l’impossibilità del vuoto (luogo dove non c’è nulla), sia tra oggetto ed oggetto, sia del vuoto che “ospiterebbe l’universo. Infatti, dal punto di vista aristotelico se ha senso chiedere dove si trovi un oggetto , non ha senso chiedere dove si trova il mondo. In altre parole, tutte le cose sono nello spazio ma non l’universo, esso è infatti ciò che tutto contiene. Tempo Il tempo si definisce in relazione al concetto di divenire, poiché in un ipotetico universo di entità immobili la dimensione tempo non esisterebbe. Aristotele osserva che il tempo non è il mutamento delle cose, bensì la misura del loro divenire,il numero del movimento secondo prima e poi. Noi percepiamo il passare del tempo solo se percepiamo qualcosa che muta, ad es. mentre dormiamo, se sogniamo percepiamo il tempo che passa. Il tempo ha due aspetti: - oggettivo : il movimento per il quale appunto esiste il tempo - soggettivo : il tempo può essere percepito in maniera diversa da persona a persona, per qualcuno può passare più velocemente per qualcun altro lentamente.