Massimizzazione del profitto Appunti

Massimizzazione del profitto
Appunti - Bozza
Indice
1 Premessa
2 Massimizzazione del profitto
2.1 Introduzione . . . . . . . . .
2.2 Il costo . . . . . . . . . . . .
2.3 Il ricavo . . . . . . . . . . .
2.4 Il profitto (o guadagno) . . .
2.4.1 Primo metodo . . . .
2.4.2 Secondo metodo . . .
1
1
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1
2
4
7
8
12
Premessa
Gli appunti che seguono sono una bozza. Non vogliono sostituire il testo, ma solo raccogliere in maniera organica e compatta le principali formule e nozioni riguardanti le
funzioni costo, ricavo e profitto, e le applicazioni delle derivate al calcolo della massimizzazione del profitto.
In caso di (possibili) discordanze con quanto scritto sul libro di testo, ciò può essere
dovuto ad errori di stampa (di questi appunti); il riferimento fondamentale è il libro
di testo!
2
2.1
Massimizzazione del profitto
Introduzione
La quantità prodotta di un certo bene sarà indicata con q (con q ≥ 0). Il
prezzo unitario di tale prodotto sarà indicato con p (con p ≥ 0).
Esempio 1 Una pizzeria produce 500 pizze al giorno, e le vende a 3, 50 euro
ciascuna. Pertanto: p = 3, 50 euro, q = 500 pizze.
1
2.2
Il costo
Un’impresa produce una quantità q di un certo bene. Essa deve sopportare
dei costi di due tipi:
• costi che non dipendono dalla quantità q di bene prodotto (per esempio: spese per gli stipendi dei dipendenti stabili, spese di affitto dei
locali, quote di ammortamento degli impianti, ...; sino ad un certo
punto tali costi non aumentano ma quando è necessario introdurre un
nuovo impianto o assumere un nuovo dipendente, o prendere in affitto
un nuovo magazzino, i costi fissi aumentano di una quantità fissa presentando un tipico andamento a gradino); tali costi sono detti costi
fissi, e li indicheremo con Cf ;
• costi che aumentano con l’aumentare della quantità q di bene prodotto
(per esempio: costo delle materie prime, consumo di corrente, ...); tali
costi sono detti costi variabili, e li indicheremo con Cv (q);.
Definizione 1 Si chiama costo totale la somma dei costi fissi e dei costi
variabili, e si indica con C(q):
C(q) = Cf + Cv (q) ;
ovviamente, il costo totale, dipende dalla quantità q.
Definizione 2 Si chiama costo medio il rapporto tra costo totale C(q) e
la quantità q di prodotto, e si indica con Cm (q):
Cm (q) =
C(q)
;
q
il costo medio, dipende generalmente dalla quantità q.
Il costo medio rappresenta quindi il costo di una unità del bene prodotto.
Inoltre, poiché
Cm (q) =
C(q)
Cf + Cv (q)
Cf
Cv (q)
=
=
+
,
q
q
q
q
generalmente, all’aumentare delle quantità prodotte, si abbattono (in media)
Cf
costi fissi (
diminuisce all’aumentare di q).
q
Esempio 2 Sia C(q) = q 2 + 1; in tal caso Cf = 1 e Cv (q) = q 2 . Se q = 10
o q = 100, si ottengono i seguenti valori:
2
q
10
100
Cf
1
1
Cv (q)
100
10000
C(q)
101
10001
Cm (q)
101
= 10, 1
10
10001
= 100, 01
100
Cf medio
1
= 0, 1
10
1
= 0, 01
100
Con l’aumentare delle quantità prodotte da 10 a 100, si abbatte il costo
fisso (in media) da 0, 1 a 0, 01.
Dato un qualunque punto A del grafico della funzione che rappresenta il
costo totale C(q), il valore del costo medio è dato dal coefficiente angolare
ella retta OA, dove O è l’origine degli assi (ricordare la determinazione del
coefficiente angolare di una retta1 ).
——————– Inserire grafico ———————–
Definizione 3 Si chiama costo marginale la derivata prima del costo totale C(q), e si indica con C 0 (q):
C 0 (q) = D(C(q)) ;
il costo marginale, dipende generalmente dalla quantità q.
Inoltre, poiché
C 0 (q) = D(C(q)) = D(Cf + Cv (q)) = D(Cf ) + D(Cv (q)) = D(Cv (q)),
1
quindi, il valore del costo medio è legato alla pendenza della retta OA.
3
il costo marginale non dipende dal costo fisso (poiché la derivata di una
costante è nulla, allora D(Cf ) = 0).
Dato un qualunque punto A del grafico della funzione che rappresenta il
costo marginale C 0 (q), il valore del costo marginale è dato dal coefficiente
angolare della retta tangente alla funzione nel punto A (ricordare la determinazione del coefficiente angolare di una retta2 ).
——————– Inserire grafico ———————–
Il costo marginale C 0 (q) rappresenta la variazione del costo totale C(q)
che si verifica in seguito ad una variazione (infinitesima) della quantità q
prodotta. In termini più semplici, il costo marginale rappresenta l’incremento
del costo totale legato all’incremento di una unità del bene prodotto, e
fornisce informazioni su come aumenta il costo totale in conseguenza di un
incremento unitario della quantità prodotta.
2.3
Il ricavo
Un’impresa produce una quantità q di un certo bene, che vende ad un prezzo
unitario p.
Il prezzo unitario di vendita p può essere determinato da un’opportuna
combinazione di due condizioni di mercato:
• monopolio: il produttore ha un potere di mercato tale da consentirgli
di determinare i prezzi in base alla propria produzione. In tal caso il
prezzo di vendita p dipende dalla quantità q di bene prodotto (per cui,
in realtà, dobbiamo scrivere p(q) in luogo di p).
• concorrenza perfetta: il produttore non ha un potere di mercato,
ed i prezzi sono determinati dalle leggi di mercato della domanda e
dell’offerta. In tal caso il prezzo di vendita p non dipende dalla quantità
q di bene prodotto.
Definizione 4 Si chiama ricavo totale il prodotto tra il prezzo unitario di
vendita p, e la quantità di bene venduto3 q, e si indica con R(q):
• in condizione di monopolio:
R(q) = p(q) · q ;
2
3
quindi, il valore del costo marginale è legato alla pendenza della retta tangente in A.
supporremo che le quantità prodotte e le quantità vendute coincidano.
4
• in condizione di concorrenza perfetta:
R(q) = p · q ;
ovviamente, il ricavo totale, dipende dalla quantità q, in entrambi i casi.
Esempio 3 Sempre la stessa pizzeria di cui si è già detto, che produce le
500 pizze al giorno, e le vende a 3, 50 euro ciascuna. Poiché p = 3, 50 euro,
q = 500, si avrà R = 1750 euro.
Definizione 5 Si chiama ricavo medio il rapporto tra il ricavo totale R(q)
e la quantità q stessa di prodotto, e si indica con Rm (q):
Rm (q) =
R(q)
;
q
il ricavo medio, come vedremo, dipende dalla quantità q solo in caso di
monopolio.
Inoltre, si ha:
• in condizione di monopolio:
Rm (q) =
p(q) · q
= p(q),
q
cioè
Rm (q) = p(q);
• in condizione di concorrenza perfetta:
Rm (q) =
p·q
= p,
q
cioè
Rm = p,
quindi, in concorrenza perfetta, Rm non dipende da q.
Il ricavo medio rappresenta il ricavo di una unità del bene venduto; in
pratica, come si vede dalle formule, e come era facilmente intuibile, rappresennta il prezzo unitario di quel bene.
Dato un qualunque punto A del grafico della funzione che rappresenta il
ricavo totale R(q), il valore del ricavo medio è dato dal coefficiente angolare
5
della retta OA, dove O è l’origine degli assi (ricordare la determinazione del
coefficiente angolare di una retta4 ).
——————– Inserire grafico ———————–
Definizione 6 Si chiama ricavo marginale la derivata prima del ricavo
totale R(q), e si indica con R0 (q):
R0 (q) = D(R(q)) ;
il ricavo marginale, dipende dalla quantità q, solo in caso di monopolio.
Inoltre,
• in condizione di monopolio:
R0 (q) = D(p(q) · q) = D(p(q)) · q + p(q) · D(q) = p0 (q) · q + p(q),
cioè
R0 (q) = p0 (q) · q + p(q).
5
• in condizione di concorrenza perfetta:
R0 (q) = D(p · q) = D(p) · q + p · D(q) = p,
cioè
R0 (q) = p.
Dato un qualunque punto A del grafico della funzione che rappresenta il
ricavo marginale R0 (q), il valore del ricavo marginale è dato dal coefficiente
angolare ella retta tangente alla funzione nel punto A (ricordare la determinazione del coefficiente angolare di una retta6 ).
——————– Inserire grafico ———————–
Il ricavo marginale R0 (q) rappresenta la variazione del ricavo totale R(q)
che si verifica in seguito ad una variazione (infinitesima) della quantità q venduta. In termini più semplici, il ricavo marginale rappresenta la variazione
4
quindi, il valore del ricavo medio è legato alla pendenza della retta OA.
Si noti che p0 (q) < 0, perché il prezzo unitario diminuisce con l’aumentare della produzione; inoltre q > 0, perché rappresenta quantità di beni prodotte. Pertanto: p0 (q)·q < 0
.
6
quindi, il valore del ricavo marginale è legato alla pendenza della retta tangente in A.
5
6
del ricavo totale legato all’incremento di una unità del bene venduto, e
fornisce informazioni su come aumenta il ricavo totale in conseguenza di un
incremento unitario della quantità venduta. In condizioni di concorrenza perfetta, la variazione del ricavo totale dovuta all’incremento unitario di quantità
venduta, è pari al prezzo unitario.
Confrontando ricavi marginali e ricavi medi, si ha:
• in condizione di monopolio:
R0 (q) = p0 (q) · q + p(q) < p(q) = Rm (q),
(si rammenti che p0 (q) · q < 0), quindi:
R0 (q) < Rm (q).
• in condizione di concorrenza perfetta:
R0 (q) = p = Rm (q),
quindi:
R0 (q) = Rm (q).
2.4
Il profitto (o guadagno)
Definizione 7 Si chiama profitto totale (o guadagno totale) la differenza tra il ricavo totale ed il costo totale, e si indica con Π(q):
Π(q) = R(q) − C(q) ;
ovviamente, il ricavo totale, dipende dalla quantità q.
Esempio 4 ... (nella prossima versione) ...
L’obiettivo di ogni impresa non è quello di minimizzare i costi (si potrebbe
tollerare un incremento dei costi, se compensato da un adeguato aumento
dei ricavi), o di massimizzare i ricavi (che potrebbero essere dovuti ad un
aumento non tollerabile di costi); l’obiettivo di ogni impresa è di massimizzare
i guadagni (profitti). Quindi vogliamo capire quali sono le condizioni che ci
consentono di massimizzare la funzione profitto Π(q). Per fare ciò, si può
operare in due modi.
7
2.4.1
Primo metodo
Le funzioni Π(q) che incontreremo, saranno generalmente dei polinomi, per
cui ci soffermeremo su quel tipo di funzioni.
I massimi della funzione Π(q) si trovano per quei valori della variabile q
che soddisfano alla condizione Π0 (q) = 0 (la retta tangente alla curva in quei
punti (q; Π(q)) è orizzontale, e quindi il coefficiente angolare di tale retta è
pari a zero7 ) e8 Π00 (q) < 0.
Ora, poiché
Π0 (q) = R0 (q) − C 0 (q),
allora Π0 (q) = 0 implica
R0 (q) = C 0 (q) ;
inoltre, poiché
Π00 (q) = R00 (q) − C 00 (q),
allora Π00 (q) < 0 implica
R00 (q) < C 00 (q) .
In particolare si ha:
• in condizione di monopolio9 :
R0 (q) = C 0 (q)
R00 (q) < C 00 (q).
• in condizione di concorrenza perfetta10 :
C 0 (q) = p
C 00 (q) > 0.
Il ricavo marginale ed il costo marginale rappresentano rispettivamente
l’incremento di ricavo e l’incremento di di costo per l’impresa per ogni unità
nuova di prodotto; se il costo marginale ed il ricavo marginale si uguagliano,
l’aggravio di costi e l’incremento di ricavi che genera un nuovo prodotto,
si compensano e danno un incremento di profitto pari a zero. Quindi il
massimo profitto si trova in corrispondenza di un incremento dei profitti
nullo (il valore è massimo - o minimo - quando la variabile non può più
aumentare - o diminuire -).
7
Richiamo al significato geometrico della derivata; in particolare, al legame tra derivata
prima e crescita di una funzione.
8
Richiamo al legame tra derivata seconda e concavità di una funzione.
9
in realtà, queste condizioni vanno bene anche per il caso di concorrenza perfetta.
10
ricordiamo che, in tal caso, R0 = p e R00 (q) = D(R0 (q)) = D(p) = 0
8
Esercizio 1 Sia
p(q) = 100 − 2q
il prezzo unitario di un bene, e
C(q) = 50 + 40q
il costo totale.
Nota: siccome p è funzione di q, ci troviamo in condizione di monopolio.
Nota: si osserva subito che Cf = 50 e Cv (q) = 40q.
Quale è la quantità q che rende massimo il profitto?
Siccome Π(q) = R(q) − C(q), dobbiamo innanzitutto ricavare R(q).
R(q) = p(q) · q = (100 − 2q)q = 100q − 2q 2 .
La funzione profitto è:
Π(q) = 100q − 2q 2 − (50 + 40q) = 100q − 2q 2 − 50 − 40q = −2q 2 + 60q − 50
Dobbiamo valutare per quale valore di q si possono avere dei massimi. Pertanto imponiamo:
R0 (q) = C 0 (q),
cioè, poiché
R0 (q) = D(100q − 2q 2 ) = 100 − 4q,
e
C 0 (q) = D(50 + 40q) = 40,
si ha:
100 − 4q = 40;
quest’ultima, è un’equazione di primo grado in q, ed ha per soluzione
q = 15.
Ma non sappiamo se tale valore di q rappresenti un massimo. A tal fine si
deve verificare
R00 (q) < C 00 (q);
poiché
R00 (q) = D(R0 (q)) = D(100 − 4q) = −4,
e
C 00 (q) = D(C 0 (q)) = D(40) = 0,
si ha:
−4 < 0.
9
Poiché tale relazione è verificata, allora q = 15 rappresenta il valore che
massimizza la funzione profitto.
Quanto vale il massimo di Π(q)? Basta valutare Π(15) :
Π(qmax ) = Π(15) = −2(15)2 + 60(15) − 50 = −2(225) + 60(15) − 50 =
= −450 + 900 − 50 = 400
Esercizio 2 Sia
p(q) = 132 − 3q
il prezzo unitario di un bene, e
C(q) = 2q 3 − 51q 2 + 300q + 540
il costo totale.
Nota: siccome p è funzione di q, ci troviamo in condizione di monopolio.
Nota: si osserva subito che Cf = 540 e Cv (q) = 2q 3 − 51q 2 + 300q.
Quale è la quantità q che rende massimo il profitto?
Siccome Π(q) = R(q) − C(q), dobbiamo innanzitutto ricavare R(q).
R(q) = p(q) · q = (132 − 3q)q = 132q − 3q 2 .
La funzione profitto è:
Π(q) = 132q − 3q 2 − (2q 3 − 51q 2 + 300q + 540) =
= 132q − 3q 2 − 2q 3 + 51q 2 − 300q − 540 = −2q 3 + 48q 2 − 168q − 540.
Dobbiamo valutare per quale valore di q si possono avere dei massimi. Pertanto imponiamo:
R0 (q) = C 0 (q),
cioè, poiché
R0 (q) = D(132q − 3q 2 ) = 132 − 6q,
e
C 0 (q) = D(2q 3 − 51q 2 + 300q + 540) = 6q 2 − 102q + 300,
si ha:
132 − 6q = 6q 2 − 102q + 300;
quest’ultima, è un’equazione di secondo grado in q,
6q 2 − 96q + 168 = 0.
10
Le soluzioni sono: q1 = 2 e q2 = 14. Ma non sappiamo se tali valore di q
rappresentino massimi. A tal fine si deve verificare
R00 (q) < C 00 (q)
per ciascuno dei due valori q1 e q2 .
Poiché
R00 (q) = D(R0 (q)) = D(132 − 6q) = −6,
e
C 00 (q) = D(C 0 (q)) = D(6q 2 − 102q + 300) = 12q − 102,
si ha:
−6 < 12q − 102.
Verifichiamola per q1 = 2:
−6 < 12(2) − 102.
−6 < −74.
Poiché tale relazione non è verificata, allora q1 = 2 rappresenta il valore
che minimizza la funzione profitto.
Verifichiamola per q2 = 14:
−6 < 12(14) − 102.
−6 < 66.
Poiché tale relazione è verificata, allora q2 = 14 rappresenta il valore che
massimizza la funzione profitto.
Quanto vale il massimo di Π(q)? Basta valutare Π(14) :
Π(qmax ) = Π(14) = −2(14)3 + 48(14)2 − 168(14) − 540 =
= −5488 + 9408 − 2352 − 540 = 1028
11
2.4.2
Secondo metodo
Il metodo, che introduciamo qui, più generale di quello già trattato.
Per determinare il massimo della funzione Π(q), si può studiare la positività della derivata prima.
Si ha un massimo quando, in un punto q̄ in cui la funzione sia definita, si
ha Π(q) crescente prima (a sinistra) di q̄, decrescente dopo (a destra di) q̄.
Pertanto, con lo studio del segno della derivata prima, si deve avere in
un punto q̄ in cui la funzione sia definita, Π0 (q) > 0 prima (a sinistra) di q̄,
e Π0 (q) < 0 dopo (a destra di) q̄.
Esercizio 3 Sia
p(q) = 100 − 2q
il prezzo unitario di un bene, e
C(q) = 50 + 40q
il costo totale.
Nota: siccome p è funzione di q, ci troviamo in condizione di monopolio.
Nota: si osserva subito che Cf = 50 e Cv (q) = 40q.
Quale è la quantità q che rende massimo il profitto?
Siccome Π(q) = R(q) − C(q), dobbiamo innanzitutto ricavare R(q).
R(q) = p(q) · q = (100 − 2q)q = 100q − 2q 2 .
La funzione profitto è:
Π(q) = 100q − 2q 2 − (50 + 40q) = 100q − 2q 2 − 50 − 40q = −2q 2 + 60q − 50.
Dobbiamo vedere quando la funzione profitto cresce. Pertanto calcoliamone la derivata prima, e studiamone il segno.
Π0 (q) = D(−2q 2 + 60q − 50) = −4q + 60.
• Il profitto è crescente quando Π0 (q) > 0, cioè quando
−4q + 60 > 0;
quest’ultima è una disequazione di primo grado, che ha per soluzione
q < 15;
cioè la funzione cresce se q < 15.
12
• Il profitto è decrescente quando Π0 (q) < 0, cioè quando
−4q + 60 < 0;
quest’ultima è una disequazione di primo grado, che ha per soluzione
q > 15;
cioè la funzione decresce se q > 15.
——————– Inserire grafico/tabella ———————–
Siccome Π(q) cresce per q < 15 e decresce per q > 15, allora q = 15
rapresenta un punto di massimo. Quindi q = 15 rappresenta il valore che
massimizza la funzione profitto.
Quanto vale il massimo di Π(q)? Basta valutare Π(15) :
Π(qmax ) = Π(15) = −2(15)2 + 60(15) − 50 = −2(225) + 60(15) − 50 =
= −450 + 900 − 50 = 400.
Esercizio 4 Sia
p(q) = 132 − 3q
il prezzo unitario di un bene, e
C(q) = 2q 3 − 51q 2 + 300q + 540
il costo totale.
Nota: siccome p è funzione di q, ci troviamo in condizione di monopolio.
Nota: si osserva subito che Cf = 540 e Cv (q) = 2q 3 − 51q 2 + 300q.
Quale è la quantità q che rende massimo il profitto?
Siccome Π(q) = R(q) − C(q), dobbiamo innanzitutto ricavare R(q).
R(q) = p(q) · q = (132 − 3q)q = 132q − 3q 2 .
La funzione profitto è:
Π(q) = 132q − 3q 2 − (2q 3 − 51q 2 + 300q + 540) =
= 132q − 3q 2 − 2q 3 + 51q 2 − 300q − 540 = −2q 3 + 48q 2 − 168q − 540.
Dobbiamo vedere quando la funzione profitto cresce. Pertanto calcoliamone la derivata prima, e studiamone il segno.
Π0 (q) = D(−2q 3 + 48q 2 − 168q − 540) = −6q 2 + 96q − 168.
13
• Il profitto è crescente quando Π0 (q) > 0, cioè quando
−6q 2 + 96q − 168 > 0;
quest’ultima è una disequazione di secondo grado, che ha per soluzione
2 < q < 14;
cioè la funzione cresce nell’intervallo 2 < q < 14.
• Il profitto è decrescente quando Π0 (q) < 0, cioè quando
−6q 2 + 96q − 168 > 0,
che ha per soluzione
q < 2; q > 14;
cioè la funzione decresce se q < 2; q > 14.
——————– Inserire grafico/tabella ———————–
Siccome Π(q) decresce per q < 2 e cresce per 2 < q < 14, allora q = 2
rapresenta un punto di minimo. Quindi q = 2 rappresenta un valore che
minimizza la funzione profitto.
Siccome Π(q) cresce per 2 < q < 14 e decresce per q > 14, allora q = 14
rapresenta un punto di massimo. Quindi q = 14 rappresenta un valore che
massimizza la funzione profitto.
Quanto vale il massimo di Π(q)? Basta valutare Π(14) :
Π(qmax ) = Π(14) = −2(14)3 + 48(14)2 − 168(14) − 540 =
= −5488 + 9408 − 2352 − 540 = 1028
14