BIOETICA PER GIORNALISTI INIZIO VITA La peculiarità della

BIOETICA PER GIORNALISTI
INIZIO VITA
La peculiarità della medicina ebraica è
dovuta a due fattori:
primo non fa tanto riferimento alla
religione ma alla religiosità intesa come
legame tra gli uomini in quanto carattere
antropologico trasmissibile come legame
tra libertà personale e tolleranza
interpersonale generato da una elevata
dignità dell’uomo e da una estesa
fraternità tra gli uomini come ha discusso
nel suo recente libro “La religiosità della
medicina” Giorgio Cosmacini;
secondo è ammesso lo studio della natura
attraverso la scienza ed in particolare la
scienza medica perché la conoscenza del
creato serviva a meglio conoscere e
adorare il Creatore.
Nel pensiero ebraico non esiste una
obiezione a priori contro l’uso della
tecnologia né una distinzione tra ciò che
potrebbe essere naturale o artificiale. Il
concetto stesso di natura è assente nella
Bibbia sostituito dal termine creato.
L’uomo è considerato un collaboratore
del creatore nel controllo e nel
miglioramento del creato. Il medico può
essere considerato come un
“collaboratore specializzato” al
mantenimento della salute.
Fra l’etica medica generale e quella
ebraica sussistono alcune differenze
notevoli: in particolare, l’autonomia, che
è un principio fondamentale e forse il più
importante nell’etica generale odierna, ha
un valore limitato nella concezione
ebraica. Il paziente, secondo l’ottica
ebraica, ha l’obbligo di farsi curare e di
preservare la propria vita e salute, come
altresì ha il divieto di arrecare un danno a
sé stesso. Ugualmente, il medico ha
l’obbligo di curare il paziente, al meglio
delle sue possibilità, e non può rifiutarsi di
farlo. L’autonomia è quindi limitata,
anche se il paziente ha la facoltà, in certi
ambiti, di decidere autonomamente cosa
reputi meglio per sé fra differenti opzioni
possibili. L’approccio ebraico al concetto
di autonomia può essere così sintetizzato:
l’autonomia (del paziente, del medico o di
chiunque sia coinvolto) vige fintanto che
non si rientra in un caso chiaramente
dettato dalla Halakhà, perché allora la
norma halakhica prevarrebbe. Per
esempio, una persona che abbia perso
molto sangue non può rifiutarsi di farsi
fare una trasfusione. Però, può scegliere
fra diverse terapie, qualora una cura non
sia chiaramente e obiettivamente
preferibile all’altra; può inoltre rifiutare il
proprio consenso riguardo all’uso di
terapie sperimentali; ha la facoltà, nel
caso di un paziente prossimo alla morte,
di respingere un trattamento che
prolunghi solo artificialmente la vita
aumentando la sofferenza.
Un secondo principio fondamentale della
bioetica ebraica è che l’uomo – nella sua
duplice fisionomia di maschio e femmina
– è stato creato “a immagine e
somiglianza” della Divinità (Genesi 1: 27).
Dalla somiglianza essenziale fra Dio e
l’uomo deriva il dovere per ciascuno di
noi di imitare Dio nei propri
comportamenti: come Dio, cura e assiste i
malati, sostiene i bisognosi, si prende cura
dei defunti e conforta chi è in lutto, così
gli uomini sono tenuti ad avere rispetto
dei loro simili pure dopo la loro morte.
Di seguito esporrò una sintesi della
legislazione ebraica sui principali problemi
di bioetica, seguendo il ciclo della vita dal
suo inizio alla fine.
I problemi dell’inizio della vita
La definizione di inizio della vita, come
della sua fine, comporta aspetti scientifici,
filosofici, teologici, religiosi, legali.
Dal punto di vista biologico, è ovvio che
sia la cellula uovo sia la cellula spermatica
sono esseri viventi, nel senso che
possiedono un metabolismo e – almeno
nel secondo caso – anche la capacità di
movimento autonomo. Quando l’ovulo è
fertilizzato dallo spermatozoo, si forma la
cellula zigote, che rappresenta una nuova
entità, un nuovo organismo. Il fatto che lo
zigote sia un nuovo organismo, diverso
dai suoi due componenti originari, non
implica però necessariamente che lo
zigote sia da considerarsi una “persona”.
Secondo la legislazione ebraica, la piena
capacità giuridica di persona si acquista al
momento della nascita. Prima della
nascita, i diritti del frutto del
concepimento aumentano gradualmente.
Secondo le fonti talmudiche l’embrione,
prima del 40° giorno dal concepimento,
non è ritenuto che “mera acqua”. Benché
non tutte le opinioni attribuiscano a
questa affermazione un valore legale
assoluto, in genere essa è considerata una
motivazione per facilitare, se sussistono
altre condizioni, la sperimentazione sugli
embrioni e la ricerca sulle cellule staminali
embrionali, come anche per autorizzare
l’interruzione della gravidanza quando
questa metta in pericolo la salute della
madre. Il feto è tutelato fin dal
concepimento, ma il suo diritto non
prevale su quello della madre e la sua
soppressione è proibita ma non è
considerata omicidio: in certe condizioni,
per preservare la salute fisica o psichica
della madre, può anche essere lecita.
Procreazione.
L’ordine di “prolificare e moltiplicarsi” è
ripetuto nella Torà per ben due volte,
dapprima ad Adamo ed Eva e poi alla
famiglia di Noè (Genesi 1: 28; 9: 1).
La norma è stata successivamente
discussa nel Talmud e nei codici legali e
prevede l’obbligo di avere almeno un
figlio e una figlia, in analogia con la prima
coppia umana creata da Dio. Il precetto
incombe sugli uomini ma non sulle donne:
il motivo di questa differenza, spiega
Rabbi Meir Simcha Ha-Kohen di Dvinsk è
che non si può obbligare qualcuno a
compiere un’azione che può essere
dolorosa o potenzialmente pericolosa per
la propria vita come a volte sono per la
donna la gravidanza e il parto – in passato
molto più che oggi. È bene sottolineare
comunque che, benché le donne non
abbiano il dovere, hanno però il diritto
alla maternità. La mancata soddisfazione
di questo diritto elementare può essere
un motivo legittimo per la richiesta di
divorzio.
Contraccezione.
La distinzione fra uomini e donne riguardo
all’obbligo della procreazione assume
particolare rilievo nel problema della
contraccezione. Non c’è nessuna
giustificazione per la contraccezione se
questa trae origine da motivazioni
ideologiche (rifiuto di mettere figli al
mondo), ma qualora essa sia necessaria
per salvaguardare la salute fisica o
psichica della donna, che potrebbe
ricevere un danno da un’eventuale
gravidanza, può essere consentita.
Secondo alcune opinioni la
contraccezione è anche ammessa per
distanziare una gravidanza dall’altra e per
evitare la nascita di bambini con malattie
ereditarie, potendo entrambe queste
condizioni minare la salute (fisica o
psichica) della madre. I problemi
economici e sociali, pur essendo
considerati con estrema attenzione dalla
legge ebraica, non sono giudicati, da soli,
una motivazione sufficiente per
permettere la contraccezione, ma se la
nascita di ulteriori figli (dopo almeno un
maschio e una femmina, con cui si
adempie l’obbligo della procreazione) è
potenziale fonte di dissidi all’interno della
coppia, la contraccezione può essere
presa in considerazione. Nei casi in cui la
contraccezione è ammessa, il metodo
preferito è un mezzo anticoncezionale che
sia utilizzato dalla donna, non avendo
essa l’obbligo di procreare; fra i metodi
attualmente in uso la pillola è considerata
la metodologia migliore, perché è quella
che meno interferisce con un normale
rapporto e perché previene il
concepimento, piuttosto che impedirne lo
sviluppo. Se però la donna non può, per
ragioni mediche, assumere la pillola, altri
mezzi possono essere presi in
considerazione, da valutare caso per caso.
Interruzione volontaria della gravidanza.
Il criterio della tutela della salute
materna sta anche alla base della
normativa sull’aborto. Le fonti primarie si
trovano principalmente nella Torà (Esodo
21: 22-23, riguardo a cui c’è da notare che
l’interpretazione data dalla tradizione
ebraica è diversa da quella della
traduzione greca dei Settanta, accettata
invece dalla dottrina cattolica).
In sintesi, per la legislazione ebraica
causare l’aborto è un atto illecito e
sanzionabile, perché il corpo umano non è
considerato come proprietà privata di cui
si possa disporre liberamente. Tuttavia,
l’aborto non è punibile alla stessa stregua
dell’omicidio, giacché il feto non è
considerato – come si è detto – “persona”
a tutti gli effetti. L’interruzione della
gravidanza può quindi essere giustificata
qualora il feto costituisca un pericolo
(accertato da medico competente) per la
vita della madre, la cui tutela non può mai
essere pregiudicata da quella della vita,
ancora incerta, del feto stesso. Ogni altra
situazione (malformazioni fetali,
gravidanza in seguito a violenza o incesto,
ecc.), in cui può essere presa in
considerazione la necessità dell’aborto
per tutelare la salute psichica della
madre, costituisce sempre un caso a sé
stante, da sottoporre all’esame di
un’autorità rabbinica competente, che
dovrà tenere conto di tutti i fattori
concernenti il singolo problema. Anche
per l’aborto bisogna sottolineare che i
fattori sociali ed economici, da soli, non
sono ritenuti elementi sufficienti per
consentire l’interruzione della gravidanza.
Diagnosi pre-impianto: nella cornice di
una procedura di fecondazione assistita
ammessa la diagnosi pre.impianto è
ammessa se lo scopo è quello di accertare
malattie genetiche dell’embrione.
È bene ricordare che ogni caso deve
essere giudicato singolarmente e, in caso
di dubbio, sottoposto alle autorità
rabbiniche competenti che, avvalendosi
del parere degli esperti nel campo biomedico, decideranno il comportamento
pratico da seguire.