Roberto Freschi
Corso di Anatomia funzionale
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2011- 2012
PANCREATITI ACUTE
Le malattie infiammatorie del pancreas possono essere classificate come acute e
croniche. Tra le acute, la gravità varia dalle forme lievi ed autolimitantesi delle
pancreatiti interstiziali a quelle gravi o gravissime della pancreatite necrotizzante.
L’incidenza della pancreatite acuta varia nei vari paesi del mondo, anche in relazione alle cause (alcool, calcoli, fattori metabolici e farmaci). Negli USA, si stimano
più di 200.000 nuovi casi di pancreatite l’anno.
La causa più comune di pancreatite acuta è rappresentata dalle malattie delle vie
biliari ed, in particolare, dalla calcolosi della colecisti e del coledoco.
In questi casi, il passa!io di un calcolo nel duodeno porta ad un aumento de"a pressione nelle vie biliari, con conseguente passa!io di bile nel dotto di Wirsung ed una forte reazione
infiammatoria.
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Altre cause di pancreatite acuta sono:
• Alcool: è la seconda ma!ior causa, responsabile del 15- 30% dei casi in USA, anche se
non se ne conoscono i meccanismi (la incredibilmente bassa incidenza di pancreatite acuta
negli alcoolisti cronici rende necessaria la compresenza di altri fattori, ad o!i non identificati).
• Interventi chirurgici a carico di organi vicini al pancreas (ad esempio: stomaco, duodeno, vie biliari). Possiamo considerare, in questo paragrafo, anche l’ERCP
(Colangio-Pancreatografia- Retrograda- Endoscopica), non solo in relazione a'a correttezza de'e procedure (anche nei casi di massimo rispetto di ogni norma profilattica, la pancreatite complica comunque il 5- 20% degli esami).
• Ipertrigliceridemia: è causa di pancreatite acuta in circa il 4% dei casi. Si
tratta di pazienti già affetti da qualche turba del metabolismo lipidico: la malattia del pancreas sarebbe la conseguenza di un brusco, ulteriore aumento, comunque motivato (alcool, farmaci) dei trigliceridi.
• Farmaci: azatioprina, diuretici tiazidici, estrogeni, tetracicline, cortisonici.
• Malattie del duodeno: diverticoli, tumori duodenali o della papilla, possono
ostacolare il deflusso del succo pancreatico dal dotto di Wirsung.
• Iperparatiroidismo (e con esso tutti i casi di ipercalcemia): l’eccesso di calcio
favorisce, nel pancreas, l’attivazione degli enzimi, con conseguente aggressione
del pancreas stesso.
• Idiopatica: senza cause riconoscibili (25% dei casi).
Si presume che la malattia esprima un meccanismo di tipo autodigestione. Gli
enzimi proteolitici (tripsinogeno, chimotripsinogeno, proelastasi) e lipolitici (fosfolipasi)
vengono attivati all’interno del pancreas, invece che nel lume intestinale.
Sono molti i fattori (tossine, virus, ischemia, calcio, traumatismi diretti) accreditati de'a
capacità di facilitare l’attivazione del tripsinogeno in tripsina. La tripsina, a sua volta, è in
grado di attivare altri enzimi (come elastasi e fosfolipasi), oltre che di ‘digerire’ il tessuto
pancreatico e peripancreatico.
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L’attivazione degli enzimi pancreatici porta dunque alla morte (necrosi) delle cellule pancreatiche, con edema e -spesso- emorragie.
La morte cellulare e la liquefazione del tessuto pancreatico portano alla formazione di cavità (pseudocisti), che possono infettarsi, formando ascessi.
Sintomi
Il sintomo principale della pacreatite acuta è rappresentato dal dolore addominale.
Può variare in intensità, manifestandosi -nella stragrande maggioranza dei casicome severo, persistente ed invalidante.
E’ un dolore ‘a pugnalata’, raggiunge il massimo progressivamente, resta intenso
per lungo tempo e diminuisce gradualmente nell’arco di giorni o settimane.
E’ diffuso a tutto l’addome (inizialmente nei quadranti superiori e nella regione
periombelicale), spesso irradiato posteriormente.
Il movimento e la respirazione, come la posizione supina, lo esacerbano, mentre
un qualche sollievo lo da la posizione seduta o la flessione del busto a ginocchia
piegate.
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Sono frequenti, accanto al dolore, la nausea, il vomito e la tensione addominale (conseguente alla ridotta mobilità gastrica ed intestinale ed alla presenza di
una peritonite chimica).
Nei primi giorni, particolarmente, si può sviluppare febbre elevata ed uno stato
di shock (con abbassamento della pressione ed aumento della frequenza cardiaca).
Lo shock può derivare da!a perdita di liquidi (sangue e plasma) ne!o spazio retroperitoneale, da!a vasodilatazione e da!’aumentata permeabilità vasale causata dal rilascio di peptidi
ad azione vasomotoria, oltre che dagli effetti sistemici degli enzimi (proteolitici e lipolitici)
immessi in circolo.
Segni per fortuna rari, ma -quando presenti- testimonianza quasi certa della presenza di una grave pancreatite necrotizzante, sono:
• Segno di Cu!en: sorta di ecchimosi attorno a!’ombelico (espressione del versamento di
sangue in peritoneo).
• Segno di Grey-Turner: colorazione bluastra (ma anche marrone-rossiccia) dei fianchi
(espressione del catabolismo tissutale de!’emoglobina travasata).
Talora si può avere ittero.
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Diagnosi
Orientano solitamente verso la diagnosi di pancreatite acuta valori elevati (fino a
3 volte) di amilasemia e lipasemia (se si sono esclusi una perforazione intestinale, un’ischemia od un infarto mesenterici).
Non sembrano esistere correlazioni tra i live!i di amilasi e lipasi e la gravità del quadro
clinico: tali valori, infatti, tendono a normalizzarsi dopo 3-7 giorni, pur con ogni evidenza di
malattia in atto.
Importante rammentare che l’aumento de!e amilasi può avere altre cause. Tra queste, l’acidosi (pH acido del sangue arterioso), %equente ad esempio nel diabete (chetoacidosi).
Leucocitosi: di frequente riscontro valori tra 15 e 20.000.
Iperglicemia: è comune ed è conseguente al minor rilascio di insulina ed al parallelo maggior rilascio di glucagone.
Ipocalcemia: si trova nel 25% dei pazienti, senza che se ne sia spiegata convincentemente la ragione.
Vi possono poi essere aumento della bilirubina, delle transaminasi e dei trigliceridi.
Una TAC -meglio se ripetuta nei giorni successivi all’esordio- può essere determinante nel determinare l’evoluzione della malattia, soprattutto in caso di evoluzione necrotica.
La TAC, ne!a prima de!e figure seguenti, dimostra un pancreas molto ingrandito, specie in
testa e corpo, non omogeneo e con margini mal definiti.
Ne!a seconda figura presenza di due pseudocisti nel corpo e ne!a coda del pancreas postpancreatite necrotica acuta.
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Diagnosi differenziale
Solo per dare un’idea della complessità diagnostica di una pancreatite acuta, riportiamo schematicamente alcune delle principali alternative diagnostiche:
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Perforazioni di visceri, principalmente dello stomaco.
Colecistiti acute e coliche biliari.
Occlusione intestinale acuta.
Trombosi mesenterica.
Colica renale.
Infarto miocardico.
Aneurisma dissecante dell’aorta addominale.
Polmonite.
Chetoacidosi diabetica.
eccetera
Decorso
Il decorso della pancreatite acuta è definito da 2 fasi:
1. Una prima fase, della durata di 1-2 settimane, in cui la gravità è definita da parametri essenzialmente clinici: il più importante è certo una insufficienza funzionale dell’organo che superi le 48 ore (che rappresenta, tra l’altro, la più frequente causa di morte.
2. Una seconda fase, in cui la gravità è definita da parametri clinici, ma anche
morfologici: di massimo interesse l’eventuale rilievo (TAC) di una evoluzione
necrotizzante.
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Va comunque osservato che la pancreatite necrotizzante non è comune, rappresentando
solo il 10% di tutte le pancreatiti acute.
Le restanti sono pancreatiti interstiziali, che possono comportare l’insufficienza d’organo
(10%) e, con essa, la morte (3%).
La grande maggioranza dei pazienti con p. interstiziale non complicata non ha
insufficienza d’organo (o l’ha solo temporaneamente), ben rispondendo alla terapia di supporto, che rimane il punto fermo di trattamento: analgesici, idratazione
per via endovenosa e -quando possibile- dieta povera di grassi.
Più complessa la terapia delle forme necrotizzanti, che può contemplare anche la
resezione chirurgica di parte del pancreas.
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Pancreatite cronica
E’ un processo infiammatorio che si protrae nel tempo e che porta alla formazione di cicatrici (fibrosi) ed all’atrofia dell’organo, con tendenza all’evoluzione progressiva, anche se la causa originaria viene eliminata.
L’ alcool ha un’azione tossica diretta sul pancreas.
I pazienti con pancreatite alcool-correlata sono di solito consumatori di ingenti
quantità di alcool; la pancreatite cronica può essere compatibile con il consumo
di quantità ‘socialmente accettabili’ di alcool (minori od uguali a 50 g./die) prolungato nel tempo.
Esiste poi una stretta correlazione tra fumo di sigaretta e pancreatite cronica: il
fumo aumenta la possibilità di auto-digestione del pancreas. E’ sempre più chiaro
che il fumo di sigaretta è un fattore di rischio, indipendente e dose-dipendente, sia per la p.
cronica che per que"a acuta ricorrente. E’ chiaramente associato a"a progressione di malattia ne"e forme croniche idiopatiche ed in que"e alcooliche.
L’alcool od altri stimoli tossici portano alla distruzione delle cellule di collagene
che normalmente intervengono nel rimodellare le zone lese, rendendone irreversibile il danno (ne"a figura, la progressione del danno, da"’alto in basso in pancreatografia
endoscopica).
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Se l’alcoolismo è la causa più comune di p. cronica nell’adulto, la più frequente
nei bambini è certamente la fibrosi cistica*.
In una percentuale che si avvicina al 25% dei casi, non si riconosce una causa (p.
cronica idiopatica): studi recenti hanno identificato nel 15% di questi pazienti dei difetti
genetici a carico del gene che codifica il tripsinogeno.
E’ pure presente una causa autoimmune, cui si tende a riconoscere una posizione autonoma nelle malattie (rare) del pancreas: la caratterizzano sintomi più lievi,
una presentazione con ittero ostruttivo, un diffuso rammollimento ed ingrossamento del pancreas (specie a livello della testa, comportando la diagnosi differenziale con il carcinoma), un diffuso restringimento irregolare del dotto pancreatico, l’associazione con altre malattie autoimmuni e la risposta al cortisone.
Sintomi
I pazienti con p.cronica si rivolgono al medico essenzialmente per due sintomi:
1. Dolore addominale: molto variabile sia per sede che per intensità e durata.
Può essere costante od intermittente, con intervalli liberi frequenti. E’ spesso
aumentato dal cibo, portando ad una paura di alimentarsi che condiziona severo calo di peso corporeo. Spesso lo accompagnano nausea e vomito.
2. Malassorbimento e calo ponderale: reso evidente da una diarrea cronica con
steatorrea. E’ sintomo frequente ma non necessariamente presente. Nonostante la steatorrea, i segni clinici rapportabili ad un deficit di vitamine liposolubili ** sono sorprendentemente pochi.Con il progredire de"a malattia, il numero
di ce"ule pancreatiche in grado di produrre gli enzimi digestivi diminuisce costantemente: a live"o duodenale, la mancanza di questi enzimi causa una maldigestione dei grassi
e de"e proteine; la distruzione de"e isole pancreatiche riduce la secrezione di insulina e
altera la to"eranza al glucosio, con &equente insorgenza di diabete me"ito.
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I pazienti con pancreatite cronica hanno sia morbidità (rischio di ammalare) che
mortalità significativamente aumentate.
Tuttavia, in questi pazienti, i segni fisici rilevabili alla visita sono assai modesti e
quello che colpisce solitamente è la disparità tra l’intensità del dolore addominale
ed i segni fisici appunto (una modesta dolorabilità) che lo accompagnano.
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* Fibrosi cistica: detta anche mucoviscidosi, è una malattia genetica (la più diffusa di tutte; in
Italia 1 bambino malato ogni 3000- 3500 nati vivi), il cui difetto di base consiste nella produzione di una proteina alterata (chiamata CFTR). Questa proteina provoca una anomalia nelle
secrezioni esocrine dell’organismo, con il risultato di una abnorme produzione delle stesse,
che sono dense e viscose. La presenza di queste secrezioni anormali determina un danno progressivo di tutti gli organi coinvolti (più frequentemente colpiti sono i polmoni e l’apparato
digerente. La diagnosi si fa con il test del sudore (il contenuto di cloro nel sudore di questi malati è particolarmente elevato). Attualmente non si può guarire, ma -con le cure adatte (controllo delle infezioni polmonari, mantenimento di un adeguato livello nutrizionale e di una
funzionalità polmonare adeguata, in particolare attraverso la fisioterapia respiratoria)- l’età
media di sopravvivenza, di 30 anni, aumenta di anno in anno.
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** Vitamine liposolubili: a differenza delle idrosolubili (B, C, H), possono essere accumulate
nell’organismo, soprattutto nel fegato e nei tessuti adiposi. Sono liposolubili le vitamine A, D,
E, K, F. Svolgono numerose funzioni, tra cui la difesa del sistema immunitario, la protezione
dagli agenti ossidanti, la sintesi e l’accrescimento dei tessuti, oltre a funzioni bioregolatrici e
metaboliche.
Diagnosi
A differenza di quanto avviene nella pancreatite acuta, non sono particolarmente
elevate sia l’amilasi che la lipasi.
L’ aumento di bilirubina e fosfatasi alcalina testimonia di una stasi biliare, secondaria al restringimento delle vie biliari comuni causato dall’infiammazione.
Molti pazienti hanno una ridotta tolleranza al glucosio (od un diabete vero e proprio), per la distruzione delle isole di Langherans.
Il test diagnostico più sensibile e specifico è quello di stimolazione ormonale
con secretina *.
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*:La secretina è il primo ormone scoperto dall’uomo (1902). E’ prodotto dalle cellule duodenali ed il suo rilascio è stimolato dalla discesa del pH gastrico, quindi dall’aumentata acidità del
suo contenuto. Agisce primariamente sul pancreas, stimolandolo a secernere un succo pancreatico ricco di bicarbonato (neutralizzando l’acidità del chimo gastrico, protegge la mucosa duodenale ed assicura condizioni ottimali per l’attività degli enzimi digestivi (che lavorano meglio
con pH leggermente basici).
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Per eseguire un test a!a secretina, viene posizionata, sotto fluoroscopia, una sonda a con dei
fori per aspirazione nel duodeno, alive!o de!o sbocco del dotto pancreatico. Si somministra
secretina per via endovenosa e si esegue successivamente una raccolta di aspirato duodenale.
Tale aspirato viene analizzato per i bicarbonati. Se la loro concentrazione è inferiore a 70
mEq/l ed il volume de!a secrezione inferiore a 2 ml/Kg di peso corporeo, è da ritenersi
anormale.
Il test si altera quando la malattia ha comportato la perdita di almeno il 60% della funzione esocrina del pancreas (la qual cosa correla abbastanza bene con le
condizioni di comparsa del dolore addominale).
Fortemente evocatore di una pancreatite cronica anche il livello di elastasi fecale *, se inferiore a 100 microgrammi per grammo di feci. Questo test ha il vanta"io
de!a semplicità, de!a non-invasività, de!’alta sensibilità e specificità, de!a scarsa variabilità.
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* Elastasi: è un enzima, prodotto dal pancreas, che ha la proprietà di scindere l’elastina. Interviene nei processi digestivi, con la funzione di favorire la digestione di alcuni alimenti come il
collagene (la principale proteina del tessuto connettivo).
Spesso si ha la formazione di calcificazioni all’interno del pancreas, che si possono evidenziare con un esame radiologico dell’addome in bianco (cioè senza
mezzo di contrasto).
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Altre tecniche radiologiche utili nella diagnosi sono l’ ecografia, la TAC e la Risonanza Magnetica, tutti con metodiche ed attenzioni particolari.
Complicanze
Le complicanze sono molteplici, ma non così frequenti quanto ci si potrebbe attendere. Quando presenti, però, possono richiedere un trattamento chirurgico o
endoscopico.
• Dolore cronico o ricorrente: poco responsivo agli antidolorifici, che condiziona la qualità della vita e, spesso, dipendenza dai narcotici.
• Compressione sul coledoco (ostruzione biliare, ittero) o sul duodeno
(ostruzione al passaggio del cibo, vomito).
• Pseudocisti: soprattutto nella p. cronica da alcool, ammassi proteici ostruiscono i dotti pancreatici, provocando la loro dilatazione, con la formazione di
pseudocisti. Possono infettarsi, rompersi, causare emorragie secondarie, rivelandosi letali.
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Pseudocisti (indicata con la C) alla TAC
• Carcinoma: il rischio cumulativo di una degenarazione neoplastica è del 4%
20 anni dopo la diagnosi di una pancreatite calcifica cronica.
TERAPIA
Si basa sul controllo del dolore con analgesici, sull’eliminazione dell’alcool e dell’eccesso di grassi nell’alimentazione. Per la cura del malassorbimento, si somministrano ad ogni pasto estratti pancreatici. Viene impiegata anche la terapia chirurgica, con l’asportazione di parte del pancreas.
Il 50% dei pazienti affetti da pancreatite cronica dovranno, prima o poi, essere sottoposti ad
intervento chirurgico.
La chirurgia è necessaria se:
1. Il paziente non riesce più a gestire il dolore con la terapia medica.
2. L’infiammazione cronica del pancreas ha coinvolto anche gli organi circostanti (es. duodeno
e coledoco), compromettendone la funzione.
3. Sospetto di trasformazione maligna.
4. Presenza di pseudocisti: sono piene di secrezione pancreatica e se di grosso volume possono
dare sintomi.
Esistono 2 tipi diversi di interventi: resettivi e di drenaggio.
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La scelta è condizionata dalle caratteristiche della pancreatite. Se ci si decide per un intervento
di drenaggio, il chirurgo aprirà completamente il dotto pancreatico maggiore e lo metterà in
comunicazione con un’ansa intestinale.
In alcuni casi, la ghiandola è completamente distrutta: in tali casi, si dovrà procedere alla rimozione della parte del pancreas ormai non più funzionante. La testa del pancreas è quella che
viene rimossa per prima nella maggior parte dei casi. Dopo la resezione, una parte di intestino
verrà suturata con il pancreas residuo, al fine di permettere il passaggio di secrezione pancreatica.
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Trattasi di alta chirurgia, che deve essere eseguita in Centri Specializzati.
Alla chirurgia resettiva dovrà necessariamente fare seguito una terapia sostitutiva, con la somministrazione di insulina ed altri enzimi digestivi normalmente secreti dal pancreas.
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