UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI UNIVERSIDADE FEDERAL DE SANTA CATARINA UNIVERSIDADE FEDERAL DE MATO GROSSO LAUREA SPECIALISTICA IN BIOLOGIA SPERIMENTALE E APPLICATA TRANSESTERIFICAZIONE DELL’OLIO DI MAMONA (Ricinus communis L) CON LIPASI IMMOBILIZZATA DI Candida antarctica B PER LA PRODUZIONE DI BIODIESEL ROBERTO ROSSI 1 Florianópolis SC 2007 TRANSESTERIFICAZIONE DELL’OLIO DI MAMONA (Ricinus communis L) CON LIPASI IMMOBILIZZATA DI Candida antarctica B PER LA PRODUZIONE DI BIODIESEL Tesi di studio presentata all’ Ente Regionale per il diritto allo Studio Universitario Regione Autonoma della Sardegna. Bando di concorso per il conferimento di borse di studio in favore dei giovani che svolgono la tesi di laurea sui problemi della cooperazione allo sviluppo e della collaborazione internazionale A.A. 2006/2007 1 2 Florianópolis 2007 RINGRAZIAMENTI Al professor Agenor Furigo Júnior per l’orientamento, fiducia, compagnia, incentivo e per la grande amicizia. Al mio amico Frederico Sellos per l’amicizia , compagnia, incentivo e per l’aiuto durante gli esperimenti. Alla UFSC di Florianòpolis, Santa Catarina (Brasile) e alla UFMG di Cuiabá, Mato Grosso (Brasile) per il supporto e per la realizzazione del mio lavoro dei tesi. Al chimico Ângelo Antônio Ruzza – Dipartimento di chimica – Central de Análises-UFSC, per l’aiuto con la realizzazione delle analisi di Risonanza Magnetica Nuclere di Idrogeno (RMN H1) e per la valoroso amicizia e compagnia. Al chimico Renato João Renato Strelau Dipartimento di chimica – Central de Análises-UFSC, per l’aiuto nella realizzazione delle Analisi di Spettroscopia Infrarosso con trasformata di Fourier (FTIR). Agli Ingegneri degli Alimenti Francielo Vendruscolo e Bruno Mattar Carciofi per l’amicizia, compagnia e ausilio negli esperimenti di reologia. Al biologo Jefferson Luiz Franco e al prof.Dr.Alcir Dafré del Laboratório di Difese Celullari Antiossidanti del Sistema Nervoso Centrale – UFSC, per l’uso dello spettrofotometro e nell’ausilio con le analisi di proteine totali. A ABOISSA Olii Vegetali Ltda per aver gentilmente regalato l’olio di mamona. A Novozymes Latin America Ltda –Araucária-PR per aver gentilmente regalato gli enzimi. E a tutti, che in qualunque forma hanno collaborato con la realizzazione di questo lavoro. 2 3 RIASSUNTO Questo lavoro aveva come obiettivo principale lo studio dell’immobilizzazione di Lipasi commerciale (Lipozyme CALB L) in sfere di chitosano funzionalizzate con varie concentrazioni di gluteraldeide e sperimentare la miglior concentrazione per la successiva immobilizzazione. Constatato che la concentrazione del 3% (v/v) fu quella che permise all’enzima la maggior stabilita’ e la stessa conferì maggior attivita’ risidua. L’attivita’ enzimatica della CALB L fu anche determinata a vari valori di pH(s) (3,0; 5,0 ; 6,0 ; 7,0 ; 8,0; 9,0 e 10,0 ) e di temperature ( da 30 a 100 0C), dove fu possibile osservare che il miglior pH fu il valore di pH 9,0 anche per la CALB L imobilizzata covalentemente in sfere di chitosano e di Novozym 435 immobilizzata in resina macroporosa. La temperatura che conferi alla CALB L e Novozym 435 maggior attivita’ enzimatica fu a 900C. La seconda tappa del lavoro incluse l’uso degli enzimi caratterizzati nella transesterificazione enzimatica dell’olio di mamona commerciale con alcol etilico 95 0 GL, dove furono realizzati saggi in cui si valuto’ la reazione con rapporto molare di 3:1 (alcol etilico: olio di mamona), con il 3% di enzima immobilizzato, senza la presenza di solvente organico, ottenendo valori di conversione di estere etilico superiore al 90%. In questo modo fu possibile verificare che esiste la possibilita’ dell’uso di enzimi immobilizzati per la produzione di biodiesel da olio di mamona senza l’uso di solventi orgnici derivati dal petrolio. 3 4 LISTA DELLE ABBREVIATURE ABBREVIATURA SIGNIFICATO MM Massa Molare MMm Massa Molare Media Km Constante di Michaelis-Menten Vmax Velocita’ massima di una reazione enzimatica kDa Unita’ di massa molare U Unita’ internazionale di attivita’ enzimatica CG Cromatografia in fase gassosa GD Grado di disacetilazione BET Brunauer, Emmett e Teller [] Viscosita’ intrinseca RMN-H1 Risonanza Magnetica Nucleare di idrogeno FTIR Spettroscopia a Infrarossi con Trasformata di Fourier GLUTAL Glutaraldeide HPLC High Performance Liquid Cromatography Abs Assorbanza p-NNP p-nitrofenilpalmitato 4 5 SOMMARIO RINGRAZIAMENTI ................................................................................................................ 2 RIASSUNTO ............................................................................................................................. 3 LISTA DELLE ABBREVIATURE ........................................................................................ 4 SOMMARIO ............................................................................................................................. 5 1.0 INTRODUZIONE ............................................................................................................... 7 1.1 OBIETTIVI ....................................................................................................................... 12 1.1.1 OBiettivo generale .................................................................................................. 12 1.1.2 OBiettivi specifici.................................................................................................... 12 2 REVISIONE DELLA LETTERATURA............................................................................ 13 2.1 PRODUZIONE DI BIODIESEL PER CATALISI OMOGENEA/ETEROGENEA IN AMBIENTE ALCALINO .......................................................................................................................................................... 13 2.2 TRANSESTERIFICAZIONE ENZIMATICA DI OLI E GRASSI .................................................... 15 2.3 L’ ENZIMA LIPASI............................................................................................................. 16 2.3.1-DETERMINAzione dell’attivita’ enzimatica relativa ai solventi organici. ............ 22 2.4 METODI DI IMMOBILIZZAZIONE DELL’ENZIMA................................................................. 33 2.5 CHITOSANO ...................................................................................................................... 35 2.5.1 caratterizzazione del chitosano............................................................................... 36 2.6.1-CLASSIFICAzione botanica ................................................................................... 38 2.6.2 IMPORTanza industrialeAL ................................................................................... 38 3.1 MATERIALI ....................................................................................................................... 42 4.2 CARATTERIZAZIONE DEL CHITOSANO .............................................................................. 43 3.3.1 Determinazione del grado di desacetilazione (GD)................................................ 43 3.3.2 Determinazione della massa molare media ............................................................ 44 3.3.3 Determinazione dell’area superficiale.................................................................... 45 3.4 FUnzione delle sfere di chitosano con glutaraldeide................................................. 46 5 6 3.5 CARATTERIZZAZIONE DELLA LIPASI LIBERA E IMMOBILIZZATA ....................................... 47 3.5.1 determinazione dell’attivita’ enzimatica................................................................. 47 3.5.2 determinazione del miglior pH ottimo .................................................................... 48 3.5.3 Proprieta’ di termostabilita’................................................................................... 48 3.5.4 Effetto dell’uso ripetuto sull’attivita’ residua degli enzimi .................................... 48 3.5.5 EFfEtTO Di vari solventi sull’attivita’ residua della lipasi CALB L...................... 49 3.6 EFFICIENZA DEL PROCESSO DI IMMOBILIZZAZIONE .......................................................... 49 3.6.1 PRODUZIONE DI BIODIESEL A PARTIRE DA OLIO DI MAMONA ...................................... 50 4.5.1 Sintesi di biodiesel con enzima calb l immobilizzato ............................................. 51 3.6.3 SINTESI DEL RICINOLEATO DI ETILE CON L’ENZIMA NOVOZYM 435 ........ 53 3.6.4 analisi di CG........................................................................................................... 54 3.6.5 analisi spettroscopica di FTIR................................................................................ 55 4 RISULTATI E DISCUSSIONE .......................................................................................... 57 4.1 PREPARAZIONE DELLE SFERE DI CHITOSANO .................................................................... 57 4.2 CARATTERIZZAZIONE DEL CHITOSANO............................................................................. 57 4.1.1 Determinazione del grado di desacetilazione......................................................... 57 5.2.2 determinazione della massa molare media ............................................................. 60 5.2.3 determinazione dell’area superficiale .................................................................... 61 4.2 FUNZIONALITA’ DELLE SFERE DI CHITOSANO CON GLUTARALDEIDE ............................... 62 4.3 OTTIMIZZAZIONE DEL PROCESSO DI IMMOBILIZZAZIONE ................................................. 66 4.4 CARATTERIZZAZIONE DELLA LIPASI ................................................................................. 68 4.4.1 determinazione del ph optimum .............................................................................. 68 4.4.2 proprieta' di termostabilita' .................................................................................... 70 4.4.4 EFfetto dei vari solventi sull'attivita' residua della lipasi (NOVOZYM 435). ........ 72 4.5 PRODUZIONE DI BIODIESEL A PARTIRE DA OLIO DI MAMONA ........................................... 74 4.5.1 sintesi del ricinoleato di etile con l' enzima calb l .................................................. 75 4.5.2 Sintesi del ricinoleato di etile con enzima NOVOZYM 435 .................................... 76 4.5.3 CARATTERIZZAZIONE DEL BIODIESEL PRODOTTO CON LA CALB L IMMOBILIZZATA IN SFERE DI CHITOSANO E NOVOZYM 435........................................................................................................... 77 6 7 5 CONCLUSIONI ................................................................................................................... 86 6 PROPOSTE FUTURE ......................................................................................................... 88 8 REFERENZE BIBLIOGRAFICHE ................................................................................... 89 1.0 INTRODUZIONE La societa’ umana vive oggigiorno l’alerta della degradazione ambientale che urge di cambiamenti significativi nei processi produttivi dei beni, diminuzione dei consumi energetici e nuove posture in relazione ai dogmi tradizionali dell’esconomia del mercato. E’ ben saputo che il settore petrolchimico e’ responsabile dei grandi danni ambientali. L’estrazione, il trasporto e i processi industriali di trasformazione di petrolio sono responsabili per la distribuzione di olio grezzo, per la generazione di residui e di sostanze tossiche di difficile degradabilita’ e per la contaminazione di gasolina e i suoi additivi. Oltre questo, la combustione degli stessi derivati del petrolio contribuisce all’aumento del diossido di Carbonio nell’atmosfera, intensificando l’effetto serra (Costa Neto, 2002). Il protocollo di Kioto, costituito durante il forum ambientale svoltosi a Rio de Janeiro nel 1992, e approvato da piu’ di 93 paesi nel mondo, ha lo scopo di mobilizzare la counita’ internazionale perche’ promuova un’azione congiunta con l’obiettivo di stabilizzare nell’atmosfera la concentrazione dei gas responsabili dell’effetto serra e, cosi, limitare l’interferenzaq antropogenica sopra il sistema climatico globale (Greenpeace Internacional, 2003). Sfortunatamente, i termini di riferito accordo entreranno rigorosamente in vogore solamente quando il congiunto dei suoi segnatari sommeranno come minimo il 55% del totale dei paesi emissori del globo, cosa che sara’ possibile solo con una rettifica di almeno una delle due grandi potenze mondiali, la Russia o gli Stati Uniti d’America. 7 8 Le mete stabilite nel Portocollo di Kioto potranno essere raggiunte con l’uso della biomassa per fini energetici. Intanto, recenti rivelazioni statistiche dimostrano che appena il 2,2 % dell’enregia consumata nel mondo e’ proveniente da fonti rinnovabili (Pessuti, 2003), il che evidenzia uno straordinario potenziale per l’esplorazione di altre fonti. Considerando solo la biomassa proveniente dalle attivita’ agroindustriali, o sia, residui agricoli e forestali si calcola que il potenziale combustibile di questi materiali sia equivalente a, approssimatamente 6.587 milioni di litri di petrolio per anno (Staiss e Pereira, 2001). Davanti a tutto questo potenziale ha avuto una crescente disseminazione di progetti e di azioni volti per l’uso di oli vegetali e di residui urbani e agroindustriali per generare energia particolarmente per mezzo di progetti di co-generazione (CENBIO, 2003). Una delle alternative dei processi dell’Industria chimica sono i processi enzimatici. Con essi la produzione di combustibili di olio diesel viene sostituita a partire da olio vegetale, si presenta come una nuova applicazione degli enzimi nella produzione di biocombustibili. L’uso di oli vegetali in motori a combustione interna rimonta all’inizio dell’operazione soddisfacente del motore Diesel, alla fine del secolo XIX. Nel 1896 Rudolf Diesel progetto’ il suo primo motore, con efficenza dell’oridne del 26%, e testo’ con il petrolio, alcol e nel 1900, con oli vegetali. Ragioni di natura economica, principalmente il maggior costo e minor disponibilita’ rispetto ai derivati del petrolio, lasciarono al completo abbandono gli oli vegetali come combustibili. Gli alti costi di produzione degli oli vegetali per la produzione di biodiesel furono la ragione per la quale venne preferito sin dagli arbori della produzione industriale il petrolio come prima fonte di carburantee. In Brasile, malgrado l’alto costo di produzione furono pubblicati alcuni lavori per produrre elettricita’ in regioni distanti dai grandi centri popolati. Nel suo lavoro sopra il diesel vegetale ottenuto da un processo di estrazione, Molion indica 8 9 diversi vantaggi di ordine economico e sociale per l’utilizzo di olio di buriti come combustibili di motori Diesel, che azionarono gruppi produttori ni localita’ isolate dell’Amazonia. Nel caso abordato da Molion, la diminuzione del costo di ottenimento di olio si deve principalmente al fatto che ha costi molto bassi di allevamento. La differenza delle proprieta’ tra il diesel e gli oli vegetali risulta principalmente dalla diversita’ molecolare tra questi due gruppi di sostanze. Il diesel e’ costituito da idrocarburi con numero medio piu’ o meno di quattordici carboni. Gli oli vegetali sono triesteri della glicerina, o sia, prodotti naturali della condensazione della glicerina con acidi grassi, le cui catene laterali di acidi grassi hanno numeri di carboni variabili tra dieci e diciotto, con valore medio da quattordici a diciotto per i tipi di oli piu’ abbondanti. Oltre alla presenza del gruppo funzionale del tipo di estere, gli oli vegetali possiedono massa molecolare di circa tre volte maggiori di quella del diesel. La transesterificazione di un olio con monoalcoli (alcolisi), specificamente metanolo o etanolo, produce la rottura della molecola dei trigliceridi, generando un miscuglio di esteri metilici o etilici degli acidi grassi corrispondenti, liberando glicerina come sottoprodotto (Figura 1). Il peso molecolare di questi monoesteri e’ prossimo a quello del diesel derivato dal petrolio. Figura 1: Reazione di transesterificazione di triacilglicerolo. R –catena carbonica di acidi grassi (R-12-24 C). R’- catena carbonica dell’alcol reagente (R’-1-2 C). 9 10 La similitudine incontrata nelle masse molecolari si estende anche alle proprieta’ fisico-chimiche , il che incentivo’ il test degli esteri grassi come il miglior successore del diesel rispetto all’olio vegetale trovato “in natura”. Il biodiesel fu definito dalla “National Biodiesel Board’’ (EUA) come il derivato mono-alchil estere di acidi grassi a catena lunga, proveniente da fonti rinnovabili come oli vegetali, la cui utilizzazione e’ associata alla sostituzione di combustibili fossili in motori a iniezione per compressione (motori di ciclo diesel). In quanto prodotto si puo’ dire che il biodiesel e’: (a) virtualmente libero di sostanze aromatiche, (b) ha un numero di cetano equivalente al diesel, (c) possiede tenor medio di ossigeno intorno all’ 11%, (d) possiede maggior viscosita’ e maggior lucentezza del diesel comune, (e) possiede una nicchia di mercato relativamente superiore al diesel commerciale; e (g) nel caso del biodiesel di olio di frittura, si caratterizza per un grande appello ambientale di riduzione nelle emissioni di CO, particelle e SOx , oltre ad un prezzo potenzialmente inferiore al diesel. Inoltre, se il processo di recupero e vantaggio dei sottoprodotti (glicerina e biocatalizzatori) sono ottimizzati, il biodiesel puo’ essere ottenuto ad un costo sicuramente competitivo con un prezzo di olio diesel, o sia, quello verificato nelle pompe dei rifornitori di benzina (ZANIN E MORAES, 2004). Nei onstri giorni, i problemi associati all’ambiente si sono aggravati significativamente, notando anche un aumento disordinato della popolazione e la susseguente generazione di grandi quantita’ di residui, di riciclaggi complessi e molte volte inavviabili. Attualmente, per garantire la sopravvivenza del pianeta, si deve garantire il massimo sforzo per riciclare la maggior parte dei residui generati e dentro essi, gli oli usati in fritture. Cosi’, questi materiali possono essere riapprovati come combustibili, attraverso la loro trasformazione per reazione di transesterificazione (Figura 1). Considerando che l’olio, dopo il successivo uso in frittura, ha la sua composizione di acidi grassi alterati, ben come le 10 11 caratteristiche fisico-chimiche, diventa inadeguato per il processamento di alimenti anche se viene sottoposto a purificazione. Trattasi di una fonte di energia rinnovabile che, per il suo uso sostenuto senza provocare danni all’ambiente, tale biomassa ha attratto molta attenzione negli iltimi tempi (Ministério da Indústria e do Comércio, 1985; Ministério da Ciência e Tecnologia, 2002; U.S. Department of Energy, 1998). Tra le fonti di biomassa prontamente disponibili, gli oli vegetali sono stati largamente studiati come candidati al programma di energia rinnovabile, dunque proporzionano una generazione sproporzinata di energia e un appoggio all’agricoltura familiare, creando migliori condizioni di vita (infrastrutture) in regioni carenti, valorizzando potencialita’regionali e offrendo alternative ai problemi economici e socio-ambientali di difficile soluzione. In questo lavroro si e’ cercato di investigare sulla sintesi enzimatica del ricinoleato di etile, a partire dall’olio di mamona, sena la presenza di solventi organici. La scelta di non usare solventi organici, e’ data dal fatto della tossicita’ di questo gruppo di solventi; per economia in processi industriali e per la costituzione chimica peculiare dell’olio di mamona. Infatti, l’olio di mamona e’ molto miscibile in alcol etilico, cio’ e’ dovuto alla presenza di gruppi idrossili nelle molecole di trigliceridi costituenti l’olio. Situazione che non avviente con la maggior parte degli oli vegetali. Questa caratteristica fu un fattore determinante per la scelta della sintesi enzimatica del ricinoleato di etile a partire da olio di mamona. Nello studio realizzato recentemente, durante l’alcosi di enzimatica di olio di mamona con presenza di solvente organico (n-esano), l’autore ottenne una conversione del 98,0 % di esteri utilizzando l’enzima Lipozyme IM e del 73,0% di conversione con Novozym 435 (FACCIO, 2004). Tale studio porto’ alla considerazione dell’influenza dell’acqua, razione molare, temperatura e concentrazione dell’enzima nella reazione. 11 12 1.1 OBIETTIVI 1.1.1 OBIETTIVO GENERALE Sviluppare una rotta alternativa di produzione del biodiesel, a partire dalla mamona, attraverso l’alcolisi enzimatica senza la presenza di solventi idrofobici, utilizzando la lipasi di Candida antarctica B, immobilizzata in sfere di chiosano, e la lipasi commerciale Novozym 435. 1.1.2 OBIETTIVI SPECIFICI Promuovere la caratterizzazione del chitosano utilizzato per confesionare le sfere usandocome parametri: MM, grado di disacetilazione (GD), area superficiale e l’analisi di gruppi funzionali; Caratterizzare le sfere di chitosano attivate con differenti concentrazioni di glutaraldeide rispetto alle caratteristiche di superficie utilizzando microscopia elettronica (ME). Determinare la concentrazione di glutaraldeide necessaria per promuovere l’immobilizzazione dell’enzima; Promuovere la caratterizzazione dell’enzima attraverso la misura dell’attivazione enzimatica della stessa libera e immobilizzata, utilizzando diverse 12 13 temperature e pH(s). Inoltre, determinare i parametri cinetici (Km e Vmáx) in relazione al substrato p-nitrofenilpalmitato; Stimare l’effetto dell’attivita’ enzimatica con uso ripetuto dell’enzima immobilizzato; Sintetizzare il ricinoleato di etile (componente maggioritario del biodeielsel dell’olio di mamona); Promuovere la caratterizzazione fisico-chimica del biodiesel ottenuto con ausilio delle tecniche di RMN-H1, analisi spettroscopica FTIR e CG (cromatografia in fase gassosa). Inoltre, verificare le proprieta’ reologiche dell’olio di mamona e del biodiesel. 2 REVISIONE DELLA LETTERATURA 2.1 PRODUZIONE DI BIODIESEL PER CATALISI OMOGENEA/ETEROGENEA IN AMBIENTE ALCALINO Il processo di alcolisi o transesterificazione accade preferenzialmente con alcol a bassa massa molare (MM), essendo il metanolo preferito per ottenere maggior rendimento nella reazione. L’etanolo potrebbe essere utilizzato gia’ come anidro, dato che l’acqua agirebbe come inibitore della reazione. L’utilizzo di etanolo anidro, intanto, rimane invariato per reazioni economiche. In relazione ai catalizzatori, la reazione di tranesterificazione di oli vegetali con alcoli primari puo’ essere realizzata tanto n ambiente acido quanto in ambientebasico. La maggior parte dei lavori mostra piu’ vantaggi nel processo di catalisi basica, dove si osserva ilo maggior rendimento e selettivita’ oltre a presentare minori problemi relazionati alla corrosione degli strumenti. L’idrossido di Potassio (KOH), nonostante sia piu’ caro 13 14 dell’idrossido di Sodio (NaOH), viene utilizzato con maggior vantaggio nella fase di separzione di olio transesterificato e glicerolo. L’utilizzo di catalizzatori eterogenei acidi o basici e’ ben meno studiata rispetto ai sistemi omogenei nei processi di transesterificazione. Vale la pena dire che, circa il 90% dei processi catalitici nell’industria chimica utilizzano catalizzatori eterogenei per vantaggi significativi: a) minore contaminazione dei prodotti; b) facilita’ di separazione del catalizzatore dall’ambiente di reazione; c) possibilita’ di riutilizzo del catalizzatore; d) diminuzione dei problemi di corrosione; D’altra parte, questi sistemi possono presentare problemi di trasferimento di massa, soprattutto in reazioni con molecole ad alta MM. Recentemente, catalizzatori mesoporosi come il MCM (Mobil Composition of Mater) (diametro del poro ∼25 Angstrom, area superficiale ∼ 800 m2/g) con proprieta’ basiche o acide sono attualmente molto studiate nella letteratura e hanno impiego con grande successo in reazioni richiedendo molecole ad alta massa molecolare. Questo tipo di catalizzatore eterogeneo si presenta come potenziale candidato a questo tipo di processo. Un altro punto importante a essere trattato e’ l’equilibrio chimico della reazione di transesterificazione. LA conversione di equilibrio di questo processo e’ generalmente bassa a temperature blande. Il dislocamento dell’equilibrio favorendo la produzione di biodiesel puo’ essere otttenuto attraverso l’utilizzo di grandi eccessi di alcol o semplicemente eliminando il glicerolo (sottoprodotto formato), essendo quest ultimo il modo economicamente piu’ conveniente. Quindi, l’eliminazione di glicerolo per dacantazione naturale é molto lenta, il che rende piu’ difficile lo sviluppo di un processo continuo. Diventa necessario lo studio di alternative come la centrifugazione o l’utilizzo di additivi che promuovano una aglomerizzazione delle molecole di glicerolo, favorendo cosi la separazione di quest ultimo. Inerente all’utilizzo di olio vegetale usato, il processo dev’essere iniziato per una filtrazione al fine di ritirare i residui di frittura (MITTELBACH, 1997). 14 15 2.2 TRANSESTERIFICAZIONE ENZIMATICA DI OLI E GRASSI Attualmente, il processo di ttenimento commerciale di biodiesel e’ realizzato per via chimica, ma quella enzimatica ha suscitato l’interesse della comunita’ scientifica. L’aspetto comune di questi studi consiste nell’ottimizzazione delle condizioni di reazione, per determinare caratteristiche che diventano importanti per applicazioni industriali. Quindi, una volta ottimizzato il processo enzimatico, esso potra’ mostrare alcuni vantaggi rispetto a quello chimico. TABELA 1: VANTAGGI E SVANTAGGI DEL PROCESSO CHIMICO E ENZIMATICO NELLA PRODUZIONE DI BIODIESEL Processi Vantaggi Svantaggi Simplicita’ Difficolta’ nella separazione del catalizzatore. Alto rendimento Chimico Impossibilita’ di riutilizzo del catalizzatore. Corto tempo di reazione Difficlota’ di utilizzo di etanolo idratato Ottenimento di prodotti con minor grado di purezza Facilita’ di separazione del Lungo tempo di reazione catalizzatore (supporto) Enzimatico Obtenção de produtos com Costo degli enzimi maior pureza Possibilita’ di utilizzo Basso rendimento dell’etanolo idratato (Costa, 2002) 15 16 2.3 L’ ENZIMA LIPASI Le lipasi (triglicerol acil-idrolasi. EC 3.1.1.3) (Figura 2) sono classificate come idrolasi e agiscono sopra legami esteri present negli acilgliceroli, liberando acidi grassi e glicerolo, costituendo una classe speciale di esterasi. La differenza tra una lipasi e una esterasi (EC 3.1.1.1) sta nel fatto che la prima catalizza razioni di substrati insolubili in acqua, mentre le esterasi agiscono su substrati solubili. Figura 2: Modello in 3D dell’ enzima lipasi di Candida antarctica B. Quindi, la differenza tra lipasi e esterasi ancora non e’ completamente definita. Nel 1958, Sarda e Desnuelle provarono a definire la lipasi a partire dalla sua caratteristica cinetica, che e’ la proprieta’ di attivazione in presenza di substrati insolubili in acqua e emulsionati, o sia, in presenza di un’interfaccia lipde/acqua. Secondo questi autori, le lipasi 16 17 sarebbero attivate in presenza di esteri emulsionati, mentre le esterasi non presentano questa attivazione, esercitando la loro funzione idrolitica su substrati solubili in acqua. Le lipasi sono situate in vari tessuti di animali e piante, e possono essere prodotte per fermentazione usando varie speie di microrganismi, quali i funghi di Aspergillus mucor, Rhizopus penicicillium. Geotrichum sp, per i lieviti di Tulopis sp e Candida sp e batteri come Pseudomonas sp, Achromobacter sp e Staphylococus sp. Dal punto di vista economico e industriale, i microrganismi sono preferibili alle lipasi di fonte animale o vegetal, dovuto all’alto costo di isolamento e purificazione. Tra le lipasi, quelle di Humicola lanuginosa, Rhizopus delemar, Geotrichum candidum , Mucor miehei, Pseudomonas glumae, Candida rugosa (precedentemente nominata Candida cilindracea), Candida antarctica, Chromobacterium viscosum, lipasi pancreatica del cavalo, lipasi pancreatica umana e lipasi pancreatica bovina hnno la loro struttura determinada. La massa molecolare di questi enzimi varia da 20 a 75 kDa. Il loro punto isoelettrico varia in un range compreso tra 3,6 e 7,6, essendo maggoritariamente acide, con pI tra 4 e 5. Il sito catalitico e’ formato per la triade catalitica Ser-His-Asp/Glu, che si ripete in tutte le strutture ed è sempre protetto da una molecola che funge da “tappo” idrofobico o “lid’’che quando interagisce con l’interfaccia lipide/acqua subisce una modifica conformazionale, espondendo il sito attivo. La presenza del “tappo” nella struttura dell’enzima e la proprieta’ di attivazione interfacciale diventarono fattori determinanti per la caratterizzazione delle lipasi. Studi a Raggi-X fatti da Uppenberg e collaboratori (1995) con la lipasi di Candida antarctica rivelarono l’esistenza di un “tappo” similare a quello delle altre lipasi che ricopre la triade catalitica Ser-His-Asp. Piu’ recentemente, si osservo’ che la presenza del “tappo” non e’ necessariamente correlazionata con l’attivazione interfacciale per le lipasi di Pseudomonas aeruginosa, Burkholderia glumae e Candida antarctica B, che presentarono il “tappo” con una struttura 17 18 particolare che non subiva attivazione interfacciale. D’altra parte, le cutinasi, enzimi considerati lipasi “vere”, non mostrarono la presenza di un “tappo” e non avevano bisogno dell’interfaccia per esercitare l’attivita’ idrolitica. Figura 3: Triade catalitica o Regola dei Tre Punti. Le lipasi sono molto usate in sintesi organica dovuto alla loro grande disponibilita’ e il basso costo. Inoltre, non richiedono cofattori, lavorando in un range id pH relativamente grande, sono molto stabili nel quando si trovano dentro i limiti di pH, sono specifiche, chemioslettive, regioselttive e enantioselettive. Possiedono l’abilita’ di catalizzare reazioni di esterificazione, transesterificazione (acidolisi, interesterificazione, alcolisi), aminolisi e tiotransesterificazione in solvente organico anidro, sistema bifasico e in soluzione micellare con alta specificita’. Il dislocamento dell’equilibrio nella reazione, in verso diretto (idrolisi) o inverso ( sintesi), e’ controllato dalla quantita’ di acqua presente nella miscela di reazione. Le lipasi sono state largamente studiate in relazione alle loro proprieta’ biochimiche e fisiologiche e, recentemente, per applicazioni industriali. Secondo Bonn e Pereira (1999), il potenziale di applicazione degli enzimi nell’industria di oli e grassi non e’ ancora sufficentemente diffuso. Gli enzimi possono essere impiegati tanto per risolvere problemi industriali, quanto per produrre nuovi tipi di oli e 18 19 grassi. Anche se la maggior parte della produzione li destina al settore alimentare, e’ crescente l’interesse nell’ottenenimento di prodotti chimici di maggior valore aggregato a partire da queste materie pime. Le proprieta’ degli acidi grassi dipendono dagli oli e dai grassi da cui vengono estratti e sono modificati per la formazione di una miscela con diversi trigliceridi naturali, o per modificazione chimica come l’idrogeenazione catalitica, o ancora per il riarrangiamento della molecola (interesterificazione). Attualmente, le trasformazioni di oli e grassi si basano predominantemente su porcessi chimici convenzionali. L’ottenimento dei prodotti derivati dagli oli vegetali, a partire dalla modificazione per interesterificazione con lipasi sono state largamente studiate e in questo lavoro si includono dei risultati di rendimento, studi cinetici e di stabilita’ ossidativa. Facioli e Gonçalves (1998) studiarono la modificazione dell’olio di piqui per via enzimatica. In questo lavoro fu studiata la reazione di interesterificazione dell’olio della polpa di piqui con acido stearico, utilizzando la lipasi specifica 1,3 de Mucor mihei (Lipozyme). Le condizioni ideali di interesterificazione in microscala furono stabilite empiricamente. I monogliceridi sono abbastanza usati come emulsionanti per prodotti di panetteria, e il loro ottenimento e’ stato studiato per mezzo delle lipasi. La lipasi di Mucor miehei (Lipozyme) fu usata nache da Pecnik e collaboratori (1992) per ottenere il glicerolo 1,2 –isopropiliden-3oleilico, a partire dalla condensazione del glicerolo con acetone, seguito da esterificazione con acido oleico. Anche i porcessi di transesterificazione enzimatica per ottenere biodiesel non siano ancora commercialmente sviluppati a sufficenza, nuovi risultati sono stati pubblicati in articoli e pubblicazioni scientifiche (SERCHEL e VARGAS, 1998). In modo generale, questi studi consistono nell’ottimizzazione delle condizioni di reazione (solvente, temperatura, pH, tipo di microrganismo che produce l’enzima, etc), al fine di stabile le caratteristiche per 19 20 applicazioni industriali. Pero’, il rendimento come il tempo di reazione, ancora e’ sfavorevole in comparazione con il sistema per catalisi basica. L’alcolisi di olio di girasole con le lipasi di Pseudomonas fluorescens (liberi), Mucor miehei e Candida sp, fu studiata con il proposito di perfezionare le condizioni per l’ottenimento di esteri metilici e etilici (MITTELBACH, 1990). In questo studio, fu verificata l’efficenza dell’alcolisi con metanolo, etanolo, n-propanolo, n-butanolo e n-pentanolo, in diverse condizioni. Fu indagata l’importanza della presenza del solvente e dell’addizione di acqua nella reazione. Il miglior rendimento (99%) fu ottenuto nell areazione di transesterificazione con la lipasi di Pseudomonas sp con etanolo, a 450C. Altri risultati sono mostrati nella Tabella 2. TABELLA 2: RENDIMENTI DI ESTERI (%) OTTENUTI PER MEZZO DI REAZIONE DI TRANSESTERIFICAZIONE ENZIMATICA DI OLIO DI GIRASOLE CON E SENZA SOLVENTE. Lipasi Lipasi Mucor Lipasi Candida Con solvente Senza solvente Alcol fluoresceza miehei sp MeOH 79 25 53 EtOH (96%) 99 82 79 n-PrOH 81 80 29 MeOH 3 - - EtOH(anidro) 70 - - EtOH(96%) 82 - - n-ButOH 76 - - (MITTELBACH, 1990). Nell’alcolisi di olio di girasole con etanolo senza solvente, (MITTELBACH, 1990) venne ottenuto il miglior rendimento (82%) con la lipasi di Pseudomonas sp. L’assenza 20 21 di solvente fu considerata per facilitare applicazioni tecniche, ma in funzione della viscosita’ dell’olio fu necessaria una vigorosa agitazione e un lungo tempo di reazione (14 h). La produzione di biodisel a partire dal siero bovino e dall’olio di colza, oliva e soja fu studiata da Nelson e collaboratori (1996) utilizzando gli enzimi immobilizzati di Mucor miehei (Lipozyme) e Candida antarctica (SP-435), oltre alle Geotrichum candidum, Pseudomonas cepacia e Rhizopus delemar nella forma libera. La reazione di transsterificazone fu eseguita con alcol a corta catena , in esano con agitazione costante e i prodotti furono analizzati per cromatografia gassosa. La reazione con metanolo , etanolo, propanolo e isobutanolo fu realizzata per 5 ore, alle temperature comprese tra 350C e 550C. Furono ottenuti rendimenti superiori al 90% con il sebo e tutti gli alcol citati con la lipasi di Mucor miehei. Oltre questo, gli oli di soja e colza presentarono risultati soddisfacenti che vengono mostrati nella Tabella 3. TABELLA 3. RENDIMENTO DEGLI ESTERI (%) OTTENUTI ATTRAVERSO REAZIONE DI TRANSESTERIFICAZIONE ENZIMATICA DI TRIGLICERIDI CON ALCOL PRIMARI E SECONDARI. Lipasi Lipasi Lipasi Sebo Alcol M. miehei C.antarctica P. cepacia MeOH 94,8 25,7 13,9 EtOH (95%) 98,3 _ 13,7 EtOH 68,0 _ _ 1-PrOH 24,3 61,2 44,1 2-BuOH 19,6 83,8 41,0 MeOH 75,4 _ 14,5 EtOH 97,4 _ _ MeOH 77,3 _ _ (anidro) Soja Colza 21 22 (NELSON et al., 1996). 2.3.1-DETERMINAZIONE DELL’ATTIVITA’ ENZIMATICA RELATIVA AI SOLVENTI ORGANICI. 2.3.1.1 EFFETTI DEI SOLVENTI ORGANICI. La catalisi enzimatica era considerata n processo avviabile solamente in fase acquosa. Nel frattempo, ricerche recenti dimostrarono che gli enzimi possono essere attivati in solventi organici, solventi gassosi e fluidi supercritici (ILLANES, 1994). Lo studio degli enzimi in ambiente organico si e’ evoluto signifaictivamente negli ultimi venti anni. Tali studi cominciarono con l’investigazione del comportamento degli enzimi in sistemi predominantemente acquosi contenendo piccole quantita’ di solventi organici miscibili in acqua. Posteriormente, vennero sviluppati sistemi enzimatici per miscugli di due fasi (acquosa/organica) e, in seguito, in ambiente organico contenendo una fase acquosa dispersa (microemulsioni). Attualmente, si osserva un grande numero di applicazini utilizzando sospensioni enzimatiche in solventi organici praticamente anidri (OLIVEIRA,1999). Uno dei principali vantaggi della catalizsi enzimatica in ambiente organico e’ la possibilita’ di effettuare reazioni che utilizzano substrati poco solubili in acqua. Oltre cio’ e’ possibile spostare l’equilibrio termodinamico delle reazioni che non esigono di un ambiente acquoso mediante l’estrazione di substrato e/o prodotti per la fase acquosa e/o organica o mediante la diminuzione della quantita’ di acqua nell’ambiente reazionale. In questo modo, reazioni come esterificazione e interesterificazione diventano avviabili industrialmente. Secondo MONOT (1994), la catalisi enzimatica in ambiente organico rappresenta come maggiori vantaggi: Aumento della disponibilita’ dei substrati poco solubili in acqua; 22 23 Spostamento dell’equilibrio delle reazioni; Diminuzione del numero di reazioni indesiderate; Semplicita’ dei procedimenti di recupero del prodotto e del biocatalizzatore; Controllo della stereoselettivita’ delle reazioni enzimatiche; Riduzione di eventuali inibizioni per substrati e prodotti; Aumento della stabilita’ dell’enzima. Inoltre gli enzimi sono cataliticamente attivi in ambiente acido perche’ loro rimangono nella loro conformazione originale. L’incapacita’ della proteina di cambiare conformazione strutturale quando si trova in ambiente non acquoso si deve in parte alle interazioni elettrostatiche tra i gruppi integranti dell’enzima che aumentano a contatto di un solvente organico. Cio’ e’ dovuto alla bassa costante dielettrica della maggior parte dei solventi e anche all’aumento del numero di legami idrogeno intramolecolare. L’integrita’ strutturale delle proteine in ambiente non acquoso e’ stato verificat attraverso esperimenti tra cui risonanza magnetica nucleare allo stato solido e cristallografia a raggi X (YANG e RUSSEL, 1996). DOSSAT et al. (2002) analizzarono la transesterificazione realizzata in sistemi che usavano solvente e senza solvente. Utilizzarono come substrato l’acido oleico (dell’olio di girasole), butanolo e lipasi immobilizzata di Rhizomucor miehei, concludendo che nel sistema senza solvente soltanto il 60 % di acido oleico fu convertito in estere, mentre nel sistema con n-esano fu convertito il 95 % dell’olio. La natura del solvente organico e’ un fattore importante che viene considerato nella catailsi enzimatica in ambiente non acquoso, poiche’ il solvente influenza non solo l’attivita’ e la stabilita’ dell’enzima, ma ne modifica anche la sua specificita’. I solventi meno nocivi per gli enzimi sono quelli piu’ idrofobici, poiche’ interagiscono meno con l’acqua necessaria per il funzionamento dell’enzima. 23 24 I solventi idrofilici, o sia, solventi che contengono la maggior quantita’ di gruppi polari o centri capaci di formare ponti di idrogeno, tendono a inglobare acqua essenziale in prossimita’ dell’enzima, arrecando la perdita di attivita’ enzimatica. ZAKS e KLIBANOV (1985) constatarono che gli enzimi sospesi ni solventi idrofobici richiedono una quantita’ di acqua sostanzialmnete minore per l’ottenimento delll’attivita’ massima quando sono comparati con quelli sospesi in solvente idrofilico. In accordo con i risultati sperimentali, puo’ essere concluso che l’ativita’ enzimatica in ambiente organico e’ principalmente influenzata non per le interazioni del solvente con l’enzima propriamente detto, ma per le interazioni con l’acqua legata all’enzima. Per una data quantita’ di acqua presente nel solvente, l’attivita’ enzimatica nel solvente idrofobico e’ maggiore che nel suo corrispondente idrofilico (KLIBANOV, 1997). I criteri per la determinazione dell’idrofobicita’ di un solvente sono soggetti a controversie. I piu’ importanti indicatori di idrofobicita’ sono: il parametro di Hidebrand (δ), la constante dielettrica (Σ), il momento dipolare (µ) e il coefficiente di partizione (P) (ILLANES, 1994). La migliore classificazione proposta fu basata nel logP, essendo P il coefficiente di partizione del solvente in un miscuglio ocanolo/acqua. Il coefficiente di partizione (P) di un composto e’ generalmente descritto come il rapporto tra la sua concentrazioe in fase organica e acquosa. Per ottenre elevate concentrazioni di prodotto e’ essenziale utilizzare un solvente organico nel quale il coefficiente organico nel quale il coefficiente di partizione del prodotto sia alto. Questo implica in un’effiente estrazione del prodotto per la fase organica, il che produce una conversione maggiore. I solventi piu’ adeguati sono quelli che presentano logP maggiore di 2. Secondo CARTA et al.(1995), la biocatalisi di reazioni di sintesi, tali come esterificazioni sono generalmente considerate possibili in solventi immiscibili in acqua che presentano logP maggiore di 4. Esempi di logP di alcuni solventi organici sono illulstrati nella tabella 4. 24 25 TABELLA 4: LOGP DI ALCUNI SOLVENTI ORGANICI. SOLVENTE LogP SOLVENTE LogP Triglima -1,9 Cloroformio 2,0 Diglima -1,3 2-4-dimetil-3-pentanolo 2,3 N-N-Dimetilformamide -1,0 3-etil-3-pentanolo 2,3 Monoglima -0,75 2-metil-2-esanolo 2,3 4-hidroxi-4-metil-2- -0,34 Toluene 2,5 Acetononitrile -0,33 Trifluorotricloroetano 2,8 Acetone -0,23 Butiletere 2,9 1-metil-2-pirrolidone -0,20 2,6-dimetil-4-eptanolo 3,4 2-butanone 0,28 esano 3,5 Diclorometano 0,60 Pentiletere 3,9 2-metil-2-propanolo 0,79 Isoamiletere 4,0 2-pentanone 0,80 1-octene 4,2 3-pentanone 0,80 Feniletere 4,3 Etiletere 0,85 Isooctano 4,5 1,2-dicloetano 1,2 1-noneno 4,7 2-metil-butanolo 1,3 Esiletere 5,0 4-metil-2-pentanone 1,3 Nonano 5,1 Tert-butilmetiletere 1,4 Decano 5,6 2-metil-2-pentanolo 1,8 1-dodecano 6,2 3-metil-3-pentanolo 1,8 Dodecano 6,6 Isopropiletere 1,9 pentanone (Janssen et al, 1993). Pero’, questa classificazione non puo’ essere applicata per tutti gli enzimi, tenendo conto che essa non considera le interazioni specifiche tra l’enzima e il solvente, che sono dovute alla costante dielettrica. Si deve anche ammettere che la diminuzione della costante dielettrica del solvente permette l0aumento delle interazioni elettrostatiche tra i residui ionizzabili della molecola dell’enzima, il che puo’ causare una riduzione della flessibilita’ interna della proteina. Considerando che la mobilita’ molecolare e’ essenziale per l’attivita’ catalitica dell’enzima, una riduzione nella sua flessibilita’ e’ normalmente accompagnata da una diminuzione dell’attivita’ enzimatica. La modifica del valore della costante dielettrica altera anche il valore di pKa dei residui ionizzabili della superficie della 25 26 proteina. Se questa modifica avviene nel sito attivo o prossimo ad esso, si puo’ avere un’alterazione del legame e/o della conversione dei substrati e, quando la modifica nella costante dielettrica e’ drastica, la struttura tridimensionale dell’enzima puo’ essere trasformata. É importante sottolineare che l’addizione di substrati e la formazione di prodotti durante la reazione possono modificare l’idrofobicita’ dell’ambiente e, conseguentemente, il tenore dell’acqua intorno all’enzima (MONOT, 1994). Oltre all’effetto sull’attivita’, stabilita’ e specificita’ dell’enzima o nelle sue relazioni con l’acqua, si deve anche considerare l’effetto del solvente nella costante di equilibrio delle reazioni. La condizione di equilibrio sara’ determinata dalle interazioni tra i reagenti, i prodotti e il solvente; la natura e il comportamento de qualunque catalizzatore influenzeranno solo la velocita’ con cui il sistema aatinge all’equilibrio (HALLING, 1990-a). E’ possibile prevedere l’effetto del solvente sull’equilibrio utilizzando dati sopra la distribuzione del componenti nelle fasi del sistema liquido-liquido (HALLING, 190b). In un sistema bifasico, substrato e prodotti andranno a dividersi tra le due fasi (acquosa/organica). JANSSEN (1993) studio’ l’esterificazione del glicerolo e dell’acido decanoico in vari solventi, includendo idrocarburi alifatici e aromatici, eteri, aldeidi, alcol terziari e idrocarburi alogenati. KUO e PARKIN (1996) osservarono che la predominanza del prodotto formato in miscugli di reazione di multiprodotti, come nella reazione tra il glicerolo e l’acido undecanoico e’ relazionata col la somiglianza della polarita’ del solvente usato. Cosi’, la produzione di monogliceridi (logP = 2,5) é favorita in ambiente polare, mentre quella del trigliceride (logP=13,7) in ambiente apolare. Invece, secondo JANSSEN (1993), logP non e’ l’unico parametro che controlla la distribuzione del prodotto. Infatti, anche la solubilita’ dell’acqua nel solvente e’ un 26 27 parametro utile per la selezione del solvente. Come la solubilita’ nno era conosciuta per tutti i solventi utilizzati, gli autori la stimarono mediante il metodo di contribuzione del gruppo UNIFAC, che calcola i coefficenti di attivita’ nelle due fasi. Si osservo’ quindi che c’è una ragionevole correlazione tra il logP e la solubilita’ dell’acqua nel solvente. L’addizione di un solvente polare (solvente con una alta solubilita’ in acqua) risulto’ in una elevata concentrazione di monoacilgliceroli, mentre i solventi apolari presentarono maggior frazione molare dei di- e trigliceridi. Lo sviluppo della catalisi in un ambiente organico evidenzio’ che la quantita’ di acqua realmente necessaria per influenzare favorevolmente l’attivita’ enzimatica e’ molto piccola. Per questo, l’esistenza di una fase acquosa definita, anche se in piccole proporzioni, non e’ un prerequisito per l’efficienza della catalisi. Cosi sarebbe tecnologicamente piu’ attraente fare uso di solventi organici realizzare la reazione enzimatica solo con il miscuglio di substrati (olio vegetale e alcol). Questa possibilita’, se avviabile, combina con precisione alla catalisi biologica con alti livelli di produttivita’raggiunti coi migliori metodi convenzionali. Tra alcuni dei vantaggi di questo sistema si puo’ dire che: evita problemidi separazione, di tossicita’ e di infiammabilita’ dei solventi organici, diminuisce i costi iniziali del prodotto e permette il recupero del prodotto senza le tappe di purificazione o evaporazione e l’utilizzo dei substrati in alte concentrazioni (SELMI et al., 1997). Generalmente, si possono prevedere alcune difficolta’ immediate per implementazione di un sistema senza solvente:minimizzazione della resistenza al trasferimento di massa, omogeneita’ dell’ambiente di reazione, la composizione di reazione dev’essere liquida e deve rimanerlo durante il corso del processo e deve essere presente una azione che sposti l’equilibrio nel verso della formazione dei prodotti. 27 28 2.3.1.2 INFLUENZA DELL’ACQUA. Un fatto ben stabilito in tutti gli studi sopra l’utilizzo dell’enzima in ambiente organico e’ che la quantita’ di acqua legata all’enzima e’ il fattore determinante per l’espressione delle sue proprieta’, come per esempio, la stabilita’ e la specificita’. Anche se l’attivita’ dell’acqua in un sistema enzimatico tipico in un ambiente organico sia molto bassa (intorno allo 0,01% p/v), piccole variazioni nel contenuto di acqua possono provocare grandi modifichenell’attivita’ enzimatica. Gli enzimi sonopraticamente inattivi, in sistemi completamente anidri. L’acqua, quando addizionata a questo sistema, si distribuisce tra il solvente e l’enzima. L’attivita’ enzimatica dipende dalla quantita’ di aacqua associata all’enzima e in minor grado al contenuto totale di acqua esistente nel sistema. Sinche’ e’ presente una quantita’ minima essenziale di acqua legata all’enzima, la sua attivita’ verra’ mantenuta. L’enzima richiede un sottile strato d’acqua che agisce come componente primario del microambiente dello stesso, agisce percio’ come un tampone tra la superficie dell’enzima e il campo reazionale. Cosi’, la biocatalisi in fase organica e’ possibile, sinche’ si conservi questa piccola quantita’ di acqua indispensabile per l’enzima. La quantita’ di acqua richiesta per la catalisi organica dipende dell’enzima utilizzato. Secondo ILLANES (1994), ogni enzima, nello specifico deve essere esaminato in vari livelli di idratazione in solventi organici. L’addizione di acqua a preparati enzimatici solidi in solventi organici puo’ aumentare l’attivita’ enzimatica attraverso l’aumento della polarita’ e della flessibilita’del sito attivo. L’eccesso dell’acqua facilita l’aggregazione dell’enzima e puo’ provocare una diminuzione della sua attivita’. Il meccanismo di aggregazione dell’enzima, indotto dall’acqua, in solvente organico, ancora non e’ totalmente chiaro; si pensa che la formazione di legami disolfuro intermolecolari sia una delle cause di questo processo. La quantita’ 28 29 d’acqua necessaria per la manutenzione della struttura enzimatica varia con la natura dell’enzima (YANG e RUSSEL, 1996). As propriedades físico-químicas exibidas por uma enzima estão relacionadas direta ou indiretamente ao papel da água nas interações não covalentes (eletrostáticas, pontes de hidrogênio, van der Waals e hidrofóbicas), as quais ajudam a manter a conformação cataliticamente ativa da enzima (ILLANES, 1994). L’idratazione dei gruppi carichi e polari delle molecole di enzima sembra essere un prerequisito per la catalisi enzimatica. E’ possibile che in assenza di acqua, questi gruppi interagiscano producendo una conformazione strutturale inattiva. La funione dell’acqua nella manutenzione dell’attivita’ enzimatica in un ambiente non acquoso sembra essere relazionata con la sua capacita’ di formare legami ad idrogeno con questi gruppi funzionali, quindi, dielettricamente le interazioni elettrostatiche tra i gruppi ionizzando le interazioni dipolo-dipolo tra unita’ peptidiche e gruppi vicini polari della proteina (LANGONE, 1998). Le interazioni elettrostatiche come ponti salini e interazioni dipolo-dipolo, possono essere preponderanti nel controllo del comportamento catalitico degli enzimi in solvente organico. Questa ipotesi e’ sostenuta per la verificazione dell’aumento di attivita’ enzimatica dopo l’addizione di varie sostanze che formano i legami a idrogeno, tali come il glicerolo, etilen glicole e formamide, al solvente. Fu constatato che solventi che contengono polialcoli diminuiscono la tendenza di rottura dei legami di idrogeno, che occupano un importante ruolo nella manutenzione della struttura terziaria delle lipasi (MALCATA et al., 1990). In questo contesto, vari studi vedono la stabilita’ delle lipasi mediante addizione di glicerolo. Anche i Sali di Calcio sono spesso usati per stabilizzare varie lipasi, cio’ e’ dovuto alla loro capacita’ di formare legami ionici con due residui differenti di amminoacidi della 29 30 catena proteica. La maggior parte degli svantaggi nell’addizione di sali di calcio nell’ambiente di reazione e’ la formazione di saponi insolubili con gli acidi grassi liberi. E’ prevedibile che la stabilita’ della proteina in ambiente non acquoso debba essere sensibilmente diffente da quella in un sistema acquoso. Sinche’ le molecole d’acqua che circondano l’enzima in soluzione acquosa contribuiscono per le principali forze intermolecolari che stabilizzano la conformazione terziaria, includendo interazioni di tipo van der Waals, ponti salini e legami a idrogeno, la rimozione di quest’acqua puo’ alterare la stabilita’ dell’enzima. 2.3.1.2 STUDI CINETICI. Lo studio cinetico di reazioni catalizzate da lipasi e’ reso piu’ difficile per la bassa affinita’ tra il substrato e la fase acquosa. Normalmente, una emulsione di substrato in una fase acquosa continua e’ utilizzata e, alcuni fattori influenzeranno le proprieta’ interfacciali, influenzando le costanti cinetiche incontrate. L’analisi di una cinetica enzimatica, generalmente, e’ realizzata per enzima e substrato dissolti in forma omogenea. Nel caso delle reazioni catalizzate mediante lipasi questo trattamento deve considerare l’interazione tra l’enzima e il substrato insolubile nell’interfaccia. La concentrazione effettiva del substrato e’ difficile ad essere determinata, poiche’ solamente quelle molecole che stanno nell’interfaccia sono disponibili per l’enzima (OLIVEIRA, 1999). STAMATIS e collaboratori (1993), studiando la cinetica di reazione dell’esterificazione tra l’acido laurico e (-) mentolo catalizzata per lipasi di Penicillium simplicissimum in un sistema di micella inversa formato per AOT/isooctano, proposero il meccanismo cinetico di tipo Ping-Pong bi-bi, essendo che i parametri cinetici ottenuti sono apparenti visto che la determinazione di parametri cinetici veri devono essere presi in considerazione alla concentrazione reale dei substrati. 30 31 CHULALAKSANNANUKUL e collaboratori (1993) studiarono il meccanismo cinetico della reazione di esterificazione catalizzata dalla lipasi di Mucor miehei immobilizzata in resina anionica (lipozyme IM) tenendo l’acido oleico e etanolo come ssubstrati e esano come solvente. Anche questi autori proposero il meccanismo Ping-pong bibi, ma con inibizione per eccesso di etanolo (Figura 4). Nella figura 1, e’ rappresentato il meccanismo generale delle reazioni di transesterificazione per via enzimatica di lipasi di un alcol e un estere, che puo’ essere un trigliceride. Si osserva che la formazione dei due stati di transizione differenti nel riarrangio dei legami avviene durante il processo catalitico: Nella tappa (a), con effetto cooperativo, i residui d amminoacidi del centro attivo della lipasi polarizzano il donatore acile, formando l’intermedi otetraedrico (b),il quale e’ il primo stato di transizione generato durante la trasformazione del complesso di Michaelis-Menten tra l’enzima e il donatore acile in una specie intermediaria denominata acil-enzima (c). Nella etapa (d), il complesso acil-enzima é tagliato dall’alcol R3OH, originando il secondo stato si transizione (e), a partire dal quale si forma una ltro estere come prodotto (f), mentre il sito attivo e’ rigenerato. Nei due stati di transizione, la carica negativa generata sull’Ossigeno dopo l’attacco nucleofilo e’ stabilizzata mediante il legame dell’idrogeno dai residui dle centro attivo che formano il gruppo di ossianioni nella lipasi. Le lipasi sono molto usate in sintesi organica e cio’ e’ dovuto alla sua grande disponibilita’ e basso costo. Oltre questo, non richiede cofattori, puo’ lavorare in una fascia di pH relativamente grande, sono molto stabili nel range di pH in cui lavorano, presentano specificita’, regioselttivita’, chemioselettivita’ e enantioselettivita’. Possiedono la capacita’ di catalizzare reazioni di esterificazione, transesterificazione (acidolisi, interesterificazione e alcolisi), aminolisi e tiotransesterificazione in solvente organico anidro, sistema bifasico e in 31 32 soluzione macellare con alta specificita’. Il dislocamento dell’equilibrio nella reazione, in senso diretto (idrolisi) o inverso ( sintesi), e’ controllato dalla quantita’ di acqua presente nella miscela di reazione. Le lipasi sono state studiate approfonditamente in relazione alle loro proprieta’ biochimiche e fisiologiche e, piu’ di recente, per applicazioni industriali. (a) (b) Tyr Gln O NH H H - R2 N H N - O O O H His Tyr Gln O H N (c) Tyr + O H R2 H O - O O H Gln O N R1 O O N H Ser H O R2 N H Tyr O Gln O H O O (f) NH H Asp His R2 His Tyr N H O H Ser (e) H NH H Asp - O N Gln O His O Ser H O O H R2 + O NH H Asp - H N His (d) O N Ser - O O O H H R1 Asp O O Gln NH H R1 Asp O Tyr O NH H - Asp O - O H Ser H O H O R2 N N H O Ser His Figura 4: Meccanismo enzimatico di lipasi con alcol (CYGLER et al., 1994). Negli ultimi anni, con l’intuito di aumentare l’attivita’ catalitica di lipasi, furono pubblicati vari procedimenti di immobilizzazione o modificazioni della struttura nativa, essendo questi processi di diverso grado di complessita’ e efficienza. I metodi di immobilizzazione richiedono un’interazione debole o formazione di legami covalenti tra la lipasi e il supporto. L’ingegneria genetica di lipasi comporta la modificazione del gene correlato all’enzima. Questa tecnologia include l’abilita’ di isolare e 32 33 esprimerei geni di interesse e modificare alcuni amminoacidi che occupano un sito importante per l’attivita’catalitica dell’enzima. 2.4 METODI DI IMMOBILIZZAZIONE DELL’ENZIMA. Lo sviluppo di tecniche di immobilizzazione e’ stato importante per il riutilizzo dell’enzima, facilitare la separazione dei prodotti e aumentare la stabilita’ in solventi organici. Il principale interesse nell’immobilizzare un’enzima e’ ottenere un biocatalizzatore con attivita’ e stabilita’ che non siano mutabili durante il processo. Idealmente, l’enzima immobilizzatodovra’ avere un’attivita’ catalitica superiore. Oltre questo, non dovranno servire altre modifiche strutturali, o modifiche nel sito attivo. L’immobilizzazione puo’ inibire o aumentare l’attivita’ e la stabilita’ dell’enzima, pero’ non esiste una regola che predica la manutenzione di questi parametri dopo il processo di immobilizzazione. In scienze, numeriosi metodi sono stati dscritti per elencare i possibili problemi di instabilita’ e ottimizzare le varie applicazioni. In reazioni chimiche e biochimiche, l’uso di enzimi puri puo’ essere dispendioso e il suo scarto dopo l’uso e’ economicamente inavviabile. Oltre cio’, il recupero dell’ambiente di reazione potrebbe essere difficile. L’immobilizzazione puo’ avvenire mediante l’adsorbimento o legame dell’enzima in un materiale insolubile, con l’uso di un reagente multifunzionale con legame crociato, confinamento in matrici formate per gel polimerici o incapsulazione mediante membrana polimerica. La Figura 5 illustra, schematicamente, la classificazione dei metodi utilzzati per immobilizzazione di enzimi. 33 34 Figura 5: Metodi di immobilizzazione di enzimi (Costa, 2002). Le lipasi sono state a lungo utilizzate nella tecnologia dei trigliceridi, essendo applicate, principalmente, nella biotrasformazione di oli e grassi. Tra i processi piu’ promettenti per la modificazione dei lipidi ci sono le reazioni di idrolisi, sintesi di esteri e interesterificazione di questi materiali in presenza di lipasi. La reazione di idrolisi comporta l’attacco nel legame estere del trigliceride in presenza di molecole di acqua per produrre glicerolo e acidi grassi. La reazione di esterificazione tra alcol poliedrici e acidi grassi liberi e’, in sua assenza, la reazione inversa dell’idrolisi del gliceride corrispondente. Il termine interesterificazione si riferisce allo scambio di radicali acili tra in estere e un acido (acidolisi), un estere e un alcol (alcolisi) o un estere e un altro estere (transesterificazione). In queste reazioni, il trigliceride reagisce con un acido grasso, un alcol o un altro estere, risultando in un riarrangio dei gruppi di acidi grassi del trigliceride in modo da produrre un nuovo trigliceride. 34 35 Il riarrangio e’ il risultato di reazioni concorrenti di idrolisi e esterificazione (OLIVEIRA, 1999). Questi acidi ottenuti a partire da alcol e acidi grassi possiedono molte applicazioni e, quelli ottenuti a partire da acidi a catena lunga (12-20 atomi di Carbonio) e alcol con catena corta (3-8 atomi di Carbonio) sono stati largamente utilizzati nelle industrie alimentari, come detergenti, in cosmetica e farmaceutica (CARTA et al., 1995). Per queste applicazioni vengono usati esteri naturali, tali come quelli derivati dall’olio di balena, cera di carnaúba e ólio di jojoba. Per il momento, questi oli sono cari e non sono disponibili in grandi quantita’. In questo modo, sarebbe vantaggioso sviluppare metodi per la produzione di tali esteri a parire da materie prime piu’ economiche e piu’ largamente disponibili (MARTINEZ et al., 1998). Recenti studi hanno dimostrato la possibilita’ dell’uso di un metodo alternativo per la produzione dei esteri dall’uso di enzimi lipasi, come catalizzatori (ABRAMOWICZ, E KEESE, 1989; BARZANA et al., 1989; DORDICK, 1989; OLIVEIRA e ALVES, 2000). L’aumento dell’uso dei biocatalizzatori immobilizzati e il loro utilizzo e’ dovuto alle loro proprieta’ favorevoli di reazione , al basso impatto con l’ambiente e alla loro alta specificita’ (BASRI et al., 1996). 2.5 CHITOSANO La chitina e’ un polisaccaride estremamente abbondante in natura ceh puo’ essere trovata in diversi organismi come gli insetti e i crostacei, essendo il principale costituente della crosta dei gamberoni, delle tartarughe e dei granchi. Il chitosano e’ anche un polisaccaride che viene prodotto naturalmente da alcuni funghi, ma generalmente e’ ottenuto per la disacetilazione della chitina, una reazione che puo’ essere eseguita in differenti 35 36 condizoni impiegando differenti alcali. Inoltre, l’esecuzione della reazione di disacetilazione di chitina a temperature elevate e impiegando soluzioni di NaOH é il piu’ comune per ottenere chitosano (CAMPANA E DESBRIÈRES, 2000). Il chiosano puo’ essere definito come un copolimero di 2-amino-2-desossi-Dglicopiranosio, di composizione variabile in funzione del grado residuo di acetilazione, le cui unita’sono unite per legami β (1→ 4) (Figura 6). Il termine chitosano e’ usato per identificare 60% di unita’ desacetilate, mentre la chitina si trova in prodotti molto piu’ acetilati. Come consequenza dei suoi differenti contenuti unita’ acetilate, chitina e chiosano possiedono diffenete grado di solubilita’, infatti la chitina è solubile. Figura 6: Struttura chimica del chitosano. 2.5.1 CARATTERIZZAZIONE DEL CHITOSANO. La produzione industriale e l’uso di chitina e dei suoi derivati, principalmente chitosano, si trova in costante crescita. I principali fattori per questo interesse possono essere attribuiti a : i) abbondanza di materia prima; ii) possibilita’ di utilizzo dei rifiuti piu’ abbondanti e a basso costo nell’industria ittica e iii) volume di studi confermando ed allargando continuamente il potenziale di domanda di quelli materiali. La tabella 5 esemplifica in breve modo delle aree nelle quali è stato applicato il chitosano, essendo la medicina e le biotecnologie i campi più investigati. Tabela 5. Alcune applicazioni del chiosano. 36 37 Applicazioni Trattamento dell’acqua Esempi Nella rimozione di ioni metallici attraverso la chelazione; come floculante di agente per l'eliminazione di sostanze come proteine, colorante e diserbanti; la chiarificazione e la filtrazione a partire da membrane a base di quitosana. Nel trattamento di superfici di cellulosa con lo scopo di aumentare la durezza senza modifica dello splendore; nell'ottenimento di Polpa di carta carta isolante e resistente all'invecchiamento; nell'uso in carta fotografica per elevare la proprietà antistatica. Medicina e biotecnologie In formulazioni che contengono chitosana contro il colesterolo; nel combattimento di cellule cancerose, come nel trattamento della leucemia; nella preparazione di lenti a contatto; nella produzione di membrane per dialisi; Come agente anticoagulante e sanguigno; nella produzione di microsfere per la liberazione controllata di medicine. Nella rimozione di eccessi di grassi in Cosmetici shampoo; in creme di pulizia e composti di trattamenti di pelle e capelli. Nel trattamento nella superficie del seme per l'inibizione di funghi; nella rimozione di colori in succhi citrici; nella rimozione di solidi, Agricoltura e processamento di alimenti beta-carotene ed acido di sostanze di succhi di mela e di carota; nella chiarificazione di vini e in coperture mangiabili per frutta. (Sandford,1998,Laranjeira,1995; Jameela,1995; Grupta,2000; Assis et al., 2003). 37 38 Il chitosano puo’ essere applicato in molte aree e la versatilità di quello polimerico è dovuto alle sue caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche come: l'abilità di chelare metalli, la resistenza alla tensione, la capacità di formare film e l'attività battericida. (THARANATHAN; KITHUR, 2003, MATHUR; NARANG, 1990). Queste caratteristiche sono influenzate fortemente dal grado di desacetilazione (GD), massa molare media (MMm) e l’ area specifica, il che giustifica l'analisi di questi parametri. 2.6 LA MAMONA E L’OLIO DI MAMONA La MAMONA è un euforbiacea la cui origine è asiatica, africana e anche americana. Ad ogni modo, la sua menzione è fatta dall'antichità più remota, perché secondo autori classici già fu conosciuto al tempo del vecchio egiziano che la apprezzarono come pianta miracolosa, essendo usata ugualmente nell'india per molti fini. In Brasile la pianta di olio di ricino è conosciuta fin dall'era coloniale quando da essa si estraeva l’olio per lubrificare gli ingranaggi delle grandi macchine. 2.6.1-CLASSIFICAZIONE BOTANICA La pianta della mamona,scientificamente denominata Ricinus comunis L., è una pianta della famiglia delle euforbiacee. In Brasile, la pianta di olio di ricino è conosciuta sotto le denominazioni di mamoneira, ricino, carrapateira e palma-criste; in Inghilterra e negli Stati Uniti per il nome di ‘’castor beans’’ e ‘’castor seed’’. 2.6.2 IMPORTANZA INDUSTRIALEAL La cultura del mamoneira si riveste d’importanza per le arie applicazioni che il suo olio trova nel mondo moderno. Il petrolio è usato, dopo disidratazione, nella produzione di vernici come protettore e isolante. Serve come lubrificante, nell'aeronautica, essendo il miglio olio nella lubrificazione dei motori e come fluido nelle installazioni idrauliche. Si usa anche come base nella maggior parte dei prodotti della cosmetica e in molti tipi di medicine farmaceutiche. Il petrolio di pianta di olio di ricino è utile in molti processi come la produzione di colori, aniline, disinfettanti, germicidi oli lubrificanti a bassa temperatura e colle in generale; Una delle applicazioni di grande valore economico dell’olio di mamona è nella produzione di nailon e materiali di plastica; Nella produzione di schiume plastiche l’olio di mamona conferisce al materiale consistenze diverse: dal molle e spugnoso al duro e rigido. 38 39 Le fabbriche di olio di mamona ora industrializzano tutto il prodotto, ottenendo l’olio di mamona come prodotto principale e come sottoprodotto lo scarto di mamona, che ha grande proprieta’ fertilizzanti. In prospettiva delle domande innumerevoli dell'olio di mamona il suo consumo interno aumentò notevolmente in questi ultimi anni, percio’ c’è stata anche la necessita’ di aumentare le aree di piantagione, e fu indispensabile pensare di consolidare il più grande produttore di mondo di pianta mamona. Il conseguimento di questo obiettivo è di rilievo e ben piu’ importante rispetto alla produzione agricola semplice, principalmente per i metodi razionali della coltura, l'evoluzione tecnica per il maggior uso di macchine e per la piantaggione di varietà produttive e di buon reddito in petrolio (Ogunniyi et al., 2006). A distribuição geográfica da mamoneira é extensa, sendo encontrada em estado espontâneo ou cultivada, em quase todas as zonas tropicais e subtropicais do mundo. Os principais produtores de mamona são: Brasil e a Índia, sendo esta, produtora milenar da oleaginosa, absorvendo o seu consumo interno 50% de sua produção. La distribuzione geografica di mamona è estesa, essendo trovata in stato spontaneo o coltivato, in quasi tutti gli stati e le aree subtropicali del mondo. I principali produttori nazionali al mondo di mamona sono Brasile ed India. Figura 7: Pianta di Mamona (Produzione Agroecologia Mamona, 2006). TABELLA 6: APPLICAZIONE INDUSTRIALE DI DERIVATI DI OLIO DI MAMONA. 39 40 Sito di Reazione Derivato Aplicazione Metilricinoleato Nylon-11(Fili,Tubi,Industria Chimica Ligame Estere Automobilistica, Aeronautica.) Doppio Legame Olio idrogenato Cere, lubrificanti, Cosmetici, Plastici. Olio Ossidato Plasticizzante, Protettori, Tinte, Adesivi. Olio Desidratato Lubrificante Olio Sulfonato Industria Tessile Acido Sebatico Lubrificanti, Nylon 6 -10 Olio Etossilato Cosmetici, Detergenti, Lubrificanti di Gruppo Idrossile Superfíci, Olio di Corte, Fluido idraulico, Industria Tessile. Poliuretani Telecomunicazioni, Materiali Elettrici, Produtti Biomedici, Filtri Industriali. Biodiesel Transesterificazione O OH CH3 HO Ácido Ricinoleico Figura 8: Struttura chimica dell’acido ricinoleico. 40 41 TABELLA 7: PERCENTUALI DI ACIDI GRASSI PER L’OLIO DI SOJA E MAMONA. Acidi Grassi Composizione (%m/m) Olio di mamona Olio di Soja Palmitico 11,3 ± 0,1 1,4 ± 0,2 Estearico 3,5 ± 0,1 0,9 ± 0,2 Oleico 23,6 ± 0,1 3,5 ± 0,2 Linoleico 54,7 ± 0,1 4,9 ± 0,2 Linolenico 6,9 ± 0,1 0,3 ± 0,1 Ricinoleico _ 88,9 ± 1,4 (SCHNEIDER, 2003). O OH CH3 O O OH CH3 O O OH CH3 O Triacilglicerol Figura 9: Struttura chimica dell’olio di mamona 41 42 3 PARTE SPERIMENTALE 3.1 MATERIALI Il chitosano e’ una polvere e l’enzima lipasi di Candida antarctica B (LIPOZYME CALB L) e la lipasi immobilizzata commercialmente (NOVOZYM 435) furono donate, rispettivamente, dal laboratorio QUITECH – Dipartimento di Chimica (UFSC) e Novozymes Latin America Ltda –Araucária-PR. L’olio di mamona fu donato dall’Aboissa – oli vegetali Ltda. MATERIALI UTILIZZATI Lipase Lipozyme CALB L – Novozymes Latin America Ltda –Araucária-PR Lipase Novozym 435-Novozymes Latin America Ltda –Araucária-PR Glutaraldeíde 25%-Vetec; Olio di Mamona -Aboissa-oli vegetali Ltda. p-NPP ( p-nitrofenil palmitato) –Sigma Idrossido di Sodio P.A – Nuclear Bicarbonato di Sodio PA- Nuclear Alcol etilico 95 GL PA – Nuclear Tamponi pH 5, 6, 7, 8, 9 e 10. Acido acetico Glaciale PA-Nuclear 42 43 4.2 CARATTERIZAZIONE DEL CHITOSANO I campioni di chitosano furono caratterizzati per determinazione del grado di desacetilazione, massa molare media, area superficiale e per spettro a ifrarossi. 3.3 PREPARAZIONE DELLE SFERE DI CHITOSANO Per la produzione delle sfere, i campioni contenenti 1 g di chitosano furono diluiti in 30 mL di acido acetico 5% v/v. Le soluzioni ottenute furono versate in gocce dentro una soluzione di NaOH 1 M. Tale processo fu realizzato con l’ausilio di una pompa peristaltica Perimax 12 Spetec. Subito dopo, le sfere ottenute permasero nella soluzione di NaOH 1 M per 12 ore. In seguito, le stesse furono lavate con acqua deionizzata sino ad un pH della soluzione prossimo a 8,0 (GOY, ASSIS, CAMPANA-FILHO, 2004). 3.3.1 DETERMINAZIONE DEL GRADO DI DESACETILAZIONE (GD) Per la quantificazione dei gruppi amminici presenti nella struttura del chiosano fu realizzata una titolazione potenziometrica dove, una soluzione contenente 0,2 g di chiosano diluito in 20 mL di acido cloridrico 0,3 M e 200 mL di acqua distillata fu titolata con una soluzione di NaOH 0,2 M. Furono addizionate aliquote da 0,5 mL della soluzione titolante sino al volume finale di 80 mL. La percentuale dei gruppi amminici fu calcolata in accordo con l’equazione (1): GD = M (V 2 − V 1) K W Dove V1= volume di NaOH corrispondente alla neutralizzazione dell’eccessodi HCl nella soluzione; V2= volume di NaOH corrispondente alla neutralizzazione dei gruppi amminici presenti nel polimero; M = 0,2 Molare di NaOH; W= massa del campione di chitosano in grammi. Il valore K=161 corrisponde alla massa equivalente a un monomero di polimero (BROUSSIGNAC, 1970). 43 44 3.3.2 DETERMINAZIONE DELLA MASSA MOLARE MEDIA La massa molare media fu determinata dal metodo viscosimetrico, dove furono utilizzate soluzioni di 1.10-4 a 5.10-4 g di chitosano, che furono posteriormente filtrate in una membrana di porosita’ 0,45µm. Per la preparazione delle soluzioni citate fu utilizzato come solvente una soluzione di tampone (acido acetico 0,3 M / acetato di sodio 0,2 M, pH ~ 4,5). I tempi di seccamento ottenuti corrispondono alla media di tre determinazioni che furono realizzate in un viscosimetro 0,54 mm AVS-350, accoppiato ad un bagno termostatato CT52 regolato a 25oC, entrambi della Schott-Geräte. La viscosita’ relativa (rel), specífica (esp) e ridotta (red) furono determinate utilizzando le equazioni (2), (3) e (4), rispettivamente. La viscosita’ intrínseca [] fu determinata pdalla estraplazione dei dati di viscosita’ ridotta alla diluizione infinita (coeficiente lineare di red versus concentrazione della soluzione di chitosano). t (2) η rel . = t 0 (3) ηesp = ηrel -1 (4) η red . = Dove: η esp. c =viscosita’; to=tempo di evaporazione del solvente; t=tempo di seccamente della soluzione e c=concentrazione. Per il calcolo della massa molare media fu utilizzata l’equazione (5), proposta da Rinaudo,Milas e Le Dung (1993). a (5) [η ] = KM Dove: = viscosita’ intrínseca del polimero; MMn = massa molare media del polimero; K e a= constanti caratterísticche del sistema polimero-solvente. 44 45 3.3.3 DETERMINAZIONE DELL’AREA SUPERFICIALE La determinazione dell’area superficiale del chitosano fu realizzato attraverso l’isoterma di adsorbimento di nitrogeno a 77 K, usando l’apparecchio Quantachrome Corporation, modello Autosorb 1 MP, del Laboratorio di Físico-Chimica Sperimentale (UFSC). Furono utilizzati 26,8 mg di chitosano e un tempo di analisi di 230,6 minuti. L’area superficiale del supporto fu determinata mediante metodo BET. 3.3.4 SPETTRO DI FT-IR Le analisi spettroscopiche FT-IR furono realizzate con uno spettrofotometro PERKIM & ELMER 16 PC del Dipartimento di Chimica Centrale di Analisi (UFSC). La spettroscopia ad Infrarosso e’ un’analisi importante che fornisce informazioni strutturali sul materiale di interesse. Osservando lo spettro IR del chitosano (Figura 10 ), é possibile notare che le principali bande sono: banda d stratching assiale di OH a 3.371,17 cm1 , il quale e’ sovrapposto alla banda di stratching N-H; banda di stratching C-H a 2.879,38 cm- 1 ; deformazione assiale di C=O di amide I a 1.656,66 cm-1; deformazione angolare di N-H dell’ammina primaria a 1.378,94 cm-1; banda di stratching C-O dell’alcol primario a 1.081,94 cm-1, e bande di strutture polissacaridiche nella regione tra 890 – 1156 cm-1 (SILVERTEIN, 1991). Tutte le bande osservate sono molto simili alle bande descritte da SHIGEMASA et al., 1996. Inoltre, il confronto dello spettro ottenuto (Figura 1) con altri campioni commerciali di chitosano studiate da Santos e collaboratori (2003), dimostra che tutte presentano basicamente gli stessi gruppi funzionali. 45 46 Figura 10: Spettro IR di chitosano in pastiglie di KBr. 3.4 FUNZIONE DELLE SFERE DI CHITOSANO CON GLUTARALDEIDE Il processo di funzionamento o attivazione delle sfere fu realizzato addizionando 10 sfere di chitosano in un erlenmeyer da 125 mL, 5 mL di tampone Tris pH 9,0, 10 mL di soluzioni di glutaraldeide 0, 1, 3, 5, 7 e 9%, in uno shaker a 250C e 150 rpm. Il periodo di contatto tra le sfere e le soluzioni di glutaraldeide fu di 24 ore. Le soluzioni diglutaraldeide furono preparate utilizzando come solvente il tampone fosfato pH 8,0 (ADRIANO et al., 2003). Dopo il tempo di reazione, le sfere furono lavate con acqua distillata. Per testare le caratteristiche strutturali della superficie delle sfere attivate a differenti concentrazioni di glutalraldeide vennero eseguite analisi di microscopia elettronica (MEV). 46 47 3.5 CARATTERIZZAZIONE DELLA LIPASI LIBERA E IMMOBILIZZATA 3.5.1 DETERMINAZIONE DELL’ATTIVITA’ ENZIMATICA Per l’enziam libero o immobilizzato, furono realizzate le determinazioni enzimatiche utilizzando il metodo di CHIOU e col. (2004). Questo metodo si basa nell’idrolisi di p-nitrofenilpalmitato in p-nitrofenolo, che, quest ultimo assorbe a 410 nm (= 15.000 M-1cm-1, come coefficiente di estinzione molare. La reazione viene illustrata nella sezione 4.1. I dati registrati furono ottenuti con l’utilizzo di uno spettrofotometro UV-VIS Varian Cary 50. Il procedimento consiste nella preparazione di 0,5 g di p-nitrofenilpalmitato (p-NPP) dissolto in 100 mL de alcol etilico assoluto. Per la determinazione dell’attivita’ vennero utilizzati: 100 L di lipasi libera, 1000 L di soluzione p-NPP e 1000 L di tampone Tris pH 9,0. La soluzione fu incubata a 30oC per 5 minuti in bagnomaria. La reazione di idrolisi enzimatica del p-NPP avvenne con l’aggiunta di 2000 L di una soluzione 0,5 N di carbonato di Sodio. Vennero prelevati 2000 L di questa soluzione e addizionati con una eppendorf e centrifugati per 10 minuti a 10.000 rpm. Il surnatante fu diluito in 200 L di acqua distillata e sottoposto ad analisi spettrofotometrica. Un’unita di attivita’ enzimatica (U) e’ definita come la quantita’ di enzima libero o immobilizzato necessaria per idrolizzare 1 mol de p-NNP per minuto. OH OCOC15H31 Lipase + NO2 + H2O C15H31COOH NO2 Figura 11: Reazione enzimatica del ρ-NPP. 47 48 3.5.2 DETERMINAZIONE DEL MIGLIOR pH OTTIMO La reazione di idrolisi del paragrafo 4.5.1 , fu condotta alla temperatura di 30oC in tamponi tartarato (0,1 M) pH 3,0/ 4,0 e 5,0 e in tamponi fosfato (0,1 M) pH 6,0/ 7,0/ 8,0/ 9,0 e 10,0 con l’obiettivo di determinare a quale valore di pH l’enzima libero (CALB L) e immobilizzato (NOVOZYM 435) acquisiscono maggior attivita’ enzimatica. I parametri cinetici KM e VMAX dell’ enzima CALB L furno ottenuti dalla reazione di Michaelis-Menten con ausilio del software ENZFITTER (1987, Biosoft, USA), per la reazione dell’idrolisi enzimatica. 3.5.3 PROPRIETA’ DI TERMOSTABILITA’ Gli enzimi, liberi e immobilizzati furono addizionati in tamponi Tris pH 9,0 e pre-incubati a temperature di 30, 40, 50, 60, 70, 80, 90 e 100oC. Le analisi di attivita’ enzimatica (paragrafo 3.5.1) residua furono eseguite con le aliquote incubate per 10 minuti. La determinazione dell’attivita’ enzimatica residua fu calcolata in accordo con l’equazione: Dove: Ufinale= attivita’ enzimatica dopo il periodo di icubazione e Uiniziale= attivita’ enzimatica prima del periodo di incubazione. 3.5.4 EFFETTO DELL’USO RIPETUTO SULL’ATTIVITA’ RESIDUA DEGLI ENZIMI Le sfere contenenti l’enzima immobilizzato furono addizionate ad una provetta con 1000 µL di tampone Tris pH 9,0 e 1000 L di p-NNP. Dopo completa idrolisi del 48 49 substrato le sfere furono lavate con acqua distillata e lo stesso procedimento fu ripetuto tre volte. In questo modo, la possibilita’ del riutilizzo dell’enzima immobilizzato nelle sfere di chitosano fu determinato mediante le misure dell’attivita’ enzimatica residua in sette cicli consecutivi di idrolisi di p-NNP. La possibilita’ di riutilizzo degli enzimi fu determinata anche usando come substrato l’olio di mamona. In questo caso, le sfere con l’enzima immobilizzato furono incubate con l’olio per 24 oree conseguentemente lavate con alcol etilico 95o GL PA e nuovamente riutilizzati. Questo processo fu ripetuto sette volte, realizato con le sfere di chitosano e con lipasi immobilizzata commercialmente (Novozym 435). Il prodotto finale della reazione fu analizzato per RMN-H1, FTIR e CG. 3.5.5 EFFETTO DI VARI SOLVENTI SULL’ATTIVITA’ RESIDUA DELLA LIPASI CALB L L’attivita’ enzimatica fu determinata utilizzando lo stesso procedimento citato nel paragrafo 3.4.1. Poi, frazioni di diversi solventi (Etanolo, Metanolo, Butanolo, Esano e neptano) furono addizionati nella’ambiente di reazione. Le frazioni utilizzate dei rispettivi solventi furono di 0, 25, 50, 75 e 100 % in acqua distillata. 3.6 EFFICIENZA DEL PROCESSO DI IMMOBILIZZAZIONE L’efficenza del processo di immobilizzazione fu determinata analizzando l’attivita’ enzimatica del surnatante come e’ mostrato nella figura 18; questa e’ la miglior concentrazione di glutaraldeide legata alla lipasi CALB L immobilizzata covalentemente in sfere di chitosano. 49 50 L'enzima fu immobilizzato in sfere di quitosana attivate con concentrazioni diverse di glutaraldeide di 0; 1; 3; 5; 7 e 9%. Durante il processo di immobilizzazione, l'attività enzimatica del surnatante del sistema (sfere + soluzione enzimatica) fu misurata secondo la metodologia dell'articolo 4.4, con l'obiettivo di studiare la concentrazione di glutaraldeide che conferisce minor attività del surnatante e di conseguenza, la più grande efficienza di immobilizzazione As análises das esferas de quitosana imobilizadas e das microesferas imobilizadas em resina acrílica macroporosa (Novozym 435) foram realizadas por MEV (Microscopia Eletrônica de Varredura) no equipamento XL30 marca PHILIPS do Departamento de Engenharia de Materiais/UFSC. Le analisi delle sfere di quitosana immobilizzato e delle microsfere immobilizzate in resina acrilica macroporosa (Novozym 435) furono portate a termine mediante MEV nell'attrezzatura XL30 marca Filippi del Reparto di Pianificare di Materiali - UFSC. 3.6.1 PRODUZIONE DI BIODIESEL A PARTIRE DA OLIO DI MAMONA L’olio di mamona utilizzato presento le seguenti caratteristiche fisicochimiche: TABELLA MAMONA. 8: CARATTERISTICHE FISICO-CHIMICHE DELL’OLIO Analisi Specificazioni Umidita’- impurezze 0,375% massimo Acidita’ - acido oleico 1% massimo DI 50 51 Viscosia’ - Gardner Holdt U.V. Massa specífica a 25oC 0,945-0,965 g/mL Indice di saponificazione – mg KOH/g 176 a 187 Indice di rifrazione – 25oC 1473-1477 Indice di idrossili 157 a 170 Cor Gardner 4,5 – ASTM D-55T Fonte: Aboissa Óleos Vegetais Ltda. 4.5.1 SINTESI DI BIODIESEL CON ENZIMA CALB L IMMOBILIZZATO Gli esperimenti consisterono nella sintesi di ricinoleato di etile attraverso la transesterificazione enzimatica o alcolisi enzimatica dell'olio mamona con lipasi (CALB L) immobilizzata in sfere di chitosano precedentemente immobilizzate covalentemente con glutaraldeíde in 50 ml di olio di mamona commerciale e 126 g di alcol etilico 95° GL PA, considerando che l’olio di mamona contiene approssimativamente 90% di acido ricinoleico e la sua massa molare è di 298,5 g / mol fu calcolato che la reazione obedirebbe alla razione molare di 3:1 con il 3% m/m circa in 5,4g di sfere di chitosano immobilizzato. La reazione fu realizzata in un reattore di tipo batch come e’ mostrato nella figura 12, con temperatura controllata in bagno termostatato con circolazione esterna d’acqua ad una temperatura compresa tra 40 e 50 oC con tampone Tris pH 9,0 in 24 ore di reazione. La reazione di sintesi enzimatica fu accompagnata dalla tecnica di RMN H1 de FTIR e CG a seguito del termine della reazione per la determinazione del principale prodotto di sintesi enzimatica che e’ il ricinoleato di etile (Figura 13). 51 52 Figura 12: Reattore di tipo batch con enzima immobilizzato a temperatura controllata. O OH CH3 H3C O Ricinoleato de Etila Figura 13: EsStruttura chimica del ricinolato di etile (12-idrossi-9-octadecenoico). Furono realizzate 15 prove col riutilizzo dell'enzima immobilizzato di durata di 24 ore per ogni reazione. Dopo le prove il prodotto il prodotto si separava per decantazione in imbuto di separazione del glicerol, fanghi e dei trigliceridi che non reagirono e relativo enzima immobilizzato per riutilizzarlo susseguentemente nelle altre reazioni di sintesi enzimatica. 52 53 La reazione molare usata in questo lavoro era di 3:1, secondo la letteratura è raccomandata, perciò, la reazione è trattata con un eccesso di alcol nella ragione molare di 3:1. Dopo la reazione di transesterifizione il prodotto formato è stato distillato in un evaporatore rotante come è mostrato nell'illustrazione 14 per la separazione dell'eccesso di alcol ed acqua ed anche del glicerolo, per l'analisi susseguente di RMN H1, FTIR, Cg e Reologia. Figura14: Processo di separazione del ricinoleato di etile nell’evaporatore rotante. 3.6.3 SINTESI DEL RICINOLEATO DI ETILE CON L’ENZIMA NOVOZYM 435 Fu utilizzata la stessa procedura per l'ottenimento del ricinoleato di etile con la lipasi NOVOZYM 435. Mediante reazione con 50 g olio di mamona commerciale + 126 g di alcol etilico, considerando che l’olio di mamona contiene approssimativamente 90% di acido ricinoleico e la sua massa molecolare è di 298,5 g / mol fu calcolato che la reazione avrebbe rispettato la ragione molare di 3:1 (126 g di alcol e 50g di olio di mamona), questa 53 54 reazione fu eseguita con approssimativamente del 3% m/m di NOVOZYM 435, in relazione alla massa totale dei reagenti in tampone Tris pH 9,0 e temperatura controllata tra 40 e 50°C in bagno termostatato con circolazione esterna d’acqua. La reazione duro’ 24 ore per garantire una transesterificazione totale. Furono realizzate 12 prove nelle stesse condizioni sperimentali descritte per la lipasi CALB L immobilizzate in sfere di chitosano. Dopo gli esperimenti in reattore di tipo batch, la separazione del ricinoleato di etile continuo’ come venne descritto nelle altre prove con lipasi che CALB L immobilizzata in sfere di chitosana e Novozym 435, anche in questo caso venne effettuato lo stesso procedimento analitico che fu eseguito per l'identificazione del prodotto formato dalla reazione di sintesi enzimatica con olio di mamona. 3.6.4 ANALISI DI CG Il biodiesel prodotto dalla transesterificazione enzimatica fu analizzato anche mediante cromatotografia in fase gassosa, per l'identificazione del prodotto principale (ricinoleto di etile) e principalmente per la quantificazione di quel prodotto. In primo luogo venne costruita una curva di calibratura con lo standard di palmitato di metile. La concentrazione usata per iniezione degli standard a diverse concetrazioni fu di 300 ppm ognuno. A amostra com padrão interno foi injetada em triplicata em um cromatógrafo gasoso com detector de ionização de chama (CG/DIC Varian modelo STAR 3400 CX), acoplado com uma coluna capilar apolar modelo DB5 (5% de fenil metil silicone), com as seguintes condições: temperatura inicial da coluna de 150°C permanecendo por 1 min, taxa de aquecimento de 15 °C/min até 180. Il campione con lo standard fu iniettata in triplicata in un cromatografo gassoso con rivelatore di ionizzazione di fiamma (Cg / DIC Varian modello 54 55 Astro 3400 CX), accoppiato con una colonna capillare apolare modello DB5 (5% di fenilmetil silicone), con le condizioni seguenti: Temperatura iniziale della colonna di 150°C per 1 min, velocita’ di riscaldamento 15 °C/min sino 180°. As temperaturas do injetor e detector permaneceram em 300°C. O tempo total da análise foi de 14,16 min. A quantidade de amostra injetada foi de 2 microlitros . Esta metodologia foi utilizada em estudo recente por FACCIO, 2004. Una seconda fase fu programmata sino a 210°C con una velocita’ di riscaldamento di 4°C/min e la terza fase sino alla temperatura finale della colonna di 250°C con una velocita’ di riscaldamento di 15°C/min. Le temperature dell'iniettore e rivelatore stettero a 300°C. Il tempo totale dell'analisi fu di 14,16 min. La quantita’ del campione iniettato e’ di 2 microlitri. Questa metodologia fu usata nello studio studio condotto da FACCIO nel 2004. 3.6.5 ANALISI SPETTROSCOPICA DI FTIR La spettroscopia Infrarosso e’ un’analisi imèortante, poiche’ fornisce informazioni strutturali sul materiale di interesse e con cui dove si possono identificare i principali gruppi funzionali chimici. Le analisi spettroscopiche FTIR furono realizzate in uno spettrofotometro PERKIM & ELMER 16 PC del Dipartimento di Chimica-Centrale di Analisi (UFSC). As análises de FTIR foram realizadas colococando-se o líquido entre placas de sal de KBr com espaçadores. Pressionando-se levemente a amostra líquida entre as placas planas produz-se um filme de espessura de 0,01 mm ou menos. As placas foram mantidas juntas por capilaridade, onde foi utilizado aproximadamente 0,5 mg de amostra. Le analisi di FTIR furono realizzate collocando il liquido fra piatti di sale di KBr con separatori. Pressionando lievemente il campione liquido tra le placche piane si forma un film dello 55 56 spessore di 0,01 mm circa. Le placche si mantennero unite per capillarita’ e furono utilizzati approssimativamente 0,5 mg di campione. 56 57 4 RISULTATI E DISCUSSIONE 4.1 PREPARAZIONE DELLE SFERE DI CHITOSANO La metodologia descritta si mostro’ molto efficiente per la produzione delle sfere, perché, si potrebbe controllare il flusso della soluzione di gel di chitosano, con una formazione omogenea di sfere di chitosano. Inoltre, fu possibile verificare per ispezione visuale che le sfere possederono la buona resistenza meccanica per essere sottoposte al processo di agitazione durante le prove di immobilizzazione. 4.2 CARATTERIZZAZIONE DEL CHITOSANO Come descritto prima, il chitosanao possiede caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche che lo rendono interessante per l’applicazione in molte aree. Tali caratteristiche sono influenzate direttamente da fattori come il grado di desacetilazione, massa molare media e l'area superficiale 4.1.1 DETERMINAZIONE DEL GRADO DI DESACETILAZIONE Molti metodi sono stati descritti nella letteratura per la determinazione di GD, fra loro loro sono di rilievo, la titolazione potenziometrica (BROUSSIGNAC 1970), spettroscopia UV (TAN et al. 1998), spettroscopia infrarosso (SHIGEMASA et al., 1996, DUARTE, et al. 2002), spettrocopia di massa (DUARTE et al. 2001) e la spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (RMN) (LAVERTU et al. 2003). 57 58 La titolazione potenziometrica fu eletta come metodo in questo lavoro in funzione della sua semplicità e precisione. La figura 12 illustra il profilo della curva ottenuto attraverso la titolazione potenziometrica della soluzione di chitosano usato. E’ stato possibile osservare che la curva presenta due punti di flesso, essendo il primo relativo alla neutralizzazione dell'eccesso di HCl nella soluzione ed il secondo punto dovuto alla neutralizzazione dei gruppi amino protonati. Il GD calcolato per questo metodo fu di 72,5%, che rappresenta la media delle tre determinazioni. Venne effettuata una comparazione con la letteratura, vari valori di GD furono trovati variando da 50,0 a 92,3% (LIN et al., 2002, MARTINO et al., 1996, JIANG et al., 2005, YANG; WANG; TAN, 2004, ADAMIEC e MODRZEJEWAKA, 2004). Cosi’, il chitosano utilizzato in questo lavoro possiede un GD dentro il range di valori trovati nella letteratura e utilizzati per promuovere l’immobilizzazione enzimatica. 12 2 10 8 0 pH 0 20 40 60 80 6 4 2 V2 (x=68; y=8,69) V1 (x=59; y=3,53) 0 0 20 40 60 80 Volume de NaOH 0,1M (mL) Figura 15: Curva di titolazione potenziometrica della soluzione di chitosano e acido cloridrico (0,3 M).I punti rappresentano la media di tre determinazioni. Il quadro minore illustra la derivata prima della curva di titolazione, dove i punti massimi rappresentano i punti di flesso. 58 59 Il grado di desacetilazione (GD) è un parametro che definisce la frazione di unità desacetilate esistentei nella catena polimerica (DUARTE et al. 2001). Questo parametro definisce se il polimero e’ chitina o chitosano. Arbitrariamente quando GD40% il polimero è definito come chitosana (TAN et al. 1998). Il GD influenza la solubilità del chitosano, perché maggiore e’ la quantita’ dei gruppi amminici, maggiore e’ la repulsione elettrostatica tra le catene e, conseguentemente maggiore e’ la solubilizzazione in acqua. Oltre al modificare le caratteristiche della solubilità del chitosano, il GD è un importante parametro, perché è direttamente relazionato al rendimento di immobilizzazione enzimatica. Questa affermazione può essere confermata dallo studio di Rodrigues e collaboratori (2005) i quali ottimizzarono l'immobilizzazione della lipasi in microsfere di chitosano con diversi GDs. I risultati rivelarono che il rendimento di immobilizzazione e la stabilità dell'enzima immobilizzato in confronto a molti fattori fisici era significativamente più grandi utilizzando chiosano con maggior GD. L’influenza del Gdin relazione alla quantita’ di enzima accoppiato fu un parametro studiato da Alsarra e collaboratori (2002), i quali osservarono maggior attivita’ enzimatica e quantita’ di proteine incapsulate in sfere confezionate con chitosano di maggior GD. Le osservazioni citate evidenziarono che il chitosano con maggior GD possedeva maggior numero di gruppi amminici, che a loro volta, potrebbero formare maggior numero di legami con un agente bifunzionale (glutaraldeide), o diventare disponibili per formalre piu’ egami ionici con le molecole degli enzimi. Per mezzo della curva di titolazione fu possibile anche determinare pKa del polimero. Cosi, considerando l’equazione di Henderson-Hasselbalch, e ancora, che nel punto stecchiometrico della curva di titolazione esiste praticamente la stessa concentrazione di acido e base e inoltre, é possibile determinare il pKa del polimero attraverso il pH del secondo punto di flesso, che si localizza prossimo a pH=8,0. 59 60 pH = pKa Teoricamente, il pKa del chitosano e’ approsimatamente di 6,5 (KRAJEWSKA, 2004). Come tutti i poielettroliti, la costanti di dissociazione del chiosano dipende da vari fattori, tra cui il GD e la densita’ di carica del polimero. 5.2.2 DETERMINAZIONE DELLA MASSA MOLARE MEDIA La figura 5.2 illustra la curva della viscosita’ ridotta contro la concentrazinoe del chitosano, dove si nota che la viscosita’ intrinseca fu determinata dall’estrapolazione dei dati di viscosita’ alla diluizione infinita. Considerando cio’, il valore ottenuto per fu uguale a 419,232. 520 Viscosidade reduzida (mL/g) 500 480 460 440 420 y=410,3+208200x R=0,95556 [η] 0,0001 0,0002 0,0003 0,0004 0,0005 0,0006 Concentração solução de quitosana (g/mL) Figura 16: Curva del rapporto tra viscosita’ ridotta e concentrazione della dsoluzione del chitosano. 60 61 Utilizzando l’equazione (5), e usando i valori per K=0,076 e a=0,76 (paragrafo 3.2.1) in solvente composto da acetato di sodio 0,2 M e acido acetico 0,3 M, la MMm del chitosano utilizzato in questo lavoro fu di 83,79 kDa. 5.2.3 DETERMINAZIONE DELL’AREA SUPERFICIALE Il modello utilizzato in questo lavoro fu quello di Brunauer, Emmett e Teller (BET). La Figura 17a illustra l’isoterma di adsorbimento ottenuta per il chitosano, dove e’ possibile osservare che il suo formato e’ caratteristico dei solidi non porosi. Inoltre, attraverso delle informazioni ottenute con ausilio dell’aisoterma e del modello citato fu possibile ottenere un grafico BET del chitosano (Figura 17b), dove l’area calcolata fu di 4,86 m2/g. Questo e’ un valore basso se comparato con altri utilizzati anche per promuovere l’immobilizzazione di enzimi, tali come il silicio mesoporoso, che possiede un’area approssimativamente di 300 m2/g (BLANCO et al., 2004), gel di silicio con 422 m2/g (PERALTA-ZAMORA et al., 2003) e vetro con porosita’ controllata con 87 m2/g (ROGALSKI et al., 1995). Secondo Zanin e Moraes (2004) perche’ un determinato supporto acquisisca un numero significativo di molecole di enzima per adsorbimento fisico, lo stesso deve possedere un’area specifica minima di 10 m2/g. Cosi, e’ possibile dire che solo una frazione inapprezzabile di molecole dell’enzima deve subire solo adsorbimento fisico durante il processo di immobilizzazione. 61 62 Figura 17: a) Isoterma di adsorbimento di nitrogeno a 77 K di chitosano; b) grafico BET del chitosano. 4.2 FUNZIONALITA’ DELLE SFERE DI CHITOSANO CON GLUTARALDEIDE L’attivazione delle sfere di chitosano fu realizzata con varie concentrazioni di glutaraldeide. In questo contesto, furono verificate le possibili modifiche causate dalla morfologia delle sfere di chitosano. La Figura del paragrafo 5.5 illustra i risultati ottenuti con l’ausilio della tecnica di ME. Fu condotto uno studio sull’attivita’ enzimatica del surnatante e anche l’analisi delle proteine totali (Bradford, 1976) in cui si verifico’che con l’aumento della concentrazione di gluteraldeide la funzinalita’ non e’ efficente, questo puo’ essere spiegato con l’effetto dell’impedimento sterico nei legami crociati tra l’enzima e il gluteraldeide al chitosano (Figura 17,19 e 20). La possibilita’ di inserirsi in vari residui dell’enzima, nei processi di immobilizzazione covalente, sul supporto previamente attivato con gruppi aldeidici puo’ influenzare beneficamente la stabilità delle molecole di enzima immobilizzato. Tutti i residui, si uniscono ad una grande superficie di supporto, attraverso bracci spaziatori molto piccoli, 62 63 che saranno costretti a conservare le loro distanze relative durante qualunque cambio conformazionale, diventando la regione dell’enzima immobilizzato piu’ rigida che la stessa regione dell’enzima nativo. DI conseguenza, tutta la molecola dell’enzima diventa molto piu’ resistente alle modifiche conformazionali indotte per agenti denaturanti (Guisán et al., 1991). D’altra parte, un’elevata concentrazione di di gruppi aldeidici nell superficie del supporto, potra’ originare molti legami covalenti multipunto con l’enzima, generando un’alta rigidita’ nella sua molecola, con conseguente distorsione nella sua struttura tridimensional, e nel suo centro attivo. Diventa importante promuovere la formazione di molti contatti enzima-supporto in modo da ottenere una rigidita’ nella struttura dell’enzima favorendo un’alta stabilita’ e un’alta attivita’ intrinseca come derivato. Intanto, e’ necessario un rigoroso controllo della stabilita’ senza pero’ promuovere la distorsione della struttura terziaria dell’enzima e, di A tiv id a d e e n z im á tic a d o s o b re n a d a n te conseguenza, del suo centro attivo, quando non e’ richiesta (Figuras 20, 21 e 22). 1 ,2 1 ,1 1 ,0 0 ,9 0 ,8 0 ,7 0 ,6 0 ,5 0 ,4 0 ,3 0 ,2 0 ,1 1 2 3 4 5 % g lu ta ra ld e íd o Figura 18: Optimum di cancentrazione della gluteraldeide. 63 64 (a) (b) (c) (d) (e) (f) Figura 19: Modificazione della superficie delle sfere di chitosano attivate von soluzioni con diverse percentuali di gluteraldeide a pH 9,0 e temperatura de 25oC analizzate in ME (a) 0% glutaraldeide; (b) 1% glutal :(c) 3% Glutal ;(d) 5% glutal ; (e) 7% glutal e (f) 9% glutal. Oltre alla formazione di porosita' e alla diminuzione del raggio medio delle sfere sottomesse ad attivazione con soluzioni di gluteraldeide con percentuali sopra il 7%, fu 64 65 anche possibile osservare che le sfere diventano meno resistenti e piu' fragili. Questa osservazione suggerisce che l'uso delle soluzioni del 7 e 9% di glutaraldeide provocano una severa disidratazione delle sfere. D'altra parte, fu osservato che le sfere attivate con percentuali basse di gluteraldeide (0,5%) si mostrarono piu' fragili e gelatinose. Questo risultato corrisponde alle osservazioni di Siso e collaboratori (1997) che ottennero sfere di chitosano piu' fragili quando esse venivano attivate con soluzioni di gluteraldeide a bassa concntrazione (0,5%). Inoltre, il lavoro citato menziono' anche modifiche simili generate nelle sfere di chitosano, in relazione alla porosita', quando le stesse furono attivate con soluzioni di diverse concentrazioni di gluteraldeide. H OH H O O O H H Quitosana N H H C (CH2)3 Glutaraldeído C H OH H O HO O H H N O O H C Quitosana H O N H H H H H OH (CH2)3 Figura 20: Illustrazione schematica dei legami crociati tra due catene polimeriche di chitosano con il gluteraldeide. 65 66 4.3 OTTIMIZZAZIONE DEL PROCESSO DI IMMOBILIZZAZIONE Durante il processo di immobilizzazione, avviene il coinvolgimento di molti residui che contengono gruppi aminici dell'enzima, che a loro volta possono influenzare le caratteristiche fisiche e le chimica dell'enzima in un modo benefico o non. Quando la molecola dell'enzima è legata ad un supporto, la stessa deve tenere la sua distanza intramolecolare. Così, la molecola diviene più resistente ai cambi conformazionali indotti per agenti denaturanti. Comunque, quando la concentrazione di gluteraldeide è molto alta, una quantita' maggiore di gruppi aldeidici reagisce con un più grande numero di residui dell'enzima facendo diventare la struttura di quest ultimo molto rigida, con distorsione conseguente della sua conformazione e provocando la perdita di attività (JIANG et al., 2005). Questo giustifica il bisogno dell'ottimizzazione del processo di immobilizzazione dell'enzima nelle sfere di chitosano, perché l'obiettivo è usare una concentrazione per coinvolgere un numero ideale di residui dell'enzima, dando allo stesso maggiore stabilità tra cui alcuni fattori fisici e chimici come: temperatura elevata, pH molto alcalino e tempo maggiore di conservazione (paragrafi 4.4.6; 4.4.7; 4.4.9). Il processo di attivazione delle sfere con le soluzioni di gluteraldeide fu realizzato con pH 8,0, perche' durante il processo della formazione di legami, il gruppo aldeidico reagisce con il gruppo amminico del chitosano per formare il gruppo imminico (CH=N) (Schema 2). La formazione del gruppo imminico avviene preferenzialmente a pH alcalino, dove i gruppi amminici si trovano di senza protoni. Quindi, la formazione di questi gruppi avviene preferibilmente a pH8,0, come ilustrato nel paragrafo 4.1.1, dove i gruppi amminici del polimero devono essere completamente senzqa protoni. Il gruppo ammino senza protoni e' un nucleofilo piu' efficiente rispetto la sua forma protonata. Il meccanismo di reazione di formazione del gruppo imminico puo' essere visualizzato nella figura 3 (MORRISON e BOYD, 1996). 66 67 Figura 21: Illustrazione schematica dell'enzima immobilizzato su supporto (sfere di chitosano) con l'ausilio dell'agente bifunzionale (gluteraldeide) (JIANG et al., 2005). O C H .. R2 NH2 R1 O C H R1 OH N H 2R 2 .. H C NHR2 R1 H 3O + R2 .. N C (C H 2 ) 3 H .. R 2 N . H 2 O. C OH2 C N .. H R 2 O C H = R 1 ; Q u ito sa n a = R 2 Figura 22: Meccanismo proposto per la formazionedei gruppi iminici. Anche se il meccanismo illustrato sia il piu' accettato,sono ancora in fase di studio delle nuove proposte alternative. Il lavoro di Oyrton, Monteiro ed Airoldi (1999) rivelo', con aiuto di tecniche come RMN C13 e Spettroscopia Raman che la stabilita' del legame avviene attraverso il coinvlgimento dei doppi legami etilenici coniugati. Quell'idea vince molto appoggio per la stabilità di questa interazione che è irreversibile e piuttosto resistente a variazioni di pH e temperatura, il che normalmente non è osservato per interazioni che 67 68 semplicemente comportano la formazione dei legami imminici. Il lavoro di Júnior (1999) mostra uno studio di caratterizzazione del complesso chitosano-glutaraldeide con spettri di FTIR. Il suo studio rivelò il sorgimento di una banda a circa 1562 cm-1 che puo' essere associato al legame etilenico nel complesso chitosano-gluteraldeide quando confrontato allo spettro del chitosano puro. Questa osservazione suggerisce che nel polimero esiste la presenza di legami iminici coniugati con legame doppio etilenico. Questo risultato evidenzia che, oltre alla formazione dei gruppi imminici (basi di Shiff), esiste la formazione di legami imminici coniugati con doppietti etilenici durante l'interazizone del chitosano con gluteraldeide. In relazione ai campioni immobilzzati, furono eseguite delle analisi di attivita' enzimatica e di proteine totali del surnatante durant eil processo di incubazione delle sfere con la soluzione di enzima. L'obiettivo di questa prova fu conoscere il periodo di tempo necessario per far avenire l'immobilizzazione della lipasi. Attraverso i risultati ottenuti, fu possibile osservare che avviene un significativo aumento di percentuale delle proteine accoppiate. Questo aumento fu proporzionale al tempo di incubazione delle sfere con la soluzione enzimatica e l'aumento della percentuale di luteraldeide utilizzata per l'attivazione delle sfere (Figura 18). 4.4 CARATTERIZZAZIONE DELLA LIPASI 4.4.1 DETERMINAZIONE DEL PH OPTIMUM LA lipasi libera fu testata come per l'attivita' enzimatica a varie temperature (da 30 a100 0C) con soluzioni tampone a vari pH (3,0 ; 4,0; 5,0; 6,0; 7,0; 8,0; 9,0 e 10). Fu constatato che il miglior valore di pH per l'enzima Candida antarctica B (CALB) e NOVOZYM 435 fu il valore di tampone Tris pH 9,0 , con un valore di attivita' elevata a pH 9,0 e a temperatura di 1000C. A CALB é un'enzima termostabile a temperature elevate > 900C (Maria et al.,2005). 68 69 130 120 110 100 U/mL 90 80 70 60 Calb L pH=5,0 50 40 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 o Temperatura ( C) Figura 23: Attivita' enzimatica X temperatura Per questo lavoro furono scelte le condizioni di lavoro di tampone Tris pH 9,0 e temperatura di 45oC-50oC per l'enzima CALB immobilizzato in sfere di chitosano e NOVOZYM 435, visto che maggiore attivita' enzimatica a tale valore di pH e a temperatura compresa tra 40 e 45oC furono le condizioni migliori per la transesterificazione in reattori di tipo batch. 60 50 U/mL 40 30 20 Calb L pH=7,0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 o Temperatura ( C) Figura 24: Profilo dell'attivita' enzimatica X temperatura. 69 70 6 5 U/g 4 3 2 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 pH Figura 25: Profilo dell'attivita' enzimatica della Novozym 435 x pH. 4.4.2 PROPRIETA' DI TERMOSTABILITA' Gli enzimi studiati ssi comportano con una termostabilita' con T > 90° C (Maria et al., 2005), usando come lipasi la Candida antarctica A e B nella sintesi enzimatica per l'ottenimento di ammino esteri. C a LB L p H = 9 ,0 120 110 A tiv id a d e (U ) 100 90 80 70 60 50 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 T e m p e ra tu ra (o C ) Figura 26: Profilo dell'attivita' enzimatica della Novozym 435 x 70 71 5.2.3 Calcolo dei valori di Km e Vmax della lipasi CALB L In accordo con i valori calcolati per l'enzima lipasi CALB L abbiamo Vm = 30,09 µmol/s e Km = 1,76 µM . L'effetto della comparazione con i valori riportati in letteratura, i valori ottenuti si trovano nel range di valori ottenuti in accordo con i lavori riportati nella tabella : Enzima Substrato Vm(µmol/s) Km(µM) Referências 52,08 1,39 Romero et al., utilizado Novozym 435 Acetato de isoamila 2006 71 800 72 700 600 V [(µmol/(Ls)] 500 400 300 200 100 Km=1,706 Vmáx=30,09 0 0 100 200 300 400 500 600 700 800 [S] µmol/L Figura 27: Grafico di Michaelis-Menten V-(velocita' di reazione)in rapporto a S-(concentrazione di p-NPP) per la formazione di un composto che absorbe a 410 nm, catalizzato da un alipasi libera. 4.4.4 EFFETTO DEI VARI SOLVENTI SULL'ATTIVITA' RESIDUA DELLA LIPASI (NOVOZYM 435). Venne analizzato il comporatamento dell'enzima Lypozyme CALB L in relazione a cinque solvente: metanolo, etanolo, butanolo, n-esano e n-eptano. Questo studio cerco' di verificare come la lipasi CALB L reagisce alle varie concentrazioni di solvente con acqua (0 a 100%). Ci sono molte conclusioni e esplicazioni per il comportamento dei diversi solventi con l'acqua nella determinazione dell'attivita' enzimatica: Per l'etanolo c'è un incremento dell'attivita' enzimatica vicino al 100%, cio' e' spiegato per essere l'etanolo un solvente idrofilico, o sia, un solvente che contiene la maggior quantita' di gruppi polari o centri capaci di formare ponti di Idrogeno che tendono a chelare l'acqua essenziale dalle prossimita' dell'enzima, arrecando la perdita di attivita' enzimatica . Per il metanolo c'è la maggior attivita' enzimatica rispetto a tutti i 5 solventi studiati, evidenziando che il miglior solvente e' il metanolo per ottenere una maggior attivita' enzimatica (Figura 27). 72 73 Per i solventi apolari (n-esano e n-eptano) e' esplicato in letteratura che ZAKS e KLIBANOV (1985) constatarono che gli enzimi sospesi in solventi idrofobici richiedono una quantita' d'acqua sostanzialmente minore per l'ottenimento della sua attivita' massima quando comparati con quelli sospesi in solventi idrofilici. In accordo con i risultati sperimentali, puo' essere concluso che l'attivita' enzimatica in ambiente organico e' principalmente influenzata, non per le interazioni del solvente con l'enzima, ma dalle interazioni con acqua legata all'enzima. Per una data quantita' di acqua presente nel solvente, l'attivita' enzimatica nei solventi idrofobici e' maggiore che nei suoi corrispondenti idrofilici (KLIBANOV, 1997). Cio' puo' essere esplicato dal coefficiente di partizione dei solventi con l'acqua o LogP. Il coefficiente di partizione (P) di un composto e' usualmente come una razione tra le sue concentrazioni nella fase organica e acquosa. Per ottenere elevate concentrazioni di prodotto e' essenziale utilizzare un solvente organico nel quale il coefficiente di partizione del prodotto sia alto. Questo implica che una efficiente estrazione di prodotto da una fase organica produce una conversione maggiore. I solventi piu' adeguati sono quelli che presentano logP maggiore di 2. Secondo CARTA et al.(1995), la biocatalisi di reazioni di sintesi, tali come le esterificazioni, é geralmente considerata possibile in solventi immiscibili in acqua che mostrano logP maggiore di 4 (2.3.1). 73 74 90 n-Heptano MetOH Hexano EtOH ButOH 80 70 Atividade relativa (%) 60 50 40 30 20 10 0 -10 0 20 40 60 80 100 % solventes Figura 28: Studio del comportamento dell'attivita' enzimatica in relazione ai solventi. 4.5 PRODUZIONE DI BIODIESEL A PARTIRE DA OLIO DI MAMONA L'ottenimento del biodiesel attraverso la transesterificazione enzimatica dell'olio di mamona senza la presenza di solvente idrofobico (n-esano), fu mostrato efficiente quando vennero comparati i risultati sperimentali con quelli della letteratura (FACCIO 2004). L' n-esano non fu usato nella reazione di transesterificazione a causa della sua tossicità elevata e poi possiede costo maggiore se è comparato all'etanolo, perché è un derivato del petrolio. L'olio di mamona puo' essere molto miscibile in alcol etilico, cio' avviene come conseguenza della presenza di gruppi idrossili nella sua costituzione chimica (Figura 9), questa situazione non accade con gli altri oli vegetali. Questo fatto fu un fattore determinante nella scelta della sintesi enzimatica del ricinoleato di etile a partire dall'olio di mamona. Nello studio portato a termine recentemente, conducendo l'alcolisi enzimatica dell'olio di mamona, in presenza di solvente organico (n-esano) l'autore ottenne una conversione di 98,0% di esteri impiegando l'enzima Lipozyme IM e del 73,0% di conversione con Novozym 435 (FACCIO, 2004). Questo studio prese in considerazione l'influenza di acqua, razione molare, temperatura e concentrazione dell'enzima nella reazione. 74 75 4.5.1 SINTESI DEL RICINOLEATO DI ETILE CON L' ENZIMA CALB L La sintesi del ricinoleato di etile con l'enzima che CALB L immobilizzato in sfere di chitosano diede una conversione di esteri superiore a 90%. In relazione al riuso delle sfere di chitosano immobilizzato fu osservato che le stesse non hanno una resistenza meccanica molto buona rispetto all'enzima Novozym 435 in microsfere di resina macroporosa. I relazione alla conversione di esteri con sfere di chitosano immobilizzate covalentemente con CALB L, c'è una conersione superiore a 90% in 12 prove nelle condizioni di reazione descritte precedentemente, ma il suo riuso da risultati molto meno efficenti e le sfere di chitosano hanno bassa resistenza meccanica, cio' e' dovuto all'agitazione delle sfere che subiscono shock meccanici troppo bruschi. In conseguenza, si ha una ediminuzione dell'attivita' enzimatica e della conversione di biodiesel come e' mostrato nella figura 29. 120 110 Reuso da CALB L+ Esferas de Quitosana 100 90 Conversão % 80 70 60 50 40 30 20 10 0 2 4 6 8 10 12 Reuso da CALB L Figura 29: Conversione di biodiesel in relazione al riuso della CALB L immobilizzata in sfere di chitosano. 75 76 Reuso da Novozym 435 X Conversão de Biodiesel 120 110 100 90 Conversão % 80 70 60 50 40 30 20 10 0 2 4 6 8 10 12 14 16 Reuso da Novozym 435 Figura 30: Conversione di biodiesel in relazione al riuso di Novozym 435 4.5.2 SINTESI DEL RICINOLEATO DI ETILE CON ENZIMA NOVOZYM 435 Furono portati a termine anche esperimenti per valutare la possibilità di riuso dell'enzima commerciale ed immobilizzato. Gli esperimenti di valutazione di riuso dell'enzima consisterono nel condurre la reazione di transesterificazione in un reattore di tipo batch (Figura 11). Nella sequenza gli enzimi furono recuperati attraverso un processo di decantazione e lavati con alcol etilico. Lo stesso processo fu realizzato nei primi campioni per 7 volte e nella seconda tappa di sintesi per 14 volte. L'uso dell'enzima Novozym 435 nella produzione di esteri (biodiesel) fu superiore al 90% di conversione (Figure 29,30 e 31), comparati con i risultati ottenuti da Shimada et al, 1999 e Samukawa et al, 2000. Blanco et al., 2004 fecero uno studio con Novozym 435 in sintesi enzimatica e questo enzima rimase attivo per 15 cicli con rendimento di circa il 100% a temperatura di 40oC . 76 77 120 Reuso da Novozym 435 X Conversão de Biodiesel 100 Conversão% 80 60 40 20 1 2 3 4 5 6 7 Reuso da Novozym 435 Figura 31: Conversione di esteri (biodiesel). 4.5.3 CARATTERIZZAZIONE DEL BIODIESEL PRODOTTO CON LA CALB L IMMOBILIZZATA IN SFERE DI CHITOSANO E NOVOZYM 435. L'identificazione del prodotto formato e la conversione degli esteri fu realizzata con RMN H1 e cromatografia in fase gassosa, spettroscopia a infrarosso. La conversione di esteri (%), tramite RMN H1 fu realizzato usando la metodologia di MEHER, SAGAR e NAIK, 2004 come è mostrato dall'equazione adattata da Cruz, A.J. 2007. C = 100 x (A EE + A CH2 ) / A CH2 77 78 Dove C, percentuale della conversione di trigliceridi per il corrispondente estere etilico; valore di integrazione di protoni degli esteri etilici; ed AEE, ACH2, valore di integrazione di protone metilenico (Carbonio metilenico). Nello spettro di RMN H1 dell'olio di mamona, si osserrva che tra 4,0 e 4,4 ppm si trovano i segnali corrispondenti agli idrogeni legati agli atomi di Carbonio "gliceridico" del triacilglicerolo (olio di mamona) come è mostrato nelle figure 31 e 32 (Trän at al., 1996). Nella figura 32 fu identificato per RMN H1 che possiede 6 atomi di idrogeno vinilici, il che mostra come segnale un multipletto nella regione tra 5,36 e 5,50 ppm; 3 atomi di idrogeno metilici che si mostrano come multipleto nell'area compresa tra 3,56 e 3,59 ppm. Quanto ai dislocamenti chimici degli idrogeni metilici, puo' essere osservato che un doppietto in 4,12 e in 4,13 ppm e un doppietto in 4,254 e 4,255 ppm. Nella figura 34 é osservato un quadripleto in 4,07-4,12 ppm, inoltre due segnali anteriori identificati per la triricinoleina. Questo segnale corrisponde all'Idrogeno 19 (4,07-4,125 ppm) dell'etile legato al gruppo estere. Dall'analisi degli spettri si verifico' l'effettiva conversione della triricinoleína in ricinoleato de etile. Gli atomi di Idrogeni metilenico presentano come disclocamento un multipleto tra 2,014 e 2,280 ppm. Nella regione tra 1,196 e 1,589 ppm, si osserva un multipleto attribuito agli idrogeni metilenici, gli idrogeni metilenici presentano un tripleto nella regione di 0,86 ppm. Nella Figura 32 si osserva lo spettro di RMN H1 del ricinoleato di etile, dove nella regione superiore si osserva solo un segnale a 4,10 ppm, in forma di quartetto corrispondente agli idrogeni metilenici legati all'Ossigeno dell'estere, come e' mostrato nella figura 31. Questo segnale e' la principale differenza tra i gli spettri del reagente iniziale (triacilglicerolo) e del prodotto finale formato (ricinoleato de etile) caratterizzando la formazione degli esteri. In seguito sono rappresentati i principali dislocamenti chimici del ricinoleato di etile: 78 79 RMN H1 (CDCl3, 400 MHz, TMS) δ: 0,90 (t, 3H, –CH3); 1,20 (t, 3H, -CH3); 1,30 2,4 (m, 24H, –CH2); 3,55 (t, 2H –C(=O)-CH2-); 3,69 (m, 1H, -CH(OH)-); 4,10 (q, 2H, C(=O)-O-CH2-); 5,50 (2d, 2H, -HC=CH-). 5.3.4 Calcolo della conversione degli esteri Area del segnale(AEE )(valore dell'integrazione dei protoni degli esteri etilici) + (ACH2) ---------100% Area del segnale (ACH2)(valore dell'integrazione del protone metilenico del TAG) ------------------------------------- C Esempio : 17,96 AEE + 2,25 ACH2 do TAG------------------------100% 2,25 ACH2 do TAG -----------------------------------------C X= 11,13 % e Y= 88,87 % di conversione di estere. 5.3.5 Analisi FTIR dell'olio di mamona e del Ricinoleato di Etile Gli spettri IR indicarono una banda nitida e intensa nella regione tra (17501450 cm-1) riferita alla frequenza di stratching del gruppo carbonile(CO) caratteristico degli esteri (Figura 34). Negli spettri del prodotto della reazione c'è un'altra banda di adsorbimento nitida nella regione prossima a 3410 cm-1, riferita alla deformazione assiale del gruppo O-H, caratteristico dell'acido ricinoleico, pricipale componente del biodiesel dalla mamona come e' mostrato in figura 34. Anche la banda di stratching del carbonio alifatico CH3,CH2,CH che si trova nella regione (3000-2830 cm-1) e' molto intensa; A 1460 cm-1 si ha la deformazione assiale dei CC; A 1243 cm-1 la deformazione angolare nel piano di C-O-H; A 1180 cm-1 la deformazione angolare simmetrica fuori dal piano di O-H ; A 725 cm-1 si riferisce la deformazione angolare assimetrica del piano di metileneferente. 79 80 Figura 32: Spettro di RMN H1 di olio di mamona riferite ai segnali di idrogeno "gliceridico" tra 4,0 e 4,4 ppm. 80 81 Figura 33 : Spettro di RMN H1 di olio di mamona (Trän et al., 1996) Figura 34: Spettro di RMN H1 di ricinoleato di etile (biodiesel) in 4,10 ppm, in forma di quartetto corrispondente agli atomi di Idrogeno metilenici legati all'Ossigeno dell'estere. 81 82 Figura 35: Spettro FTIR dell'olio di mamona, dove si osserva una banda nitida e intensa nella regione di (1750-1450) riferita alla frequenza di stretching del gruppo carbonile (CO) caratteristico degli esteri. 82 83 Figura 36: Spettro FTIR del ricinoleato di etile (biodiesel), una banda di absorbimento nitida nella regione di 3410 cm-1,riferita alla deformazione assiale del gruppoO-H, caratteristico dell'acido ricinoleico, principale componente del biodiesel da mamona. 83 84 5.3.6 Comportamento reologico del Biodiesel La tecnica di analisi reologica fu utilizzata perdeterminare la viscosita' cinematica dell'olio di mamona commerciale e del biodiesel. La Figura 37 mostra il comportamento reologico dell'olio di mamona a temperatura di 25ºC e il modello della legge della potenza fu aggiustato per la determinazione dell'indice di consistenza (k). y = 7,5347x 0,9797 R2 = 0,9985 4000 3500 (10-1Pa) 3000 2500 2000 1500 1000 500 0 0 100 200 300 400 500 600 γ (s ) -1 Figura 37: Determinazione della viscosita' dell'olio di mamona a 25ºC. Nella Figura 37 si puo' notare che la viscosita' dell'olio di mamona a 25ºC e' di 629,74 mPa.s. I valori per l'indice di consistenza e' di 75,347Pa.sn e l'indice di coportamento di 0,9797, risultando un comportamento Newtoniano, risultando anche che la viscosita' non subisce variazioni in funzione della variazione del gradiente di velocita' applicato ad un campione di olio di mamona. Con la base di questi risultati fu determinato il comportamento del biodiesel e dell'olio di mamona a diverse temperature, come mostra la figura 38. 84 85 2500 Biodiesel Óleo Mamona Viscosidade (mPa.s) 2000 1500 1000 500 0 0 10 20 30 40 50 60 70 80 Temperatura (ºC) Figura 38: Comportamento reologico del biodiesel a diverse temperature. Come si nota dalla Figura 38, e come e ci i aspettava, per tutte le temperature il biodiesel presento' valori di viscosita' minori dell'olio di mamona. Il biodiesel e' prodotto attraverso reazioni di olio di mamona con alcol etilico . Attraverso i risultati ottenuti si puo' verificare che la viscosita' e' inversamente proporzionale alla temperatura sia per il biodiesel che per l'olio di mamona. Alla temperatura di 25ºC la viscosidade del biodiesel e' di 516 e dell'olio di mamona di 669 mPa.s. 85 86 5 CONCLUSIONI Questo studio aveva come obiettivo testare il potenziale dell'utilizzo dei biocatalizzatori. L'impiego di lipasi commerciale di Candida antarcica B, lipozyme CALB L e Novozym 435, nell'alcolisi enzimatica dell'olio di mamona commerciale senza la presenza di solvente organico. In realta' esistono pochi lavori in letteratura che non utilizzano solventi organici nelle reazioni di alcolisi enzimatica per ottenere degli esteri a partire da oli e grassi dato che la maggior parte dei substrati (oli vegetali e grassi) sono generalmente poco miscibili in alcol a catena corta. In accordo con lo studio realizzato in questo lavoro, alune conclusioni possono essere presentate, in relazione al tipo di biocatalizzatore utilizzato e anche in relazione alla conversione di esteri etilici. Una particolarita' dell'olio di mamona e' che la sua composizione chimica possiede gruppi idrossili, risultando cosi' miscibile in alcol etilico: Questo comportamento chimico fu rilevante per il successo dell'alcolisi enzimatica senza la presenza del solvente organico. Nello studio dell'immobilizzazione dell'enzima Lipozyme CALB L in sfere di chitosano con agente funzionalizzante (glutaraldeide), si constato' che la miglior concentrazione ottenuta fu del 3% (v/v) e che con l'aumento della concentrazione di gluteraldeide c'è inibizione dell'enzima CALB L; cio' fu verificato attraverso l'analisi di attivita' enzimatica residua del surnatante. Riguardo l'efficienza dell'immobilizzazione covalente degli enzimi nelle sfere di chitosano immobilizzate covaletemente con glutaraldeide, sono ottime possedere nella loro costituzione chimica un gruppi ammino (NH2), questo conferisce a tale supporto un'eccellente funzionalita' con l'enzima. In relazione 86 87 alla resistenza meccanica e' bassa in relazione all'enzima supportato in resina macroporosa (Novozym 435). Si studio' anche il comportamento della lipasi CALB L in relazione ai diversi valori di pH ( 3,0; 5,0 ; 6,0 ; 7,0 ; 8,0 ; 9,0 e 10,0 ) e di temperature (da 30 a 1000C) e si cocluse che il miglior valore di lavoro di pH fu 9,0 come per la CALB L immobilizzata covalentemente in sfere di chitosano e di Novozym 435 immobilizzato in resina macroporosa. Riguardo la temperatura si concluse che le lipasi Lipozyme CALB L e Novozym 435 sono abbastanza temostabili a temperature > 900C. Nella sintesi enzimatica dell'olio di mamona commerciale con alcol etilico 95 0 GL (transesterificazione), fu realizzato un saggio dove si verificava la reazione con razione molare di 3:1 (alcol etilico: olio di mamona), con 3% di enzima immobilizzato senza la presenza di solvente organico, ottenendo valori di conversione di estere etilico superiore al 90%. Nella caratterizzazione dell'olio di mamona e degli esteri formati si utilizzarono le tecniche strumentali di RMN H1, FTIR, (CG) cromatografia in fase gassosa e di reologia. Tali tecniche furono abbastanza efficaci per rivelare la presenza e la formazione di esteri. L'uso degli enzimi immobilizzati nella produzione e ottenimento del biodiesel da mamona senza solvente organico e' promissorio, tenendo conto che, bisogna tener conto di alcuni fattori importanti come: razione molare dei reagenti, temperatura, cencentrazione degli enzimi e attivita' dell'acqua nella reazione di transesterificazione enzimatica. 87 88 6 PROPOSTE FUTURE Prendendo in considerazione i risultati ottenuti in questo lavoro, alcuni suggerimenti per lavori futuri possono essere elncati in relazione ad una maggiore esplorazione nella conduzione di processi di alcolisi enzimatica: • Immobilizzazione fisica e chimica delle lipasi in supporti inorganici; • Studio di un supporto inorganico con una maggiore area superficiale, procurando una qualita' migliore del materiale impiegato; • Produzione enzimatica di esteri in solvente organico; • Uso di vari solventi organici e della quantita' negli ambienti di reazione per la conversione di biodiesel; • Uso di vari oli vegetali nell'alcolisi enzimatica; • Test del numero di cicli che l'enzima immobilizzato puo' effettuare senza perdita consstente dei valori di attivita' enzimatica. • Modellaggio cinetico dei dati sperimentali ottenuti; • Controllo cinetico nello svilupppo della reazione enzimatica; • Creazione di una metodologia analitica per campo reologico del prodotto formato rispetto alla conversione di biodiesel (%); • Test sul biodiesel ottenuto e sulle specificita' che regolamentano l'uso del prodotto come additivo all'olio diesel; • Test del biodiesel prodotto in un motore diesel : a) azione del motore; b) analisi della composizione dei gas di scarico; • Uso dell'analisi statistica nello studio del comportamento di variabili come: concentrazione dell'enzima, concentrazione di acqua addizionata, temperatura e razione molare. 88 89 8 REFERENZE BIBLIOGRAFICHE ADAMIEC, J., MODRZEJEWSKA, Z. 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