trasesterificazione dell`olio di mamona

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
UNIVERSIDADE FEDERAL DE SANTA CATARINA
UNIVERSIDADE FEDERAL DE MATO GROSSO
LAUREA SPECIALISTICA IN BIOLOGIA SPERIMENTALE E APPLICATA
TRANSESTERIFICAZIONE DELL’OLIO DI MAMONA (Ricinus communis L) CON
LIPASI IMMOBILIZZATA DI Candida antarctica B PER LA PRODUZIONE DI
BIODIESEL
ROBERTO ROSSI
1
Florianópolis SC 2007
TRANSESTERIFICAZIONE DELL’OLIO DI MAMONA (Ricinus communis L) CON
LIPASI IMMOBILIZZATA DI Candida antarctica B PER LA PRODUZIONE DI
BIODIESEL
Tesi di studio presentata all’ Ente Regionale
per il diritto allo Studio Universitario Regione Autonoma della Sardegna.
Bando di concorso per il conferimento di
borse di studio in favore dei giovani che
svolgono la tesi di laurea sui problemi della
cooperazione
allo
sviluppo
e
della
collaborazione internazionale A.A. 2006/2007
1
2
Florianópolis 2007
RINGRAZIAMENTI
Al professor Agenor Furigo Júnior per l’orientamento, fiducia, compagnia,
incentivo e per la grande amicizia.
Al mio amico Frederico Sellos per l’amicizia , compagnia, incentivo e per
l’aiuto durante gli esperimenti.
Alla UFSC di Florianòpolis, Santa Catarina (Brasile) e alla UFMG di Cuiabá,
Mato Grosso (Brasile) per il supporto e per la realizzazione del mio lavoro dei tesi.
Al chimico Ângelo Antônio Ruzza – Dipartimento di chimica – Central de
Análises-UFSC, per l’aiuto con la realizzazione delle analisi di Risonanza Magnetica Nuclere
di Idrogeno (RMN H1) e per la valoroso amicizia e compagnia.
Al chimico Renato João Renato Strelau Dipartimento di chimica – Central de
Análises-UFSC, per l’aiuto nella realizzazione delle Analisi di Spettroscopia Infrarosso con
trasformata di Fourier (FTIR).
Agli Ingegneri degli Alimenti Francielo Vendruscolo e Bruno Mattar Carciofi
per l’amicizia, compagnia e ausilio negli esperimenti di reologia.
Al biologo Jefferson Luiz Franco e al prof.Dr.Alcir Dafré del Laboratório di
Difese Celullari Antiossidanti del Sistema Nervoso Centrale – UFSC, per l’uso dello
spettrofotometro e nell’ausilio con le analisi di proteine totali.
A ABOISSA Olii Vegetali
Ltda per aver gentilmente regalato l’olio di
mamona. A Novozymes Latin America Ltda –Araucária-PR per aver gentilmente regalato gli
enzimi.
E a tutti, che in qualunque forma hanno collaborato con la realizzazione di
questo lavoro.
2
3
RIASSUNTO
Questo lavoro aveva come obiettivo principale lo studio dell’immobilizzazione
di Lipasi commerciale (Lipozyme CALB L) in sfere di chitosano funzionalizzate con varie
concentrazioni di gluteraldeide e sperimentare la miglior concentrazione per la successiva
immobilizzazione. Constatato che la concentrazione del 3% (v/v) fu quella che permise
all’enzima la maggior stabilita’ e la stessa conferì maggior attivita’ risidua. L’attivita’
enzimatica della CALB L fu anche determinata a vari valori di pH(s) (3,0; 5,0 ; 6,0 ; 7,0 ;
8,0; 9,0 e 10,0 ) e di temperature ( da 30 a 100 0C), dove fu possibile osservare che il miglior
pH fu il valore di pH 9,0 anche per la CALB L imobilizzata covalentemente in sfere di
chitosano e di Novozym 435 immobilizzata in resina macroporosa. La temperatura che
conferi alla CALB L e Novozym 435 maggior attivita’ enzimatica fu a 900C. La seconda
tappa del lavoro incluse l’uso degli enzimi caratterizzati nella transesterificazione enzimatica
dell’olio di mamona commerciale con alcol etilico 95 0 GL, dove furono realizzati saggi in cui
si valuto’ la reazione con rapporto molare di 3:1 (alcol etilico: olio di mamona), con il 3% di
enzima immobilizzato, senza la presenza di solvente organico, ottenendo valori di
conversione di estere etilico superiore al 90%. In questo modo fu possibile verificare che
esiste la possibilita’ dell’uso di enzimi immobilizzati per la produzione di biodiesel da olio
di mamona senza l’uso di solventi orgnici derivati dal petrolio.
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4
LISTA DELLE ABBREVIATURE
ABBREVIATURA
SIGNIFICATO
MM
Massa Molare
MMm
Massa Molare Media
Km
Constante di Michaelis-Menten
Vmax
Velocita’ massima di una reazione enzimatica
kDa
Unita’ di massa molare
U
Unita’ internazionale di attivita’ enzimatica
CG
Cromatografia in fase gassosa
GD
Grado di disacetilazione
BET
Brunauer, Emmett e Teller
[]
Viscosita’ intrinseca
RMN-H1
Risonanza Magnetica Nucleare di idrogeno
FTIR
Spettroscopia a Infrarossi con Trasformata di Fourier
GLUTAL
Glutaraldeide
HPLC
High Performance Liquid Cromatography
Abs
Assorbanza
p-NNP
p-nitrofenilpalmitato
4
5
SOMMARIO
RINGRAZIAMENTI ................................................................................................................ 2
RIASSUNTO ............................................................................................................................. 3
LISTA DELLE ABBREVIATURE ........................................................................................ 4
SOMMARIO ............................................................................................................................. 5
1.0 INTRODUZIONE ............................................................................................................... 7
1.1 OBIETTIVI ....................................................................................................................... 12
1.1.1 OBiettivo generale .................................................................................................. 12
1.1.2 OBiettivi specifici.................................................................................................... 12
2 REVISIONE DELLA LETTERATURA............................................................................ 13
2.1 PRODUZIONE DI BIODIESEL PER CATALISI OMOGENEA/ETEROGENEA IN AMBIENTE
ALCALINO .......................................................................................................................................................... 13
2.2 TRANSESTERIFICAZIONE ENZIMATICA DI OLI E GRASSI .................................................... 15
2.3 L’ ENZIMA LIPASI............................................................................................................. 16
2.3.1-DETERMINAzione dell’attivita’ enzimatica relativa ai solventi organici. ............ 22
2.4 METODI DI IMMOBILIZZAZIONE DELL’ENZIMA................................................................. 33
2.5 CHITOSANO ...................................................................................................................... 35
2.5.1 caratterizzazione del chitosano............................................................................... 36
2.6.1-CLASSIFICAzione botanica ................................................................................... 38
2.6.2 IMPORTanza industrialeAL ................................................................................... 38
3.1 MATERIALI ....................................................................................................................... 42
4.2 CARATTERIZAZIONE DEL CHITOSANO .............................................................................. 43
3.3.1 Determinazione del grado di desacetilazione (GD)................................................ 43
3.3.2 Determinazione della massa molare media ............................................................ 44
3.3.3 Determinazione dell’area superficiale.................................................................... 45
3.4 FUnzione delle sfere di chitosano con glutaraldeide................................................. 46
5
6
3.5 CARATTERIZZAZIONE DELLA LIPASI LIBERA E IMMOBILIZZATA ....................................... 47
3.5.1 determinazione dell’attivita’ enzimatica................................................................. 47
3.5.2 determinazione del miglior pH ottimo .................................................................... 48
3.5.3 Proprieta’ di termostabilita’................................................................................... 48
3.5.4 Effetto dell’uso ripetuto sull’attivita’ residua degli enzimi .................................... 48
3.5.5 EFfEtTO Di vari solventi sull’attivita’ residua della lipasi CALB L...................... 49
3.6 EFFICIENZA DEL PROCESSO DI IMMOBILIZZAZIONE .......................................................... 49
3.6.1 PRODUZIONE DI BIODIESEL A PARTIRE DA OLIO DI MAMONA ...................................... 50
4.5.1 Sintesi di biodiesel con enzima calb l immobilizzato ............................................. 51
3.6.3 SINTESI DEL RICINOLEATO DI ETILE CON L’ENZIMA NOVOZYM 435 ........ 53
3.6.4 analisi di CG........................................................................................................... 54
3.6.5 analisi spettroscopica di FTIR................................................................................ 55
4 RISULTATI E DISCUSSIONE .......................................................................................... 57
4.1 PREPARAZIONE DELLE SFERE DI CHITOSANO .................................................................... 57
4.2 CARATTERIZZAZIONE DEL CHITOSANO............................................................................. 57
4.1.1 Determinazione del grado di desacetilazione......................................................... 57
5.2.2 determinazione della massa molare media ............................................................. 60
5.2.3 determinazione dell’area superficiale .................................................................... 61
4.2 FUNZIONALITA’ DELLE SFERE DI CHITOSANO CON GLUTARALDEIDE ............................... 62
4.3 OTTIMIZZAZIONE DEL PROCESSO DI IMMOBILIZZAZIONE ................................................. 66
4.4 CARATTERIZZAZIONE DELLA LIPASI ................................................................................. 68
4.4.1 determinazione del ph optimum .............................................................................. 68
4.4.2 proprieta' di termostabilita' .................................................................................... 70
4.4.4 EFfetto dei vari solventi sull'attivita' residua della lipasi (NOVOZYM 435). ........ 72
4.5 PRODUZIONE DI BIODIESEL A PARTIRE DA OLIO DI MAMONA ........................................... 74
4.5.1 sintesi del ricinoleato di etile con l' enzima calb l .................................................. 75
4.5.2 Sintesi del ricinoleato di etile con enzima NOVOZYM 435 .................................... 76
4.5.3 CARATTERIZZAZIONE DEL BIODIESEL PRODOTTO CON LA CALB L IMMOBILIZZATA IN
SFERE DI CHITOSANO E NOVOZYM 435........................................................................................................... 77
6
7
5 CONCLUSIONI ................................................................................................................... 86
6 PROPOSTE FUTURE ......................................................................................................... 88
8 REFERENZE BIBLIOGRAFICHE ................................................................................... 89
1.0 INTRODUZIONE
La societa’ umana vive oggigiorno l’alerta della degradazione ambientale che urge di
cambiamenti significativi nei processi produttivi dei beni, diminuzione dei consumi energetici
e nuove posture in relazione ai dogmi tradizionali dell’esconomia del mercato.
E’ ben saputo che il settore petrolchimico e’ responsabile dei grandi danni ambientali.
L’estrazione, il trasporto e i processi industriali di trasformazione di petrolio sono
responsabili per la distribuzione di olio grezzo, per la generazione di residui e di sostanze
tossiche di difficile degradabilita’ e per la contaminazione di gasolina e i suoi additivi. Oltre
questo, la combustione degli stessi derivati del petrolio contribuisce all’aumento del diossido
di Carbonio nell’atmosfera, intensificando l’effetto serra (Costa Neto, 2002).
Il protocollo di Kioto, costituito durante il forum ambientale svoltosi a Rio de Janeiro
nel 1992, e approvato da piu’ di 93 paesi nel mondo, ha lo scopo di mobilizzare la counita’
internazionale perche’ promuova un’azione congiunta con l’obiettivo
di stabilizzare
nell’atmosfera la concentrazione dei gas responsabili dell’effetto serra e, cosi, limitare
l’interferenzaq antropogenica sopra il sistema climatico globale (Greenpeace Internacional,
2003). Sfortunatamente, i termini di riferito accordo entreranno rigorosamente in vogore
solamente quando il congiunto dei suoi segnatari sommeranno come minimo il 55% del totale
dei paesi emissori del globo, cosa che sara’ possibile solo con una rettifica di almeno una
delle due grandi potenze mondiali, la Russia o gli Stati Uniti d’America.
7
8
Le mete stabilite nel Portocollo di Kioto potranno essere raggiunte con l’uso della
biomassa per fini energetici. Intanto, recenti rivelazioni statistiche dimostrano che appena il
2,2 % dell’enregia consumata nel mondo e’ proveniente da fonti rinnovabili (Pessuti, 2003), il
che evidenzia uno straordinario potenziale per l’esplorazione di altre fonti. Considerando solo
la biomassa proveniente dalle attivita’ agroindustriali, o sia, residui agricoli e forestali si
calcola que il potenziale combustibile di questi materiali sia equivalente a, approssimatamente
6.587 milioni di litri di petrolio per anno (Staiss e Pereira, 2001). Davanti a tutto questo
potenziale ha avuto una crescente disseminazione di progetti e di azioni volti per l’uso di oli
vegetali e di residui urbani e agroindustriali per generare energia particolarmente per mezzo
di progetti di co-generazione (CENBIO, 2003).
Una delle alternative dei processi dell’Industria chimica sono i processi enzimatici.
Con essi la produzione di combustibili di olio diesel viene sostituita a partire da olio vegetale,
si presenta come una nuova applicazione degli enzimi nella produzione di biocombustibili.
L’uso di oli vegetali in motori a combustione interna rimonta all’inizio dell’operazione
soddisfacente del motore Diesel, alla fine del secolo XIX. Nel 1896 Rudolf Diesel progetto’ il
suo primo motore, con efficenza dell’oridne del 26%, e testo’ con il petrolio, alcol e nel 1900,
con oli vegetali.
Ragioni di natura economica, principalmente il maggior costo e minor disponibilita’
rispetto ai derivati del petrolio, lasciarono al completo abbandono gli oli vegetali come
combustibili.
Gli alti costi di produzione degli oli vegetali per la produzione di biodiesel furono la
ragione per la quale venne preferito sin dagli arbori della produzione industriale il petrolio
come prima fonte di carburantee. In Brasile, malgrado l’alto costo di produzione furono
pubblicati alcuni lavori per produrre elettricita’ in regioni distanti dai grandi centri popolati.
Nel suo lavoro sopra il diesel vegetale ottenuto da un processo di estrazione, Molion indica
8
9
diversi vantaggi di ordine economico e sociale per l’utilizzo di olio di buriti come
combustibili di motori Diesel, che azionarono gruppi produttori ni localita’ isolate
dell’Amazonia. Nel caso abordato da Molion, la diminuzione del costo di ottenimento di olio
si deve principalmente al fatto che ha costi molto bassi di allevamento.
La differenza delle proprieta’ tra il diesel e gli oli vegetali risulta principalmente dalla
diversita’ molecolare tra questi due gruppi di sostanze.
Il diesel e’ costituito da idrocarburi con numero medio piu’ o meno di quattordici
carboni. Gli oli vegetali sono triesteri della glicerina, o sia, prodotti naturali della
condensazione della glicerina con acidi grassi, le cui catene laterali di acidi grassi hanno
numeri di carboni variabili tra dieci e diciotto, con valore medio da quattordici a diciotto per i
tipi di oli piu’ abbondanti. Oltre alla presenza del gruppo funzionale del tipo di estere, gli oli
vegetali possiedono massa molecolare di circa tre volte maggiori di quella del diesel.
La transesterificazione di un olio con monoalcoli (alcolisi), specificamente metanolo
o etanolo, produce la rottura della molecola dei trigliceridi, generando un miscuglio di esteri
metilici o etilici degli acidi grassi corrispondenti, liberando glicerina come sottoprodotto
(Figura 1). Il peso molecolare di questi monoesteri e’ prossimo a quello del diesel derivato dal
petrolio.
Figura 1: Reazione di transesterificazione di triacilglicerolo. R –catena carbonica di acidi grassi
(R-12-24 C). R’- catena carbonica dell’alcol reagente (R’-1-2 C).
9
10
La similitudine incontrata nelle masse molecolari si estende anche alle proprieta’
fisico-chimiche , il che incentivo’ il test degli esteri grassi come il miglior successore del
diesel rispetto all’olio vegetale trovato “in natura”. Il biodiesel fu definito dalla “National
Biodiesel Board’’ (EUA) come il derivato mono-alchil estere di acidi grassi a catena lunga,
proveniente da fonti rinnovabili come oli vegetali, la cui utilizzazione e’ associata alla
sostituzione di combustibili fossili in motori a iniezione per compressione (motori di ciclo
diesel). In quanto prodotto si puo’ dire che il biodiesel e’: (a) virtualmente libero di sostanze
aromatiche, (b) ha un numero di cetano equivalente al diesel, (c) possiede tenor medio di
ossigeno intorno all’ 11%, (d) possiede maggior viscosita’ e maggior lucentezza del diesel
comune, (e) possiede una nicchia di mercato relativamente superiore al diesel commerciale; e
(g) nel caso del biodiesel di olio di frittura, si caratterizza per un grande appello ambientale di
riduzione nelle emissioni di CO, particelle e SOx , oltre ad un prezzo potenzialmente inferiore
al diesel. Inoltre, se il processo di recupero e vantaggio dei sottoprodotti (glicerina e
biocatalizzatori) sono ottimizzati, il biodiesel puo’ essere ottenuto ad un costo sicuramente
competitivo con un prezzo di olio diesel, o sia, quello verificato nelle pompe dei rifornitori di
benzina (ZANIN E MORAES, 2004).
Nei
onstri
giorni,
i
problemi
associati
all’ambiente
si
sono
aggravati
significativamente, notando anche un aumento disordinato della popolazione e la susseguente
generazione di grandi quantita’ di residui, di riciclaggi complessi e molte volte inavviabili.
Attualmente, per garantire la sopravvivenza del pianeta, si deve garantire il massimo sforzo
per riciclare la maggior parte dei residui generati e dentro essi, gli oli usati in fritture.
Cosi’, questi materiali possono essere riapprovati come combustibili, attraverso la loro
trasformazione per reazione di transesterificazione (Figura 1). Considerando che l’olio, dopo
il successivo uso in frittura, ha la sua composizione di acidi grassi alterati, ben come le
10
11
caratteristiche fisico-chimiche, diventa inadeguato per il processamento di alimenti anche se
viene sottoposto a purificazione.
Trattasi di una fonte di energia rinnovabile che, per il suo uso sostenuto senza
provocare danni all’ambiente, tale biomassa ha attratto molta attenzione negli iltimi tempi
(Ministério da Indústria e do Comércio, 1985; Ministério da Ciência e Tecnologia, 2002; U.S.
Department of Energy, 1998). Tra le fonti di biomassa prontamente disponibili, gli oli
vegetali sono stati largamente studiati come candidati al programma di energia rinnovabile,
dunque proporzionano una generazione sproporzinata di energia e un appoggio all’agricoltura
familiare, creando migliori condizioni di vita (infrastrutture) in regioni carenti, valorizzando
potencialita’regionali e offrendo alternative ai problemi economici e socio-ambientali di
difficile soluzione.
In questo lavroro si e’ cercato di investigare sulla sintesi enzimatica del ricinoleato di
etile, a partire dall’olio di mamona, sena la presenza di solventi organici. La scelta di non
usare solventi organici, e’ data dal fatto della tossicita’ di questo gruppo di solventi; per
economia in processi industriali e per la costituzione chimica peculiare dell’olio di mamona.
Infatti, l’olio di mamona e’ molto miscibile in alcol etilico, cio’ e’ dovuto alla presenza di
gruppi idrossili nelle molecole di trigliceridi costituenti l’olio. Situazione che non avviente
con la maggior parte degli oli vegetali. Questa caratteristica fu un fattore determinante per la
scelta della sintesi enzimatica del ricinoleato di etile a partire da olio di mamona. Nello studio
realizzato recentemente, durante l’alcosi di enzimatica di olio di mamona con presenza di
solvente organico (n-esano), l’autore ottenne una conversione del 98,0 % di esteri utilizzando
l’enzima Lipozyme IM e del 73,0% di conversione con Novozym 435 (FACCIO, 2004). Tale
studio porto’ alla considerazione dell’influenza dell’acqua, razione molare, temperatura e
concentrazione dell’enzima nella reazione.
11
12
1.1 OBIETTIVI
1.1.1 OBIETTIVO GENERALE
Sviluppare una rotta alternativa di produzione del biodiesel, a partire dalla
mamona, attraverso l’alcolisi enzimatica senza la presenza di solventi idrofobici, utilizzando
la lipasi di Candida antarctica B, immobilizzata in sfere di chiosano, e la lipasi commerciale
Novozym 435.
1.1.2 OBIETTIVI SPECIFICI
Promuovere la caratterizzazione del chitosano utilizzato per confesionare le
sfere usandocome parametri: MM, grado di disacetilazione (GD), area superficiale e l’analisi
di gruppi funzionali;
Caratterizzare le sfere di chitosano attivate con differenti concentrazioni di
glutaraldeide rispetto alle caratteristiche di superficie utilizzando microscopia elettronica
(ME).
Determinare la concentrazione di glutaraldeide necessaria per promuovere
l’immobilizzazione dell’enzima;
Promuovere
la
caratterizzazione
dell’enzima
attraverso
la
misura
dell’attivazione enzimatica della stessa libera e immobilizzata, utilizzando diverse
12
13
temperature e pH(s). Inoltre, determinare i parametri cinetici (Km e Vmáx) in relazione al
substrato p-nitrofenilpalmitato;
Stimare l’effetto dell’attivita’ enzimatica con uso ripetuto dell’enzima
immobilizzato;
Sintetizzare il ricinoleato di etile (componente maggioritario del biodeielsel
dell’olio di mamona);
Promuovere la caratterizzazione fisico-chimica del biodiesel ottenuto con
ausilio delle tecniche di RMN-H1, analisi spettroscopica FTIR e CG (cromatografia in fase
gassosa). Inoltre, verificare le proprieta’ reologiche dell’olio di mamona e del biodiesel.
2 REVISIONE DELLA LETTERATURA
2.1 PRODUZIONE DI BIODIESEL PER CATALISI
OMOGENEA/ETEROGENEA IN AMBIENTE ALCALINO
Il processo di alcolisi o transesterificazione accade preferenzialmente con alcol a bassa
massa molare (MM), essendo il metanolo preferito per ottenere maggior rendimento nella
reazione. L’etanolo potrebbe essere utilizzato gia’ come anidro, dato che l’acqua agirebbe
come inibitore della reazione. L’utilizzo di etanolo anidro, intanto, rimane invariato per
reazioni economiche.
In relazione ai catalizzatori, la reazione di tranesterificazione di oli vegetali con alcoli
primari puo’ essere realizzata tanto n ambiente acido quanto in ambientebasico. La maggior
parte dei lavori mostra piu’ vantaggi nel processo di catalisi basica, dove si osserva ilo
maggior rendimento e selettivita’ oltre a presentare minori problemi relazionati alla
corrosione degli strumenti. L’idrossido di Potassio (KOH), nonostante sia piu’ caro
13
14
dell’idrossido di Sodio (NaOH), viene utilizzato con maggior vantaggio nella fase di
separzione di olio transesterificato e glicerolo. L’utilizzo di catalizzatori eterogenei acidi o
basici e’ ben meno studiata rispetto ai sistemi omogenei nei processi di transesterificazione.
Vale la pena dire che, circa il 90% dei processi catalitici nell’industria chimica utilizzano
catalizzatori eterogenei per vantaggi significativi: a) minore contaminazione dei prodotti; b)
facilita’ di separazione del catalizzatore dall’ambiente di reazione; c) possibilita’ di riutilizzo
del catalizzatore; d) diminuzione dei problemi di corrosione; D’altra parte, questi sistemi
possono presentare problemi di trasferimento di massa, soprattutto in reazioni con molecole
ad alta MM. Recentemente, catalizzatori mesoporosi come il MCM (Mobil Composition of
Mater) (diametro del poro ∼25 Angstrom, area superficiale ∼ 800 m2/g) con proprieta’ basiche
o acide sono attualmente molto studiate nella letteratura e hanno impiego con grande successo
in reazioni richiedendo molecole ad alta massa molecolare. Questo tipo di catalizzatore
eterogeneo si presenta come potenziale candidato a questo tipo di processo.
Un altro punto importante a essere trattato e’ l’equilibrio chimico della reazione di
transesterificazione. LA conversione di equilibrio di questo processo e’ generalmente bassa a
temperature blande. Il dislocamento dell’equilibrio favorendo la produzione di biodiesel puo’
essere otttenuto attraverso l’utilizzo di grandi eccessi di alcol o semplicemente eliminando il
glicerolo (sottoprodotto formato), essendo quest ultimo il modo economicamente piu’
conveniente. Quindi, l’eliminazione di glicerolo per dacantazione naturale é molto lenta, il
che rende piu’ difficile lo sviluppo di un processo continuo. Diventa necessario lo studio di
alternative come la centrifugazione o l’utilizzo di additivi che promuovano una
aglomerizzazione delle molecole di glicerolo, favorendo cosi la separazione di quest ultimo.
Inerente all’utilizzo di olio vegetale usato, il processo dev’essere iniziato per una filtrazione al
fine di ritirare i residui di frittura (MITTELBACH, 1997).
14
15
2.2 TRANSESTERIFICAZIONE ENZIMATICA DI OLI E GRASSI
Attualmente, il processo di ttenimento commerciale di biodiesel e’ realizzato
per via chimica, ma quella enzimatica ha suscitato l’interesse della comunita’ scientifica.
L’aspetto comune di questi studi consiste nell’ottimizzazione delle condizioni di reazione, per
determinare caratteristiche che diventano importanti per applicazioni industriali. Quindi, una
volta ottimizzato il processo enzimatico, esso potra’ mostrare alcuni vantaggi rispetto a
quello chimico.
TABELA 1: VANTAGGI E SVANTAGGI DEL PROCESSO CHIMICO E
ENZIMATICO NELLA PRODUZIONE DI BIODIESEL
Processi
Vantaggi
Svantaggi
Simplicita’
Difficolta’ nella separazione del
catalizzatore.
Alto rendimento
Chimico
Impossibilita’ di riutilizzo del
catalizzatore.
Corto tempo di reazione
Difficlota’ di utilizzo di etanolo
idratato
Ottenimento di prodotti con
minor grado di purezza
Facilita’ di separazione del
Lungo tempo di reazione
catalizzatore (supporto)
Enzimatico
Obtenção de produtos com
Costo degli enzimi
maior pureza
Possibilita’ di utilizzo
Basso rendimento
dell’etanolo idratato
(Costa, 2002)
15
16
2.3 L’ ENZIMA LIPASI
Le lipasi (triglicerol acil-idrolasi. EC 3.1.1.3) (Figura 2) sono classificate come
idrolasi e agiscono sopra legami esteri present negli acilgliceroli, liberando acidi grassi e
glicerolo, costituendo una classe speciale di esterasi. La differenza tra una lipasi e una esterasi
(EC 3.1.1.1) sta nel fatto che la prima catalizza razioni di substrati insolubili in acqua, mentre
le esterasi agiscono su substrati solubili.
Figura 2: Modello in 3D dell’ enzima lipasi di Candida antarctica B.
Quindi, la differenza tra lipasi e esterasi ancora non e’ completamente definita. Nel
1958, Sarda e Desnuelle provarono a definire la lipasi a partire dalla sua caratteristica
cinetica, che e’ la proprieta’ di attivazione in presenza di substrati insolubili in acqua e
emulsionati, o sia, in presenza di un’interfaccia lipde/acqua. Secondo questi autori, le lipasi
16
17
sarebbero attivate in presenza di esteri emulsionati, mentre le esterasi non presentano questa
attivazione, esercitando la loro funzione idrolitica su substrati solubili in acqua.
Le lipasi sono situate in vari tessuti di animali e piante, e possono essere prodotte per
fermentazione usando varie speie di microrganismi, quali i funghi di Aspergillus mucor,
Rhizopus penicicillium. Geotrichum sp, per i lieviti di Tulopis sp e Candida sp e batteri come
Pseudomonas sp, Achromobacter sp e Staphylococus sp. Dal punto di vista economico e
industriale, i microrganismi sono preferibili alle lipasi di fonte animale o vegetal, dovuto
all’alto costo di isolamento e purificazione.
Tra le lipasi, quelle di Humicola lanuginosa, Rhizopus delemar, Geotrichum candidum
, Mucor miehei, Pseudomonas glumae, Candida rugosa (precedentemente nominata Candida
cilindracea), Candida antarctica, Chromobacterium viscosum, lipasi pancreatica del cavalo,
lipasi pancreatica umana e lipasi pancreatica bovina hnno la loro struttura determinada. La
massa molecolare di questi enzimi varia da 20 a 75 kDa. Il loro punto isoelettrico varia in un
range compreso tra 3,6 e 7,6, essendo maggoritariamente acide, con pI tra 4 e 5.
Il sito catalitico e’ formato per la triade catalitica Ser-His-Asp/Glu, che si ripete in
tutte le strutture ed è sempre protetto da una molecola che funge da “tappo” idrofobico o
“lid’’che quando interagisce con l’interfaccia lipide/acqua subisce una modifica
conformazionale, espondendo il sito attivo. La presenza del “tappo” nella struttura
dell’enzima e la proprieta’ di attivazione interfacciale diventarono fattori determinanti per la
caratterizzazione delle lipasi. Studi a Raggi-X fatti da Uppenberg e collaboratori (1995) con la
lipasi di Candida antarctica rivelarono l’esistenza di un “tappo” similare a quello delle altre
lipasi che ricopre la triade catalitica Ser-His-Asp.
Piu’ recentemente, si osservo’ che la presenza del “tappo” non e’ necessariamente
correlazionata con l’attivazione interfacciale per le lipasi di Pseudomonas aeruginosa,
Burkholderia glumae e Candida antarctica B, che presentarono il “tappo” con una struttura
17
18
particolare che non subiva attivazione interfacciale. D’altra parte, le cutinasi, enzimi
considerati lipasi “vere”, non mostrarono la presenza di un “tappo” e non avevano bisogno
dell’interfaccia per esercitare l’attivita’ idrolitica.
Figura 3: Triade catalitica o Regola dei Tre Punti.
Le lipasi sono molto usate in sintesi organica dovuto alla loro grande disponibilita’ e il
basso costo. Inoltre, non richiedono cofattori, lavorando in un range id pH relativamente
grande, sono molto stabili nel quando si trovano dentro i limiti di pH, sono specifiche,
chemioslettive, regioselttive e enantioselettive. Possiedono l’abilita’ di catalizzare reazioni di
esterificazione, transesterificazione (acidolisi, interesterificazione, alcolisi), aminolisi e
tiotransesterificazione in solvente organico anidro, sistema bifasico e in soluzione micellare
con alta specificita’. Il dislocamento dell’equilibrio nella reazione, in verso diretto (idrolisi) o
inverso ( sintesi), e’ controllato dalla quantita’ di acqua presente nella miscela di reazione. Le
lipasi sono state largamente studiate in relazione alle loro proprieta’ biochimiche e
fisiologiche e, recentemente, per applicazioni industriali.
Secondo Bonn e Pereira (1999), il potenziale di applicazione degli enzimi
nell’industria di oli e grassi non e’ ancora sufficentemente diffuso. Gli enzimi possono essere
impiegati tanto per risolvere problemi industriali, quanto per produrre nuovi tipi di oli e
18
19
grassi. Anche se la maggior parte della produzione li destina al settore alimentare, e’ crescente
l’interesse nell’ottenenimento di prodotti chimici di maggior valore aggregato a partire da
queste materie pime. Le proprieta’ degli acidi grassi dipendono dagli oli e dai grassi da cui
vengono estratti e sono modificati per la formazione di una miscela con diversi trigliceridi
naturali, o per modificazione chimica come l’idrogeenazione catalitica, o ancora per il
riarrangiamento della molecola (interesterificazione). Attualmente, le trasformazioni di oli e
grassi si basano predominantemente su porcessi chimici convenzionali. L’ottenimento dei
prodotti derivati dagli oli vegetali, a partire dalla modificazione per interesterificazione con
lipasi sono state largamente studiate e in questo lavoro si includono dei risultati di
rendimento, studi cinetici e di stabilita’ ossidativa.
Facioli e Gonçalves (1998) studiarono la modificazione dell’olio di piqui per via
enzimatica. In questo lavoro fu studiata la reazione di interesterificazione dell’olio della polpa
di piqui con acido stearico, utilizzando la lipasi specifica 1,3 de Mucor mihei (Lipozyme). Le
condizioni ideali di interesterificazione in microscala furono stabilite empiricamente. I
monogliceridi sono abbastanza usati come emulsionanti per prodotti di panetteria, e il loro
ottenimento e’ stato studiato per mezzo delle lipasi. La lipasi di Mucor miehei (Lipozyme) fu
usata nache da Pecnik e collaboratori (1992) per ottenere il glicerolo 1,2 –isopropiliden-3oleilico, a partire dalla condensazione del glicerolo con acetone, seguito da esterificazione con
acido oleico.
Anche i porcessi di transesterificazione enzimatica per ottenere biodiesel non siano
ancora commercialmente sviluppati a sufficenza, nuovi risultati sono stati pubblicati in
articoli e pubblicazioni scientifiche (SERCHEL e VARGAS, 1998). In modo generale, questi
studi consistono nell’ottimizzazione delle condizioni di reazione (solvente, temperatura, pH,
tipo di microrganismo che produce l’enzima, etc), al fine di stabile le caratteristiche per
19
20
applicazioni industriali. Pero’, il rendimento come il tempo di reazione, ancora e’ sfavorevole
in comparazione con il sistema per catalisi basica.
L’alcolisi di olio di girasole con le lipasi di Pseudomonas fluorescens (liberi), Mucor
miehei e Candida sp, fu studiata con il proposito di perfezionare le condizioni per
l’ottenimento di esteri metilici e etilici (MITTELBACH, 1990). In questo studio, fu verificata
l’efficenza dell’alcolisi con metanolo, etanolo, n-propanolo, n-butanolo e n-pentanolo, in
diverse condizioni. Fu indagata l’importanza della presenza del solvente e dell’addizione di
acqua nella reazione. Il miglior rendimento (99%) fu ottenuto nell areazione di
transesterificazione con la lipasi di Pseudomonas sp con etanolo, a 450C. Altri risultati sono
mostrati nella Tabella 2.
TABELLA 2: RENDIMENTI DI ESTERI (%) OTTENUTI PER MEZZO DI
REAZIONE DI TRANSESTERIFICAZIONE ENZIMATICA DI OLIO DI GIRASOLE
CON E SENZA SOLVENTE.
Lipasi
Lipasi Mucor Lipasi Candida
Con solvente
Senza solvente
Alcol
fluoresceza
miehei
sp
MeOH
79
25
53
EtOH (96%)
99
82
79
n-PrOH
81
80
29
MeOH
3
-
-
EtOH(anidro)
70
-
-
EtOH(96%)
82
-
-
n-ButOH
76
-
-
(MITTELBACH, 1990).
Nell’alcolisi di olio di girasole con etanolo senza solvente, (MITTELBACH,
1990) venne ottenuto il miglior rendimento (82%) con la lipasi di Pseudomonas sp. L’assenza
20
21
di solvente fu considerata per facilitare applicazioni tecniche, ma in funzione della viscosita’
dell’olio fu necessaria una vigorosa agitazione e un lungo tempo di reazione (14 h).
La produzione di biodisel a partire dal siero bovino e dall’olio di colza, oliva e
soja fu studiata da Nelson e collaboratori (1996) utilizzando gli enzimi immobilizzati di
Mucor miehei (Lipozyme) e Candida antarctica (SP-435), oltre alle Geotrichum candidum,
Pseudomonas cepacia e Rhizopus delemar nella forma libera. La reazione di
transsterificazone fu eseguita con alcol a corta catena , in esano con agitazione costante e i
prodotti furono analizzati per cromatografia gassosa. La reazione con metanolo , etanolo,
propanolo e isobutanolo fu realizzata per 5 ore, alle temperature comprese tra 350C e 550C.
Furono ottenuti rendimenti superiori al 90% con il sebo e tutti gli alcol citati con la lipasi di
Mucor miehei. Oltre questo, gli oli di soja e colza presentarono risultati soddisfacenti che
vengono mostrati nella Tabella 3.
TABELLA 3. RENDIMENTO DEGLI ESTERI (%) OTTENUTI ATTRAVERSO
REAZIONE DI TRANSESTERIFICAZIONE ENZIMATICA DI TRIGLICERIDI
CON ALCOL PRIMARI E SECONDARI.
Lipasi
Lipasi
Lipasi
Sebo
Alcol
M. miehei
C.antarctica
P. cepacia
MeOH
94,8
25,7
13,9
EtOH (95%)
98,3
_
13,7
EtOH
68,0
_
_
1-PrOH
24,3
61,2
44,1
2-BuOH
19,6
83,8
41,0
MeOH
75,4
_
14,5
EtOH
97,4
_
_
MeOH
77,3
_
_
(anidro)
Soja
Colza
21
22
(NELSON et al., 1996).
2.3.1-DETERMINAZIONE DELL’ATTIVITA’ ENZIMATICA RELATIVA AI
SOLVENTI ORGANICI.
2.3.1.1 EFFETTI DEI SOLVENTI ORGANICI.
La catalisi enzimatica era considerata n processo avviabile solamente in fase
acquosa. Nel frattempo, ricerche recenti dimostrarono che gli enzimi possono essere attivati in
solventi organici, solventi gassosi e fluidi supercritici (ILLANES, 1994).
Lo studio degli enzimi in ambiente organico si e’ evoluto signifaictivamente
negli ultimi venti anni. Tali studi cominciarono con l’investigazione del comportamento degli
enzimi in sistemi predominantemente acquosi contenendo piccole quantita’ di solventi
organici miscibili in acqua. Posteriormente, vennero sviluppati sistemi enzimatici per
miscugli di due fasi (acquosa/organica) e, in seguito, in ambiente organico contenendo una
fase acquosa dispersa (microemulsioni). Attualmente, si osserva un grande numero di
applicazini utilizzando sospensioni enzimatiche in solventi organici praticamente anidri
(OLIVEIRA,1999).
Uno dei principali vantaggi della catalizsi enzimatica in ambiente organico e’
la possibilita’ di effettuare reazioni che utilizzano substrati poco solubili in acqua. Oltre cio’
e’ possibile spostare l’equilibrio termodinamico delle reazioni che non esigono di un ambiente
acquoso mediante l’estrazione di substrato e/o prodotti per la fase acquosa e/o organica o
mediante la diminuzione della quantita’ di acqua nell’ambiente reazionale. In questo modo,
reazioni come esterificazione e interesterificazione diventano avviabili industrialmente.
Secondo MONOT (1994), la catalisi enzimatica in ambiente organico rappresenta come
maggiori vantaggi:
Aumento della disponibilita’ dei substrati poco solubili in acqua;
22
23
Spostamento dell’equilibrio delle reazioni;
Diminuzione del numero di reazioni indesiderate;
Semplicita’ dei procedimenti di recupero del prodotto e del biocatalizzatore;
Controllo della stereoselettivita’ delle reazioni enzimatiche;
Riduzione di eventuali inibizioni per substrati e prodotti;
Aumento della stabilita’ dell’enzima.
Inoltre gli enzimi sono cataliticamente attivi in ambiente acido perche’ loro
rimangono nella loro conformazione originale. L’incapacita’ della proteina di cambiare
conformazione strutturale quando si trova in ambiente non acquoso si deve in parte alle
interazioni elettrostatiche tra i gruppi integranti dell’enzima che aumentano a contatto di un
solvente organico. Cio’ e’ dovuto alla bassa costante dielettrica della maggior parte dei
solventi e anche all’aumento del numero di legami idrogeno intramolecolare. L’integrita’
strutturale delle proteine in ambiente non acquoso e’ stato verificat attraverso esperimenti tra
cui risonanza magnetica nucleare allo stato solido e cristallografia a raggi X (YANG e
RUSSEL, 1996).
DOSSAT et al. (2002) analizzarono la transesterificazione realizzata in sistemi
che usavano solvente e senza solvente. Utilizzarono come substrato l’acido oleico (dell’olio di
girasole), butanolo e lipasi immobilizzata di Rhizomucor miehei, concludendo che nel sistema
senza solvente soltanto il 60 % di acido oleico fu convertito in estere, mentre nel sistema con
n-esano fu convertito il 95 % dell’olio.
La natura del solvente organico e’ un fattore importante che viene considerato
nella catailsi enzimatica in ambiente non acquoso, poiche’ il solvente influenza non solo
l’attivita’ e la stabilita’ dell’enzima, ma ne modifica anche la sua specificita’.
I solventi meno nocivi per gli enzimi sono quelli piu’ idrofobici, poiche’
interagiscono meno con l’acqua necessaria per il funzionamento dell’enzima.
23
24
I solventi idrofilici, o sia, solventi che contengono la maggior quantita’ di
gruppi polari o centri capaci di formare ponti di idrogeno, tendono a inglobare acqua
essenziale in prossimita’ dell’enzima, arrecando la perdita di attivita’ enzimatica.
ZAKS e KLIBANOV (1985) constatarono che gli enzimi sospesi ni solventi
idrofobici richiedono una quantita’ di acqua sostanzialmnete minore per l’ottenimento
delll’attivita’ massima quando sono comparati con quelli sospesi in solvente idrofilico. In
accordo con i risultati sperimentali, puo’ essere concluso che l’ativita’ enzimatica in ambiente
organico e’ principalmente influenzata non per le interazioni del solvente con l’enzima
propriamente detto, ma per le interazioni con l’acqua legata all’enzima. Per una data quantita’
di acqua presente nel solvente, l’attivita’ enzimatica nel solvente idrofobico e’ maggiore che
nel suo corrispondente idrofilico (KLIBANOV, 1997).
I criteri per la determinazione dell’idrofobicita’ di un solvente sono soggetti a
controversie. I piu’ importanti indicatori di idrofobicita’ sono: il parametro di Hidebrand (δ),
la constante dielettrica (Σ), il momento dipolare (µ) e il coefficiente di partizione (P)
(ILLANES, 1994). La migliore classificazione proposta fu basata nel logP, essendo P il
coefficiente di partizione del solvente in un miscuglio ocanolo/acqua. Il coefficiente di
partizione (P) di un composto e’ generalmente descritto come il rapporto tra la sua
concentrazioe in fase organica e acquosa. Per ottenre elevate concentrazioni di prodotto e’
essenziale utilizzare un solvente organico nel quale il coefficiente organico nel quale il
coefficiente di partizione del prodotto sia alto. Questo implica in un’effiente estrazione del
prodotto per la fase organica, il che produce una conversione maggiore. I solventi piu’
adeguati sono quelli che presentano logP maggiore di 2. Secondo CARTA et al.(1995), la
biocatalisi di reazioni di sintesi, tali come esterificazioni sono generalmente considerate
possibili in solventi immiscibili in acqua che presentano logP maggiore di 4. Esempi di logP
di alcuni solventi organici sono illulstrati nella tabella 4.
24
25
TABELLA 4: LOGP DI ALCUNI SOLVENTI ORGANICI.
SOLVENTE
LogP
SOLVENTE
LogP
Triglima
-1,9
Cloroformio
2,0
Diglima
-1,3
2-4-dimetil-3-pentanolo
2,3
N-N-Dimetilformamide
-1,0
3-etil-3-pentanolo
2,3
Monoglima
-0,75
2-metil-2-esanolo
2,3
4-hidroxi-4-metil-2-
-0,34
Toluene
2,5
Acetononitrile
-0,33
Trifluorotricloroetano
2,8
Acetone
-0,23
Butiletere
2,9
1-metil-2-pirrolidone
-0,20
2,6-dimetil-4-eptanolo
3,4
2-butanone
0,28
esano
3,5
Diclorometano
0,60
Pentiletere
3,9
2-metil-2-propanolo
0,79
Isoamiletere
4,0
2-pentanone
0,80
1-octene
4,2
3-pentanone
0,80
Feniletere
4,3
Etiletere
0,85
Isooctano
4,5
1,2-dicloetano
1,2
1-noneno
4,7
2-metil-butanolo
1,3
Esiletere
5,0
4-metil-2-pentanone
1,3
Nonano
5,1
Tert-butilmetiletere
1,4
Decano
5,6
2-metil-2-pentanolo
1,8
1-dodecano
6,2
3-metil-3-pentanolo
1,8
Dodecano
6,6
Isopropiletere
1,9
pentanone
(Janssen et al, 1993).
Pero’, questa classificazione non puo’ essere applicata per tutti gli enzimi,
tenendo conto che essa non considera le interazioni specifiche tra l’enzima e il solvente, che
sono dovute alla costante dielettrica. Si deve anche ammettere che la diminuzione della
costante dielettrica del solvente permette l0aumento delle interazioni elettrostatiche tra i
residui ionizzabili della molecola dell’enzima, il che puo’ causare una riduzione della
flessibilita’ interna della proteina. Considerando che la mobilita’ molecolare e’ essenziale per
l’attivita’ catalitica dell’enzima, una riduzione nella sua flessibilita’ e’ normalmente
accompagnata da una diminuzione dell’attivita’ enzimatica. La modifica del valore della
costante dielettrica altera anche il valore di pKa dei residui ionizzabili della superficie della
25
26
proteina. Se questa modifica avviene nel sito attivo o prossimo ad esso, si puo’ avere
un’alterazione del legame e/o della conversione dei substrati e, quando la modifica nella
costante dielettrica e’ drastica, la struttura tridimensionale dell’enzima puo’ essere
trasformata. É importante sottolineare che l’addizione di substrati e la formazione di prodotti
durante la reazione possono modificare l’idrofobicita’ dell’ambiente e, conseguentemente, il
tenore dell’acqua intorno all’enzima (MONOT, 1994).
Oltre all’effetto sull’attivita’, stabilita’ e specificita’ dell’enzima o nelle sue
relazioni con l’acqua, si deve anche considerare l’effetto del solvente nella costante di
equilibrio delle reazioni. La condizione di equilibrio sara’ determinata dalle interazioni tra i
reagenti, i prodotti e il solvente; la natura e il comportamento de qualunque catalizzatore
influenzeranno solo la velocita’ con cui il sistema aatinge all’equilibrio (HALLING, 1990-a).
E’ possibile prevedere l’effetto del solvente sull’equilibrio utilizzando dati
sopra la distribuzione del componenti nelle fasi del sistema liquido-liquido (HALLING, 190b). In un sistema bifasico, substrato e prodotti andranno a dividersi tra le due fasi
(acquosa/organica).
JANSSEN (1993) studio’ l’esterificazione del glicerolo e dell’acido decanoico
in vari solventi, includendo idrocarburi alifatici e aromatici, eteri, aldeidi, alcol terziari e
idrocarburi alogenati.
KUO e PARKIN (1996) osservarono che la predominanza del prodotto formato
in miscugli di reazione di multiprodotti, come nella reazione tra il glicerolo e l’acido
undecanoico e’ relazionata col la somiglianza della polarita’ del solvente usato. Cosi’, la
produzione di monogliceridi (logP = 2,5) é favorita in ambiente polare, mentre quella del
trigliceride (logP=13,7) in ambiente apolare.
Invece, secondo JANSSEN (1993), logP non e’ l’unico parametro che controlla
la distribuzione del prodotto. Infatti, anche la solubilita’ dell’acqua nel solvente e’ un
26
27
parametro utile per la selezione del solvente. Come la solubilita’ nno era conosciuta per tutti i
solventi utilizzati, gli autori la stimarono mediante il metodo di contribuzione del gruppo
UNIFAC, che calcola i coefficenti di attivita’ nelle due fasi. Si osservo’ quindi che c’è una
ragionevole correlazione tra il logP e la solubilita’ dell’acqua nel solvente. L’addizione di un
solvente polare (solvente con una alta solubilita’ in acqua) risulto’ in una elevata
concentrazione di monoacilgliceroli, mentre i solventi apolari presentarono maggior frazione
molare dei di- e trigliceridi.
Lo sviluppo della catalisi in un ambiente organico evidenzio’ che la quantita’
di acqua realmente necessaria per influenzare favorevolmente l’attivita’ enzimatica e’ molto
piccola. Per questo, l’esistenza di una fase acquosa definita, anche se in piccole proporzioni,
non e’ un prerequisito per l’efficienza della catalisi. Cosi sarebbe tecnologicamente piu’
attraente fare uso di solventi organici realizzare la reazione enzimatica solo con il miscuglio
di substrati (olio vegetale e alcol). Questa possibilita’, se avviabile, combina con precisione
alla catalisi biologica con alti livelli di produttivita’raggiunti coi migliori metodi
convenzionali. Tra alcuni dei vantaggi di questo sistema si puo’ dire che: evita problemidi
separazione, di tossicita’ e di infiammabilita’ dei solventi organici, diminuisce i costi iniziali
del prodotto e permette il recupero del prodotto senza le tappe di purificazione o evaporazione
e l’utilizzo dei substrati in alte concentrazioni (SELMI et al., 1997). Generalmente, si possono
prevedere alcune difficolta’ immediate per implementazione di un sistema senza
solvente:minimizzazione
della
resistenza
al
trasferimento
di
massa,
omogeneita’
dell’ambiente di reazione, la composizione di reazione dev’essere liquida e deve rimanerlo
durante il corso del processo e deve essere presente una azione che sposti l’equilibrio nel
verso della formazione dei prodotti.
27
28
2.3.1.2 INFLUENZA DELL’ACQUA.
Un fatto ben stabilito in tutti gli studi sopra l’utilizzo dell’enzima in ambiente
organico e’ che la quantita’ di acqua legata all’enzima e’ il fattore determinante per
l’espressione delle sue proprieta’, come per esempio, la stabilita’ e la specificita’. Anche se
l’attivita’ dell’acqua in un sistema enzimatico tipico in un ambiente organico sia molto bassa
(intorno allo 0,01% p/v), piccole variazioni nel contenuto di acqua possono provocare grandi
modifichenell’attivita’ enzimatica. Gli enzimi sonopraticamente inattivi, in sistemi
completamente anidri. L’acqua, quando addizionata a questo sistema, si distribuisce tra il
solvente e l’enzima. L’attivita’ enzimatica dipende dalla quantita’ di aacqua associata
all’enzima e in minor grado al contenuto totale di acqua esistente nel sistema. Sinche’ e’
presente una quantita’ minima essenziale di acqua legata all’enzima, la sua attivita’ verra’
mantenuta.
L’enzima richiede un sottile strato d’acqua che agisce come componente
primario del microambiente dello stesso, agisce percio’ come un tampone tra la superficie
dell’enzima e il campo reazionale. Cosi’, la biocatalisi in fase organica e’ possibile, sinche’ si
conservi questa piccola quantita’ di acqua indispensabile per l’enzima. La quantita’ di acqua
richiesta per la catalisi organica dipende dell’enzima utilizzato. Secondo ILLANES (1994),
ogni enzima, nello specifico deve essere esaminato in vari livelli di idratazione in solventi
organici.
L’addizione di acqua a preparati enzimatici solidi in solventi organici puo’
aumentare l’attivita’ enzimatica attraverso l’aumento della polarita’ e della flessibilita’del sito
attivo. L’eccesso dell’acqua facilita l’aggregazione dell’enzima e puo’ provocare una
diminuzione della sua attivita’. Il meccanismo di aggregazione dell’enzima, indotto
dall’acqua, in solvente organico, ancora non e’ totalmente chiaro; si pensa che la formazione
di legami disolfuro intermolecolari sia una delle cause di questo processo. La quantita’
28
29
d’acqua necessaria per la manutenzione della struttura enzimatica varia con la natura
dell’enzima (YANG e RUSSEL, 1996).
As propriedades físico-químicas exibidas por uma enzima estão relacionadas
direta ou indiretamente ao papel da água nas interações não covalentes (eletrostáticas, pontes
de hidrogênio, van der Waals e hidrofóbicas), as quais ajudam a manter a conformação
cataliticamente ativa da enzima (ILLANES, 1994).
L’idratazione dei gruppi carichi e polari delle molecole di enzima sembra
essere un prerequisito per la catalisi enzimatica. E’ possibile che in assenza di acqua, questi
gruppi interagiscano producendo una conformazione strutturale inattiva. La funione
dell’acqua nella manutenzione dell’attivita’ enzimatica in un ambiente non acquoso sembra
essere relazionata con la sua capacita’ di formare legami ad idrogeno con questi gruppi
funzionali, quindi, dielettricamente le interazioni elettrostatiche tra i gruppi ionizzando le
interazioni dipolo-dipolo tra unita’ peptidiche e gruppi vicini polari della proteina
(LANGONE, 1998).
Le interazioni elettrostatiche come ponti salini e interazioni dipolo-dipolo,
possono essere preponderanti nel controllo del comportamento catalitico degli enzimi in
solvente organico. Questa ipotesi e’ sostenuta per la verificazione dell’aumento di attivita’
enzimatica dopo l’addizione di varie sostanze che formano i legami a idrogeno, tali come il
glicerolo, etilen glicole e formamide, al solvente. Fu constatato che solventi che contengono
polialcoli diminuiscono la tendenza di rottura dei legami di idrogeno, che occupano un
importante ruolo nella manutenzione della struttura terziaria delle lipasi (MALCATA et al.,
1990). In questo contesto, vari studi vedono la stabilita’ delle lipasi mediante addizione di
glicerolo. Anche i Sali di Calcio sono spesso usati per stabilizzare varie lipasi, cio’ e’ dovuto
alla loro capacita’ di formare legami ionici con due residui differenti di amminoacidi della
29
30
catena proteica. La maggior parte degli svantaggi nell’addizione di sali di calcio nell’ambiente
di reazione e’ la formazione di saponi insolubili con gli acidi grassi liberi.
E’ prevedibile che la stabilita’ della proteina in ambiente non acquoso debba
essere sensibilmente diffente da quella in un sistema acquoso. Sinche’ le molecole d’acqua
che circondano l’enzima in soluzione acquosa contribuiscono per le principali forze
intermolecolari che stabilizzano la conformazione terziaria, includendo interazioni di tipo van
der Waals, ponti salini e legami a idrogeno, la rimozione di quest’acqua puo’ alterare la
stabilita’ dell’enzima.
2.3.1.2 STUDI CINETICI.
Lo studio cinetico di reazioni catalizzate da lipasi e’ reso piu’ difficile per la
bassa affinita’ tra il substrato e la fase acquosa. Normalmente, una emulsione di substrato in
una fase acquosa continua e’ utilizzata e, alcuni fattori influenzeranno le proprieta’
interfacciali, influenzando le costanti cinetiche incontrate. L’analisi di una cinetica
enzimatica, generalmente, e’ realizzata per enzima e substrato dissolti in forma omogenea.
Nel caso delle reazioni catalizzate mediante lipasi questo trattamento deve considerare
l’interazione tra l’enzima e il substrato insolubile nell’interfaccia. La concentrazione effettiva
del substrato e’ difficile ad essere determinata, poiche’ solamente quelle molecole che stanno
nell’interfaccia sono disponibili per l’enzima (OLIVEIRA, 1999).
STAMATIS e collaboratori (1993), studiando la cinetica di reazione
dell’esterificazione tra l’acido laurico e (-) mentolo catalizzata per lipasi di Penicillium
simplicissimum in un sistema di micella inversa formato per AOT/isooctano, proposero il
meccanismo cinetico di tipo Ping-Pong bi-bi, essendo che i parametri cinetici ottenuti sono
apparenti visto che la determinazione di parametri cinetici veri devono essere presi in
considerazione alla concentrazione reale dei substrati.
30
31
CHULALAKSANNANUKUL
e
collaboratori
(1993)
studiarono
il
meccanismo cinetico della reazione di esterificazione catalizzata dalla lipasi di Mucor miehei
immobilizzata in resina anionica (lipozyme IM) tenendo l’acido oleico e etanolo come
ssubstrati e esano come solvente. Anche questi autori proposero il meccanismo Ping-pong bibi, ma con inibizione per eccesso di etanolo (Figura 4).
Nella figura 1, e’ rappresentato il meccanismo generale delle reazioni di
transesterificazione per via enzimatica di lipasi di un alcol e un estere, che puo’ essere un
trigliceride.
Si osserva che la formazione dei due stati di transizione differenti nel riarrangio
dei legami avviene durante il processo catalitico: Nella tappa (a), con effetto cooperativo, i
residui d amminoacidi del centro attivo della lipasi polarizzano il donatore acile, formando
l’intermedi otetraedrico (b),il quale e’ il primo stato di transizione generato durante la
trasformazione del complesso di Michaelis-Menten tra l’enzima e il donatore acile in una
specie intermediaria denominata acil-enzima (c). Nella etapa (d), il complesso acil-enzima é
tagliato dall’alcol R3OH, originando il secondo stato si transizione (e), a partire dal quale si
forma una ltro estere come prodotto (f), mentre il sito attivo e’ rigenerato. Nei due stati di
transizione, la carica negativa generata sull’Ossigeno dopo l’attacco nucleofilo e’ stabilizzata
mediante il legame dell’idrogeno dai residui dle centro attivo che formano il gruppo di
ossianioni nella lipasi.
Le lipasi sono molto usate in sintesi organica e cio’ e’ dovuto alla sua grande
disponibilita’ e basso costo. Oltre questo, non richiede cofattori, puo’ lavorare in una fascia di
pH relativamente grande, sono molto stabili nel range di pH in cui lavorano, presentano
specificita’, regioselttivita’, chemioselettivita’ e enantioselettivita’. Possiedono la capacita’ di
catalizzare reazioni di esterificazione, transesterificazione (acidolisi, interesterificazione e
alcolisi), aminolisi e tiotransesterificazione in solvente organico anidro, sistema bifasico e in
31
32
soluzione macellare con alta specificita’. Il dislocamento dell’equilibrio nella reazione, in
senso diretto (idrolisi) o inverso ( sintesi), e’ controllato dalla quantita’ di acqua presente nella
miscela di reazione. Le lipasi sono state studiate approfonditamente in relazione alle loro
proprieta’ biochimiche e fisiologiche e, piu’ di recente, per applicazioni industriali.
(a)
(b)
Tyr
Gln
O
NH
H
H
-
R2
N
H
N
-
O
O
O
H
His
Tyr
Gln
O
H
N
(c)
Tyr
+ O
H
R2
H
O
-
O
O
H
Gln
O
N
R1
O
O
N
H
Ser
H
O
R2
N
H
Tyr
O
Gln
O
H
O
O
(f)
NH
H
Asp
His
R2
His
Tyr
N
H
O
H
Ser
(e)
H
NH
H
Asp
-
O
N
Gln
O
His
O
Ser
H
O
O
H
R2
+
O
NH
H
Asp
-
H
N
His
(d)
O
N
Ser
-
O
O
O
H
H
R1
Asp
O
O
Gln
NH
H
R1
Asp
O
Tyr
O
NH
H
-
Asp
O
-
O
H
Ser
H
O
H O
R2
N
N
H
O
Ser
His
Figura 4: Meccanismo enzimatico di lipasi con alcol (CYGLER et al., 1994).
Negli ultimi anni, con l’intuito di aumentare l’attivita’ catalitica di lipasi,
furono pubblicati vari procedimenti di immobilizzazione o modificazioni della struttura
nativa, essendo questi processi di diverso grado di complessita’ e efficienza.
I metodi di immobilizzazione richiedono un’interazione debole o formazione di
legami covalenti tra la lipasi e il supporto. L’ingegneria genetica di lipasi comporta la
modificazione del gene correlato all’enzima. Questa tecnologia include l’abilita’ di isolare e
32
33
esprimerei geni di interesse e modificare alcuni amminoacidi che occupano un sito importante
per l’attivita’catalitica dell’enzima.
2.4 METODI DI IMMOBILIZZAZIONE DELL’ENZIMA.
Lo sviluppo di tecniche di immobilizzazione e’ stato importante per il riutilizzo
dell’enzima, facilitare la separazione dei prodotti e aumentare la stabilita’ in solventi organici.
Il principale interesse nell’immobilizzare un’enzima e’ ottenere un
biocatalizzatore con attivita’ e stabilita’ che non siano mutabili durante il processo.
Idealmente, l’enzima immobilizzatodovra’ avere un’attivita’ catalitica
superiore. Oltre questo, non dovranno servire altre modifiche strutturali, o modifiche nel sito
attivo. L’immobilizzazione puo’ inibire o aumentare l’attivita’ e la stabilita’ dell’enzima,
pero’ non esiste una regola che predica la manutenzione di questi parametri dopo il processo
di immobilizzazione.
In scienze, numeriosi metodi sono stati dscritti per elencare i possibili problemi
di instabilita’ e ottimizzare le varie applicazioni. In reazioni chimiche e biochimiche, l’uso di
enzimi puri puo’ essere dispendioso e il suo scarto dopo l’uso e’ economicamente inavviabile.
Oltre cio’, il recupero dell’ambiente di reazione potrebbe essere difficile.
L’immobilizzazione puo’ avvenire mediante l’adsorbimento o legame
dell’enzima in un materiale insolubile, con l’uso di un reagente multifunzionale con legame
crociato, confinamento in matrici formate per gel polimerici o incapsulazione mediante
membrana polimerica. La Figura 5 illustra, schematicamente, la classificazione dei metodi
utilzzati per immobilizzazione di enzimi.
33
34
Figura 5: Metodi di immobilizzazione di enzimi (Costa, 2002).
Le lipasi sono state a lungo utilizzate nella tecnologia dei trigliceridi, essendo
applicate, principalmente, nella biotrasformazione di oli e grassi. Tra i processi piu’
promettenti per la modificazione dei lipidi ci sono le reazioni di idrolisi, sintesi di esteri e
interesterificazione di questi materiali in presenza di lipasi. La reazione di idrolisi comporta
l’attacco nel legame estere del trigliceride in presenza di molecole di acqua per produrre
glicerolo e acidi grassi. La reazione di esterificazione tra alcol poliedrici e acidi grassi liberi
e’, in sua assenza, la reazione inversa dell’idrolisi del gliceride corrispondente. Il termine
interesterificazione si riferisce allo scambio di radicali acili tra in estere e un acido (acidolisi),
un estere e un alcol (alcolisi) o un estere e un altro estere (transesterificazione). In queste
reazioni, il trigliceride reagisce con un acido grasso, un alcol o un altro estere, risultando in un
riarrangio dei gruppi di acidi grassi del trigliceride in modo da produrre un nuovo trigliceride.
34
35
Il riarrangio e’ il risultato di reazioni concorrenti di idrolisi e esterificazione (OLIVEIRA,
1999).
Questi acidi ottenuti a partire da alcol e acidi grassi possiedono molte
applicazioni e, quelli ottenuti a partire da acidi a catena lunga (12-20 atomi di Carbonio) e
alcol con catena corta (3-8 atomi di Carbonio) sono stati largamente utilizzati nelle industrie
alimentari, come detergenti, in cosmetica e farmaceutica (CARTA et al., 1995). Per queste
applicazioni vengono usati esteri naturali, tali come quelli derivati dall’olio di balena, cera di
carnaúba e ólio di jojoba. Per il momento, questi oli sono cari e non sono disponibili in grandi
quantita’. In questo modo, sarebbe vantaggioso sviluppare metodi per la produzione di tali
esteri a parire da materie prime piu’ economiche e piu’ largamente disponibili (MARTINEZ
et al., 1998).
Recenti studi hanno dimostrato la possibilita’ dell’uso di un metodo alternativo
per la produzione dei esteri dall’uso di enzimi lipasi, come catalizzatori (ABRAMOWICZ, E
KEESE, 1989; BARZANA et al., 1989; DORDICK, 1989; OLIVEIRA e ALVES, 2000).
L’aumento dell’uso dei biocatalizzatori immobilizzati e il loro utilizzo e’ dovuto alle loro
proprieta’ favorevoli di reazione , al basso impatto con l’ambiente e alla loro alta specificita’
(BASRI et al., 1996).
2.5 CHITOSANO
La chitina e’ un polisaccaride estremamente abbondante in natura ceh puo’
essere trovata in diversi organismi come gli insetti e i crostacei, essendo il principale
costituente della crosta dei gamberoni, delle tartarughe e dei granchi. Il chitosano e’ anche un
polisaccaride che viene prodotto naturalmente da alcuni funghi, ma generalmente e’ ottenuto
per la disacetilazione della chitina, una reazione che puo’ essere eseguita in differenti
35
36
condizoni impiegando differenti alcali. Inoltre, l’esecuzione della reazione di disacetilazione
di chitina a temperature elevate e impiegando soluzioni di NaOH é il piu’ comune per ottenere
chitosano (CAMPANA E DESBRIÈRES, 2000).
Il chiosano puo’ essere definito come un copolimero di 2-amino-2-desossi-Dglicopiranosio, di composizione variabile in funzione del grado residuo di acetilazione, le cui
unita’sono unite per legami β (1→ 4) (Figura 6). Il termine chitosano e’ usato per identificare
60% di unita’ desacetilate, mentre la chitina si trova in prodotti molto piu’ acetilati. Come
consequenza dei suoi differenti contenuti unita’ acetilate, chitina e chiosano possiedono
diffenete grado di solubilita’, infatti la chitina è solubile.
Figura 6: Struttura chimica del chitosano.
2.5.1 CARATTERIZZAZIONE DEL CHITOSANO.
La produzione industriale e l’uso di chitina e dei suoi derivati, principalmente
chitosano, si trova in costante crescita. I principali fattori per questo interesse possono essere
attribuiti a : i) abbondanza di materia prima; ii) possibilita’ di utilizzo dei rifiuti piu’
abbondanti e a basso costo nell’industria ittica e iii) volume di studi confermando ed
allargando continuamente il potenziale di domanda di quelli materiali. La tabella 5
esemplifica in breve modo delle aree nelle quali è stato applicato il chitosano, essendo la
medicina e le biotecnologie i campi più investigati. Tabela 5. Alcune applicazioni del
chiosano.
36
37
Applicazioni
Trattamento dell’acqua
Esempi
Nella rimozione di ioni metallici attraverso la
chelazione; come floculante di agente per
l'eliminazione di sostanze come proteine,
colorante e diserbanti; la chiarificazione e la
filtrazione a partire da membrane a base di
quitosana.
Nel trattamento di superfici di cellulosa con
lo scopo di aumentare la durezza senza
modifica dello splendore; nell'ottenimento di
Polpa di carta
carta isolante e resistente all'invecchiamento;
nell'uso in carta fotografica per elevare la
proprietà antistatica.
Medicina e biotecnologie
In formulazioni che contengono chitosana
contro il colesterolo; nel combattimento di
cellule cancerose, come nel trattamento della
leucemia; nella preparazione di lenti a
contatto; nella produzione di membrane per
dialisi; Come agente anticoagulante e
sanguigno; nella produzione di microsfere per
la liberazione controllata di medicine.
Nella rimozione di eccessi di grassi in
Cosmetici
shampoo; in creme di pulizia e composti di
trattamenti di pelle e capelli.
Nel trattamento nella superficie del seme per
l'inibizione di funghi; nella rimozione di colori
in succhi citrici; nella rimozione di solidi,
Agricoltura e processamento di alimenti beta-carotene ed acido di sostanze di succhi di
mela e di carota; nella chiarificazione di vini e
in coperture mangiabili per frutta.
(Sandford,1998,Laranjeira,1995; Jameela,1995; Grupta,2000; Assis et al., 2003).
37
38
Il chitosano puo’ essere applicato in molte aree e la versatilità di quello
polimerico è dovuto alle sue caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche come: l'abilità di
chelare metalli, la resistenza alla tensione, la capacità di formare film e l'attività battericida.
(THARANATHAN; KITHUR, 2003, MATHUR; NARANG, 1990). Queste
caratteristiche sono influenzate fortemente dal grado di desacetilazione (GD), massa molare media (MMm) e l’
area specifica, il che giustifica l'analisi di questi parametri.
2.6 LA MAMONA E L’OLIO DI MAMONA
La MAMONA è un euforbiacea la cui origine è asiatica, africana e anche americana. Ad ogni modo, la sua
menzione è fatta dall'antichità più remota, perché secondo autori classici già fu conosciuto al tempo del vecchio
egiziano che la apprezzarono come pianta miracolosa, essendo usata ugualmente nell'india per molti fini. In
Brasile la pianta di olio di ricino è conosciuta fin dall'era coloniale quando da essa si estraeva l’olio per
lubrificare gli ingranaggi delle grandi macchine.
2.6.1-CLASSIFICAZIONE BOTANICA
La pianta della mamona,scientificamente denominata Ricinus comunis L., è una pianta della
famiglia delle euforbiacee. In Brasile, la pianta di olio di ricino è conosciuta sotto le denominazioni di
mamoneira, ricino, carrapateira e palma-criste; in Inghilterra e negli Stati Uniti per il nome di ‘’castor
beans’’
e ‘’castor seed’’.
2.6.2 IMPORTANZA INDUSTRIALEAL
La cultura del mamoneira si riveste d’importanza per le arie applicazioni che il suo olio trova nel mondo
moderno.
Il petrolio è usato, dopo disidratazione, nella produzione di vernici come protettore e isolante.
Serve come lubrificante, nell'aeronautica, essendo il miglio olio nella lubrificazione dei motori
e come fluido nelle installazioni idrauliche. Si usa anche come base nella maggior parte dei prodotti della
cosmetica e in molti tipi di medicine farmaceutiche. Il petrolio di pianta di olio di ricino è utile in molti processi
come la produzione di colori, aniline, disinfettanti, germicidi oli lubrificanti a bassa temperatura e colle in
generale; Una delle applicazioni di grande valore economico dell’olio di mamona è nella produzione di nailon e
materiali di plastica; Nella produzione di schiume plastiche l’olio di mamona conferisce al materiale consistenze
diverse: dal molle e spugnoso al duro e rigido.
38
39
Le fabbriche di olio di mamona ora industrializzano tutto il prodotto, ottenendo l’olio di
mamona come prodotto principale e come sottoprodotto lo scarto di mamona, che ha grande proprieta’
fertilizzanti.
In prospettiva delle domande innumerevoli dell'olio di mamona il suo consumo interno
aumentò notevolmente in questi ultimi anni, percio’ c’è stata anche la necessita’ di aumentare le aree di
piantagione, e fu indispensabile pensare di consolidare il più grande produttore di mondo di pianta mamona. Il
conseguimento di questo obiettivo è di rilievo e ben piu’ importante rispetto alla produzione agricola semplice,
principalmente per i metodi razionali della coltura, l'evoluzione tecnica per il maggior uso di macchine e per la
piantaggione di varietà produttive e di buon reddito in petrolio
(Ogunniyi et al., 2006).
A distribuição geográfica da mamoneira é extensa, sendo encontrada em estado
espontâneo ou cultivada, em quase todas as zonas tropicais e subtropicais do mundo.
Os principais produtores de mamona são: Brasil e a Índia, sendo esta,
produtora milenar da oleaginosa, absorvendo o seu consumo interno 50% de sua produção. La
distribuzione geografica di mamona è estesa, essendo trovata in stato spontaneo o coltivato, in quasi tutti gli
stati e le aree subtropicali del mondo. I principali produttori nazionali al mondo di mamona sono Brasile ed
India.
Figura 7: Pianta di Mamona (Produzione Agroecologia Mamona, 2006).
TABELLA 6: APPLICAZIONE INDUSTRIALE DI DERIVATI DI OLIO DI
MAMONA.
39
40
Sito di Reazione
Derivato
Aplicazione
Metilricinoleato
Nylon-11(Fili,Tubi,Industria
Chimica
Ligame Estere
Automobilistica, Aeronautica.)
Doppio Legame
Olio idrogenato
Cere, lubrificanti, Cosmetici, Plastici.
Olio Ossidato
Plasticizzante, Protettori, Tinte, Adesivi.
Olio Desidratato
Lubrificante
Olio Sulfonato
Industria Tessile
Acido Sebatico
Lubrificanti, Nylon 6 -10
Olio Etossilato
Cosmetici, Detergenti, Lubrificanti di
Gruppo Idrossile
Superfíci, Olio di Corte, Fluido idraulico,
Industria Tessile.
Poliuretani
Telecomunicazioni, Materiali Elettrici,
Produtti Biomedici, Filtri Industriali.
Biodiesel
Transesterificazione
O
OH
CH3
HO
Ácido Ricinoleico
Figura 8: Struttura chimica dell’acido ricinoleico.
40
41
TABELLA 7: PERCENTUALI DI ACIDI GRASSI PER L’OLIO DI SOJA E
MAMONA.
Acidi Grassi
Composizione (%m/m)
Olio di mamona
Olio di Soja
Palmitico
11,3 ± 0,1
1,4 ± 0,2
Estearico
3,5 ± 0,1
0,9 ± 0,2
Oleico
23,6 ± 0,1
3,5 ± 0,2
Linoleico
54,7 ± 0,1
4,9 ± 0,2
Linolenico
6,9 ± 0,1
0,3 ± 0,1
Ricinoleico
_
88,9 ± 1,4
(SCHNEIDER, 2003).
O
OH
CH3
O
O
OH
CH3
O
O
OH
CH3
O
Triacilglicerol
Figura 9: Struttura chimica dell’olio di mamona
41
42
3 PARTE SPERIMENTALE
3.1 MATERIALI
Il chitosano e’ una polvere e l’enzima lipasi di Candida antarctica B (LIPOZYME
CALB L) e la lipasi immobilizzata commercialmente (NOVOZYM 435) furono donate,
rispettivamente, dal laboratorio QUITECH – Dipartimento di Chimica (UFSC) e Novozymes
Latin America Ltda –Araucária-PR. L’olio di mamona fu donato dall’Aboissa – oli vegetali
Ltda.
MATERIALI UTILIZZATI
Lipase Lipozyme CALB L – Novozymes Latin America Ltda –Araucária-PR
Lipase Novozym 435-Novozymes Latin America Ltda –Araucária-PR
Glutaraldeíde 25%-Vetec;
Olio di Mamona -Aboissa-oli vegetali Ltda.
p-NPP ( p-nitrofenil palmitato) –Sigma
Idrossido di Sodio P.A – Nuclear
Bicarbonato di Sodio PA- Nuclear
Alcol etilico 95 GL PA – Nuclear
Tamponi pH 5, 6, 7, 8, 9 e 10.
Acido acetico Glaciale PA-Nuclear
42
43
4.2 CARATTERIZAZIONE DEL CHITOSANO
I campioni di chitosano furono caratterizzati per determinazione del grado di
desacetilazione, massa molare media, area superficiale e per spettro a ifrarossi.
3.3 PREPARAZIONE DELLE SFERE DI CHITOSANO
Per la produzione delle sfere, i campioni contenenti 1 g di chitosano furono
diluiti in 30 mL di acido acetico 5% v/v. Le soluzioni ottenute furono versate in gocce dentro
una soluzione di NaOH 1 M. Tale processo fu realizzato con l’ausilio di una pompa
peristaltica Perimax 12 Spetec. Subito dopo, le sfere ottenute permasero nella soluzione di
NaOH 1 M per 12 ore. In seguito, le stesse furono lavate con acqua deionizzata sino ad un pH
della soluzione prossimo a 8,0 (GOY, ASSIS, CAMPANA-FILHO, 2004).
3.3.1 DETERMINAZIONE DEL GRADO DI DESACETILAZIONE (GD)
Per la quantificazione dei gruppi amminici presenti nella struttura del chiosano
fu realizzata una titolazione potenziometrica dove, una soluzione contenente 0,2 g di chiosano
diluito in 20 mL di acido cloridrico 0,3 M e 200 mL di acqua distillata fu titolata con una
soluzione di NaOH 0,2 M. Furono addizionate aliquote da 0,5 mL della soluzione titolante
sino al volume finale di 80 mL. La percentuale dei gruppi amminici fu calcolata in accordo
con l’equazione (1):
GD =
M (V 2 − V 1) K
W
Dove V1= volume di NaOH corrispondente alla neutralizzazione dell’eccessodi
HCl nella soluzione; V2= volume di NaOH corrispondente alla neutralizzazione dei gruppi
amminici presenti nel polimero; M = 0,2 Molare di NaOH; W= massa del campione di
chitosano in grammi. Il valore K=161 corrisponde alla massa equivalente a un monomero di
polimero (BROUSSIGNAC, 1970).
43
44
3.3.2 DETERMINAZIONE DELLA MASSA MOLARE MEDIA
La massa molare media fu determinata dal metodo viscosimetrico, dove furono
utilizzate soluzioni di 1.10-4 a 5.10-4 g di chitosano, che furono posteriormente filtrate in una
membrana di porosita’ 0,45µm. Per la preparazione delle soluzioni citate fu utilizzato come
solvente una soluzione di tampone (acido acetico 0,3 M / acetato di sodio 0,2 M, pH ~ 4,5). I
tempi di seccamento ottenuti corrispondono alla media di tre determinazioni che furono
realizzate in un viscosimetro 0,54 mm AVS-350, accoppiato ad un bagno termostatato
CT52 regolato a 25oC, entrambi della Schott-Geräte.
La viscosita’ relativa (rel), specífica (esp) e ridotta (red) furono
determinate utilizzando le equazioni (2), (3) e (4), rispettivamente. La viscosita’ intrínseca
[] fu determinata pdalla estraplazione dei dati di viscosita’ ridotta alla diluizione infinita
(coeficiente lineare di red versus concentrazione della soluzione di chitosano).
t
(2) η rel . = t
0
(3) ηesp = ηrel -1
(4) η red . =
Dove:
η esp.
c
=viscosita’; to=tempo di evaporazione del solvente; t=tempo di
seccamente della soluzione e c=concentrazione.
Per il calcolo della massa molare media fu utilizzata l’equazione (5), proposta
da Rinaudo,Milas e Le Dung (1993).
a
(5) [η ] = KM
Dove:
= viscosita’ intrínseca del polimero; MMn = massa molare
media del polimero; K e a= constanti caratterísticche del sistema polimero-solvente.
44
45
3.3.3 DETERMINAZIONE DELL’AREA SUPERFICIALE
La determinazione dell’area superficiale del chitosano fu realizzato attraverso
l’isoterma di adsorbimento di nitrogeno a 77 K, usando l’apparecchio Quantachrome
Corporation, modello Autosorb 1 MP, del Laboratorio di Físico-Chimica Sperimentale
(UFSC). Furono utilizzati 26,8 mg di chitosano e un tempo di analisi di 230,6 minuti. L’area
superficiale del supporto fu determinata mediante metodo BET.
3.3.4 SPETTRO DI FT-IR
Le analisi spettroscopiche FT-IR furono realizzate con uno spettrofotometro PERKIM
& ELMER 16 PC del Dipartimento di Chimica Centrale di Analisi (UFSC).
La spettroscopia ad Infrarosso e’ un’analisi importante che fornisce informazioni
strutturali sul materiale di interesse. Osservando lo spettro IR del chitosano (Figura 10 ), é
possibile notare che le principali bande sono: banda d stratching assiale di OH a 3.371,17 cm1
, il quale e’ sovrapposto alla banda di stratching N-H; banda di stratching C-H a 2.879,38 cm-
1
; deformazione assiale di C=O di amide I a 1.656,66 cm-1; deformazione angolare di N-H
dell’ammina primaria a 1.378,94 cm-1; banda di stratching C-O dell’alcol primario a 1.081,94
cm-1, e bande di strutture polissacaridiche nella regione tra 890 – 1156 cm-1 (SILVERTEIN,
1991). Tutte le bande osservate sono molto simili alle bande descritte da SHIGEMASA et al.,
1996. Inoltre, il confronto dello spettro ottenuto (Figura 1) con altri campioni commerciali di
chitosano studiate da Santos e collaboratori (2003), dimostra che tutte presentano basicamente
gli stessi gruppi funzionali.
45
46
Figura 10: Spettro IR di chitosano in pastiglie di KBr.
3.4 FUNZIONE DELLE SFERE DI CHITOSANO CON
GLUTARALDEIDE
Il processo di funzionamento o attivazione delle sfere fu realizzato
addizionando 10 sfere di chitosano in un erlenmeyer da 125 mL, 5 mL di tampone Tris pH
9,0, 10 mL di soluzioni di glutaraldeide 0, 1, 3, 5, 7 e 9%, in uno shaker a 250C e 150 rpm. Il
periodo di contatto tra le sfere e le soluzioni di glutaraldeide fu di 24 ore. Le soluzioni
diglutaraldeide furono preparate utilizzando come solvente il tampone fosfato pH 8,0
(ADRIANO et al., 2003). Dopo il tempo di reazione, le sfere furono lavate con acqua
distillata. Per testare le caratteristiche strutturali della superficie delle sfere attivate a differenti
concentrazioni di glutalraldeide vennero eseguite analisi di microscopia elettronica (MEV).
46
47
3.5 CARATTERIZZAZIONE DELLA LIPASI LIBERA E
IMMOBILIZZATA
3.5.1 DETERMINAZIONE DELL’ATTIVITA’ ENZIMATICA
Per l’enziam libero o immobilizzato, furono realizzate le determinazioni
enzimatiche utilizzando il metodo di CHIOU e col. (2004). Questo metodo si basa
nell’idrolisi di p-nitrofenilpalmitato in p-nitrofenolo, che, quest ultimo assorbe a 410 nm (=
15.000 M-1cm-1, come coefficiente di estinzione molare. La reazione viene illustrata nella
sezione 4.1. I dati registrati furono ottenuti con l’utilizzo di uno spettrofotometro UV-VIS
Varian Cary 50. Il procedimento consiste nella preparazione di 0,5 g di p-nitrofenilpalmitato
(p-NPP) dissolto in 100 mL de alcol etilico assoluto. Per la determinazione dell’attivita’
vennero utilizzati: 100 L di lipasi libera, 1000 L di soluzione p-NPP e 1000 L di
tampone Tris pH 9,0. La soluzione fu incubata a 30oC per 5 minuti in bagnomaria. La
reazione di idrolisi enzimatica del p-NPP avvenne con l’aggiunta di 2000 L di una soluzione
0,5 N di carbonato di Sodio. Vennero prelevati 2000 L di questa soluzione e addizionati con
una eppendorf e centrifugati per 10 minuti a 10.000 rpm. Il surnatante fu diluito in 200 L di
acqua distillata e sottoposto ad analisi spettrofotometrica.
Un’unita di attivita’ enzimatica (U) e’ definita come la quantita’ di enzima
libero o immobilizzato necessaria per idrolizzare 1 mol de p-NNP per minuto.
OH
OCOC15H31
Lipase
+
NO2
+
H2O
C15H31COOH
NO2
Figura 11: Reazione enzimatica del ρ-NPP.
47
48
3.5.2 DETERMINAZIONE DEL MIGLIOR pH OTTIMO
La reazione di idrolisi del paragrafo 4.5.1 , fu condotta alla temperatura di
30oC in tamponi tartarato (0,1 M) pH 3,0/ 4,0 e 5,0 e in tamponi fosfato (0,1 M) pH 6,0/ 7,0/
8,0/ 9,0 e 10,0 con l’obiettivo di determinare a quale valore di pH l’enzima libero (CALB L) e
immobilizzato (NOVOZYM 435) acquisiscono maggior attivita’ enzimatica.
I parametri cinetici KM e VMAX dell’ enzima CALB L furno ottenuti dalla
reazione di Michaelis-Menten con ausilio del software ENZFITTER (1987, Biosoft, USA),
per la reazione dell’idrolisi enzimatica.
3.5.3 PROPRIETA’ DI TERMOSTABILITA’
Gli enzimi, liberi e immobilizzati furono addizionati in tamponi Tris pH 9,0 e
pre-incubati a temperature di 30, 40, 50, 60, 70, 80, 90 e 100oC. Le analisi di attivita’
enzimatica (paragrafo 3.5.1) residua furono eseguite con le aliquote incubate per 10 minuti.
La determinazione dell’attivita’ enzimatica residua fu calcolata in accordo con l’equazione:
Dove: Ufinale= attivita’ enzimatica dopo il periodo di icubazione e Uiniziale=
attivita’ enzimatica prima del periodo di incubazione.
3.5.4 EFFETTO DELL’USO RIPETUTO SULL’ATTIVITA’ RESIDUA DEGLI
ENZIMI
Le sfere contenenti l’enzima immobilizzato furono addizionate ad una provetta
con 1000 µL di tampone Tris pH 9,0 e 1000 L di p-NNP. Dopo completa idrolisi del
48
49
substrato le sfere furono lavate con acqua distillata e lo stesso procedimento fu ripetuto tre
volte. In questo modo, la possibilita’ del riutilizzo dell’enzima immobilizzato nelle sfere di
chitosano fu determinato mediante le misure dell’attivita’ enzimatica residua in sette cicli
consecutivi di idrolisi di p-NNP.
La possibilita’ di riutilizzo degli enzimi fu determinata anche usando come
substrato l’olio di mamona. In questo caso, le sfere con l’enzima immobilizzato furono
incubate con l’olio per 24 oree conseguentemente lavate con alcol etilico 95o GL PA e
nuovamente riutilizzati. Questo processo fu ripetuto sette volte, realizato con le sfere di
chitosano e con lipasi immobilizzata commercialmente (Novozym 435). Il prodotto finale
della reazione fu analizzato per RMN-H1, FTIR e CG.
3.5.5 EFFETTO DI VARI SOLVENTI SULL’ATTIVITA’ RESIDUA DELLA LIPASI
CALB L
L’attivita’ enzimatica fu determinata utilizzando lo stesso procedimento citato
nel paragrafo 3.4.1. Poi, frazioni di diversi solventi (Etanolo, Metanolo, Butanolo, Esano e neptano) furono addizionati nella’ambiente di reazione. Le frazioni utilizzate dei rispettivi
solventi furono di 0, 25, 50, 75 e 100 % in acqua distillata.
3.6 EFFICIENZA DEL PROCESSO DI IMMOBILIZZAZIONE
L’efficenza del processo di immobilizzazione fu determinata analizzando
l’attivita’ enzimatica del surnatante come e’ mostrato nella figura 18; questa e’ la miglior
concentrazione di glutaraldeide legata alla lipasi CALB L immobilizzata covalentemente in
sfere di chitosano.
49
50
L'enzima fu immobilizzato in sfere di quitosana attivate con concentrazioni
diverse di glutaraldeide di 0; 1; 3; 5; 7 e 9%. Durante il processo di immobilizzazione,
l'attività enzimatica del surnatante del sistema (sfere + soluzione enzimatica) fu misurata
secondo la metodologia dell'articolo 4.4, con l'obiettivo di studiare la concentrazione di
glutaraldeide che conferisce minor attività del surnatante e di conseguenza, la più grande
efficienza di immobilizzazione
As análises das esferas de quitosana imobilizadas e das microesferas
imobilizadas em resina acrílica macroporosa (Novozym 435) foram realizadas por MEV
(Microscopia Eletrônica de Varredura) no equipamento XL30 marca PHILIPS do
Departamento de Engenharia de Materiais/UFSC. Le analisi delle sfere di quitosana
immobilizzato e delle microsfere immobilizzate in resina acrilica macroporosa (Novozym
435) furono portate a termine mediante MEV nell'attrezzatura XL30 marca Filippi del
Reparto di Pianificare di Materiali - UFSC.
3.6.1 PRODUZIONE DI BIODIESEL A PARTIRE DA OLIO DI
MAMONA
L’olio di mamona utilizzato presento le seguenti caratteristiche fisicochimiche:
TABELLA
MAMONA.
8:
CARATTERISTICHE
FISICO-CHIMICHE
DELL’OLIO
Analisi
Specificazioni
Umidita’- impurezze
0,375% massimo
Acidita’ - acido oleico
1% massimo
DI
50
51
Viscosia’ - Gardner Holdt
U.V.
Massa specífica a 25oC
0,945-0,965 g/mL
Indice di saponificazione – mg KOH/g
176 a 187
Indice di rifrazione – 25oC
1473-1477
Indice di idrossili
157 a 170
Cor Gardner
4,5 – ASTM D-55T
Fonte: Aboissa Óleos Vegetais Ltda.
4.5.1 SINTESI DI BIODIESEL CON ENZIMA CALB L IMMOBILIZZATO
Gli esperimenti consisterono nella sintesi di ricinoleato di etile attraverso la
transesterificazione enzimatica o alcolisi enzimatica dell'olio mamona con lipasi (CALB L)
immobilizzata in sfere di chitosano precedentemente immobilizzate covalentemente con
glutaraldeíde in 50 ml di olio di mamona commerciale e 126 g di alcol etilico 95° GL PA,
considerando che l’olio di mamona contiene approssimativamente 90% di acido ricinoleico e
la sua massa molare è di 298,5 g / mol fu calcolato che la reazione obedirebbe alla razione
molare di 3:1 con il 3% m/m circa in 5,4g di sfere di chitosano immobilizzato. La reazione fu
realizzata in un reattore di tipo batch come e’ mostrato nella figura 12, con temperatura
controllata in bagno termostatato con circolazione esterna d’acqua ad una temperatura
compresa tra 40 e 50 oC con tampone Tris pH 9,0 in 24 ore di reazione. La reazione di sintesi
enzimatica fu accompagnata dalla tecnica di RMN H1 de FTIR e CG a seguito del termine
della reazione per la determinazione del principale prodotto di sintesi enzimatica che e’ il
ricinoleato di etile (Figura 13).
51
52
Figura 12: Reattore di tipo batch con enzima immobilizzato a temperatura controllata.
O
OH
CH3
H3C
O
Ricinoleato de Etila
Figura 13: EsStruttura chimica del ricinolato di etile (12-idrossi-9-octadecenoico).
Furono realizzate 15 prove col riutilizzo dell'enzima immobilizzato di durata di
24 ore per ogni reazione. Dopo le prove il prodotto il prodotto si separava per decantazione in
imbuto di separazione del glicerol, fanghi e dei trigliceridi che non reagirono e relativo
enzima immobilizzato per riutilizzarlo susseguentemente nelle altre reazioni di sintesi
enzimatica.
52
53
La reazione molare usata in questo lavoro era di 3:1, secondo la letteratura è
raccomandata, perciò, la reazione è trattata con un eccesso di alcol nella ragione molare di
3:1.
Dopo la reazione di transesterifizione il prodotto formato è stato distillato in un
evaporatore rotante come è mostrato nell'illustrazione 14 per la separazione dell'eccesso di
alcol ed acqua ed anche del glicerolo, per l'analisi susseguente di RMN H1, FTIR, Cg e
Reologia.
Figura14: Processo di separazione del ricinoleato di etile nell’evaporatore rotante.
3.6.3 SINTESI DEL RICINOLEATO DI ETILE CON L’ENZIMA NOVOZYM 435
Fu utilizzata la stessa procedura per l'ottenimento del ricinoleato di etile con
la lipasi NOVOZYM 435. Mediante reazione con 50 g olio di mamona commerciale + 126 g
di alcol etilico, considerando che l’olio di mamona contiene approssimativamente 90% di
acido ricinoleico e la sua massa molecolare è di 298,5 g / mol fu calcolato che la reazione
avrebbe rispettato la ragione molare di 3:1 (126 g di alcol e 50g di olio di mamona), questa
53
54
reazione fu eseguita con approssimativamente del 3% m/m di NOVOZYM 435, in relazione
alla massa totale dei reagenti in tampone Tris pH 9,0 e temperatura controllata tra 40 e 50°C
in bagno termostatato con circolazione esterna d’acqua. La reazione duro’ 24 ore per garantire
una transesterificazione totale. Furono realizzate 12 prove nelle stesse condizioni sperimentali
descritte per la lipasi CALB L immobilizzate in sfere di chitosano.
Dopo gli esperimenti in reattore di tipo batch, la separazione del ricinoleato di
etile continuo’ come venne descritto nelle altre prove con lipasi che CALB L immobilizzata
in sfere di chitosana e Novozym 435, anche in questo caso venne effettuato lo stesso
procedimento analitico che fu eseguito per l'identificazione del prodotto formato dalla
reazione di sintesi enzimatica con olio di mamona.
3.6.4 ANALISI DI CG
Il biodiesel prodotto dalla transesterificazione enzimatica fu analizzato anche
mediante cromatotografia in fase gassosa, per l'identificazione del prodotto principale
(ricinoleto di etile) e principalmente per la quantificazione di quel prodotto. In primo luogo
venne costruita una curva di calibratura con lo standard di
palmitato di metile. La
concentrazione usata per iniezione degli standard a diverse concetrazioni fu di 300 ppm
ognuno.
A amostra com padrão interno foi injetada em triplicata em um cromatógrafo
gasoso com detector de ionização de chama (CG/DIC Varian modelo STAR 3400 CX),
acoplado com uma coluna capilar apolar modelo DB5 (5% de fenil metil silicone), com as
seguintes condições: temperatura inicial da coluna de 150°C permanecendo por 1 min, taxa de
aquecimento de 15 °C/min até 180. Il campione con lo standard fu iniettata in triplicata in un
cromatografo gassoso con rivelatore di ionizzazione di fiamma (Cg / DIC Varian modello
54
55
Astro 3400 CX), accoppiato con una colonna capillare apolare modello DB5 (5% di fenilmetil
silicone), con le condizioni seguenti: Temperatura iniziale della colonna di 150°C per 1 min,
velocita’ di riscaldamento
15 °C/min sino 180°. As temperaturas do injetor e detector
permaneceram em 300°C. O tempo total da análise foi de 14,16 min. A quantidade de amostra
injetada foi de 2 microlitros . Esta metodologia foi utilizada em estudo recente por FACCIO,
2004. Una seconda fase fu programmata sino a 210°C con una velocita’ di riscaldamento di
4°C/min e la terza fase sino alla temperatura finale della colonna di 250°C con una velocita’
di riscaldamento di 15°C/min. Le temperature dell'iniettore e rivelatore stettero a 300°C. Il
tempo totale dell'analisi fu di 14,16 min. La quantita’ del campione iniettato e’ di 2 microlitri.
Questa metodologia fu usata nello studio studio condotto da FACCIO nel 2004.
3.6.5 ANALISI SPETTROSCOPICA DI FTIR
La spettroscopia Infrarosso e’ un’analisi imèortante, poiche’ fornisce
informazioni strutturali sul materiale di interesse e con cui dove si possono identificare i
principali gruppi funzionali chimici.
Le analisi spettroscopiche FTIR furono realizzate in uno spettrofotometro
PERKIM & ELMER 16 PC del Dipartimento di Chimica-Centrale di Analisi (UFSC).
As análises de FTIR foram realizadas colococando-se o líquido entre placas de
sal de KBr com espaçadores. Pressionando-se levemente a amostra líquida entre as placas
planas produz-se um filme de espessura de 0,01 mm ou menos. As placas foram mantidas
juntas por capilaridade, onde foi utilizado aproximadamente 0,5 mg de amostra. Le analisi di
FTIR furono realizzate collocando il liquido fra piatti di sale di KBr con separatori.
Pressionando lievemente il campione liquido tra le placche piane si forma un film dello
55
56
spessore di 0,01 mm circa. Le placche si mantennero unite per capillarita’ e furono utilizzati
approssimativamente 0,5 mg di campione.
56
57
4 RISULTATI E DISCUSSIONE
4.1 PREPARAZIONE DELLE SFERE DI CHITOSANO
La metodologia descritta si mostro’ molto efficiente per la produzione delle
sfere, perché, si potrebbe controllare il flusso della soluzione di gel di chitosano, con una
formazione omogenea di sfere di chitosano. Inoltre, fu possibile verificare per ispezione
visuale che le sfere possederono la buona resistenza meccanica per essere sottoposte al
processo di agitazione durante le prove di immobilizzazione.
4.2 CARATTERIZZAZIONE DEL CHITOSANO
Come descritto prima, il chitosanao possiede caratteristiche chimiche, fisiche e
biologiche che lo rendono interessante per l’applicazione in molte aree. Tali caratteristiche
sono influenzate direttamente da fattori come il grado di desacetilazione, massa molare media
e l'area superficiale
4.1.1 DETERMINAZIONE DEL GRADO DI DESACETILAZIONE
Molti metodi sono stati descritti nella letteratura per la determinazione di GD, fra loro
loro sono di rilievo, la titolazione potenziometrica (BROUSSIGNAC 1970), spettroscopia UV
(TAN et al. 1998), spettroscopia infrarosso (SHIGEMASA et al., 1996, DUARTE, et al.
2002), spettrocopia di massa (DUARTE et al. 2001) e la spettroscopia di risonanza magnetica
nucleare (RMN) (LAVERTU et al. 2003).
57
58
La titolazione potenziometrica fu eletta come metodo in questo lavoro in
funzione della sua semplicità e precisione. La figura 12 illustra il profilo della curva ottenuto
attraverso la titolazione potenziometrica della soluzione di chitosano usato. E’ stato possibile
osservare che la curva presenta due punti di flesso, essendo il primo relativo alla
neutralizzazione dell'eccesso di HCl nella soluzione ed il secondo punto dovuto alla
neutralizzazione dei gruppi amino protonati.
Il GD calcolato per questo metodo fu di 72,5%, che rappresenta la media delle tre
determinazioni.
Venne effettuata una comparazione con la letteratura, vari valori di GD furono trovati
variando da 50,0 a 92,3% (LIN et al., 2002, MARTINO et al., 1996, JIANG et al., 2005,
YANG; WANG; TAN, 2004, ADAMIEC e MODRZEJEWAKA, 2004). Cosi’, il chitosano
utilizzato in questo lavoro possiede un GD dentro il range di valori trovati nella letteratura e
utilizzati per promuovere l’immobilizzazione enzimatica.
12
2
10
8
0
pH
0
20
40
60
80
6
4
2
V2 (x=68; y=8,69)
V1 (x=59; y=3,53)
0
0
20
40
60
80
Volume de NaOH 0,1M (mL)
Figura 15: Curva di titolazione potenziometrica della soluzione di chitosano e acido cloridrico (0,3
M).I punti rappresentano la media di tre determinazioni. Il quadro minore illustra la derivata prima
della curva di titolazione, dove i punti massimi rappresentano i punti di flesso.
58
59
Il grado di desacetilazione (GD) è un parametro che definisce la frazione di
unità desacetilate esistentei nella catena polimerica (DUARTE et al. 2001). Questo parametro
definisce se il polimero e’ chitina o chitosano. Arbitrariamente quando GD40% il polimero
è definito come chitosana (TAN et al. 1998). Il GD influenza la solubilità del chitosano,
perché maggiore e’ la quantita’ dei gruppi amminici, maggiore e’ la repulsione elettrostatica
tra le catene e, conseguentemente maggiore e’ la solubilizzazione in acqua.
Oltre al modificare le caratteristiche della solubilità del chitosano, il GD è un
importante parametro, perché è direttamente relazionato al rendimento di immobilizzazione
enzimatica. Questa affermazione può essere confermata dallo studio di Rodrigues e
collaboratori (2005) i quali ottimizzarono l'immobilizzazione della lipasi in microsfere di
chitosano con diversi GDs. I risultati rivelarono che il rendimento di immobilizzazione e la
stabilità dell'enzima immobilizzato in confronto a molti fattori fisici era significativamente
più grandi utilizzando chiosano con maggior GD.
L’influenza del Gdin relazione alla quantita’ di enzima accoppiato fu un
parametro studiato da Alsarra e collaboratori (2002), i quali osservarono maggior attivita’
enzimatica e quantita’ di proteine incapsulate in sfere confezionate con chitosano di maggior
GD. Le osservazioni citate evidenziarono che il chitosano con maggior GD possedeva
maggior numero di gruppi amminici, che a loro volta, potrebbero formare maggior numero di
legami con un agente bifunzionale (glutaraldeide), o diventare disponibili per formalre piu’
egami ionici con le molecole degli enzimi.
Per mezzo della curva di titolazione fu possibile anche determinare pKa del
polimero. Cosi, considerando l’equazione di Henderson-Hasselbalch, e ancora, che nel punto
stecchiometrico della curva di titolazione esiste praticamente la stessa concentrazione di acido
e base e inoltre, é possibile determinare il pKa del polimero attraverso il pH del secondo
punto di flesso, che si localizza prossimo a pH=8,0.
59
60
pH = pKa
Teoricamente, il pKa del chitosano e’ approsimatamente di 6,5 (KRAJEWSKA,
2004). Come tutti i poielettroliti, la costanti di dissociazione del chiosano dipende da vari
fattori, tra cui il GD e la densita’ di carica del polimero.
5.2.2 DETERMINAZIONE DELLA MASSA MOLARE MEDIA
La figura 5.2 illustra la curva della viscosita’ ridotta contro la concentrazinoe
del chitosano, dove si nota che la viscosita’ intrinseca
fu determinata dall’estrapolazione
dei dati di viscosita’ alla diluizione infinita. Considerando cio’, il valore ottenuto per
fu
uguale a 419,232.
520
Viscosidade reduzida (mL/g)
500
480
460
440
420
y=410,3+208200x
R=0,95556
[η]
0,0001
0,0002
0,0003
0,0004
0,0005
0,0006
Concentração solução de quitosana (g/mL)
Figura 16: Curva del rapporto tra viscosita’ ridotta e concentrazione della dsoluzione del
chitosano.
60
61
Utilizzando l’equazione (5), e usando i valori per K=0,076 e a=0,76 (paragrafo
3.2.1) in solvente composto da acetato di sodio 0,2 M e acido acetico 0,3 M, la MMm del
chitosano utilizzato in questo lavoro fu di 83,79 kDa.
5.2.3 DETERMINAZIONE DELL’AREA SUPERFICIALE
Il modello utilizzato in questo lavoro fu quello di Brunauer, Emmett e Teller
(BET). La Figura 17a illustra l’isoterma di adsorbimento ottenuta per il chitosano, dove e’
possibile osservare che il suo formato e’ caratteristico dei solidi non porosi. Inoltre, attraverso
delle informazioni ottenute con ausilio dell’aisoterma e del modello citato fu possibile
ottenere un grafico BET del chitosano (Figura 17b), dove l’area calcolata fu di 4,86 m2/g.
Questo e’ un valore basso se comparato con altri utilizzati anche per promuovere
l’immobilizzazione di enzimi, tali come il silicio mesoporoso, che possiede un’area
approssimativamente di 300 m2/g (BLANCO et al., 2004), gel di silicio con 422 m2/g
(PERALTA-ZAMORA et al., 2003) e vetro con porosita’ controllata con 87 m2/g
(ROGALSKI et al., 1995). Secondo Zanin e Moraes (2004) perche’ un determinato supporto
acquisisca un numero significativo di molecole di enzima per adsorbimento fisico, lo stesso
deve possedere un’area specifica minima di 10 m2/g. Cosi, e’ possibile dire che solo una
frazione inapprezzabile di molecole dell’enzima deve subire solo adsorbimento fisico durante
il processo di immobilizzazione.
61
62
Figura 17: a) Isoterma di adsorbimento di nitrogeno a 77 K di chitosano; b) grafico BET del
chitosano.
4.2 FUNZIONALITA’ DELLE SFERE DI CHITOSANO CON
GLUTARALDEIDE
L’attivazione delle sfere di chitosano fu realizzata con varie concentrazioni di
glutaraldeide. In questo contesto, furono verificate le possibili modifiche causate dalla
morfologia delle sfere di chitosano. La Figura del paragrafo 5.5 illustra i risultati ottenuti con
l’ausilio della tecnica di ME.
Fu condotto uno studio sull’attivita’ enzimatica del surnatante e anche l’analisi
delle proteine totali (Bradford, 1976) in cui si verifico’che con l’aumento della concentrazione
di gluteraldeide la funzinalita’ non e’ efficente, questo puo’ essere spiegato con l’effetto
dell’impedimento sterico nei legami crociati tra l’enzima e il gluteraldeide al chitosano
(Figura 17,19 e 20).
La possibilita’ di inserirsi in vari residui dell’enzima, nei processi di
immobilizzazione covalente, sul supporto previamente attivato con gruppi aldeidici puo’
influenzare beneficamente la stabilità delle molecole di enzima immobilizzato. Tutti i residui,
si uniscono ad una grande superficie di supporto, attraverso bracci spaziatori molto piccoli,
62
63
che saranno costretti a conservare le loro distanze relative durante qualunque cambio
conformazionale, diventando la regione dell’enzima immobilizzato piu’ rigida che la stessa
regione dell’enzima nativo. DI conseguenza, tutta la molecola dell’enzima diventa molto piu’
resistente alle modifiche conformazionali indotte per agenti denaturanti (Guisán et al., 1991).
D’altra parte, un’elevata concentrazione di di gruppi aldeidici nell superficie del supporto,
potra’ originare molti legami covalenti multipunto con l’enzima, generando un’alta rigidita’
nella sua molecola, con conseguente distorsione nella sua struttura tridimensional, e nel suo
centro attivo. Diventa importante promuovere la formazione di molti contatti enzima-supporto
in modo da ottenere una rigidita’ nella struttura dell’enzima favorendo un’alta stabilita’ e
un’alta attivita’ intrinseca come derivato. Intanto, e’ necessario un rigoroso controllo della
stabilita’ senza pero’ promuovere la distorsione della struttura terziaria dell’enzima e, di
A tiv id a d e e n z im á tic a d o s o b re n a d a n te
conseguenza, del suo centro attivo, quando non e’ richiesta (Figuras 20, 21 e 22).
1 ,2
1 ,1
1 ,0
0 ,9
0 ,8
0 ,7
0 ,6
0 ,5
0 ,4
0 ,3
0 ,2
0 ,1
1
2
3
4
5
% g lu ta ra ld e íd o
Figura 18: Optimum di cancentrazione della gluteraldeide.
63
64
(a)
(b)
(c)
(d)
(e)
(f)
Figura 19: Modificazione della superficie delle sfere di chitosano attivate von soluzioni con diverse
percentuali di gluteraldeide a pH 9,0 e temperatura de 25oC analizzate in ME (a) 0% glutaraldeide;
(b) 1% glutal :(c) 3% Glutal ;(d) 5% glutal ; (e) 7% glutal e (f) 9% glutal.
Oltre alla formazione di porosita' e alla diminuzione del raggio medio delle
sfere sottomesse ad attivazione con soluzioni di gluteraldeide con percentuali sopra il 7%, fu
64
65
anche possibile osservare che le sfere diventano meno resistenti e piu' fragili. Questa
osservazione suggerisce che l'uso delle soluzioni del 7 e 9% di glutaraldeide provocano una
severa disidratazione delle sfere. D'altra parte, fu osservato che le sfere attivate con
percentuali basse di gluteraldeide (0,5%) si mostrarono piu' fragili e gelatinose. Questo
risultato corrisponde alle osservazioni di Siso e collaboratori (1997) che ottennero sfere di
chitosano piu' fragili quando esse venivano attivate con soluzioni di gluteraldeide a bassa
concntrazione (0,5%). Inoltre, il lavoro citato menziono' anche modifiche simili generate nelle
sfere di chitosano, in relazione alla porosita', quando le stesse furono attivate con soluzioni di
diverse concentrazioni di gluteraldeide.
H
OH
H O
O
O
H
H
Quitosana
N
H
H
C
(CH2)3
Glutaraldeído
C
H
OH
H O
HO
O
H
H
N
O
O
H
C
Quitosana
H O
N
H
H
H
H
H
OH
(CH2)3
Figura 20: Illustrazione schematica dei legami crociati tra due catene polimeriche di chitosano con
il gluteraldeide.
65
66
4.3 OTTIMIZZAZIONE DEL PROCESSO DI IMMOBILIZZAZIONE
Durante il processo di immobilizzazione, avviene il coinvolgimento di molti residui che
contengono gruppi aminici dell'enzima, che a loro volta possono influenzare le caratteristiche fisiche e le
chimica dell'enzima in un modo benefico o non. Quando la molecola dell'enzima è legata ad un supporto, la
stessa deve tenere
la sua distanza intramolecolare. Così, la molecola diviene più resistente ai cambi
conformazionali indotti per agenti denaturanti. Comunque, quando la concentrazione di gluteraldeide è molto
alta, una quantita' maggiore di gruppi aldeidici reagisce con un più grande numero di residui dell'enzima facendo
diventare la struttura di quest ultimo molto rigida, con distorsione conseguente della sua conformazione e
provocando la perdita di attività (JIANG et al., 2005). Questo giustifica il bisogno dell'ottimizzazione del
processo di immobilizzazione dell'enzima nelle sfere di chitosano, perché l'obiettivo è usare una concentrazione
per coinvolgere un numero ideale di residui dell'enzima, dando allo stesso maggiore stabilità tra cui alcuni fattori
fisici e chimici come: temperatura elevata, pH molto alcalino e tempo maggiore di conservazione (paragrafi
4.4.6; 4.4.7; 4.4.9).
Il processo di attivazione delle sfere con le soluzioni di gluteraldeide fu
realizzato con pH 8,0, perche' durante il processo della formazione di legami, il gruppo
aldeidico reagisce con il gruppo amminico del chitosano per formare il gruppo imminico
(CH=N) (Schema 2). La formazione del gruppo imminico avviene preferenzialmente a pH
alcalino, dove i gruppi amminici si trovano di senza protoni. Quindi, la formazione di questi
gruppi avviene preferibilmente a pH8,0, come ilustrato nel paragrafo 4.1.1, dove i gruppi
amminici del polimero devono essere completamente senzqa protoni. Il gruppo ammino senza
protoni e' un nucleofilo piu' efficiente rispetto la sua forma protonata. Il meccanismo di
reazione di formazione del gruppo imminico puo' essere visualizzato nella figura 3
(MORRISON e BOYD, 1996).
66
67
Figura 21: Illustrazione schematica dell'enzima immobilizzato su supporto (sfere di chitosano) con
l'ausilio dell'agente bifunzionale (gluteraldeide) (JIANG et al., 2005).
O
C
H
..
R2 NH2
R1
O
C
H
R1
OH
N H 2R 2
..
H C NHR2
R1
H 3O +
R2
..
N
C
(C H 2 ) 3
H
.. R 2
N
.
H 2 O.
C
OH2
C
N
.. H R 2
O
C H = R 1 ; Q u ito sa n a = R 2
Figura 22: Meccanismo proposto per la formazionedei gruppi iminici.
Anche se il meccanismo illustrato sia il piu' accettato,sono ancora in fase di studio delle nuove
proposte alternative. Il lavoro di Oyrton, Monteiro ed Airoldi (1999) rivelo', con aiuto di tecniche come RMN
C13 e Spettroscopia Raman che la stabilita' del legame avviene attraverso il coinvlgimento dei doppi legami
etilenici coniugati.
Quell'idea vince molto appoggio per la stabilità di questa interazione che è irreversibile e
piuttosto resistente a variazioni di pH e temperatura, il che normalmente non è osservato per interazioni che
67
68
semplicemente comportano la formazione dei legami imminici. Il lavoro di Júnior (1999) mostra uno studio di
caratterizzazione del complesso chitosano-glutaraldeide con spettri di FTIR. Il suo studio rivelò il sorgimento di
una banda a circa 1562 cm-1 che puo' essere associato al legame etilenico nel complesso chitosano-gluteraldeide
quando confrontato allo spettro del chitosano puro. Questa osservazione suggerisce che nel polimero esiste la
presenza di legami iminici coniugati con legame doppio etilenico. Questo risultato evidenzia che, oltre alla
formazione dei gruppi imminici (basi di Shiff), esiste la formazione di legami imminici coniugati con doppietti
etilenici durante l'interazizone del chitosano con gluteraldeide.
In relazione ai campioni immobilzzati, furono eseguite delle analisi di attivita'
enzimatica e di proteine totali del surnatante durant eil processo di incubazione delle sfere con
la soluzione di enzima. L'obiettivo di questa prova fu conoscere il periodo di tempo
necessario per far avenire l'immobilizzazione della lipasi. Attraverso i risultati ottenuti, fu
possibile osservare che avviene un significativo aumento di percentuale delle proteine
accoppiate. Questo aumento fu proporzionale al tempo di incubazione delle sfere con la
soluzione enzimatica e l'aumento della percentuale di luteraldeide utilizzata per l'attivazione
delle sfere (Figura 18).
4.4 CARATTERIZZAZIONE DELLA LIPASI
4.4.1 DETERMINAZIONE DEL PH OPTIMUM
LA lipasi libera fu testata come per l'attivita' enzimatica a varie temperature (da
30 a100 0C) con soluzioni tampone a vari pH (3,0 ; 4,0; 5,0; 6,0; 7,0; 8,0; 9,0 e 10). Fu
constatato che il miglior valore di pH per l'enzima Candida antarctica B (CALB) e
NOVOZYM 435 fu il valore di tampone Tris pH 9,0 , con un valore di attivita' elevata a pH
9,0 e a temperatura di 1000C. A CALB é un'enzima termostabile a temperature elevate > 900C
(Maria et al.,2005).
68
69
130
120
110
100
U/mL
90
80
70
60
Calb L
pH=5,0
50
40
20
30
40
50
60
70
80
90
100
110
o
Temperatura ( C)
Figura 23: Attivita' enzimatica X temperatura
Per questo lavoro furono scelte le condizioni di lavoro di tampone Tris pH
9,0 e temperatura di 45oC-50oC per l'enzima CALB immobilizzato in sfere di chitosano e
NOVOZYM 435, visto che maggiore attivita' enzimatica a tale valore di pH e a temperatura
compresa tra 40 e 45oC furono le condizioni migliori per la transesterificazione in reattori di
tipo batch.
60
50
U/mL
40
30
20
Calb L
pH=7,0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
110
o
Temperatura ( C)
Figura 24: Profilo dell'attivita' enzimatica X temperatura.
69
70
6
5
U/g
4
3
2
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
pH
Figura 25: Profilo dell'attivita' enzimatica della Novozym 435 x pH.
4.4.2 PROPRIETA' DI TERMOSTABILITA'
Gli enzimi studiati ssi comportano con una termostabilita' con T > 90° C
(Maria et al., 2005), usando come lipasi la Candida antarctica A e B nella sintesi enzimatica
per l'ottenimento di ammino esteri.
C a LB L
p H = 9 ,0
120
110
A tiv id a d e (U )
100
90
80
70
60
50
20
30
40
50
60
70
80
90
100
110
T e m p e ra tu ra (o C )
Figura 26: Profilo dell'attivita' enzimatica della Novozym 435 x
70
71
5.2.3 Calcolo dei valori di Km e Vmax della lipasi CALB L
In accordo con i valori calcolati per l'enzima lipasi CALB L abbiamo Vm = 30,09
µmol/s e Km = 1,76 µM . L'effetto della comparazione con i valori riportati in letteratura, i
valori ottenuti si trovano nel range di valori ottenuti in accordo con i lavori riportati nella
tabella :
Enzima
Substrato
Vm(µmol/s)
Km(µM)
Referências
52,08
1,39
Romero et al.,
utilizado
Novozym 435
Acetato de
isoamila
2006
71
800
72
700
600
V [(µmol/(Ls)]
500
400
300
200
100
Km=1,706
Vmáx=30,09
0
0
100
200
300
400
500
600
700
800
[S] µmol/L
Figura 27: Grafico di Michaelis-Menten V-(velocita' di reazione)in rapporto a S-(concentrazione
di p-NPP) per la formazione di un composto che absorbe a 410 nm, catalizzato da un alipasi libera.
4.4.4 EFFETTO DEI VARI SOLVENTI SULL'ATTIVITA' RESIDUA DELLA LIPASI
(NOVOZYM 435).
Venne analizzato il comporatamento dell'enzima Lypozyme CALB L in
relazione a cinque solvente: metanolo, etanolo, butanolo, n-esano e n-eptano. Questo studio
cerco' di verificare come la lipasi CALB L reagisce alle varie concentrazioni di solvente con
acqua (0 a 100%). Ci sono molte conclusioni e esplicazioni per il comportamento dei diversi
solventi con l'acqua nella determinazione dell'attivita' enzimatica:
Per l'etanolo c'è un incremento dell'attivita' enzimatica vicino al 100%, cio' e'
spiegato per essere l'etanolo un solvente idrofilico, o sia, un solvente che contiene la maggior
quantita' di gruppi polari o centri capaci di formare ponti di Idrogeno che tendono a chelare
l'acqua essenziale dalle prossimita' dell'enzima, arrecando la perdita di attivita' enzimatica .
Per il metanolo c'è la maggior attivita' enzimatica rispetto a tutti i 5 solventi studiati,
evidenziando che il miglior solvente e' il metanolo per ottenere una maggior attivita'
enzimatica (Figura 27).
72
73
Per i solventi apolari (n-esano e n-eptano) e' esplicato in letteratura che ZAKS
e KLIBANOV (1985) constatarono che gli enzimi sospesi in solventi idrofobici richiedono
una quantita' d'acqua sostanzialmente minore per l'ottenimento della sua attivita' massima
quando comparati con quelli sospesi in solventi idrofilici. In accordo con i risultati
sperimentali, puo' essere concluso che l'attivita' enzimatica
in ambiente organico e'
principalmente influenzata, non per le interazioni del solvente con l'enzima, ma dalle
interazioni con acqua legata all'enzima. Per una data quantita' di acqua presente nel solvente,
l'attivita' enzimatica nei solventi idrofobici e' maggiore che nei suoi corrispondenti idrofilici
(KLIBANOV, 1997). Cio' puo' essere esplicato dal coefficiente di partizione dei solventi con
l'acqua o LogP. Il coefficiente di partizione (P) di un composto e' usualmente come una
razione tra le sue concentrazioni nella fase organica e acquosa. Per ottenere elevate
concentrazioni di prodotto e' essenziale utilizzare un solvente organico nel quale il
coefficiente di partizione del prodotto sia alto. Questo implica che una efficiente estrazione di
prodotto da una fase organica produce una conversione maggiore. I solventi piu' adeguati
sono quelli che presentano logP maggiore di 2. Secondo CARTA et al.(1995), la biocatalisi di
reazioni di sintesi, tali come le esterificazioni, é geralmente considerata possibile in solventi
immiscibili in acqua che mostrano logP maggiore di 4 (2.3.1).
73
74
90
n-Heptano
MetOH
Hexano
EtOH
ButOH
80
70
Atividade relativa (%)
60
50
40
30
20
10
0
-10
0
20
40
60
80
100
% solventes
Figura 28: Studio del comportamento dell'attivita' enzimatica in relazione ai solventi.
4.5 PRODUZIONE DI BIODIESEL A PARTIRE DA OLIO DI MAMONA
L'ottenimento del biodiesel attraverso la transesterificazione enzimatica dell'olio di mamona
senza la presenza di solvente idrofobico (n-esano), fu mostrato efficiente quando vennero comparati i risultati
sperimentali con quelli della letteratura (FACCIO 2004). L' n-esano non fu usato nella reazione di
transesterificazione a causa della sua tossicità elevata e poi possiede costo maggiore se è comparato all'etanolo,
perché è un derivato del petrolio.
L'olio di mamona puo' essere molto miscibile in alcol etilico, cio' avviene come conseguenza della
presenza di gruppi idrossili nella sua costituzione chimica (Figura 9), questa situazione non accade con gli altri
oli vegetali. Questo fatto fu un fattore determinante nella scelta della sintesi enzimatica del ricinoleato di etile a
partire dall'olio di mamona. Nello studio portato a termine recentemente, conducendo l'alcolisi enzimatica
dell'olio di mamona, in presenza di solvente organico (n-esano) l'autore ottenne una conversione di 98,0% di
esteri impiegando l'enzima Lipozyme IM e del 73,0% di conversione
con Novozym 435
(FACCIO, 2004). Questo studio prese in considerazione l'influenza di acqua, razione molare,
temperatura e concentrazione dell'enzima nella reazione.
74
75
4.5.1 SINTESI DEL RICINOLEATO DI ETILE CON L' ENZIMA CALB L
La sintesi del ricinoleato di etile con l'enzima che CALB L immobilizzato in sfere di chitosano
diede una conversione di esteri superiore a 90%. In relazione al riuso delle sfere di chitosano immobilizzato fu
osservato che le stesse non hanno una resistenza meccanica molto buona rispetto all'enzima Novozym 435 in
microsfere di resina macroporosa. I relazione alla conversione di esteri con sfere di chitosano immobilizzate
covalentemente con CALB L, c'è una conersione superiore a 90% in 12 prove nelle condizioni di
reazione descritte precedentemente, ma il suo riuso da risultati molto meno efficenti e le sfere
di chitosano hanno bassa resistenza meccanica, cio' e' dovuto all'agitazione delle sfere che
subiscono shock meccanici troppo bruschi. In conseguenza, si ha una ediminuzione
dell'attivita' enzimatica e della conversione di biodiesel come e' mostrato nella figura 29.
120
110
Reuso da CALB L+ Esferas de Quitosana
100
90
Conversão %
80
70
60
50
40
30
20
10
0
2
4
6
8
10
12
Reuso da CALB L
Figura 29: Conversione di biodiesel in relazione al riuso della CALB L
immobilizzata in sfere di chitosano.
75
76
Reuso da Novozym 435 X Conversão de Biodiesel
120
110
100
90
Conversão %
80
70
60
50
40
30
20
10
0
2
4
6
8
10
12
14
16
Reuso da Novozym 435
Figura 30: Conversione di biodiesel in relazione al riuso di Novozym 435
4.5.2 SINTESI DEL RICINOLEATO DI ETILE CON ENZIMA NOVOZYM 435
Furono portati a termine anche esperimenti per valutare la possibilità di riuso dell'enzima
commerciale ed immobilizzato. Gli esperimenti di valutazione di riuso dell'enzima consisterono nel condurre la
reazione di transesterificazione in un reattore di tipo batch (Figura 11). Nella sequenza gli enzimi furono
recuperati attraverso un processo di decantazione e lavati con alcol etilico. Lo stesso processo fu realizzato nei
primi campioni per 7 volte e nella seconda tappa di sintesi per 14 volte. L'uso dell'enzima Novozym 435
nella produzione di esteri (biodiesel) fu superiore al 90% di conversione (Figure 29,30 e 31),
comparati con i risultati ottenuti da Shimada et al, 1999 e Samukawa et al, 2000.
Blanco et al., 2004 fecero uno studio con Novozym 435 in sintesi enzimatica e questo
enzima rimase attivo per 15 cicli con rendimento di circa il 100% a temperatura di 40oC .
76
77
120
Reuso da Novozym 435 X Conversão de Biodiesel
100
Conversão%
80
60
40
20
1
2
3
4
5
6
7
Reuso da Novozym 435
Figura 31: Conversione di esteri (biodiesel).
4.5.3 CARATTERIZZAZIONE DEL BIODIESEL PRODOTTO CON LA
CALB L IMMOBILIZZATA IN SFERE DI CHITOSANO E
NOVOZYM 435.
L'identificazione del prodotto formato e la conversione degli esteri fu realizzata con RMN H1 e
cromatografia in fase gassosa, spettroscopia a infrarosso. La conversione di esteri (%), tramite RMN H1 fu
realizzato usando la metodologia di MEHER, SAGAR e NAIK, 2004 come è mostrato dall'equazione adattata da
Cruz, A.J. 2007.
C = 100 x (A EE + A CH2 ) / A CH2
77
78
Dove C, percentuale della conversione di trigliceridi per il corrispondente estere etilico;
valore di integrazione di protoni degli esteri etilici; ed
AEE,
ACH2, valore di integrazione di protone metilenico
(Carbonio metilenico).
Nello spettro di RMN H1 dell'olio di mamona, si osserrva che tra 4,0 e 4,4 ppm si trovano i
segnali corrispondenti agli idrogeni legati agli atomi di Carbonio "gliceridico" del triacilglicerolo (olio di
mamona) come è mostrato nelle figure 31 e 32 (Trän at al., 1996).
Nella figura 32 fu identificato per RMN H1 che possiede 6 atomi di idrogeno vinilici, il che
mostra come segnale un multipletto nella regione tra 5,36 e 5,50 ppm; 3 atomi di idrogeno metilici che si
mostrano come multipleto nell'area compresa tra 3,56 e 3,59 ppm.
Quanto ai dislocamenti chimici degli idrogeni metilici, puo' essere osservato che un doppietto
in 4,12 e in 4,13 ppm e un doppietto in 4,254 e 4,255 ppm. Nella figura 34 é osservato un
quadripleto in 4,07-4,12 ppm, inoltre due segnali anteriori identificati per la triricinoleina.
Questo segnale corrisponde all'Idrogeno 19 (4,07-4,125 ppm) dell'etile legato al gruppo
estere.
Dall'analisi degli spettri si verifico' l'effettiva conversione della triricinoleína in
ricinoleato de etile. Gli atomi di Idrogeni metilenico presentano come disclocamento un
multipleto tra 2,014 e 2,280 ppm. Nella regione tra 1,196 e 1,589 ppm, si osserva un
multipleto attribuito agli idrogeni metilenici, gli idrogeni metilenici presentano un tripleto
nella regione di 0,86 ppm.
Nella Figura 32 si osserva lo spettro di RMN H1 del ricinoleato di etile, dove
nella regione superiore si osserva solo un segnale a 4,10 ppm, in forma di quartetto
corrispondente agli idrogeni metilenici legati all'Ossigeno dell'estere, come e' mostrato nella
figura 31. Questo segnale e' la principale differenza tra i gli spettri del reagente iniziale
(triacilglicerolo) e del prodotto finale formato (ricinoleato de etile) caratterizzando la
formazione degli esteri. In seguito sono rappresentati i principali dislocamenti chimici del
ricinoleato di etile:
78
79
RMN H1 (CDCl3, 400 MHz, TMS) δ: 0,90 (t, 3H, –CH3); 1,20 (t, 3H, -CH3); 1,30 2,4 (m, 24H, –CH2); 3,55 (t, 2H –C(=O)-CH2-); 3,69 (m, 1H, -CH(OH)-); 4,10 (q, 2H, C(=O)-O-CH2-); 5,50 (2d, 2H, -HC=CH-).
5.3.4 Calcolo della conversione degli esteri
Area del segnale(AEE )(valore dell'integrazione dei protoni degli esteri etilici)
+
(ACH2) ---------100%
Area del segnale (ACH2)(valore dell'integrazione del protone metilenico del TAG) ------------------------------------- C
Esempio :
17,96 AEE + 2,25 ACH2 do TAG------------------------100%
2,25 ACH2 do TAG -----------------------------------------C
X= 11,13 % e Y= 88,87 % di conversione di estere.
5.3.5 Analisi FTIR dell'olio di mamona e del Ricinoleato di Etile
Gli spettri IR indicarono una banda nitida e intensa nella regione tra (17501450 cm-1) riferita alla frequenza di stratching del gruppo carbonile(CO) caratteristico degli
esteri (Figura 34). Negli spettri del prodotto della reazione c'è un'altra banda di adsorbimento
nitida nella regione prossima a 3410 cm-1, riferita alla deformazione assiale del gruppo O-H,
caratteristico dell'acido ricinoleico, pricipale componente del biodiesel dalla mamona come e'
mostrato in figura 34.
Anche la banda di stratching del carbonio alifatico CH3,CH2,CH che si trova nella
regione (3000-2830 cm-1) e' molto intensa; A 1460 cm-1 si ha la deformazione assiale dei CC; A 1243 cm-1 la deformazione angolare nel piano di C-O-H; A 1180 cm-1 la deformazione
angolare simmetrica fuori dal piano di O-H ; A 725 cm-1 si riferisce la deformazione angolare
assimetrica del piano di metileneferente.
79
80
Figura 32: Spettro di RMN H1 di olio di mamona riferite ai segnali di idrogeno
"gliceridico" tra 4,0 e 4,4 ppm.
80
81
Figura 33 : Spettro di RMN H1 di olio di mamona (Trän et al., 1996)
Figura 34: Spettro di RMN H1 di ricinoleato di etile (biodiesel) in 4,10 ppm, in forma di quartetto
corrispondente agli atomi di Idrogeno metilenici legati all'Ossigeno dell'estere.
81
82
Figura 35: Spettro FTIR dell'olio di mamona, dove si osserva una banda nitida e intensa nella
regione di (1750-1450) riferita alla frequenza di stretching del gruppo carbonile (CO) caratteristico
degli esteri.
82
83
Figura 36: Spettro FTIR del ricinoleato di etile (biodiesel), una banda di absorbimento nitida nella
regione di 3410 cm-1,riferita alla deformazione assiale del gruppoO-H, caratteristico dell'acido
ricinoleico, principale componente del biodiesel da mamona.
83
84
5.3.6 Comportamento reologico del Biodiesel
La tecnica di analisi reologica fu utilizzata perdeterminare la viscosita' cinematica
dell'olio di mamona commerciale e del biodiesel.
La Figura 37 mostra il comportamento reologico dell'olio di mamona a temperatura di
25ºC e il modello della legge della potenza fu aggiustato per la determinazione dell'indice di
consistenza (k).
y = 7,5347x 0,9797
R2 = 0,9985
4000
3500
(10-1Pa)
3000
2500
2000
1500
1000
500
0
0
100
200
300
400
500
600
γ (s )
-1
Figura 37: Determinazione della viscosita' dell'olio di mamona a 25ºC.
Nella Figura 37 si puo' notare che la viscosita' dell'olio di mamona a 25ºC e' di
629,74 mPa.s. I valori per l'indice di consistenza e' di 75,347Pa.sn e l'indice di coportamento
di 0,9797, risultando un comportamento Newtoniano, risultando anche che la viscosita' non
subisce variazioni in funzione della variazione del gradiente di velocita' applicato ad un
campione di olio di mamona.
Con la base di questi risultati fu determinato il comportamento del biodiesel e
dell'olio di mamona a diverse temperature, come mostra la figura 38.
84
85
2500
Biodiesel
Óleo Mamona
Viscosidade (mPa.s)
2000
1500
1000
500
0
0
10
20
30
40
50
60
70
80
Temperatura (ºC)
Figura 38: Comportamento reologico del biodiesel a diverse temperature.
Come si nota dalla Figura 38, e come e ci i aspettava, per tutte le temperature il
biodiesel presento' valori di viscosita' minori dell'olio di mamona. Il biodiesel e' prodotto
attraverso reazioni di olio di mamona con alcol etilico . Attraverso i risultati ottenuti si puo'
verificare che la viscosita' e' inversamente proporzionale alla temperatura sia per il biodiesel
che per l'olio di mamona. Alla temperatura di 25ºC la viscosidade del biodiesel e' di 516 e
dell'olio di mamona di 669 mPa.s.
85
86
5 CONCLUSIONI
Questo studio aveva come obiettivo testare il potenziale dell'utilizzo dei
biocatalizzatori. L'impiego di lipasi commerciale di Candida antarcica B, lipozyme CALB L
e Novozym 435, nell'alcolisi enzimatica dell'olio di mamona commerciale senza la presenza
di solvente organico. In realta' esistono pochi lavori in letteratura che non utilizzano solventi
organici nelle reazioni di alcolisi enzimatica per ottenere degli esteri a partire da oli e grassi
dato che la maggior parte dei substrati (oli vegetali e grassi) sono generalmente poco miscibili
in alcol a catena corta.
In accordo con lo studio realizzato in questo lavoro, alune conclusioni possono
essere presentate, in relazione al tipo di biocatalizzatore utilizzato e anche in relazione alla
conversione di esteri etilici.
Una particolarita' dell'olio di mamona e' che la sua composizione chimica
possiede gruppi idrossili, risultando cosi' miscibile in alcol etilico: Questo comportamento
chimico fu rilevante per il successo dell'alcolisi enzimatica senza la presenza del solvente
organico.
Nello studio dell'immobilizzazione dell'enzima Lipozyme CALB L in sfere di
chitosano con agente funzionalizzante (glutaraldeide), si constato' che la miglior
concentrazione ottenuta fu del 3% (v/v) e che con l'aumento della concentrazione di
gluteraldeide c'è inibizione dell'enzima CALB L; cio' fu verificato attraverso l'analisi di
attivita' enzimatica residua del surnatante. Riguardo l'efficienza dell'immobilizzazione
covalente degli enzimi nelle sfere di chitosano immobilizzate covaletemente con
glutaraldeide, sono ottime possedere nella loro costituzione chimica un gruppi ammino (NH2), questo conferisce a tale supporto un'eccellente funzionalita' con l'enzima. In relazione
86
87
alla resistenza meccanica e' bassa in relazione all'enzima supportato in resina macroporosa
(Novozym 435).
Si studio' anche il comportamento della lipasi CALB L in relazione ai diversi
valori di pH ( 3,0; 5,0 ; 6,0 ; 7,0 ; 8,0 ; 9,0 e 10,0 ) e di temperature (da 30 a 1000C) e si
cocluse che il miglior valore di lavoro di pH fu 9,0 come per la CALB L immobilizzata
covalentemente in sfere di chitosano e di Novozym 435 immobilizzato in resina macroporosa.
Riguardo la temperatura si concluse che le lipasi Lipozyme CALB L e Novozym 435 sono
abbastanza temostabili a temperature > 900C.
Nella sintesi enzimatica dell'olio di mamona commerciale con alcol etilico
95
0
GL (transesterificazione), fu realizzato un saggio dove si verificava la reazione con
razione molare di 3:1 (alcol etilico: olio di mamona), con 3% di enzima immobilizzato senza
la presenza di solvente organico, ottenendo valori di conversione di estere etilico superiore al
90%. Nella caratterizzazione dell'olio di mamona e degli esteri formati si utilizzarono le
tecniche strumentali di RMN H1, FTIR, (CG) cromatografia in fase gassosa e di reologia. Tali
tecniche furono abbastanza efficaci per rivelare la presenza e la formazione di esteri. L'uso
degli enzimi immobilizzati nella produzione e ottenimento del biodiesel da mamona senza
solvente organico e' promissorio, tenendo conto che, bisogna tener conto di alcuni fattori
importanti come: razione molare dei reagenti, temperatura, cencentrazione degli enzimi e
attivita' dell'acqua nella reazione di transesterificazione enzimatica.
87
88
6 PROPOSTE FUTURE
Prendendo in considerazione i risultati ottenuti in questo lavoro, alcuni
suggerimenti per lavori futuri possono essere elncati in relazione ad una maggiore
esplorazione nella conduzione di processi di alcolisi enzimatica:
•
Immobilizzazione fisica e chimica delle lipasi in supporti inorganici;
•
Studio di un supporto inorganico con una maggiore area superficiale,
procurando una qualita' migliore del materiale impiegato;
•
Produzione enzimatica di esteri in solvente organico;
•
Uso di vari solventi organici e della quantita' negli ambienti di reazione
per la conversione di biodiesel;
•
Uso di vari oli vegetali nell'alcolisi enzimatica;
•
Test del numero di cicli che l'enzima immobilizzato puo' effettuare
senza perdita consstente dei valori di attivita' enzimatica.
•
Modellaggio cinetico dei dati sperimentali ottenuti;
•
Controllo cinetico nello svilupppo della reazione enzimatica;
•
Creazione di una metodologia analitica per campo reologico del
prodotto formato rispetto alla conversione di biodiesel (%);
•
Test sul biodiesel ottenuto e sulle specificita' che regolamentano l'uso
del prodotto come additivo all'olio diesel;
•
Test del biodiesel prodotto in un motore diesel :
a) azione del motore; b) analisi della composizione dei gas di scarico;
•
Uso dell'analisi statistica nello studio del comportamento di variabili
come: concentrazione dell'enzima, concentrazione di acqua addizionata,
temperatura e razione molare.
88
89
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