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Aggiornata con le nuove Norme CEI
Guida all’impianto elettrico
Questo manuale è una guida per i tecnici che si occupano abitualmente d’impianti elettrici. Raccoglie
tutte le informazioni che essi devono avere presenti
e a portata di mano durante lo svolgimento del loro
lavoro. Ogni argomento preso in esame è stato trattato esaurientemente e corredato di diagrammi e numerose tabelle i cui dati consentono di risolvere ogni
specifico problema senza dover ricercare ulteriori
valori.
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L’Installatore Qualificato
GUIDA
ALL’IMPIANTO
ELETTRICO
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2
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l'Installatore lavori nella certezza di soddisfare sempre la sua
clientela, anche la più esigente.
Questo manuale, che si aggiunge alla collana della Palazzoli Academy, vuole essere una guida e un aiuto per quei tecnici che si occupano abitualmente di impianti elettrici. La continua evoluzione
per quanto riguarda le apparecchiature, le norme impiantistiche
e le disposizioni di legge, rende sempre più arduo il lavoro di progettisti, installatori e collaudatori e richiede un corredo di conoscenze quanto mai vasto. Per questo motivo si è voluto condensare
in un volume tutte le informazioni che i suddetti tecnici devono
avere a portata di mano durante lo svolgimento del loro lavoro.
3
INDICE GENERALE
PRINCIPI FONDAMENTALI DI ELETTROTECNICA
Correnti continue ed alternate ........................................................ 9
Rapporto di fase .......................................................................... 10
Tensioni monofasi e trifasi ........................................................ 10
Resistenza, reattanza, impedenza ................................................ 11
Resistenza .................................................................................. 11
Conduttanza ................................................................................ 12
Reattanza induttiva e capacitiva .............................................. 12
Impedenza ed ammettenza ........................................................ 14
Legge di Ohm .................................................................................. 14
Sovracorrenti .............................................................................. 16
Potenza e energia .......................................................................... 16
Circuiti a corrente continua ...................................................... 16
Circuiti a corrente alternata ...................................................... 16
Potenza complessiva di un circuito ............................................ 18
Effetto Joule ................................................................................ 18
Energia specifica (integrale di Joule) ........................................ 18
Utilizzatori in serie.......................................................................... 19
Utilizzatori in parallelo .................................................................. 20
MISURE ELETTRICHE
Classificazione degli strumenti ...................................................... 21
Identificazione degli strumenti ...................................................... 22
Segni grafici e schemi d’inserzione ................................................ 23
Classe di precisione ........................................................................ 24
Trasformatori di misura ................................................................ 24
Errore di rapporto e di angolo .................................................... 25
Prestazione .................................................................................. 25
Caratteristiche normalizzate dei trasformatori di misura ...... 27
Misura dell’energia ........................................................................ 27
Misura delle tensioni e delle correnti ............................................ 28
Misura della potenza ...................................................................... 29
Misura della potenza attiva ........................................................ 29
4
Misura della potenza reattiva e del cos ϕ .................................. 30
Misura della potenza mediante TA e TV.................................... 31
QUADRI ELETTRICI DI DISTRIBUZIONE
Normativa ........................................................................................ 32
Sistema di quadri ............................................................................ 33
Principali tipi di quadri .............................................................. 33
Quadri in kit di montaggio ........................................................ 36
Accessibilità dei componenti ...................................................... 37
Costruttore del quadro .................................................................... 37
Verifiche di progetto ........................................................................ 39
Caratteristiche elettriche nominali ................................................ 39
Gradi di protezione del quadro ...................................................... 43
Verifica della sovratemperatura all'interno del quadro ................ 45
Verifica mediante prove .............................................................. 46
Verifica per derivazione da un quadro cablato provato ............ 46
Verifica delle sovratemperature per mezzo di calcoli ................ 46
Verifica di tenuta al corto circuito ................................................ 48
Corrente di cortocircuito e idoneità del quadro all’impianto ...... 50
Verifica delle caratteristiche dielettriche ...................................... 51
Prova di tenuta dielettrica a frequenza industriale .................. 51
Prova di tenuta dielettrica all’impulso di tensione .................... 51
Protezione contro i contatti diretti ................................................ 52
Protezione dei quadri contro i contatti indiretti ............................ 53
Protezione basata sul circuito di protezione .............................. 53
Isolamento in classe II ................................................................ 56
Targa del quadro ............................................................................ 57
Documentazione tecnica di supporto .............................................. 57
Verifiche individuali ........................................................................ 58
Criteri pratici per la realizzazione del quadro .............................. 59
Quadri per uso domestico e similare .............................................. 60
Definizioni .................................................................................... 60
Targa di identificazione .............................................................. 62
Impiego di involucri conformi alla norma .................................. 62
Quadri monofasi con corrente nominale Inq ≤ 32 A.................... 63
Quadri con corrente nominale Inq ≤ 125 A.................................. 63
Esempio 1 .................................................................................... 63
Esempio 2 .................................................................................... 65
Documentazione da allegare al quadro ...................................... 67
Quadri di distribuzione destinati ad essere utilizzati da
persone comuni (DBO) ................................................................68
Quadri ASC per cantieri ................................................................ 68
5
IMPIANTI ELETTRICI: PRESCRIZIONI GENERALI
Classificazioni e definizioni .................................................... 72
Natura e numero dei conduttori .................................................... 73
Sistemi di conduttori attivi ........................................................ 73
Classificazione dei sistemi elettrici in relazione al loro modo
di collegamento a terra .............................................................. 74
Classificazione dei sistemi elettrici in relazione alla tensione .... 76
Gradi di protezione degli involucri ................................................ 79
Protezione meccanica contro gli urti (codice IK) .......................... 82
Classificazione dei componenti elettrici ........................................ 83
Principali definizioni relative agli impianti .................................. 84
Sezionamento e comando .......................................................... 87
Sezionamento .................................................................................. 87
Interruzione per manutenzione non elettrica .............................. 90
Interruzione ed arresto d’emergenza.............................................. 90
Comando funzionale ...................................................................... 91
Suddivisione dell’impianto ............................................................ 91
Protezione contro i contatti diretti ........................................ 92
Isolamento ...................................................................................... 92
Involucri e barriere ........................................................................ 92
Ostacoli e distanziamento .............................................................. 93
Protezione addizionale mediante differenziali .............................. 93
Protezione per limitazione della corrente .................................... 94
Protezione per limitazione della carica elettrica .......................... 94
Protezione contro i contatti indiretti .................................... 95
Interruzione automatica dell’alimentazione ................................ 95
Collegamento equipotenziale locale connesso a terra .............. 96
Sistema TT ................................................................................. 96
Sistema TN .................................................................................. 98
Sistemi IT .................................................................................. 104
Protezione senza interruzione automatica .................................. 107
Impiego di componenti di Classe II o con isolamento equivalente ...................................................................................... 107
Protezione per separazione elettrica ........................................ 109
Protezione per mezzo di luoghi non conduttori ...................... 111
Protezione per equipotenzializzazione del locale non connesso a terra .............................................................................. 113
Protezione differenziale .......................................................... 114
Protezione contro gli effetti termici .................................... 116
Protezione contro gli incendi ........................................................ 116
Protezione contro le ustioni .......................................................... 118
6
Protezione dai contatti diretti e indiretti .......................... 119
Sistemi SELV e PELV .................................................................. 119
IMPIANTI DI ILLUMINAZIONE PER INTERNI
La luce ............................................................................................ 120
Il colore .......................................................................................... 121
Grandezze fotometriche ................................................................ 123
Sorgenti luminose.......................................................................... 125
Parametri per la scelta della lampada .................................... 130
Apparecchi di illuminazione ........................................................ 132
Curve fotometriche degli apparecchi di illuminazione ............ 133
Classificazione degli apparecchi in base alla distribuzione
del flusso luminoso .................................................................... 134
Sistemi di illuminazione .......................................................... 135
Classificazione degli apparecchi di illuminazione (secondo
il loro modo di protezione contro i contatti indiretti) .............. 136
Gradi di protezione degli apparecchi di illuminazione .......... 136
Scelta ed installazione degli apparecchi di illuminazione ...... 136
Requisiti per una buona illuminazione ...................................... 138
Livello d’illuminamento ............................................................ 138
Uniformità di illuminamento .................................................. 142
Equilibrio delle luminanze ........................................................ 143
Limitazione dell’abbagliamento ................................................ 143
Illuminazione direzionale .......................................................... 144
Indice di resa cromatica e tonalità della luce .......................... 146
Fattore di manutenzione .......................................................... 146
Metodo di calcolo per illuminazione d’interni ............................ 146
Calcolo del flusso totale ............................................................ 148
Uniformità di illuminamento .................................................. 148
Esempio ......................................................................................149
Valori indicativi del numero di lampade fluorescenti per
illuminazione degli ambienti civili .......................................... 152
IMPIANTI IN AMBIENTI A MAGGIOR RISCHIO
IN CASO D’INCENDIO
Ambienti a maggior rischio in caso d’incendio ............................ 153
L’impianto elettrico, causa e veicolo d’incendio .......................... 156
I cavi e l’incendio........................................................................ 160
Classificazione dei cavi ............................................................ 162
Prescrizioni generali per gli impianti elettrici negli
ambienti a maggior rischio in caso d’incendio ........................ 164
7
Prescrizioni riguardanti i componenti .................................... 164
Barriere tagliafiamma .............................................................. 167
Criteri per la scelta del tipo di conduttura .............................. 168
Prescrizioni per l’installazione delle condutture...................... 169
Protezione delle condutture ...................................................... 169
LE VERIFICHE DEGLI IMPIANTI ELETTRICI
Verifiche iniziali ........................................................................174
Esame a vista ................................................................................ 175
Prove .............................................................................................. 176
Prove della continuità dei conduttori di protezione e dei
conduttori equipotenziali principali e supplementari ............ 176
Misura della resistenza di isolamento dell’impianto
elettrico ...................................................................................... 177
Verifica della protezione per separazione elettrica ................ 178
Misura della resistenza dei pavimenti e delle pareti .............. 179
Verifica della protezione mediante interruzione automatica 179
Misura della resistenza di terra................................................ 180
Misura della resistività del terreno ........................................ 183
Misura dell’impedenza dell’anello di guasto .......................... 184
Verifica dell’intervento dei dispositivi differenziali ................ 186
Prova di polarità ...................................................................... 189
Verifica della sequenza delle fasi ............................................ 189
Prove di funzionamento ............................................................ 190
Verifica della caduta di tensione .............................................. 190
Verifica di sfilabilità dei cavi .................................................... 190
Individuazione delle masse estranee ...................................... 190
Rapporto a seguito della verifica iniziale......................................191
Verifiche periodiche ................................................................ 192
Frequenza della verifica periodica .............................................. 192
Rapporto delle verifiche periodiche ............................................ 193
8
PRINCIPI FONDAMENTALI
DI ELETTROTECNICA
Correnti continue ed alternate
Il comportamento dei circuiti elettrici è determinato dal tipo di tensione di alimentazione e di conseguenza dal tipo di corrente che li
percorre, ossia se continua o alternata, in quanto il flusso di elettroni, per la corrente continua, ha sempre lo stesso verso, mentre
per quella alternata sinusoidale varia periodicamente di verso ed
istante per istante di intensità.
Nei circuiti a corrente continua tensione e corrente sono definite da
un valore numerico, in quelli a corrente alternata tensione e corrente
sono grandezze vettoriali caratterizzate da (fig. 1):
– valore istantaneo: è il valore che la grandezza assume in un dato
istante; si indica con una lettera minuscola e assume il valore:
a = AM sen ω t = AM sen α
– valore massimo o di picco o di cresta AM : è il massimo valore istantaneo (positivo o negativo) che la grandezza può assumere;
– valore efficace A: è il valore corrispondente a quello di una corrente
continua che produce gli stessi effetti termici; in relazione al valore
massimo risulta:
A = AM / √2 = 0,707 AM
– periodo T: è l’intervallo di tempo (in secondi) che decorre fra
l’istante in cui la grandezza assume un dato valore e l’istante successivo in cui lo riassume dopo aver assunto tutti i valori positivi e negativi che può assumere;
– frequenza f: è il numero di periodi che si verificano in un secondo;
si misura in hertz (Hz) e risulta pari a:
f = 1/T
– pulsazione ω : indica la velocità angolare (in radianti al secondo)
Fig. 1
9
del vettore che con la sua rotazione genera la sinusoide; è legata al
periodo dalla relazione:
α = ω t = 2 π /T = 2 π · f
Rapporto di fase
Quando si studia un circuito elettrico in corrente alternata è necessario considerare contemporaneamente due o più grandezze sinusoidali (ad esempio tensione e corrente); si deve pertanto definire il
loro rapporto di fase o sfasamento che corrisponde al tempo t che intercorre tra il momento in cui una grandezza assume il suo valore
massimo e quello in cui vi giunge l’altra (fig. 2).
Fig. 2
Poiché le grandezze alternate sinusoidali sono grandezze vettoriali
rappresentabili quindi con vettori (o anche mediante notazione simbolica) lo sfasamento è espresso dall’angolo ϕ (in gradi) formato dai
due vettori ed equivale al prodotto della pulsazione per il tempo t
impiegato dal vettore per percorrere tale angolo.
Tensioni monofasi e trifasi
La produzione e la distribuzione dell’energia elettrica in corrente alternata avviene mediante sistemi trifasi; solo per l’utilizzo in bassa
tensione vengono anche impiegati i sistemi monofasi.
I sistemi trifasi sono caratterizzati da due terne di tensioni E1, E2,
E3 e U12, U23, U31 sfasate tra loro di 30°, ciascuna delle quali è costituita da tre tensioni sfasate fra loro di 120° (fig. 3).
La prima terna è costituita dalle tensioni di fase ossia le tensioni esistenti
tra ciascun conduttore e il centro
stella (neutro), la seconda terna è costituita dalle tensioni concatenate,
ossia le tensioni esistenti fra due
qualsiasi conduttori, e corrispondenti
alla differenza vettoriale tra le rispettive tensioni di fase (indicate in neretto in quanto vettori):
U12 = E1 – E2
U23 = E2 – E3
Fig. 3
U31 = E3 – E1
10
Fig. 4
Nei sistemi trifasi il conduttore di neutro può essere distribuito (sistema a 4 conduttori) o non distribuito (sistema a 3 conduttori) ed
inoltre i carichi possono essere connessi a stella o a triangolo (fig. 4).
Le relazioni che legano correnti e tensioni sono indicate per i vari
casi nella seguente tabella.
Stella
3 conduttori
(sistema equilibrati)
[ E1 + E2 + E3 = 0 ]
4 conduttori
(3 fasi + neutro)
E=
U
E1 + E2 + E3 = 0
√3
If1 + If2 + If3 = IN
If1 + If2 + If3 = 0
Z
Triangolo
If =
E
=
U
If =
(I l = I f)
√3 Z
E
Z
=
U
√3 Z
(I l = I f)
U12 + U23 + U31 = 0
If1 + If2 + If3 = 0
If =
U
(I l = √ 3 I f )
Z
N.B. Se il carico è squilibrato (impedenze Z diverse fra loro) le correnti
nelle tre fasi risultano a loro volta diverse e di conseguenza, nei circuiti
a tre conduttori le relazioni indicate tra parentesi [...] non risultano più
valide. Nei circuiti con neutro (a 4 conduttori) lo squilibrio determina
una corrente IN che percorre il conduttore di neutro N.
Resistenza, reattanza, impedenza
Resistenza
Ogni materiale oppone una certa resistenza R al passaggio della corrente sia alternata sia continua:
R=ρ
l
S
(ohm)
11
dove:
ρ – è la resistività del materiale (in Ω · mm2/m oppure Ω · m) ossia la
resistenza di un conduttore di lunghezza e sezione unitaria;
l – lunghezza del corpo (in m);
S – sezione del corpo (in mm2 o in m2).
Dalla relazione sopra scritta si possono dedurre le seguenti:
R .S
ρ .l
l=
(m)
S=
(in mm2 o in m2)
ρ
R
La resistività ρ varia in relazione alla temperatura; ne deriva che il
valore di ρ ad una data temperatura θ dev’essere determinato in
base al coefficiente di temperatura α (in genere riferito a 20 °C, si
veda la tabella 1 a pagina seguente) mediante la relazione:
ρθ = ρ20 [1 + α20 (θ – 20)]
La resistenza, sempre alla temperatura θ assume come conseguenza
il valore:
Rθ = R20 [1 + α20 (θ – 20)]
essendo R20 il valore di resistenza alla temperatura di 20 °C.
Conduttanza
La conduttanza G è l’inverso della resistenza ed esprime la facilità
con cui un materiale si lascia attraversare dalla corrente:
G=
1
R
=
1
.
S
ρ l
=γ
S
l
essendo γ = 1/ρ la conduttività (inverso della resistività).
Reattanza induttiva e capacitiva
I circuiti e gli utilizzatori percorsi da corrente alternata sono caratterizzati, oltre che dalla resistenza, anche da una reattanza.
Per reattanza induttiva si intende l’opposizione che il circuito presenta alla variazione della corrente a causa dei campi magnetici che
si generano nei conduttori e in particolare negli avvolgimenti i quali
quindi presentano una induttanza L (in henry).
Il valore della reattanza induttiva X L dipende dalle caratteristiche
del circuito (che determinano il valore d’induttanza) e dalla frequenza della corrente:
XL = 2 π · f · L = ω · L
(ohm)
La reattanza induttiva determina inoltre uno sfasamento di 90° in
ritardo della corrente rispetto alla tensione.
Anche la reattanza capacitiva offre una certa opposizione al passaggio
della corrente, tuttavia questo effetto, dovuto ai campi elettrostatici
che si formano tra due conduttori paralleli o tra un conduttore e la
terra (i condensatori si basano su questo effetto), determina uno sfasamento della corrente in anticipo di 90° rispetto alla tensione.
12
Tabella 1 – Resistività e coefficiente di temperatura di alcuni materiali conduttori
Resistività a 20 °C
(Ω . mm2)/ m
Coefficiente di temperatura a 20 °C
x 10 –3
ricotto
0,0172
3,93
crudo
0,0178
3,91
ricotto
0,0276 ÷ 0,0282
4
crudo
0,0282 ÷ 0,0287
4
0,0164
3,8
0,031 ÷ 0,033
3,6
Materiale
Rame
elettrolitico
Alluminio
Argento
Aldrey
Bronzo
0,05 ÷ 0,1
3,9
Ottone
0,06 ÷ 0,08
1÷2
0,06
3,7
0,0978
6
Zinco
Ferro puro
Platino
0,1
3,6
Stagno
0,11 ÷ 0,12
4,2 ÷ 4,4
Argentana
0,35 ÷ 0,41
0,07
Manganina
0,42 ÷ 0,45
0,01
Costantana
0,49 ÷ 0,51
0
Nichelcromo
1,09
0,0001
Il valore della reattanza capacitiva dipende anch’esso dalle caratteristiche del circuito (che determinano il valore della capacità C
espressa in farad) e dalla frequenza della corrente:
XL =
1
2π· f · C
=
1
ω· C
(ohm)
Poiché la reattanza induttiva risulta esattamente in opposizione di
fase alla reattanza capacitiva, in genere si considera l’effetto risultante:
X = X L – XC
che può essere induttivo o capacitivo a seconda che prevalga uno o
l’altro termine.
L’inverso della reattanza viene definito suscettanza:
1
1
BC =
(siemens)
BL =
XC
XL
13
Impedenza ed ammettenza
Nei circuiti in corrente alternata gli effetti resistivo e reattivo sono
presenti contemporaneamente, non essendo però individuabili fisicamente, nello studio dei circuiti si ricorre all’artificio di immaginarli
come se fossero effettivamente elementi individuabili, considerandoli
in serie o in parallelo tra loro, a seconda dei casi, ed esprimendo l’effetto complessivo con due parametri denominati impedenza (Z) e ammettenza (Y):
Elementi in serie
Elementi in parallelo
Z = √ R2 + X 2
Y = √ G2 + B 2
Poiché l’impedenza di un circuito deve essere in ogni caso la stessa
vale la relazione:
Z = 1/Y
Dato un circuito serie per il quale sono noti i valori di resistenza R,
e reattanza X si possono calcolare i valori della conduttanza G e della
suscettanza B del circuito equivalente (considerando quindi gli elementi in parallelo) e viceversa con le relazioni (fig 5):
R=
G
X=
Y2
B
G=
Y2
R
B=
Z2
X
Z2
Fig. 5
Legge di Ohm
La legge di Ohm stabilisce la proporzionalità diretta tra la tensione
applicata a un circuito e l’intensità della corrente che in esso circola.
a) In corrente continua è espressa con le relazioni:
I=
14
U
R
(A)
U = R . I (V)
R=
U
I
(Ω)
b) In corrente alternata è espressa con le relazioni:
I=
U
Z
U = Z . I (V)
(A)
Z=
U
I
(Ω)
Tenendo conto che l’impedenza Z è costituita da una componente resistiva e da una reattiva, sfasata di 90° in anticipo (se di tipo capacitivo) o di 90° in ritardo (se di tipo induttivo), si può ritenere che,
considerando gli elementi in serie, la tensione di alimentazione U si
ripartisca ai capi dei due elementi dando luogo alle cadute di tensione UR e UX (fig. 6):
U = Z · I = (R + j X) · I = R · I + jX · I = UR + jUX = UR + UX
Fig. 6
La tensione risulta sfasata rispetto alla corrente dell’angolo ϕ desumibile con la relazione:
tg ϕ =
UX
UR
=
X
R
Dal diagramma vettoriale si rileva inoltre che:
UR = R · I = U· cos ϕ = Z · I· cos ϕ
UX = X · I = U · sen ϕ = Z · I· sen ϕ
Di conseguenza si possono definire le componenti resistiva e reattiva
mediante l’angolo di sfasamento:
R = Z cos ϕ
X = Z sen ϕ
Analogamente se si considerano gli elementi in parallelo si ha:
I = U · Y = U · (G – jB) = G · U – jB · U = IR + IX
La figura 7 indica i diagrammi vettoriali delle correnti e di ammettenza, suscettanza e conduttanza nel caso di circuito induttivo.
La corrente I risulta sfasata rispetto alla tensione di un angolo ϕ desumibile dalla relazione:
15
Fig. 7
tg ϕ =
IX
IR
=
B
R
Risulta inoltre che:
IR = G · U = I cos ϕ
IX = B · U = I sen ϕ
Per cui data l’ammettenza Y = 1/Z si possono definire le componenti
G e B, noto l’angolo ϕ:
G = Y cos ϕ
B = Y sen ϕ
Sovracorrenti
Dalla legge di Ohm si rileva che se in un utilizzatore alimentato l’impedenza diviene via via più piccola, la corrente assorbita assume valori sempre più elevati sino a che, per Z ≈ 0, la corrente raggiunge il
valore massimo Icc .
Si definisce sovracorrente il valore di corrente superiore al massimo
ammesso per un dato circuito. Le sovracorrenti possono essere:
– correnti di sovraccarico: si verificano in un circuito elettricamente
sano quando questo alimenta troppi utilizzatori, oppure quando si
sovraccarica un motore;
– correnti di cortocircuito: si verificano a seguito di un guasto di impedenza trascurabile fra due fasi del circuito.
Potenza e energia
Circuiti a corrente continua
La potenza P e l’energia E nei circuiti a corrente continua sono
espresse dalle relazioni:
P = U· I
E = P · t = U· I· t
dove: U è la tensione, I la corrente e t il tempo durante il quale circola la corrente.
Circuiti a corrente alternata
Nei circuiti a corrente alternata, corrente e tensione non sono generalmente in fase e ciò dà luogo a tre modi di esprimere la potenza.
a) Potenza attiva o reale: è la potenza dissipata negli elementi resistivi del circuito, per produrre calore, oppure assorbita dagli utiliz16
zatori attivi (ad esempio motori) e trasformata in un’altra forma di
energia (ad esempio meccanica). Corrisponde al prodotto:
P = U · I · cos ϕ (W)
nei circuiti monofasi
nei circuiti trifasi
P = √ 3 U · I · cos ϕ (W)
essendo ϕ lo sfasamento tra tensione e corrente nei circuiti monofasi
e in quelli trifasi equilibrati, mentre per quelli squilibrati, ϕ rappresenta lo sfasamento medio ossia l’angolo di cui sarebbe necessario
ruotare la terna di correnti per rendere massima la potenza reale
del sistema.
b) Potenza reattiva: è la potenza alternativamente assorbita e resa
dai campi magnetici (circuiti induttivi) ed elettrostatici (circuiti capacitivi); questa potenza, che non è dissipata, risulta dal prodotto
della tensione per la componente in quadratura della corrente.
Q = U · I · sen ϕ (var)
nei circuiti monofasi
Q = √ 3 U · I · sen ϕ (var) nei circuiti trifasi
essendo ancora ϕ lo sfasamento tra tensione e corrente.
c) Potenza apparente: è la potenza in base alla quale deve essere dimensionato il circuito. Se si considera il diagramma vettoriale delle
potenze (fig. 8) si può rilevare che la somma vettoriale della potenza
attiva P e di quella reattiva Q (sfasata di 90°) rappresenta la potenza
apparente S:
S = U· I = √P 2 + Q 2
S = √3· U· I =
√P 2
+
Q2
(VA)
nei circuiti monofasi
(VA)
nei circuiti trifasi
Fig. 8
Il valore della potenza apparente indica la massima potenza attiva
che il circuito potrebbe assorbire se la componente reattiva fosse
nulla ossia se cos ϕ = 1 (sen ϕ = 0).
I valori dell’energia (in joule) si ottengono moltiplicando le potenze
attiva o reattiva per il tempo t (in secondi).
EP = P· t
EQ = Q· t
Volendo esprimere la potenza attiva in wattora o in kilowattora che
sono le unità di misura comunemente utilizzate si deve dividere la
potenza EP per 3600 (secondi in un’ora) ottenendo i wattora e quindi
ancora per 1000 per ottenere i kilowattora.
17
Potenza complessiva di un circuito
Nei circuiti gli utilizzatori possono essere connessi in serie o in parallelo.
La potenza attiva o reattiva complessivamente assorbita corrisponde
in ogni caso alla somma aritmetica delle singole potenze attive o
delle singole potenze reattive:
Pt = P1 + P2 + ... + Pn
Qt = Q1 + Q2 + ... + Qn
Per determinare la potenza apparente totale è invece necessario operare una somma vettoriale tra potenza totale attiva e potenza totale
reattiva:
St = Pt + Qt
il cui modulo è:
St = √ Pt2 + Qt2
L’angolo di sfasamento complessivo può venir determinato con uno
dei seguenti rapporti e le tabelle trigonometriche:
tg ϕ =
Q
P
cos ϕ =
P
sen ϕ =
S
Q
S
Effetto Joule
È la potenza dissipata sotto forma di calore negli elementi resistivi
del circuito. Se R è la resistenza dell’elemento, I la corrente che lo
percorre e ∆U = R· I la c.d.t. che si verifica ai capi dell’elemento
stesso, si ha che la potenza dissipata per effetto Joule è pari a:
P = ∆U · I = R· I 2
(W)
mentre il valore dell’energia attiva dissipata risulta:
EP = R· I 2 · t
(J)
Poiché 1 J equivale a 0,239 calorie valgono anche le seguenti relazioni:
– per t in secondi
Ecal = 0,239 · R· I 2 · t (calorie)
– per t in ore
Ecal = 860 · R · I 2 · t
(calorie)
Energia specifica (integrale di Joule)
L’energia sviluppata dalla corrente su di un elemento di resistenza
unitaria é detta energia specifica. Il suo valore dipende dall’intensità
e dal tempo di permanenza della corrente e si calcola con la relazione:
∫ i 2 dt ≈ I 2 t
Il concetto di energia specifica risulta particolarmente importante
nella progettazione delle condutture.
Poiché ogni organo di protezione (interruttore magnetotermico o fusibile) in caso di cortocircuito, prima di poter intervenire e interrompere il circuito, lascia passare la corrente di cortocircuito per un certo
tempo t, in ogni tratto di conduttore del circuito guasto avente resistenza unitaria viene dissipata l’energia I 2t che si trasforma in calore.
18
Quanto maggiore è il valore dell’I 2t lasciato passare dal dispositivo
di protezione tanto maggiore è la quantità di calore prodotto.
Poiché per guasto di breve durata il cavo non riesce a cedere tale calore all’ambiente, si può verificare un aumento di temperatura del
conduttore tale da compromettere l’integrità degli isolanti.
Utilizzatori in serie
Circuiti in corrente continua
Circuiti in corrente alternata
Rt = R1 + R2 + … + Rn
Zt = Z1 + Z2 + … + Zn
Ut = U1 + U2 + … + Un
Rt = R1 + R2 + … + Rn
I=
U1 = R1 . I
U2 = R2 . I
.........
Un = Rn . I
Ut
Xt = X1 + X2 + … + Xn
Rt
Zt = √ Rt2 + Xt2
I=
Ut
Rt
cos ϕ =
Rt
Zt
Ut = U1 + U2 + … + Un
U1 = Z 1 . I
U2 = Z2 . I
........
Un = Zn . I
19
Utilizzatori in parallelo
Circuiti in corrente continua
Rt =
1
1
R1
+
1
R2
+ ..... +
1
È necessario trasformare gli elementi R e X in serie negli equivalenti G e B in parallelo con le
relazioni:
Rn
Per due soli resistori:
R 1 . R2
Rt =
R1 + R2
It =
Circuiti in corrente alternata
G=
R
B=
Z2
X
Z2
ottenendo:
U
Rt
It = I1 + I2 + .… + In
I1 =
I2 =
U
R1
Gt = G1 + G2 + … + Gn
U
Bt = B1 + B2 + … + Bn
R2
.........
In =
U
Rn
Yt = √ G t2 + B t2 =
It = U . Yt =
U
Zt
1
Zt
cos ϕ =
It = I1 + I2 + … + In
I1 = U . Y1
I2 = U . Y2
........
In = U . Yn
20
G
Y
MISURE ELETTRICHE
Classificazione degli strumenti
Elettronici
La grandezza misurata è
trasformata in una coppia
che agisce sull'equipaggio
mobile al quale è connesso
l’indice che indica su una
scala il valore della grandezza. Tale forza è contrastata, in genere, da una
molla (coppia antagonista).
La grandezza misurata è
elaborata tramite circuiti
elettronici, alimentati da
una sorgente di alimentazione ausiliaria.
L’ndice riproduce, per analogia, l'andamento nel tempo della grandezza (perciò
sono anche detti strumenti
analogici).
Visualizzano il risultato
della misura in forma di numero o in forma analogica
oppure in entrambi i modi
contemporaneamente.
Grandezze
misurate
Tensione, corrente, potenza
attiva e reattiva, energia,
resistenza, frequenza.
Tensione, corrente, potenza
attiva e reattiva, energia,
resistenza, frequenza.
Consumo sensibile (tenerne
conto nell'effettuare le misure). Negli strumenti ad
indice, vi è la possibilità di
errori di parallasse o di apprezzamento.
Sensibili a urti e vibrazioni.
Non hanno organi in movimento. Prelevano pochissima
energia dal circuito di misura. Comodità di lettura, senza errori di apprezzamento.
Richiedono controlli e tarature più frequenti.
Presentazione
della misura
Principio di
funzionamento
Elettromeccanici
Pregi e difetti
Gli strumenti impiegati per la misura di grandezze elettriche possono essere classificabili in due categorie: elettromeccanici ed elettronici.
21
Identificazione degli strumenti
Gli strumenti di misura elettrici riportano sul quadrante alcuni simboli per precisare le caratteristiche e le modalità d’impiego.
Tipo di circuito nel quale
può essere inserito
Principio
di funzionamento
magnete permanente
e bobina mobile
a corrente continua
magnete permanente
e bobina mobile come
misuratore di rapporto
a corrente alternata
a corrente continua e
alternata
elettrodinamico
a corrente alternata
trifase
elettrodinamico con
ferro
a corrente alternata
trifase con carico
squilibrato
a induzione
Posizione dello strumento
a ferro mobile
(elettromagnetico)
con quadrante verticale
a lamelle vibranti
con quadrante orizzontale
termico a lamina bimetallica
con quadrante inclinato (per esempio di
60°)
a bobina mobile con
raddrizzatore
Tensione di prova
Classe di precisione
0,5
22
il valore indica l’errore percentuale
Segni grafici e schemi d’inserzione
Strumento
(grand. misurata)
Segno grafico
Schema di inserzione
Voltmetro
(tensione)
Amperometro
(corrente)
Wattmetro
(potenza attiva)
Varmetro
(potenza reattiva)
Contatore
(energia)
Frequenzimetro
(frequenza)
Fasometro
(cos ϕ)
Ohmmetro
(resistenza)
Trasformatore
di corrente (TA)
Trasformatore
di tensione (TV)
23
Classe di precisione
Gli strumenti di misura presentano sempre un’imprecisione, che può
essere più o meno grande a seconda della classe di precisione che caratterizza lo strumento.
Gli strumenti elettromeccanici sotto l’aspetto della precisione sono
distinti nelle seguenti classi:
0,05 – 0,1 – 0,2 – 0,5 – 1 – 1,5 – 2,5 – 5
Questi valori rappresentano l’indice di classe, ossia il limite (inteso
in senso positivo e negativo, ± 1 ad esempio) dell’errore dello strumento, espresso in percento del valore di fondo scala (portata).
Ad esempio, supponendo di usare un voltmetro avente un campo di
misura da 0 a 300 V (si usa anche dire con una portata di 300 V) e
classificato di classe 0,5, l’errore dello strumento è sempre contenuto
entro il ± 0,5% di 300 V, ossia entro ± 1,5 V, in qualsiasi punto della
scala. Ne deriva che se si rileva la tensione di 70 V, il valore effettivo
della misura è contenuto nel campo 68,5 ÷ 71,5 V.
Per gli strumenti digitali il grado di precisione è proporzionale al
numero di cifre visualizzate: in genere da 3 a 11-12.
Molto diffusa è la presentazione a n + 1/2 cifre con la quale non tutte
le cifre visualizzate possono variare da 0 a 9, ma la prima e talvolta
la seconda cifra si limitano ai valori 1-2-3. Ad esempio uno strumento a 3 1/2 cifre può presentare un risultato compreso tra 000 e
1999; mentre uno strumento 5 1/2 cifre può presentare un risultato
compreso tra 00000 e 199999 oppure, a seconda del tipo di apparecchio, 299999 e 129999.
Trasformatori di misura
La misura delle grandezze nei circuiti che presentano elevate tensioni o forti intensità di corrente richiede l’uso di trasformatori (riduttori) di tensione (TV) e di corrente (TA). Il loro impiego consente
di:
– assicurare una maggiore sicurezza all’operatore (le misure vengono effettuate con valori di tensione limitati);
– utilizzare strumenti con portate unificate (ad esempio 5 A e 100 V
di fondo scala);
– raggruppare gli strumenti (una sola coppia di TA, TV può alimentare più strumenti).
Con l’impiego dei TA e TV i valori di corrente I e tensione U devono
essere calcolati moltiplicando il valore letto sullo strumento per il
rapporto di trasformazione del TA o del TV:
I = LA · δ A
U = LV · δV
essendo LA e LV i valori letti sull’amperometro e sul voltmetro e δA,
δV i rapporti di trasformazione del TA e rispettivamente del TV:
δA =
24
I1
I2
δV =
U1
U2
essendo I1, U1 la corrente e tensione al primario del trasformatore
mentre I2, U2 sono la corrente e la tensione al secondario.
Errore di rapporto e di angolo
I TA e i TV danno luogo a due tipi di errore:
– errore di rapporto: dovuto al fatto che il rapporto di trasformazione
δA, δV varia col variare delle condizioni di funzionamento. Le norme
stabiliscono i limiti di tali errori per ciascuna classe di precisione;
– errore d’angolo: è dovuto alla differenza di fase introdotta dai trasformatori tra la corrente primaria e quella secondaria per i TA e
tra la tensione primaria e quella secondaria per i TV.
L’errore d’angolo assume particolare importanza nelle misure di potenza in quanto l’errore globale introdotto può essere elevato.
In relazione alla precisione dei TA e TV le norme fissano delle classi
e i corrispondenti limiti massimi di errore (tabelle 1 e 2).
Si osservi che nelle misure ove non sono richieste particolari esigenze (ad esempio strumentazioni da quadro) non si tiene conto degli
errori introdotti dai riduttori di misura.
Prestazione
La prestazione S di un riduttore di misura è la potenza apparente
(prodotto della tensione per la corrente) che il trasformatore può erogare al secondario.
Per il TA questo valore consente di stabilire la massima impedenza
che il complesso degli strumenti alimentati dal TA non deve superare
affinché la precisione del trasformatore rimanga nei limiti di classe:
Z=
S
I2
(Ω)
Tabella 1 – Errori ammissibili dei riduttori di tensione
Errore d'angolo
Errore di
rapporto
(%)
in minuti d'arco
in centiradianti
0,1
± 0,1
±5
± 0,15
0,2
± 0,2
± 10
± 0,3
0,5
± 0,5
± 20
± 0,6
1
± 1,0
± 40
± 1,2
3
± 3,0
nessuna
prescrizione
nessuna
prescrizione
Classi
I limiti di errore sono validi per qualunque valore di tensione compreso
tra 80% e 120% del valore nominale.
25
Tabella 2 – Errori dei riduttori di corrente
Classe di
precisione
0,1
0,2
0,5
1
3
5
Errori d’angolo
Corrente
in % della
nominale
Errori di
rapporto
(%)
in minuti
d’arco
in centiradianti
10
± 0,25
± 10
± 0,3
20
± 0,2
±8
± 0,24
100
± 0,1
±5
± 0,15
120
± 0,1
±5
± 0,15
10
± 0,5
± 20
± 0,6
20
± 0,35
± 15
± 0,45
100
± 0,2
± 10
± 0,3
120
± 0,2
± 10
± 0,3
10
±1
± 60
± 1,8
20
± 0,75
± 45
± 1,35
100
± 0,5
± 30
± 0,9
120
± 0,5
± 30
± 0,9
10
±2
± 120
± 3,6
20
± 1,5
± 90
± 2,7
100
±1
± 60
± 1,8
120
±1
± 60
± 1,8
50
±3
120
±3
50
±5
120
±5
nessuna prescrizione
nessuna prescrizione
I limiti di errore sono validi per qualunque valore delle prestazioni compreso tra il 25% e il 100% del valore nominale con cos ϕ = 0,8 induttivo.
essendo: S la prestazione (in VA) e I la corrente nominale secondaria
(in genere 5 A).
Per i TV la prestazione determina la massima corrente che l’insieme
degli strumenti alimentati dal trasformatore può assorbire:
I=
S
U
(A)
dove U è la tensione nominale secondaria (in genere 100 V).
26
Caratteristiche normalizzate dei trasformatori di misura
TA
TV
Classi di
precisione
0,1 - 0,2 - 0,5 - 1 - 3 - 5
0,1 - 0,2 - 0,5 - 1 - 3
Prestazioni
(VA)
2,5 - 5 - 10 - 15 - 30
10 - 15 - 25 - 30 - 50 75 - 100 - 150 - 200 300 - 400 - 500
Contrassegni
dei morsetti (1)
primario P1 - P2
primario
{ A-B
A - B - C - (N)
secondario S1 - S2
secondario
{ aa -- bb - c- (N)
(1) I TA e TV dispongono anche di un morsetto che serve per il collegamento a terra della carcassa metallica e del nucleo magnetico onde evitare che si possano determinare tensioni elevate su tali parti. A tale
morsetto si collega anche uno dei morsetti secondari per evitare che:
– per un guasto all’isolamento, l’avvolgimento secondario possa venire in
contatto con quello primario e assumere quindi la stessa tensione con pericolo per l’operatore;
– per effetto dell’induzione elettrostatica il secondario assuma un potenziale verso terra elevato e quindi pericoloso.
Misura dell’energia
Il valore dell’energia è dato dal prodotto della potenza attiva transitante in un circuito per il tempo. Se tale potenza è rigorosamente costante è sufficiente moltiplicare l’indicazione di un wattmetro per il
tempo in ore per ottenere l’energia in wattora.
In realtà la potenza raramente risulta costante per cui per la misura
è necessario ricorrere ai contatori. Nei contatori elettromeccanici
l’energia misurata E è uguale al numero di giri n percorsi dal disco
diviso la costante N (in giri/kWh) dello strumento (rilevabile sulla
targa dello stesso):
E = n/N
(in kWh)
Sono disponibili anche contatori elettronici che forniscono direttamente il valore dell’energia prelevata.
Anche per la misura dell’energia reattiva si possono utilizzare appositi contatori.
I contatori di energia reattiva sono utilizzati a scopo tariffario per i
circuiti monofase e trifase.
27
Misura delle tensioni e delle correnti
Corrente
Tensione
Inserzione diretta
Inserzione tramite TA e TV
28
Misura della potenza
Misura della potenza attiva
Circuiti monofasi
in corrente alternata
in corrente continua
P=U.I
Circuiti trifasi
simmetrici ed equilibrati
dissimmetrici e squilibrati
Con centro stella accessibile
(sistema a 4 fili)
a) Centro stella accessibile (sistema a 4 fili)
P = 3 .W
P = W1 + W2 + W3
b) Metodo Aron per circuiti a tre
fili
Avvertenze
Fare attenzione ai collegamenti; in particolare i morsetti
dello strumento connessi allo
stesso punto della linea devono riportare lo stesso contrassegno (in genere +).
Sono disponibili anche wattmetri trifasi adatti per sistemi
equilibrati e squilibrati che
forniscono direttamente il valore della potenza attiva.
P = W1 + W2
N.B. La somma W1 + W2 è algebrica: uno dei wattmetri può indicare un valore negativo (in tal
caso scambiare i conduttori ai
morsetti voltmetrici per leggere
il valore.
29
Misura della potenza reattiva e del cos ϕ
Per la misura della potenza reattiva sono utilizzati ancora i wattmetri anche se sono disponibili appositi strumenti detti varmetri.
Sistemi monofase
A=U.I
P=W
Q = √A2 – P 2
cos ϕ = P/A
Sistemi simmetrici equilibrati
Q = √3 W
Sistemi simmetrici squilibrati
Q = √ 3 (W1 – W2)
Q=
W1 – W2 + 2 W3
√3
W2 può risultare negativo per
cui è da sommare (invertire i
conduttori sui morsetti voltmetrici).
tg ϕ =
W1 – W2 + 2 W3
√ 3 (W1 + W2)
Il metodo di misura
Aron è il più conveniente in quanto consente sia di rilevare, le
potenze attiva e reattiva, sia di calcolare rapidamente il fattore di
potenza operando il
rapporto tra le indicazioni dei due wattmetri
X = W1/W2 con i rispettivi segni e di utilizzare
poi il grafico a lato.
30
tg ϕ =
√ 3 (W1 – W2)
(W1 + W2)
Se W1 > W2 la potenza risulta
positiva e il carico è induttivo;
viceversa se W2 > W1 la potenza
risulta negativa e il carico è capacitivo.
Misura della potenza mediante TA e TV
Circuito monofase
P = LW . δA . δV
S = LV . δV . LA . δA
Q = √ S2 – P 2
L - lettura strumento;
δA - rapporto di trasformazione TA;
δV - rapporto di trasformazione TV.
Circuito trifase (sistema Aron)
P = (LW1 + LW2) δA . δV
Q = √ 3 (LW1 – LW2) δA . δV
S = √ P 2 + Q2
tg ϕ =
P
Q
cos ϕ =
P
S
Avvertenze:
– i wattmetri devono essere
uguali;
– le operazioni sono algebriche (una delle letture
può essere negativa);
– questo sistema è valido
solo per circuiti simmetrici.
Circuito trifase a tre o quattro fili
(i wattmetri devono essere uguali)
P = (LW1 + LW2 +
+ LW3) . δV . δA
31
QUADRI ELETTRICI DI DISTRIBUZIONE
Normativa
Il “quadro elettrico” è un complesso coordinato di elementi strutturali di supporto (carpenteria), di apparecchi di comando, protezione,
misura, segnalazione, regolazione, delle connessioni ecc. aventi lo
scopo di svolgere determinate funzioni, necessarie all’esercizio dell’impianto elettrico, nel quale il quadro è inserito.
L'apparato normativo dei quadri elettrici per bassa tensione è costituito dalla serie di norme CEI EN 61439 "Apparecchiature assiemate
di protezione e di manovra per bassa tensione (quadri BT) comprendente le seguenti parti:
– Parte 1: Regole generali (CEI EN 61439-1), è il testo principale in
quanto tale norma è stata concepita per armonizzare, per quanto
possibile, tutte le regole e le prescrizioni di natura generale e in particolare di verifica applicabili alle apparecchiature assiemate di protezione e di manovra per bassa tensione. Essa tratta le definizioni,
le caratteristiche tecniche e stabilisce le condizioni di servizio e le
prescrizioni di costruzione e di verifica. I suoi contenuti valgono
quindi per qualsiasi genere di quadro, ovvero per qualunque applicazione a cui il quadro è destinato. La norma, pertanto occupa una
posizione gerarchica superiore rispetto alle specifiche norme di prodotto riguardanti le varie tipologie di quadri, come schematicamente
rappresentato nella figura 1, le quali quindi vanno lette e utilizzate
congiuntamente ad essa.
– Parte 2: Quadri di potenza (CEI EN 61439-2), contiene le prescrizioni specifiche inerenti i quadri di distribuzione (power center di
cabina, quadri di settore, quadri di reparto ecc.) detti anche PSC
dall’inglese: Power Switchgear Controlgear.
– Parte 3: Quadri di distribuzione destinati ad essere utilizzati da
persone comuni (CEI EN 61439-3), fornisce le prescrizioni per i quadri destinati all’uso da parte di persone comuni e quindi anche per
applicazioni domestiche (per operazioni ad esempio, di manovra e di
sostituzione fusibili).
– Parte 4: Prescrizioni particolari per quadri per cantiere (ASC),
(CEI EN 61439-4) definisce le prescrizioni per i quadri destinati all’uso in cantieri e luoghi simili per esterno ed interno.
– Parte 5: Quadri di distribuzione di potenza (CEI EN 61439-5) destinati alle reti di distribuzione pubblica.
Alle norme citate si affiancano le seguenti:
– CEI 23-51 che tratta i quadri per uso domestico e similare che devono essere utilizzati in ambienti con determinate caratteristiche e
32
Fig. 1 - Complesso normativo per la realizzazione dei quadri.
destinati all’uso con tensioni e correnti limitate a determinati valori.
– CEI 17-43 che specifica le modalità di determinazione delle sovratemperature mediante estrapolazione;
– CEI 17-52 che riguarda i criteri di determinazione della tenuta al
cortocircuito;
– CEI 23-49, che riguarda gli involucri destinati ad installazioni per
uso domestico e similare.
Sistema di quadri
Con la definizione “Sistema di quadri” la norma CEI EN 61439-1 indica la gamma completa di componenti meccanici ed elettrici (involucri, sbarre, unità funzionali, ecc.), definita dal costruttore originale,
che possono essere assemblati in accordo con le istruzioni fornite dal
costruttore stesso per ottenere quadri differenti.
Principali tipi di quadri
Esistono differenti classificazioni per i quadri elettrici, che dipendono da diversi fattori: tipologia costruttiva, configurazione esterna,
condizioni d’installazione, funzione assolta (fig. 2).
Tipologia costruttiva
In base alla tipologia costruttiva si distinguono i quadri aperti e
chiusi.
Il quadro chiuso è dotato di pannelli protettivi su tutti i lati in modo
da garantire un grado di protezione dai contatti diretti non inferiore
Confronto tra sigle abrogate e vigenti utilizzate per i quadri
EN 60439-X
EN 61439-X
ASD
DBO
ASC
ASC
AS
–
ANS
–
33
a IPXXB. Per impieghi in ambienti ordinari i quadri devono essere
chiusi.
I quadri aperti, eventualmente dotati della sola protezione frontale,
sono i cosiddetti quadri a giorno, in cui le parti in tensione sono accessibili. Questi quadri possono essere utilizzati solo nelle officine
elettriche, nei luoghi cioè in cui è consentito l’accesso al solo personale addestrato.
Configurazione esterna
Sotto l’aspetto della configurazione esterna i quadri si distinguono
in:
– ad armadio con diversi sistemi di compartimentazione; sono utilizzati per alimentare grossi apparecchi di distribuzione e di comando;
– a banco (o a leggio), per il comando di macchine o d’impianti;
– a cassetta per posa a parete sia sporgente sia incassata; sono utilizzati principalmente per la distribuzione a livello di reparto o di
zona negli ambienti industriali e del terziario.
– a cassette multiple, insieme di più cassette, in genere di tipo protetto e con flange di affrancamento, ciascuna contenente un’unità
funzionale (interruttore automatico, avviatore, presa completa d’interruttore di blocco o di protezione). Si ottiene in tal modo una combinazione di scomparti meccanicamente uniti tra loro con o senza
una struttura di fissaggio comune; i collegamenti elettrici tra due
cassette vicine passano attraverso le aperture praticate sulle pareti
adiacenti.
Condizioni d’installazione
Per quanto riguarda le condizioni d’installazione i quadri si distinguono in:
– Quadro per interno quando è destinato a essere utilizzato in locali
in cui sono verificate le condizioni normali di servizio per interno,
come specificato nella Norma CEI EN 61439-1 (tabella 1, a pag. 36).
– Quadro per esterno quando è destinato a essere utilizzato nelle
normali condizioni di servizio per installazioni all’esterno, come specificato nella CEI EN 61439-1 (tabella 2, a pag. 36).
– Quadro per installazione a parete o a incasso.
– Quadro fisso se previsto per essere fissato sul luogo di utilizzo, ad
esempio al pavimento o ad un muro.
– Quadro movibile se previsto per essere facilmente spostato da un
luogo di utilizzo ad un altro.
Classificazione funzionale
In relazione alle funzioni cui sono destinati, i quadri possono essere
suddivisi nelle seguenti tipologie:
– Quadri principali di distribuzione o Power Center (PC), sono in genere installati subito a valle dei trasformatori MT/BT o dei generatori; comprendono una o più unità d’ingresso, eventuali congiuntori
di barra ed un numero relativamente ridotto di unità di uscita.
34
Quadro aperto completamente o con sola chiusura frontale
Quadro ad armadio
Quadro a leggio
Quadro a cassette componibili
Quadro da incasso
o da parete
Fig. 2
– Quadri secondari di distribuzione, destinati alla distribuzione
dell’energia, sono in genere dotati di un’unità d’ingresso e di numerose unità di uscita.
– Quadri di manovra motori o Motor Control Center (MCC), sono destinati alla centralizzazione dei comandi e delle protezioni dei motori; comprendono quindi le relative apparecchiature coordinate di
manovra e protezione e quelle ausiliarie di comando e segnalazione.
– Quadri di comando, misura e protezione, sono in genere costituiti
da banchi che contengono in prevalenza le apparecchiature per il comando, le misure e il controllo di impianti e di processi industriali.
– Quadri a bordo macchina, funzionalmente simili ai precedenti,
hanno il compito di consentire l’alimentazione ed il controllo delle
35
Tabella 1 – Condizioni ambientali d’installazione di quadri per interno
Umidità relativa
50% (alla temperatura
massima di 40° C)
90% (alla temperatura
massima di 20° C)
Temperatura dell’aria
Altitudine
Temperatura massima
≤ 40 °C
Temperatura massima
media in un periodo di
24 ore ≤ 35 °C
Non superiore
a 2000 m
Temperatura minima
≥ – 5 °C
Tabella 2 – Condizioni ambientali d’installazione di quadri per
esterno
Umidità relativa
Temperatura dell’aria
Altitudine
Temperatura massima
≤ 40 °C
100% temporaneamente (alla temperatura massima di
25° C)
Temperatura massima
media in un periodo di
24 ore ≤ 35 °C
Temperatura minima
≥ – 25 °C
Non superiore
a 2000 m
Temperatura minima
≥ – 50 °C per climi artici
macchine (ulteriori prescrizioni per questi quadri sono riportate
nelle norme della serie CEI EN 60204).
– Quadri per cantiere, sono in genere di tipo mobile o trasportabile
con particolari caratteristiche di sicurezza; presentano varie tipologie
costruttive: dalla semplice unità di prese a spina sino a veri e propri
quadri di distribuzione in involucro metallico o in materiale isolante.
Quadri in kit di montaggio
I più importanti costruttori di apparecchiature elettriche offrono
un’ampia gamma di componenti per l’assemblggio di quadri (in svariate configurazioni) che risultano preverificati dal costruttore stesso
mediante calcoli riferiti a prototipi totalmente provati.
É pertanto possibile realizzare quadri conformi alle norme senza necessità di esecuzione delle verifiche di progetto, ma solamente effettuando le verifiche individuali, con l’unica condizione che la scelta e
l’impiego dei componenti (carpenteria, apparecchi di protezione e manovra, sistemi di sbarre, accessori ecc.) avvenga nel rispetto delle
prescrizioni indicate dal costruttore il quale deve fornire i fogli d’istruzione o altro, e una dichiarazione in merito alle prove di tipo effettuate.
36
Accessibilità dei componenti
Ai fini della protezione contro i contatti accidentali e la sicurezza di
esercizio, per i quadri di potenza sono previste 4 forme di segregazione (suddivisione all’interno del quadro) dei componenti del quadro, realizzate mediante barriere o diaframmi interni (fig. 3):
Forma 1: nessuna segregazione; per sostituire un componente bisogna togliere tensione all’intero quadro.
Forma 2: segregazione delle sbarre principali dalle unità funzionali.
Nella forma 2a i terminali di uscita delle unità funzionali non sono
separati dalle sbarre, mentre nella forma 2b i terminali sono separati. Per sostituire un componente bisogna togliere tensione all’intero quadro.
Forma 3: segregazione delle sbarre principali dalle unità funzionali
e segregazione di tutte le unità funzionali l’una dall’altra. Nella
forma 3a i terminali di uscita non sono separati dalle sbarre principali, nella 3b sono invece separati. Con questa forma è possibile sostituire un’unità funzionale (se asportabile o estraibile) senza togliere
tensione al quadro.
Forma 4: segregazione delle sbarre dalle unità funzionali, segregazione di tutte le unità funzionali l’una dall’altra e segregazione dei terminali di uscita. Nella forma 4a i terminali sono compresi nella stessa
cella che contiene l’unità funzionale associata, mentre nella forma 4b
i terminali non sono nella stessa cella dell’unità funzionale. Con questa forma è possibile, oltre a quanto visto per la forma 3, sostituire una
linea di partenza senza togliere tensione all’intero quadro.
La segregazione mediante barriere o diaframmi (metallici o isolanti)
ha lo scopo di:
– assicurare la protezione contro i contatti diretti (almeno IPXXB),
in caso di accesso ad una parte del quadro posta fuori tensione, rispetto al resto del quadro rimasto in tensione (barriera):
– ridurre la probabilità di innesco e di propagazione di un arco interno (barriera);
– impedire il passaggio di corpi solidi (diaframma) fra parti diverse
del quadro (grado di protezione almeno IP2X).
Per diaframma s’intende l’elemento di separazione tra due celle,
mentre la barriera protegge l’operatore dai contatti diretti e dagli
effetti dell’arco degli apparecchi di interruzione nella direzione abituale di accesso.
Costruttore del quadro
La Norma CEI EN 61439-1 considera la figura del costruttore del
quadro. In particolare definisce due modi di essere del costruttore:
il “costruttore originale” ed il “costruttore del quadro”.
Il primo è l’azienda che in primis effettua il progetto originale e realizza una linea di quadri eseguendo, a tal fine, le verifiche di progetto
per fornire un ventaglio di alternative.
Il secondo, identificato come “costruttore del quadro”, è chi effettiva37
Fig. 3
mente realizza il manufatto finito (e che si assume la responsabilità
dell'insieme), procurandosi i diversi particolari e componenti, assemblandoli ed effettuando il cablaggio, utilizzando una delle alternative
proposte dal costruttore originale.
La norma ammette che alcune fasi del montaggio dei quadri siano
realizzate anche fuori dal laboratorio o dall’officina del costruttore
del quadro (sul cantiere), attenendosi comunque alle sue istruzioni.
Operativamente i quadristi e gli installatori, intesi come costruttori
finali, potranno come di consueto utilizzare prodotti commercializzati in kit e presentati nei cataloghi dei “costruttori originali”, per assemblarli nella configurazione di quadro di cui hanno bisogno.
Riassumendo il “costruttore originale” dovrà:
– progettare (calcolare, disegnare e realizzare) la linea di quadri desiderata;
– provare alcuni prototipi di quella linea di quadri;
– superare queste prove per dimostrare la rispondenza alle prescrizioni obbligatorie della Norma;
– derivare dai quadri provati altri allestimenti attraverso il calcolo
o ulteriori valutazioni o misurazioni;
– aggiungere ulteriori allestimenti ottenuti senza prove ma con
adatte “regole di progetto”;
38
– infine raccogliere tutte le informazioni suddette in cataloghi, software o altri strumenti, in modo che il “costruttore del quadro”, possa
realizzare il nuovo manufatto, nonché utilizzarlo e gestirlo al meglio,
effettuando gli opportuni controlli e la manutenzione.
Il “costruttore del quadro” avrà invece la responsabilità:
– sulla scelta e sul montaggio (topografico) dei componenti nel rispetto delle istruzioni fornite dal costruttore originario;
– di eseguire le verifiche individuali su ogni quadro realizzato;
– di certificare il quadro in quanto egli diventa il soggetto responsabile diretto del manufatto. Responsabilità giuridicamente rappresentata dalla marcatura CE e dalla targa, riportante, in modo
indelebile, il suo nome e la matricola del quadro.
Pertanto se il costruttore del quadro si attiene a tutte le istruzioni
del costruttore originale e alle prestazioni previste realizza la conformità richiesta senza rifare alcuna prova o alcun calcolo (salvo le verifiche finali). Quando invece si discosta dalle regole stabilite dal
costruttore originale, deve condurre delle verifiche di progetto sulla
configurazione derivata.
Verifiche di progetto
La Norma CEI EN 61439-1 stabilisce che un quadro è conforme
quando risponde alle verifiche di progetto previste dalla norma
stessa. Per questo obiettivo la norma consente tre modalità, alternative ma tra loro equivalenti, ai fini della verifica di conformità di un
quadro, che sono:
1) verifica con prove di laboratorio con le quali si devono ottenere i
risultati fissati dalla norma;
2) verifica mediante confronto con il progetto di riferimento provato;
3) verifica mediante valutazione, ossia la conferma della corretta applicazione dei calcoli e delle regole di progetto compreso l’utilizzo di
appropriati margini di sicurezza.
Le diverse prestazioni (sovratemperatura, isolamento, tenuta al cortocircuito ecc.) potranno essere garantite con una qualsiasi di queste
tre procedure; resta del tutto irrilevante l’aver seguito l’una o l’altra
strada per garantire la conformità del quadro.
Non tutti e tre i criteri sono però applicabili; la tabella 3, elenca, per
ciascuna prestazione da verificare, quali delle tre procedure di verifica si possono utilizzare.
Caratteristiche elettriche nominali
Tensione nominale (Un )
È il più alto valore nominale della tensione in c.a. (valore efficace) o
in c.c, dichiarato dal costruttore del quadro, con cui si può alimentare il(i) circuito(i) principale(i) del quadro. Per circuiti trifase tale
tensione corrisponde alla tensione concatenata tra le fasi.
Tensione nominale di impiego (Ue )
È il valore di tensione nominale, dichiarato dal costruttore, di un
39
Tabella 3 – Criteri per la verifica di conformità del quadro
(P = prove; C = confronto con progetto originario; V = valutazione)
Caratteristiche da verificare
Criterio di
verifica
1 - Robustezza dei materiali e parti del quadro:
• Resistenza alla corrosione
P
• Proprieta dei materiali isolanti:
– Stabilità termica
– Resistenza dei materiali al calore anormale e al
fuoco causato per effetti interni di natura elettrica
• Resistenza alla radiazione ultravioletta (UV)
P
P-V
P-V
• Sollevamento
P
• Impatto meccanico
P
• Marcatura
P
2 - Grado di protezione degli involucri
P-V
3 - Distanze d’isolamento in aria
P
4 - Distanze d’isolamento superficiali
P
5 - Protezione contro la scossa elettrica ed integrità dei circuiti di
protezione:
• Effettiva continuità della messa a terra tra le masse
del quadro ed il circuito di protezione
• Capacità di tenuta al cortocircuito del circuito di
protezione
P
P-C-V
6 - Installazione degli apparecchi di manovra e dei
componenti
V
7 - Circuiti elettrici interni e collegamenti
V
8 - Terminali per conduttori esterni
V
9 - Proprietà dielettriche:
• Tensione di tenuta a frequenza industriale
• Tensione di tenuta ad impulso
10 - Limiti di sovratemperatura
P
P-V
P-C-V
11 - Tenuta al cortocircuito
P-C
12 - Compatibilità elettromagnetica (EMC)
P-V
13 - Funzionamento meccanico
40
P
circuito di un quadro che, insieme alla sua corrente nominale, ne determina l’utilizzazione. Solitamente in un quadro esiste un circuito
principale, con una propria tensione nominale, ed uno o più circuiti
ausiliari con proprie tensioni nominali.
Tensione nominale di isolamento (Ui )
È il valore efficace della tensione di tenuta, assegnato dal costruttore, che caratterizza la capacità di tenuta specificata (a lungo termine) dell’isolamento del quadro.
Tensione nominale di tenuta ad impulso (Uimp )
È il valore di tensione, assegnato dal costruttore del quadro, che caratterizza la capacità di tenuta specificata dell’isolamento del quadro
nei confronti delle sovratensioni transitorie.
Corrente nominale del quadro (InA )
É la più alta corrente di carico permanente e ammissibile in entrata
o comunque la massima corrente sopportabile da un quadro; è definita come la minore tra:
– la somma delle correnti nominali dei circuiti di entrata funzionanti
in parallelo (vale a dire contemporaneamente);
– la corrente totale che le sbarre principali sono in grado di distribuire
nella configurazione specifica del quadro.
Corrente nominale di un circuito del quadro (InC )
È il valore di corrente che un circuito deve portare senza che da ciò
possano derivare nelle diverse parti del quadro sovratemperature
oltre i limiti stabiliti dalla norma.
Correnti di cortocircuito
Onde specificare la tenuta al cortocircuito del quadro (o di un suo
singolo circuito), ossia la capacità di un quadro a resistere alle sollecitazioni termiche e dinamiche derivanti dalla corrente di cortocircuito, il costruttore deve indicare il valore della corrente nominale
ammissibile di breve durata (Icw), oppure il valore della corrente nominale di cortocircuito condizionata (Icc) ed inoltre la corrente nominale ammissibile di picco (Ipk ).
Icw è il valore efficace della corrente di cortocircuito che il circuito di
entrata o un singolo circuito del quadro può sopportare per una determinata durata (dichiarata dal costruttore) senza subire danni.
Icc è il valore efficace della corrente di cortocircuito che il circuito di
entrata o un singolo circuito del quadro può sopportare per la durata
limitata dal funzionamento del dispositivo di protezione contro il cortocircuito che protegge il quadro.
Ipk è il valore di picco della corrente di cortocircuito (che definisce
gli sforzi elettrodinamici), dichiarato dal costruttore del quadro, che
il quadro stesso può sopportare nelle condizioni definite. Si può ottenere moltiplicando la corrente di breve durata per il fattore “n” indicato nella tabella 4, a pagina seguente:
Ipk = Icw . n
41
Tabella 4 – Valori del fattore “n”
Valore efficace della corrente di cortocircuito (in kA)
cos ϕ
n
I≤5
0,7
1,5
5 < I ≤ 10
0,5
1,7
10 < I ≤ 20
0,3
2
20 < I ≤ 50
0,25
2,1
I > 50
0,2
2,2
I valori sono indicativi in quanto tengono conto della maggioranza delle
applicazioni ma non dei casi particolari, come, per esempio, in vicinanza
di trasformatori o generatori.
Ogni quadro dovrà essere installato in un punto in cui la corrente
presunta di cortocircuito (Icp) del sistema di distribuzione non sia
superiore a Icw o a Icc.
Fattore nominale di contemporaneità (RDF)
In un quadro ogni singolo circuito in uscita deve essere in grado di
portare la sua corrente nominale (InC). Se però nel quadro vi sono
più circuiti e tutti, contemporaneamente, funzionano al loro valore
di corrente nominale, è necessario che ciò non comporti per il quadro
risvolti negativi dal punto di vista termico.
Il costruttore del quadro deve precisare se tutti i circuiti presenti possono oppure no funzionare contemporaneamente al valore di carico
nominale. Questa prestazione (o questo vincolo di funzionamento)
viene dichiarato mediante il fattore nominale di contemporaneità
RDF (acronimo di "Rated Diversity Factor").
Per l'utente del quadro, il fattore RDF è di notevole importanza, in
quanto è il fattore per cui bisogna moltiplicare le correnti nominali
dei circuiti d'uscita per ricavare i massimi valori di corrente con cui
essi possono essere caricati contemporaneamente e in modo continuativo.
Se il fabbricante del quadro non indica, nelle specifiche, il valore di
RDF, lo si deve intendere uguale a 1. Quando invece dichiara un
RDF inferiore a 1 significa che i singoli circuiti d'uscita del quadro
non sono in grado di portare contemporaneamente la propria corrente nominale. L’alimentazione delle utenze dovrà allora essere
sfalsata nel tempo oppure ridotti i rispettivi assorbimenti.
Il fattore di contemporaneità RDF può essere relativo a tutto il quadro o solo ad un gruppo di circuiti.
Compatibilità elettromagnetica (EMC)
In linea con la normativa inerente la compatibilità elettromagnetica,
la norma identifica due ambienti tipici di installazione:
– Ambiente A, altrimenti detto "ambiente industriale pesante", con
42
cabine elettriche proprie, valori elevati di corrente e frequenti commutazioni di carichi induttivi o capacitivi.
– Ambiente B, costituito dalle utenze connesse alle reti di distribuzione pubblica in bassa tensione (230/400 V) o a soccorritori statici
(UPS).
In relazione al tipo di ambiente per cui il quadro è destinato, il fabbricante dovrà procedere a una scelta oculata dei componenti interni, soprattutto se questi sono o contengono parti elettroniche.
Gradi di protezione del quadro
Il grado di protezione IP di un quadro influenza la capacità di smaltire
il calore: più elevato è il grado di protezione tanto meno il quadro riesce
a disperdere calore; per questa ragione è opportuno scegliere il quadro
con il grado di protezione necessario all’ambiente d’installazione.
Il grado di protezione, se non diversamente specificato dal costruttore, vale per l’intero quadro montato ed installato come nell’uso ordinario (a porta chiusa).
Il costruttore può però indicare i gradi di protezione relativi a particolari configurazioni che si possono presentare in esercizio, come ad
esempio il grado di protezione a porte aperte e quello ad apparecchi
asportati o estratti.
Per i quadri destinati ad uso interno, in ambienti dove non c’è il rischio di penetrazione di acqua, sono utilizzabili i seguenti gradi minimi di protezione: IP00, IP2X, IP3X, IP4X, IP5X, IP6X. Per i quadri
chiusi, il grado di protezione deve essere non inferiore a IP2X dopo
l’installazione.
Per i quadri previsti per uso all’esterno e senza protezione supplementare, la seconda cifra caratteristica della sigla IP deve essere almeno uguale a 3.
Allo stato attuale non esistono disposizioni normative che stabiliscono il grado di protezione IP in relazione all’ambiente di installazione del quadro (ad esclusione di ambienti con pericolo di esplosione). A titolo indicativo vengono riportati nella tabella 5 i gradi di
protezione consigliabili per alcuni ambienti.
In caso di rimozione dal quadro di un componente predisposto per essere asportabile (es: interruttore estraibile, sezionatore estraibile, basetta portafusibili), per riparazione, controllo o manutenzione, deve
essere mantenuto lo stesso grado IP precedente alla rimozione (si osserva che gli otturatori di sicurezza, posti sulla parte fissa degli interruttori aperti estraibili, consentono di rispettare la prescrizione).
Nel caso di lavori elettrici, se dopo la rimozione di una parte fissa
(come flange, pannelli, coperchi o zoccoli) per mezzo di un attrezzo, il
grado di protezione originale non fosse mantenuto, si devono adottare
gli opportuni provvedimenti prescritti dalle norme CEI 11-48 e CEI
11-27, per assicurare un adeguato livello di sicurezza agli operatori.
Nei riguardi degli impatti meccanici dannosi, il livello di protezione
fornito dall’involucro all’apparecchiatura è indicato mediante il
grado IK verificato mediante metodi di prova normalizzati.
43
Tabella 5 – Gradi di protezione dei quadri destinati ad alcune tipologie di ambienti industriali
Stabilimenti industriali
alcolici (deposito)
animali (allevamento)
birrifici
carta (deposito)
carta (fabbricazione)
cartone (fabbricazione)
cave
combustibili liquidi (depositi)
concerie
falegnamerie
ferramenta (fabbricazione)
formaggerie
gommapiuma (fabbricaz., trasformaz.)
granaglie (fabbriche e deposito)
incisione dei metalli
latterie
lavanderie
legno (lavorazione del)
macellerie
materie plastiche (fabbricazione)
mattatoi
mattoni (fabbrica di )
metalli (trattamento)
pelle (fabbricazione e deposito)
pitture (fabbricazione e deposito)
salumifici
saponi (fabbricazione)
segherie
silos di cereali o zucchero
tessuti (fabbricazione)
tintorie
tipografie
vernici (fabbricazione e utilizzo)
vestiti (depositi)
vetrerie
zuccherifici
44
IP31-41
IP43
IP65
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Verifica della sovratemperatura all'interno del
quadro
La verifica della sovratemperatura che può manifestarsi all'interno
del quadro elettrico è volta a accertare che non vengano superate le
soglie di sovratemperatura, indicate nella tabella 6, per i vari componenti del quadro in corrispondenza delle correnti di regime stimate per l’esercizio dello stesso.
Tabella 6 – Limiti di sovratemperatura per i componenti del quadro
Parti del quadro
Sovratemperature
Componenti incorporati (*)
In accordo con le relative prescrizioni delle
norme di prodotto per i componenti singoli, o secondo le istruzioni del costruttore
del componente, tenendo presente la temperatura interna del quadro.
Terminali per conduttori esterni isolati
70 K
Sbarre e conduttori
Limitata da:
– resistenza meccanica del materiale conduttore;
– possibili influenze sull’apparecchio adiacente);
– limite di temperatura ammissibile per i
materiali isolanti a contatto con il conduttore;
– influenza della temperatura del conduttore sugli apparecchi ad esso connessi;
– per i contatti ad innesto, natura e trattamento superficiale del materiale.
Organi di comando
manuale in:
– metallo
– materiale isolante
15 K
25 K
Involucri e coperture
esterne accessibili:
– superfici metalliche
– superfici isolanti
30 K
40 K
Connessioni particolari del tipo presa a spina e spina
Determinata dai limiti fissati per i componenti dell’apparecchio di cui fanno parte.
(*) Il termine indica: gli apparecchi convenzionali di protezione e di manovra; i sottoassiemi elettronici (ponti raddrizzatori, circuiti stampati ecc.);
le parti d’equipaggiamento (regolatore, alimentatore stabilizzato di potenza, amplicatore operazionale).
45
Per questa verifica è possibile, in generale, procedere con tutti e tre
i criteri riportati nella tabella 3 (a pag. 40), tenendo presente che
per i metodi di verifica tramite calcoli e mediante le regole di progetto devono essere soddisfatti alcuni presupposti. Per cui il progettista non può scegliere liberamente l'una o l'altra soluzione, ma deve
verificare prima che i rispettivi vincoli siano soddisfatti.
Verifica mediante prove
Qualora si utilizzi la modalità di prova con corrente nei circuiti, la
stessa è condotta facendo passare in ogni circuito del quadro la rispettiva corrente nominale (a meno dell’eventuale fattore di contemporaneità) fino al raggiungimento del regime termico. Possono
essere utilizzati carichi fittizi (esterni al quadro) per distribuire le
correnti nei circuiti di uscita o per simulare la presenza di unità funzionali adiacenti a quella provata.
Verifica per derivazione da un quadro cablato provato
Questa procedura, applicabile quando si dispone dei dati ottenuti
dai test fatti su altri quadri, è usata per la verifica di conformità dei
quadri non provati ma rispondenti a precise regole comparative rispetto a quadri testati. I quadri derivati si considerano conformi se,
rispetto ai quadri provati, hanno:
– le unità funzionali dello stesso tipo (ad es. stessi schemi elettrici,
apparecchi della stessa taglia, stessa disposizione e fissaggio, stessa
struttura di montaggio, stessi cavi e cablaggi) di quelle usate nell’unità provata;
– lo stesso tipo di costruzione del quadro provato;
– le stesse o maggiori dimensioni esterne del quadro provato;
– le stesse o migliorative condizioni di raffreddamento del quadro
provato (convezione forzata o naturale, stesse o maggiori aperture di
ventilazione);
– la stessa o inferiore forma di segregazione interna del quadro provato (se esiste);
– la stessa o minore potenza dissipata nello stesso scomparto del
quadro provato;
– lo stesso o ridotto numero di circuiti d’uscita per ogni scomparto.
Verifica delle sovratemperature per mezzo di calcoli
In questo caso si sfruttano algoritmi matematici di tipo termodinamico, che sono tra l’altro già in uso, ossia il calcolo delle potenze dissipate oppure il calcolo definito dalla norma CEI 17-43.
Verifica mediante calcolo delle potenze dissipate
Se il quadro elettrico rispetta entrambi i seguenti requisiti:
– è composto da una singola cella (quindi la volumetria d'aria al suo
interno è unica);
– ha una corrente nominale InA non superiore a 630 A;
il calcolo della temperatura massima raggiungibile al suo interno
46
può essere fatto con il metodo della somma delle potenze dissipate
dai singoli componenti installati nel quadro, ossia apparecchi,
sbarre, strumentazione, conduttori di collegamento e morsettiere.
Da tale calcolo deve risultare che la potenza totale dissipata dai componenti del quadro non supera la potenza massima dissipabile dall'involucro fissata dal costruttore dello stesso.
Per le apparecchiature, i valori di potenza dissipata sono desumibili
dalle specifiche fornite dai relativi fabbricanti. Inoltre negli Allegati
informativi della Norma CEI EN 61439-1 sono riportate delle tabelle
con l'indicazione della portata e della potenza dissipata per i conduttori (secondo le varie disposizioni) e le sbarre.
Dalla potenza dissipata si risale alla sovratemperatura che, sommata alla temperatura ambiente (in genere si assume 35 °C), consente di definire la temperatura assoluta interna del quadro. Se
questa resta, per i vari componenti del quadro, nei limiti fissati dalla
tabella 6 la verifica è positiva.
Algoritmo di calcolo della norma CEI 17-43
Se il quadro elettrico rispetta tutti i seguenti requisiti:
– ha una corrente nominale InA non superiore a 1600 A;
– soddisfa le condizioni di cui alla tabella 7;
Tabella 7 – Condizioni per applicare la Norma CEI 17-43 nel calcolo
della sovratemperatura interna di un quadro
1 - Uniformità, all'interno del quadro, della potenza dissipata.
2 - Assenza di ostacoli (apparecchi o strutture) che impediscano in
modo significativo la circolazione dell'aria nella volumetria interna
del quadro.
3 - Corrente nominale InC di ciascun circuito presente all'interno
del quadro non superiore all'80% della corrente convenzionale termica in aria libera o alla corrente nominale In degli apparecchi installati nel circuito stesso.
4 - Minimizzazione delle perdite e delle correnti parassite per isteresi dei conduttori che portano una corrente maggiore di 200 A, grazie ad una corretta collocazione degli stessi.
5 - Tutti i conduttori devono avere una sezione minima basata sul
125% della corrente nominale ammessa del circuito associato.
6 - Aperture di ventilazione, sugli eventuali diaframmi interni orizzontali, di sezione non inferiore al 50% della sezione orizzontale
complessiva dello scomparto.
7 - Aperture di uscita dell'aria di sezione almeno un 10% superiore
a quelle di entrata.
8 - Presenza, in ogni scomparto del quadro, di non più di tre diaframmi orizzontali che separano la cella dalle altre.
47
il calcolo della temperatura può essere fatto per estrapolazione, seguendo la procedura della Norma CEI 17-43 (traduzione della
Norma IEC 60890) che consiste nella costruzione, dal basso verso
l'alto, della curva che descrive la mappa termica a regime del quadro, secondo valori di temperatura crescenti in modo lineare e che
raggiungono il valore massimo proprio in corrispondenza della sommità dell'involucro.
Tracciata la retta, per interpolazione lineare si ricava a qualsiasi altezza del quadro la sovratemperatura attesa all'interno dello stesso.
Valore che sommato alla temperatura ambiente deve restare contenuto entro i limiti previsti per i vari componenti allocati all'interno
del quadro in verifica.
Nel caso in cui si potesse disporre di un esemplare di quadro già provato, l'adozione del metodo riportato nella Norma CEI 17-43 è consentito fino a correnti nominali del quadro non superiori a 3150 A,
tramite l'estrapolazione dei risultati ottenuti sul quadro campione
(parere del Sottocomitato 17D del CEI riportato nell’Appendice nazionale della Norma CEI EN 61439-1.
Verifica di tenuta al corto circuito
Il quadro elettrico deve essere costruito in modo che i suoi componenti resistano alle sollecitazioni termiche (sbarre nude, cavi, ecc.)
e dinamiche (sugli isolatori, i supporti, la struttura, ecc.) derivanti
dalla corrente di cortocircuito nel punto di installazione.
A tal fine il quadro può essere protetto contro le correnti di cortocircuito mediante interruttori automatici o fusibili che possono essere
installati nel quadro o a monte di esso.
Premesso che in ogni caso la corrente di cortocircuito presunta dell'impianto nel punto d'installazione del quadro, fornita dal progettista dell'impianto, deve essere inferiore alla Icw o alla Icc del quadro,
non sempre è necessaria la verifica della tenuta al corto circuito. Può
essere, infatti, omessa nei seguenti casi:
– quadri con Icc ≤ 10 kA oppure con Icw ≤ 10 kA;
– quadri protetti da dispositivi limitatori di corrente aventi una corrente di picco limitata non superiore a 17 kA, in corrispondenza della
corrente presunta di cortocircuito massima ammissibile, ai terminali
del circuito di entrata del quadro;
– circuiti ausiliari del quadro previsti per essere collegati a trasformatori la cui potenza nominale è ≤ 10 kVA con una tensione nominale secondaria Vn ≥ 110 V, oppure che non superi 1,6 kVA con una
Vn secondaria < 110 V, e la cui impedenza di cortocircuito sia ≥ 4%.
Le modalità di verifica ammesse sono due: mediante prova oppure
mediante confronto o calcoli con il progetto di riferimento.
Nel primo caso la verifica risulta impegnativa in quanto le prove
sono numerose.
Nel secondo caso la verifica è accertata mediante il confronto del
quadro da verificare con un progetto (prototipo) già testato, da assumere a riferimento, e utilizzando la lista di controllo riportata nella
48
Tabella 8 – Prescrizioni da considerare nel confronto tra quadro in
verifica e quadro prototipo
Rif.
N°
Prescrizioni per il quadro sottoposto a verifica da
confrontare con quelle del quadro prototipo
1
Il valore nominale di tenuta al cortocircuito di ogni
circuito è minore o uguale?
2
Le dimensioni delle sezioni delle sbarre e dei collegamenti di ogni circuito sono maggiori o uguali?
3
Le distanze tra le sbarre e tra i collegamenti di ogni
circuito del quadro sono maggiori o uguali?
4
I supporti delle sbarre di ogni circuito del quadro
sono dello stesso tipo, forma e materiale ed hanno
la stessa o minore distanza su tutta la dimensione
longitudinale?
La struttura di montaggio dei supporti delle sbarre
è dello stesso progetto e tenuta meccanica?
5
I materiali e le caratteristiche dei materiali dei
conduttori di ogni circuito del quadro sono uguali?
6
I dispositivi di protezione contro il cortocircuito di
ogni circuito del quadro presentano lo stesso tipo di
fabbricazione, hanno la stessa disposizione e uguali
o migliori caratteristiche di limitazione (I2t, Ipk)?
7
La lunghezza dei conduttori attivi non protetti di
ogni circuito non protetto è uguale o minore?
8
Se il quadro da verificare comprende un involucro,
il progetto di riferimento comprendeva un involucro
quando era stato provato?
9
L’involucro del quadro è dello stesso disegno e tipo
ed ha almeno le stesse dimensioni?
10
Le celle di ogni circuito hanno lo stesso progetto
meccanico ed almeno le stesse dimensioni?
SI
NO
tabella 8. Nel caso che la risposta ad una o più domande della tabella
fosse NO, si deve ricorrere all’utilizzo di calcoli oppure alla verifica
mediante prova.
L’utilizzo dei calcoli richiede che i circuiti principali del quadro
siano verificati secondo la norma IEC 60865-1 (CEI 17-52) che fornisce le condizioni e le modalità per accertare che il quadro non debba
sopportare sollecitazioni meccaniche e termiche più elevate della
struttura già provata. Inoltre ogni circuito deve soddisfare le prescrizioni dei punti 6, 8, 9 e 10 della tabella 8.
49
Corrente di cortocircuito e idoneità del quadro all’impianto
La verifica della tenuta alla corrente di cortocircuito di un quadro
nel suo punto di installazione nell’impianto si basa principalmente
su due parametri del quadro che sono:
– la corrente nominale ammissibile di breve durata Icw;
– la corrente nominale di cortocircuito condizionata Icc.
Il quadro è idoneo o meno ad essere installato in un determinato
punto dell’impianto se Icw o Icc sono maggiori o uguali alla corrente
di cortocircuito presunta Icp nel punto di installazione.
Deve essere verificato che i poteri d’interruzione degli apparecchi
(eventualmente tramite back-up) all’interno del quadro siano compatibili con i valori di cortocircuito dell’impianto.
Nel caso della corrente Icw si deve verificare anche che l’interruttore
a monte del quadro presenti, per il valore della corrente di cortocircuito presunta Icp nel punto di installazione, un’energia specifica
passante I2t = Icw . t (1) (generalmente t = 1 s) minore dell’energia
specifica sopportata dal quadro ed una corrente di picco limitata Ip
minore della Ipk dichiarata dal costruttore del quadro.
I diagrammi di figura 4 illustrano il metodo per determinare la compatibilità del quadro con l’impianto.
Fig. 4
(1) Questa relazione vale nell’ipotesi di adiabaticità del fenomeno, che non
può superare perciò i 3 secondi.
50
Verifica delle caratteristiche dielettriche
Fra i tre requisiti prestazionali principali che un sistema di quadri
deve possedere, accanto alla tenuta termica e a quella di cortocircuito, ci sono le prestazioni dielettriche.
La Norma CEI EN 61439-1 prevede due verifiche: con tensione di
tenuta a frequenza industriale Ui , e con tensione di tenuta a impulso
Uimp.
Si ricorda che le diverse tensioni che caratterizzano un quadro sono
via via crescenti (fig. 5): il valore minore è relativo alla tensione d’impiego Ue, funzione dell’effettivo valore di tensione dell’impianto;
segue la tensione nominale Un dichiarata dal costruttore; si ha
quindi la tensione d’isolamento Ui cui si riferiscono le prove dielettriche; ancora più elevata è la tensione di tenuta all’impulso Uimp
che esprime il picco massimo impulsivo sopportabile dal quadro.
Prova di tenuta dielettrica a frequenza industriale
Questa prova, che si effettua in corrente alternata alla frequenza di
45 ÷ 65 Hz, consente di definire la tensione nominale d’isolamento
Ui, ed è necessaria ed esclusiva, nel senso che non ammette verifiche
alternative mediante confronto con il progetto di riferimento provato
o attraverso verifica mediante valutazione.
I valori efficaci delle tensioni di prova da applicare in laboratorio
sono riportati nelle Tabelle 8 e 9 della CEI EN 61439-1.
Prova di tenuta dielettrica all’impulso di tensione
La prova all’impulso è necessaria per definire la tensione nominale
di tenuta all’impulso Uimp. La capacità dei quadri di sopportare gli
effetti derivanti da picchi e sbalzi della tensione, prodotti da cause
atmosferiche, è determinata dalla tenuta dielettrica dell’aria che si
trova tra le parti attive sulle quali si verifica l’impulso.
Per verificare tale prestazione si deve effettuare una prova sperimentale che può essere condotta secondo tre modalità. In alternativa
e con pari validità si può applicare anche la verifica mediante valu-
Fig. 5 - Tensioni nominali che caratterizzano un quadro.
51
Tabella 9 – Minime distanze d’isolamento in aria
Tensione nominale di tenuta
ad impulso Uimp [kV]
Minime distanze d’isolamento
in aria [mm]
≤ 2,5
1,5
4
3
6
5,5
8
8
12
14
tazione che prevede di accertare che le distanze d’isolamento in aria
tra tutte le parti in tensione e a rischio di scarica, siano almeno 1,5
volte i valori specificati dalla CEI EN 61439-1 (tabella 9).
Le distanze d’isolamento in aria si possono verificare mediante misure fisiche, o mediante verifiche delle quote dei disegni progettuali.
Va da se che, affinchè l’intero quadro possa assicurare una determinata Uimp, oltre alla prova o alla verifica mediante valutazione che
giustificano tale specifica, deve essere equipaggiato anche con componenti caratterizzati da una Uimp uguale o maggiore.
Protezione contro i contatti diretti
La protezione contro i contatti diretti può essere ottenuta sia attraverso la costruzione stessa del quadro, sia mediante provvedimenti
addizionali da adottare durante l’installazione (come, ad esempio,
la collocazione del quadro entro un locale con accesso consentito al
solo personale autorizzato). Le misure di protezione possono essere:
Protezione mediante isolamento delle parti attive
Le parti attive devono essere completamente ricoperte con un isolante che può essere rimosso solo mediante la sua distruzione. L’isolamento deve essere realizzato con materiali in grado di resistere
nel tempo alle sollecitazioni meccaniche, elettriche e termiche a cui
possono essere sottoposti durante il servizio.
Protezione mediante barriere o involucri
Tutte le superfici esterne devono presentare un grado di protezione
non inferiore a IPXXB, mentre le superfici orizzontali accessibili,
fino a un’altezza di 1,6 metri, devono avere grado minimo IPXXD.
La distanza tra i dispositivi meccanici previsti per la protezione e le
parti attive da essi protette non deve essere inferiore ai valori specificati per le distanze in aria e superficiali.
Tutte le barriere e gli involucri devono essere fissati in modo sicuro
al loro posto ed avere robustezza e durata sufficienti a resistere agli
sforzi e alle sollecitazioni che possono manifestarsi in servizio nor52
male, in modo che le distanze di isolamento in aria non vengano ridotte.
La rimozione delle barriere o l’apertura degli involucri deve essere
possibile nel rispetto di una delle seguenti condizioni:
– è richiesto l’uso di attrezzi o di una chiave;
– se la barriera intermedia fornisce un grado di protezione almeno
IPXXB deve poter essere rimossa solo mediante chiave o attrezzi;
– dopo il sezionamento dell’alimentazione delle parti attive (il ripristino dell’alimentazione deve essere possibile solo dopo la richiusura
delle barriere o degli involucri)
Protezione dei quadri contro i contatti indiretti
La protezione dei quadri contro i contatti indiretti può essere realizzata mediante uno dei seguenti sistemi:
– circuiti di protezione;
– isolamento completo;
– separazione dei circuiti;
– bassissima tensione di sicurezza (questo metodo può assicurare
anche la protezione contro i contatti diretti).
In pratica i sistemi prevalentemente utilizzati sono i primi due e solo
per essi sono fornite alcune indicazioni.
Protezione basata sul circuito di protezione
Il circuito di protezione di un quadro (coordinato con il dispositivo
per la disconnessione automatica dell’alimentazione) può essere costituito o da un conduttore di protezione separato o dalle parti conduttrici della struttura o da entrambi.
Il circuito di protezione concorre ad assicurare (2):
– la protezione contro gli effetti di guasti all’interno del quadro;
– la protezione contro gli effetti di guasti nei circuiti esterni alimentati dal quadro.
La continuità dei circuiti di protezione, siano essi costituiti dalle
parti metalliche del quadro o da appositi conduttori, dev’essere assicurata mediante interconnessioni efficaci che garantiscano una
(2) Un guasto all’isolamento è ipotizzabile nel tratto di conduttura tra l’ingresso al quadro ed il dispositivo di protezione.
Per i quadri metallici sarebbe richiesta una protezione a monte (sulla linea
di alimentazione) o la realizzazione della conduttura in classe II all’imbocco
e all’interno del quadro sino al dispositivo di protezione. La Norma CEI 648/4 tuttavia considera di classe II i tratti di cavo compresi tra l’ingresso
dell’alimentazione nel quadro metallico ed il dispositivo destinato alla protezione contro i contatti indiretti anche se sono sprovvisti di guaina isolante
o non sono installati in tubi protettivi od in canali isolanti, purché:
– abbiano la lunghezza strettamente necessaria ad effettuare la connessione
ai terminali del dispositivo di protezione;
– le connessioni, siano realizzate in accordo con le norme riguardanti il dispositivo di protezione e con le eventuali indicazioni di montaggio fornite dal costruttore del dispositivo di protezione e/o del quadro.
53
buona conduzione, costante nel tempo, ed una resistenza adeguata
alle più elevate sollecitazioni termiche e dinamiche dovute alle correnti di guasto a terra che possono interessare il quadro.
I mezzi di connessione per assicurare la continuità delle masse con
i conduttori di protezione devono avere solo questa funzione.
Se una parte del quadro viene rimossa, per esempio per manutenzione ordinaria, i circuiti di protezione della restante parte del quadro non devono risultare interrotti.
Salvo casi eccezionali, i soli mezzi di sezionamento ammessi sui conduttori di protezione sono le sbarrette rimovibili con l’impiego di attrezzi ed accessibili solo al personale autorizzato.
Nelle moderne strutture prefabbricate la continuità del circuito di
protezione è assicurata dalle stesse giunzioni metalliche tra le parti
della carpenteria come i montati, gli angolari, le chiusure di fondo,
gli zoccoli, i pannelli ecc. che sono realizzate in lamiera prezincata e,
se verniciate, sono serrate con apposite viti/dadi, in grado di rimuovere la vernice stessa e stabilire un intimo e duraturo contatto tra le
parti prezincate.
Non è necessario collegare al circuito di protezione le parti metalliche non pericolose, ossia quegli elementi del quadro che soddisfano
ad almeno una delle seguenti condizioni:
– non possono essere toccati con superfici estese del corpo o afferrati
con le mani;
– sono di piccola dimensione (circa 50 x 50 mm) o sono collocati in
modo tale da escludere ogni contatto con le parti attive.
Pertanto viti e targhette come pure elettromagneti di contattori, nuclei magnetici di trasformatori (se non dotati di appositi terminali),
alcune parti di sganciatori ecc. non devono essere connessi a terra.
Le parti metalliche interne ed inaccessibili (in quanto possono essere
toccate solo dopo aver rimosso parte dell’involucro mediante attrezzi), quali ad esempio, i binari, le piastre di fissaggio, gli angolari,
i distanziatori ecc. essendo parti intermedie non devono essere collegate a terra. Gli stessi elementi tuttavia possono diventare masse
e vanno collegati a terra se risultano accessibili nel caso di quadri
all’interno dei quali si deve accedere nell’esercizio ordinario.
Coperchi, porte, piaste di chiusura ecc. sui quali non sono montati
apparecchi elettrici (ad esclusione di quelli a bassissima tensione di
sicurezza), si possono ritenere adeguatamente connessi a terra in
quanto gli ordinari collegamenti con viti metalliche o cerniere metalliche sono ritenuti sufficienti ai fini della continuità elettrica.
Viceversa se su tali elementi sono montati apparecchi elettrici si devono prendere misure atte ad assicurare la continuità dei circuiti di
protezione e a tale fine è opportuno che queste parti siano provviste
di un conduttore di protezione fissato saldamente e di sezione adeguata alla corrente d’impiego dell’apparecchio alimentato (per correnti sino a 20 A la sezione è uguale alla sezione del conduttore di
alimentazione).
Se le parti asportabili o estraibili hanno superfici metalliche di sup54
porto, tali superfici sono considerate sufficienti ai fini della continuità dei circuiti di protezione purché la pressione esercitata su di
esse sia sufficientemente elevata.
Il circuito di protezione di una parte estraibile deve rimanere tale
dalla posizione di inserito alla posizione di prova incluse.
Se la continuità può essere interrotta mediante connettori o dispositivi a prese e spina, il circuito di protezione dev’essere interrotto
solo dopo che sono stati interrotti i conduttori attivi e la sua continuità dev’essere ripristinata prima del ripristino della continuità dei
conduttori attivi.
Dimensionamento del circuito di protezione
Nel quadro la sezione dei conduttori di protezione (PE, PEN) destinati ad essere connessi a conduttori esterni deve essere determinata
utilizzando la formula riportata nella tabella 10 (a pag. 56).
La formula è utilizzata per calcolare la sezione dei conduttori di protezione necessaria per sopportare le sollecitazioni termiche causate
da correnti di durata dell’ordine compreso tra 0,2 s e 5 s.
Se l’involucro del quadro è usato come parte di un circuito di protezione, la sua sezione dev’essere elettricamente almeno equivalente
alla sezione minima specificata per il conduttore di protezione.
Ai fini della determinazione della sezione dei conduttori di protezione occorre tenere presente che nel caso dei sistemi TN il valore
dell’impedenza dell’anello di guasto deve soddisfare le condizioni richieste per il funzionamento del dispositivo di protezione previsto.
Per i conduttori PEN si devono inoltre applicare le seguenti prescrizioni supplementari:
– la sezione minima deve essere di 10 mm2 per un conduttore in
rame e di 16 mm2 per un conduttore in alluminio;
– la sezione del conduttore PEN non deve essere inferiore a quella
del conduttore di neutro;
– i conduttori PEN possono non essere isolati all’interno del quadro;
– le parti della struttura non devono essere utilizzate come conduttore PEN, ad eccezione delle guide di montaggio in rame o alluminio.
Criteri di scelta del dispositivo di protezione
Il dispositivo posto a protezione del quadro contro i contatti indiretti
deve intervenire per guasto a massa entro i tempi stabiliti dalle
norme per la protezione del corpo umano.
In pratica se il quadro è inserito in sistemi TT è necessaria una delle
seguenti misure: isolamento doppio o rinforzato delle connessioni di
entrata, oppure protezione con interruttore differenziale sui circuiti
di entrata.
Nei sistemi TN, per la protezione contro i contatti indiretti può essere utilizzato un interruttore magnetotermico purché i tempi di intervento siano:
– inferiori a 5 s nei quadri di distribuzione o che alimentano apparecchi fissi;
55
Tabella 10 – Dimensionamento dei conduttori di protezione isolati o
nudi ma in contatto con il rivestimento di cavi
Sp ≥
√ I2 t
K
dove:
Sp – sezione espressa in mm2;
I – valore efficace della corrente di guasto (A) che percorre il dispositivo di interruzione, per guasto di impedenza trascurabile;
t – tempo d'intervento del dispositivo d'interruzione (durata compresa tra 0,2 e 5 s);
K – coefficiente che dipende dal materiale del conduttore di protezione, dall'isolamento e da altri elementi, oltre che dal valore iniziale (30 °C) e finale della temperatura.
Isolante del conduttore di protezione e del rivestimento dei
cavi
Temperatura finale
PVC
XLPE, EPR,
conduttori
nudi
Gomma
butilica
160 °C
250 °C
220 °C
Valori di K
Rame
143
176
166
Alluminio
95
116
110
Acciaio
52
64
60
– inferiori a 0,4 s per quadri di circuiti terminali o che alimentano
apparecchi mobili.
Isolamento in classe II
La protezione contro i contatti indiretti può essere realizzata mediante isolamento completo ottemperando alle seguenti prescrizioni:
1 – gli apparecchi devono essere completamente racchiusi in un involucro di materiale isolante che equivale al doppio isolamento o all’isolamento rinforzato (classe II). L’involucro deve riportare il
simbolo
;
2 – l’involucro isolante non dev’essere attraversato in alcun punto
da parti conduttrici tramite le quali sia possibile che una tensione
di guasto venga portata all’esterno dell’involucro stesso (ad esempio
gli organi di comando, che per ragioni costruttive attraversano l’involucro, devono essere adeguatamente isolati all’interno o all’esterno).
3 – l’involucro, quando l’apparecchiatura è pronta per il funzionamento e collegata all’alimentazione, deve racchiudere tutte le parti
56
attive, le masse e le parti costituenti il circuito di protezione in modo
che queste non possano essere toccate. L’involucro deve avere un
grado di protezione non inferiore a IP2XC;
4 – le masse all’interno dell’apparecchiatura non devono essere collegate al conduttore di protezione. Ciò vale pure per gli apparecchi
incorporati, anche se questi hanno un terminale di connessione per
il circuito di protezione;
5 – se le porte o le coperture dell’involucro possono essere aperte
senza l’uso di chiave o di altro attrezzo, si deve prevedere un ostacolo
di materiale isolante che costituisca una protezione contro i contatti
accidentali non solo con le parti attive accessibili, ma anche con le
masse che diventano accessibili soltanto dopo la rimozione delle coperture; tale ostacolo non deve poter essere rimosso senza l’uso di
un attrezzo.
Targa del quadro
La norma esige che ogni quadro sia dotato di una o più targhe che riportino il nome del costruttore, che si assume la responsabilità dell'insieme, il quale, in caso di commercializzazione del manufatto,
dovrà dichiarare e marcare CE; mentre in caso di fornitura è installazione del manufatto, dovrà inserirlo nella Dichiarazione di Conformità ai sensi del D.M. 37/08.
Sulla targa (o sulle targhe) del quadro, oltre al nome o marchio di
fabbrica del costruttore devono sempre comparire:
a) l’indicazione inequivocabile del tipo o del numero di identificazione o altro che consenta di ottenere dal costruttore del quadro le informazioni attinenti;
b) la data di costruzione;
c) l’indicazione della norma specifica della serie EN 61439-X a cui il
costruttore si è riferito per progettare e realizzare il quadro.
Per quanto attiene il dato "c", la norma chiede solo l'indicazione della
norma specifica di applicazione, dando per implicita la conformità
alla norma generale CEI EN 61439-1. In altri termini, sulla targa di
un quadro di distribuzione di potenza dovrà comparire solo l'indicazione della Norma CEI EN 61439-2.
Sulla targa possono altresì essere riportate tutte le indicazioni che
il costruttore ritiene utile fornire.
Tutte le altre informazioni inerenti il quadro devono essere inserite
nella documentazione di supporto.
Documentazione tecnica di supporto
Il quadro elettrico deve essere sempre accompagnato da una documentazione tecnica di supporto che, oltre agli schemi, riporti le informazioni utili in relazione alla tipologia del quadro e alla sua
destinazione d'uso. In tale documentazione devono essere contenute
anche le istruzioni per l’installazione, messa in servizio, funzionamento e manutenzione del quadro.
57
Verifiche individuali
Le verifiche individuali (collaudo finale) prescritte dalla norma e a
carico del “costruttore del quadro” consistono nei controlli eseguiti su
ciascun quadro dopo la fabbricazione per accertare la presenza di difetti nei materiali, nella fabbricazione e accertare il corretto funzionamento del quadro assemblato e quindi, in ultima analisi, per
confermare che il quadro soddisfi le prescrizioni della norma applicabile.
Tali verifiche riguardano:
– Gradi di protezione IP dell’involucro mediante esame a vista.
– Distanze d’isolamento in aria e superficiali che non devono essere
inferiori ai valori riportati nella tabella 9 (a pag. 52). La verifica si effettua a vista quando le distanze sono visibilmente superiori al necessario; diversamente tali distanze devono essere misurate fisicamente.
Se le distanze risultano inferiori ai valori minimi della tabella 9 si
deve effettuare una prova alla tensione di tenuta all’impulso.
– Protezione contro la scossa elettrica ed integrità dei circuiti di protezione: la verifica è basata su un esame a vista per controllare le misure di protezione contro i contatti diretti e quelle in caso di guasto.
I collegamenti avvitati o imbullonati possono essere verificati a campione.
– Installazione degli apparecchi di manovra e dei componenti: si verifica l’effettiva corrispondenza tra apparecchi installati e quelli previsti nel progetto del quadro, indicati nelle istruzioni di costruzione.
– Circuiti elettrici interni e collegamenti: si verifica a campione il
serraggio delle viti e dei bulloni. I conduttori devono essere controllati in accordo con le istruzioni di costruzione del quadro.
– Terminali per conduttori esterni: si controlla la corrispondenza del
numero, tipo e identificazione dei terminali con lo schema di cablaggio contenuto nelle istruzioni di costruzione del quadro.
– Funzionamento meccanico: si deve controllare l’efficacia degli elementi meccanici di manovra, dei blocchi e degli interblocchi, compresi quelli associati con le parti asportabili.
– Proprietà dielettriche: per questa verifica si deve effettuare una
prova di tenuta a frequenza di esercizio con durata di 1 secondo su
tutti i circuiti; questa prova tuttavia non deve essere effettuata sui
circuiti ausiliari quando sono protetti da un dispositivo di protezione
contro il cortocircuito con valore nominale non superiore a 16 A oppure se è stata eseguita in precedenza una prova di funzionamento
elettrico alla tensione nominale di impiego per cui i circuiti ausiliari
sono stati progettati. In alternativa per i quadri con protezione nominale in entrata fino a 250 A, si può eseguire la verifica della resistenza di isolamento mediante uno strumento di misura con
tensione di almeno 500 V c.c. La prova si ritiene superata se la resistenza di isolamento tra circuiti e masse è di almeno 1000 ohm/volt
per ciascun circuito (riferita alla tensione di alimentazione verso
terra di tali circuiti).
58
– Cablaggio, prestazioni in condizioni operative e funzionalità: si
deve verificare che le informazioni e le targhe del quadro siano complete. In funzione della complessità del quadro, infine, può essere
necessaria una prova di funzionamento elettrico in particolare
quando sono presenti interblocchi complessi, sistemi di controllo sequenza ecc.
Queste prove possono essere effettuate in qualsiasi ordine di successione.
Il fatto che le verifiche individuali siano effettuate dal “costruttore
del quadro”, non esonera l’installatore dall’effettuarle nuovamente
dopo il trasporto e l’installazione del quadro.
Criteri pratici per la realizzazione del quadro
Assemblaggio del quadro elettrico
L’assemblaggio dei diversi componenti meccanici ed elettrici (involucri, sbarre, unità funzionali, ecc.), che compongono il sistema quadro progettato dal costruttore originale, deve essere fatto seguendo
con scrupolosità le istruzioni di montaggio fornite nella documentazione tecnica (catalogo tecnico o manuale) del costruttore stesso.
Si inizia assemblando i componenti della carpenteria (talvolta già
pronta come monoblocco).
Si passa quindi all’inserimento interno dei dispositivi, che per quadri
di piccola e media taglia, può essere eseguito più agevolmente disponendo l’involucro orizzontalmente su cavalletti.
L’accessibilità interna risulta più agevole operando senza i fianchi
metallici della carpenteria, lasciando, per così dire, a nudo l’intero
cablaggio interno.
É opportuno procedere montando gli apparecchi dal centro verso
l’esterno, cablando man mano i cavi e inserendoli nelle relative canaline. Particolare attenzione deve essere posta nel rispettare le distanze minime in aria e superficiali tra le diverse parti attive e la
massa.
Posizionamento degli interruttori
La disposizione degli apparecchi sul fronte quadro è compito del costruttore del quadro che, conoscendo le caratteristiche dell’impianto,
il luogo d’installazione e l’effettivo utilizzo del quadro, può realizzare
la configurazione ottimale.
In genere risulta opportuno collocare gli interruttori in modo da rendere i percorsi dei conduttori soggetti alle correnti più elevate quanto
più possibile ridotti, in tal modo si limita la potenza dissipata all’interno del quadro con benefici dal punto di vista termico.
Nei quadri con molte colonne è consigliabile, ove possibile, posizionare l’interruttore generale nella colonna centrale. In questo modo
si divide immediatamente la corrente nei due rami del quadro e si
può ridurre la sezione delle barre di distribuzione principale.
Per facilitare la manovra dei grossi apparecchi è opportuno posizionarli tra 0,8 m e 1,6 m da terra. Collocando in basso gli interruttori
59
più grossi e quindi più pesanti si ottiene inoltre una migliore stabilità del quadro sopratutto durante il trasporto e l’installazione.
Tenuto conto che nei quadri la temperatura varia in senso verticale:
più fredda nelle zone più basse e più calda in quelle in alto, è consigliabile la collocazione in basso anche per gli apparecchi attraversati
da una corrente prossima al valore nominale (che hanno una maggior dissipazione termica) ed in alto gli apparecchi attraversati da
una corrente minore del valore nominale.
Quadri per uso domestico e similare
Per i quadri di potenza limitata, destinati ad impianti civili e similari,
che rientrano nell’ambito di applicazione della Norma CEI 23-51
gli adempimenti normativi sono semplificati, in particolare per i
quadri alimentati da sistemi monofasi con corrente nominale non superiore a 32 A.
La norma è applicabile ai quadri per uso domestico e similare che
soddisfano tutte le seguenti condizioni:
– sono quadri per distribuzione ad installazione fissa;
– sono adatti ad essere utilizzati a temperatura ambiente non superiore a 25 °C (in genere, ma che occasionalmente può raggiungere i
35 °C);
– sono previsti per impiego con tensione nominale ≤ 440 V;
– la “corrente nominale in entrata” non è superiore a 125 A;
– la corrente di cortocircuito presunta nel punto di installazione del
quadro non supera i 10 kA o, alternativamente, il quadro è protetto
da un interruttore limitatore o da fusibili che limitano il valore di
picco della corrente di cortocircuito a 15 kA in corrispondenza del
potere d’interruzione nominale del dispositivo stesso.
Qualora una sola delle condizioni indicate non dovesse essere rispettata il quadro deve risultare conforme alla Norma CEI EN 61439-3
(CEI 17-116).
Definizioni
– Corrente nominale in entrata (Ine) è il valore della corrente del dispositivo di protezione e manovra in entrata Ing moltiplicato per il
fattore di utilizzo Ke:
Ine = Ing · Ke
Nel caso le linee di alimentazione del quadro fossero più di una, Ine
è la somma delle correnti nominali di tutti i dispositivi di protezione
e manovra in entrata, destinati ad essere utilizzati contemporaneamente, moltiplicata per il fattore di utilizzo Ke:
Ine = (Ing1 + Ing2 + Ing3 + ...) Ke
– Corrente nominale in uscita (Inu) è la somma delle correnti nominali di tutti i dispositivi di protezione e manovra in uscita destinati
ad essere utilizzati contemporaneamente:
60
Inu = In1 + In2 + In3 + ...
– Corrente nominale del quadro (Inq) è il valore più basso tra la corrente nominale in entrata Ine e la corrente nominale in uscita Inu.
Qualora non fossero presenti nel quadro dispositivi di protezione e
manovra in entrata, la corrente nominale del quadro si identifica
con la corrente nominale in uscita Inu.
– Potenza dissipata dai dispositivi di protezione e manovra (Pdp) è la
somma delle potenze dissipate da ciascun dispositivo di protezione
e manovra i cui valori sono determinati tenendo conto dei fattori di
utilizzo Ke e di contemporaneità K.
– Potenza dissipata dagli altri componenti (Pau) è la potenza dissipata dagli altri componenti installati nel quadro (ad esempio lampade di segnalazione ad incandescenza, trasformatori per suoneria,
citofonia ecc.). Si tiene conto di questa potenza se assume valori significativi rispetto a Pdp.
– Potenza totale dissipata nel quadro (Ptot) é la somma della potenza
dissipata dai dispositivi di protezione e manovra (Pdp), aumentata
del 20% per tener conto di collegamenti, prese a spina, relè, timer,
piccoli apparecchi ecc., e della potenza dissipata dagli altri componenti installati nel quadro (Pau):
Ptot = Pdp + 0,20 Pdp + Pau
– Potenza massima dissipabile dall’involucro (Pinv) è il valore, dichiarato dal costruttore, della potenza dissipabile all’interno dell’involucro nel rispetto dei limiti di sovratemperatura e nelle condizioni
d’installazione previste.
– Fattore di utilizzo Ke relativo al dispositivo di protezione in entrata: è il rapporto tra la corrente in uscita e la corrente nominale del
dispositivo; Ke è assunto convenzionalmente pari 0,85, tuttavia se
sono note le correnti effettivamente assorbite dai carichi e la loro
somma (Σ Ic) è inferiore a 0,85 volte la corrente nominale del dispositivo in entrata, si può utilizzare il rapporto Σ Ic /Ing (essendo Ing la
corrente nominale del dispositivo di protezione in entrata).
– Fattore di contemporaneità (K ) dei dispositivi in uscita: rapporto
tra l’effettiva corrente assorbita dal carico e la corrente nominale del
dispositivo di protezione in uscita Ic /In; se le effettive correnti assorTabella 11 – Fattori di contemporaneità
Numero circuiti
principali
Fattore di
contemporaneità (K)
2÷3
0,8
4÷5
0,7
6÷9
0,6
10 e più
0,5
61
bite dai carichi non sono note si possono utilizzare i valori indicati
nella tabella 11.
Si noti che nel calcolo della potenza totale dissipata i fattori Ke e K (che
equivalgono ad un rapporto tra correnti) devono essere elevati al quadrato in quanto la potenza è proporzionale al quadrato della corrente.
Targa di identificazione
I quadri devono riportare una targa indelebile (anche se posta dietro
una copertura mobile, ad esempio lo sportello) con i seguenti dati
(fig. 6):
– nome o marchio del costruttore;
– elemento di identificazione del quadro (tipo, numero o altro mezzo);
– tensione nominale di funzionamento;
– corrente nominale del quadro e frequenza;
– natura e frequenza della corrente;
– grado di protezione (se superiore a IP2XC).
Impiego di involucri conformi alle norme
I quadri considerati dalla Norma CEI 23-51, se realizzati mediante
componenti conformi alla relative norme di prodotto, sono ritenuti
conformi alla regola dell’arte senza ulteriori prove se non alcune verifiche di cui si dirà più avanti.
In particolare se l’involucro è conforme alla Norma CEI 23-49, si può
ritenere abbia già superato le seguenti verifiche (effettuate dal costruttore dell’involucro):
– protezione nei riguardi della penetrazione di corpi solidi e di acqua
(grado di protezione);
– resistenza meccanica all’impatto;
– resistenza dei materiali isolanti al calore;
– resistenza del materiale isolante al calore anormale ed al fuoco;
– resistenza alla ruggine ed all’umidità.
Pertanto tali verifiche non devono essere ripetute dall’installatore
che assembla il quadro.
Fig. 6
62
Tabella 12 – Verifiche e prove da eseguire sui quadri di distribuzione per uso domestico con circuito d'ingresso monofase e Inq ≤ 32 A
Caratteristiche
Verifiche /Prove
Costruzione ed identificazione
Controllo visivo per accertare la conformità del quadro agli schemi circuitali, ai dati tecnici ecc. e che i dati
di targa siano completi.
Cablaggio, funzionamento
meccanico e, se necessario,
funzionamento elettrico
Verifica del corretto montaggio e cablaggio degli apparecchi, del funzionamento meccanico e, se necessario,
del funzionamento elettrico.
Quadri monofasi con corrente nominale Inq ≤ 32 A
Per i quadri con circuito d’ingresso monofase e corrente nominale
Inq ≤ 32 A la norma consente di ridurre ulteriormente gli adempimenti a carico del costruttore purché i quadri siano realizzati con
involucri e apparecchi conformi alle rispettive norme di prodotto e il
grado di protezione non sia compromesso durante il montaggio dei
componenti.
Per questi quadri, se l’involucro è conforme alla Norma CEI 23-49,
le prove da effettuare al termine dell’assemblaggio sono indicate
nella tabella 12.
Quadri con corrente nominale Inq ≤ 125 A
Per i quadri alimentati da circuiti monofasi o trifasi e corrente nominale non superiore a 125 A le prove e verifiche da effettuare al termine dell’assemblaggio sono indicate nella tabella 13; in particolare
è necessario effettuare la verifica dei limiti di sovratemperatura.
La verifica tuttavia si riduce al controllo della seguente relazione:
Ptot ≤ Pinv
ossia nel verificare che la potenza totale dissipata dai dispositivi installati nel quadro Ptot non sia superiore alla massima potenza che
il quadro è in grado di dissipare Pinv affinché la temperatura del quadro non risulti superiore a quella massima ammessa.
Esempio 1
Si consideri lo schema unifilare di figura 7 che riporta anche i dati
delle apparecchiature di manovra e protezione e le potenze dissipate
da ciascun polo (p) e si supponga di scegliere un involucro in grado
di dissipare la potenza Pinv = 42 W.
1 - I valori delle correnti di entrata, uscita e del quadro sono:
– Corrente di entrata:
Ine = Ing· Ke = 40· 0,85 = 34 A;
63
Tabella 13 – Verifiche e prove da eseguire sui quadri di distribuzione
per uso domestico e similare con corrente nominale Inq ≤ 125 A
Caratteristiche
Verifiche /Prove
Costruzione ed
identificazione
Controllo visivo per accertare la conformità
del quadro agli schemi circuitali, ai dati tecnici ecc. e che i dati di targa siano completi.
Limiti di sovratemperatura
Verifica che la potenza totale dissipata dal
quadro (Ptot) sia inferiore alla potenza massima dissipabile dall'involucro (Pinv).
Resistenza d'isolamento
Verifica della resistenza di isolamento mediante strumento in grado di fornire una
tensione di almeno 500 V. La misura deve
essere effettuata tra ogni conduttore attivo
e le masse e tra i conduttori attivi.
La resistenza d'isolamento è ritenuta adeguata se tra i circuiti e le masse si rileva almeno 1000 ohm/V per ciascun circuito
(valore riferito alla tensione nominale verso
terra di ciascun circuito).
Efficienza dei circuito di protezione
(solo per involucri
metallici)
Si effettua un esame a vista e, se necessario, si esegue la prova della continuità del
circuito di protezione (si verifica che la resistenza tra il terminale d'ingresso del conduttore di protezione e la massa ad esso
collegata sia sufficientemente bassa).
Cablaggio, funzionamento meccanico e,
se necessario, funzionamento elettrico
Verifica del corretto montaggio e cablaggio
degli apparecchi, del funzionamento meccanico e, se necessario, del funzionamento
elettrico.
Fig. 7
64
– Corrente in uscita:
Inu = In1 + In2 + In3 = 20 + 25 + 16 = 61 A;
– Corrente nominale del quadro:
Inq = minore tra Ine = 34 A ed Inu = 61 A
per cui:
Inq = 34 A
2 - Verifica dei limiti di sovratemperatura:
– Calcolo della potenza dissipata dai dispositivi di manovra e protezione avendo posto K = 0,8 (vedi tabella 12 per 3 circuiti d’uscita):
Pdp = 3 pg · Ke2 + 3 K 2 (p1 + p2 + p3)
Pdp = 3· 4,6 · 0,852 + 3 · 0,82 (3,1 + 4,2 + 2,6) = 28,98 W
– Calcolo della potenza totale dissipata nel quadro:
Ptot = Pdp + 0,2 Pdp + Pau = 28,98 + 0,2 · 28,98 + 6 = 40,8 W
essendo Pau la potenza complessiva dissipata dagli altri dispositivi
installati nel quadro.
40,8 ≤ 42 W
– Verifica:
Ptot ≤ Pinv
Esempio 2
Si consideri lo schema unifilare di figura 8 e si supponga di utilizzare
un involucro in grado di dissipare la potenza Pinv = 20 W.
In questo caso sono note le correnti (Ic) effettivamente assorbite dai
carichi.
1 - Determinazione dei fattori di utilizzo Ke e contemporaneità K.
Poiché la somma delle correnti in uscita è inferiore all’85 % della
corrente in entrata i coefficienti di utilizzo e contemporaneità possono essere calcolati con le relazioni:
Ke =
Σ Ic
Ing
=
Ic1 + Ic2 + Ic3
Ing
=
12 + 8,5 + 13
40
= 0,84
Fig. 8
65
K1 =
Ic1
In1
=
12
16
= 0,75
K3 =
Ic3
In3
K2 =
=
13
16
Ic2
In2
=
8,5
10
= 0,85
= 0,81
2 - Le correnti nominali di entrata, di uscita e del quadro sono rispettivamente:
– Corrente di entrata:
Ine = Ing · Ke = 40· 0,84 = 33,6 A;
– Correnti di uscita:
Inu = In1 + In2 + In3 = 16 + 10 + 16 = 42 A;
– Corrente nominale quadro:
Inq = minore tra Ine = 33,6 A ed Inu = 42 A
Inq = 33,6 A
3 - Verifica dei limiti di sovratemperatura:
– Calcolo della potenza dissipata dai dispositivi di manovra e protezione:
Pdp = 2 pg · Ke2 + 2 p1 · K12 + 2 p2 · K22 + 2 p3 · K32
Pdp = 2 · 4,6 · 0,842 + 2 · 2,6 · 0,752 + 2 · 2,5 · 0,852 + 2 · 2,6 · 0,812 =
= 16,44 W
(su carta intestata)
DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ ALLA REGOLA DELL'ARTE
Il prodotto: QUADRO DI DISTRIBUZIONE ............................................
Dati principali: Tensione nominale: ........................................................
Corrente nominale dei quadro (Inq):..................................
Grado di protezione: IP ....................................................
..........................................................................................
..........................................................................................
è conforme alla norma:
“Norma Sperimentale CEI 23-51: Prescrizioni per la realizzazione, la verifica e le prove dei quadri di distribuzione per installazioni fisse per uso domestico e similare”.
Luogo, ...................................................
Data .........................................
Denominazione sociale
(Firma del Legale Rappresentante)
66
Fig. 9
– Calcolo della potenza totale dissipata nel quadro
Ptot = Pdp + 0,2 Pdp + Pau = 16,44 + 0,2 · 16,44 + 0 = 19,7 W
– Verifica:
Ptot ≤ Pinv
19,7 ≤ 20
Documentazione da allegare al quadro
Il costruttore del quadro deve predisporre una documentazione comprendente:
– dichiarazione di conformità alla regola dell’arte sul tipo di quella
indicata nel riquadro della pagina precedente;
– schema unifilare e tabella dei dati tecnici dei componenti (vedi
esempio in figura 9);
– per i quadri con corrente nominale ≤ 125 A la relazione di verifica
dei limiti di sovratemperatura, indicando i calcoli effettuati per la
determinazione della potenza totale dissipata.
67
Quadri di distribuzione destinati ad essere utilizzati da persone comuni (DBO)
I DBO sono quadri per la distribuzione dell'energia elettrica nelle applicazioni domestiche e in altri luoghi dove è previsto il loro utilizzo
da parte di persone comuni. Tenuto conto che le operazioni di manovra o di sostituzione fusibili sono effettuate da persone che possono
non conoscere i rischi legati all'uso della corrente elettrica, questi quadri devono presentare, oltre alle caratteristiche richieste dalla norma
generale, anche quelle specifiche della Norma CEI EN 61439-3:
– esecuzione in involucro e installazione fissa (anche incassata);
– uso interno o esterno;
– corrente nominale dei circuiti di uscita non superiore a 125 A, mentre la corrente nominale del quadro non supera i 250 A;
– circuiti d'uscita protetti da dispositivi destinati ad essere utilizzati
da persone comuni;
– tensione nominale verso terra non superiore a 300 V (solo c.a.);
– grado minimo di protezione dell’involucro IP2XC;
– grado di protezione contro l'impatto meccanico IK 05 per quadri di
uso interno, IK 07 per quadri di uso esterno;
– elevata resistenza alla ruggine delle parti metalliche;
– particolare resistenza al calore dei materiali isolanti.
Quadri ASC per cantieri
Nei cantieri edili l'impianto elettrico è soggetto alle prescrizioni della
norma CEI 64-8/7 nella quale sono trattati gli ambienti e le applicazioni particolari tra cui, appunto, i "cantieri di costruzione e di demolizione". Un valido aiuto agli impiantisti, viene dato inoltre dalla
Guida CEI 64-17 ed. 2010-2 che fornisce interessanti informazioni e
68
suggerimenti per l'installazione degli impianti elettrici e raccomandazioni relative ai circuiti alimentati da prese a spina destinate all'alimentazione di apparecchi elettrici di cantiere che possono essere
utilizzati da personale non addestrato.
L'esecuzione dell'impianto elettrico dei cantieri è soggetta anche al
DM 37/08 e al Titolo IV del D.Lgs. 81/08 che si occupa della tutela
della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
L'impianto elettrico di cantiere è escluso dall'obbligo del progetto
ma l'installatore è tenuto a rilasciare la dichiarazione di conformità.
Si ricordano inoltre l'art. 117 del D.Lgs. 81/08 e l'art. 73 del D.Lgs.
106/09 riguardanti le distanze di sicurezza dalle linee elettriche.
Nell'impianto elettrico di cantiere sono fondamentali i quadri elettrici destinati alla distribuzione dell'energia che devono essere costruiti in conformità alle prescrizioni della norma CEI EN 61439-4
"Apparecchiature assiemate di protezione e di manovra per bassa
tensione (quadri BT), Parte 4: Prescrizioni particolari per apparecchiature assiemate per cantiere (ASC)".
La norma definisce i quadri ASC: "Combinazione di uno o più dispositivi di trasformazione o di manovra e interruzione con gli associati
apparecchi di comando, misura, segnalazione, protezione e regolazione, con tutte le loro interconnessioni elettriche e meccaniche interne comprese le loro parti strutturali, progettate e costruite per
l'uso in tutti i cantieri, all'interno e all'esterno".
I quadri di cantiere possono essere per installazione trasportabile,
oppure mobile: il primo tipo può essere spostato, ma solo in assenza
di tensione, mentre il secondo tipo può essere spostato sotto tensione.
Le condizioni ambientali presenti nei cantieri impongono che i quadri elettrici abbiano caratteristiche particolari ai fini della funzionalità e della sicurezza del personale presente in cantiere. La Norma
CEI EN 61439-4, che integra la norma generale, contiene pertanto
prescrizioni più restrittive, inerenti:
– il grado di protezione minimo, che dev’essere almeno IP44, con tutte
le porte chiuse e i pannelli asportabili montati (il grado di protezione
per il fronte di comando all'interno di una porta può essere IP21 purchè la porta possa essere chiusa in tutte le condizioni di utilizzo, diversamente il grado di protezione deve essere non meno di
IP44);
– le prese a spina non protette
dall'involucro del quadro devono avere un grado di protezione almeno IP44 con spina
disinserita o completamente
inserita;
– l’attuatore del dispositivo
principale di chiusura e di interruzione che dev’essere facilmente accessibile;
69
– la protezione contro la corrosione;
– la resistenza alla radiazione ultravioletta;
– la resistenza meccanica (il quadro deve superare specifiche prove
di impatto e d'urto);
– la completezza dei dati di targa che devono comprendere anche il
tipo di corrente, la tensione nominale e la corrente nominale del quadro, il grado di protezione e la massa (quando superiore a 30 kg);
– le informazioni supplementari che devono essere inserite nella documentazione tecnica del costruttore fornita col quadro.
Un ASC è costituito da un'unità di entrata e una o più unità di uscita
(queste ultime possono svolgere anche la funzione di alimentare altri
ASC) e può incorporare una o più unità di misura o di trasformazione.
In base alla funzione svolta i quadri ASC possono essere classificati
del seguente modo:
70
Quadro di arrivo
Quadro come uscite dirette
Quadro principale
Quadro di piano/zona
Quadro portatile
Quadro di trasformazione
L'unità d'uscita deve comprendere i dispositivi per il sezionamento,
l'inserzione e la disinserzione del carico (facilmente accessibili), le
protezioni contro le sovracorrenti e contro i contatti indiretti.
Ai fini della protezione contro i contatti indiretti la Norma CEI 648/7 prescrive che nei cantieri la tensione di contatto limite convenzionale non sia superiore a 25 V c.a. e 60 V c.c. e che le prese a spina
e gli apparecchi utilizzatori permanentemente connessi, aventi correnti nominali minori di 32 A, siano protetti da dispositivi differenziali con Idn ≤ 30 mA.
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● Cavi da utilizzare
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71
IMPIANTI ELETTRICI
PRESCRIZIONI GENERALI
CLASSIFICAZIONI E DEFINIZIONI
Un impianto elettrico è il complesso di componenti elettrici, anche a
tensioni nominali diverse, destinato alla produzione, distribuzione e
utilizzazione dell’energia elettrica.
Fanno parte dell’impianto elettrico tutti i componenti elettrici non
alimentati da prese a spina, i relativi dispositivi di interruzione, sezionamento, protezione e gli apparecchi utilizzatori fissi alimentati
tramite prese a spina destinate unicamente alla loro alimentazione.
Origine dell’impianto è il punto di consegna dell’energia elettrica, se
l’impianto è alimentato da rete pubblica, oppure i morsetti di uscita
del trasformatore o del generatore (se esistente) nel caso di autoproduttore di energia.
Si intende invece con il termine sistema elettrico la parte di un impianto costituita dai componenti aventi tutti una determinata tensione nominale.
Di seguito saranno esaminati i soli impianti elettrici utilizzatori,
ossia il complesso costituito dai circuiti di alimentazione degli apparecchi utilizzatori e delle prese a spina e dalle apparecchiature di
manovra, sezionamento, interruzione e protezione, che ha origine,
in genere, nel punto di allacciamento alla rete di distribuzione pubblica, subito a valle degli organi di misura, di limitazione e di consegna dell’energia elettrica.
La figura 1 riporta lo schema elettrico semplificato a struttura radiale, tipico degli impianti utilizzatori alimentati da rete pubblica.
Fig. 1
72
Gli impianti elettrici utilizzatori che richiedono potenze maggiori
sono generalmente alimentati tramite una cabina di trasformazione.
Natura e numero dei conduttori
La Norma CEI 64-8 definisce i conduttori degli impianti elettrici in
relazione alla funzione svolta:
– conduttori di fase (L), i conduttori attivi destinati a fornire energia
elettrica agli apparecchi utilizzatori;
– conduttore di neutro (N), il conduttore collegato al punto di neutro
del sistema ed in grado di contribuire alla trasmissione dell’energia
elettrica mettendo a disposizione una tensione diversa da quella esistente fra le fasi;
– conduttore di protezione (PE), è prescritto per realizzare la protezione contro i contatti indiretti delle masse:
– conduttore PEN, che svolge insieme le funzioni sia di conduttore di
protezione sia di conduttore di neutro;
– conduttore mediano M nei circuiti a corrente continua;
– conduttore PEM, che unisce le funzioni di conduttore di protezione
e conduttore mediano nei circuiti a corrente continua.
Sistemi di conduttori attivi
La norma considera i seguenti sistemi di conduttori attivi:
73
Classificazione dei sistemi elettrici in relazione al
loro modo di collegamento a terra
In relazione alla situazione di un punto del sistema elettrico (in genere del neutro) rispetto alla terra e delle masse dell’impianto rispetto alla terra, i sistemi elettrici vengono classificati mediante due
lettere di cui la prima indica la relazione esistente tra sistema elettrico e la terra e la seconda la relazione tra le masse dell’impianto e
la terra.
Prima
lettera
Seconda
lettera
Situazione del sistema elettrico rispetto alla terra
T - collegamento diretto a terra di
un punto del sistema elettrico
(in genere il neutro)
I - tutte le parti attive sono isolate
da terra o un punto (in genere
il neutro) è collegato a terra
tramite impedenza di valore
elevato
Situazione delle
masse dell'installazione rispetto
alla terra
T - connessione elettrica diretta
tra le masse e la terra
N - connessione elettrica diretta
tra le masse e il punto, in genere il neutro, connesso a terra
del sistema elettrico (se il neutro non è disponibile tale punto
può essere un conduttore di
fase)
I sistemi di distribuzione che ne risultano sono:
TT – tipico delle utenze alimentate in bassa tensione;
TN – relativo alle utenze alimentate in media tensione tramite una
propria cabina di trasformazione; a seconda che le funzioni di neutro
N e di protezione PE siano svolte da due conduttori separati (N e
PE) o da un singolo conduttore (PEN) si hanno i seguenti sistemi:
● TN-S - neutro e conduttore di protezione separati;
● TN-C - unico conduttore per neutro e PE;
Simboli di designazione dei conduttori N, M, PE, PEN, PEM
Conduttore di neutro (N) o mediano (M)
Conduttore di protezione PE
Combinazione PEN o PEM dei conduttori
di neutro o mediano e di protezione
74
Sistema TN
Sistema con il quale è distribuita l'energia alle utenze che dispongono di propria cabina di trasformazione:
– il neutro è messo direttamente a terra;
– le masse sono connesse allo stesso impianto di terra del neutro.
N.B. Nel sistema TN è vietato collegare a terra localmente il conduttore di neutro nei casi in cui è vietato utilizzare il sistema TN-C
TN - S: i due conduttori
di neutro e di protezione sono separati.
TN - C: le funzioni dei
conduttori di neutro e
di protezione sono
svolte da un unico conduttore
denominato
PEN che non deve essere sezionato da dispositivi di protezione.
TN - C - S: è una combinazione dei primi due
sistemi; le funzioni di
neutro e di protezione
sono svolte dal conduttore PEN in una parte
del sistema e da due
conduttori distinti PE e
N nella restante parte.
75
Sistema TT
Sistema con il quale è distribuita l'energia elettrica
alle utenze di I categoria:
– il neutro è collegato direttamente a terra nella cabina di trasformazione
dell’ente distributore;
– le masse sono connesse ad
un impianto di terra, elettricamente indipendente da
quello del neutro, mediante
PE.
N.B. Nel sistema TT è vietato collegare il neutro all’impianto di terra dell’utente
Sistema IT
Sistema adatto nei casi in
cui dev'essere garantita la
continuità del servizio:
– il neutro è isolato o messo
a terra tramite impedenza;
le norme consigliano però di
non distribuirlo;
– le masse sono messe a
terra indipendentemente o
collettivamente, oppure è
possibile collegarle alla terra
del sistema.
● TN-C-S - in una parte del sistema elettrico si ha un conduttore
unico PEN e nella restante parte due conduttori separati N e PE
IT – utilizzato per garantire la continuità dell’alimentazione.
Classificazione dei sistemi elettrici in relazione
alla tensione
Un sistema elettrico è caratterizzato dalla sua tensione nominale,
ossia dal valore efficace di tensione in base al quale il sistema stesso
è denominato e gli elementi che lo compongono sono stati progettati
e possono essere utilizzati.
76
Tabella 1 – Categorie dei sistemi elettrici
Limiti di tensione
Categoria
corrente
alternata
(V)
corrente continua non
ondulata (1)
(V)
Esempi di impiego
U ≤ 120
Segnalazioni acustiche e
luminose; utensili portatili usati in condizioni
ambientali particolari;
giocattoli elettrici ecc.
U > 120
U ≤ 1 500
Impianti elettrici in edifici di civile abitazione;
nel terziario; nell’industria.
0
U ≤ 50
I
U > 50
U ≤ 1 000
II
U > 1 000
U ≤ 30 000
U > 1 500
U ≤ 30 000
Cabine di trasformazione;
grossi impianti industriali, linee di distribuzione energia elettrica,
ecc.
III
U > 30 000
U > 30 000
Linee per trasporto dell’energia elettrica a media e grande distanza.
(1) Una tensione in c.c. è ritenuta non ondulata quando:
a - l’ondulazione sinusoidale non è superiore al 10% in valore efficace,
b - oppure l’ondulazione non sinusoidale presenta un valore massimo di
picco ≤ 140 V per un sistema in c.c. con tensione nominale di 120 V,
ovvero ≤ 70 V per un sistema in c.c. con tensione nominale di 60 V.
77
Tabella 2 – Tensioni verso terra in relazione alla tensione nominale
e al sistema di distribuzione
Sistema di distribuzione
Tensione verso terra
Neutro a terra
Ut = U0 =
U
√3
=
U
1,73
Neutro isolato o a terra tramite impedenza
Ut = U (1)
Sistema monofase con punto di mezzo messo a terra
Ut =
U
2
Sistema monofase senza punti a terra
Ut = U
(1) Nei sistemi elettrici isolati da terra la tensione nominale verso terra
non ha un valore definito in quanto dipende dalle impedenze di isolamento di ciascuna fase verso terra. Se tali impedenze hanno uguale valore, la tensione verso terra corrisponde alla tensione di fase, tuttavia se
una delle fasi presenta un guasto franco a terra la tensione verso terra
delle altre fasi assume il valore della tensione concatenata. Poiché questa
è la condizione più pericolosa, per i sistemi con neutro isolato o a terra
tramite impedenze (è il caso del sistema IT) si assume, come tensione nominale verso terra, la tensione concatenata del sistema.
78
In relazione alla tensione nominale U le norme CEI 64-8 suddividono i sistemi elettrici nelle categorie indicate nella tabella 1.
Dal punto di vista della sicurezza risulta importante anche la tensione nominale verso terra Ut, ossia il valore massimo della tensione
rilevabile tra un conduttore del sistema e la terra sia in condizioni
di esercizio normale, sia in condizioni di guasto.
La tabella 2 indica i valori della tensione nominale verso terra in relazione alla tensione nominale per alcuni sistemi elettrici.
Oltre alla tensione nominale, si deve considerare anche la tensione
massima e la tensione minima di un sistema, rispettivamente come
la tensione più elevata e più bassa che può verificarsi in qualunque
momento ed in qualunque punto dell’impianto in condizioni regolari
di esercizio, non tenendo conto delle variazioni temporanee dovute a
guasti, a brusche variazioni di carico ecc.
Gradi di protezione degli involucri
L’involucro è l’elemento che assicura ad ogni elemento dell’impianto
elettrico una protezione appropriata contro i contatti diretti per le
persone e contro gli agenti esterni (penetrazione di polvere, umidità,
acqua ecc.). Il grado di protezione che l’involucro o la barriera assicura è definito dalle norme mediante le lettere caratteristiche IP (International Protection: protezione internazionale) seguite da due
cifre ed eventualmente da due lettere di cui una addizionale ed una
supplementare (fig. 2).
La prima cifra, indica sia il grado di protezione contro la penetrazione di corpi solidi e della polvere, sia il grado di protezione contro
l’accesso a parti pericolose (non solo elettriche, ma anche meccaniche, derivanti ad esempio dalla presenza di organi in movimento,
cinghie, ruote dentate ecc.). Le verifiche relative a questi due tipi di
protezione sono effettuate in modo indipendente.
Fig. 2
79
Tabella 3 – Grado di protezione degli involucri
Accesso di corpi solidi
e a parti pericolose
Accesso dell'acqua
0
Non protetto
0
Non protetto
1
Protetto contro corpi solidi di dimensioni superiori a 50 mm e contro
l’accesso a parti pericolose col dorso della mano.
1
Protetto contro la caduta verticale di gocce di
acqua.
2
Protetto contro corpi solidi di dimensioni superiori a 12,5 mm e contro
l’accesso a parti pericolose con un dito.
2
Protetto contro la caduta di gocce di acqua
con una inclinazione
massima di 15°.
3
Protetto contro la pioggia.
3
Protetto contro corpi solidi di dimensioni superiori a 2,5 mm e contro
l’accesso a parti pericolose con un attrezzo (ad
esempio cacciavite).
4
Protetto contro gli spruzzi d’acqua.
5
Protetto contro i getti
d’acqua.
6
Protetto contro le ondate
7
Protetto contro gli effetti
dell’immersione.
8
Protetto contro gli effetti
della sommersione.
4
Protetto contro corpi solidi di dimensioni superiori a 1,0 mm e contro
l’accesso a parti pericolose con un filo.
5
Protetto contro la polvere e contro l’accesso a
parti pericolose con un
filo.
6
Totalmente protetto contro la polvere e contro
l’accesso a parti pericolose con un filo.
La seconda cifra indica il grado di protezione contro la penetrazione
dell’acqua.
La tabella 3 precisa il significato delle due cifre.
La lettera addizionale (vedi tabella 4) ha lo scopo di designare il livello di inaccessibilità dell’involucro alle dita, alla mano, oppure ad
oggetti impugnati da una persona.
Ha cioè una funzione prettamente antinfortunistica e dev’essere uti80
Tabella 4 – Significato della lettera addizionale
Lettera
addizionale
Descrizione
A
Impedisce l'accesso con il palmo della mano
B
Impedisce l'accesso con un dito
C
Impedisce l'accesso con un attrezzo impugnato
D
Impedisce l'accesso con un filo impugnato
lizzata solo se la protezione contro l’accesso all’involucro è superiore
a quella definita con la prima cifra caratteristica.
Ad esempio, nel caso di un involucro con grado IP1X, ossia protetto
solo contro la penetrazione di corpi solidi estranei con diametro superiore a 50 mm, possono essere aggiunte protezioni interne tali da
impedire che le dita umane possano entrare in contatto con le parti
pericolose. In questo caso, l’involucro è classificato IP1XB, per indicare il grado di protezione esteso alle dita.
Se invece la soluzione costruttiva consentisse un grado IP2X, l’indicazione della lettera B diverrebbe inutile.
Al limite, se con accorgimenti costruttivi particolari (distanziamenti,
Tabella 5 – Significato della lettera supplementare
Lettera
supplement.
Descrizione
H
Involucro adatto ad un’apparecchiatura ad alta
tensione
W
Involucro idoneo all’impiego in condizioni atmosferiche particolari (specificate dal costruttore) e dotato di accorgimenti protettivi addizionali
M-S
Involucri in cui, per la presenza di parti interne in
movimento (caso tipico quello dei motori), l’eventuale ingresso di acqua potrebbe provocare danni.
La presenza della lettera M salvaguarda sempre
dai danni, mentre la S indica una salvaguardia
condizionata dal fatto che le parti mobili non siano
in moto
81
Tabella 6 – Grado di protezione secondo le Norme CEE
protezione contro lo stillicidio (IPX1)
protetto contro la pioggia (IPX3)
protezione contro gli spruzzi (IPX4)
protezione contro i getti d'acqua (IPX5)
stagno all'immersione (IPX7)
stagno alla sommersione (IPX8) - (m = profondità
max)
protezione contro la polvere (IP5X)
protezione totale contro la polvere (IP6X)
labirinti strutturali o altro) fosse realizzata una protezione solo contro l’accesso a parti pericolose, il grado di protezione sarebbe indicato
con la sigla IP seguita da due X e dalla lettera addizionale. Ad esempio: IPXXA che indica la protezione solo contro l’accesso con il dorso
della mano a parti pericolose (elettriche o meccaniche).
Si ricorda che le norme impianti, prescrivono, per gli involucri contenenti parti attive scoperte, un grado di protezione almeno pari a
IPXXB, tranne che per le superfici superiori orizzontali per le quali
la protezione deve essere portata a IPXXD (ad eccezione dei portalampada e dei portafusibili in caso di assenza della lampada o della
cartuccia fusibile).
La lettera supplementare (vedi tabella 5) ha lo scopo di indicare condizioni particolari attinenti la tipologia o l’impiego dell’involucro e
del suo contenuto.
I gradi di protezione possono risultare ancora indicati, mediante i
simboli riportati nella tabella 6 (l’equivalenza con il codice IP é approssimativa).
Protezione meccanica contro gli urti (codice IK)
La robustezza degli involucri delle apparecchiature elettriche, agli
effetti degli impatti meccanici, è specificata mediante il codice IK
(Norma CEI 70-3) costituito da due cifre numeriche che individuano l’energia d’impatto in joule (J) cui l’involucro ha dato prova di resistere senza subire danni.
I vari codici e i relativi valori d’energia sono indicati nella tabella 7.
82
Tabella 7 – Gradi di protezione meccanica contro gli urti
Codice
Energia (J)
Codice
Energia (J)
IK 00
(nessuna prot.)
IK 06
1
IK 01
0,15
IK 07
2
IK 02
0,2
IK 08
5
IK 03
0,35
IK 09
10
IK 04
0,5
IK 10
20
IK 05
0,7
Classificazione dei componenti elettrici
In relazione al sistema di protezione contro i contatti indiretti i componenti elettrici sono suddivisi nelle seguenti Classi:
– Componenti di Classe 0 : sono provvisti solamente di isolamento
principale (1); l’involucro metallico (massa) non dispone del morsetto
di messa a terra. Sono impiegabili quando sono allacciati a sistemi
elettrici di categoria 0 o a sistemi di categoria I totalmente isolati
da terra (separazione elettrica) o installati in locali isolanti.
Per i componenti di Classe 0 è vietata l’installazione negli impianti
di edifici civili e similari.
– Componenti di Classe I: sono provvisti di isolamento principale in
tutte le loro parti e gli involucri sono muniti di morsetto di messa a
terra (2). Questi componenti sono utilizzabili in tutti i sistemi (TT,
TN, IT) di categoria 0 e I.
– Componenti di Classe II: sono provvisti di isolamento speciale (3)
e sono privi di morsetto di messa a terra. In pratica questi componenti non hanno masse in quanto eventuali parti conduttrici esterne
sono separate da quelle in tensione da un isolamento tale per cui è
assai improbabile un guasto. Sono impiegati, in alternativa a quelli
di Classe I quando non si ritenga attuabile il collegamento a terra
(1) Si definisce principale (fondamentale) l’isolamento necessario per assicurare il normale funzionamento dell’apparecchio e la protezione fondamentale
contro le tensioni di contatto.
(2) Contrassegno
.
(3) Per isolamento speciale si intende uno dei seguenti tipi:
– doppio isolamento, costituito da un isolamento principale e da uno supplementare;
– isolamento rinforzato, costituito da un isolamento principale migliorato e
tale da assicurare lo stesso grado di protezione contro il contatto elettrico del
doppio isolamento.
83
degli apparecchi o tale collegamento non offra garanzie di efficienza,
solo nei sistemi elettrici di I categoria (da oltre 50 V a 1 000 V per
corrente alternata e da oltre 120 V a 1 500 V per corrente continua).
Questi apparecchi sono contraddistinti dal simbolo indicato
a lato.
– Componenti di Classe III: in questi apparecchi le parti in tensione
possono anche essere scoperte in quanto la protezione contro i contatti indiretti si basa sull’alimentazione a bassissima tensione di sicurezza. Non devono essere provvisti di morsetto di messa a terra di
protezione.
In relazione al loro grado di mobilità gli apparecchi sono classificati:
– apparecchio fisso: apparecchio ancorato a un supporto o fissato in
altro modo in un posto preciso (apparecchio a installazione fissa),
oppure apparecchio che non può essere spostato facilmente;
– apparecchio trasportabile: apparecchio che, pur potendo essere spostato facilmente non ha bisogno di essere spostato durante il suo impiego ordinario;
– apparecchio mobile: apparecchio trasportabile che dev’essere spostato manualmente dall’utilizzatore per il suo funzionamento mentre è collegato al circuito di alimentazione;
– apparecchio portatile (a mano): apparecchio mobile destinato ad
essere sorretto dalla mano dell’utilizzatore durante il suo impiego
ordinario, nel quale il motore, se esiste, è parte integrante.
Principali definizioni relative agli impianti
Persona addestrata: persona avente conoscenze tecniche o esperienza (persona esperta), o che ha ricevuto istruzioni specifiche sufficienti per permetterle di prevenire i pericoli dell’elettricità, in
relazione a determinate operazioni condotte in condizioni specificate
(persona avvertita).
Componente elettrico: termine generale usato per indicare sia i componenti dell’impianto sia gli apparecchi utilizzatori.
Componente dell’impianto: ogni elemento utilizzato per la produzione, trasformazione, trasmissione o distribuzione di energia elettrica, come macchine, trasformatori, apparecchiature, strumenti di
misura, apparecchi di protezione, condutture.
Apparecchio utilizzatore: apparecchio che trasforma l’energia elettrica in altra forma di energia (luminosa, calorica, meccanica ecc.).
Parte attiva: ogni conduttore o parte conduttrice in tensione durante
il servizio ordinario. Il neutro è considerato parte attiva, mentre non
lo è il conduttore PEN (per convenzione).
Massa: parte conduttrice facente parte dell’impianto elettrico o di
un apparecchio utilizzatore che può essere toccata e in condizioni ordinarie non è in tensione, ma che può andare in tensione in caso di
cedimento dall’isolamento principale. Una parte conduttrice che può
andare in tensione solo perché è in contatto con una massa non deve
essere considerata massa. Una massa conduttrice che può andare in
84
tensione in caso di cedimento dell’isolamento principale, posta dietro
un involucro o una barriera rimovibili senza l’uso di un attrezzo, è da
considerare una massa se l’involucro o la barriera devono esser rimossi nell’esercizio ordinario; se l’involucro o la barriera sono rimovibili solo con l’uso di un attrezzo, le parti retrostanti non sono da
considerare masse.
Massa estranea: parte conduttrice non facente parte dell’impianto
elettrico ma suscettibile di introdurre il potenziale di terra (o in casi
particolari altri potenziali).
Negli ambienti di tipo ordinario sono da considerare masse estranee
le parti metalliche non facenti parte dell’impianto elettrico (tubazioni, infissi metallici ecc.) che presentano verso terra un valore di
resistenza inferiore a 1 000 Ω.
Negli ambienti a maggior rischio elettrico, quali: i cantieri di costruzione, i locali ad uso agricolo o zootecnico ed i locali ad uso medico di
gruppo 1 e 2 (senza pericolo di microshock) in cui la tensione di contatto limite UL è di 25 V, sono da considerare masse estranee le parti
metalliche non facenti parte dell’impianto elettrico che presentano
un valore di resistenza verso terra inferiore a 200 Ω.
Tensione totale di terra: tensione che si stabilisce in seguito a cedimento dell’isolante tra una massa e un punto a potenziale zero.
Tensione di contatto: tensione che si stabilisce tra parti (masse,
masse estranee) simultaneamente accessibili durante il cedimento
dell’isolamento.
Tensione di contatto limite convenzionale (UL ): massimo valore della
tensione di contatto che è possibile mantenere per un tempo indefinito in condizioni ambientali specificate.
UL = 50 V per gli ambienti di tipo ordinario;
UL = 25 V per gli ambienti a maggior rischio elettrico (cantieri edili,
locali ad uso agricolo o zootecnico, locali ad uso medico).
Parte intermedia: parte metallica non accessibile, che non è in tensione in servizio ordinario ma che può andare in tensione a seguito
del cedimento dell’isolamento principale.
Parti simultaneamente accessibili: sono i conduttori o le parti conduttrici (parti attive, masse, masse estranee, conduttori di protezione, dispersori, pavimenti e pareti non isolanti) che possono essere
toccate simultaneamente da una persona.
Parti a portata di mano: sono i conduttori o le parti conduttrici situati nel volume delineato nella figura 3.
Circuiti di distribuzione: sono quelli che alimentano i quadri di distribuzione e costituiscono le dorsali dalle quali sono derivati i circuiti terminali (fig. 4).
Circuiti terminali: sono i tratti di circuito collegati direttamente agli
apparecchi utilizzatori o alle prese a spina (fig. 4).
Circuito elettrico: insieme dei componenti di un impianto alimentato
da uno stesso punto e protetto contro le sovracorrenti da uno stesso
dispositivo di protezione.
85
Fig. 3
Corrente di impiego (di un circuito): corrente che può fluire in un circuito nel servizio ordinario.
Sovracorrente: ogni corrente che supera il valore nominale. Per le
condutture, il valore nominale è la portata.
Corrente di sovraccarico (di un circuito): sovracorrente che si verifica
in un circuito elettricamente sano.
Corrente di cortocircuito (franco): sovracorrente che si verifica in seguito a un guasto di impedenza trascurabile fra due punti fra i quali
esiste tensione in condizioni ordinarie di esercizio.
Corrente convenzionale di funzionamento (di un dispositivo di protezione): valore specificato di corrente che provoca l’intervento del dispositivo di protezione entro un tempo specificato, denominato
tempo convenzionale.
Corrente di guasto: corrente che si stabilisce a seguito di un cedimento dell’isolamento o quando l’isolamento è cortocircuitato.
Corrente di guasto a terra: corrente di guasto che si chiude attraverso l’impianto di terra.
Corrente differenziale: somma algebrica dei valori istantanei delle
correnti che percorrono tutti i conduttori attivi di un circuito in un
punto dell’impianto.
Fig. 4
86
SEZIONAMENTO E COMANDO
In ogni impianto è necessario installare dispositivi in grado di interrompere i circuiti elettrici per ragioni di sicurezza o di funzionalità.
La necessità di prevedere dispositivi per interrompere i circuiti elettrici è dovuta ad uno dei seguenti motivi:
– sezionamento (di sicurezza): messa fuori tensione di un impianto o
di una sua parte in modo da garantire la sicurezza delle persone che
operano su od in vicinanza di parti attive durante i lavori di riparazione, localizzazione guasti, sostituzione di apparecchi ecc.;
– interruzione per manutenzione non elettrica: operazione destinata
ad interrompere l’alimentazione di macchine od altri apparecchi utilizzatori, o parti di essi, avente lo scopo di prevenire i pericoli, dovuti
all’alimentazione elettrica ma diversi da quelli elettrici (ad esempio
movimento di organi);
– interruzione di emergenza: comando inteso ad interrompere l’alimentazione elettrica a tutto l’impianto, o ad una sua parte, quando
si presenta un rischio di origine elettrica.
– chiusura di emergenza: operazione destinata a fornire energia elettrica ad una parte dell’impianto che deve essere utilizzata in situazioni di emergenza.
– arresto di emergenza: comando di emergenza inteso ad arrestare i
movimenti pericolosi;
– comando funzionale: comando destinato alla chiusura, apertura o
variazione dell’alimentazione di un componente elettrico o di una
qualsiasi parte dell’impianto per il funzionamento ordinario.
Le condizioni generali alle quali devono rispondere i dispositivi preposti alle funzioni di interruzione o comando sono le seguenti:
– nei sistemi trifasi più neutro e nei sistemi monofasi (fase più neutro) l’apertura del neutro deve avvenire contemporaneamente o dopo
di quella dei conduttori di fase e la chiusura deve avvenire contemporaneamente o prima della chiusura delle fasi;
– sul conduttore di protezione PE e sul conduttore PEN non devono
mai essere inseriti dispositivi di interruzione (è ammesso solamente
un dispositivo di apertura manovrabile con attrezzo per le misure).
Nella tabella 8 sono indicati i dispositivi idonei a svolgere le funzioni
di sezionamento, interruzione per manutenzione non elettrica, comando ed arresto d’emergenza, comando funzionale.
Sezionamento
È indispensabile prevedere un adeguato numero di dispositivi di sezionamento onde rendere agevoli e sicuri gli interventi manutentivi
senza mettere fuori servizio sezioni notevoli di impianto.
In genere è opportuno prevedere un sezionatore generale e un sezionatore per ciascun circuito.
Il sezionamento deve interessare tutti i conduttori di fase compreso
87
Tabella 8 – Idoneità dei dispositivi a svolgere la funzione di sezionamento e comando
Funzione
Dispositivo di
interruzione
Sezionamento
InterruzioInterruzione per maComando
ne e arresto
nutenzione
funzionale
d'emerenza
non eletrica
Sezionatore (1)
SI
–
–
–
Interruttore
di manovra (1)
SI
SI
SI
SI
Interruttore
automatico
SI
SI
SI
SI
Interruttore
differenziale
SI
SI
SI
SI
Interruttore
estraibile
SI
SI
SI
SI
Interruttore
di manovra
sezionatore
SI
SI
SI
SI
Contattore
–
SI
SI
SI
Presa a spina
SI
SI
–
se ≤ 16 A (2)
Fusibile
SI
–
–
–
Componente
elettronico
–
–
–
SI
(1) Con o senza fusibili.
(2) Per le prese a spina di portata > 16 A occorre predisporre un dispositivo di comando che dev’essere interbloccato con la spina solamente nei
locali di pubblico spettacolo.
il neutro (con esclusione del conduttore PEN). Solo nei sistemi TN-S
non è richiesto il sezionamento del neutro anche se è consigliabile.
Se in un impianto o in involucro sono presenti più alimentazioni
(esempio alimentazione ordinaria e di riserva) le persone che accedono alle parti attive devono essere avvertite con cartelli o altre segnalazioni della necessità di sezionare tutte le sudette parti a meno
che sia previsto un dispositivo di interblocco tale da assicurare il sezionamento delle parti attive.
88
Il dispositivo impiegato deve:
– garantire la necessaria distanza fra i contatti;
– possedere una segnalazione ben visibile della posizione di aperto
su tutti i poli;
– essere installato in modo tale da impedire la chiusura accidentale.
Gli apparecchi da utilizzare per il sezionamento sono ad esempio:
– i sezionatori semplici;
– l’interruttore di manovra-sezionatore;
– gli interruttori automatici;
– le prese a spina;
– le cartucce per fusibili;
– le barrette.
Se per le operazioni di sezionamento si adottano dispositivi che non
sono in grado di operare sotto carico e tanto meno in condizioni di
guasto, è opportuno adottare provvedimenti per evitare le operazioni
di chiusura o apertura da parte di persone non edotte sui pericoli
della manovra. Tali provvedimenti possono essere:
– sistemazione del dispositivo in involucri o locali chiusi a chiave;
– blocchi meccanici;
– scritte o segnalazioni.
Provvedimenti analoghi devono essere presi per evitare manovre intempestive del dispositivo di sezionamento quando esso non si trova
sotto il controllo a vista dell’operatore.
Interruttori sezionatori da parete, retroquadro e armadio.
89
Interruzione per manutenzione non elettrica
Per questo tipo di interruzione i dispositivi utilizzati devono essere
inseriti sul circuito di alimentazione principale, devono poter essere
azionati sotto carico e devono essere contrassegnati in modo da risultare facilmente identificabili. Inoltre devono essere previsti opportuni provvedimenti affinché non possano essere riattivati intempestivamente. A tal fine si possono prevedere: blocchi a chiave,
cartelli monitori, ubicazione dei dispositivi stessi entro locali o involucri chiusi a chiave. Si possono utilizzare, ad esempio:
– interruttori di manovra multipolari;
– interruttori automatici;
– ausiliari di comando dei contattori;
– prese a spina.
Sebbene non sia richiesta l’interruzione di tutti i conduttori attivi
(fase più neutro), è da ritenersi più sicura l’interruzione onnipolare.
É ammessa l’interruzione dei soli circuiti di comando, quando sia assicurata una condizione di sicurezza equivalente all’interruzione diretta dell’alimentazione principale, adottando ad esempio precauzioni supplementari, quali i blocchi meccanici.
Interruzione ed arresto d’emergenza
La Norma CEI 64-8 differenzia l’interruzione d’emergenza (interruzione dell’alimentazione elettrica per eliminare pericoli imprevisti e
improvvisi) dall’arresto d’emergenza (interruzione dell’alimentazione
elettrica qualora parti meccaniche azionate elettricamente possano
essere causa di pericolo).
I dispositivi per l’interruzione d’emergenza sono, ad esempio, utilizzati in sistemi di pompaggio di liquidi infiammabili; in impianti di
ventilazione centralizzati; nei circuiti di alimentazione di lampade a
scarica a tensione elevata; in grandi edifici, come ad esempio magazzini di vendita; in laboratori per prove e ricerche elettriche; in
centrali termiche; in grandi cucine.
Esempi di impianti dove, viceversa, sono richiesti dispositivi per l’arresto d’emergenza sono le scale mobili; i nastri trasportatori; le porte
azionate elettricamente; alcuni tipi di macchine utensili; gli impianti
di lavaggio auto.
I dispositivi utilizzati per l’interruzione e l’arresto d’emergenza devono presentare i seguenti requisiti:
– essere installati in modo che il loro azionamento sia rapido, inequivocabile ed avvenga con un’unica operazione. Gli attuatori (pulsanti,
leve ecc.) devono essere di colore rosso su fondo giallo;
– poter interrompere la corrente di pieno carico del circuito; sono
perciò utilizzabili interruttori di manovra, interruttori automatici,
contattori ecc.;
– devono agire sul circuito principale o sul circuito di comando;
– nei circuiti di comando l’apertura deve avvenire per diseccitazione
della bobina o mediante altri sistemi che in caso di guasto pongano
90
il sistema in condizioni di sicurezza. È
possibile, ad esempio, utilizzare una bobina a lancio di corrente purché l’efficienza del circuito sia permanentemente
segnalata da una lampada spia (fig. 5).
Il comando d’emergenza infine deve operare solo sulla parte di impianto dalla
quale può derivare pericolo.
Fig. 5
Comando funzionale
Un dispositivo di comando funzionale dev’essere previsto per ogni
circuito e per ogni apparecchio che richieda di essere comandato indipendentemente.
Uno stesso dispositivo può comandare più circuiti o più apparecchi
se questi sono destinati a funzionare contemporaneamente.
Il dispositivo di comando non deve necessariamente interrompere
tutti i conduttori attivi e pertanto può essere sia onnipolare, sia unipolare (in questo caso, però, deve essere inserito sulle fasi).
Possono essere utilizzati:
– interruttori automatici o interruttori di manovra;
– contattori;
– relè ausiliari;
– prese a spina fino a 16 A;
– dispositivi a semiconduttori.
Nel caso in cui l’attuazione di un comando funzionale non possa essere controllata dall’operatore è necessario predisporre opportuni dispositivi di segnalazione.
Il dispositivo di comando funzionale deve essere protetto qualora
possa dar luogo a situazioni di pericolo se azionato accidentalmente.
Nella commutazione di alimentazioni da sorgenti diverse i dispositivi di comando devono interrompere tutti i conduttori attivi.
Suddivisione dell’impianto
Ogni impianto deve essere in genere suddiviso in diversi circuiti, secondo le esigenze, per:
– evitare pericoli e ridurre inconvenienti in caso di guasto;
– facilitare ispezioni, prove e manutenzione in condizioni di sicurezza;
– tenere conto dei pericoli che potrebbero derivare da un guasto su
più circuiti, come per es. i circuiti di illuminazione.
– ridurre la possibilità di intervento indesiderato degli interruttori
differenziali dovuto a correnti eccessive nel conduttore PE, non causate da un guasto;
– ridurre gli effetti delle interferenze elettromagnetiche.
Per le parti dell’impianto che è necessario vengano comandate separatamente, devono essere previsti circuiti separati, in modo tale che
quei circuiti non vengano influenzati da un guasto in altri circuiti.
91
PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI DIRETTI
Le misure di protezione contro i contatti diretti comprendono tutti
gli accorgimenti intesi a proteggere le persone contro il pericolo derivante dal contatto con parti attive normalmente in tensione.
I sistemi di protezione previsti per gli ambienti ordinari comprendono misure quali l’isolamento, l’impiego di involucri e barriere, di
ostacoli e distanziamenti (questi ultimi proteggono solo contro il rischio di contatti accidentali) ed inoltre metodi particolari quali la limitazione della corrente e la limitazione della carica elettrica.
Isolamento
L’isolamento delle parti attive è l’elemento base per la sicurezza. I
componenti, siano essi cavi, condotti prefabbricati, organi di manovra e comando, accessori e apparecchiature o macchine devono soddisfare norme specifiche che ne dettano i criteri di costruzione.
L’isolante deve poter essere rimosso solo mediante distruzione e deve
presentare caratteristiche di resistenza ad agenti meccanici, chimici,
termici, elettrici ed atmosferici. Vernici, lacche, smalti e prodotti simili non sono in genere idonei a fungere da isolanti.
Gli isolanti devono rispondere a precise condizioni quali il valore di
tensione a cui il componente deve funzionare, il grado di resistenza
meccanica, la temperatura di funzionamento (nonché gli sbalzi termici), la resistenza agli agenti chimici più o meno corrosivi ed agli
agenti atmosferici (raggi solari, pioggia, gelo ecc.).
Involucri e barriere
Gli involucri (parti che assicurano la protezione di un componente
elettrico contro determinati agenti esterni e, in ogni direzione, contro
i contatti diretti) e le barriere (parti che assicurano la protezione contro i contatti diretti nelle direzioni abituali di accesso) devono avere
un grado di protezione antinfortunistica almeno IPXXB e per le superfici superiori orizzontali a portata di mano almeno IPXXD).
Se realizzati sul posto devono distare dalle parti attive dei sistemi di
I categoria almeno 40 mm (riducibili se le parti attive sono meccanicamente solidali con involucri o barriere di materiale isolante).
Affinché possano mantenere invariata la loro validità antinfortunistica contro i contatti diretti, devono essere saldamente fissati e devono poter conservare nel tempo il richiesto grado di protezione ed
una conveniente separazione dalle parti attive.
La rimozione delle barriere o l’apertura degli involucri deve essere
possibile solo con l’uso di un attrezzo o di una chiave (esemplare
unico od in numero limitato, ed affidata a personale addestrato).
In alternativa, l’involucro può essere interbloccato con un dispositivo
che assicuri l’assenza della tensione sulle parti attive interne, oppure può essere dotato all’interno di un’ulteriore barriera, asportabile solo con l’uso di una chiave o di un attrezzo e in grado di evitare
il contatto delle dita della mano con le parti attive.
92
Fig. 6
Ostacoli e distanziamento
Limitatamente ai locali accessibili solo a persone addestrate (ad
esempio cabine elettriche) la protezione contro i contatti diretti con
parti in tensione può essere attuata mediante ostacoli (corrimano,
schermi grigliati ecc. (fig. 6)), ossia elementi intesi a prevenire un
contatto diretto involontario con le parti attive, ma non a impedire
il contatto diretto intenzionale. Questi non devono poter essere rimossi accidentalmente ma, in caso di bisogno (ad esempio per interventi di misura o manutenzione), possono esserlo anche senza l’uso
di una chiave o di un attrezzo.
Il distanziamento consiste nell’impedire che una persona possa toccare simultaneamente due parti a tensione diversa. Nella direzione
verticale la zona a portata di mano si estende sino a 2,5 m dal piano
di calpestio (superficie S della fig. 3 a pag. 86), non tenendo conto di
qualsiasi ostacolo intermedio che fornisca un grado di protezione inferiore a IPXXB. Una di queste parti può essere il pavimento, a meno
che non sia isolante, cioè con resistenza R ≥ 50 kohm per tensioni nominali ≤ 500 V e R ≥ 100 kohm per tensioni più elevate.
Protezione addizionale mediante differenziali
L’uso degli interruttori differenziali con corrente differenziale nominale d’intervento ≤ 30 mA è considerato un metodo addizionale per
la protezione contro i contatti diretti che non esime dall’applicazione
delle misure di protezione precedentemente descritte.
La Norma CEI 64-8 richiede per la protezione contro i contatti diretti
l’installazione di dispositivi differenziali con corrente nominale d'intervento non superiore a 30 mA:
a) nei locali ad uso abitativo per i circuiti che alimentano le prese a
spina con corrente nominale non superiore a 20 A;
b) per le prese a spina con corrente nominale non superiore a 32 A
destinate ad alimentare apparecchi utilizzatori mobili usati all’esterno.
93
Si tenga presente che la protezione differenziale presenta delle limitazioni:
– non interviene per elettrocuzione fra due fasi del sistema;
– in caso di elettrocuzione per contatto con una parte in tensione e
la terra (o una massa o massa estranea) non evita all’infortunato la
“scossa” elettrica, con ciò che ne consegue in termini di eventuale incidente indiretto, dovuto alla rapida ritrazione dell’individuo e
quindi a possibilità per lui di urti o cadute.
Il fatto che sia la corrente di elettrocuzione a far intervenire il differenziale (pur in tempi molto brevi), non consente però di escludere
che nell’infortunato possa insorgere la fibrillazione ventricolare.
Protezione per limitazione della corrente
Questa forma di protezione trova impiego esclusivamente su apparecchiature speciali (interruttori a contatto, antenne televisive, recinzioni elettriche, apparecchi elettromedicali ecc.), nelle quali una
parte metallica accessibile si trova collegata ai circuiti attivi tramite
un’impedenza di valore elevato. La salvaguardia contro l’elettrocuzione dev’essere garantita dal costruttore delle apparecchiature facendo in modo che la corrente destinata ad attraversare il corpo
umano durante il servizio ordinario (ad esempio in occasione del contatto con le dita per attivare l’interruttore) non sia superiore a 1 mA
in corrente alternata oppure a 3 mA in corrente continua.
Per le parti metalliche che non devono essere toccate durante il servizio ordinario è ammessa sulle apparecchiature una tensione di contatto che non dia origine, sempre attraverso il corpo della persona,
ad una corrente superiore a 3,5 mA in c.a. o 10 mA in c.c.
Protezione per limitazione della carica elettrica
Vi è un limite di capacità oltre il quale i morsetti dei piccoli condensatori devono essere protetti contro il contatto diretto, per evitare
che un’eventuale elettrocuzione dovuta alla corrente di scarica,
anche se impulsiva, possa produrre effetti pericolosi sulle persone.
Per la carica elettrica le norme indicano un valore massimo di 0,5 µC
(microcoulomb) per le parti che devono essere toccate durante il servizio ordinario e di 50 µC per le altre.
I corrispondenti valori massimi di capacità, rapportati al valore efficace della tensione di carica del condensatore, sono:
0,16 µF a 230 V
0,07 µF a 500 V
0,09 µF a 400 V
0,03 µF a 1 000 V
Oltre questi valori i condensatori devono avere una resistenza di scarica in parallelo che riduca in meno di 5 s la tensione ai loro capi ad
un valore inferiore a 60 V c.c., oppure devono essere autonomamente
protetti contro il contatto accidentale (grado IP2X).
94
PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI INDIRETTI
La protezione consiste nelle misure intese a salvaguardare le persone contro il pericolo derivante dal contatto con parti conduttrici
isolate dalle parti attive, ma che potrebbero andare in tensione a
causa di un guasto (cedimento dell’isolamento).
La protezione contro i contatti indiretti può essere omessa nei seguenti casi:
– mensole a muro per isolatori di linee aeree, compresi i relativi accessori metallici, se situate fuori portata di mano;
– pali di cemento armato con armatura metallica non accessibile;
– masse che, per le loro ridotte dimensioni (approssimativamente 50
x 50 mm) oppure per la loro disposizione, non possono essere afferrate o determinare un contatto con una parte significativa del corpo
umano, solo quando la connessione con un conduttore di protezione
non sia affidabile o sia eseguibile con difficoltà (per esempio a viti,
rivetti, targhe e graffe di sostegno dei cavi).
I metodi di protezione contro i contatti indiretti sono classificati nel
seguente modo:
a) con interruzione automatica (del circuito);
b) senza interruzione automatica (del circuito) e:
– impiego di componenti a doppio isolamento (o isolamento equivalente);
– separazione elettrica con trasformatore;
– luoghi non conduttori;
– collegamento equipotenziale locale non connesso a terra.
Interruzione automatica dell’alimentazione
Questo sistema di protezione consiste, in caso di guasto, nell'interrompere automaticamente l'alimentazione al circuito od al componente elettrico, in modo che non possa persistere una tensione di
contatto presunta, superiore alla tensione di contatto limite convenzionale UL, tra una parte attiva ed una massa o un conduttore di
protezione per un tempo tale da causare un rischio di effetti dannosi
alla persona eventualmente in contatto con parti simultaneamente
accessibili.
A tal fine le masse devono essere collegate ad un conduttore di protezione nelle condizioni specificate per ciascun modo di collegamento
a terra (sistemi TN, TT, IT).
Inoltre in ciascun edificio devono essere connessi al collettore di
terra: il conduttore di protezione, il conduttore di terra, e le seguenti
masse estranee e/o parti conduttrici:
– i tubi alimentanti i servizi dell'edificio (acqua e gas);
– le parti strutturali metalliche dell'edificio e canalizzazioni del riscaldamento centrale e del condizionamento d’aria;
– le armature principali del cemento armato utilizzate nella costruzione degli edifici, se praticamente possibile.
95
Quando tali parti conduttrici provengano dall'esterno dell'edificio, il
loro collegamento deve essere effettuato nel punto più vicino possibile a quello di entrata nell'edificio.
Al collegamento equipotenziale principale deve essere collegato
anche qualsiasi schermo metallico dei cavi di telecomunicazione
(previo consenso dei proprietari o degli utilizzatori di questi cavi).
Collegamento equipotenziale locale connesso a terra
Se le condizioni per l'interruzione automatica sopra indicate non possono essere soddisfatte in un impianto o in una sua parte, si deve
realizzare un collegamento equipotenziale locale connesso a terra
che comprenda tutte le masse simultaneamente accessibili di componenti fissi dell'impianto e tutte le masse estranee, comprese le armature principali del cemento armato, se praticamente possibile. Il
collegamento equipotenziale deve risultare connesso ai conduttori
di protezione di tutti i componenti dell'impianto, compresi quelli
delle prese a spina.
Il collegamento equipotenziale locale connesso a terra si distingue
dal collegamento equipotenziale supplementare richiesto ad esempio
per i locali da bagno o doccia, perché quest'ultimo ha lo scopo di migliorare la sicurezza anche quando i dispositivi di protezione rispettano i tempi di interruzione dell'alimentazione richiesti.
Quando esistano dubbi sulla efficacia del collegamento equipotenziale locale connesso a terra, si deve accertare che la resistenza R
tra ogni massa ed ogni massa estranea simultaneamente accessibili
soddisfi le seguente condizione:
UL
R≤
Ia
essendo Ia la corrente (in A) che provoca il funzionamento automatico entro 5 s dei dispositivi di protezione contro le sovracorrenti oppure la corrente Idn dei dispositivi differenziali.
Ci si deve anche assicurare che la realizzazione di un collegamento
equipotenziale tra due masse appartenenti a due circuiti aventi conduttori con sezioni molto diverse non possa provocare nel conduttore
di minore sezione il passaggio di una corrente di guasto tale da provocare una sollecitazione termica superiore a quella ammissibile in
tale conduttore.
Sistema TT
Gli impianti elettrici alimentati direttamente in bassa tensione (sistema TT) sono presenti in ogni settore, dall’edilizia residenziale, al
settore industriale (piccole officine, laboratori), agli esercizi commerciali, agli uffici, dai locali di pubblico spettacolo agli ambienti ad uso
medico (ambulatori e studi medici).
Negli impianti eserciti mediante il sistema TT un guasto tra una
fase ed una massa determina la circolazione di una corrente di guasto che interessa contemporaneamente gli impianti di terra dell’utente e dell’ente distributore (cabina).
96
Fig. 7
Il valore di tale corrente dipende dell’impedenza dell’anello di guasto (indicato in tratteggio nella figura 7) costituita essenzialmente
dalle resistenze di terra Rn e RE.
Per questi impianti la protezione contro i contatti indiretti è generalmente realizzata mediante interruzione automatica dell’alimentazione in modo che sia soddisfatta la seguente condizione:
RE · Idn ≤ UL
(50 V)
dove:
RE è la resistenza di terra del dispersore (ohm) che può assumere
anche valori elevati (tabella 9);
Idn è la corrente differenziale nominale (A) del dispositivo differenziale.
Se le condizioni di interruzione indicate dalla relazione sopra riportata non possono essere soddisfatte, si deve realizzare un collegamento equipotenziale locale connesso a terra.
Quando diversi dispositivi di protezione a corrente differenziale sono
utilizzati in serie, questa prescrizione si applica separatamente a
tutte le masse protette dallo stesso dispositivo.
Per la protezione degli impianti alimentati con sistema TT non è più
ammesso l’uso degli interruttori automatici magnetotermici. Inoltre
è sempre vietato collegare il neutro all’impianto di terra locale.
Il punto neutro o, se questo non esiste, un conduttore di linea, di
ogni trasformatore o di ogni generatore, deve essere collegato a terra
Tabella 9 – Valori massimi della resistenza di terra in relazione alla
corrente differenziale nominale del dispositivo di protezione
Idn (A)
0,010
0,030
0,1
0,5
1
Rt (Ω)
5000
1660
500
100
50
97
in modo da permettere l’interruzione dell’alimentazione al primo
guasto franco su una massa collegata al dispersore.
Per ragioni di selettività, a monte dei dispositivi differenziali di tipo generale, si possono utilizzare interruttori differenziali di tipo S (ritardati). Se questi ultimi sono installati su circuiti di distribuzione è
ammesso un tempo di interruzione maggiore, ma non superiore a 1 s.
Negli impianti di cantieri edili, locali ad uso medico e strutture adibite ad uso agricolo o zootecnico, per i quali la norma limita la tensione di contatto a UL = 25 V, la condizione da soddisfare é:
RE · Idn ≤ 25
Sistema TN
Questi sistemi sono caratterizzati dal fatto di essere alimentati in
media tensione (e di richiedere quindi una propria cabina di trasformazione) mentre la distribuzione e l’alimentazione delle apparecchiature e delle macchine è effettuata in bassa tensione, oppure
parte in bassa e parte in media tensione.
Poiché l’impianto di terra è unico per le masse e il neutro, la protezione contro i contatti indiretti dev’essere attuata per guasti che si
verificano sia sulla parte dell’impianto in M.T. sia sulla parte di impianto in B.T.
Un guasto in M.T., infatti, produce i suoi effetti sulle masse di entrambe le parti dell’impianto.
Protezione per guasti in bassa tensione
Sul lato bassa tensione dei sistemi TN un guasto di impedenza trascurabile tra un conduttore di linea e il conduttore di protezione o
una massa è paragonabile ad un cortocircuito (fig. 8) dato che la corrente si richiude direttamente sul centro stella del trasformatore,
interessando i conduttori di fase e quelli di protezione (il dispersore
non è quindi coinvolto).
Per attuare la protezione con dispositivi a massima corrente a tempo
inverso (fusibili o interruttori magnetotermici) si richiede che sia
soddisfatta in qualsiasi punto del circuito la seguente condizione:
Fig. 8
98
Zs · Ia ≤ U0
U0 - tensione nominale verso terra dell’impianto relativamente al
lato bassa tensione (in volt);
Zs - impedenza totale (in ohm) dell’anello di guasto che comprende
il trasformatore (sorgente) il conduttore di fase e quello di protezione
tra il punto di guasto e il trasformatore;
Ia - corrente (in ampere) che provoca l’intervento del dispositivo di
protezione entro il tempo indicato nella tabella 10.
I tempi massimi di interruzione indicati nella tabella 10 si applicano ai circuiti terminali protetti con dispositivi di protezione contro le sovracorrenti aventi corrente nominale o regolata non
superiore a 32 A.
Tempi di interruzione convenzionali non superiori a 5 s sono ammessi per i circuiti diversi da quelli terminali.
Osservando la tabella si rileva che negli ambienti ordinari e per i
normali sistemi di distribuzione a 230/400 V (dove U0 = 230 V), il
tempo di intervento delle protezioni dev’essere non superiore a 0,2 s.
Qualora la condizione Ia ≤ U0 / Zs non potesse essere soddisfatta con
gli interruttori magnetotermici, è necessario ricorrere a dispositivi differenziali (in questo caso Ia corrisponde alla corrente differenziale nominale Idn), oppure realizzare un collegamento equipotenziale locale.
Con l’installazione dell’interruttore differenziale la relazione indicata
risulta generalmente soddisfatta e non è quindi richiesta la misura
dell’impedenza Zs.
Tabella 10 – Tempi massimi di interruzione per sistemi TN
Campo di tensione
Corrente alternata
(s)
Corrente continua
(s)
50 V < U0 ≤ 120 V
0,8
(*)
120 V < U0 ≤ 230 V
0,4
5
230 V < U0 ≤ 400 V
0,2
0,4
U0 > 400 V
0,1
0,1
U0 è la tensione nominale verso terra in c.a o in c.c.
Per valori di tensione intermedi, si sceglie il valore prossimo superiore.
Quando la protezione è realizzata mediante l'uso di dispositivi differenziali, i tempi di interruzione si riferiscono alle correnti di guasto differenziali presunte più elevate della corrente differenziale
nominale (tipicamente 5 Idn).
(*) Per le tensioni che sono entro la banda di tolleranza precisata nella
Norma CEI 8-6 si applicano i tempi di interruzione corrispondenti alla
tensione nominale.
99
L’utilizzo dei dispositivi di protezione a corrente differenziale è sempre ammesso nei sistemi TN-S, è vietato nei sistemi TN-C, mentre
nei sistemi a TN-C-S non è ammesso utilizzare un conduttore PEN
a valle di tali dispositivi (il collegamento del conduttore di protezione
al conduttore PEN deve essere effettuato a monte del dispositivo di
protezione a corrente differenziale).
Per realizzare la selettività dei dispositivi, gli interruttori differenziali del tipo S possono essere usati in serie agli interruttori differenziali di tipo generale.
Quando, in casi particolari, l'interruzione automatica non può essere
ottenuta secondo le condizioni sopra indicate si deve realizzare un
collegamento equipotenziale locale connesso a terra.
Protezione per guasti in media tensione
Secondo la Norma CEI 99-3 “Messa a terra degli impianti elettrici con
tensione superiore a 1 kV in corrente alternata” il dispersore di terra
degli impianti in MT deve essere dimensionato in modo che la sua resistenza di terra RE sia di valore tale che, in relazione al coordinamento con i dispositivi di protezioni di media tensione (tempi di
intervento in funzione del valore della corrente di guasto) per guasto
verso massa nel sistema MT, le tensioni di contatto UT siano contenute
entro i limiti di sicurezza indicati nella tabella 11, i cui valori sono stati
desunti dalla curva di sicurezza riportata dalla Norma CEI 99-3.
Le tensioni di passo, in genere, possono essere trascurate in quanto
normalmente più basse di quelle di contatto. In ogni caso per le tenTabella 11 – Valori massimi delle tensioni di contatto ammissibili
in relazione al tempo di eliminazione del guasto.
Durata del guasto tF
[s]
Tensione di contatto
ammissibile UTP
[V]
10
1,1
0,72
0,64
0,49
0,39
0,29
0,2
0,14
0,08
0,04
80
100
125
150
220
300
400
500
600
700
800
Per guasti di durata maggiore di 10 s si può considerare un valore della
tensione di contatto di 75 V.
100
sioni di passo sono ammessi valori maggiori di tre volte rispetto ai
valori delle tensioni di contatto ammissibili indicati nella tabella 11
(poiché 3 è il fattore di percorso della corrente nel corpo umano da
piede a piede).
Le tensioni di contatto dipendono dalla tensione di terra UE, determinabile mediante la relazione:
UE = RE · IE
essendo IE corrente di terra (cioè quella che circola verso terra tramite la resistenza di terra RE) che può essere fatta coincidere con la
corrente di guasto a terra IF, (corrente che circola verso terra dal
conduttore di fase nel punto di guasto). In effetti la IE può essere inferiore a IF in quanto una parte della IF può richiudersi nel sistema
di alimentazione (attraverso funi di guardia o schermi di cavi interrati), senza interessare l’impianto di terra. In ogni caso il considerare
il valore di IF anziché quello di IE porta a risultati che sono a favore
della sicurezza.
Il valore della corrente di guasto IF deve essere richiesto all’Ente distributore (4).
Il valore della resistenza dell’impianto di terra in grado di contenere
le tensioni di contatto entro i limiti della curva di sicurezza dipende
dal tipo di dispersore della cabina M.T./B.T. e dell’impianto utilizzatore e in particolare dal livello di equipotenzialità che assicura.
Si possono prevedere i seguenti casi.
(4) Nei sistemi con neutro a terra, la corrente di guasto a terra si identifica con
quella di cortocircuito monofase a terra; mentre nei sistemi a neutro isolato
(che nel nostro paese rappresentano la maggior parte delle reti di II categoria)
la corrente di guasto a terra è quella che si richiude attraverso l’impianto di
terra e le capacità che le fasi della linea presentano verso terra.
Nelle reti di II categoria funzionanti con neutro isolato, il valore della corrente di guasto a terra IF può essere valutata con la relazione:
IF = U (0,003 L1 + 0,2 L2)
dove U è la tensione nominale della rete in kV; L1 è la somma delle lunghezze
in chilometri delle linee aeree e L2 è la somma delle lunghezze in chilometri
delle linee in cavo, ordinariamente collegate fra loro durante l’esercizio.
101
Caso 1
Negli impianti con dispersore comune, ma con caratteristiche diverse per le due parti di impianto (magliato in corrispondenza della
cabina e ad anello per l’impianto utilizzatore), che è la situazione
più frequente, è necessario che il dispersore abbia una resistenza di
terra RE tale da originare una tensione totale di terra UE minore
della tensione di contatto ammissibile UTp:
UE = RE · IE ≤ UTp
Se la resistenza di terra del dispersore assume un valore tale da non
consentire il rispetto della relazione indicata, l’alternativa ad un
adeguamento del dispersore è quella della misura diretta dei valori
delle tensioni di contatto (UT) e di passo (US), verificando che:
UT ≤ UTp
per le tensioni di contatto;
US ≤ 3 UTp per le tensioni di passo
Qualora le relazioni indicate non risultino soddisfatte sarà inevitabile prendere i necessari provvedimenti aggiuntivi per la riduzione
della tensione di contatto UT (isolamento o equipotenzializzazione)
o della resistenza di terra RE.
Caso 2
Quando l’impianto di terra unico è costituito da una rete magliata
che copre l’intera area dell’impianto utilizzatore e della cabina, si
può ritenere assicurata una buona equipotenzialità. Pertanto la
norma consente di ritenere l’impianto di terra adeguato se è soddisfatta almeno una delle seguenti condizioni:
1 – La tensione totale di terra risulta:
UE = RE· IE ≤ 1,5 UTp
2 – La tensione totale di terra risulta:
UE = RE · IE ≤ 4 UTp
e sono stati adottati inoltre i provvedimenti previsti dalla Norma
CEI 99-3.
3 – Le tensioni di contatto UT e di passo US misurate risultano:
UT ≤ UTp
US ≤ 3 UTp
Caso 3
Le masse dell’impianto utilizzatore di bassa tensione sono connesse
ad un impianto di terra separato da quello della cabina (sistema TT).
In questa situazione l’impianto di terra della cabina è adeguato se risponde alle prescrizioni indicate per l’impianto di terra unico con
rete magliata (caso 2) e la tensione totale di terra risulta:
UE ≤ 250 V per tempi di intervento delle protezioni > 5 s
UE ≤ 500 V per tempi di intervento delle protezioni ≤ 5 s
Questo perché in caso di guasto oltre al problema delle tensioni di
contatto, si presenta quello degli isolanti che possono essere solleci102
tati da una tensione eccessiva. A seguito di un guasto a massa, infatti, sono soggetti a una tensione che risulta essere la somma della
tensione di fase più la tensione totale di terra.
Tensioni trasferite all’esterno dell’impianto
Le strutture metalliche che si estendono all’esterno del perimetro
dell’impianto di terra, possono trasferire tensioni pericolose anche a
grande distanza. Casi tipici sono le tubazioni metalliche, i binari, le
recinzioni, i nastri trasportatori ecc.
I provvedimenti adottabili per evitare il trasferimento di tensioni di
contatto pericolose sono:
Interruzione della continuità: questo provvedimento consiste nell’interrompere la continuità elettrica delle strutture metalliche in prossimità del perimetro dell’impianto di terra e, qualora risulti necessario, anche in altri punti.
Le interruzioni di continuità devono presentare, anche in condizioni
ambientali sfavorevoli (ad esempio, pioggia, terreno umido ecc.), caratteristiche d’isolamento adeguate alla massima corrente di guasto
a terra (fig. 9).
Aumento della resistività: la misura consiste nel ricoprire il terreno
adiacente ai corpi metallici con materiali ad elevata resistività (pietrisco, asfalto, bitume, gomma, plastica, ecc.). Sufficienti garanzie
d’isolamento nel tempo sono offerte da spessori superiori a 10 cm
per la ghiaia o a 5 cm per l’asfalto.
Controllo dei gradienti di tensione: mediante collegamento dei corpi
metallici ad un dispersore supplementare con forma e dimensioni
tali da ridurre i gradienti superficiali.
Segregazione ed isolamento: si adottano opportune barriere le quali
impediscono il contatto con i corpi metallici che presentano tra loro
o verso terra tensioni pericolose, oppure si impedisce l’accessibilità
all’area circostante i corpi stessi. L’accesso a tali aree può essere consentita solo a persone addestrate, in grado quindi di eliminare temporaneamente le condizioni di pericolo o di adottare mezzi protettivi
idonei.
La segregazione può essere omessa quando la presenza di persone
non addestrate è molto improbabile.
Fig. 9 – Modalità di interruzione della continuità elettrica di una tubazione
esterna.
103
Fig. 10
Sistemi IT
Negli impianti che non ammettono l’interruzione dell’esercizio a
causa di un guasto a terra, per i pericoli o per i danni alla produzione
che il disservizio comporterebbe, è necessario ricorrere al sistema di
distribuzione IT (fig. 10).
In questo sistema le parti attive devono essere isolate da terra oppure essere collegate a terra attraverso un'impedenza di valore sufficientemente elevato. Il collegamento può essere effettuato al punto
neutro del sistema e, se questo non esiste, si può collegare a terra un
conduttore di linea, o il punto neutro artificiale.
Le masse metalliche sono collegate, separatamente, a gruppi o collettivamente, all’impianto di terra del sistema distinto da quello al
quale è eventualmente connesso il neutro.
Il valore dell'impedenza deve essere scelto in modo da evitare oscillazioni del potenziale dell'impianto dovute a fenomeni di risonanza
ed in modo da provocare la circolazione di una corrente di guasto che
possa essere rilevata. In pratica, negli impianti aventi tensione nominale di 230/400 V è opportuno scegliere una resistenza avente valore dell'ordine di qualche centinaio di ohm.
In questo sistema in caso di guasto a massa la corrente di guasto si
può richiudere solo attraverso le capacità dei conduttori sani verso
terra, per cui risulta limitata; conseguentemente la soprelevazione
di tensione delle masse è contenuta entro valori non pericolosi.
Un secondo guasto su una fase diversa dà luogo però ad una corrente
che deve determinare l’intervento delle protezioni (fig. 11).
Fig. 11
104
Fig. 12
Le norme non richiedono l’intervento delle protezioni al primo guasto, ma prescrivono:
– l’adozione di un dispositivo segnalatore sonoro e /o visivo a funzionamento continuo atto a rilevare lo stato di isolamento di tutto l’impianto e quindi in grado di segnalare l’eventuale guasto a terra, sia
sulle fasi sia sul neutro (se questo è distribuito), affinché possa essere eliminato entro breve tempo (5);
– che sia soddisfatta la condizione:
RE· Id ≤ 50 nei sistemi c.a.
RE · Id ≤ 120 nei sistemi c.c.
dove:
RE - è la resistenza del dispersore di terra a cui sono collegate le
masse (in ohm);
Id - è la corrente di guasto nel caso di primo guasto di impedenza
trascurabile tra un conduttore di fase ed una massa (in ampere). Il
valore tiene conto delle correnti di dispersione e dell'impedenza totale verso terra dell'impianto elettrico.
A seguito del primo guasto a terra il sistema IT si trasforma in sistema TN o TT a seconda che le masse siano connesse tutte allo
stesso impianto di terra oppure connesse ad impianti di terra separati (fig. 12).
Le condizioni per assicurare la protezione contro i contatti indiretti
di conseguenza devono essere:
a) corrispondenti alle prescrizioni per i sistemi TT, se le masse sono
messe a terra singolarmente o per gruppi;
b) corrispondenti alle prescrizioni per i sistemi TN, se le masse fanno
tutte capo allo stesso impianto di terra, con l’avvertenza che devono
essere soddisfatte le seguenti condizioni:
Zs ≤
U
2 Ia
per circuiti in c.a. senza neutro distribuito (fig. 13a)
e per circuiti in c.c. senza conduttore mediano
Z s’ ≤
U0
2 Ia
per circuiti in c.a. con neutro distribuito (fig. 13b)
e per circuiti in c.c. con conduttore mediano
(5) Se sono previsti entrambi i segnali sonoro e visivo, il segnale sonoro può
essere disattivato.
105
Fig. 13
dove:
Ia - corrente di intervento del dispositivo di protezione che interrompe il circuito entro il tempo t, specificato nella tabella 10 (a pag.
99), per i circuiti terminali protetti contro le sovracorrenti con dispositivi aventi corrente nominale o regolata non superiore a 32 A, e
tempi non superiori a 5 s per i circuiti diversi;
Zs – impedenza (in ohm) dell’anello di guasto, costituito dal conduttore di fase e dal conduttore di protezione (6);
Z’s – impedenza (in ohm) del circuito di guasto, costituito dal conduttore di fase, dal neutro e dal conduttore di protezione (6);
U0 – tensione (in volt) in c.a. od in c.c. tra il conduttore di linea e rispettivamente il conduttore di neutro od il conduttore mediano;
U – tensione (in volt) in c.a. od in c.c. tra i conduttori di linea.
Se le condizioni indicate non possono essere soddisfatte con l’uso di
dispositivi di protezione di sovracorrente, si deve prevedere una protezione con interruttore differenziale su ciascun circuito. Diversamente si deve realizzare un collegamento equipotenziale locale non
connesso a terra.
Negli impianti, o parti di esso, di ambienti particolari (cantieri edili,
locali ad uso medico e strutture adibite ad uso agricolo o zootecnico)
per i quali la tensione limite deve essere UL = 25 V, per la protezione
contro i contatti indiretti deve essere soddisfatta la relazione:
(6) Per l’impedenza dell’anello di guasto si dovrebbe prendere in considerazione il caso più severo, per esempio, nella situazione di neutro distribuito, un
guasto sul conduttore di linea lato sorgente e simultaneamente un altro guasto sul conduttore di neutro di un apparecchio utilizzatore del corrispondente
circuito.
106
RE · Id ≤ 25
mentre al verificarsi del secondo guasto a massa le protezioni devono
intervenire nei tempi indicati nella tabella 10 (a pag. 99).
Le norme raccomandano di non distribuire il neutro nei sistemi IT.
Se il conduttore di neutro viene distribuito, è in genere necessario
prevedere in ogni circuito la rilevazione delle sovracorrenti su tale
conduttore, al fine di provocare l’interruzione di tutti i conduttori attivi del circuito corrispondente, ivi compreso il conduttore di neutro.
Ciò non è richiesto se si verifica una delle seguenti condizioni:
– il neutro è protetto contro i cortocircuiti da un dispositivo di protezione posto a monte, per esempio all’origine dell’impianto;
– il circuito è protetto da un dispositivo differenziale avente corrente
nominale differenziale ≤ 0,20 volte la portata del conduttore di neutro. Il dispositivo deve aprire tutti i conduttori attivi del circuito corrispondente, compreso il conduttore di neutro.
Protezione senza interruzione automatica
Impiego di componenti di Classe II o con isolamento equivalente
Per i soli sistemi di I categoria le norme consentono di attuare la protezione contro le tensioni di contatto mediante l’uso di materiale elettrico (conduttori, scatole di derivazione, quadri, apparecchi ecc.) con
doppio isolamento o con isolamento rinforzato (componenti in Classe
II) senza connessioni a terra. I componenti elettrici, che devono essere
stati sottoposti alle prove di tipo ed essere contrassegnati con il
segno grafico indicato a lato, possono essere dei seguenti tipi:
– componenti elettrici aventi un isolamento doppio o rinforzato (componenti elettrici di Classe II);
– componenti elettrici dichiarati nelle relative norme come equivalenti alla Classe II (ad es. i quadri aventi un isolamento completo).
Anche un isolamento supplementare aggiunto all’isolante principale
o un isolamento rinforzato applicato alle parti nude durante l’installazione dei componenti risultano idonei purché rispondenti a tutti i
requisiti richiesti per i materiali di Classe II. In questo caso è raccomandato che il segno grafico riportato a lato sia applicato all’esterno dell’involucro e, se possibile, anche all’interno.
Per poter garantire all’impianto nel suo complesso un isolamento di Classe II, è necessario rispettare le seguenti condizioni:
– gli involucri isolanti devono presentare una struttura atta a sopportare le sollecitazioni meccaniche, elettriche e termiche che possono verificarsi in caso di guasto;
– durante l’installazione si deve evitare di danneggiare anche minimamente gli isolamenti;
– gli involucri non devono essere muniti di viti neppure di materiale
isolante (per evitare che vengano sostituite con altre in metallo, compromettendo così il grado di isolamento);
– i contenitori muniti di portelli o coperchi devono essere apribili
107
solo con chiave o attrezzi. Se le porte e i coperchi sono apribili senza
l’uso di un attrezzo, tutte le parti conduttrici accessibili devono trovarsi dietro una barriera isolante (rimovibile solo con l’uso di attrezzi) con grado di protezione minimo IPXXB.
– le parti intermedie dei componenti elettrici pronti per il funzionamento, devono essere protette con un involucro avente un grado di
protezione minimo IPXXB;
– gli isolamenti supplementari ottenuti con l’impiego di vernici lacche e materiali similari non sono adatti;
– l’involucro non dev’essere attraversato da parti conduttrici suscettibili di propagare un potenziale;
– l’involucro non deve nuocere alle condizioni di funzionamento del
componente elettrico protetto;
– le parti conduttrici racchiuse nell’involucro isolante non devono
essere collegate ad un conduttore di protezione. É possibile però far
attraversare l’involucro da conduttori di protezione di altri componenti elettrici il cui circuito di alimentazione passi anch’esso attraverso l’involucro. All’interno dell’involucro tali conduttori e i loro
morsetti devono essere isolati come se fossero parti attive e i morsetti devono essere contrassegnati in modo adeguato;
– le parti conduttrici accessibili e le parti intermedie non devono essere collegate ad un conduttore di protezione a meno che ciò non sia
previsto nelle prescrizioni di costruzione del componente elettrico.
– i tratti di cavo compresi tra l’ingresso dell’alimentazione in un quadro metallico ed il dispositivo di protezione destinato alla protezione
contro i contatti indiretti, si considerano in accordo con le prescrizioni riguardanti la Classe II anche se sono sprovvisti di guaina isolante o non sono installati in tubi protettivi od in canali isolanti,
purché abbiano la lunghezza strettamente necessaria ad effettuare
la connessione ai terminali del dispositivo di protezione. Queste connessioni, se realizzate in accordo con le norme del dispositivo di protezione e in accordo con le eventuali indicazioni di montaggio fornite
dal costruttore del dispositivo di protezione e/o del quadro, consentono di ottenere l’isolamento in Classe II.
Per i sistemi elettrici con tensioni nominali non superiori a 690 V
sono considerate di classe II, le condutture elettriche costituite da:
– cavi con guaina non metallica aventi tensione nominale maggiore
di un gradino rispetto a quella necessaria per il sistema elettrico servito e che non comprendano un rivestimento metallico;
– cavi unipolari senza guaina installati in tubo protettivo o canale
isolante, rispondente alle rispettive Norme;
– cavi con guaina metallica aventi isolamento idoneo per la tensione
nominale del sistema elettrico servito, tra la parte attiva e la guaina
metallica e tra questa e l'esterno.
La protezione con isolamento di Classe II o equivalente può coesistere in uno stesso impianto con la protezione attuata mediante
messa a terra e interruzione automatica del circuito.
108
Protezione per separazione elettrica
La separazione elettrica è una misura di protezione nella quale:
– la protezione contro i contatti diretti è fornita dall'isolamento principale delle parti attive o da barriere od involucri;
– la protezione contro i contatti indiretti è fornita dall’isolamento
principale dei circuiti separati da altri circuiti e da terra.
Un guasto a massa nel circuito separato non comporta infatti alcun
pericolo per le persone, in quanto la corrente di guasto non può richiudersi, mancando il collegamento a terra di un punto del circuito
separato (se le capacità dei conduttori verso terra sono trascurabili).
Tuttavia, dato che la sicurezza di questa misura di protezione dipende dal buon isolamento dei circuiti separati è opportuno che tali
circuiti siano installati in modo che il loro stato possa essere esaminato a vista. In particolare ciò vale per i cavi flessibili che sono soggetti facilmente a danneggiamenti.
Il circuito separato può alimentare un solo apparecchio utilizzatore
o più apparecchi.
a) Alimentazione di un solo apparecchio utilizzatore
Quando la misura di protezione per separazione elettrica è applicata
per l'alimentazione di un singolo apparecchio utilizzatore si devono
applicare le seguenti prescrizioni:
– alimentazione da una sorgente non messa a terra, avente almeno
separazione semplice (trasformatore ordinario), che fornisca una
tensione per il circuito separato non superiore a 500 V;
– le parti attive del circuito separato non devono essere collegate né
ad alcun punto di altri circuiti, né a terra né ad un conduttore di protezione;
– i cavi flessibili devono essere visibili in tutte le parti del loro percorso in cui potrebbero essere danneggiati meccanicamente (se sono
prevedibili danneggiamenti meccanici i cavi devono essere protetti);
– per il circuito separato è raccomandabile l’uso di condutture separate da quelle degli altri circuiti; nel caso non fosse possibile, si devono utilizzare cavi multipolari senza guaina metallica oppure cavi
unipolari senza guaina in tubi protettivi o canali isolanti a condizione che essi presentino un isolamento idoneo alla tensione nominale del sistema a tensione più elevata presente nella canalizzazione
e che ciascun circuito sia protetto contro le sovracorrenti;
– le masse del circuito separato non devono essere connesse intenzionalmente né ad un conduttore di protezione, né ad una massa di altri
circuiti, né a masse estranee (7). È ammesso però collegare intenzionalmente le masse del circuito separato ad un impianto di terra a cui
(7) Se le masse del circuito separato sono suscettibili di entrare in contatto,
intenzionalmente o occasionalmente, con le masse di altri circuiti, la protezione contro i contatti elettrici non dipende unicamente dalla protezione per
separazione elettrica, ma anche dalle misure di protezione adottate per queste ultime masse.
109
Fig. 14
non siano collegate né masse o conduttori di protezione di altri circuiti,
né masse estranee che possano introdurre tensioni pericolose.
b) Alimentazione di più apparecchi utilizzatori
Questa misura di protezione è applicabile solo quando l'impianto è
controllato o è sotto la supervisione di persone addestrate.
Quando il circuito separato alimenta più apparecchi utilizzatori oltre
alle prescrizioni riportate nel paragrafo a) precedente si devono osservare anche le seguenti prescrizioni:
– le masse del circuito separato devono essere collegate tra di loro per
mezzo di conduttori di protezione isolati, non collegati a terra; tali conduttori, che svolgono la funzione di conduttori equipotenziali, non devono essere collegati intenzionalmente a conduttori di protezione od
a masse di altri circuiti o a qualsiasi massa estranea (fig. 14);
– tutte le prese a spina devono essere provviste di contatti di terra
che devono essere collegati al conduttore di protezione;
– tutti i cavi flessibili che non alimentino componenti elettrici con
isolamento doppio o rinforzato, devono incorporare un conduttore di
protezione;
– a protezione del circuito separato deve essere installato un dispositivo di protezione (interruttore automatico magnetotermico) che
intervenga interrompendo l'alimentazione, al verificasi di due guasti
su due masse che siano alimentate da conduttori di polarità diversa,
nei tempi indicati in tabella 10 di pag. 99 (fig. 15).
– il circuito separato deve essere di estensione ridotta (per limitare
le correnti capacitive) per cui è raccomandabile che la conduttura
elettrica non abbia lunghezza superiore a quella determinabile con
la seguente relazione:
100 000
L≤
Un
e comunque non sia superiore a 500 m, essendo: L la lunghezza delle
linee a valle del trasformatore (in metri) e Un la tensione nominale
110
Fig. 15
di alimentazione (in volt) del circuito separato che, come detto, non
può essere maggiore di 500 V.
Caratteristiche del conduttore di protezione
Per quanto riguarda il conduttore di protezione valgono le seguenti
prescrizioni:
– il collegamento di protezione non va esteso all’involucro metallico
della sorgente di alimentazione;
– tutte le prese del circuito separato devono avere l’alveolo di terra
collegato al conduttore di protezione;
– il conduttore di protezione dev’essere dotato di guaina isolante, in
modo che neanche accidentalmente possa andare in contatto con i
conduttori di protezione o di terra o le masse di altri circuiti;
– tutti i cavi di alimentazione delle utenze, tranne quelle in Classe
II, devono incorporare il conduttore di protezione utilizzato in questo
caso come conduttore equipotenziale;
– ogni collegamento di protezione deve essere realizzato con un conduttore di sezione non inferiore a 2,5 mm2 se è prevista una protezione meccanica, oppure 4 mm2 se non è prevista alcuna protezione
meccanica (il conduttore di protezione contenuto nel cavo flessibile
di alimentazione dell’utilizzatore può avere sezione inferiore ai valori indicati, ma non minore di quella dei conduttori di fase).
Protezione per mezzo di luoghi non conduttori
Per la sua particolarità questo sistema di protezione non è ammesso
negli edifici civili e similari.
Devono essere osservate tutte le seguenti condizioni:
1 – non si devono introdurre nel locale conduttori di protezione;
2 – le masse devono essere disposte in modo che, in circostanze ordinarie, una persona non possa venire simultaneamente in contatto
con due masse, oppure una massa ed una massa estranea, se queste
parti sono suscettibili di trovarsi ad un potenziale diverso a seguito
111
Fig. 16
di un guasto dell'isolamento principale di parti attive. Ciò si realizza
assicurandosi che il luogo abbia pavimento e pareti isolanti con resistenza verso terra:
≥ 50 kΩ per tensioni nominali fino a 500 V;
≥ 100 kΩ per tensioni nominali maggiori di 500 V;
e applicando una delle seguenti disposizioni (fig. 16):
– distanziamento delle masse tra loro e dalle masse estranee almeno
di 2,5 m se a portata di mano, e di almeno 1,25 m se fuori dalla portata di mano in modo che non sia possibile toccare contemporaneamente due masse o un massa e una massa estranea;
– interposizione tra masse e masse estranee di efficaci ostacoli non
collegati a terra o a masse (e per quanto possibile in materiale isolante) e in grado di assicurare le distanze indicate nel precedente
punto;
– isolamento (o disposizioni isolanti) delle masse estranee con resistenza sufficiente a sopportare una tensione di prova di almeno
2000 V. La corrente di dispersione verso terra non deve superare
1 mA in condizioni ordinarie d'uso.
3 – le masse estranee (tubi metallici) uscenti dal locale devono essere
interrotte con elementi isolanti;
4 – non è ammesso l’uso di prese a spina;
5 – l’impianto dev’essere sotto il controllo di personale addestrato
per evitare che nel locale possano venir introdotti apparecchi collegati a terra oppure a masse estranee e che le persone siano sottoposte a differenze di potenziale pericolose durante l’accesso al
locale.
112
Protezione per equipotenzializzazione del locale non connesso a terra
Anche questo tipo di protezione non è applicabile, per le sue particolarità, agli impianti in edifici civili e similari.
La protezione viene realizzata collegando fra loro tutte le masse e
masse estranee simultaneamente accessibili. Tale collegamento
equipotenziale non dev’essere connesso a terra né direttamente né
attraverso masse o masse estranee.
Precauzioni devono essere prese per assicurare che le persone che
entrano in tale luogo non siano esposte ad una differenza di potenziale pericolosa, in particolare quando un pavimento conduttore isolato da terra sia dotato di collegamento equipotenziale locale non
connesso a terra.
Personale addestrato deve controllare il locale per evitare l’introduzione di apparecchi connessi a terra e predisporre accorgimenti per
evitare che le persone siano soggette a tensioni pericolose all’accesso
del locale.
113
PROTEZIONE DIFFERENZIALE
L’interruttore differenziale svolge una funzione di protezione contro
i contatti diretti, indiretti e nei riguardi dell’incendio.
Nel primo caso è una protezione addizionale che si aggiunge (non
può quindi sostituirle) alle misure di protezione passive (isolamento,
involucri e barriere). Per questo compito il valore della corrente nominale differenziale dev’essere Idn ≤ 30 mA.
Nella protezione contro i contatti indiretti la Idn dell’interruttore dev’essere coordinata con la resistenza dell’impianto di terra.
Per quanto riguarda infine la protezione contro l’incendio, il differenziale costituisce un controllore permanente dell’isolamento; a tal
fine deve presentare una Idn non superiore a 300 mA.
Il differenziale è espressamente richiesto dalla Norma CEI 64-8 in
numerosi casi (tabella 12).
Tabella 12 – Casi in cui l’interruttore differenziale è espressamente
richiesto dalla Norma CEI 64-8
Circuito
Idn max
(mA)
Articolo
norma
Circuiti alimentati tramite cavo piatto
per posa sotto tappeto a posa fissa
30
521.1
(Commenti)
Circuiti che alimentano prese a spina
in zona 3 di locali contenenti bagni e
docce (1)
30
701.53
Tutti i circuiti del locale o cabina sauna,
con l’eccezione del riscaldatore per
sauna
30
703.412.5
Circuiti che alimentano prese a spina in
zona 1 (piccole piscine) e in zona 2 delle
piscine (1)
30
702.53
Circuiti che alimentano prese a spina
con In ≤ 32 A nei cantieri edili (1)
30
704.410.1
30
702.413.7.3
Circuiti che alimentano apparecchi di illuminazione fissi di classe I installati in
zona 2 di piscine (1) e in zone 0 e 1 di fontane
(1) A meno che l'alimentazione avvenga per separazione elettrica, con alimentazione di un solo apparecchio, oppure con sistema SELV.
114
Circuito
Idn max
(mA)
Articolo
norma
Circuiti installati in strutture ad uso
agricolo o zootecnico che alimentano:
– prese a spina con In ≤ 32 A
– prese a spina con In > 32 A
– circuiti terminali con grado di protezione < IP4X
30
100
705.413
Circuiti che alimentano prese a spina:
con In ≤ 20 A in locali ad uso abitativo;
con In ≤ 32 A destinate ad alimentare apparecchi utilizzatori mobili impiegati
all’esterno
30
412.5.3
Nelle aree di campeggio i circuiti che alimentano ciascuno una presa a spina e i
circuiti terminali di collegamento fisso
per la fornitura di energia a case mobili
o trasportabili
30
708.530.5.6
Condutture installate in luoghi a maggior rischio in caso d'incendio formate da:
– cavi multipolari provvisti di PE;
– cavi unipolari o multipolari senza PE
installati in tubi, involucri, passerelle
metallici oppure in tubi o involucri isolanti con grado di protezione ≥ IP4X
30
300 (3)
1000 (3)
751.04.2.7
Circuiti nei luoghi di pubblico spettacolo
alimentati direttamente in bassa tensione (sistema TT)
(2)
752.47.1
Circuiti terminali di locali ad uso medico
di gruppo 1 che alimentano prese a spina
con In ≤ 32 A e tutti i circuiti dei locali ad
uso medico di gruppo 2 se non alimentati
dal sistema IT-M.
30
710.413.1.3
300
(2) La Norma CEI 64-8/7 non fissa un limite per la corrente Idn, ma è richiesto il coordinamento con l'impianto di terra.
(3) Anche ad intervento ritardato.
115
PROTEZIONE CONTRO GLI EFFETTI TERMICI
Il calore sviluppato dai componenti elettrici non deve poter causare
danni alle persone, ai componenti elettrici fissi ed ai materiali non
facenti parti dell’impianto elettrico, posti nelle loro vicinanze, in particolare per quanto riguarda i seguenti effetti:
– combustione o deterioramento di materiali;
– rischio di ustioni;
– riduzione della sicurezza nel funzionamento dei componenti elettrici installati.
Protezione contro gli incendi
I componenti elettrici non devono costituire pericolo di innesco o di
propagazione di incendio per i materiali adiacenti. A tal fine devono
essere conformi alle rispettive norme di prodotto. In carenza di esse,
possono essere adottati, per i componenti elettrici costruiti con materiali isolanti, i criteri di prova riportati nella tabella 13.
I componenti elettrici che possono raggiungere temperature superficiali tali da poter innescare l’incendio dei materiali adiacenti, devono essere installati in uno dei seguenti modi:
– su od entro elementi costituiti da materiali che resistano a tali
temperature e che abbiano una bassa conducibilità termica;
– dietro schermi termicamente isolanti che resistano a tali temperature e che abbiano una bassa conducibilità termica;
– a una distanza sufficiente a permettere un’adeguata dissipazione
del calore per evitare che tali temperature possano avere effetti termici dannosi sui materiali.
I componenti elettrici collegati all’impianto in modo permanente, che
nel loro funzionamento ordinario possono produrre archi o scintille,
devono essere:
– racchiusi in elementi di materiale resistente agli archi;
– schermati, con elementi resistenti agli archi, dagli elementi dell’edificio sui quali gli archi potrebbero avere effetti termici dannosi;
– essere installati ad una distanza sufficiente dagli elementi dell’edificio sui quali gli archi o le scintille potrebbero avere effetti termici
dannosi, in modo da consentire la sicura estinzione agli stessi.
I materiali utilizzati per schermare o racchiudere i componenti elettrici devono essere non combustibili, avere bassa conducibilità termica e uno spessore adeguato per assicurare stabilità meccanica.
Se si ricorre alla interposizione di schermi termicamente isolanti,
questi devono venire realizzati con i materiali aventi un adeguato
grado di reazione al fuoco.
Si devono interporre elementi realizzati con gli stessi materiali
anche quando i componenti elettrici sono da collocare su elementi
che non sono in grado di resistere alle elevate temperature (come
per esempio nel caso degli apparecchi di illuminazione) o ad archi o
116
Tabella 13 – Criteri di prova per verificare l’attitudine dei componenti elettrici a non innescare o propagare l’incendio
Componenti elettrici
(scatole, cassette, quadretti, placche e coperchi) nelle diverse
condizioni d'installazione
Resistenza al riscaldaResistenza al
mento in funzionamento riscaldamento
ordinario e in fase d’ineccessivo per
stallazione
guasto
Prova in
stufa per
60 min. (1)
(°C)
Termopres- Prova al filo
sione con incandescente
biglia (2)
(3 )
(°C)
(°C)
Componenti da incasso
sotto intonaco (pareti
in muratura tradizionale e prefabbricate)
60 (4)
–
550
Componenti da incasso per pareti vuote
(pareti in truciolato,
tramezze in legno ecc.)
70
–
850
Componenti applicati
a parete
70
–
550
Parti dei componenti
di cui sopra che tengono in posizione parti
sotto tensione (escluse
le parti relative al conduttore di protezione)
100
125
850
(1) Le modalità di prova sono quelle descritte nella Norma CEI 104-3
(CEI EN 60068-2-2).
(2) Le modalità di prova sono quelle descritte nella Norma CEI 89-24
(CEI EN 60695-10-2).
(3) Le modalità di prova sono quelle descritte nella Norma CEI 89-13
(CEI EN 60695-2-11).
(4) Per le scatole da incasso per pannelli prefabbricati a stagionatura rapida, il valore è di 90 °C.
scintille. Tuttavia, nel caso di apparecchi di illuminazione dotati di
ballast e marchiati con il simbolo F questi elementi addizionali non
sono necessari.
I componenti elettrici fissi (ad es. apparecchi d’illuminazione con lampade a incandescenza) che presentino effetti di focalizzazione o di
concentrazione di calore, devono essere distanziati da qualsiasi oggetto fisso o elemento dell’edificio in modo tale che questi non possano
essere sottoposti, in condizioni ordinarie, a temperature pericolose.
117
Tabella 14 – Limiti di temperatura in funzionamento ordinario per
le parti accessibili dei componenti elettrici
Parti accessibili
Materiale delle
parti accessibili
Temperatura
massima (°C)
Organi di comando da impugnare
metallico
non metallico
55
65
Parti previste per essere toccate durante il funzionamento
ordinario, ma che non necessitano di essere impugnate
metallico
non metallico
70
80
Parti che non necessitano di
essere toccate durante il funzionamento ordinario
metallico
non metallico
80
90
Quando i componenti elettrici installati nello stesso locale contengono liquido infiammabile in quantità significativa (8), si devono
prendere precauzioni per evitare che il liquido in fiamme ed i prodotti di combustione del liquido stesso (fiamme, fumo, gas tossici) si
propaghino alle altre parti dell’edificio. Ad esempio:
– una fossa di drenaggio che raccolga le fuoriuscite di liquido e ne assicuri, in caso di incendio, l’estinzione;
– installazione dei componenti elettrici in un locale dotato di pareti
resistenti al fuoco e di barriere o di altri mezzi adatti ad evitare che
il liquido in fiamme si propaghi in altre parti dell’edificio; tale locale
dev’essere ventilato solo verso l’esterno.
Protezione contro le ustioni
Le parti accessibili dei componenti elettrici a portata di mano non
devono raggiungere temperature tali che possano causare ustioni
alle persone. Ciò è verificato per i componenti elettrici conformi alle
relative norme di prodotto. Per gli altri devono essere soddisfatti i limiti indicati nella tabella 14.
Qualora parti dell’impianto in funzionamento ordinario, possano
raggiungere, anche per brevi periodi, temperature superiori ai limiti
indicati nella tabella 14, devono essere protette (con involucri o barriere aventi grado di protezione almeno IPXXB) in modo da evitare
il contatto accidentale.
(8) Una quantità di 25 l di liquidi altamente infiammabili (oli minerali o idrocarburi) è generalmente considerata come significativa.
Per liquidi isolanti meno infiammabili, come per esempio gli esteri o siliconi,
il limite può essere aumentato a 50 l.
Per quantità inferiori a 25 l è sufficiente prendere precauzioni per evitare la
fuoriuscita e lo spargimento del liquido.
118
PROTEZIONE DAI CONTATTI
DIRETTI E INDIRETTI
L’impiego della bassissima tensione, consente una protezione combinata contro i contatti diretti e contro quelli indiretti. Condizione
essenziale perché ciò sia possibile è la garanzia che in nessun caso
questa tensione possa aumentare (ad esempio per un guasto alle apparecchiature che la forniscono o per un contatto accidentale con
altri circuiti).
La protezione è assicurata quando:
– per la protezione contro i contatti indiretti, la tensione nominale non
supera 50 V in c.a., e 120 V in c.c. (ad eccezione dei locali a maggior rischio elettrico, quali bagni, piscine ecc);
– per la protezione contro i contatti diretti, non supera i 25 V in c.a. e
i 60 V c.c. in edifici dove è stato installato il collegamento equipotenziale
principale;
– l’alimentazione proviene da una sorgente di sicurezza;
– sono soddisfatte tutte le disposizioni normative.
Si osservi che se il sistema è alimentato da un sistema a tensione
più elevata tramite, per es., autotrasformatori, potenziometri, dispositivi a semiconduttori, ecc., il circuito secondario è da considerare
un’estensione del circuito primario e deve essere protetto mediante
le misure di protezione applicate al circuito primario.
Sistemi SELV e PELV
I sistemi a bassissima tensione utili alla protezione combinata possono essere di due tipi SELV (Safety Extra-Low Voltage) e PELV
(Protective Extra-Low Voltage).
Il sistema SELV (che non ha nessun punto collegato a terra) è preferibile nelle situazioni in cui è necessario privilegiare l’aspetto della
sicurezza contro la folgorazione.
Il sistema PELV (che ha un punto connesso a terra) è particolarmente adatto nei circuiti di comando perché consente un buon compromesso tra l’esigenza di sicurezza contro i contatti diretti ed
indiretti e l’esigenza di sicurezza contro gli azionamenti intempestivi
dovuti a due guasti a terra che cortocircuitano i dispositivi di sicurezza del circuito di comando.
Un terzo sistema a bassissima tensione, denominato FELV (Functional Extra-Low Voltage) ha caratteristiche prettamente funzionali
che non garantiscono da eventuali sovraelevazioni accidentali del
valore di tensione e pertanto richiede una protezione contro i contatti
diretti ed indiretti analoga a quella richiesta per il circuito di alimentazione del trasformatore.
119
IMPIANTI DI ILLUMINAZIONE
PER INTERNI
La luce
La luce è la sensazione determinata nell’occhio umano dalle radiazioni elettromagnetiche, prodotte dalle sorgenti luminose, che si propagano nello spazio con andamento essenzialmente periodico.
Le radiazioni elettromagnetiche si trasmettono con una traiettoria
rettilinea e sono caratterizzate dalle seguenti grandezze (fig. 1):
– lunghezza d’onda λ, distanza tra i picchi di due onde successive
(espressa in nanometri);
– frequenza f, numero di periodi al secondo (espressa in hertz);
– velocità di propagazione ν = λ· f che nel vuoto e nell’aria è di circa
300 000 km/s.
Fig. 1
Le onde elettromagnetiche coprono una gamma di lunghezza d’onda
vastissima, tuttavia solo la banda da 380 a 780 nm è occupata dalle
onde elettromagnetiche visibili (fig. 2).
Fig. 2
120
Il colore
Ciascuna lunghezza d’onda, nel campo delle radiazioni luminose,
viene percepita dall’osservatore sotto forma di un determinato colore, il cui insieme costituisce lo spettro.
I colori si succedono partendo da quello corrispondente alla lunghezza d’onda minore a quello corrispondente alla lunghezza d’onda
maggiore: violetto - azzurro - verde - giallo - arancio - rosso.
I colori rosso, giallo, blu sono detti colori fondamentali o elementari
perché è possibile ottenere qualunque altro colore e gradazione con
la semplice mescolanza di questi (fig. 3).
Fig. 3
Un oggetto appare quindi di un determinato colore perché riflette
solo le radiazioni luminose della lunghezza d’onda di quel colore
mentre assorbe tutte le altre.
Il colore nero corrisponde all’assenza di radiazioni luminose mentre
la luce bianca è costituita dall’insieme delle radiazioni di tutte le
lunghezze d’onda.
La sensibilità dell’occhio umano è massima per il colore giallo - verde
(550 nm) e decade rapidamente verso i colori estremi (ossia il violetto
e il rosso) (fig. 4).
Si segnala che con l’acronimo RGB (Red, Green, Blue) si indicano i
3 colori fondamentali nella luce (rosso, verde, blu), mentre nella materia, pastelli, pitture ecc., i colori fondamentali sono rosso, giallo,
Fig. 4
121
Fig. 5
blu. La miscelazione dei 3 colori fondamentali si ottiene sia con le lampade fluorescenti sia con le lampade a LED (nuove sorgenti luminose),
in grado di creare atmosfere luminose finalizzate al divertimento (discoteche), alla cura/benessere (cromoterapia), alla vendita (sale esposizione) e numerose altre applicazioni.
Poiché la visione del colore è soggettiva, si è reso necessario definire
un sistema di valutazione univoco. Messo a punto dalla Commissione Internazionale dell’Illuminazione (ICI), questo sistema si basa
su un diagramma tricromatico e consente di definire in modo inequivocabile qualsiasi colore, quando sono note le due coordinate x e
y (fig. 5). La luce solare comprende tutte le lunghezze d’onda dei colori rappresentati dal diagramma tricromatico; viene pertanto assunta come luce campione.
Le sorgenti luminose artificiali (lampade) sono invece caratterizzate
da una emissione che non sempre comprende le onde di tutte le lunghezze d’onda dello spettro.
La buona resa dei colori da parte di una sorgente artificiale di luce
è condizionata quindi dal fatto che essa emetta radiazioni elettromagnetiche che comprendono tutte le lunghezze d’onda dello spettro
visibile.
122
Grandezze fotometriche
Definizione
Simbolo della
grandezza
Unità di misura
(simbolo)
Flusso luminoso: quantità di
luce emessa da una sorgente
luminosa nell'unità di tempo
Φ
lumen (lm)
Illuminamento: quantità di
flusso luminoso che investe
perpendicolarmente una superficie S
E
E = Φ/S
lux (lx)
lx = lm / m2
Intensità luminosa: quantità di
flusso luminoso emesso da una
sorgente luminosa in una determinata direzione e nell'unità di angolo solido (1)
I
I = Φ /ω
candela (cd)
cd = lm /sr
Efficienza luminosa: flusso
emesso da una sorgente luminosa per ogni watt di potenza assorbita
Φ /P
lumen/watt
(lm / W)
L
L = I /S
candela/m2
(cd/ m2)
Luminanza: intensità luminosa emessa in una determinata direzione da una sorgente
luminosa o per riflessione da
una superficie illuminata riferita all’unità di superficie apparente (ossia normale a tale direzione, vedi figura a lato)
Contrasto di luminanza: rapporto fra il valore della luminanza dell'oggetto e quello del
suo sfondo. Più è elevato, maggiore è il contrasto (elevati contrasti possono però affaticare
la vista diminuendo il comfort
visivo).
(1) L’angolo solido (ω) è la porzione di spazio
delimitata dalle semirette con origine in un
punto (0) che delimitano una porzione della
superficie della sfera che ha per centro 0.
L'unità di misura è la steradiante (simbolo sr)
equivalente all'angolo solido, con vertice nel
centro di una sfera di raggio r, che determina
su questa una calotta di superficie r 2.
(Segue)
123
Definizione
Simbolo della
grandezza
Unità di misura
(simbolo)
Rendimento luminoso di un apparecchio di illuminazione:
rapporto tra la quantità di
flusso emesso dall’apparecchio
e la quantità di flusso totale
emesso dalle sorgenti luminose
contenute nell’apparecchio.
η
per cento
(%)
Indice di resa cromatica: valore
numerico che indica la resa cromatica di una sorgente luminosa raffrontata con quella
della luce solare alla quale
viene attribuito il valore 100.
Ra = 85 ÷ 100, ottima resa cromatica
Ra = 70 ÷ 85, buona resa cromatica
Ra = 50 ÷ 70, modesta resa cromatica
Ra
–
–
kelvin
(K)
Temperatura di colore: valutazione del colore della luce
emessa dalle sorgenti luminose
utilizzata dai costruttori.
Indica la temperatura assoluta
(in gradi kelvin) a cui si dovrebbe portare un corpo solido
nero (elemento di riferimento)
perché emetta una luce dello
stesso colore di quella emessa
dalla sorgente luminosa.
Valori indicativi:
< 3 000 K luce calda (biancooro)
3300 ÷ 5300 K luce bianca (vicino a quella naturale del sole)
5300 ÷ 6 500 K luce fredda
(diurna)
124
Sorgenti luminose
Le sorgenti luminose possono essere classificate:
– ad incandescenza (lampade a irradiazione per effetto termico);
– ad arco o scarica nei gas o vapori (lampade fluorescenti, a vapori
di mercurio, di sodio ecc.);
– a induzione;
– a LED (Light Emitter Diode).
Nella tabella 1 sono riportate la caratteristiche principali dei vari
tipi di lampade
Lampade ad incandescenza
Le lampade ad incandescenza sono costituite da un’ampolla di vetro
al cui interno è posto un filamento di tungsteno: il passaggio della
corrente provoca il surriscaldamento del filamento ad una temperatura, prossima alla temperatura di fusione, tale da emettere luce.
Queste lampade sono state messe al bando dalla Direttiva UE
52/2003 in quanto poco efficienti.
Lampade alogene
Le lampade agli alogeni sono lampade ad incandescenza che contengono all’interno del bulbo composti alogeni, come iodio o bromo. Gli
alogeni permettono una rigenerazione del filamento di tungsteno impedendo l’annerimento del bulbo generalmente realizzato in quarzo.
Rispetto a quelle ad incandescenza hanno una miglior efficienza.
Lampade fluorescenti
In questo tipo di lampada la scarica nei gas avviene tra due elettrodi
preriscaldati posti all’interno di un tubo di vetro riempito con vapore
di mercurio a bassa pressione e con una piccola quantità di gas raro
(argon, miscela di argon e neon o kripton); la superficie interna del
tubo é ricoperta da polveri fluorescenti che trasformano le radiazioni
ultraviolette del mercurio da invisibili in radiazioni visibili.
In base alle sostanze fluorescenti impiegate si possono avere tipi di
luce differenti: luce bianca, luce diurna, luce rosata ecc.
Per il funzionamento delle lampade fluorescenti sono necessari uno
starter, un reattore magnetico e un condensatore oppure un unico
alimentatore elettronico.
Le lampade fluorescenti a catodo freddo sono in genere più sottili e
più lunghe delle precedenti e richiedono tensioni di alimentazione
elevate. Sono utilizzate in genere per realizzare insegne luminose.
Lampade fluorescenti compatte
Sono lampade fluorescenti di dimensioni compatte, comparabili, per
quanto concerne il principio di funzionamento, alle lampade tubolari
fluorescenti tradizionali. Sono caratterizzate da:
– un attacco a vite tipo Edison uguale a quello delle lampade ad incandescenza (ma altri tipi sono dotati di attacchi diversi);
– contengono internamente i dispositivi di accensione, per cui non richiedono cablaggio di starter, reattore, condensatore di rifasamento;
125
– producono più luce con un consumo minore (una lampada fluorescente da 25 W produce più del doppio di luce della lampada ad incandescenza da 60 W, consumando meno della metà);
– hanno una durata 8 volte superiore di quelle ad incandescenza con
conseguente riduzione dei costi di sostituzione.
– sono disponibili con tonalità di luce calda, 2700 °K, uguale a quella
delle lampade ad incandescenza e tonalità di luce diurna.
– l’uso di tubi più sottili disposti a spirale, ne permette anche l’utilizzo in apparecchi d’illuminazione ad involucro chiuso.
Vapori di mercurio
Le lampade sono composte da un’ampolla in vetro di forma ellissoidale, all’interno della quale si trova il tubo di scarica contenente vapori di argon e mercurio: il passaggio della corrente elettrica
all’interno del tubo genera l’emissione di radiazioni luminose.
L’ampolla è dotata di un attacco a vite tipo Edison ed ha la superficie
interna ricoperta da sostanze fluorescenti che trasformano le radiazioni ultraviolette emesse dal mercurio in radiazioni visibili; ciò consente il miglioramento della qualità della luce e della resa dei colori.
Ioduri metallici
Sono un’evoluzione delle lampade ai vapori di mercurio, ma si differenziano per il tipo di gas contenuti nel tubo di scarica (oltre al mercurio, ioduri di sodio, di tallio e indio) e per la forma e finitura
dell’ampolla. Nelle lampade di recente produzione vengono inserite
anche terre rare (disprosio, olmio, tulio, cesio), che permettono una
migliore distribuzione spettrale ed efficienze luminose più elevate.
Sodio alta pressione
Sono costituite da un tubo di scarica in materiale ceramico trasparente, contenente sodio, posto in un’ampolla di vetro fornita di attacco tipo Edison. La scarica avviene in vapori ad alta temperatura
e pressione con una conseguente emissione di luce bianco dorata.
Sodio bassa pressione
Hanno un principio di funzionamento analogo a quello delle lampade
al sodio ad alta pressione ma la scarica avviene all’interno di un tubo
di vetro a forma di U. Il tubo di scarica è protetto da un’ampolla di
vetro a doppia parete all’interno della quale è praticato il vuoto al
fine di mantenere una temperatura di 260 °C, corrispondente al valore di massima efficienza luminosa.
Lampade ad induzione
Le lampade ad induzione sono costituite da un’ampolla di vetro cosparsa internamente di polveri fluorescenti e caricata con vapori di
mercurio.
Un particolare avvolgimento interno, collegato ad un generatore
elettronico ad alta frequenza esterno alla lampada, funge da primario mentre il mercurio si comporta come il secondario di un immaginario trasformatore. L’avvolgimento genera un campo magnetico che
126
dà origine a correnti indotte all’interno dell’ampolla e determina la
ionizzazione del gas e quindi la produzione di una scarica e l’emissione di radiazione ultravioletta che, interagendo con le polveri fluorescenti di cui è cosparso l’interno del bulbo, genera radiazioni
visibili.
La principale caratteristica di queste lampade consiste nella durata
di vita media che supera le 60 000 ore.
LED
Il LED è un componente elettronico in grado di emettere luce. Il materiale luminescente, allo stato solido, assicura assenza di fuoriuscita di gas e di rotture per vibrazioni, contrariamente alle normali
sorgenti luminose, dotate di ampolle contenenti gas e filamenti.
Irradiano luce praticamente monocromatica di un particolare colore,
che dipende dal materiale utilizzato.
La loro integrazione in moduli composti da un certo numero di LED
permette le più svariate applicazioni.
I moduli devono essere alimentati tramite trasformatori elettronici
che forniscono una tensione di uscita in corrente continua a 10 oppure 24 V stabilizzata e indipendente dalla potenza del carico.
Estremamente flessibili nell’utilizzo, i moduli, possono, a seconda
del tipo, essere montati a incasso, a parete, o a pavimento consentendo la massima libertà nel creare un’illuminazione di design.
La vasta gamma di moduli disponibili, la varietà di forme e di funzioni consente di creare un’illuminazione d’effetto, realizzare luci
psichedeliche (che pulsano al ritmo della musica), guide di luce, effetti di luce su superfici, colonne, pilastri e archi, piccoli fasci luminosi, imitare la luce di ore diverse del giorno o di stagioni dell’anno
diverse, segnalare i percorsi e i contorni di strutture (bordi e gradini), creare una vera e propria segnaletica di orientamento e di introdurre nuovi elementi decorativi nell’architettura di interni.
Sono disponibili anche lampade a LED (che includono l’alimentatore) dotate di attacchi tradizionali che ne consentono l’intercambiabilità con le normali lampade ad incandescenza.
L’utilizzo di questa tipologia di sorgenti luminose presenta i seguenti
vantaggi:
– accensione e raggiungimento della temperatura di colore immediati;
– funzionamento anche a – 40 °C;
– dimmerabilità e capacità di seguire rapidissime variazione di luminosità;
– nessuna emissione di calore nella parte frontale e di raggi UV;
– efficienza (15 ÷ 35 lm/W secondo il colore della luce emessa) e consumi vantaggiosi rispetto alle lampade ad incandescenza, alogene e
fluoresceti (a pari flusso luminoso, le potenze assorbite da una alogena e da un LED stanno nel rapporto 5 : 1, quindi con i LED si consuma un quinto dell’energia);
– vita lunghissima rispetto alle tradizionali lampade, con drastica riduzione dei costi di manutenzione.
127
Tabella 1 – Caratteristiche delle lampade
Famiglia
Sottofamiglia
senza alogeni
Incandescenza
(effetto
termico)
con alogeni
corto
(a scarica)
Ad arco
(a scarica
nei gas e
nei vapori)
E14; E27; E40
ad attacco
unilaterale
E14; E27; B15d;
G9; GU10 - GZ10
doppio attacco
R7S
per bassissima
tensione
G4; GY6,35; GU4;
GU5,3
a vapori di
mercurio
E27; E40
ad alogenuri
E27; E40; G8,5;
G12; RX7s-24; Fc2
vapori di sodio
alta pressione
E27; E40; ; PG12-1
vapori di sodio
bassa pressione
BY22d
compatte (AI)
E14; E27
compatte (AE)
GX24q-1/2/3/4/5;
G24q-1/2/3; 2G7;
2G10; 2G11;
GR10q
compatte (SI)
G24d-1/2/3; G23;
GX24d-1/2/3;
GR8
lineari
G5; G13; W4,3
circolari
2Gx13; G10q
lungo
(fluorescenti)
Ad
induzione
LED
AI - con alimentatore integrato
AE - per alimentatori elettronici
128
Tipo di attacco
flusso
(lm)
efficienza
(lm/W)
potenza
(W)
min
max
min
max
durata
media
(ore)
100
115
19000
8
19
1000
15
1000
100
1000
4200
13
17
3000
40
1000
100
1400
44000
14
22
3000
60
2000
100
350
3200
18
25
3000
5
100
70 - 95
1800
58000
30
55
10000
50
70 - 90
2400
300000
50
95
5000
35
2000
30
4000
130000
64
119
12000
50
1000
65
12500
38000
73
84
8000
70
400
80
1300
4800
30
40
5000
35
100
< 20
1800
26000
67
170
9000
20
150
70 - 85
250
2000
50
60
5000
5
120
70 - 85
600
4800
60
85
10000
5
55
70 - 85
250
2000
50
80
8000
5
28
70 - 85
120
15300
50
90
9000
15
65
70 - 85
1300
5000
60
85
15000
22
60
80
3500
12000
64
73
60 000
55
165
30 - 100
2
250
20
50
100000
0,1
5
Ra
min
max
1000
SI - con starter integrato
129
Parametri per la scelta della lampada
Per la scelta del tipo di lampada da utilizzare è necessario tener
conto delle seguenti caratteristiche (vedi tabelle 1 e 2):
– Flusso luminoso: determina il numero delle lampade per ottenere
l’illuminamento medio desiderato.
– Potenza nominale: condiziona il dimensionamento dei circuiti di
alimentazione. Nel caso di lampade che necessitano di alimentatore,
si deve anche tener conto della potenza dissipata da quest’ultimo.
– Indice di resa cromatica Ra: condiziona la fedele riproduzione dei
colori degli oggetti illuminati.
– Temperatura di colore: influisce sulla tonalità della luce e condiziona la scelta della lampada in relazione all’ambiente e all’attività
in esso svolta (tabella 3).
– Efficienza luminosa: consente una valutazione economica nella
scelta delle lampade in quanto permette di confrontare, a parità di
potenza assorbita, il flusso luminoso emesso (fig. 6).
– Decadimento flusso luminoso: indica la riduzione del flusso emesso
dalla lampada in funzione del tempo di funzionamento della stessa.
– Durata media di vita della lampada: determina, unitamente al decadimento del flusso, l’economia di gestione dell’impianto e gli intervalli di tempo fra gli interventi di sostituzione.
Fig. 6
1 - ad incandescenza
2 - ad incandescenza con alogeni
3 - fluorescenti ad alta efficienza
4 - fluorescenti
5 - a vapori di mercurio alta pressione a bulbo fluorescente
130
6 - a vapori di mercurio alta pressione a luce miscelata
7 - a vapori di mercurio alta pressione a alogenuri
8 - a vapori di sodio a bassa pressione
9 - a vapori di sodio alta pressione
Tempi riaccensione a caldo (min)
Resa dei
colori
12-15
3
0
15
nulla
bassa
no (2)
5
10
media
medie
tutte
si
3-4
15-20
buona
medie/
grandi
(4 )
Fluorescenti:
– lineari (3)
starter
0
0
– compatte
starter
0
0
Luce miscelata
no (5)
5
5-10
Vapori di sodio:
– bassa pressione
– alta pressione
Vapori di mercurio con bulbo
fluorescente
Alogenuri metallici
Posizione di
funzionamento
Tempi di accensione (min)
A (1)
A
Tipo di
lampada
Dimensioni
Dispositivo di
accensione
Tabella 2 – Vantaggi e svantaggi delle lampade a scarica nei gas
rilevanti S.O.
medie tutte
discr./ rilevanti tutte
ottima
ottima med./pic- tutte
cole
media
medie
tutte
Nota - Tutte le lampada a scarica ad arco corto, qui esaminate, e quelle
ad arco lungo (fluorescenti) richiedono, per stabilizzare l'arco, un reattore
e, di conseguenza, richiedono la compensazione dell'energia reattiva mediante un condensatore.
A - accenditore
S.O. - solo prossime all'orizzontale
(1) In genere.
(2) Poichè l'innesco è provocato da un elettrodo ausiliario, offrono elevata
affidabilità (un componente delicato in meno).
(3) Esistono diverse tipologie di lampade con resa cromatica fino a 96. Assicurano anche un ottimo controllo dell'abbagliamento, grazie a luminanza contenuta
(4) In genere posizione solo prossima all’orizzontale; esistono anche lampade che funzionano in posizione verticale con zoccolo in alto.
(5) La lampada a luce miscelata non essendo una lampada a scarica non
richiede né reattore né accenditore e quindi è intercambiabile con le lampade a incandescenza.
131
Tabella 3 – Criteri di scelta delle lampade fluorescenti in relazione
all’ambiente
Ambiente
Tonalità
di luce
Resa
cromatica
Temperat.
di colore
(K)
Abitazioni
Alberghi, bar, ristoranti
Negozi generi alimentari
(carne e salumi)
Oreficerie
Locali di pubblico spettacolo
Ospedali (corsie)
calda
alta
< 3000
Scuole
Ospedali (illum. generale)
Uffici
Negozi vari
Grandi magazzini
Supermercati
Complessi sportivi
bianca
buona
4000
bianchissima
bassa
> 3000
diurna
alta
> 5000
Officine
Industrie
Fabbriche generiche
Esterni
Negozi di tessuti
Industrie tessili
Industrie grafiche
Studi fotografici
Laboratori
Apparecchi di illuminazione
Gli apparecchi di illuminazione svolgono alcune funzioni essenziali:
controllano il flusso luminoso della lampada dirigendolo nelle direzioni desiderate; evitano l’abbagliamento schermando la lampada o
riducendone la luminanza; proteggono la lampada dai danneggiamenti di carattere meccanico, garantendo la sicurezza elettrica funzionale e quella contro i contatti accidentali.
In base alla distribuzione del flusso luminoso si classificano in:
Diffusori: quando diffondono la luce in tutte le direzioni. Sono costituiti da involucri opalini (in vetro o materiale plastico). Diminuiscono la luminanza della lampada attenuando l’abbagliamento, ma
132
assorbono parte del flusso emesso dalla lampada (20 ÷ 50%) limitando il rendimento.
Riflettori: quando riflettono, mediante superfici speculari (alluminio
brillantato, vetro argentato, lamiere smaltate ecc.) la luce emessa
dalla lampada indirizzandola entro un angolo che varia in funzione
del tipo di apparecchio: molto piccolo (nel caso dei proiettori), molto
grande (150° ÷ 160°) per i riflettori diffondenti.
Rifrattori: quando la luce, attraversando uno schermo trasparente,
è deviata dalla sua direzione angolare. In relazione alle scanalature
prodotte sullo schermo trasparente si può controllare la diffusione
della luce e quindi la direzione del fascio luminoso.
Curve fotometriche degli apparecchi di illuminazione
Ogni apparecchio di illuminazione è caratterizzato da una particolare
distribuzione del flusso luminoso che si traduce in differenti intensità
luminose nelle diverse direzioni. È pertanto possibile tracciare per
ogni piano passante per la sorgente luminosa e l’apparecchio una
curva fotometrica che rappresenta i valori dell’intensità luminosa misurati lungo le varie direzioni angolari.
Le curve fotometriche, consentono di definire le caratteristiche illuminotecniche degli apparecchi e sono quindi fondamentali nei calcoli
degli impianti di illuminazione.
Normalmente, per ogni apparecchio, vengono fornite due curve fotometriche (fig. 7) relative a due piani verticali, ortogonali tra loro,
passanti per il centro ottico dell’apparecchio. Per facilitarne la lettura sui diagrammi vengono riportati dei cerchi concentrici attorno
all’origine (che rappresentano i livelli di intensità luminosa) e dei
segmenti uscenti dall’origine (che rappresentano gli angoli rispetto
alla verticale).
In genere le curve fotometriche sono tracciate basandosi convenzionalmente su un flusso luminoso di 1 000 lm. I valori rilevati dal diagramma devono essere quindi moltiplicati per un fattore che è
proporzionale al flusso effettivo della lampada.
Fig. 7
133
Classificazione degli apparecchi in base alla distribuzione del flusso luminoso
Tipo
Diretta: il flusso luminoso è
indirizzato nella zona sottostante l’apparecchio.
Consente l’adozione di apparecchi poco costosi, ma se
l'altezza di questi sul piano
di lavoro è insufficiente si
crea disuniformità di illuminamento.
Semidiretta: il flusso luminoso è diretto prevalentemente verso il basso e in
misura minore verso il soffitto per attenuare l’ombra e
rendere più confortevole la
visione.
Mista: il flusso luminoso è
distribuito in parti circa
uguali verso l’alto e il basso,
con uniformità di illuminamento e assenza di ombre e
di abbagliamento.
Semindiretta: il flusso luminoso è indirizzato verso il
soffitto con distribuzione
molto allargata e in piccola
parte verso il basso. Illuminamento uniforme, senza
abbagliamento.
Indiretta: il flusso luminoso
è diretto tutto verso il soffitto con distribuzione molto
allargata e giunge al piano
di lavoro per riflessione.
Offre elevata uniformità di
illuminamento.
134
Curva fotometrica
Apparecchio
Sistemi di illuminazione
Tipo
Schematizzazione
Generale
Gli apparecchi sono disposti in modo che
il flusso luminoso sia distribuito in tutto
l'ambiente in modo uniforme.
Sistema largamente usato in ogni campo
soprattutto dove sono necessari sul piano
di lavoro bassi o medi livelli di illuminamento.
Direzionale
La luce proviene prevalentemente da una
direzione preferita.
Tale illuminazione è realizzata mediante
una particolare disposizione degli apparecchi illuminanti o impiegando faretti
con riflettore a fascio largo.
È usata per creare ombre su oggetti esposti per evidenziarne la forma e per illuminare superfici che a loro volta agiscono
come sorgenti secondarie di luce.
Questo sistema può essere combinato con
l'illuminazione generale.
Localizzata
Gli apparecchi sono concentrati in certe
aree in modo da produrre un illuminamento sufficientemente elevato nelle
zone di maggior interesse.
L’illuminamento dell'ambiente può risultare disuniforme.
Supplementare
Gli apparecchi illuminanti sono disposti
vicino alle zone ove si deve compiere un
lavoro allo scopo di realizzare un illuminamento elevato.
Questo tipo di illuminazione dev'essere
integrato da una illuminazione generale.
135
Classificazione degli apparecchi di illuminazione
(Secondo il loro modo di protezione contro i contatti indiretti)
Classe
apparecchio
Caratteristiche
Contrassegno
0
Sono provvisti solamente di isolamento
principale e non dispongono del morsetto per la messa a terra. In caso di guasto
dell'isolamento principale la protezione
rimane affidata alle caratteristiche dell'ambiente che circonda l'apparecchio.
–
I
Sono provvisti di isolamento principale
e morsetto di messa a terra che dev’essere connesso al conduttore di protezione dell’impianto.
–
II
Sono provvisti di doppio isolamento o
isolamento rinforzato e non dispongono
del morsetto di messa a terra.
III
Apparecchi ad isolamento ridotto perché destinati ad essere alimentati
esclusivamente da un sistema a bassissima tensione di sicurezza.
Gradi di protezione degli apparecchi di illuminazione
I gradi di protezione sono quelli previsti dalle Norme CEI per gli involucri degli apparecchi in genere (vedere pag. 79).
Scelta ed installazione degli apparecchi di illuminazione
Nella scelta e nell’installazione degli apparecchi di illuminazione si
deve valutare l’effetto termico dell’energia irradiata e trasmessa all’ambiente circostante prendendo in considerazione:
– la potenza massima ammissibile dissipata dalle lampade;
– la resistenza al fuoco del materiale adiacente al punto di installazione e nelle aree termicamente influenzate;
– la distanza minima degli oggetti illuminati verso i materiali combustibili.
A tal fine gli apparecchi di illuminazione devono essere installati in
accordo con i simboli riportati sugli apparecchi stessi (tabella 4).
La connessione degli apparecchi di illuminazione fissi ai conduttori
di alimentazione deve avvenire in una scatola che costituisce il terminale della conduttura, eventualmente tramite un adeguato connettore montato nella scatola.
Se l’apparecchio di illuminazione non è provvisto di mezzi per la connessione ai cavi di alimentazione, è richiesto che questa connessione
136
Tabella 4 – Simboli indicanti la protezione contro gli effetti termici
per apparecchi di illuminazione e relative apparecchiature
Simboli
Significato
Uso di cavi resistenti al calore per alimentazione, interconnessione o cablaggio esterno
Unità di alimentazione protetta termicamente per
montaggio su superfici normalmente infiammabili
Distanza minima dagli oggetti illuminati
Apparecchio a temperatura limitata in superficie
adatto per essere installato dove si possono accumulare polveri combustibili (non esplosive).
Apparecchio per uso solo di lampade ad alogeni autoschermate e lampade utilizzabili solo con apparecchi
aperti
Apparecchio da incasso non adatto per montaggio diretto su superfici normalmente infiammabili
Apparecchio non adatto per montaggio superficiale
diretto su superfici normalmente infiammabili
Apparecchio non adatto ad essere coperto con materiale di isolamento termico
Alimentatore (o trasformatore) dotato di una protezione termica per prevenire il surriscaldamento
anche in caso di guasto o di fine vita.
Alimentatore indipendente
Trasformatore di isolamento di sicurezza di protezione contro i cortocircuiti
venga effettuata mediante morsetti, oppure mediante connettori
adatti per la connessione all’alimentazione. I mezzi di fissaggio, destinati a sostenere gli apparecchi di illuminazione sospesi, devono
essere conformi alle istruzioni del costruttore.
L’installatore deve assicurarsi che i mezzi di fissaggio siano in grado
di sostenere la massa degli apparecchi di illuminazione e i loro even137
tuali accessori, verificando che essa sia compatibile con la resistenza
meccanica del soffitto.
È ammesso l’impiego di alimentatori delle lampade indipendenti solo
se questi sono marcati con il corrispondente simbolo (tabella 4).
Requisiti per una buona illuminazione
Un impianto di illuminazione a regola d’arte, in conformità alle
norme, richiede il conseguimento dei seguenti requisiti:
– livello d’illuminamento adeguato alle necessità di chi frequenta
l’ambiente;
– uniformità d’illuminamento senza eccessivi contrasti o con i dovuti
contrasti (dove servono);
– equilibrio delle luminanze;
– limitazione dell’abbagliamento;
– equilibrio tra illuminazione direzionale e illuminazione diffusa;
– dosaggio appropriato tra illuminazione artificiale e naturale;
– resa dei colori commisurata alle necessità (non esclusa quella psicologica del vivere e lavorare in un ambiente gradevole);
– economia di gestione dell’impianto.
Livello d’illuminamento
Costituisce uno dei più importanti elementi da prendere in esame
nell’elaborazione del progetto; un adeguato valore dell’illuminamento in relazione alle caratteristiche e destinazione dell’ambiente
consente infatti all’occhio di percepire con rapidità e sicurezza, senza
fatica i particolari che interessano.
La fig. 8 a indica la variazione percentuale del rendimento e dell’affa-
Fig. 8
138
ticamento visivo in relazione ai livelli di illuminamento, mentre la fig.
8 b mostra la variazione percentuale del numero di errori che possono
essere commessi sempre in relazione ai livelli di illuminamento.
Nei calcoli illuminotecnici si considera l’illuminamento medio mantenuto, Em ossia il valore al di sotto del quale l’illuminamento medio
non deve mai scendere e che quindi deve essere sempre garantito
nel tempo, grazie ad interventi di manutenzione sugli apparecchi illuminanti e di sostituzione delle lampade guaste o con efficienza eccessivamente ridotta.
Nella tabella 5 sono riportati i livelli di illuminamento medio mantenuto, Em, consigliati per alcuni tipi di ambiente di lavoro (selezione
dalla Norma UNI EN 12464-1). I livelli più elevati possono essere
raggiunti anche integrando l’illuminazione diffusa con fonti locali
concentrate sugli oggetti da osservare o lavorare.
L’illuminazione localizzata deve essere comunque coordinata con
quella generale e non può sostituirsi ad essa.
Nella tabella 5 sono riportati anche i valori consigliati:
– dell’indice di resa cromatica Ra, che, in ambienti in cui si lavora o
dove si deve permanere per lungo tempo, non deve mai essere inferiore a 80;
– di URG, coefficiente relativo alla limitazione dell’abbagliamento
per la cui definizione si rimanda a pag. 144.
L’illuminamento medio va misurato sulla superficie orizzontale, verticale o inclinata di ogni zona del compito visivo; solo per i corridoi
e le rampe di accesso ai parcheggi deve essere misurato a livello del
pavimento.
Qualora siano richieste condizioni di visibilità diverse dalle abituali,
il valore di illuminamento medio mantenuto può essere modificato
dal progettista di almeno un gradino della seguente scala degli illuminamenti in più o in meno:
20 30 50 75 100 150 200 300 500
750 1000 1500 2000 3000 5000
È opportuno aumentare i valori dell’illuminamento mantenuto
quando:
– il compito visivo è critico;
– accuratezza e produttività sono molto importanti;
– le capacità visive del lavoratore sono inferiori al normale;
– i dettagli dell’oggetto del compito visivo sono molto piccoli o con
basso contrasto;
– il compito visivo richiede tempi di lavoro molto lunghi.
È consentito ridurre il valore dell’illuminamento mantenuto se:
– il compito visivo richiede tempi di lavoro molto brevi;
– i dettagli dell’oggetto del compito visivo sono molto grandi o con
elevato contrasto.
Nelle zone immediatamente circostanti il compito visivo può essere
ridotto purchè correlato al valore dell’illuminamento della zona del
compito visivo e comunque non minore dei valori della tabella 6.
139
Tabella 5 – Valori di illuminamento, indice di resa cromatica e indice
di abbagliamento consigliati per vari tipi di ambiente e attività
Em
(lux)
Ra
UGR
100 (2)
40
28
– Scale, ascensori, tappeti mobili
150
40
25
– Rampe di carico
150
40
25
– Ingressi
100
80
22
– Sale d’attesa
200
80
22
– Uffici archiviazione, copiatura, aree
di circolazione
300
80
19
– Uffici scrittura, lettura, elaboraz. dati
500
80
19
– Archivi
200
80
25
– Disegno tecnico
750
80
16
– Postazioni CAD
500
80
19
– Sale conferenze e riunioni
500
80
19
– Ricezione (reception)
300
80
22
– Locale visite e cure mediche
500
90
16
– Infermeria
500
80
19
– Locali per esercizi fisici
300
80
22
– Guardaroba, gabinetti, bagni
200
80
25
– Ingressi
100
80
22
– Guardaroba
200
80
25
– Biglietteria
300
80
22
– Sala d’attesa
200
80
22
– Corridoi
100
80
25
– Sale di prova, spogliatoi
300
80
22
Tipi di ambiente o attività
Zone di transito
– Aree di circolazione e corridoi
Locali di pubblico interesse in genere
Uffici
Ambulatori medici
Teatri, sale da concerto, cinema
140
Em
(lux)
Ra
UGR
300
80
22
100-200
(1 )
60
25
300
60
25
20-150
(1) (2)
60
22
150
60
22
– Area di lettura
500
80
19
– Posti di servizio al pubblico
500
80
19
– Zona scaffali
200
80
19
300
80
22
–
80
–
– Ristorante self service
200
80
22
– Buffet
300
80
22
– Sale conferenze
500
80
19
– Cucina
500
80
22
– Corridoi
100
80
25
– Area di vendita
300
80
22
– Casse
500
80
19
– Tavolo imballaggio
500
80
19
– Parrucchiere
500
90
19
– Lavanderie e tintorie
300
80
25
– Farmacie
500
80
19
Tipi di ambiente o attività
Fiere e padiglioni espositivi
– Illuminazione generale
Magazzini
– Zone di stoccaggio
– Zone di movimentazione, imballaggio, spedizione
– Corridoi di magazzini con scaffali
– Posto di controllo
Biblioteche
Ristoranti ed hotel
– Reception
– Ristorante, sale pranzo, ricevimenti
Locali di vendita al dettaglio
Locali per attività produttive
(Segue)
141
Em
(lux)
Ra
UGR
– Aule giochi e lavoro (scuole materne)
300
80
19
– Asili nido
300
80
19
– Aule scolastiche
300
80
19
– Sale di lettura
500
80
19
– Aule per disegno tecnico
750
80
16
– Aule di educazione tecnica, laboratori
500
80
19
– Laboratori di informatica
300
80
19
– Ingressi
200
80
22
– Aree di circolazione e corridoi
100
80
25
– Scale
150
80
25
– Aule comuni e aula magna
200
80
22
– Sale professori
300
80
19
– Rampe di ingresso/uscita (di giorno)
300 (2)
20
25
– Rampe di ingresso/uscita (di notte)
75 (2)
20
25
– Corsie
75 (2)
20
25
(2)
20
25
80
19
Tipi di ambiente o attività
Edifici scolastici
Parcheggi al coperto
– Zone di parcheggio
– Biglietteria
75
300
(1 )
Il valore più alto se nella zona vi è presenza continua di persone.
(2) A livello del pavimento.
Uniformità di illuminamento
Per assicurare un buon livello di comfort visivo il rapporto Emin/Emax
tra l’illuminamento minimo e quello massimo della zona di lavoro
(detto fattore di uniformità) non deve essere minore di:
– 0,7 nella zona del compito visivo;
– 0,5 nella zona immediatamente circostante quella del compito visivo.
Il fattore di uniformità dipende dall’entità del flusso luminoso riflesso dalle superfici del locale e dalla distribuzione degli apparecchi
di illuminazione. Per ottenere un’accettabile uniformità di illuminazione occorre limitare l’interdistanza tra gli apparecchi d’illumina142
Tabella 6 – Valori minimi di illuminamento mantenuto delle zone
immediatamente circostanti le zone del compito visivo
Valore di illuminamento
del compito visivo (lx)
Valore di illuminamento delle zone
immediatamente circostanti (lx)
≥ 750
500
500
300
300
200
≤ 200
Uguale alla zona del compito visivo
zione. L’interdistanza massima per un dato apparecchio, compatibile
con l’uniformità sopra indicata, è desumibile dal rapporto tra l’interdistanza stessa e l’altezza di montaggio degli apparecchi rispetto
al piano di lavoro; tale rapporto è fornito dai costruttori degli apparecchi di illuminazione.
L’uniformità d’illuminamento può essere determinata empiricamente misurando l’illuminamento mentre ci si sposta dalla verticale
sotto le singole lampade (illuminamento massimo) alle zone intermedie fra due o più fonti di luce (illuminamento minimo).
Equilibrio delle luminanze
Una distribuzione equilibrata delle luminanze nel campo visivo ha
una notevole importanza ai fini dell’efficienza della visione e per prevenire l’affaticamento visivo. In generale si può affermare che
quando i valori di luminanza in gioco sono piuttosto bassi, è preferibile che il contrasto tra la luminanza dell’oggetto da vedere e quella
della zona immediatamente ad esso circostante non sia molto accentuato. Con livelli elevati di luminanza è invece preferibile che il contrasto in parola sia piuttosto accentuato.
Le luminanze delle superfici dell’ambiente assumono particolare importanza e sono determinate dal fattore di riflessione e dal valore
dell’illuminamento delle superfici stesse. I fattori di riflessione consigliati sono:
– soffitto
da 0,6 a 0,9
– pareti
da 0,3 a 0,8
– pavimento
da 0,1 a 0,5
– piano di lavoro da 0,2 a 0,6
Limitazione dell’abbagliamento
L’abbagliamento è un disturbo visivo che si può verificare quando:
– nel campo visivo si vengono a trovare sorgenti luminose od oggetti
illuminanti la cui luminanza ha un valore troppo elevato (abbagliamento molesto o debilitante);
– una superficie speculare riflette la luce di una sorgente luminosa
143
Tabella 7 – Angoli di schermatura minimi degli apparecchi di illuminazione
Luminanza della lampada
(kcd/m2)
Angolo minimo
di schermatura
Da 20 a < 50
15°
Da 50 a < 500
20°
≥ 500
30°
esterna o interna (abbagliamento da riflessione o riflessione velante).
L’abbagliamento provocato direttamente dai centri luminosi è valutato attraverso l’indice unificato di abbagliamento UGR (Unified
Glare Rating) di valore crescente all’aumentare dell’abbagliamento.
Il calcolo dell’UGR è abbastanza laborioso per cui si deve ricorrere
in genere alle informazioni fornite dai costruttori di apparecchi di
illuminazione.
Condizione essenziale per mantenere entro limiti accettabili l’abbagliamento diretto provocato dagli apparecchi d’illuminazione è l’adeguato posizionamento e il controllo della loro luminanza nelle varie
direzioni di emissione mediante schermi disposti con angoli di schermatura minimi che dipendono dalla luminanza della lampada (tabella 7).
Il posizionamento degli apparecchi d’illuminazione deve tener conto:
– delle dimensioni del locale;
– dell’altezza d’installazione;
– delle dimensioni degli apparecchi e loro disposizione nel locale;
– della luminanza della superficie del plafone adiacente agli apparecchi stessi.
In merito ai primi due punti è evidente che quanto più il locale è
basso e lungo, tanto più numerosi sono i centri luce che entrano nel
campo visivo.
L’abbagliamento da riflessione può essere ridotto in vari modi:
– sistemando adeguatamente gli apparecchi d’illuminazione e i posti
di lavoro (fig. 9);
– prevedendo superfici opache di finitura degli arredi;
– riducendo la luminanza degli apparecchi d’illuminazione;
– aumentando l’area luminosa del corpo illuminante;
– dotando gli ambienti di pareti e soffitti chiari.
Illuminazione direzionale
La direzionalità della luce è un parametro fondamentale per definire
le caratteristiche di un ambiente luminoso.
L’eccesso di luce indiretta e diffusa, infatti, oltre ad attenuare le
ombre e ad appiattire le forme, peggiora la percezione degli oggetti.
144
Fig. 9
Associando alla luce indiretta un’illuminazione direzionale si facilita
l’espletamento del compito visivo, in quanto, risultando più marcate
le ombre, si rivelano meglio i dettagli. Per contro un’illuminazione
troppo direzionale in cui le ombre sono particolarmente marcate provoca spesso adattamenti bruschi per l’apparato visivo.
La soluzione migliore è costituita dal rapporto ottimale tra illuminazione diffusa e illuminazione direzionale, definito dalla norma UNI
12464-1 come il “modellato”, ossia la creazione di ombre gradatamente marcate. Ciò si ottiene mediante: adozione di apparecchi d’illuminazione caratterizzati da un’adatta emissione di flusso e una
razionale ubicazione degli stessi.
Fig. 10
145
Indice di resa cromatica e tonalità della luce
Tra i parametri che valgono a caratterizzare le sorgenti luminose ai
fini della qualità dell’illuminazione sono: la tonalità della luce e l’indice di resa cromatica. I valori consigliati per alcuni ambienti e attività sono indicati nella tabella 5 di pag. 140. È opportuno ricordare
che le lampade ad elevata temperatura di colore richiedono elevati
valori di illuminamento (fig. 10).
Fattore di manutenzione
Nel tempo l’illuminamento si riduce sia per il decadimento naturale
del flusso luminoso emesso dalle lampade, sia a causa dell’insudiciamento delle lampade o degli schermi degli apparecchi.
Per tener conto di questo aspetto, nella progettazione dell’impianto
di illuminazione il valore di illuminamento viene maggiorato in base
ad un coefficiente denominato fattore di manutenzione (M) che rappresenta il rapporto tra l’illuminamento medio mantenuto richiesto
e quello medio fornito dalle lampade:
Em
M=
E
Evidentemente il fattore di manutenzione è fortemente influenzato dal
sistema di manutenzione adottato (programmato o non programmato)
e può variare in un campo assai ampio in relazione alla pulizia dell’ambiente ed alla frequenza degli interventi di manutenzione.
Per gli impianti a luce diretta o prevalentemente diretta la tabella
8 riporta alcuni valori indicativi di M, desunti dall’esperienza.
Per impianti a luce indiretta, i valori della tabella vanno moltiplicati
per 0,8, a meno che non si provveda a ridurre gli intervalli di manutenzione, in modo correlato al grado di impolveramento del locale.
Metodo di calcolo per illuminazione d’interni
Il calcolo degli impianti di illuminazione di ambienti interni si basa
sul metodo del flusso totale (detto anche dei coefficienti di utilizzazione).
Tabella 8 – Fattore di manutenzione M, per impianti a luce diretta
o prevalentemente diretta (valori indicativi)
Grado di
impolveramento locale
Fattore di manutenzione M
Lampade a
Lampade al
incandescenza mercurio e al sodio
Lampade ad
alogenuri
Minimo
0,85
0,75
0,65
Medio
0,70
0,65
0,55
Elevato
0,60
0,50
0,45
146
Per il calcolo devono essere determinati i seguenti parametri:
1) L’illuminamento medio richiesto Em (in lux);
2) La superficie totale S del locale da illuminare (in m2);
3) L’altezza h dal soffitto al piano di lavoro (0,8 ÷ 1 m da terra) e la
distanza hu dall’apparecchio illuminante al piano di lavoro;
4) Il fattore di utilizzazione F, determinato dal rapporto tra il flusso
utile Φu (diretto e indiretto) che investe il piano di lavoro e il flusso
totale Φt emesso dalla sorgente (F = Φu /Φt); tale rapporto dipende:
dal sistema di illuminazione, dalle caratteristiche degli apparecchi
di illuminazione, dal fattore di riflessione di soffitto e pareti, dall’indice del locale k.
Valori indicativi dei coefficienti di riflessione sono riportati nella tabella 9 mentre quelli del fattore di utilizzazione sono riportati nella
tabella 10.
5) L’indice del locale k che tiene conto delle caratteristiche geometriche del locale (fig. 11); esso si calcola con le relazioni seguenti:
– per illuminazione con luce diretta, semidiretta, mista:
a·b
k=
hu· (a + b)
– per illuminazione con luce semindiretta o indiretta:
3· a· b
k=
2h · (a + b)
6) Coefficiente di manutenzione
M: tiene conto del decadimento
del flusso luminoso a seguito del
deprezzamento delle caratteristiFig. 11
che fotometriche degli apparecchi di illuminazione.
Il grafico di fig. 12 consente di valutare il coefficiente M in relazione
al tempo tra un intervento di manutenzione e l’altro.
Fig. 12
147
Tabella 9 – Coefficienti di riflessione di soffitti e pareti
Fattore di
riflessione
Colori delle superfici
Gruppi
molto
chiari
Vernice bianca - luce opaca
Calce bianca, smalto bianco latte
Carta bianca
Bianco avorio
Marmo di Carrara
Grigio perla
Crema
70%
Gruppi
chiari
Vernice avorio
Alluminio matto
Verde chiaro
Giallo paglierino
Marmo
Candoglia
Tabacco
Azzurro chiaro
50%
Gruppi
scuri
Acero bianco, legni lucidi chiari
Rosa carico
Arancio
Verde marino
Ottone, bronzo
Azzurro cielo
Cuoio
30%
Grigio ferro
Verde oliva
Indaco
Grigio fondo
Marrone bruciato
Legni scuri lucidi (noce, mogano)
10%
Gruppi
molto scuri
Calcolo del flusso totale
Le formule base per il calcolo del flusso luminoso Φt necessario per
illuminare un locale ad un dato livello medio di illuminamento Em
e quindi il numero n di lampade necessario sono:
Φt =
E m· S
F·M
n =
Φt
ΦL
essendo ΦL il flusso emesso da ogni singola lampada, F il fattore di
utilizzazione e M il fattore di manutenzione.
Il numero n di lampade va arrotondato all’intero superiore.
148
Uniformità di illuminamento
Per assicurare un fattore di uniformità non inferiore a 0,7 devono
essere determinate con precisione altezza e interdistanza dei centri
luminosi. A titolo orientativo si possono però ritenere valide le seguenti relazioni (fig. 13):
a) per illuminazione diretta, semidiretta e mista:
D/hu < 1,5
d = D /2 in generale;
d = D /3 per ambienti con posti di lavoro vicino alle pareti
b) per illuminazione indiretta e semindiretta:
Fig. 13
D/h < 1,5
Esempio
Si voglia illuminare un locale con i
seguenti dati di progetto:
– dimensioni: 13 x 16 m (S = 208 m2);
– altezza utile: hu = 2,1 m;
– illuminamento richiesto 250 lx;
– distribuzione della luce: mista;
– coefficiente di riflessione:
pareti: 50%
soffitto: 50%.
Procedimento
Determinazione dell’indice del locale:
a·b
13 · 16
k=
=
= 3,4
2,1· (13 + 16)
hu (a + b)
Dalla tabella 10 risulta che con k = 3,4 si ha un fattore di utilizzazione F = 0,56.
Considerando un periodo fra due manutenzioni di 300 giorni e un
ambiente abbastanza pulito si può assumere un coefficiente di manutenzione pari a 0,75 (vedere fig. 12).
Calcolo del flusso totale:
250· 208
Em · S
=
= 123 810 lm
Φt =
F·M
0,56 · 0,75
Scegliendo tubi fluorescenti da 3 500 lm risultano necessarie:
123 810
= 35 lampade
3 500
Numero che viene portato a 36 per questioni di simmetria.
Le lampade sono posizionate, su apparecchi di illuminazione bilampada, 2 x 36 W.
149
150
Distribuzione
0,38
0,46
0,50
0,54
0,58
0,62
0,67
0,69
0,72
0,74
0,28
0,35
0,39
0,45
0,49
0,56
0,60
0,64
0,68
0,70
0,50 ÷ 0,70
0,70 ÷ 0,90
0,90 ÷ 1,10
1,10 ÷ 1,40
1,40 ÷ 1,75
1,75 ÷ 2,25
2,25 ÷ 2,75
2,75 ÷ 3,50
3,50 ÷ 4,50
4,50 ÷ 6,50
50%
0,50 ÷ 0,70
0,70 ÷ 0,90
0,90 ÷ 1,10
1,10 ÷ 1,40
1,40 ÷ 1,75
1,75 ÷ 2,25
2,25 ÷ 2,75
2,75 ÷ 3,50
3,50 ÷ 4,50
4,50 ÷ 6,50
Indice
locale k
Indice di
riflessione
Tabella 10 – Fattore di utilizzazione F
0,22
0,29
0,33
0,38
0,42
0,50
0,55
0,59
0,62
0,65
0,32
0,42
0,46
0,50
0,54
0,59
0,64
0,66
0,70
0,71
30%
75%
0,18
0,25
0,30
0,33
0,37
0,44
0,50
0,54
0,59
0,62
0,28
0,38
0,43
0,48
0,51
0,56
0,61
0,63
0,67
0,69
10%
0,26
0,33
0,37
0,40
0,43
0,49
0,53
0,56
0,61
0,65
0,37
0,46
0,50
0,53
0,56
0,60
0,65
0,67
0,70
0,72
50%
0,21
0,27
0,32
0,36
0,39
0,44
0,48
0,51
0,56
0,62
0,32
0,41
0,46
0,50
0,53
0,58
0,63
0,65
0,68
0,70
30%
Pareti
50%
Soffitto
0,18
0,24
0,28
0,32
0,34
0,40
0,44
0,47
0,53
0,60
0,28
0,38
0,43
0,47
0,50
0,56
0,61
0,63
0,66
0,68
10%
0,20
0,26
0,30
0,33
0,37
0,42
0,47
0,50
0,54
0,58
0,31
0,41
0,46
0,49
0,52
0,58
0,62
0,64
0,67
0,69
30%
30%
0,17
0,24
0,27
0,30
0,33
0,38
0,44
0,47
0,52
0,57
0,28
0,38
0,43
0,47
0,50
0,56
0,61
0,62
0,66
0,67
10%
151
Distribuzione
0,26
0,32
0,37
0,40
0,42
0,46
0,50
0,52
0,55
0,57
0,11
0,15
0,18
0,22
0,25
0,29
0,33
0,35
0,36
0,39
0,50 ÷ 0,70
0,70 ÷ 0,90
0,90 ÷ 1,10
1,10 ÷ 1,40
1,40 ÷ 1,75
1,75 ÷ 2,25
2,25 ÷ 2,75
2,75 ÷ 3,50
3,50 ÷ 4,50
4,50 ÷ 6,50
50%
0,50 ÷ 0,70
0,70 ÷ 0,90
0,90 ÷ 1,10
1,10 ÷ 1,40
1,40 ÷ 1,75
1,75 ÷ 2,25
2,25 ÷ 2,75
2,75 ÷ 3,50
3,50 ÷ 4,50
4,50 ÷ 6,50
Indice
locale k
Indice di
riflessione
0,09
0,12
0,15
0,18
0,21
0,26
0,30
0,32
0,34
0,38
0,23
0,29
0,33
0,36
0,39
0,43
0,46
0,48
0,52
0,54
30%
75%
0,06
0,10
0,12
0,16
0,19
0,22
0,28
0,30
0,32
0,36
0,21
0,27
0,31
0,34
0,36
0,40
0,43
0,45
0,49
0,51
10%
0,07
0,09
0,10
0,13
0,15
0,17
0,20
0,21
0,22
0,24
0,23
0,28
0,31
0,34
0,36
0,41
0,44
0,46
0,48
0,49
50%
0,05
0,07
0,09
0,11
0,13
0,15
0,19
0,20
0,21
0,23
0,21
0,26
0,29
0,31
0,33
0,38
0,40
0,44
0,46
0,47
30%
Pareti
50%
Soffitto
0,04
0,06
0,07
0,10
0,11
0,14
0,17
0,19
0,20
0,23
0,19
0,24
0,27
0,30
0,32
0,35
0,39
0,41
0,45
0,46
10%
0,19
0,23
0,26
0,28
0,30
0,32
0,34
0,37
0,39
0,42
30%
30%
0,17
0,21
0,24
0,26
0,28
0,30
0,33
0,36
0,38
0,41
10%
Valori indicativi del numero di lampade fluorescenti per
illuminazione degli ambienti civili
Superf.
locale
(m2)
50
100
150
200
250
300
350
400
450
500
10
15
20
25
30
35
40
45
50
55
60
65
70
75
80
85
90
95
100
120
140
160
180
200
250
300
350
400
450
1
1
1
1
2
2
2
2
2
3
3
3
3
3
4
4
4
4
4
5
6
6
7
7
9
10
12
13
14
1
1
2
3
3
4
4
4
4
5
5
6
6
6
6
7
7
8
8
9
10
12
13
14
17
20
23
26
29
1
2
3
4
4
5
6
6
6
7
8
8
9
9
9
10
11
12
12
14
16
18
20
21
26
31
35
39
43
2
3
4
5
6
6
7
8
8
9
10
11
12
12
13
14
14
15
16
18
21
24
26
28
35
40
46
51
57
3
4
5
6
7
8
9
9
11
12
12
14
14
15
16
17
18
19
20
23
26
29
33
35
43
50
58
65
72
3
4
6
8
8
9
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
27
31
35
39
42
52
60
69
78
86
4
5
7
8
9
11
12
14
15
16
18
19
20
21
22
24
25
26
27
32
37
41
45
50
59
71
81
91
100
4
6
8
9
12
13
14
16
17
18
20
22
23
24
26
27
29
30
31
37
42
47
52
56
69
81
92
104
115
4
6
9
11
13
14
16
18
19
21
22
24
26
27
29
31
32
34
35
41
47
53
58
63
77
91
104
117
129
5
8
9
12
14
16
18
20
21
23
25
27
29
31
32
34
36
38
41
46
52
58
65
71
86
100
115
130
143
Illuminamento (lux)
Valori riferiti a: lampade di Ø 26 mm, a luce bianca da 36 W, 4000 K, 3450
lm, installate a 2 m dal piano di lavoro, coefficiente di manutenzione 0,8,
coefficienti di riflessione pari al 70% per il soffitto e 30% per le pareti.
Per le lampade di potenza diversa moltiplicare il valore indicato in tabella
per i coefficienti: 2,38 per lampade da 18 W e 0,64 per lampade da 58 W.
152
IMPIANTI IN AMBIENTI A MAGGIOR
RISCHIO IN CASO D’INCENDIO
Ambienti a maggior rischio in caso d’incendio
Gli ambienti “a maggior rischio in caso d’incendio” si distinguono da
quelli “ordinari” in quanto presentano un rischio più elevato; intendendo con il termine rischio il prodotto della probabilità che si verifichi l’incendio per la presumibile entità del conseguente danno alle
persone, cose o animali.
È evidente che, a parità di rischio, si possono avere situazioni in cui,
a fronte di una probabilità di incendio elevata, i presunti danni possono essere modesti e, viceversa, in presenza di una probabilità limitata, i danni possono essere rilevanti.
In ogni caso è necessario porre in essere tutti quegli accorgimenti
che consentano sia di ridurre al minimo la probabilità di incendio e
sia di limitare i danni qualora esso si sviluppi.
Non è compito del CEI fornire le modalità per l’individuazione degli
ambienti a maggior rischio in caso d’incendio, in quanto è necessario
effettuare un’analisi dei rischi (D.Lgs. 81/08, corretto e integrato dal
D.Lgs. 106/09) che deve essere eseguita, con l’ausilio della documentazione antincendi (D.M.10-3-98), sotto la responsabilità del committente e sulla base, ad esempio, dei seguenti parametri:
– densità di affollamento;
– massimo affollamento ipotizzabile;
– capacità di deflusso o di sfollamento;
– entità del danno per animali e/o cose;
– comportamento al fuoco delle strutture e dei materiali impiegati
nei componenti dell’edificio;
– presenza di materiali combustibili (1);
– tipo di utilizzazione dell’ambiente;
– situazione organizzativa per quanto riguarda la protezione antincendio (adeguati mezzi di segnalazione ed estinzione incendi, piano
di emergenza e sfollamento, addestramento del personale, distanza
dal più vicino distaccamento del Corpo Nazionale del Vigili del
Fuoco, esistenza di Vigili del Fuoco aziendali ecc.).
(1) Combustibile è una sostanza capace di combinarsi con un comburente (ossigeno dell’aria) dando luogo ad una reazione in cui si ha liberazione di calore
e fiamma. Sono combustibili le sostanze, liquide o solide aventi una “temperatura di infiammabilità” superiore a 40 °C (essendo la temperatura di infiammabilità la temperatura minima alla quale la sostanza incomincia ad
emettere vapori o gas in quantità sufficiente a creare con l’aria un’atmosfera
pericolosa).
153
Il D.M. 10-3-98 definisce tre livelli di rischio d’incendio: elevato,
medio, basso: sono considerati a maggior rischio in caso d’incendio
generalmente gli ambienti con livello di rischio almeno medio, (si
veda l’Allegato 9, art. 9.3 del D.M.).
La Norma CEI 64-8/7, pur non indicando con precisione quali luoghi
possono essere considerati a maggior rischio in caso di incendio, al
fine di definire le caratteristiche che l’impianto elettrico deve presentare per garantire un’adeguata sicurezza, ha raggruppato tali
luoghi in tre categorie, (per comodità definite: A, B e C) per le quali
la tabella 1 fornisce degli esempi.
In assenza di valutazioni eseguite nel rispetto del D.Lgs. 81/08, il
D.P.R. 01/08/2011, n. 151 elenca le attività, soggette ai controlli di
prevenzione incendi da parte dei VV.F, che possono essere considerate ambienti a maggior rischio in caso di incendio.
In generale, gli ambienti dove non si svolgono le attività elencate nel
D.P.R. 151/2011 non sono ambienti a maggior rischio in caso di incendio; tuttavia, essi possono essere considerati tali se si verificano
le condizioni elencate in precedenza.
Per la individuazione dei luoghi di tipo C è necessario determinare
la classe del compartimento antincendio e pertanto è necessario riferirsi al D.M. 9/3/2007.
Con il termine “compartimento antincendio” si intende la parte della
costruzione organizzata per rispondere alle esigenze della sicurezza
in caso di incendio e delimitata da elementi costruttivi idonei a gaTabella 1 – Esempi di luoghi a maggior rischio in caso d’incendio
Luoghi di tipo A
Sono quegli ambienti a maggior rischio in caso d’incendio per:
a) l’elevata densità di affollamento o per l’elevato tempo di sfollamento in caso d’incendio, quali ad esempio:
– locali di pubblico spettacolo e di trattenimento;
– alberghi, pensioni, motel, dormitori e simili;
– scuole di ogni ordine, grado e tipo, accademie e simili;
– ambienti adibiti ad esposizione e/o vendita all’ingrosso o al dettaglio;
– stazioni sotterranee di ferrovie, di metropolitane e simili;
– ambienti destinati ai degenti negli ospizi, ai detenuti nelle carceri ed ai bambini negli asili ed ambienti simili;
– il sistema di vie d’uscita, i vani ed i condotti dei sistemi di ventilazione forzata negli edifici destinati a civile abitazione con altezza in gronda superiore a 24 m.
b) l’elevato danno ad animali o cose, quali ad esempio:
– edifici pregevoli per arte o storia oppure destinati a contenere
biblioteche, archivi, musei, gallerie, collezioni e comunque oggetti
154
di interesse culturale sottoposti alla vigilanza dello Stato.
In questi ambienti la probabilità che si verifichi un incendio può
essere anche molto limitata, ma in ogni caso l’entità del danno previsto è notevole.
Luoghi di tipo B
Sono quegli ambienti a maggior rischio in caso d’incendio in
quanto aventi le strutture portanti combustibili, come ad esempio,
gli edifici costruiti interamente in legno (le travi in legno non sono
motivo sufficiente per ritenere l’ambiente a maggior rischio) senza
particolari requisiti antincendio, come ad esempio le baite. Per
questi ambienti la probabilità che si sviluppi un incendio è alta.
Nota: L’individuazione degli ambienti di tipo A e B soggetti al controllo
dei Vigili del Fuoco è effettuata dal Ministero dell’Interno con parere del
CCTS (Comitato Centrale Tecnico Scientifico per la prevenzione incendi).
Luoghi di tipo C
Sono quegli ambienti che possono essere considerati a maggior rischio in caso d’incendio a causa della presenza di materiale infiammabile o combustibile in lavorazione, convogliamento, manipolazione o deposito quando la classe del compartimento antincendio
considerato è maggiore di 30 (carico d’incendio specifico di progetto
> 450 MJ/m2). I materiali considerati sono i seguenti:
– materiali combustibili allo stato solido, compatto o di aggregati
o di fibre o di trucioli o granulari (ad es.: legno, carta, manufatti facilmente combustibili, lana, paglia, grassi lubrificanti) per i quali
in pratica non si considera una temperatura d’infiammabilità;
– sostanze allo stato liquido aventi temperatura d’infiammabilità
(1) superiore a 40 °C o alla massima temperatura ambiente e non
soggetti a lavorazione, convogliamento, manipolazione o deposito
con modalità tali da consentire loro il contatto con l’aria ambiente
a temperature uguali o superiori a quella d’infiammabilità (2).
(1) Temperatura d’infiammabilità: è la minima temperatura alla quale
una sostanza emette, sopra la sua superficie libera, gas o vapore in quantità sufficiente a formare con l’aria una miscela avente concentrazione
compresa entro i limiti di infiammabilità.
(2) Se negli ambienti sono presenti:
– materiali esplosivi, fluidi infiammabili, polveri infiammabili;
– liquidi infiammabili o combustibili aventi temperatura di infiammabilità inferiore a 40 °C;
– liquidi infiammabili o combustibili con temperatura di infiammabilità
superiore a 40 °C, ma soggetti a lavorazione, convogliamento, manipolazione o deposito con modalità tali da consentire il loro contatto con l’aria
ambiente a temperatura uguale o superiore a quella d’infiammabilità (diminuita di 5 K) perché, ad esempio, sono stati riscaldati;
in tali ambienti può formarsi un’atmosfera esplosiva e di conseguenza gli
impianti devono essere realizzati in conformità alle prescrizioni delle
norme riguardanti i luoghi con pericolo d’esplosione.
155
rantire, sotto l’azione del fuoco e per un dato intervallo di tempo, la
capacità di compartimentazione (DM 9 marzo 2007).
La “classe di resistenza al fuoco” (del compartimento antincendio) è
l’intervallo di tempo espresso in minuti, definito in base al carico di
incendio specifico di progetto, durante il quale il compartimento antincendio garantisce la capacità di compartimentazione.
Sono previste le classi: 15 - 30 - 45 - 60 - 90 - 120 - 180. Più alto è il
numero più pericoloso è il compartimento e quindi più severe devono
essere le misure di protezione.
Nella tabella 2 sono riportati gli elementi per il calcolo della classe
del compartimento antincendio.
L’impianto elettrico, causa e veicolo d’incendio
Qualsiasi materiale, se assume una determinante temperatura
(temperatura di accensione), in presenza di ossigeno atmosferico si
incendia. Alcuni materiali richiedono una grande quantità di energia
termica perché possano raggiungere la temperatura di accensione,
per altri la quantità di energia termica necessaria è limitata.
Le fonti più comuni di energia termica che possono costituire elemento di innesco dell’incendio sono la corrente elettrica, le cariche
elettrostatiche, le superfici calde di macchine o forni, le scintille e le
fiamme libere.
Le principali cause elettriche di innesco sono:
– le correnti di guasto a terra (correnti differenziali);
– i cortocircuiti;
– i sovraccarichi non eliminati tempestivamente;
– gli archi elettrici;
– i surriscaldamenti localizzati per cattivi contatti nei morsetti, nelle
prese o negli adattatori;
– le correnti superficiali dovute al deposito di polvere conduttrice,
e/o all’umidità presente sulle superfici isolanti che supportano parti
in tensione.
In ogni caso i guasti di natura elettrica che possono dar luogo ad incendio sono dovuti alla perdita di isolamento per decadimento delle
caratteristiche dielettriche degli isolanti.
Maggiormente interessati a questo tipo di guasto sono i cavi, le giunzioni e derivazioni, gli interruttori, le prese, i quadri elettrici.
I cavi costituiscono il fattore di rischio più consistente in quanto la
presenza di impianti elettrici con circuiti estesi e ramificati nei vari
ambienti, non solo accresce la probabilità di innesco dell’incendio,
ma anche la possibilità che i cavi costituiscano il veicolo di propagazione dell’incendio da essi stessi innescato o sviluppatosi per cause
estranee all’impianto elettrico.
Inoltre emettendo fumi e gas tossici e corrosivi possono determinare
danni ancora più ingenti a cose o persone. È noto infatti che la causa
principale che ha provocato molte vittime negli incendi verificatisi
negli ultimi anni in locali di pubblico spettacolo è da far risalire al
fumo e ai gas tossici piuttosto che alle fiamme.
156
Tabella 2 – Calcolo della classe del compartimento antincendio (sintesi dell’Allegato al D.M. 9/3/2007)
Il potenziale termico netto di tutti i materiali combustibili contenuti
in uno spazio corretto in base ai parametri indicativi della partecipazione alla combustione dei singoli materiali è denominato “carico
di incendio” ed è espresso in MJ (convenzionalmente 1 MJ = 0,054
kg di legna equivalente).
In relazione alla superficie lorda del compartimento antincendio (*)
si determina il carico d’incendio specifico con la formula:
n
Σ gi . Hi . mi . ψ i
qf =
i =1
[MJ/m2 ]
A
g i - massa dell'i-esimo materiale combustibile [kg];
H i - potere calorifico dell'i-esimo materiale combustibile [MJ/kg]; i
valori di H i possono essere determinati per via sperimentale secondo la Norma UNI EN ISO 1716 o mutuati dalla letteratura tecnica.
m i - fattore di partecipazione alla combustione dell'i-esimo materiale combustibile pari a 0,80 per il legno e altri materiali di natura
cellulosica e 1,00 per tutti gli altri materiali combustibili.
ψ i - fattore di limitazione della partecipazione alla combustione dell'i-esimo materiale combustibile pari a 0 per i materiali contenuti in
contenitori appositamente progettati per resistere al fuoco; 0,85 per
i materiali contenuti in contenitori non combustibili e non appositamente progettati per resistere al fuoco; 1 in tutti gli altri casi.
A - superficie in pianta lorda del compartimento [m2]
Qualora, in alternativa alla formula suddetta, si pervenga alla determinazione di q f attraverso una valutazione statistica del carico
di incendio per la specifica attività, si deve far riferimento a valori
con probabilità di superamento inferiore al 20%.
Per determinare la classe di resistenza al fuoco del compartimento
antincendio si deve calcolare il “carico d’incendio specifico di progetto” (qf,d) - ossia il carico d'incendio specifico corretto in base ai parametri indicatori del rischio di incendio del compartimento e dei
fattori relativi alle misure di protezione presenti - con la relazione:
q f,d = δq1 . δq2 . δn . q f
δn = δn1 . δn2 . δn3 . ..... . δn9
dove:
(*) Lo spazio di riferimento generalmente coincide con il compartimento
antincendio considerato e il carico di incendio specifico è quindi riferito
alla superficie in pianta lorda del compartimento stesso, nell'ipotesi di una
distribuzione sufficientemente uniforme del carico di incendio. In caso contrario il valore nominale q f del carico d'incendio specifico è calcolato anche
con riferimento all'effettiva distribuzione dello stesso.
(Segue)
157
Tabella a
Superficie lorda in pianta
del compartimento
(m2)
δq1
Superficie lorda in pianta
del compartimento
(m2)
δq1
A < 500
1
2.500 ≤ A < 5.000
1,60
500 ≤ A < 1.000
1,20
5.000 ≤ A < 10.000
1,80
1.000 ≤ A < 2.500
1,40
A ≥ 10.000
2,00
Tabella b
δq2
Classi di
rischio
Descrizione delle aree in termini di probabilità
di innesco dell’incendio
I
Basso rischio di incendio, velocità di propagazione
delle fiamme e possibilità di controllo dell'incendio stesso da parte delle squadre di emergenza
0,8
II
Moderato rischio di incendio in termini di probabilità d'innesco, velocità di propagazione di un incendio e possibilità di controllo dell'incendio
stesso da parte delle squadre di emergenza
1
III
Alto rischio di incendio in termini di probabilità
d'innesco, velocità di propagazione delle fiamme
e possibilità di controllo dell'incendio da parte
delle squadre di emergenza
1,2
Tabella c
Misure di protezione
Sistemi automatici di estinzione
158
ad acqua
δ n1 = 0,60
altro
δ n2 = 0,80
Sistemi di evacuazione automatica fumo e calore
δ n3 = 0,90
Sistemi automatici di rilevazione, segnalazione e δ = 0,85
n4
allarme di incendio
Squadra aziendale dedicata alla lotta antincendio δ n5 = 0,90
Rete idrica antincendio
interna
δ n6 = 0,90
interna e esterna
δ n7 = 0,80
Percorsi protetti di accesso
δ n8 = 0,90
Accessibilità ai servizi di soccorso VVF
δ n9 = 0,90
δq1 - fattore che considera il rischio di incendio in relazione alla dimensione del compartimento (tabella a);
δq2 - fattore che tiene conto del rischio di incendio in relazione al
tipo di attività svolta nel compartimento (tabella b);
δ n - fattore che tiene conto dei parametri δ ni relativi alle differenti
misure di protezione adottate (tabella c);
q f - valore nominale del carico d'incendio specifico.
In relazione al carico d'incendio specifico di progetto le classi di resistenza al fuoco per il livello III di prestazione richiesta a una costruzione (mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo
idoneo alla gestione dell’emergenza) sono indicate nella tabella d.
Tabella d
Carichi d’incendio
specifici di progetto
(q f,d)
≤ 100 MJ/m2
Classe
Carichi d’incendio
specifici di progetto
(q f,d)
0
≤ 900 MJ/m2
MJ/m2
≤ 300 MJ/m2
≤ 200
Classe
60
15
≤ 1200
MJ/m2
90
20
≤ 1800 MJ/m2
120
≤ 450 MJ/m2
30
≤ 2400 MJ/m2
180
≤ 600 MJ/m2
45
> 2400 MJ/m2
240
I livelli che individuano le prestazioni richieste a una costruzione sono:
Livello I - Nessun requisito specifico di resistenza al fuoco qualora le conseguenze della perdita dei requisiti stessi siano accettabili o dove il rischio
di incendio sia trascurabile.
Livello II - Mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo
sufficiente all'evacuazione degli occupanti all'esterno della costruzione in
luogo sicuro. Può ritenersi adeguato per costruzioni fino a 2 piani fuori terra
e 1 piano interrato, isolate - eventualmente adiacenti ad altre purché strutturalmente e funzionalmente separate - destinate ad un'unica attività non
aperta al pubblico e ai relativi impianti tecnologici di servizio e depositi, purchè si verifichino tutte le condizioni dettagliate dal D.M 9/3/2007.
Il livello II di prestazione è assicurato, a prescindere dal valore assunto dal
carico di incendio specifico di progetto, dalle classi di resistenza al fuoco:
30 - per costruzioni ad un piano fuori terra, senza interrati;
60 - per costruzioni fino a due piani fuori terra e un piano interrato.
Livello III - Mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo congruo con la gestione dell'emergenza.
Livello IV - Requisiti di resistenza al fuoco tali da garantire, dopo la fine
dell'incendio, un limitato danneggiamento della costruzione.
Livello V - Requisiti di resistenza al fuoco tali da garantire, dopo la fine dell'incendio, il mantenimento della totale funzionalità della costruzione.
I livelli IV o V possono essere oggetto di specifiche richieste del committente o essere previsti dai capitolati tecnici di progetto. Possono altresì essere richiesti dalla autorità competente per costruzioni destinate ad
attività di particolare importanza.
159
I cavi e l’incendio
Nei cavi per bassa tensione il cedimento dell’isolamento è dovuto a
cause di natura meccanica, chimica e termica che determinano una
riduzione dello spessore dell’isolante o una sua rottura. Ciò rende
possibile lo stabilirsi di deboli correnti di dispersione, tra fase e fase
e tra fase e massa, che possono, evolvendosi nel tempo, aumentare
di intensità e innescare un arco, possibile causa d’incendio.
Un aspetto importante per quanto riguarda il decadimento dell’isolante è la correlazione tra la temperatura del cavo e la durata di vita
del cavo stesso al termine della quale le proprietà dell’isolante risultano compromesse.
Il grafico di figura 1, mostra l’andamento della “durata di vita convenzionale” e della “perdita di vita convenzionale 1‰”, per conduttori isolati sia in polivinilcloruro (PVC) sia in etilenpropilene (EPR).
Si può rilevare dalle curve della durata di vita convenzionale che, se
un conduttore si trova costantemente alla temperatura di 90 °C,
perde la propria vita in 30 anni, se si tratta di cavo in EPR, e in soli
2,5 anni, se si tratta di cavo in PVC. Alla temperatura costante di
120 °C, il cavo in EPR perde la propria vita in circa 1,5 anni, mentre
il cavo in PVC la perde in circa 50 giorni.
Fig. 1
160
Dalla curva della perdita di vita convenzionale 1‰ si può invece constatare come, ad una temperatura di 160 °C, il cavo in EPR perda un
millesimo della propria vita in 20 minuti, mentre il cavo in PVC
perda un millesimo della propria vita in soli 15 s.
Dall’osservazione dei diagrammi descritti si deduce che, nel dimensionamento delle condutture, oltre a tenere presente la corrente di
regime a cui sarà sottoposto il conduttore durante il suo funzionamento, è anche importante sapere se il cavo può risultare sottoposto
a frequenti sovraccarichi.
Dai grafici che indicano i valori di sovraccaricabilità in funzione
della “perdita di vita convezionale 1 ‰” (fig. 2) si può rilevare l’entità
della perdita di vita di un cavo in relazione alla corrente di sovraccarico.
Per i cavi isolati in PVC, ad esempio, si può constatare che una corrente di intensità pari a 10 volte la portata del cavo provoca la
perdita di un millesimo della vita del cavo se permane per un periodo
da tre a cinquanta secondi circa, a seconda della sezione del cavo. Di
conseguenza, quando si dimensionano i conduttori che alimentano i
motori o apparecchiature con elevate correnti di spunto e con un elevato numero di avviamenti nell’arco di una giornata (quali ad esempio i ventilatori), si dovranno tenere presenti i transitori di avviamento durante i quali la corrente può assumere valori anche 10 volte
la corrente nominale per tempi superiori ad 1 s.
Infatti, dimensionando il cavo in relazione alla sola corrente nominale, esso perderebbe un millesimo della propria vita o più ad ogni
avviamento, con il rischio di danneggiarsi nel giro di pochi mesi.
Il decadimento delle proprietà dielettriche dell’isolante, deriva in
misura consistente anche dalla riduzione delle proprietà meccaniche
Fig. 2
161
dovuta alla dilatazione dei conduttori (a seguito di sovracorrenti)
che sollecita a trazione e compressione l’isolante.
Naturalmente il decadimento dipende dal tipo di isolamento. Il PVC,
a causa della sua termoplasticità rammollisce già a temperature
basse (alcune decine di gradi oltre la sua temperatura d’esercizio di
70 °C) per cui le sollecitazioni meccaniche possono provocare facilmente riduzioni nello spessore dell’isolante.
L’EPR, viceversa, oltre ad avere una temperatura d’esercizio superiore (~ 90°C) non subisce il fenomeno della deformazione plastica e
quindi il rischio di decadimento delle proprietà meccaniche risulta
decisamente minore.
Classificazione dei cavi
In relazione al loro comportamento al fuoco i cavi sono suddivisi
nelle seguenti categorie:
– cavi senza particolari requisiti: non offrono alcuna protezione contro l’incendio (in pratica questi cavi sono quasi scomparsi dal mercato);
– cavi resistenti alla propagazione della fiamma (rispondenti alla
Norma CEI 20-35): questi cavi non propagano la fiamma se sono installati singolarmente; tale proprietà decade quando risultano installati in fasci;
– cavi resistenti alla propagazione dell’incendio (rispondenti alla
Norma CEI 20-22): non propagano l’incendio anche se raggruppati
in fascio (2). Sono cioè dotati di caratteristiche di autoestinguenza e
non accensione anche in condizioni di installazione gravose (fascio di
cavi verticali in cunicoli o cavedi con tiraggio naturale); portano
stampigliata sulla guaina la scritta CEI 20-22 II o III e, in genere,
sono di colore blu chiaro per cavi con guaina in PVC e grigio per
quelli con guaina in gomma;
– cavi a bassa emissione di gas e di fumo (LSOH), rispondenti alle
Norme CEI 20-38, che utilizzano come isolanti elastomeri privi di
(2) Il fascio tuttavia non deve essere di dimensioni superiori a quelle del fascio
di prova previsto dalla Norma CEI 20-22, diversamente la resistenza alla
propagazione dell’incendio non è più assicurata.
La Norma infatti prevede, per la verifica dell’attitudine dei cavi a non propagare l’incendio, prove di severità graduata in relazione al tipo di cavo. Per
ciascun tipo di prova è previsto un determinato quantitativo di materiale non
metallico (isolante o riempitivo) per metro lineare di fascio:
a) 10 kg /m per i cavi isolati in PVC;
b) 5 kg /m per i cavi unipolari privi di rivestimento protettivo, con isolamento
diverso dal PVC e con tensione nominale U0 /U < 0,6/1 kV;
c) 10 kg /m di materiale non metallico per i cavi, differenti da quelli ai punti
a) e b) isolati con materiali diversi dal PVC;
d) 1,5 dm3/m (corrispondente a circa 2,5 kg/m) per i cavi differenti da quelli
indicati ai punti a) e b) ed inoltre isolati con materiali diversi dal PVC.
I cavi di cui ai punti a), b) e c) sono contrassegnati con il simbolo CEI 2022/II, mentre quelli di cui al punto d) sono contrassegnati con CEI 20-22/III.
162
alogeni e altre sostanze che possono dar luogo a gas corrosivi, tossici
e/o fumi eccessivi (le prove sono definite dalla Norma CEI 20-37);
– cavi resistenti al fuoco (rispondenti alla Norma CEI 20-45): assicurano il funzionamento per un tempo precisato durante l’incendio;
– cavi con isolamento minerale (rispondenti alla Norma CEI 20-39):
questi cavi oltre ad assicurare la non propagazione dell’incendio sono
resistenti al fuoco e non emettono fumi e gas tossici.
Nella tabella 3 sono indicati i principali tipi di cavi adatti per locali
a maggior rischio in caso d’incendio.
Tabella 3 – Sintesi dei principali tipi di cavi adatti per locali a maggior rischio in caso d’incendio
Tipo
Resistenti
alla propagazione
della
fiamma
Resistenti
alla propagazione
dell'incendio
A basso
sviluppo
di gas
tossici,
corrosivi
e fumo
Materiale
Isolamento
Guaina
PVC
–
Sigla
(esempi)
Norma di
riferimento
H07RN-K (1)
CEI 20-35
Gomma
PVC
H07RN-F (1)
(antiabras.)
PVC
–
N07V-K (1)
PVC
PVC
FROR
450/750 V
CEI 20-22 II
(1)
PVC
PVC
N1VV-K
EPR
PVC
FG7(O)R (1)
Elastomero
reticolato
speciale
–
N07G9-K (1)
CEI 20-22 II
e 20-38
Elastomero Elastomero FG7(O)M1 CEI 20-22 III
reticolato
reticolato FG10(O)M1
e 20-38
speciale
speciale
(1 )
Elastomero Elastomero FG10(O)M1
A basso
CEI 20-22 III
(1 )
reticolato
sviluppo di reticolato
e 20-45
speciale
speciale
fumo, gas
tossici e
corrosivi
Ossido di
Isolamento
CEI
e resistenRame
2)
magnesio
minerale
(
20-39
ti al fuoco
(1) Cavo per energia o per segnalazione e comando.
(2) Cavo per energia.
163
Prescrizioni generali per gli impianti elettrici negli ambienti a maggior rischio in caso d’incendio
La Norma CEI 64-8/7, Sez. 751 indica una serie di prescrizioni da osservare per tutti i luoghi a maggior rischio in caso d’incendio, indipendentemente dalla classe di appartenenza (A, B o C). Peculiari
prescrizioni sono poi dettate per ciascuna delle tre classi.
Prescrizioni riguardanti i componenti
Negli ambienti a maggior rischio in caso di incendio possono essere
installati soltanto i componenti elettrici necessari per l’uso dell’ambiente stesso. È fatta eccezione per le condutture le quali possono
anche transitare nell’ambiente.
È vietato installare nelle vie d’uscita apparecchi elettrici contenenti
fluidi infiammabili (il divieto non riguarda i condensatori ausiliari
incorporati negli apparecchi).
I dispositivi di manovra, controllo e protezione, salvo quelli destinati
a facilitare l’evacuazione del pubblico, vanno installati in luoghi inaccessibili al pubblico o entro involucri apribili con chiave o attrezzo.
I dispositivi di sezionamento devono essere di tipo onnipolare, comprendendo l’eventuale conduttore di neutro.
Tutti i componenti elettrici devono rispettare le prescrizioni riportate a pag 116 sia in funzionamento ordinario dell’impianto sia in
situazione di guasto dell’impianto stesso, tenuto conto dei dispositivi
di protezione. Questo può essere ottenuto mediante un’adeguata costruzione dei componenti dell’impianto o mediante misure di protezione addizionali da prendere durante l’installazione.
I componenti elettrici installati in vista (a parete o soffitto) per i quali
non esistano le norme relative, devono essere di materiale resistente
alle prove previste dalla Norma CEI 64-8 assumendo per la prova al
filo incandescente 650 °C anziché 550 °C (tabella 13 a pag. 117).
Un’adeguata distanza (in ogni direzione in assenza di istruzioni del
costruttore) dev’essere interposta fra apparecchi di illuminazione e
gli oggetti illuminati (ad esempio le tende) quando questi ultimi sono
di materiale combustibile. In particolare per faretti e piccoli proiettori, tale distanza non dev’essere inferiore a:
– 0,5 m per lampade di potenza fino a 100 W;
– 0,8 m per lampade di potenza da 100 a 300 W;
– 1 m per lampade di potenza da 300 a 500 W.
– distanze maggiori per lampade con potenza > 500 W
Per la marcatura degli apparecchi di illuminazione che possono essere
installati su superfici infiammabili si veda la tabella 4 a pag. 137.
Lampade e altre parti componenti degli apparecchi d’illuminazione
devono essere protette contro le prevedibili sollecitazione meccaniche. I mezzi di protezione non devono essere fissati ai portalampade
a meno che non siano parte integrante dell’apparecchio.
I dispositivi di limitazione della temperatura devono essere provvisti
del solo ripristino manuale.
164
Tabella 4 – Condizioni di installazione e del grado IP verso la parete delle scatole e delle cassette incassate
Classi di reazione al fuoco dei
materiali delle pareti (1)
Pareti
Tipi di
ambiente
0
1
2
Ambienti ordinari
A
A
pubblico
spettacolo
B
C
Ambienti
a maggior
rischio in
caso di incendio di
tipo:
3
4
componenti
schermati (2)
IP4X (se i componenti producono
archi o scintille)
componenti
schermati (2)
Grado di protezione IP in accordo con norme generali (di regola
IP2X su superfici verticali).
Tipo di parete non permesso.
(1) D.M. del 26 giugno 1984. Secondo questo decreto i materiali solidi sono
assegnati alle classi 0, 1, 2, 3, 4 e 5 con l'aumentare della loro partecipazione alla combustione. Queste classi possono essere sinteticamente individuate nel modo seguente:
– classe 0: materiali incombustibili;
– classe 1: materiali che non possono bruciare;
– classe 2: materiali difficilmente combustibili (possono prendere fuoco a
contatto con una sorgente d'innesco, ma allontanati da questa non bruciano);
– classe 3: materiali combustibili (possono bruciare, se innescati);
– classe 4: materiali comburenti (a contatto con altre sostanze, specie se
infiammabili, favoriscono la combustione);
– classe 5: i materiali sono esplosivi.
L'unico documento idoneo ad attestare la classe di reazione al fuoco di un
materiale è l'atto di omologazione rilasciato dal Ministero dell'Interno,
anche sulla base di una certificazione rilasciata da un laboratorio riconosciuto.
Sono omologabili tutti i materiali classificabili, cioè i materiali per i quali
il D.M. del 26 giugno 1984 individua i metodi di prova atti alla loro classificazione.
(2) I componenti devono essere schermati come indicato a pagina 116 e seguenti se sono tali da raggiungere temperature superficiali elevate o da
produrre archi o scintille.
165
Gli apparecchi, quali i riscaldatori, resistori ecc., devono essere realizzati in modo che gli involucri non raggiungano temperature più
elevate di quelle relative agli apparecchi di illuminazione ed essere,
per costruzione o installazione, in grado di impedire qualsiasi accumulo di materiale che possa limitare la dissipazione del calore.
Per le scatole e le cassette in posa incassata la tabella 4 puntualizza
le condizioni di installazione e il grado di protezione IP verso la parete.
Barriere tagliafiamma devono essere predisposte in tutti gli attraversamenti di solai o pareti che delimitano il compartimento antincendio indipendentemente dal tipo di cavo e di posa.
Le barriere devono essere tali da ripristinare la resistenza al fuoco
che l’elemento costruttivo aveva in assenza della conduttura. A tale
fine bisogna sia otturare il foro di passaggio eventualmente rimasto
libero dalla conduttura, sia l’interno della conduttura stessa.
Entrambe le otturazioni devono avere un REI (3) uguale o superiore
a quello richiesto dalla classe del compartimento antincendio.
Non è necessario otturare internamente il tubo se sono rispettate tutte
le seguenti condizioni: il tubo è conforme alla Norma CEI EN 50086
(non propagante la fiamma), il diametro interno non supera 30 mm,
il tubo protettivo ha un grado di protezione almeno IP33 e le estremità del tubo, se in ambiente chiuso, entrano in custodie con grado
di protezione almeno IP33.
(3) La resistenza al fuoco riguarda gli elementi costruttivi di un edificio con
funzioni portanti o separanti, che devono garantire nelle condizioni di carico,
una resistenza per un tempo prestabilito. Gli elementi che consentono di valutare la resistenza al fuoco per il tempo di esposizione richiesto sono:
– stabilità (R): attitudine di un elemento da costruzione a conservare la resistenza meccanica sotto l’azione del fuoco;
– tenuta (E): attitudine di un elemento da costruzione a non lasciar passare
ne produrre fiamme, vapori o gas caldi dal lato opposto quando l’altra facciata
sia esposta al fuoco;
– isolamento termico (I): attitudine di un elemento da costruzione a ridurre
la trasmissione del calore.
Pertanto con il simbolo REI si identifica un elemento costruttivo che deve
conservare per un tempo determinato: stabilità, tenuta, isolamento termico.
Analogamente, con il simbolo RE si identifica un elemento costruttivo che
deve conservare per un tempo determinato, la stabilità, la tenuta, mentre
con il simbolo R si identifica un elemento costruttivo che deve conservare per
un tempo determinato la sola stabilità.
La resistenza al fuoco R, RE, REI, viene misurata in minuti, sulla base di apposite prove. Ad esempio, una porta avente resistenza al fuoco REI 120 manterrà le sue caratteristiche di stabilità, tenuta ed isolamento per 120 minuti.
(4) La principale caratteristica dei sistemi di tamponamento attivo è l’intumescenza, ossia la capacità del materiale di espandere, quando sottoposto all’azione del fuoco, con il seguente meccanismo: il riscaldamento iniziale
provoca la disidratazione dello strato superficiale che successivamente, sotto
l’effetto del calore, fonde e carbonizza. Se la temperatura aumenta ulteriormente il materiale sviluppa dei gas che, agendo da propellente, espandono lo
strato carbonizzato che stratifica e fa da schermo protettivo contro la fiamma
e il calore. Appena lo strato carbonizzato brucia il processo si ripete.
166
Fig. 3
Barriere tagliafiamma
Le barriere antifuoco possono essere realizzate con componenti inerti
o attivi (4). I primi sono resistenti al fuoco (materiali refrattari) ma
non sono in grado di occludere le cavità originate, in seguito all’incendio, dalla consunzione degli isolanti dei cavi o tubi protettivi in
PVC; i componenti attivi, invece, se sottoposti al fuoco, si espandono
rapidamente occludendo le cavità formatesi.
I componenti attivi possono essere costituiti da una guarnizione in
gomma sintetica avente stabilità dimensionale nel tempo (solo a contatto col fuoco il volume aumenta) e resistenza al calore e al fuoco.
Le guarnizioni, costruite in due o più parti uguali, possono essere
montate anche dopo l’installazione di tubi e cavi (fig. 3).
In alternativa possono essere utilizzati tubi di materiale intumescente che sono inseriti a pressione nei fori praticati nella parete o
cementati nel calcestruzzo (fig. 4) e sigillati da entrambi i lati mediante stucco antifuoco. La chiusura dei passaggi nelle solette può
anche essere realizzata versando nell’apertura una schiuma, a due
componenti, di tipo intumescente; la parte inferiore della apertura
deve precedentemente essere stata chiusa con lana minerale (fig. 5).
Appositi manicotti realizzano passaggi antifuoco di tubi o cavi anche
di grande diametro; la costruzione, in due parti metalliche di sup-
Fig. 4 – Sigillatura di passaggio cavi
(1) mediante tubo di materiale intumescente (2) e stucco antifuoco (3).
Fig. 5 – Sigillatura di passaggio cavi
(1) attraverso soletta, con schiuma
intumescente (2) e lana minerale (3).
167
Fig. 6
Fig. 7
porto riempite con materiale intumescente ne rende possibile il montaggio anche con cavi già installati (fig. 6).
Le barriere con componenti inerti possono essere realizzate mediante:
Conglomerato inerte. È una mescola di malte secche a cui dev’essere
aggiunta acqua. Serve per sigillare i passaggi di cavi che presentano
piccoli interstizi e in particolare tra ambienti posti uno sopra l’altro.
Sacchetti per tamponamento in tessuto di fibra di vetro riempiti con
fibre minerali e componenti incombustibili; in presenza del fuoco tali
materiali tendono a compattarsi e solidificarsi. Sono utilizzati per la
chiusura di ampie aperture, quali quelle per il passaggio di passerelle.
Pannelli di lana roccia. Sono utilizzati per la chiusura delle aperture
più ampie in alternativa ai sacchetti di tamponamento. Sono sagomabili per adattarsi alle dimensioni del passaggio cavi e in caso di
ampliamenti è sufficiente creare ulteriori forature secondo la nuova
configurazione della conduttura. Devono essere rivestiti esteriormente con conglomerato o materiale intumescente (fig. 7).
Comunque, sono disponibili barriere realizzate con componenti modulari che semplificano l’installazione e consentono di sigillare i passaggi tra locali con un elevato grado di resistenza al fuoco e ai fumi.
Criteri per la scelta del tipo di conduttura
La norma prevede diversi tipi di condutture e, in relazione alle caratteristiche presentate da ciascuna di esse per quanto riguarda la
possibilità di essere causa di innesco e/o propagazione dell’incendio,
stabilisce opportuni provvedimenti.
Nelle tabelle (5 ÷ 7) sono riportati i vari tipi di condutture, suddivisi
in tre gruppi, e i rispettivi criteri per la loro realizzazione.
Il I gruppo (tabella 5) comprende le condutture che per loro costruzione non possono essere causa di innesco (poiché isolate dall’ambiente esterno) o propagazione dell’incendio (poiché non vi può essere
l’apporto di ossigeno necessario alla propagazione della fiamma). Per
queste condutture non sono richiesti particolari requisiti di protezione.
Il II gruppo (tabella 6) comprende le condutture che non possono essere causa d’innesco essendo dotate di uno schermo metallico con168
nesso a terra (tramite PE) che separa i conduttori attivi dall’ambiente
esterno. Tuttavia, avendo una guaina esterna in materiale combustibile, possono propagare l’incendio. Queste condutture richiedono,
pertanto, alcuni provvedimenti atti ad evitare tale propagazione.
Il III gruppo (tabella 7) comprende le condutture che possono essere
causa d’innesco e allo stesso tempo mezzo per propagare l’incendio.
La loro installazione richiede la predisposizione di misure atte a prevenire sia l’innesco dell’incendio sia la sua propagazione.
Per quanto riguarda i binari elettrificati e i condotti sbarre, la possibilità che essi siano veicolo di propagazione dell’incendio deve essere valutata in relazione ai materiali utilizzati per la loro
costruzione o mediante prove specifiche. Ne deriva che indicazioni in
merito possono essere fornite solo dal costruttore.
Per le condutture mobili, è raccomandata la scelta di cavi destinati
a servizio pesante in accordo con la Guida CEI 20-40, per esempio
cavi del tipo H07RN-F o altri cavi adeguatamente protetti.
Prescrizioni per l’installazione delle condutture
Negli ambienti a magior rischio in caso d’incendio non è ammesso il
sistema di distribuzione TN-C, ossia con conduttore PEN (unico conduttore con funzioni di conduttore di protezione PE e di neutro N).
Questa prescrizione, che non riguarda le condutture che transitano
nel luogo, deriva dalla necessità di evitare che la corrente dovuta ai
normali squilibri dei carichi, vada ad interessare anche le masse e le
masse estranee connesse al PEN creando in parallelo a tale conduttore, circuiti di ritorno, con il pericolo che la corrente di squilibrio
possa dar luogo a riscaldamenti localizzati nei punti a maggiore resistenza o scintillii nei punti di discontinuità. Per lo stesso motivo
nel sistema TN-S è vietato collegare tra loro i conduttori separati di
neutro N e di protezione PE.
Le condutture che attraversano i luoghi a maggior rischio in caso
d’incendio e che quindi non sono destinate ad alimentare apparecchiature al loro interno, non devono avere connessioni lungo il percorso all’interno di questi luoghi, a meno che non siano poste in
involucri che soddisfino la prova contro il fuoco come definita nelle
relative norme di prodotto .
Le condutture elettriche che attraversano le vie d’uscita di sicurezza
non devono ostacolare il deflusso delle persone e preferibilmente non
devono essere a portata di mano diversamente vanno poste entro involucri o dietro barriere che costituiscano una buona protezione contro i danneggiamenti meccanici prevedibili durante l’evacuazione.
Protezione delle condutture
Le condutture che alimentano o attraversano gli ambienti a maggior
rischio in caso di incendio e quelle che hanno origine in tali luoghi
devono essere protette mediante dispositivi posti all’origine dei circuiti stessi in modo da risultare protette, sia contro i sovraccarichi,
sia contro eventuali guasti non franchi che possono avvenire in un
punto qualsiasi della linea.
169
Tabella 5 – Condutture che non costituiscono causa di innesco e propagazione dell’incendio
REQUISITI
PARTIOL.
RICHIESTI
CONDUTTORE DI
PROTEZIONE (PE)
CONDUTTURA
I GRUPPO
170
Posa: interrata o
incassata in strutture incombustibili (calcestruzzo,
intonaco ecc.).
Protezione: tubi
protettivi o canali
in materiale metallico o isolante.
Posa: in vista a
parete o su mensole.
Tipo di cavi: unipolari o multipolari (con o senza
PE).
Protezione: tubi
protettivi o canali
in materiale metallico (grado di
protezione ≥ IP4X).
Tipo di cavi: unipolari o multipolari (con o senza
PE).
Il conduttore PE
non è richiesto ai
fini della protezione contro l'innesco dell'incendio. Se è richiesto
per la protezione
contro i contatti
indiretti, può essere un conduttore unipolare o
un'anima di cavo
multipolare.
Il PE (non richiesto ai fini della
protezione contro
l'incendio) può essere costituito dal
canale o tubo, se
idonei, diversamente può essere
inserito all’interno
del tubo o canale
come cavo singolo
o come anima di
cavo multipolare.
Posa: in vista a
parete, su mensole o passerelle.
Tipo di cavi: con
isolamento minerale e guaina metallica continua
senza saldature.
La funzione di
PE è svolta dalla
guaina metallica
Il cavo dev’essere sprovvisto di
guaina non metallica esterna.
Tabella 6 – Condutture che possono essere causa di propagazione
(ma non d'innesco) dell'incendio
REQUISITI PARTIOLARI
RICHIESTI
CONDUTT.
PROTEZ.
(PE)
CONDUTTURA
II GRUPPO
Posa: in vista a
parete su mensola, passerelle ecc.
Tipo di cavi: multipolari muniti di
conduttore di protezione PE concentrico o di guaina metallica o di
armatura, in grado da poter fungere da PE, e guaina
esterna protettiva.
Posa: in vista a
parete su mensole, passerelle ecc.
Tipo di cavi: multipolari muniti di
schermo metallico
sulle singole anime o sull'insieme
delle anime, in
grado di poter
fungere da PE, e
guaina esterna
isolante.
Posa: in vista a
parete su mensole, passerelle ecc.
Tipo di cavi: ad
isolamento minerale con guaina
metallica continua senza saldatura (con funzione di PE) e
guaina esterna
non metallica
Conduttore concentrico, guaina
metallica, armatura
Schermo metallico
sulle singole anime o sull'insieme
delle anime.
Guaina metallica
Dev’essere adottato uno dei seguenti provvedimenti:
a) utilizzare cavi resistenti alla propagazione della fiamma
se installati individualmente o distanziati tra loro almeno 25
cm o se installati individualmente in tubi o canalette con
grado di protezione IP4X;
b) utilizzare cavi resistenti alla propagazione dell’incendio, se
installati in fascio, e purché non sia superato il volume unitario di materiale non metallico stabilito dalla Norma CEI
20-22 cat. II o III. Se il fascio supera tale valore adottare provvedimenti integrativi analoghi a quelli indicati al punto c).
c) adottare sbarramenti, barriere e/o altri provvedimenti indicati dalla Norma CEI 11-17. Inoltre prevedere barriere tagliafiamma in tutti gli attraversamenti di solai o pareti che
delimitano il compartimento antincendio.
Nei locali tipo A, se i cavi sono raggruppati in quantità significative in rapporto alle altre sostanze combustibili presenti, si deve effettuare l’analisi dei rischi e se necessario utilizzare cavi a bassa emissione di fumi e gas tossici (LSOH).
171
Tabella 7 – Condutture che possono essere causa di innesco e di propagazione dell'incendio
III GRUPPO
CONDUTTORE DI
PROTEZIONE (PE)
CONDUTTURA
Posa: in vista a parete su mensola,
passerelle ecc.
172
Posa: in vista.
Posa: in vista.
Protezione: canale in metallo senza un particolare
grado di protezione, passerella
in metallo continua forata a rete .
Protezione: canale
o tubo protettivo
in materiale isolante (grado di
protezione ≥ IP4X)
Se non esistono
norme di prodotto,
tubi e canali devono essere in grado
di sopportare le
prove indicate nella tab. 13 a pag.
117 assumen do
per la prova al filo
incandescente la
temperatura di
850 °C (anziché
650 °C).
Tipo di cavi: unipolari e multipolari senza PE.
Tipo di cavi: multipolari muniti di
conduttore PE.
Tipo di cavi: unipolari e multipolari senza PE.
Il conduttore PE
dev’essere incorporato e costituito
da un'anima del
cavo.
La funzione di
conduttore PE può
essere svolta dal
tubo, passerella o
canale se idonei o
da un conduttore
isolato, meglio se
nudo (rappresenta
una cautela addizionale), appositamente inserito nella canalizzazione.
Il PE, non è richiesto ai fini
della protezione
contro l'incendio,
ma è consigliabile; può essere
un
conduttore
nudo o isolato inserito nel tubo
protettivo o canale.
REQUISITI PARTICOLARI
RICHIESTI
Ai fini della protezione contro l’innesco dell’incendio, i circuiti devono essere protetti, oltre che con le protezioni generali, in uno dei seguenti modi:
1) nei sistemi TT e TN con dispositivo differenziale a corrente
nominale d'intervento ≤ 300 mA (anche a intervento ritardato); quando non sia possibile, ad esempio per ragioni di continuità di servizio, in alternativa ≤ 1 A (ad intervento ritardato). Se esiste il rischio di guasti resistivi che possano innescare un incendio, per esempio per riscaldamento a
soffitto con elementi a pellicola riscaldante, la corrente differenziale nominale d’intervento deve essere Idn = 30 mA
2) nei sistemi IT mediante dispositivo che rileva con continuità le correnti di dispersione verso terra e, quando si manifesta un decadimento d'isolamento, provoca l'apertura
automatica del circuito; se per necessità di continuità di
servizio l’interruzione non è ammissibile, il dispositivo in
alternativa può azionare un allarme ottico ed acustico.
Istruzioni devono essere date affinché, in caso di primo guasto, sia effettuata l'apertura manuale il più presto possibile.
Sono escluse dalle prescrizioni dei punti 1) e 2) le condutture:
– facenti parte di circuiti di sicurezza;
– racchiuse in involucri con grado di protezione almeno
IP4X, ad eccezione del tratto finale uscente dall'involucro
per il necessario collegamento all'apparecchio utilizzatore.
Per evitare la propagazione delle fiamme deve essere adottato uno dei seguenti provvedimenti:
a) utilizzare cavi resistenti alla propagazione della fiamma
se installati individualmente o distanziati tra loro almeno
25 cm, oppure se installati in tubi o canalette con grado di
protezione almeno IP4X;
b) utilizzare cavi resistenti alla propagazione dell'incendio
se installati in fascio, purché non sia superato il volume
unitario di materiale non metallico stabilito dalla Norma
CEI 20-22 cat. II o cat. III. Se il fascio supera tale valore
unitario devono essere adottati provvedimenti integrativi
analoghi a quelli indicati al punto c) seguente.
c) adottare sbarramenti, barriere e/o altri provvedimenti
indicati dalla Norma CEI 11-17.
Inoltre in tutti gli attraversamenti di solai o pareti che delimitano il compartimento antincendio si devono prevedere
barriere tagliafiamma con caratteristiche di resistenza al
fuoco pari a quelle degli elementi costruttivi dei solai o delle
pareti attraversate.
Nei locali tipo A, se i cavi sono raggruppati in quantità significative in rapporto alle altre sostanze combustibili presenti, si deve effettuare l’analisi dei rischi e se necessario utilizzare cavi a bassa emissione di fumi e gas tossici (LSOH).
173
LE VERIFICHE DEGLI
IMPIANTI ELETTRICI
Le disposizioni legislative e le norme tecniche per gli impianti elettrici prescrivono verifiche iniziali, controlli, ispezioni periodiche, sorveglianza e manutenzione.
La Norma CEI 64-8/6 prescrive che l’impianto elettrico sia soggetto a:
– verifica iniziale durante l'installazione (per quanto praticamente
possibile), al suo completamento o dopo la realizzazione di integrazioni o modifiche e prima di essere messo in servizio;
– verifiche periodiche per determinare se l’impianto e i suoi componenti si trovano in una condizione soddisfacente per il loro uso.
Al termine delle verifiche deve essere redatto un rapporto sui risultati di tali verifiche.
VERIFICHE INIZIALI
Le verifiche iniziali hanno lo scopo di accertare la rispondenza dell'intero impianto elettrico alle prescrizioni normative. Comprendono
l’esame a vista e le prove consistenti nell'effettuazione di misure,
mediante appropriati strumenti, o di altre operazioni con le quali si
accerta l'efficienza della stesso impianto elettrico.
Nel caso di ampliamenti o di modifiche di impianti esistenti, le verifiche devono accertare che tali ampliamenti o modifiche siano conformi alle prescrizioni normative e che non compromettano la
sicurezza delle parti non modificate dell'impianto.
I risultati dell’esame a vista e delle prove devono essere registrati sul
rapporto di verifica.
Il tecnico che effettua le verifiche iniziali deve avere a disposizione
il progetto o la documentazione necessaria indicante:
– il tipo e la composizione dei circuiti (punti di utilizzo serviti, numero e dimensione dei conduttori, tipo di canalizzazioni);
– le caratteristiche necessarie per l’identificazione dei dispositivi che
svolgono le funzioni di protezione, isolamento e commutazione e loro
disposizione;
– note di calcolo in base alle quali il progettista ha scelto le sezioni
dei conduttori, i criteri di posa e la scelta dei dispositivi di protezione.
Schemi e documenti dovrebbero fornire per ciascun circuito dell’impianto almeno le seguenti informazioni dettagliate:
– tipo e sezione dei conduttori;
– lunghezza dei circuiti;
– natura e tipo dei dispositivi di protezione;
– corrente nominale o di regolazione dei dispositivi di protezione;
– correnti di cortocircuito presunte e potere di interruzione dei dispositivi di protezione.
174
La verifica deve essere effettuata da persona esperta per quanto riguarda i pericoli dell’elettricità e competente nelle operazioni di verifica. Precauzioni devono essere prese per garantire la sicurezza
delle persone e delle cose.
Esame a vista
L’esame a vista è preliminare a qualsiasi altra prova e deve essere
effettuato, per quanto necessario, con impianto elettrico fuori tensione. Tale esame deve accertare, avvalendosi anche della documentazione, che i componenti dell’impianto elettrico siano:
– conformi alle prescrizioni di sicurezza (ciò può essere accertato
dall’esame di marchi, certificazioni, dichiarazioni di conformità rilasciate dai costruttori);
– scelti correttamente e installati in conformità alle norme e alle
istruzioni del costruttore;
– non danneggiati visibilmente in modo tale da comprometterne la
sicurezza.
L’esame a vista deve almeno comprendere, per quanto applicabile, la
verifica di quanto segue:
– sistemi di protezione contro i contatti diretti e indiretti; tale verifica comprende la misura delle distanze e riguarda, ad esempio la
protezione mediante barriere o involucri, o a mezzo di ostacoli o mediante distanziamento;
– presenza di barriere tagliafiamma o altre precauzioni contro la propagazione del fuoco e sistemi di protezione contro gli effetti termici;
– scelta dei conduttori per quanto concerne la loro portata, sezione
e caduta di tensione (secondo le note di calcolo del progettista);
– scelta e taratura dei dispositivi di protezione e di segnalazione (secondo le note di calcolo del progettista);
– presenza e corretta installazione dei dispositivi di sezionamento e
di comando;
– idoneità delle apparecchiature e delle misure di protezione contro
le influenze esterne;
– identificazione dei conduttori di neutro e di protezione;
– connessione dei dispositivi di comando unipolari ai conduttori di fase;
– presenza di schemi, di cartelli monitori e di informazioni analoghe;
– identificazione dei circuiti, dei fusibili, degli interruttori, dei morsetti ecc.;
– idoneità delle connessioni e della loro realizzazione (in caso di dubbio, è opportuno misurare la resistenza elettrica delle connessioni
che dovrebbe risultare inferiore alla resistenza elettrica di 1 m del
conduttore di sezione minore collegato);
– presenza ed adeguatezza dei conduttori di protezione, compresi i
conduttori per il collegamento equipotenziale principale e supplementare;
– agevole accessibilità degli organi di manovra all'operatore;
175
– agevole accessibilità dell’impianto per interventi operativi e di manutenzione.
Prove
Dopo l’esame a vista devono essere effettuate, per quanto applicabili,
le seguenti prove, che vanno condotte possibilmente nella sequenza
indicata:
– prove della continuità dei conduttori di protezione e dei conduttori
equipotenziali principali e supplementari;
– misura della resistenza di isolamento dell’impianto elettrico;
– verifica della protezione per separazione elettrica nel caso sia di sistemi SELV e PELV, sia della separazione elettrica;
– misura della resistenza di isolamento dei pavimenti e delle pareti;
– verifica del funzionamento del sistema di protezione con interruzione automatica dell’alimentazione;
– verifica della protezione addizionale;
– prove di polarità;
– prova dell'ordine delle fasi;
– prove di funzionamento;
– verifica delle protezioni contro gli effetti termici;
– misura della caduta di tensione.
– prova di sfilabilità dei cavi (eventualmente, se è prevista la sfilabilità dei cavi).
Nel caso che qualche prova indichi la presenza di un difetto, tale prova
e ogni altra prova precedente che possa essere stata influenzata dal difetto segnalato devono essere ripetute dopo l’eliminazione del difetto
stesso.
I metodi di prova descritti nel seguito costituiscono metodi di riferimento; è ammesso l’uso di altri metodi di prova, purché essi forniscano
risultati ugualmente validi.
Prove della continuità dei conduttori di protezione e dei
conduttori equipotenziali principali e supplementari
La prova si esegue impiegando una sorgente di tensione alternata o
continua in grado di erogare una tensione compresa fra 4 e 24 V a
vuoto, e una corrente di almeno 0,2 A.
Per la misura può essere utilizzato un ohmmetro in grado di fornire
i valori di tensione e corrente indicati (fig. 1).
Si deve verificare la continuità dei conduttori di protezione (PE), del
neutro, quando svolge anche la funzione di conduttore di protezione
(PEN), dei conduttori equipotenziali principali (EQP), supplementari (EQS) e del conduttore di terra.
La prova non ha lo scopo di verificare la resistenza dei conduttori,
ma solo la loro integrità, pertanto la continuità risulta non verificata
quando la corrente erogata dalla sorgente di tensione risulta inferiore a 0,2 A.
Le misure possono essere effettuate con estrema facilità mediante
176
Fig. 1
un apposito misuratore di resistenza a corrente costante che fa corrispondere alla condizione di corrente erogata inferiore a 0,2 A, ad
esempio, l’indicazione di fuori scala della portata massima; ossia si
ritiene accettabile la verifica quando l’indice si posiziona su uno dei
valori interni alla scala.
Misura della resistenza di isolamento dell’impianto elettrico
La resistenza di isolamento dev’essere misurata, con l’impianto fuori
tensione (fig. 2):
a) tra ogni conduttore attivo o tra tutti i conduttori attivi collegati insieme (se praticamente possibile) e il conduttore di protezione PE
connesso a terra;
b) tra i conduttori attivi (prova consigliata).
Si tenga presente che:
– prima dell’esecuzione delle prove si devono disinserire tutti gli apparecchi utilizzatori;
– il conduttore di neutro deve essere scollegato dal conduttore di protezione;
– nei sistemi TN-C il conduttore PEN è considerato come facente
Fig. 2
177
parte della terra per cui la misura è eseguita tra i conduttori attivi
e il conduttore PEN;
– se qualche componente dell'impianto può influenzare la prova, o
essere danneggiato, tale componente deve essere disinserito prima
di effettuare la prova di isolamento. Se non è possibile disinserirlo
(per esempio nel caso di SPD incorporati in prese a spina) la tensione
di prova può essere ridotta sino a 250 V c.a. per il relativo circuito,
ma la resistenza di isolamento deve avere almeno il valore di 1 MΩ;
– nei luoghi a maggior rischio in caso di incendio, deve essere eseguita una misura della resistenza di isolamento tra i conduttori attivi. In pratica, può essere necessario eseguire questa misura durante
l'installazione dell'impianto prima della connessione del componente
elettrico.
Le misure devono essere eseguite con un apparecchio in grado di fornire i valori della tensione di prova richiesti (indicati in tabella 1) con
un carico di 1 mA.
I valori minimi della resistenza d’isolamento sono riportati nella tabella 1. Per la misura si può impiegare un megaohmmetro.
Negli impianti di dimensioni limitate la prova viene eseguita all’origine, ossia in prossimità del punto di consegna dell’energia.
Negli impianti complessi i valori di resistenza misurati all’origine
dell’impianto possono risultare inferiori a quelli di tabella 1. È opportuno allora suddividere l’impianto in gruppi di circuiti e ripetere la
misura per ciascun gruppo. Se i risultati fossero ancora insufficienti
la misura può essere ripetuta su ogni singolo circuito.
Verifica della protezione per separazione elettrica
La prova, da effettuare nel caso che la protezione contro i contatti diretti e indiretti sia attuata mediante separazione elettrica, deve verificare che la resistenza di isolamento tra le parti attive del circuito
alimentato dal trasformatore e quelle di altri circuiti, non sia inferiore
a quella indicata nella tabella 1. Le misure devono essere eseguite con
i criteri indicati per la misura della resistenza di isolamento.
La misura deve verificare:
– nei sistemi SELV, la separazione tra le parti attive del circuito separato da quelle di altri circuiti e dalla terra;
Tabella 1 – Minimi valori della resistenza di isolamento
Tensione nominale
del circuito
(V)
Tensione di
prova
(V)
Resistenza di
isolamento
(MΩ)
SELV e PELV
250
≥ 0,5
Fino a 500 V, compreso FELV
500
≥ 1,0
Oltre 500 V
1000
≥ 1,0
178
– nei sistemi PELV, la separazione tra le parti attive del circuito separato da quelle di altri circuiti;
– nel caso di protezione mediante separazione elettrica (trasformatore di separazione), la separazione delle parti attive del circuito separato da quelle di altri circuiti e dalla terra.
Misura della resistenza dei pavimenti e delle pareti
Questa prova è richiesta quando la protezione contro i contatti indiretti è attuata per mezzo di locali isolanti. Questa misura di protezione, per la sua particolarità è applicabile solo in situazioni eccezionali e comunque mai negli edifici civili e similari.
Un locale è ritenuto isolante se le pareti ed il pavimento sono in materiale isolante e presentano, verso terra, una resistenza:
≥ 50 kΩ per tensioni nominali non superiori a 500 V;
≥ 100 kΩ per tensioni nominali superiori a 500 V.
In ogni locale si devono eseguire almeno 3 misure: una a circa 1 m
da qualsiasi massa estranea accessibile posta nel locale e le altre
due a distanze maggiori. Inoltre le misure devono essere ripetute
per ogni tipo di pavimento o parete del locale.
La misura deve essere eseguita con la tensione verso terra e la frequenza nominale, o con la più bassa tensione, alla stessa frequenza
nominale, associata con la resistenza di isolamento.
Come sorgenti di tensione possono essere utilizzati:
a) la tensione verso terra che esiste al punto di misura;
b) la tensione al secondario di un trasformatore a doppio avvolgimento;
c) una sorgente indipendente alla frequenza nominale del sistema.
Per ragioni di sicurezza, per misure a tensione superiore a 50 V, la
corrente massima di uscita non deve superare i 3,5 mA.
La corrente I è misurata mediante un amperometro inserito tra
l’elettrodo di prova e la sorgente di tensione e la tensione U con un
voltmetro (resistenza interna almeno di 1 MΩ) inserito tra l’elettrodo
di prova e il conduttore di protezione.
La resistenza di isolamento del pavimento è quindi: R = U/I.
La misura è eseguita tra un elettrodo di prova e il conduttore di protezione dell’impianto.
L’elettrodo di prova, costituito da una piastra metallica quadrata
con lato di 250 mm (la Norma CEI 64-8/6 prevede anche un altro
tipo di elettrodo), è posto sulla superficie da provare con l’interposizione di una carta assorbente o di un panno inumidito e strizzato,
con lato di circa 270 mm, e dev’essere caricato con una forza di 750
N per la misura dei pavimenti e 250 N per quella delle pareti.
Verifica della protezione mediante interruzione
automatica
Per la verifica del funzionamento del sistema di protezione contro i
contatti indiretti mediante interruzione automatica dell’alimentazione, la normativa CEI prevede le seguenti prove in relazione al sistema di distribuzione:
179
Sistema TT:
1) misura della resistenza di terra del dispersore al quale sono collegate le masse dell’impianto oppure misura della resisteza dell’anello di guasto;
2) La verifica mediante esame a vista della caratteristiche e/o dell’efficienza mediante prove del dispositivo differenziale.
L’efficienza dei dispositivi di protezione a corrente differenziale deve
essere verificata generando una corrente differenziale di valore non
superiore a Idn mediante l’uso di adatte apparecchiature di prova
senza misurare il tempo di intervento.
Quando l’efficienza della misura di protezione sia stata confermata
in un punto situato a valle del dispositivo di protezione differenziale,
la protezione dell’impianto a valle di questo punto può essere provata verificando la continuità dei conduttori di protezione.
Sistema TN:
1) misura dell’impedenza dell’anello di guasto (questa misura non è
in genere necessaria quando l’alimentazione viene interrotta mediante interruttori differenziali);
2) verifica delle caratteristiche e/o dell'efficienza del dispositivo di
protezione associato eseguita mediante:
– esame a vista (delle caratteristiche di intervento per gli interruttori automatici e della corrente nominale e tipo per i fusibili) per i dispositivi di protezione contro le sovracorrenti;
– esame a vista e prove per i dispositivi a corrente differenziale.
L’efficienza dei dispositivi di protezione a corrente differenziale deve
essere verificata generando una corrente differenziale di valore non
superiore a Idn mediante l’uso di adatte apparecchiature di prova
senza misurare il tempo di intervento.
Quando l’efficienza della misura di protezione sia stata confermata
in un punto situato a valle del dispositivo di protezione differenziale,
la protezione dell’impianto a valle di questo punto può essere provata verificando la continuità dei conduttori di protezione.
Sistemi IT:
1) misura della corrente di primo guasto quando il suo valore non
può essere conosciuto con certezza tramite calcolo;
2) controllo che in caso di un secondo guasto, se il sistema IT si trasforma in un sistema TT o in un sistema TN (1), siano soddisfatte le
rispettive misure di protezione richieste per tali sistemi.
Misura della resistenza di terra
La misura della resistenza di terra dev’essere effettuata, per quanto possibile, con l’impianto nelle ordinarie condizioni di funziona(1) Durante le misure della resistenza dell’anello di guasto è necessario stabilire un collegamento di impedenza trascurabile tra il punto neutro dell’alimentazione ed il conduttore di protezione preferibilmente all’origine
dell’impianto o, dove questo non è accettabile, nel punto di misura.
180
mento. Non è necessario effettuare la misura in particolari condizioni meteorologiche o in particolari condizioni del terreno.
Inoltre la misura può essere eseguita senza staccare i dispersori di
fatto che non sono sotto il controllo di chi esercisce l’impianto. Tuttavia
se è ragionevole supporre che l’efficienza dell’impianto di terra dipenda
soprattutto da tali dispersori è giustificato, in sede di verifica, valutare
il contributo di questi ultimi, in quanto l’impianto di terra deve essere
progettato senza tener conto del contributo di altri dispersori.
La misura si esegue, utilizzando un dispersore ausiliario M (sonda
di corrente) ed una sonda di tensione N, col metodo volt-amperometrico (fig. 3 a) o con appositi strumenti di misura (fig. 3 b). La sonda
di corrente (M) dev’essere disposta in un punto sufficientemente lontano dal dispersore in prova così che le zone di influenza del dispersore di terra e della sonda non risultino sovrapposte. La sonda di
corrente si può ritenere sufficientemente lontana dall’impianto di
terra quando allontanando via via la sonda di tensione N dall’impianto di terra in misura, la resistenza di terra (ovvero la tensione
misurata) varia in modo trascurabile.
Si fa disperdere una corrente di terra non inferiore all’1% di quella
per la quale il dispersore è proporzionato e comunque non inferiore
a 5 A e si misura la tensione tra la sonda di tensione e il dispersore.
Il valore della resistenza di terra è dato dal rapporto tra la tensione
misurata e la corrente che fluisce tra la sonda M e il dispersore.
Per verificare che la resistenza di terra sia un valore corretto, si
fanno tre misure con la sonda di tensione N spostata di 6 m rispettivamente più lontano e più vicino al dispersore in prova. Se le tre
misure sono sostanzialmente le stesse, si prende la media dei tre risultati come resistenza di terra del dispersore. Se non c’è tale accordo, le prove devono essere ripetute con la distanza, tra sonda di
corrente e dispersore, aumentata.
a
Fig. 3
b
181
Fig. 4
Se la prova è effettuata con corrente a frequenza industriale, l’impedenza interna del voltmetro dev’essere almeno 200 Ω/V.
La sorgente della corrente utilizzata per la prova dev’essere separata
dalla rete di alimentazione (per esempio con un trasformatore a doppio avvolgimento).
Quando il luogo dell'impianto (per es. nelle città) è tale che non è
possibile, in pratica, rispettare le distanze indicate tra l’impianto di
terra e gli elettrodi ausiliari, si può eseguire la misura della resistenza dell'anello di guasto oppure utilizzare il metodo semplificato.
Misura dell’impedenza dell’anello di guasto
Questa misura (fig. 4) eseguita nei sistemi TT, con l’ausilio di strumenti elettronici, fornisce valori per eccesso della resistenza di terra
a tutto vantaggio della sicurezza (si misura infatti anche la resistenza del dispersore di cabina dell’ente distributore).
Metodo semplificato
La figura 5 indica lo schema per l’applicazione di un metodo semplificato utilizzabile nei sistemi TT e TN. Il metodo prevede l’infissione
delle sonde di tensione e del dispersore ausiliario ad una distanza circa
uguale alla diagonale maggiore del perimetro dell’impianto in prova.
Installato il dispersore ausiliario ad una distanza (x) dal contorno
del dispersore in misura non inferiore alla massima dimensione lineare (y) del suolo impegnato dall’impianto di terra, si effettua una
serie di rilevazioni con metodo volt-amperometrico spostando la sonda di tensione (N) dal dispersore ausiliario (M) verso il dispersore
in misura lungo l’asse x (se si utilizzano un voltmetro e un amperometro è necessario calcolare per ogni posizione il rapporto R = U/I).
Le misure intermedie devono essere effettuate in numero e posizione
tale da evidenziare nel diagramma R = f (x) il punto di flesso (ossia
il tratto orizzontale) che rappresenta il punto a potenziale indisturbato tra le due zone d’influenza dei dispersori.
182
Fig. 5
La resistenza del dispersore è individuata dall’ordinata del punto di
flesso (RT).
Qualora non esistessero punti di flesso si deve ripetere la misura con
il dispersore ausiliario installato in altra zona.
Misura della resistività del terreno
Il valore di resistenza dell’impianto di terra dipende dalla resistività
del terreno. La conoscenza di questo parametro consente di dimensionare correttamente l’impianto di terra riducendo anche i costi di
installazione.
Per la misura è necessario un misuratore di terra a quattro morsetti
ai quali devono essere collegati quattro dispersori ausiliari infissi a
distanze regolari in linea retta (fig. 6).
La distanza fra i picchetti ha notevole importanza, in quanto la corrente che fluisce tra due picchetti interessa strati del terreno via via
più profondi all’aumentare della distanza fra i picchetti stessi. La
profondità di infissione dei picchetti non ha particolare importanza,
ma è consigliabile sia pari a 1/20 della distanza fra le sonde.
É opportuno eseguire diverse misure in differenti punti del terreno
e quindi fare la media dei valori di resistività trovati.
Ripetendo le misure per varie distanze tra le sonde si può risalire ai
valori di resistività dei diversi strati del terreno e valutare perciò a
183
Fig. 6
quale profondità è conveniente collocare i dispersori dell’impianto di
terra. La resistività risulta:
ρ=2πaR
dove R è il valore letto sullo strumento (in Ω) e a la distanza tra le
sonde (in m).
Si tenga presente che la presenza di strutture metalliche (quali tubazioni, cavi con guaine o schermi metallici ecc.) interrate in prossimità del luogo di misura può falsare la misura stessa.
Misura dell’impedenza dell’anello di guasto
La misura può essere effettuata in base al metodo della caduta di
tensione o a quello dell’alimentazione separata. I valori rilevati devono essere in accordo con i valori calcolati in fase di progetto.
È raccomandato che tale misura sia preceduta da una prova di continuità dei conduttori di protezione tra il punto neutro e le masse.
Metodo della caduta di tensione
Nel punto più lontano del circuito, che dev’essere controllato, si misura la tensione verso terra di una fase con e senza il collegamento
con la resistenza R (interruttore del circuito di prova aperto e rispettivamente chiuso), misurando nel contempo la corrente che passa
nella resistenza di carico (fig. 7).
L’impedenza è data dalla relazione:
Z=
U1 – U2
Ia
dove:
U1 - tensione del punto di prova senza il collegamento alla resistenza
di carico R;
U2 - tensione nel punto di prova con il collegamento alla resistenza
di carico R;
Ia - corrente che passa attraverso la resistenza di carico.
184
Fig. 7
La resistenza R dev’essere regolata ad un valore sufficientemente
basso in modo che la differenza (U1 – U2) risulti abbastanza elevata.
In realtà il metodo di misura descritto fornisce la resistenza del circuito di guasto e non l’impedenza, il che può portare ad errori considerevoli, non in favore della sicurezza, in particolare per le misure
in prossimità di grossi trasformatori ove la reattanza è preponderante e non può essere trascurata nella misura. Negli impianti
medio-piccoli invece la misura della resistenza si può ritenere accettabile.
Metodo della alimentazione separata (o voltamperometrico)
Questa misura si esegue togliendo l’alimentazione al circuito in
prova e, dopo aver messo in cortocircuito il primario del trasformatore, si alimenta il circuito interessato con una sorgente separata
(fig. 8). Si misura quindi la tensione U e la corrente I che circola nel
presunto anello di guasto. L’impedenza dell’anello di guasto si calcola con il rapporto tra tensione e corrente:
Z=
U
I
dove:
U - tensione misurata;
I - corrente misurata.
Questo metodo è perfetto solo che è applicabile solo quando è possibile
mettere fuori tensione un impianto in servizio.
Fig. 8
185
Fig. 9
Mediante loop tester
Quando il valore dell’impedenza dell’anello di guasto dipende in misura prevalente dalla componente resistiva (componente induttiva
trascurabile) la misura può essere effettuata in maniera rapida utilizzando appositi strumenti elettronici denominati loop-tester di cui
in commercio ne esistono vari tipi.
La figura 9 illustra un paio di esempi di come effettuare la misura
con il loop-tester. È necessario tuttavia tenere sempre ben presente
che questi strumenti consentono di rilevare esclusivamente il valore
della resistenza del circuito di guasto, anziché l’impedenza, per cui
la misura fornisce risultati corretti e può quindi essere accettata solo
quando si è certi che l’anello di guasto è prevalentemente resistivo.
In linea di massima i loop tester possono essere utilizzati in impianti
di bassa potenza (non superiore a 160 kVA) e quando nell’impianto
sono presenti cavi di sezione non superiore a 95 mm2.
Verifica dell’intervento dei dispositivi differenziali
Sono previsti 3 metodi di controllo.
Metodo 1
In figura 10 è indicato lo schema di principio del metodo che prevede
l’impiego di una resistenza variabile collegata fra un conduttore attivo dalla parte del carico e la massa.
Si aumenta quindi la corrente riducendo il valore della resistenza
variabile Rp.
La corrente Id alla quale il dispositivo differenziale interviene non
dovrà superare il valore della corrente nominale differenziale Idn,
del dispositivo differenziale.
È raccomandabile la disinserzione del carico. Se il carico è inserito,
si deve accertare che la sua corrente di dispersione sia trascurabile.
Nei sistemi IT può essere necessario collegare un punto del sistema
direttamente a terra durante la prova per ottenere l’intervento del
differenziale.
186
Fig. 10
Fig. 11
È necessario sospendere la prova se il voltmetro indica una tensione
minore di U0 – UL essendo UL la tensione limite.
Metodo 2
In figura 11 è indicato lo schema di principio del metodo che prevede
il collegamento della resistenza variabile a cavallo del dispositivo
differenziale, su conduttori attivi diversi.
Si aumenta quindi la corrente riducendo il valore della resistenza
variabile Rp. La corrente Id, letta sull’amperometro, alla quale interviene il dispositivo differenziale non deve superare il valore della
corrente nominale differenziale Idn del dispositivo di protezione.
È raccomandabile la disinserzione del carico. Se il carico è inserito,
si deve accertare che la sua corrente di dispersione sia trascurabile.
Metodo 3
In figura 12 è indicato lo schema di principio del metodo che impiega
un elettrodo ausiliario indipendente.
Nei sistemi IT può essere necessario collegare un punto del sistema
direttamente a terra durante la prova per ottenere il funzionamento
del dispositivo differenziale.
Si aumenta la corrente riducendo il valore della resistenza variabile
Rp e si misura la tensione U fra le masse e l’elettrodo ausiliario.
Si misura altresì la corrente Id verificando che il valore rilevato al
momento dell’intervento del dispositivo differenziale non sia superare al valore della corrente differenziale nominale Idn del dispositivo differenziale. Deve essere soddisfatta la relazione:
Id
U ≤ UL
Idn
dove UL è la tensione limite convenzionale.
187
Fig. 12
Il metodo è poco pratico e difficilmente applicabile per l’evidente difficoltà nel realizzare un elettrodo ausiliario indipendente.
In commercio esistono diversi tipi di strumenti portatili che permettono di controllare la corrente d’intervento dei dispositivi differenziali ed i relativi tempi senza staccare il carico o creare disservizi
all’impianto.
Con tali strumenti è anche possibile effettuare le verifiche, considerate come necessarie per un corretto coordinamento del dispositivo
differenziale con l’impianto di terra, consistenti nel controllo dei
tempi di intervento massimo e minimo del differenziale stesso:
– verifica di non intervento con Id < 0,5 Idn;
– verifica di intervento con Id = 1 Idn;
– verifica di intervento rapido con Id = 5 Idn.
Queste prove devono essere ripetute in corrispondenza sia dell’inizio
della semionda positiva (0°) sia dell’inizio della semionda negativa
(180°) (fig. 13).
È opportuno misurare preventivamente la corrente di dispersione
sia permanente sia transitoria (picco di inserzione) relativa ai circuiti protetti dal dispositivo differenziale al fine di evitare che valori
elevati di tale corrente possano influenzare negativamente le prove
stesse.
La misura delle correnti di dispersione, che consente di rilevare
Fig. 13
188
anche i motivi di eventuali scatti intempestivi del differenziale, richiede strumenti estremamente sensibili e, contemporaneamente,
insensibili ai disturbi esterni (campi magnetici o altro).
La misura risulta tanto più precisa quanto più elevata è la risoluzione dello strumento utilizzato.
In commercio esistono strumenti, inseribili “a pinza” sul circuito in
esame, capaci di memorizzare i valori della corrente di dispersione
e che inoltre offrono la possibilità di essere abbinati a registratori
grafici per osservare l’andamento della corrente di dispersione nel
tempo.
Prova di polarità
Consiste nell’individuazione strumentale del conduttore di neutro
per verificare che nessun dispositivo di interruzione unipolare si
trovi installato su tale conduttore (quando ciò è vietato).
Nei circuiti monofasi (fase-neutro) il conduttore di neutro si individua misurando la tensione verso terra di entrambi i conduttori: il
neutro è quello che presenta una tensione prossima allo zero.
Nei circuiti trifasi si misura la tensione tra quello che si suppone essere il neutro e ognuno degli altri tre: se l’intuizione è corretta, le
tre misure danno un valore pressoché costante; altrimenti una di
esse sarà inferiore e consentirà di individuare il neutro.
Verifica della sequenza delle fasi
Nei circuiti multipolari, quando richiesta, deve essere verificata la
sequenza delle fasi ossia l’ordine con il quale si susseguono i massimi
di tensione nei conduttori di fase.
La verifica può essere effettuata con un indicatore di senso ciclico o
con due lampade di uguali caratteristiche e un condensatore collegati a stella sul sistema trifase (fig. 14). Se i valori di resistenza e
della capacità sono scelti opportunamente si ha sempre una lampada
a luce piena e l’altra a luce ridotta. Se il condensatore è collegato
sulla fase 1, la fase 2 è segnalata dalla lampada più brillante e la
fase 3 dalla lampada quasi spenta.
Fig. 14
189
Prove di funzionamento
Le unità costituite da diversi componenti, come le apparecchiature
prefabbricate, i motori e i relativi ausiliari, i comandi e i blocchi devono essere sottoposti a una prova di funzionamento per verificare
che essi siano montati, regolati ed installati in accordo con le prescrizioni normative.
I dispositivi di protezione devono essere sottoposti a prove di funzionamento, se necessario, per verificare che siano stati installati e regolati in modo appropriato.
Verifica della caduta di tensione
La misura diretta della caduta di tensione ∆U può essere effettuata
disponendo di uno strumento registratore a più ingressi voltmetrici.
Un ingresso va collegato alla fonte energetica, l'altro va di volta in
volta connesso ai vari punti d'installazione.
Ogni lettura comprende due valori: U1 ed U2. La caduta di tensione
va calcolata applicando la formula:
∆U = U1 – U2
Ed il valore percentuale risulta:
∆U% =
∆U
100
U1
Verifica di sfilabilità dei cavi
La verifica della sfilabilità dei cavi consiste nell’estrarre uno o più
cavi dal tratto di tubo o di condotto, compreso tra due cassette o scatole successive, e nell’osservare che questa operazione non abbia
danneggiato il cavo stesso.
La verifica dev’essere eseguita su tratti di tubo o di condotto per una
lunghezza complessiva tra l’1% e il 3% della totale lunghezza dei
tubi o dei condotti dell’impianto.
Contemporaneamente a questa prova viene fatta la verifica del rapporto fra diametro interno del tubo o del condotto e diametro del cerchio circoscritto al fascio di cavi contenuto nel tubo o nel condotto.
Individuazione delle masse estranee
Secondo le indicazioni normative, una parte conduttrice non facente
parte dell’impianto elettrico risulta essere una massa estranea
quando la sua resistenza verso terra risulta inferiore a 1 000 Ω negli
ambienti ordinari, a 200 Ω nei locali a maggior rischio elettrico, quali
i cantieri, i locali ad uso agricolo ecc., e a 0,5 MΩ o 200 Ω per gli ambienti ad uso medico.
Ne deriva che per alcuni elementi metallici è necessario verificare il
valore della resistenza verso terra attraverso una misura mediante
ohmmetro, applicando i puntali tra il conduttore di protezione e l'elemento metallico (fig. 15).
190
Fig. 15
Rapporto a seguito della verifica iniziale
Al termine della verifica iniziale, deve essere preparato e consegnato
al committente un rapporto di prova che deve indicare l’oggetto della
verifica, insieme all'esito dell'esame a vista e dei risultati delle prove.
Ogni difetto od omissione rilevato durante la verifica deve essere eliminato prima della consegna dell’impianto da parte dell'installatore.
191
VERIFICHE PERIODICHE
La verifica periodica dell'impianto deve essere eseguita con la finalità di accertare che l'impianto non sia danneggiato o deteriorato in
modo tale da ridurne i requisiti di sicurezza, ovvero non vi siano difetti e scostamenti dalle caratteristiche richieste dalla normativa.
La verifica periodica deve comprendere un esame a vista approfondito dell’impianto integrato dalle opportune prove, analoghe a quelle
indicate per la verifica iniziale, che possono essere effettuate per
campionamento, includendo almeno:
– la misura della resistenza di isolamento;
– la prova di continuità dei conduttori di protezione;
– la verifica che le prescrizioni per la protezione contro i contatti indiretti siano soddisfatte;
– la prova funzionale dei dispositivi di protezione differenziale e dei
dispositivi di controllo.
Evidentemente nell’effettuare la verifica dovrebbero essere tenuti
in considerazione i risultati e le raccomandazioni di precedenti rapporti, se disponibili, e prese tutte le precauzioni per assicurare che
la verifica non causi pericolo alle persone e agli animali o danni alle
apparecchiature anche se il circuito risulta guasto.
Le verifiche periodiche possono essere sostituite, nel caso di impianti
elettrici di grandi industrie, da un adeguato e sicuro regime di sorveglianza e di manutenzione continuo degli impianti e dei loro componenti attuato da parte di persone esperte.
Frequenza della verifica periodica
La frequenza della verifica periodica di un impianto deve essere determinata considerando il tipo di impianto e i componenti, il suo uso
e funzionamento, la frequenza e la qualità della manutenzione e le
influenze esterne a cui l’impianto è soggetto.
La Norma CEI 64-8/6 suggerisce un intervallo di tempo di alcuni anni, (per esempio 5 anni) con le eccezioni seguenti che, a causa
del maggiore rischio presentato, richiedono intervalli di tempo non
superiore a 2 anni:
– posti di lavoro o luoghi in cui esistano rischi di degrado, di incendio
o di esplosione;
– posti di lavoro o luoghi in cui coesistano impianti di alta e di bassa
tensione;
– luoghi ai quali ha accesso il pubblico;
– cantieri;
– impianti di sicurezza.
Per gli edifici residenziali possono essere considerati adeguati intervalli di tempo maggiori (per es. 10 anni).
Si osservi che in qualche caso l’intervallo di tempo è stabilito da pre192
scrizioni di carattere legislativo (2). In ogni caso sarebbe opportuno
che il responsabile della verifica indicasse nel rapporto l'intervallo
per la successiva verifica periodica.
Rapporto delle verifiche periodiche
A seguito della verifica periodica di un impianto esistente, deve essere predisposto un rapporto. Tale documentazione deve includere i
dettagli di quelle parti dell'impianto e delle limitazioni della verifica
coperte dal rapporto, insieme con una registrazione dell'esame a
vista, che includa ogni difetto, nonché il risultato delle prove. Il rapporto periodico può contenere le raccomandazioni per la riparazione
e il miglioramento, se opportuno, tale da portare l'impianto conforme
alle prescrizioni normative.
(2) Il D.Lgs. 9 aprile 2008 , n. 81 Specifica che: “Ferme restando le disposizioni
del decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462, il datore
di lavoro provvede affinchè gli impianti elettrici e gli impianti di protezione
dai fulmini, siano periodicamente sottoposti a controllo secondo le indicazioni
delle norme di buona tecnica e la normativa vigente per verificarne lo stato di
conservazione e di efficienza ai fini della sicurezza”.
In base al D.P.R. 462 del 2001 il datore di lavoro deve effettuare la regolare
manutenzione degli impianti di terra e farli sottoporre a verifica periodica:
– ogni 2 anni se installati nei cantieri, locali medici e luoghi a maggior rischio
in caso d’incendio;
– ogni 5 anni se installati negli altri luoghi.
193
Palazzoli ACADEMY
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come obiettivo di fornire agli
installatori elettrici una serie
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elettrici» vengono forniti numerosi esempi che possono
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perché possono originarsi
eventi dannosi dagli impianti
e dalle macchine elettriche.
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in ATEX» sono ampiamente
illustrati e approfonditi gli elementi fondamentali per individuare le sorgenti di innesco e
prevenire l’esplosione dovuta
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194
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Vigili del Fuoco. La formazione avviene in maniera tecnica e pratica,
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commercio” (vendita e altri atti di disposizione vietati: art. 17 c.2 L.633/1941)
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lavoro. Ogni argomento preso in esame è stato trattato esaurientemente e corredato di diagrammi e numerose tabelle i cui dati consentono di risolvere ogni
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