Il Neoplatonismo

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Il Neoplatonismo
L’indirizzo religioso dell’ultima filosofia greca:
In questo periodo si cerca di raccogliere e cucire insieme gli elementi religiosi e impliciti nella storia del pensiero greco
e di connettere questo patrimonio religioso dei Greci con la sapienza orientale per mostrare la fondamentale
concordanza dell’uno con l’altra. Assistiamo quindi ad una interpretazione religiosa delle dottrine greche e a un
tentativo di conciliare queste dottrine con le credenze orientali.
Il neoplatonismo e Plotino:
Il neoplatonismo è l’ultima manifestazione del platonismo nel mondo antico. Esso riassume e porta alla formulazione
sistematica le tendenze e gli indirizzi che si erano manifestati nella filosofia greca dell’ultimo periodo.
Plotino pone immediatamente come condizione necessaria di tutte le cose l’unità. Infatti la molteplicità sarebbe
impensabile senza l’unità. Persino il 2 presuppone l’1. Gli esseri minori hanno perciò meno unità, mentre gli esseri
maggiori ne hanno di più (meno essere, meno unità, e viceversa), finché , di grado in grado, si giunge all’uno assoluto.
Plotino afferma anche che l’uno, in quanto primo di tutte le cose che sono, non può “essere” allo stesso modo delle cose
che sono. Innanzitutto l’uno è infinito. Superando ogni riserva mentale circa il concetto di infinito, Plotino giunge al
concetto metafisico dell’infinito come illimitatezza della potenza, precisando appunto, che l’uno occorre concepirlo
infinito non perché sia interminabile vuoi in grandezza vuoi in numero, ma per il fatto che la sua potenza non è
circoscritta. Inoltre in quanto infinito, l’uno non può venire definito mediante attributi finiti. Essendo l’essenza dell’Uno
generatrice di tutte le cose, essa non è nessuna di quelle cose, essa non è pertanto qualcosa ma è l’informe che esiste
prima di ogni ideale. In virtù di questa sua natura trans-finita l’Uno risulta inesauribile e ben lungi dall’configurarsi
come argomento di discorso e oggetto di scienza. I due principali interrogativi che la filosofia di Plotino fa scaturire
sono: perché dall’Uno derivano i molti?; come avviene tale derivazione? Plotino afferma che l’uno nella sua perfezione,
non ha certo bisogno del mondo, ma allora perché l’uno non rimane unico? Plotino risolve la questione con l’immagine
figurata di una sovrabbondanza d’essere che non può fare a meno di traboccare e di generare. Il mondo, quindi, non è
una realtà intenzionalmente voluta, ma un prodotto che scaturisce inevitabilmente dall’essere ridondante dell’Uno.
Plotino risponde al secondo interrogativo con il concetto di emanazione. Per spiegare ciò, possiamo dire in generale, che
l’emanazione plotiniana si configura come un processo per cui dall’Uno derivano necessariamente i molti, attraverso
una serie di gradi d’essere sempre meno perfetti a mano a mano che ci si allontana dal principio iniziale. In virtù delle
sue caratteristiche, l’emanazionismo plotiniano si differenzia nettamente sia dallo schema dualistico (ovvero dalla
concezione di Dio come causa ordinante), sia dallo schema creazionistico (ovvero dalla concezione di Dio come causa
creante), sia dallo schema panteistico (ovvero dalla concezione di Dio come causa immanente).
Le ipostasi e la materia
Il processo di emanazione del mondo da Dio si concretizza, secondo Plotino, in una serie di ipostasi (realtà sostanziali
per sé sussistenti). La prima ipostasi è l’Uno stesso che è in potenza tutte le cose che da lui si irraggiano. La seconda
ipostasi è l’intelletto, che sorge da una contemplazione dell’uno e pensa tutti gli infiniti pensieri pensabili, ossia quei
modelli eterni delle cose che sono le idee platoniche. La terza ipostasi è l’anima che ha una parte superiore che guarda
all’intelletto da cui riceve la luce e le idee e una parte inferiore che è rivolta alla materia che emana ed è ordinata da
essa. Unendosi alla materia diventa anima del mondo. L’Uno, l’intelletto e l’anima universale costituiscono il mondo
intelligibile. Il mondo corporeo, che deriva dall’anima, implica anche, per la sua formazione, un altro principio. Questo
principio è la materia, che Plotino concepisce negativamente, ossia come privazione del positivo. La materia si trova
all’estremità inferiore della scala alla cui sommità c’è Dio. Essa è non essere e male, anche se con questa definizione
non si deve intendere l’opposto di essere e bene, ma si deve pensare al fatto che essa è priva di essere. Le anime singole
sono immagini dell’anima del mondo. Quest’ultima penetra e vivifica la materia che funge da involucro. Sempre
dall’anima scaturisce il concetto di temporalità, distribuendosi nella materia in una successione di “prima e di poi”.
Il ritorno all’Uno
Iniziato con la discesa dei molti all’uno, il circolo cosmico termina con il ritorno dei molti all’uno. Collocate fra l’uno e
la materia, le anime, se da un lato sono attirate dall’ inautenticità corporea, dall’altro non possono fare a meno di
avvertire il richiamo dell’essere donde nacquero. Secondo Plotino, il ritorno all’Uno è un itinerario che l’uomo può
iniziare e percorrere solo mediante il ritorno a se stesso e l’abbandono delle cose esteriori. Da ciò l’appello plotiniano
alla coscienza, intesa come raccoglimento. Per prima cosa bisognia quindi liberarsi da ogni rapporto di dipendenza nei
confronti del corpo tramite le virtù civili (e corrispondenti alle virtù cardinali di Platone). Tuttavia le virtù costituiscono
soltanto una condizione propedeutica o preparatoria dell’essenza verso Dio. L’avere possibilità di ritorno risiedono
nell’arte, nell’amore e nella filosofia. L’arte è la contemplazione della bellezza, la quale, essendo forma emergente dalla
materia si configura come lo splendore dell’intelligibile nel sensibile. Analogamente, nell’amore l’uomo si solleva
gradualmente dalla contemplazione della bellezza corporea a quella incorporea, la quale è immagine o riflesso del bene.
Infine, con la filosofia l’uomo procede verso la fonte stessa della bellezza, ossia verso l’Uno in sé. All’Uno-Dio tuttavia
si può giungere solo tramite all’estasi, ossia per mezzo di un amoroso contatto e di una sovrarazionale immedesimazione
con l’ineffabile, ottenuta mediante un’uscita da sé e dai limiti del finito.
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