CAPITOLO 7
Il neoplatonismo
Il neoplatonismo è l’ultima manifestazione del platonismo. Riassume le tendenze e gli indirizzi della
filosofia dell’ultimo periodo. Elementi pitagorici, aristotelici, stoici vengono fusi col platonismo e influenzano
il mondo cristiano medievale e moderno. Il fondatore fu Ammonio Sacca che mori senza lasciare alcuno scritto.
Tra i suoi scolari ricordiamo Origene e Cassio Longino. Plotino è la figura più importante del platonismo,
nacque a Licopoli in Egitto e partecipò ad una spedizione in Persia dove venne a contatto con le filosofie
orientali. Si stabilì a Roma dove fondò una scuola. Il suo scolaro Porfirio pubblicò i suoi scritti ordinandoli in
sei Enneadi, libri di nove parti ciascuno. Porfirio scrisse anche alcuni suoi libri come Vita di Pitagora o Vita di
Plotino. Il suo interesse è pratico-religioso e usa le teorie del maestro per difendere la religione pagana.
La filosofia di Plotino è nuova e originale, in essa ci sono alcuni dei motivi più tipici della riflessione greca
sull’essere. Plotino pone immediatamente, come condizione della molteplicità delle cose, l’unità. Afferma
infatti che la molteplicità sarebbe impensabile senza l’unità. Anzi, ogni cosa è ciò che è solo in quanto
costituisce, in qualche modo, un’unità. Ogni cosa è unita. Ovviamente gli esseri maggiori hanno più unità degli
esseri minori, finché, di grado in grado, non si giunge all’Uno assoluto, ovvero a quell’Uno primo da cui tutto
deriva e grazie a cui i molti sono. Se la radice dell’essere è la realtà, la radice del mondo è l’Uno. L’Uno è
infinito, un concetto di infinito inteso come illimitatezza della potenza. Pertanto dobbiamo concepire l’Uno
infinito non perché sia indeterminabile la sua grandezza e il suo numero, ma per il fatto che la sua potenza non è
circoscritta. In quanto tale, l’Uno è privo di forma e di figura. In quanto privo di forma non vi è in esso
neppure essere o essenza: l’Uno è al di là dell’essere. Pertanto l’Uno non può venir definito mediante attributi
finiti. Non è quindi in movimento, in quiete, non è in uno spazio. L’Uno risulta inesauribile, un qualcosa di
indeterminato di cui si può dire soltanto ciò che non è. . In tal modo Plotino da inizio alla cosiddetta teologia
negativa. Plotino parla dell’Uno anche termini di bene, sottolineando che egli è tale in relazione al mondo, e in
quanto tale si rapporta a lui come un supremo oggetto di desiderio. L’Uno può essere anche chiamato Causa
(ma anche Libertà o Volontà), senza dimenticare che l’espressione vale solo per gli uomini, in quanto solo noi
possediamo qualcosa di lui. Ma se l’Uno è l’assolutamente altro al mondo, come è possibile filosofare sull’Uno
e sui suoi rapporti con il mondo? Plotino nel farlo, ricorre ad un linguaggio metaforico e allusivo. Ma perché
dall’Uno derivano i molti? Come avviene tale derivazione?
Plotino afferma che l’Uno, nella sua perfezione, non ha certo bisogno del mondo. Il filosofo spiega l’esistenza
del mondo mediante l’immagine figurata di una sovrabbondanza di essere che ha bisogno di generare. Il
mondo pertanto non è una realtà intenzionalmente voluto, ma un prodotto che scaturisce inevitabilmente
dall’essere ridondante dell’Uno. Al secondo interrogativo, Plotino risponde con i concetti-metafora di
perilampsis (irradiazione) e di aporroia ( emanazione). Tali concetti vengono espressi dal filosofo con una serie
di immagini famose. La più celebre è quella in cui la nascita del reale da un principio supremo è identificato con
l’irradiarsi della luce da una fonte luminosa centrale. Possiamo affermare che l’emanazione propostaci da
Plotino è un processo per cui dall’Uno derivano necessariamente i molti, attraverso una serie di gradi d’essere
sempre meno perfetti a mano a mano che ci si allontana dal principio iniziale. Tale processo non è cronologico,
ma ideale. In altri termini la cosiddetta emanazione non si compie nel tempo, ma è eterno. In virtù di quanto
detto, l’emanazionismo si differenzia dalla concezione di dio come causa ordinante (schema dualistico), dalla
concezione di dio come causa creante (schema creazionistico) e dalla concezione di dio come causa immanente
(schema panteistico) Non segue lo schema dualistico in quanto il mondo esiste solo come effetto della
processione divina. Contraddice lo schema creazionistico per il mondo, come sappiamo, non esiste per un atto
d’amore, ma come conseguenza necessaria della sua sovrabbondanza d’essere. Secondo il panteismo classico,
Dio è dentro il mondo, mentre secondo l’emanazionismo, Dio esiste al di sopra del mondo e in modo non
corporeo.
Il processo di emanazione del mondo da Dio si concretizza in una serie di ipostasi, realtà sostanziali per se
sussistenti. La prima ipostasi è l’Uno stesso, concepito potenza di tutte le cose che da lui si irraggiano. La
seconda ipostasi è l’Intelletto, che sorge da una contemplazione dell’Uno,che implica di per se uno
sdoppiamento fra soggetto pensante e oggetto pensato. L’intelletto, quale sede dei modelli eterni, pensa a tutti
quei modelli eterni delle cose che sono le idee platoniche. La terza ipostasi è l’anima che da un lato guarda
(quello superiore) all’intelletto, da cui riceve la luce delle essenze, e con ciò pensa, dall’altro (inferiore) guarda
a ciò che è dopo di lei e lo ordina attraverso le idee, considerate anche come forma plasmatrici. Unendosi al
corpo che emana, l’Anima, diviene Anima del mondo e Provvidenza. Come si può notare ogni anima nasce da
un atto di contemplazione dell’ipostasi precedente e costituisce l’esplicazione di qualche sua caratteristica o
© Federico Ferranti S.T.A. & Pato
www.quartof.com
potenza. L’Uno è la luce, l’Intelletto il sole, l’Anima la luna che trae la luce del sole. L’Uno, l’Intelletto e
l’Anima universale costituiscono il mondo intelligibile. Il mondo corporeo che devia dall’Anima, implica
anche un altro principio, la materia. Essa è l’oscurità e comincia là dove termina la luce. Come tale la materia è
non essere e male, intendendo con questi termini, non l’opposto dell’essere e del bene, ma la loro assenza. Le
anime singoli sono riflessi dell’Anima del mondo. Quest’ultima vivifica la materia e produce l’unità e la
simpatia di tutte le cose. In quanto dominato dall’Anima universale, il mondo ha un ordine e una bellezza
perfetti. Per quanto concerne la temporalità, Plotino afferma che essa nasce dall’attività dell’Anima del mondo,
la quale, distribuendosi nella materia, pone in una successione di prima e di poi ciò che nell’eterno è tutto
insieme e simultaneo.
Il circolo cosmico termina con il ritorno dei molti all’Uno. Ciò avviene attraverso quel punto nodale del Tutto
che è l’Uomo, il quale, come un pellegrino tormentato dal sentimento di quanto è andato perduto, ha il desiderio
di ritornare alla casa del padre, ovvero alla condizione in cui sussiste l’anima prima della sua caduta nel corpo.
Tale caduta, derivata dall’emanazione cosmica, è aggravata da due colpe: una è quella derivante
dall’appartenere e di legarsi ad un corpo, la seconda consiste nel fatto che, una volta entrata nel corpo, si prende
eccessiva cura del corpo stesso. Se da un lato sono attirate dall’autenticità corporea, dall’altro non possono fare
a meno di avvertire il richiamo dell’Essere da dove nacquero. La vita tra e cose della terra non è che un crollo
ed esilio, la vera vita è solo lassù, assieme all’uno. Il ritorno all’Uno è comunque un itinerario che l’uomo può
iniziare solo mediante il ritorno a se stesso e l’abbandono delle cose esteriori. La prima tappa del viaggio verso
l’Uno è la liberazione, mediante le virtù civili, le virtù cardinali di Platone, da ogni rapporto di dipendenza nei
confronti del corpo. Ma le vere e proprie vie del ritorno risiedono nell’arte, nell’amore e nella filosofia. L’arte
è la contemplazione della bellezza, la quale, emergendo dalla materia, si configura come lo splendore
dell’intelligibile nel sensibile. Attraverso la musica, procedendo oltre i suoni sensibili, si cerca di sollevarsi
all’armonia intelligibile. Analogamente, nell’amore l’uomo si solleva gradualmente dalla contemplazione della
bellezza corporea a quella incorporea, la quale è immagine del bene. Infine con la filosofia l’uomo procede
verso la fonte stessa della bellezza, ossia verso l’Uno in se. All’Uno l’uomo non può arrivare mediante
l’intelligenza, ma solo tramite l’estasi ossia per mezzo di un amoroso contatto con l’ineffabile, ottenuta
mediante un’uscita da se e dai limiti del finito. L’estasi plotiniana è il punto di arrivo di un pensiero
razionalista di stampo tipicamente greco: è la visione intellettuale di Platone rivissuta con lo spirito dell’uomo e
del filosofo di età tardo imperiale.
© Federico Ferranti S.T.A. & Pato
www.quartof.com