Biomolecole - Liceo Classico Scientifico XXV Aprile

Le biomolecole organiche
Le biomolecole organiche tendono ad unirsi tra loro a formare complessi detti macromolecole. Un
particolare tipo di macromolecole sono i polimeri, ovvero sequenze di molte unità ciascuna delle quali è detta monomero.
La formazione delle macromolecole avviene
attraverso particolari reazioni dette di condensazione. In esse il gruppo funzionale
OH di una molecola reagisce con l’H di
un’altra formando acqua e provocando così
l’unione delle due molecole. La reazione inversa è detta di idrolisi e consiste nel raggiungere acqua alla macromolecole in modo
da separarne i costituenti.
Di solito le biomolecole vengono
suddivise in quattro classi principali: glucidi, lipidi, protidi ed acidi nucleici.
All’interno di ciascuna classe si fanno poi
ulteriori distinzioni, soprattutto a seconda
che si tratti di molecole semplici o di macromolecole (dette anche molecole complesse).
Glucidi
I glucidi rappresentano un gruppo di molecole di fondamentale importanza per tutti i viventi in quanto esercitano ben tre funzioni fondamentali: energetica, plastica e strutturale. Di queste ultime la prima è di
gran lunga la più importante: i glucidi sono, infatti, le molecole preferite da ogni organismo vivente per ricavarne energia. Tutti i glucidi sono ampiamente solubili in acqua e ciò rappresenta al contempo sia un pregio
che un difetto. È un pregio perché possono diffondere facilmente nell’ambiente acquoso; è un difetto perché
non possono essere accumulati: un’eccessiva quantità di zuccheri richiama, infatti, molta acqua e rischia di
disidratare l’organismo (è per questo che gli zuccheri vengono adoperati come conservanti, per esempio nelle
marmellate). I glucidi vengono distinti in due gruppi: gli zuccheri semplici (monosaccaridi) e gli zuccheri
complessi (disaccaridi o polisaccaridi).
MONOSACCARIDI
I monosaccaridi più importanti sono composti da carbonio, ossigeno e idrogeno in proporzione ben
precisa: per ciascun atomo di carbonio ve n’è uno di ossigeno e due di idrogeno, in un rapporto 1:1:2 (è come
se, per ciascun atomo di carbonio vi fosse una molecola d’acqua, per questo motivo tali monosaccaridi vengono chiamati anche carboidrati1). Poiché la maggior parte di essi ha un gusto più o meno dolce, vengono
anche detti zuccheri. Sono distinti in base al numero di atomi di carbonio e negli esseri viventi sono particolarmente importanti quelli con 5 e con 6 atomi di carbonio, detti rispettivamente pentosi ed esosi. Quasi tutti
gli atomi di carbonio sono chirali, per cui sono possibili molti stereoisomeri che vengono raggruppati in due
diverse serie: la serie D e la serie L, a seconda che derivino dalla D-gliceraldeide (che fa ruotare il piano del1. Il termine carboidrato viene riferito non solo ai monosaccaridi, ma esteso a tutti i glucidi composti di carbonio, idrogeno e ossigeno, compresi quindi anche i disaccaridi e i polisaccaridi.
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la luce polarizzata verso destra) o dalla L-gliceraldeide (che lo fa ruotare verso sinistra); quasi tutti i monosaccaridi presenti negli esseri viventi appartengono alla serie D. Aldosi e pentosi possiedono più gruppi funzionali ossidrilici (OH) e un gruppo funzionale carbonilico (C=O) che può essere aldeidico (aldosi) o chetonico (chetosi). In soluzione acquosa i monosaccaridi tendono a formare strutture chiuse ad anello perché il
gruppo OH del penultimo carbonio (la sequenza si numera a partire dal carbonile) reagisce con il carbonile
formando un anello eterociclico in cui è presente l’ossigeno, tale anello ha tanti lati quanti sono gli atomi di
carbonio negli aldosi, mentre nei chetosi i lati sono ridotti di una unità. L’anello eterociclico a sei lati ricorda
la struttura del pirano e per questo gli zuccheri che lo formano sono detti piranosi, quello a cinque lati ricorda invece il furano e si hanno quindi i furanosi. Sia le strutture piranosiche che quelle furanosiche, una volta
formate, danno origine ad isomeri cis-trans a seconda che l’ossidrile più vicino all’ossigeno e il carbonio che
non forma l’anello siano dalla stessa parte o da parti opposte rispetto al piano dell’anello stesso (gli isomeri
trans sono chiamati anche , quelli cis ).
Tra i pentosi sono ricordare il ribosio ed il desossiribosio, mentre tra gli esosi ricordiamo il glucosio
(aldoso), il fruttosio (chetoso) ed il galattosio (aldoso). Spesso la molecola degli zuccheri semplici tende a
chiudersi ad anello: nei pentosi e negli esosi chetonici forma un pentagono, mentre negli esosi aldeidici forma un esagono.
DISACCARIDI
Gli zuccheri complessi sono costituiti dall’unione di zuccheri semplici attraverso una reazione di
condensazione che forma un legame detto glicosidico: due a due nel caso dei disaccaridi, o centinaia, e talvolta anche migliaia, nel caso dei polisaccaridi. Il legame avviene tra il carbonio 1 di uno zucchero e il carbonio 4 (o 6) di un altro e se ne conoscono due diverse varianti: legame -glicosidico se riguarda l’H e l’OH
situati dalla stessa parte del piano dell’anello, e legame -glicosidico se invece riguarda H e OH situati uno
sopra e uno sotto il piano dell’anello. La differenza è importante perché gli animali non riescono a rompere il
legame , mentre l’ sì, di conseguenza le molecole con legame -glicosidico non sono digerite; la maggior
parte delle persone è infatti intollerante al latte (solo circa il 30% ha una mutazione genetica che consente di
digerire il lattosio). Tra i disaccaridi sono da ricordare il saccarosio (formato dal glucosio e dal fruttosio con
legame -glicosidico) e il lattosio (costituito da glucosio e galattosio con legame -glicosidico).
POLISACCARIDI
I polisaccaridi sono mediamente costituiti da oltre 100 monosaccaridi uniti sia attraverso legami 1-4
glicosidici, che 1-6. Questo consente la formazione di ramificazioni del polimero. Il principale monosaccaride che forma polimeri è l’-D-glucosio. Esso dà origine all’amido, un’importante sostanza di riserva dei vegetali, al glicogeno, la riserva energetica degli animali, ed alla cellulosa, un polisaccaride strutturale delle
cellule vegetali. Amido, glicogeno e cellulosa hanno importanti differenze strutturali. Nell’amido e nel glicogeno sono prevalentemente presenti legami -glicosidici e pertanto sono perfettamente digeribili dagli
animali; hanno entrambi struttura ramificata per la presenza di legami 1→6, ma nel glicogeno le ramificazioni sono molte di più che nell’amido. La cellulosa ha solo legami -glicosidici di tipo 1→4, essa è quindi
a struttura lineare ed è indigeribile da parte degli animali (nell’apparato digerente degli erbivori, per esempio,
devono infatti essere presenti batteri in grado rompere i legami ). Un altro polisaccaride interessante è la
chitina, che forma gli scheletri esterni di molti animali (p. es. gli insetti) o la parete cellulare di funghi e batteri; essa è formata da N-acetilglucosammina, un amminozucchero che deriva dal glucosio per aggiunta di un
gruppo amminoacetilico (NH-CO-CH3).
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I polisaccaridi possono inoltre legarsi alle proteine formando le glicoproteine che vengono utilizzate
come segnali di riconoscimento cellulare (per esempio nella differenziazione dei gruppi sanguigni del sistema AB0) o come componenti della matrice connettivale.
Lipidi
I lipidi sono un gruppo molto eterogeneo di sostanze costituite prevalentemente da carbonio, idrogeno e
ossigeno (in proporzioni ovviamente diverse da quelle dei glucidi) con l’unica caratteristica comune data
dall’incapacità di sciogliersi in acqua. Questa caratteristica è molto importante perché tutti gli organismi sono
essenzialmente composti d’acqua, c’è quindi bisogno di un involucro idrofobico che possa avvolgere le singole
cellule che altrimenti si disperderebbero. Per questo i lipidi sono largamente distribuiti negli esseri viventi, dove
svolgono soprattutto la funzione strutturale e quella energetica di riserva2.
Come per i glucidi, anche qui è possibile distinguere due diversi tipi di lipidi: quelli semplici e quelli
complessi, a seconda che siano composti da un’unica molecola o da più molecole legate tra loro. Negli esseri
viventi i lipidi semplici più diffusi sono gli acidi grassi, mentre i lipidi complessi sono rappresentati essenzialmente dai trigliceridi e dai fosfolipidi. Vi sono poi altri tipi di molecole che non rientrano in questa suddivisione, come per esempio il colesterolo, i carotenoidi e le cere.
ACIDI GRASSI
Gli acidi grassi sono acidi carbossilici a lunga catena (si contano da 15-20 atomi di carbonio), tutti i
carboni legano idrogeno, solo il carbonio terminale possiede il gruppo carbossilico in cui è presente ossigeno. Essi vengono distinti in saturi e insaturi:
nei primi sono presenti solo legami semplici,
nei secondi sono invece presenti uno o più
doppi legami (monoinsaturi se c’è un solo
doppio legame e polinsaturi se ce n’è più di
uno). Gli acidi grassi saturi sono quindi rigidi
e lineari e tendono ad affiancarsi l’un l’altro
come le matite dentro un portamatite. Negli
acidi grassi insaturi, invece, il doppio legame
produce una sorta di gomito che impedisce
alle molecole di addossarsi strettamente tra
loro3. Il numero di doppi legami determina
quindi la fluidità e il punto di fusione di un
lipide: più ce ne sono più la sostanza è fluida
ed ha un basso punto di fusione (il che determina la possibilità di presentarsi solido o
un acido grasso saturo
un acido grasso insaturo liquido a temperatura ambiente). Attraverso
l’idrogenazione è possibile trasformare gli acidi grassi insaturi in saturi (acidi grassi idrogenati).
Tra i più importanti acidi grassi saturi degli esseri viventi troviamo l’acido miristico (14 atomi di
carbonio) e l’acido palmitico (16 atomi di carbonio); tra quelli insaturi invece ci sono l’acido oleico (19 atomi di carbonio e 1 doppio legame), l’acido linoleico (18 atomi di carbonio e 2 doppi legami) e l’acido arachidonico (20 atomi di carbonio e 4 doppi legami). Un tipo particolare di acidi grassi insaturi sono quelli conosciuti con il nome di -3 e -6. La lettera  indica l’ultimo atomo di carbonio della catena (quello più lontano dal gruppo carbossilico), mentre il numero indica la posizione del primo doppio legame a partire da .
2. come materiale di riserva sono di gran lunga preferiti ai polisaccaridi perché, a parità di peso, forniscono molta più
energia (più del doppio rispetto a carboidrati e proteine) e, essendo insolubili, non richiedono acqua per la loro accumulazione. Ciò spiega perché se si mangia troppo si ingrassa: quando in un organismo vengono introdotti alimenti
in eccesso, tutti si trasformano in grassi.
3. Il doppio legame produce anche la formazione di isomeri cis-trans. Si pensa che gli isomeri trans siano potenzialmente dannosi per la salute umana (aterosclerosi e infarto del miocardio) in quanto si ipotizza che nell’uomo il metabolismo lipidico agisca solo sulle forme cis.
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TRIGLICERIDI
I trigliceridi sono formati da quattro molecole diverse: la glicerina (o glicerolo, un alcol con tre
gruppi ossidrilici) e tre acidi grassi, che si uniscono attraverso una reazione di esterificazione4; il legame che
si forma è detto, appunto, legame estere. Non è necessario che gli acidi grassi di un trigliceride siano tutti
uguali tra loro, possono
essere anche tutti diversi
in quanto a lunghezza e/o
saturazione. Essi comprendono sostanze molto
diffuse in natura quali il
burro e il lardo, formati
per lo più da acidi grassi
saturi e per questo solidi
a temperatura ambiente;
oppure l’olio d’oliva o
quello di semi, formati
invece da acidi grassi insaturi e quindi liquidi a
temperatura ambiente. I
trigliceridi animali hanno
molti acidi grassi saturi,
di conseguenza sono solidi a temperatura ambiente e presentano un
alto punto di fusione
(vengono comunemente
chiamati grassi). I trigliceridi vegetali hanno invece molti acidi grassi insaturi, pertanto sono liquidi a temperatura ambiente ed hanno un basso punto di fusione (vengono comunemente chiamati oli).
FOSFOLIPIDI
I fosfolipidi (detti anche fosfogliceridi) costituiscono un importante materiale strutturale, essi sono
costituiti da un trigliceride che al posto di uno degli acidi grassi ha due diverse molecole: un gruppo fosfato (PO43ed un’altra molecola variabile in forma ionica (in
genere si tratta della colina, un’ammina terziaria che porta una carica positiva). Sia il
fosfato che la molecola variabile presentano dunque cariche elettriche; perciò questa
porzione del fosfolipide, detta “testa”, è idrofila e interagisce con l’acqua. I due acidi
grassi (che rappresentano le “code”) sono invece idrofobici e tendono ad allontanarsi
dall’acqua. Quando i fosfolipidi si trovano in
ambiente acquoso si dispongono in modo caratteristico: se si trovano a bassa concentrazione
formano micelle, sferette costituite da fosfolipidi disposti con le teste verso l’acqua e le code
radunate al centro; se aumentiamo la concentrazione la disposizione è a doppio strato nel
quale le code risultano una di fronte all’altra,
mentre le teste sono rivolte all’esterno; se poi
la concentrazione dei fosfolipidi aumenta ulteriormente si formano i liposomi, vescicole cave
costituite da un doppio strato che si chiude su
se stesso formando delle cavità. Un esempio
molto diffuso di trigliceride è la lecitina.
4. Ricordiamo che l’esterificazione è la reazione di condensazione tra un gruppo carbossilico e un gruppo ossidrilico.
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ALTRI TIPI DI LIPIDI
Alcune classi di molecole non sono riconducibili a nessuna delle strutture appena descritte però, essendo insolubili in acqua vengono di solito inclusi nel gruppo dei lipidi,. Si tratta dei carotenoidi, degli steroidi e delle cere.
I carotenoidi sono un gruppo di pigmenti, sostanze colorate presenti nelle piante e negli animali derivati dal β-carotene. Sono responsabili del colore delle carote, dei pomodori, delle zucche, del tuorlo d’uovo
e di tutte le parti con colore dal giallo pallido all’arancione carico. In molti animali, compreso l’uomo, il βcarotene forma la vitamina A, dalla quale a sua volta deriva la rodopsina, una molecola necessaria alla vista.
Esso inoltre concorre alla pigmentazione della pelle proteggendola dai raggi UV.
Gli steroidi sono composti contraddistinti da una struttura molecolare di più anelli idrocarburici
condensati (3 esagoni e un pentagono). Il colesterolo è un importante costituente delle membrane perché stabilizza il doppio strato fosfolipidico. È prodotto dal fegato e rappresenta il materiale di partenza per la sintesi
del testosterone e altri ormoni, della bile e della vitamina D.
Le cere sono formate da un acido grasso saturo a lunghissima catena, da 40 a 60 atomi di carbonio,
legato a un alcol così da formare una molecola fortemente impermeabile all’acqua. Nell’uomo, alcune
ghiandole secernono un rivestimento ceroso che mantiene la morbidezza dei capelli; gli uccelli acquatici
possiedono un analogo rivestimento ceroso sulle penne che impedisce loro di affondare; le foglie di molte
piante sono lucide perché hanno un rivestimento ceroso; le api usano la cera per costruire gli alveari rendendoli impermeabili.
Protidi
I protidi, o proteine, sono le biomolecole più versatili tra tutte quelle possedute dagli esseri viventi,
nel senso che possono svolgere una gran quantità di funzioni diverse che non trova riscontro in nessuna altra
classe di biomolecole: sostegno, protezione, trasporto, movimento, regolazione, catalisi, difesa… in pratica
non vi è funzione cellulare o dell’intero organismo che non veda coinvolta almeno una proteina. Un tipo speciale di proteine sono gli enzimi, che svolgono l’importantissima funzione catalitica.
Le proteine sono polimeri costituiti da poche decine fino a decine di migliaia di amminoacidi. Un amminoacido è una molecola organica avente due diversi gruppi funzionali: il gruppo amminico e il
gruppo carbossilico. Le forme di amminoacido più diffuse sono costituite da un atomo di carbonio centrale (detto carbonio α) che lega un
atomo di idrogeno, un gruppo carbossilico, un gruppo amminico ed un
gruppo di composizione variabile indicato con la lettera R; si formano
così gli -amminoacidi. Il gruppo R diversifica gli amminoacidi l’uno
dall’altro e conferisce loro specifiche
proprietà chimiche.
Come si può facilmente vedere il carbonio  è un carbonio chirale, di conseguenza gli amminoacidi formano stereoisomeri ottici: si hanno infatti gli -L-amminoacidi e
gli -D-amminoacidi. Data la grande variabilità del gruppo R è in teoria possibile avere una enorme diversità di
amminoacidi, tuttavia, quelli che compongono le proteine
degli esseri viventi sono di soli 20 tipi diversi, gli stessi in
tutti gli organismi; inoltre appartengono tutti alla serie L.
Il legame tra due amminoacidi, detto legame peptidico,
avviene attraverso l’unione del gruppo carbossilico di uno
con il gruppo amminico di un altro. Si tratta di una reazione di condensazione che si realizza attraverso
l’eliminazione di una molecola di H2O. Il polimero che si
forma è detto polipeptide, per avere una proteina occorre
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che il polipeptide assuma una ben determinata configurazione spaziale: le proprietà e le funzioni di una proteina infatti non dipendono solo dalla sua composizione, ma dalla sua struttura. Si distinguono ben quattro
diversi livelli strutturali, ciascuno dei quali è il presupposto perché si realizzi il successivo.
La struttura primaria di una proteina è data dalla particolare sequenza degli amminoacidi che la
compongono. In ogni polipeptide si riconosce un’ossatura determinata dalla successione regolare dei tre
atomi –N-C-C- appartenenti rispettivamente al gruppo amminico, al carbonio α e al gruppo carbossilico di
ciascun amminoacido. Da questa ossatura sporgono i diversi gruppi R, ed è proprio questo che rende ogni
polipeptide diverso dagli altri, così come la sequenza delle lettere rende diversa ogni parola. Come in una parola, la cui lettura inizia sempre con la lettera a sinistra e termina sempre con la lettera a destra, anche in una
proteina abbiamo un amminoacido iniziale, noto come N-terminale (ammino-terminale), ed uno finale, detto
C-terminale (carbossi-terminale). La struttura primaria è stabilizzata da forti legami covalenti, i legami peptidici. La struttura primaria è la base di partenza per ottenere tuti gli altri livelli strutturali: modificando anche un solo amminoacido si possono ottenere proteine differenti. È quanto accade, per esempio, nell’anemia
falciforme5, una malattia molto grave in cui l’emoglobina è meno capace di traportare l’ossigeno perché, essendo cambiato un amminoacido, essa assume una struttura complessiva che maschera il gruppo eme e impedisce al ferro di legarsi all’ossigeno.
La struttura secondaria consiste nella formazione di ripiegamenti che interessano alcuni tratti del
polipeptide. Esistono tre diversi tipi di ripiegamenti: α-elica, β-foglietto e random coil. Nella struttura ad αelica la catena polipeptidica è avvolta a formare una spirale come la filettatura di una vite. La spirale è molto
regolare e fatta in modo che ogni 4 amminoacidi i gruppi –NH e –CO dei diversi legami peptidici risultino
allineati, in questo modo essi possono formare legami a idrogeno che stabilizzano la struttura. L’α-elica è
sempre caratterizzata da un avvolgimento destrorso e i gruppi R sporgono tutti verso l’esterno dell’elica. La
struttura ad α-elica irrobustisce la sequenza ed è quindi molto frequente nelle proteine fibrose come la cheratina, di cui sono fatti i peli e le unghie dei mammiferi e le penne degli uccelli. Il β-foglietto si forma da due o
più tratti di catena polipeptidica che, ripiegandosi a zig-zag, si affiancano l’una all’altra. Anche in questo caso si formano legami a idrogeno tra i gruppi –NH e –CO dei legami peptidici che stabilizzano la struttura. La
presenza di molte sequenze a β-foglietto rende la proteina molto elastica, come nel caso della fibroina, che
forma la seta e la tela dei ragni. Spesso le proteine contengono, nella stessa catena polipeptidica, regioni ad α
elica e regioni a β-foglietto. La struttura random coil (in italiano gomitolo casuale) non indica una particolare
disposizione della sequenza amminoacidica ma, al contrario, indica le regioni che non assumono alcun tipo
di struttura secondaria. Le zone random coil rappresentano le parti flessibili della molecola e consentono diversi ripiegamenti del polipeptide che porta alla formazione della struttura terziaria.
La struttura terziaria è determinata dal ripiegamento della catena polipeptidica su sé stessa in modo che ne risulti una precisa forma tridimensionale: a questo punto si può parlare di una vera e propria proteina. Responsabili della struttura terziaria sono soprattutto le deboli interazioni elettrostatiche o di natura
idrofobica tra i gruppi R degli amminoacidi. La struttura tridimensionale di una proteina, quindi, essendo affidata a legami deboli, è molto sensibile alle condizioni ambientali. È facile così che essa possa perdere la
sua conformazione tridimensionale e con essa anche la sua funzione, divenendo di conseguenza inattiva; il
fenomeno è detto denaturazione. Quasi sempre la denaturazione è un processo irreversibile ed il modo più
comune per realizzarla è scaldare la molecola, basta infatti una temperatura di appena 70 °C perché una proteina si denaturi: la cottura di un uovo, per esempio, denatura irrimediabilmente le proteine dell’albume. Le
principali forme tridimensionali che una proteina può assumere sono fondamentalmente due: la forma globulare e quella fibrosa. Con la struttura terziaria, inoltre, compaiono anche i siti attivi delle proteine, ovvero
quelle particolari zone in cui si vanno a legare determinate molecole (vedi per esempio quelli della catalisi
enzimatica).
La struttura quaternaria è presente solo in alcune proteine ed è costituita dall’unione di due o più
catene polipeptidiche, chiamate subunità. Esempi tipici di proteine con struttura quaternaria sono il collagene
e l’emoglobina. Il primo è una proteina fibrosa costituita da tre diverse catene polipeptidiche intrecciate tra
loro; la seconda è costituita da quattro subunità uguali due a due, ciascuna delle quali possiede un gruppo
eme che contiene un atomo di ferro capace di legare l’ossigeno. Anche la struttura terziaria è stabilizzata da
legami deboli tra gruppi R di amminoacidi diversi.
5. La malattia ha questo nome perché i globuli rossi contenenti l’emoglobina modificata assumono una caratteristica
forma a mezzaluna che ricorda una falce.
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Ciascuna proteina possiede dunque una determinata configurazione tridimensionale che ne determina
l’attività specifica. La specificità dipende da tre fattori: la forma tridimensionale, le proprietà chimiche dei
gruppi residui degli amminoacidi che la compongono e l’aggiunta di gruppi funzionali.
1. La forma: la maggior parte delle proteine interagisce con altre molecole legandosi a loro attraverso
un meccanismo a incastro, un po’ come fa la chiave con la serratura; di conseguenza, se la proteina
cambia forma, gli incastri (i siti attivi) si deformano ed essa perde le sue funzioni.
2. I gruppi residui: a volte il legame con le molecole avviene attraverso interazioni tra queste ed i
gruppi residui che sporgono dalla proteina; se la conformazione della proteina dovesse cambiare è
possibile che questi gruppi non si trovino più nella corretta posizione e diventa allora impossibile la
formazione di legami.
3. I gruppi funzionali: altre volte la funzionalità di una proteina dipenda da particolari molecole o raggruppamenti atomici legati alla proteina stessa: si parla di gruppi prostetici (un esempio sono i
gruppi eme dell’emoglobina). Cambiamenti della struttura possono portare al mascheramento dei
gruppi prostetici.
Acidi nucleici
Queste biomolecole sono così chiamate perché si trovano prevalentemente nel nucleo delle cellule
dove svolgono la funzione informazionale. Gli acidi nucleici sono infatti specializzati per custodire,
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trasmettere e utilizzare l’informazione genetica. Si tratta di polimeri di nucleotidi, molecole a loro volta costituite da tre diversi elementi: un pentoso, una base azotata ed una molecola di acido fosforico. Il pentoso può essere il ribosio oppure il desossiribosio: un
acido nucleico, comunque, possiede solo l’uno o l’altro dei due
zuccheri, mai tutti e due contemporaneamente. Si hanno così due
diversi tipi di acido nucleico: uno che contiene solo il ribosio e
prende il nome di acido ribonucleico (o RNA), ed un altro che
possiede solo il desossiribosio e si chiama acido desossiribonucleico (o DNA). La base azotata è una molecola organica che contiene azoto; negli acidi nucleici ce ne sono
di cinque tipi diversi: adenina, citosina, guanina, timina, uracile. (per brevità le basi azotate sono indicate
con l’iniziale maiuscola del loro nome). Esse possono avere due forme diverse: una struttura ad anello semplice tipica della pirimidina o una a doppio anello tipica della
purina: adenina e guanina sono purine, le altre sono pirimidine. Adenina, citosina, guanina si trovano sia nell’RNA che nel
DNA, la timina è esclusiva del DNA, l’uracile è invece esclusiva dell’RNA. Oltre che costituire i monomeri degli acidi nucleici, i nucleotidi svolgono anche altre funzioni come, per
esempio, il trasporto di energia in molte reazioni.
Per comprendere la struttura di un acido nucleico è necessario dapprima capire bene come è costituito un nucleotide.
Il punto di partenza è il pentoso, i cui atomi di carbonio sono
numerati da 1' a 5' (si legge rispettivamente uno primo e cinque primo), l’apice serve per distinguere la numerazione del
pentoso da quella della base azotata (che è senza apice). Sul
carbonio 1' si lega la base azotata, sul carbonio 3' si lega invece l’acido fosforico. Il legame tra due nucleotidi avviene per
condensazione (è un legame estere, come quelle degli acidi
grassi) tra il carbonio 5' di un nucleotide e il gruppo fosforico (che sta sul carbonio 3') di un altro nucleotide.
Si forma così un’ossatura polinucleotidica costituita da zuccheri e gruppi fosfato alternati in cui le basi sono
attaccate allo zucchero e sporgono rispetto alla
catena stessa.
Mentre le molecole di RNA sono per
lo più formate da un’unica catena polinucleotidica, il DNA è di solito a doppia catena e le
sue due sequenze polinucleotidiche sono tenute insieme da legami a idrogeno fra le basi
azotate. I due filamenti che formano il DNA
sono antiparalleli e complementari. Antiparalleli significa che i due filamenti sono orientati in direzioni opposte: uno va dal carbonio
5' di un nucleotide al carbonio 3' del nucleotide successivo, l’altro va in senso inverso. In
questo modo le basi azotate, che sporgono dalle rispettive catene, risultano affacciate l’una
rispetto all’altra. Complementari significa che
l’appaiamento delle basi non è casuale:
l’adenina si appaia sempre alla timina, mentre
la guanina si appaia sempre alla citosina. Poiché l’appaiamento delle basi azotate segue una
regola ben precisa è necessario che le due catene non siano composte a caso, ma laddove
su una ci sia l’adenina, sull’altra dobbiamo
trovare la timina (e viceversa) e laddove ci sia
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la guanina, sull’altra dobbiamo trovare la citosina (e viceversa). Si dice quindi che A e T sono complementari, così come C e G. La complementarietà dipende dalle dimensioni delle basi azotate che condizionano i legami a idrogeno che le tengono unite. Inoltre, mediante legami a idrogeno, i due filamenti si appaiano e si
attorcigliano formando una doppia elica come una scala a chiocciola. Questa struttura del DNA fu svelata
nel 1953 da James Watson e Francis Crick (nel 1962 ottennero per questo il premio Nobel).
Le informazioni codificate negli acidi nucleici dipendono dalla successione dei nucleotidi e, più precisamente, dall’ordine delle basi azotate che essi possiedono: per esempio, la sequenza TCAG è diversa da
quella della sequenza CCAG. Possiamo riassumere le differenze strutturali6 dei due acidi nucleici nella tabella sottostante.
RNA
DNA
pentoso
ribosio
desossiribosio
basi azotate
uracile
timina
filamenti
singolo
doppio
6. Esistono anche differenze di ordine funzionale tra i due acidi nucleici, ma queste verranno affrontate successivamente.
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