Il Lar è al centro della religione romana: rappresenta la continuità,
il legame sacrale esistente fra i luoghi, i membri di una famiglia, le generazioni degli uomini, gli appartenenti alla comunità cittadina.
Chiunque, anche uno schiavo, aveva diritto ad un Lare; ogni famiglia
aveva i suoi, oggetto di culto e di attenzioni costanti; qualsiasi luogo, soprattutto quelli abitati, in città o nelle campagne, ne ospitava uno.
I Romani distinguevano tre tipi di luoghi:
1. la natura selvaggia, remota, inaccessibile, animata da forze primordiali: con essa si cercava di evitare qualsiasi rapporto, anche se è ragionevole supporre che fosse comunque soggetta all’azione delle divinità maggiori;
2. la natura selvaggia, non umanizzata, ma comunque vicina agli
insediamenti urbani ed agricoli: era il regno di Fauni e Silvani e con essa era giusto entrare in contatto, ma con cautela;
3. i luoghi abitati dall’uomo, città, villaggi e campi coltivati: su di
essi si estendeva la giurisdizione dei L a r i, che erano oggetto di un culto continuo, soprattutto in casa e nei crocicchi.
I Lari non si limitavano ai luoghi abitati permanentemente, ma presidiavano qualsiasi luogo di cui l’uomo o la comunità facessero un uso
significativo, per esempio il campo di battaglia (come si evince dalla
formula della d e votio ) o il mare (furono dedicati templi ai Lari permarini e alle Tempeste).
Accanto agli innumerevoli Lari privati, Roma aveva i suoi Lari pubblici: erano i L ar i P r e stiti (= coloro che vengono prima, presiedono,
vigilano), il cui altare, poi trasformato in un piccolo tempio, si trovava
ad uno degli incroci più antichi e importanti della città, tra il Foro, il
clivo Palatino e le Carine.
Vi erano festeggiati solennemente alle calende di maggio (Laralia),
ricoprendo il sacrario di fiori freschi, ed erano rappresentati come due
giovani uomini dall’atteggiamento marziale, quale si addice ad una
coppia di divinità tutelari: con la lancia in pugno, in compagnia di un
cane, vestiti essi stessi di pelli di cane.
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DEI
Lares Praestites
La loro identità rimane volutamente misteriosa ma non può sfuggire il richiamo ai gemelli fondatori Romolo e Remo: secondo una leggenda, peraltro, essi sarebbero figli della ninfa Larenta, presa con la
forza e l’inganno da Mercurio-Apollo.
Il tema dell’inganno, presente anche nell’analogo mito di Fauno e
Bona Dea, spiegherebbe certe particolarità dei riti notturni che precedevano la festa del 1° maggio. Il rapporto dei Lari pubblici con Maia,
quale madre di Mercurio e assimilata a Bona Dea, darebbe conto del
sacrificio di un cane offerto alla dea lo stesso giorno, forse proprio nel
tempio dei Lari Prestiti.
La terra fecondata, rappresentata da Maia e dai miti che la riguardano, è infatti lu ogo e madre dei Lari.
Liber-Libera
Coppia di antiche divinità italiche preposte alla germinazione, alla
nascita e alle messi, come significato dalla radice indoeuropea l e u d h -.
All’interno della coppia la divinità femminile appare sempre piuttosto
in ombra rispetto al dio.
Il loro culto fu introdotto a Roma all’inizio del V secolo, in coincidenza con l’introduzione del grano e della vite dalla Magna Grecia,
nel contesto di una triade “plebea” Cerere-Libero-Libera.
Nel 493 a.C., in risposta ad un oracolo dei Libri sibillini, alla triade
fu dedicato un tempio, che divenne il sacrario della plebe.
Come Cerere presiedeva ai frutti aridi (il grano), Libero era il dio
dei frutti umidi (il miele e soprattutto la v ite ): per questo, nella progressiva ellenizzazione cui la triade originaria andò incontro per analogia con la triade greca Demetra-Persefone-Dioniso, venne tardivamente assimilato a Ba c c o -Dio n is o .
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L’assimilazione avvenne nell’ambito della progressiva ellenizzazione subita dalla maggior parte delle divinità romane e fu favorita
dal contesto agricolo (grano, vite) comune alle due triadi.
Oltre alla simbologia agricola Libero presenta una simbologia stagionale: le 4 e t à del dio (infantile, giovanile, adulta e vecchia) si riferiscono alle 4 stagioni dell’anno e i Liberalia, come festa dell’equinozio di primavera, celebrano il ritorno del Sole-Libero dopo le tenebre invernali.
A Libero come dio della vite e del vino erano dedicati tre riti collegati alla vendemmia:
1. prima della vendemmia si sacrificava al dio per il vino e i vasi
vinari;
2. dopo la vendemmia gli si dedicava il primo mosto sotto il
nome di Sacrima , accompagnato al sacrificio di un capro;
3. durante la pigiatura gli si libava una particolare focaccia denominata suffimenta.
Come dio della germinazione Libero, invocato come Li ber pa ter,
presiedeva alla formazione del seme maschile; Libera esercitava una
funzione analoga per le adolescenti. Per questo ai Liberalia era associato il simbolismo dell’uovo e in quel giorno i giovani assumevano la
toga virile.
© Gregorio Grande - 2009
Lares et Urbs - gennaio 2009
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Ma le due triadi sono strutturalmente diverse:
— in quella greca c’è una coppia femminile madre-figlia (Demetra-Persefone) più un elemento maschile (Dioniso);
— in quella romana la coppia è maschio-femmina (Libero-Libera)
più un elemento femminile (Cerere).