Il dolore psichico Il dolore nel cerebroleso a livello psicologico è spesso accompagnato da un senso di perdita, di inadeguatezza, di difficoltà nell’ accettare la disabilità che porta inevitabilmente a una riduzione delle proprie autonomie di vita quotidiana. Nel trauma cranico sono frequenti anche modificazioni della personalità rispetto alla fase premorbosa. Diventa difficile riconoscersi, accettarsi e farsi accettare all’interno del nucleo familiare ma soprattutto dal mondo circostante dove riconquistare una buona posizione sociale e lavorativa. Diventa importante, nel percorso riabilitativo, prevedere la Febbraio 2013 possibilità di una presa in carico psicologica sia individuale che di gruppo che coinvolga il paziente e i familiari fin dalle fasi più precoci. Per il paziente saranno indispensabili colloqui individuali per poter elaborare l’accettazione degli esiti e fornire indicazioni su come strutturare il corso della giornata nel rispetto dei tempi e dei compiti assegnati. Contemporaneamente è fondamentale il confronto di gruppo con altri pazienti su tematiche comuni per poter individuare nuove strategie anche attraverso la partecipazione a laboratori tematici di terapia occupazionale (cucina, orto, falegnameria, sartoria, gruppo spesa, pittura, teatro ecc.) che riportano ad attività pratiche di vita quotidiana. Salvaguardare la vita di coppia Un’attenzione particolare nei percorsi riabilitativi va rivolta alla vita di coppia che viene inevitabilmente stravolta dall’evento traumatico. In casi selezionati può essere intrapresa una vera e propria psicoterapia quando sia necessario ridefinire i ruoli, le assunzioni di responsabilità, la suddivisione dei compiti nella gestione familiare e soprattutto quando vi sia un progressivo incremen- to dei conflitti. Lo scopo che il terapeuta si prefigge è quello di individuare, insieme alla coppia, un nuovo equilibrio, una modalità più matura e consapevole per affrontare i vari problemi, incrementare la resilienza e valorizzare le qualità di entrambi accettandone nel contempo anche le debolezze. Il terapeuta assumerà in una prima fase un ruolo di educatore, potrà essere anche in parte direttivo, successivamente potrà divenire arbitro per tendere ad essere un facilitatore e infine un semplice osservatore. Tra i vari modelli relazionali descritti ne possiamo individuare sostanzialmente quattro: scarsa capacità di comunicazione caratterizzato da frequenti litigi; richieste di coinvolgimento con il partner tendente all’allontanamento progressivo; allontanamento reciproco; passivo-delegante dove viene a mancare una leadership e si delega il controllo all’esterno (genitori, terapeuti, amici). Tali situazioni possono coinvolgere direttamente il paziente o chi se ne prende carico, il care-giver (es. la coppia genitoriale). Approfondimento tici, buoni stabilizzatori del tono dell’umore (acido valproico, carbamazepina, oxcarbazepina, lamotrigina, levetiracetam). Se si hanno manifestazioni di marcata inerzia psicomotoria, apatia si dovrà ricercare, se è presente una componente depressiva che indurrà l’utilizzo di farmaci serotoninergici puri (escialopram) o misti (venlafaxina, duloxeina, sertralina) o valutare se far ricorso a sostanze di tipo attivante (amantadina, levodopa, dopamino agonisti); se sono presenti ansia da prestazione o attacchi di panico si potranno introdurre ansiolitici, farmaci gabaergici, in associazione con antidepressivi. L’intervento farmacologico dovrà essere sempre attentamente monitorato dallo specialista e opportunamente dosato. È bene ricordare che spesso i cerebrolesi sono più sensibili all’approccio farmacologico e possono quindi essere sufficienti posologie inferiori e che è fondamentale il monitoraggio nel lungo periodo confrontandosi anche con il caregiver di riferimento. Il rapporto con i famigliari Per quanto concerne l’intervento In cammino 7