definizione di obesità la malattia come si determina l

DEFINIZIONE DI OBESITÀ
Per obesità si intende l'accumulo eccessivo di tessuto adiposo corporeo; questo meccanismo può
essere visto come una forma di 'risparmio' da parte dell'organismo, che immagazzina l'energia
fornita con l'alimentazione la quale non viene immediatamente spesa per le funzioni del corpo, il
cosiddetto metabolismo basale. In altre parole, quando il bilancio energetico è positivo, cioè si
introduce più energia rispetto al consumo, la risposta corporea è un aumento del tessuto adiposo. Il
tessuto adiposo è costituito da particolari cellule chiamate adipociti. In età giovanile l'organismo
tende ad accumulare energia aumentando il numero di adipociti. Una volta raggiunta l'età adulta
l'organismo tende ad immagazzinare i grassi, aumentando la dimensione delle singole cellule. Il
sovrappeso e l'obesità si definiscono in funzione della deviazione rispetto ad un peso ideale stabilito
in base all'età, al sesso e ad altre caratteristiche antropometriche (statura, costituzione)individuali. Il
peso corporeo in sé, non è sufficiente a determinare se una persona sia o meno obesa, se non in
prima approssimazione. Infatti, anche l'intenso e continuato lavoro muscolare (per esempio il body
building) porta inevitabilmente a 'far salire l'ago della bilancia' al di sopra del peso ideale. Non per
questo la persona può essere definita obesa. Piccole deviazioni rispetto al peso ideale, purché
stabili, possono essere trascurate e considerate fisiologiche. Oltre alla quantità di tessuto adiposo,
anche la sua distribuzione corporea rappresenta una variabile importante da considerare.
Attualmente vengono didtinte un'obesità di tipo maschile (androide) e un'obesità di tipo
femminile (ginoide), ciascuna con un impatto differente sulla salute generale dell'individuo. Infatti,
per quanto riguarda gravi patologie del ricambio come il diabete mellito Tipo 2, l'obesità androide
costituisce un' importante fattore di rischio, al contrario, la tipica obesità femminile ha un effetto
più debole rispetto all''insorgenza della malattia.
LA MALATTIA
Nei paesi industrializzati la percentuale di persone in sovrappeso è in costante crescita,
costituendo un vero e proprio un problema sanitario sociale. Infatti, l'obesità vera e propria, e non il
semplice sovrappeso, è un importante fattore di rischio per lo sviluppo di numerose gravi
patologie (insufficienza cardiaca, diabete) ed invalidanti (artrosi del ginocchio, artrosi dell'anca),
tanto che negli Stati Uniti, paese in cui è presente la più alta percentuale mondiale di adulti
obesi, circa il 15% dei decessi vengono attribuiti a cause collegabili all'obesità.
Complessivamente, si calcola che a seconda della gravità della condizione, l'aspettativa di vita di un
individuo obeso può ridursi fino alla metà rispetto a quella delle persone di peso normale.
Nonostante gli Stati Uniti detengano il primato mondiale, in Europa si assiste ad
un peggioramento nella media nella popolazione, così come in Italia, per cui gli
individui sovrappeso ed obesi oscillano tra il 40 e il 46 per cento della popolazione.
COME SI DETERMINA L'OBESITÀ
Per stabilire il grado di obesità di una persona sono disponibili diversi strumenti biometrici.
Generalmente viene calcolato il cosiddetto indice di massa corporea (body mass index o
BMI) attraverso un'algoritmo diagnostico piuttosto semplice ottenibile dividendo il peso corporeo
per il quadrato dell'altezza. Se il valore (numero) che si ottiene è inferiore a 25, il peso è da
considerarsi nella norma, se è compreso tra 25 e 28 viene diagnosticato il sovrappeso, al di sopra di
questi valori si può parlare di obesità. Tuttavia, neppure il calcolo di BMI rappresenta
uno strumento preciso, in quanto non fornisce informazioni riguardo la composizione
corporea, ovvero non può stabilire la percentuale di peso costituita da massa grassa e da massa
magra (per esempio i muscoli). In altre parole, un culturista ed un individuo sedentario alti un metro
e ottanta e che pesano 90 chili presentano lo stesso indice BMI, ma mentre il primo rientra nella
norma, il secondo, non altrettanto muscoloso, può essere considerato obeso. Per questo motivo, è
richiesto un approccio scientifico per la determinazione dell'obesità, attraverso metodologie
diagnostiche più sofisticate le quali consentano di stabilire la composizione corporea.Le
tecniche più semplici sono la plicometria, la bioimpedenziometria e la pesata idrostatica. Infine, la
diluizione di isotopi consente di misurare la quantità di acqua totale del corpo direttamente in
rapporto con il contenuto di massa magra. Per valutare il tipo di obesità (androide o ginoide) si
ricorre abitualmente al calcolo del rapporto tra la circonferenza in vita e dei fianchi, o
a tecniche diagnostiche più sofisticate per immagini come la DEXA, la TAC e la risonanza
magnetica.
LE CAUSE DELL'OBESITÀ
Dire che l'obesità è una conseguenza del bilancio energetico positivo significa dare soltanto una
prima approssimazione. Infatti i motivi che portano a questo risultato sono differenti. Il bilancio
positivo può essere dovuto a un'alimentazione più ricca di quella indicata nella media di una certa
categoria di persone (per età, sesso, occupazione, ecc.) dovuta, per esempio, a particolari condizioni
psicologiche, ma può anche dipendere da un dispendio energetico inferiore a quello che sarebbe
lecito aspettarsi, quest'ultimo può dipendere da diverse circostanze.
I RISCHI ASSOCIATI ALL'OBESITÀ
Un individuo obeso è statisticamente più esposto a problemi di salute. L'obesità è
responsabile dei 57% dei casi di diabete tipo 2, del 33% dei casi di calcolosi biliare e del 19% dei
casi di patologie cardiovascolari. Una forte associazione è stato osservata tra il grave sovrappeso ed
ipertensione, dislipidemie, diverse forme di tumopre, malattie respiratorie ed altre patologie
sistemiche.
Diabete
Il diabete mellito non insulino dipendente, o diabete tipo 2, è la malattia metabolica la
cui associazione con l'obesità è più diretta.
Studi condotti sulla popolazione dell'Emilia Romagna hanno ad esempio riportato che il 66% degli
individui di sesso maschile e l'86% delle donne affette da diabete sono in sovrappeso, al
contrario nella popolazione sana la percentuale scende rispettivamente al 33 e al 43%. Non è
infatti solo la quantità di massa grassa a determinare l'insorgenza della malattia; risulta
importante anche la distribuzione del tessuto adiposo. Sempre nella popolazione dell'Emilia
Romagna, il 72% dei maschi diabetici e l'87% delle femmine presentano un'obesità di tipo viscerale
o androide. Il meccanismo con cui l'obesità conduce alla malattia ha il suo centro nel fenomeno
dell'insulino-resistenza da ridotta sensibilità: il pancreas aumenta sempre più la produzione di
insulina per far fronte al peggiorare del metabolismo dello zucchero, ma col tempo questo porta
all'esaurimento delle cellule del pancreas che producono l'ormone e al diabete. L'obesità viscerale
aiuta in diversi modi l'aumento dell'insulino-resistenza: incremento di alcuni ormoni che hanno
un'azione anti-insulinica, diminuzione dell'attività del sistema nervoso simpatico, aumento degli
acidi grassi disponibili nel fegato e meccanismi morfologici. Non a caso, dunque, il rientro nel peso
ideale è spesso il modo migliore per far regredire le forme di diabete tipo 2 meno gravi, senza il
ricorso a farmaci, o comunque di ritardare il ricorso agli ipoglicemizzanti orali e all'insulina.
Patologie cardiovascolari
La prima e più evidente associazione tra obesità e malattie cardiache è determinata dallo stress
funzionale subito dal sistema cardiovascolare a causa del sovrappeso.Dal momento in cui qualsiasi
attività fisica richiede uno sforzo superiore, nei soggetti obesi diviene difficile persino svolgere
programmi di eserciziom fisico al fine di dimagrire. Inoltre, l'obesità si accompagna ad alcuni
fattori di rischio specifici: primo fra tutti l'ipertensione, ovvero l'aumento della pressione arteriosa,a
sua volta, l'incremento della quantità di lipidi o grassi nel sangue è causa di aterosclerosi e di
infarto.
Tumori
Il rapporto tra l'incidenza di tumori ed il comportamento alimentazione è oramai evidente, anche se
non sono stati chiariti tutti i meccanismi. Per quanto riguarda l'obesità, un chiaro nesso è stato
stabilito con lo sviluppo di alcune forme di tumore. In particolare, il sovrappeso grave sarebbe un
fattore di rischio per i tumori di colon, retto e utero. Più recentemente è stato messo in luce l'impatto
dell'obesità sul rischio di sviluppo di carcinoma della mammella.
NUTRIZIONE E OBESITÀ
Ogni giorno consumiamo una certa quantità di energia, ovvero bruciamo calorie per affrontare
efficacemente il lavoro quotidiano, ma soprattutto per mantenerci in forma ed in salute. Gli alimenti
che introduciamo con la dieta, cioè con l'alimentazione abituale, sono la nostra fonte di energia,
utilizzata in parte per regolare la temperatura corporea ed in parte per garantire il
corretto funzionamento degli organi, il lavoro muscolare, il movimento ed in generale la salute
dell'organismo.
Dieta e metabolismo
Per definizione, il fabbisogno minimo di energia che consente le funzioni vitali dell'organismo
viene definito Metabolismo Basale, ma qual'è il fabbisogno energetico totale giornaliero?
L'Organizzazione Mondiale della Salute (OMS), massimo organo di riferimento
internazionale, stabilisce il fabbisogno energetico come ' livello di energia introdotta per bilanciare
il dispendio energetico e per consentire all'individuo di mantenere la propria dimensione e
composizione corporea e permettere un adeguato livello di attività fisica e salute nel lungo termine.
Si tratta quindi di una definizione assai più ampia di quella dettata dalla necessità di mantenere il
benessere fisico, visto che tiene in considerazione lo stile di vita ed il benessere psicosociale
dell'uomo. Per mantenere il peso costante, l'energia introdotta nell'organismo sotto forma di
alimenti deve essere uguale all'energia persa più l'energia immagazzinata come riserva. Questa
visione dell'alimentazione, intesa come 'flusso di energia', enfatizza il concetto di dieta come fonte
calorica necessaria a mantenere la massa cellulare, le funzioni dell'organismo, la salute e la
longevità. L'energia immagazzinata è rappresentata dalla massa corporea e quando
entrambe restano costanti l'organismo risulta in perfetto bilancio energetico: quanto viene introdotto
sostituisce esattamente ciò che viene speso. Si stima che ogni variazione di peso pari ad un grammo
abbia un equivalente calorico di 7,7 calorie. In realtà, un bilanciamento così preciso rappresenta un
fenomeno assai poco realistico, in quanto il mantenimento del corpo, in peso e composizioni stabili
e costanti, comporterebbe un perfetto bilancio aritmetico tra l'energia introdotta e l'energia spesa
nelle sue varie forme. Un'eccedenza del 5% sul fabbisogno - pari a circa 100 Cal, ovvero un
bicchierino di brandy, o 25 grammi di formaggio, o 30 g di pane, tanto per citare alcuni equivalenti
alimentari -determinano un incremento di 6-7 Kg di peso in un periodo di 5 anni. Bastano pochi
grammi di cibo in più, ogni giorno, per sviluppare nel tempo il sovrappeso. È dimostrato che la
metà dell'incremento ponderale avviene già nel primo anno di dieta ipercalorica e che al termine del
periodo considerato, il soggetto tende a riguadagnare peso per il raggiungimento di un nuovo
'steady state'. La spiegazione di questo fenomeno potrebbe risiedere nella composizione del peso
accumulato: ben il 75% dell'energia eccedente si va a depositare in grasso. Ciò risulta ancor
più evidente nella routine quotidiana delle persone in sovrappeso, nelle quali si osserva che, per una
data eccedenza calorica, il soggetto obeso guadagna più peso rispetto alla controparte normopeso
magra. Diventa allora importante valutare il reale introito energetico. Una misura indiretta
dell'energia introdotta con il cibo, sufficientemente accurata se compiuta da personale competente,
può essere ottenuta attraverso l'analisi del consumo o delle abitudini alimentari dedotte da diari o da
interviste, per un periodo predeterminato. È indispensabile stabilire nella pratica clinica il miglior
mezzo di indagine alimentare in funzione della tipologia del soggetto in esame e non adeguarsi a
una metodologia standard di rilevazione. Questo impone un inquadramento preliminare del paziente
per individuarne il profilo nutrizionale; in particolare per tipizzare il paziente nel suo rapporto con il
cibo. Si può, in questo modo, evitare il rischio di reports errati per i fattori psicosociali, sempre
presenti nella complessa relazione che ciascuno stabilisce con le abitudini alimentari.Il profilo
nutrizionale e l'analisi del consumo alimentare, diventano quindi una prassi necessaria ed accurata
qualora supportata da immagini di cibi e piatti, di volumi e porzioni.
IL DISPENDIO ENERGETICO
Per BEE, o metabolismo basale, si intende la quantità di energia spesa in condizioni basali.
Il termine esprime il fabbisogno minimo di energia di un soggetto a digiuno (10 ore dal pasto), in
posizione supina, con temperatura corporea normale ed in perfetta omeostasi con la temperatura
ambiente ed inoltre, privo di stress psicologici o fisici. Il BEE o BMR rappresenta il 60-75% circa
della spesa energetica giornaliera.
Massa Magra (FFM), età e sesso sono i principali determinanti del BMR.
Contrariamente alla comune visione che identifica la massa muscolare come la frazione della FFM
metabolicamente più attiva, al contrario, sono gli organi i determinanti responsabili del BMR.
Questi, pur rappresentando solamente il 5,5% del peso corporeo, contribuiscono al 60% del BMR.
Agli organi viscerali va aggiunto il cervello che consuma il 20 % dell'energia in condizioni basali.
Il BMR varia in funzione del sesso: i maschi, che mediamente hanno una massa muscolare
superiore e una percentuale di grasso inferiore rispetto alle femmine, presentano valori di
metabolismo più elevati. Il BMR varia inoltre in funzione dell'età: parte da un picco di massima alla
nascita per scendere a valori minimi dopo i 72 anni.
Il fabbisogno energetico giornaliero totale (TEE) diminuisce nel corso degli anni a causa di una
minor attività fisica, con la presentazione di malattie e a seguito della riduzione della massa magra.
La diminuizione dell'attività fisica tuttavia, sembra essere la causa principale di tale decremento. In
sintesi, non è tanto la cessazione dell'attività lavorativa, quanto l'abbandono dellella vita ludica e
sociale, a contribuire al minor dispendio energetico. Ciò riporta l'attenzione sulle osservazioni
relative allo stile di vita dell'anziano e alla sua condizione di solitudine e di isolamento dalla società.
Digestione, assorbimento e immagazzinamento dei nutrienti dei pasti consentono la termogenesi
obbligatoria, pari al 10-15% circa del dispendio energetico giornaliero (TEE). La qualità dei
nutrienti gioca un ruolo importante; infatti, mentre i grassi ed i carboidrati determinano una
termogenesi bassa (5 e 10% rispettivamente), le proteine rappresentano un costo relativamente alto,
pari al 10-35%. Questo concetto è stato a suo tempo sfruttato dall'industria per l'elaborazione di
pasti sostitutivi iperproteici, di lenta digestione, enfatizzando la nozione di ' supposto costo
metabolico' alla base dei regimi dimagranti.
MACRONUTRIENTI E RISERVE
CORPOREE
L'introito energetico è costituito da carboidrati, proteine e grassi, ma anche dall'alcool delle
bevande. Il completo utilizzo dei macronutrienti, ai fini energetici, richiede ossigeno, che viene
trasportato alle cellule attraverso il sistema circolatorio. Al termine dei processi di ossidazione, i
prodotti finali del metabolismo vengono eliminati attraverso la sudorazione (evaporazione), la
respirazione (acqua e CO2) e la diuresi (acqua e urea). Piccole perdite di energia si hanno
anche nelle feci (cibi non digeriti, cellule derivate dalla desquamazione delle pareti delle mucose,
batteri, ecc.) e nella miscellanea dei tessuti demoliti (capelli persi, cute, flusso mestruale, ecc.).
È altrettanto noto che i principali depositi di energia del corpo sono rappresentati da grassi e
proteine; l'altra piccola componente è rappresentata dal glicogeno, generalmente ignorata negli studi
perchè poco significativa dal punto di vista calorico e comunque difficilmente misurabile.
È difficile stabilire il ruolo effettivo di ciascun nutriente nella formazione dei depositi corporei in
quanto ognuno mostra interazioni con l'altro: gli amminoacidi possono essere convertiti a glucosio o
a acidi grassi; il glucosio può essere convertito a grasso, ad esempio.
Il costo metabolico per convertire il glucosio a glicogeno ammonta al 5% del contenuto energetico
del glucosio, mentre raggiunge il 24% quando viene convertito a grasso.
L'ossidazione delle riserve corporee durante il giorno varia considerevolmente, ma in modo tale da
minimizzare la variazione delle riserve di proteine del corpo. Evidentemente, l'evoluzione umana ha
selezionato meccanismi metabolici ed endocrini che regolassero quotidianamente l'ossidazione delle
proteine e dei carboidrati assunti, in modo tale da garantirne il rapido ripristino.
L'ossidazione delle riserve di grasso del corpo, per produrre energia, avviene più lentamente
ed è destinata al bilancio del fabbisogno di energia nel tempo.
Questo non deve sorprendere considerando l'importanza delle proteine per le funzioni vitali e del
glucosio per il cervello; ciò accade nonostante la riserva corporea di glicogeno sia piccola:
equivalente all'introito di carboidrati usualmente presenti ogni giorno nella nostra dieta
mediterrranea; ma tant'è che di fronte a una loro drastica riduzione, l'organismo tenta subito di
ripristinarle prendendo ciò che serve dalla dieta quotidiana.
La facilità di deposito delle riserve di grasso, unitamente alla relativa difficoltà di mobilizzazione,
'urta' la visione di coloro che identificano nella distrettualità adiposa il nemico principale da
combattere (visione estetica del corpo), ma certamente costituisce il principale meccanismo di
adattamento dell'organismo quando sottoposto allo stress di un bilancio energetico negativo (visione
salutistica del corpo).
I programmi di rapido dimagramento, inducendo un calo di peso prevalentemente riposto sulla
massa magra, comportano un rischio patologico associato alla perdita di peso.
Il tessuto adiposo, inoltre, svolge altre funzioni essenziali nell'organismo (regolazione ormonale ad
esempio) e ciò determina la relativa difficoltà di mobilizzazione e utilizzo del medesimo.
In sintesi, le variazioni dell'utilizzo dei substrati durante la restrizione energetica (dieta ipocalorica
ad esempio) seguono la seguente scala di priorità:
• mantenere la produzione di glucosio per le necessità tessutali, in particolare per il cervello
• ridurre al minimo la demolizione delle proteine essenziali del corpo
• massimizzare l'ossidazione del grasso allo scopo di coprire le necessità energetiche nel
lungo periodo.
Da un punto di vista metabolico, il corpo umano sembra una macchina che si muove continuamente
con la giusta dose di carburante (i macronutrienti), ma se viene alimentata in eccesso è condizionata
a bruciare preferenzialmente solo quella parte che si deposita meno facilmente: etanolo,
amminoacidi, carboidrati piuttosto che i trigliceridi a lunga catena.
Diversi ormoni ( insulina, glucagone, catecolamine) giocano un ruolo fondamentale nella
regolazione dei processi ossidativi e nel bilancio energetico.
La conseguenza di questa gerarchia ossidativa è che ogni macronutriente in eccesso tende a
convertirsi in grasso corporeo.
Un surplus calorico derivato da un pasto aggiuntivo, composto esclusivamente di grassi, porta a un
incremento delle riserve adipose con un'efficienza metabolica del 99%.
Pensate al classico gelato con abbondante panna dopo una lauta cena serale; oppure alle piccole
porzioni di formaggio o di dolce con crema, porzioni consumate sempre al termine del pasto come
premianti stuzzichini in risposta alla giornata di stress, più che elementi sazianti!
Ebbene questi piccoli errori nutrizionali hanno nel breve termine un effetto 'infausto': il costo
metabolico per il deposito della componente lipidica è praticamente nullo.
Ma l'eccedenza in carboidrati e in proteine? Sicuramente non è così efficiente! L'organismo spende
parecchie calorie per convertre l'eccesso di carboidrati in grassi.
Pensate alla fobia dei tanti individui in dieta ipocalorica nei confronti di pasta, pane e altri
carboidrati. Pensate ai 'sensi di colpa' di coloro che vedono in un piatto di spaghetti la massima
trasgressione del loro perenne regime di dieta.
Di certo se iperalimentiamo con carboidrati e per più giorni, si induce una chiara lipogenesi de
novo, o nuova deposizione di grasso corporeo. È probabile che la lipogenesi non dipenda solo dalla
conversione dei carboidrati in grassi, ma sussistano altre interrelazioni come la diminuita
ossidazione del grasso endogeno.
Ciò che si può dire, con le conferme sperimentali, è che dopo un certo tempo l'iperalimentazione
con dieta prevalentemente ricca in carboidrati produce più sintesi (di grasso) che ossidazione della
frazione lipidica della dieta stessa. Il gioco metabolico di un mix di carboidrati e grassi, vedi snack
dolci, rappresenta un pasto 'nefasto' per chi teme di ingrassare.
Nel breve termine sembra che l'organismo non abbia capacità di regolare il bilancio del
grasso; per esempio è stato dimostrato che dopo 9 ore un individuo in normopeso, alimentato con
un supplemento di due pasti, di cui uno con 50 g di grassi eccedenti il suo fabbisogno,
immagazzinava interamente il pasto grasso, in quantità pari esattamente ai 50 g aggiunti.
Occorre rimarcare che è il supplemento di grasso, cioè quello addizionato alla dieta supposta
isoenergetica, che viene rapidamente immagazzinato.
Negli esperimenti a breve termine, quindi, si conferma la stretta relazione tra il bilancio del grasso e
quello energetico.
Al contrario, numerosi lavori non hanno dimostrato alcuna relazione tra il bilancio proteico glucidico e quello energetico.
Infine, la capacità di utilizzo delle riserve corporee è legata alla composizione corporea individuale.
Dalla disamina delle pubblicazioni scientifiche si può evidenziare che la relazione tra presenza
elevata di grasso corporeo e dieta ingrassante è di 7 volte più forte nella popolazione obesa, quando
se ne confrontava le calorie assunte, e che tale relazione aumentava di 15 volte quando si correlava
ad un gruppo con rischio familiare di obesità.
In un certo senso si rafforza il concetto che oltre alla composizione della dieta anche lo stato
nutrizionale del soggetto gioca un ruolo nella regolazione del peso e del bilancio energetico. Alcuni
lavori sembrano confluire su queste ipotesi, quando evidenziano che chi ha una predisposizione
genetica all'obesità e quindi 'sviluppa in continuo' obesità, mostra, di fronte a una dieta iperlipidica,
una riduzione della capacità ossidativa del substrato lipidico.
Come la massa adiposa e l'insulino resistenza aumentano, l'ossidazione lipidica cresce sino ad
equilibrare l'introito di grasso con la dieta. Nel lungo termine, nel corso della vita ad esempio, una
simile facilità all'immagazzinamento del grasso dovrebbe indurre ad un'illimitata riserva corporea
del medesimo. Se l'organismo ha in sè il codice di mantenere il bilancio energetico, poichè il ruolo
del grasso corporeo è quello di maggior riserva energetica per il lungo termine, allora anche il
bilancio del grasso deve essere mantenuto nel corso della vita.
In questo caso si pone l'accento più sul surplus energetico che alla qualità o alla composizione della
dieta; questo tuttavia non esclude il fatto che, se il surplus è rappresentato da grassi, lo sviluppo di
obesità venga favorito.
Terapia dell'obesità
Terapia alimentare
•
•
•
formulazione di terapie alimentari personalizzate
prescrizione di farmaci
chirurgia bariatrica
I medici di famiglia dovrebbero fornire informazioni di base circa l'efficacia e la sicurezza
delle diete e sottoporre i pazienti a fonti di informazioni adeguate.
2. Orlistat è il farmaco approvato per il trattamento a lungo termine di obesità, e deve essere
prescritto solo in combinazione con le modifiche dello stile di vita.
3. La chirurgia bariatrica è un'opzione per gli adulti con un indice di massa corporea >=40
kg/m2, o per quelli con un indice di massa corporea >= 35 kg/m2 che hanno comorbidità
associate all'obesità, come diabete di tipo 2.
1.
Coloro che intendono perdere peso devono orientarsi a ottenere un deficit energetico riducendo
l'introito di energia, utilizzando il più possibile cibo variato.
Diminuire l'assunzione di alcool, di cibi raffinati e ad alta densità energetica rappresenta una buona
strategia per la riduzione di assunzione di energia senza eliminare nutrienti essenziali.
Una dieta per la perdita di peso dovrebbe garantire un contenuto proteico adeguato per mantenere il
bilancio azotato e limitare la riduzione di massa magra (FFM).
Le diete che evitano i gruppi di alimenti principali o attribuiscono speciali benefìci per la perdita di
peso a determinati cibi, o gruppi di cibi, vitamine o minerali, sono fondamentalmente non valide e
potrebbero portare a conseguenze indesiderate alla salute a lungo termine.
Un introito energetico di meno di 1200 Kcal/al giorno potrebbe non rispettare il fabbisogno
nutrizionale, in funzione dei parametri della composizione corporea e dei livelli di attività fisica
(LAF) e per tali ragioni si consiglia di sviluppare il piano dietetico personalizzato.
La soluzione risiede nella tradizionale diagnostica preliminare alla dieta:
• composizione corporea
• anamnesi alimentare
• parametri di laboratorio
Poi la ricerca di modelli dietetici strutturati per piccoli dimagramenti, o per il mantenimento del
peso, con piccole e graduali correzioni al costume alimentare.
E' questo l'approccio che consente il raggiungimento di un peso desiderabile accettato dal paziente e
tale da preservare le sue componenti metabolicamente attive. La dietoterapia deve proporre un
dimagramento basato sul peso desiderabile e con modesti decrementi calorici calcolati sul costume
alimentare italiano.
Ciò implica un atteggiamento volto a non sconvolgere le abitudini del paziente, passaggio
indispensabile per chi vuole efficacemente gestire nel lungo termine il calo ponderale.
Terapia farmacologica
L'obesità è una condizione morbosa di disequilibrio metabolico
Le cause possono essere alimentari, di natura endocrina (insufficienza tiroidea, insufficiente
produzione di ACTH, di ormoni sessuali, di ormoni corticosurrenalici o di insulina, anche se,
generalmente, la genesi è plurighiandolare), oppure nervose (alterazioni del funzionamento dei
centri ipotalamici della fame e della sazietà dovute a particolari stati emotivi, tumori, lesioni
meningee o ad anomalie del sistema neurovegetativo).
Da un punto di vista metabolico è conseguenza della predominanza dei processi anabolici su quelli
catabolici, a carico principalmente dei grassi; prevale, in altre parole, la sintesi dei grassi
(essenzialmente dei trigliceridi) sulla loro demolizione. Per questa ragione contribuisce
notevolmente all'insorgenza e al mantenimento di uno stato d'obesità una dieta ricca oltre che in
grassi anche in carboidrati, dai quali, nel metabolismo intermedio, possono essere sintetizzati i
lipidi.
Da queste considerazioni appare chiaro che l'approccio terapeutico alla malattia deve essere
multidisciplinare, correggendo, quando possibile, il comportamento alimentare e implementando le
diete con un corretto ed efficace sostegno farmacologico.
I farmaci anti-obesità non devono limitarsi alla perdita di peso, ma arrivare a interferire con lo
stesso desiderio di cibo e con il senso di sazietà, elementi cruciali per l'autocontrollo alimentare e la
possibilità di raggiungere risultati duraturi.
Il meccanismo d'azione può implicare:
• inibizione dell'appetito (anoressizzanti)
• inibizione dell'assorbimento
• attivazione del metabolismo
• aumento dell'eliminazione (diuretici, lassativi)
Il 24 gennaio 2010 la Sibutramina viene bandita dal mercato in quanto secondo gli studi
interpellati dall'agenzia del farmaco italiana i possibili rischi assumendo la sostanza
supererebbero i possibili benefici.
Gli effetti collaterali consistono in problemi cardiovascolari quali infarto e ictus non fatali (New
England Journal of Medicine).
Farmaci per curare la depressione
Alcuni farmaci antidepressivi sono stati studiati come farmaci che inibiscono l'appetito. Mentre
questi farmaci sono approvati dalla FDA per il trattamento della depressione, il loro uso nella
perdita di peso è un uso off-label. Gli studi di questi farmaci hanno generalmente riscontrato che i
pazienti perdono peso fino a 6 mesi, ma che i pazienti tendono ad aumentare di peso anche se
ancore in trattamento. Una eccezione è bupropione (antidepressivo). In uno studio, pazienti che
assumevano bupropione hanno mantenuto la perdita di peso fino ad 1 anno. Recentemente si è
dimostrata molto valida l'associazione buproprione-naltressone (studi in fase III).
Farmaci per il trattamento di crisi epilettiche
Due farmaci usati per trattare le crisi, zonisamide e topiramato, hanno dimostrato di causare perdita
di peso. Sono in studio.
Farmaci per il trattamento del diabete
La metformina può promuovere perdita di peso nelle persone con obesità e diabete di tipo 2.
Il meccanismo d'azione non è chiaro, anche se la ricerca ha mostrato una riduzione della fame e di
assunzione di cibo in soggetti che assumono il farmaco.
Farmaci in sviluppo
Molti farmaci sono stati testati come potenziali trattamenti per l'obesità.
Il rimonabant è il capostipite di una classe di farmaci, gli antagonisti selettivi dei recettori dei
cannabinoidi CB1. La sovrastimolazione del sistema di cannabinoidi porta non solo all'aumento del
peso corporeo ma anche e principalmente a disfunzioni metaboliche che aumentano il rischio
vascolare. Gli obesi hanno una sovrastimolazione del sistema degli endocannabinoidi. Rimonabant
si è dimostrato efficace nella perdita di peso e nel miglioramento dei parametri metabolici degli
obesi, ma è stato ritirato dal mercato a causa di gravi effetti depressivi. Ora sono in studio analoghi
con una minor tossicità.
Un nuovo approccio è quello di intervenire sul bilancio leprtina/adiponectina, ad esempio con la
combinazione dell'antidiabetico pramlintide e della metreleptina, la versione ricombinante
dell'ormone leptina. Tale approccio sta per passare alla fase finale della sperimentazione dopo
ottimi e duraturi risultati in pazienti obesi.
Altra possibile terapia è quella con lorcaserin, che però non ha ancora convinto la FDA per il
rischio di sviluppo di tumore al seno (avvenuto nel modello animale). Promettente, secondo lo
studio BLOOM (Behavioral modification and Lorcaserin for Overweight and Obesity
Management). Lorcarserin è simile alla fenfluramina, ma è un agonista altamente selettivo dei
recettori serotoninergici 5-HT2C, che si trovano esclusivamente nel cervello, con un effetto
anoressizzante.
L'associazione fentermina più topiramato è sottoposta al vaglio della FDA. Qualche farmaco in
fase 3 promette bene per il trattamento dell'obesità.
Terapia chirurgica
Per ora, la chirurgia bariatrica per l'obesità morbosa refrattaria agli interventi di stile di vita è
diventata molto più comune dei farmaci. Bisogna sottolineare come la terapia chirurgica sia l'unica
forma di trattamento che consenta la guarigione duratura in un elevatissimo numero di casi degli
obesi gravi e dei superobesi. La chirurgia può efficacemente ridurre il peso corporeo e trattare i
fattori di rischio cardiovascolare, in particolare il diabete, con tassi di complicazione accettabile e
deve essere considerata una valida opzione per i pazienti appropriati. Studi clinici in corso
permetteranno di chiarire l'impatto del trattamento chirurgico dell'obesità sugli eventi
cardiovascolari e la mortalità.