Spazio Grande 19 e 20 novembre 2011 BERESHIT LA STORIA PIÙ BELLA DEL COSMO di e con Pep Bou e Jorge Wagensberg produzione Companyia Pep Bou (Catalogna - Spagna) Bereshit è la prima parola del primo paragrafo del primo libro della Bibbia. Significa “al principio”. Se apriamo gli occhi e ci guardiamo intorno viene spontaneo chiedersi come sia cominciato tutto, come siamo arrivati fino a qui e cosa ci fosse prima. Ci sono molti modi di porsi queste domande e soprattutto esistono molte risposte possibili. Interrogandosi sui misteri dell’universo, Bereshit porta al pubblico la storia del mondo e indaga la meraviglia dell’esistenza attraverso uno degli oggetti più belli, simmetrici, effimeri e delicati del cosmo: la bolla di sapone. Con le bolle si parlerà delle leggi fondamentali della natura, si cercherà di comprenderle, di ingannarle e di violarle. Una performance unica, realizzata da due originali personaggi, un artista e uno scienziato, che trattano un tema universale: la bellezza della nostra esistenza. Con le bolle di sapone illustreremo la storia che va dal Big Bang fino al primo essere vivente. Rappresenteremo le innovazioni più trascendenti, dal primo batterio al primo essere pensante, passando per l’uovo, la mobilità, l’intelligenza, la memoria… con le bolle ci interrogheremo sul futuro. Lunga vita alla realtà! Lunga vita alle bolle di sapone e che la selezione naturale ci sia favorevole! Jorge Wagensberg 19 novembre 2011, ore 21.00 20 novembre 2011, ore 18.00 Piccola Sala 19 e 20 novembre 2011 DECONSTRUCTING PINOCCHIO a cura di Monique Arnaud con Stefano Monti con Milena Waillany, Leonia Quarta, Elena Conti, Elena Brunato, Sarah Sartori Grazia Raimondo, Francesco Gerardi, Eleonora Ribis, Serena Piccoli produzione Fondazione Teatro Due in collaborazione con Università IUAV di Venezia – Facoltà di Design e Arti Crezione ispirata al Pinocchio di Collodi, Deconstructig Pinocchio opera un’integrazione visionaria e allo stesso tempo materica, fisica tra Teatro Noh, installazione e teatro di figura. Nato da un’esperienza laboratoriale di creazione collettiva presso il Corso di Laurea Magistrale Scienze e Tecniche del Teatro dello IUAV di Venezia, lo spettacolo si basa sui principi cardine del Teatro Noh, da un lato l’economia di movimenti e mezzi scenici, dall’altro l’uso di maschere. Un teatro “ecologico” dunque, in cui l’impatto ambientale è ridotto al minimo e in cui la materia scenica è di recupero: i legni dei lidi veneziani manipolati dai performers si fanno relitto, scarto, naufragio, elemento vivo, in carne e ossa. Da un pezzo di legno da bruciare è nata la storia di Pinocchio. Nel nostro lavoro legni raccolti sulle spiagge della laguna veneziana compongono e scompongono le figure del racconto, sospesi per aria, appesi a dei fili mossi da attori, servi di scena mascherati. Da loro Pinocchio cerca di liberarsi, in una fuga perenne verso un altrove sconosciuto, lontano dalla sua condizione di burattino. Così i relitti e i rifiuti delle nostre spiagge diventano parte del suo destino, per un breve, intenso momento di teatro. Monique Arnaud La Maestra Monique Arnaud è l’unica Shihan (istruttore abilitato) di Noh che attualmente insegna fuori dal Giappone. Ha iniziato a praticare il teatro Noh venticinque anni fa a Kyoto. A Milano coordina l’International Noh Institute (INI). 19 novembre 2011 ore 18.00 20 novembre 2011 ore 16.30 Spazio Bignardi 19 novembre / 4 dicembre 2011 Georg Büchner WOYZECK – ricavato dal vuoto nuova traduzione Alessandro Berti con Maurizio Camilli, Andrea Capaldi, Andrea Coppone, Francesco Gabrielli Raffaele Vangale, Filippo Gessi, Michela Lucenti, Carlo Massari Gianluca Pezzino, Emanuela Serra musiche originali Mauro Montalbetti ideazione, scrittura fisica e messa in scena Michela Lucenti produzione Fondazione Teatro Due / Balletto Civile Capolavoro incompiuto e ancora oggi testo di culto, Woyzeck è un dramma attualissimo, poetico e bizzarramente scientifico, che presenta pensieri moderni e rivoluzionari. La scrittura di Büchner trova forza in una spiazzante conoscenza dell'animo umano e nella sua capacità di stare sempre sul limite, non percepibile, tra libero arbitrio e disagio mentale. Un dramma che non si limita ad indagare il fascino dell’assurdo, l'ingiustizia della violenza o l'oppressione del militarismo. Woyzeck non è un personaggio semplicemente inserito in un meccanismo crudele e preciso, ma è una creatura che vive in un mondo che contiene un'inquietudine e un malessere che conosciamo e ci appartiene. Costruito come un organismo brulicante di situazioni, Woyzeck è una scena-processo in continuo movimento. Il testo, nella nuova traduzione di Alessandro Berti e elaborato durante il lavoro di prova, fornisce la materia per costruire un dramma a stazioni, una via crucis dove le parole, con la loro portata visionaria, si fanno spazio in una densità scenica comunitaria, patteggiano con l’urgenza dei corpi che si faranno personaggi dentro un’azione semplice e profonda. In un impianto scenico essenziale, modificato dagli attori, il suono è come richiamo, una colonna sonora originale creata dalla voce viva e un linguaggio fisico come propulsore di ogni riverbero emotivo. 19 novembre 2011, ore 19.00 20 novembre 2011, ore 16.00 dal 22 novembre al 4 dicembre 2011, ore 21 (riposo lunedì 21 e 28 novembre 2011) Spazio Ridotto Giuseppe Bertolucci A MIO PADRE di e con Giuseppe Bertolucci 19 novembre 2011, ore 16.30 Piccola Sala Silvio D’Arzo CASA D’ALTRI con Antonio Piovanelli a cura di Giuseppe Bertolucci 24 novembre 2011, ore 20.00 In occasione del centenario della nascita di Attilio Bertolucci, il figlio Giuseppe lo ricorda a Parma e a Reggio Emilia con due eventi dedicati al suo universo poetico. In A mio padre Giuseppe Bertolucci leggerà Una vita in versi (Cosedadire ed. Bompiani), volume dedicato alle poesie di Attilio che lo riguardano. Casa d’altri di Silvio Darzo, sarà invece portato in scena in forma di monologo da Antonio Piovanelli, per la regia di Giuseppe Bertolucci. Un tributo a due talenti letterari di un territorio che entrambi hanno amato e raccontato nei loro scritti. Una sorta di “gemellaggio poetico” postumo tra due artisti che, negli anni della giovinezza, si sono reciprocamente apprezzati e hanno condiviso alcuni topoi letterari e geografici. Spazio Minimo 24 novembre / 4 dicembre 2011 Laura Forti ODORE DI SANTITA’ con Salvatore Cantalupo regia Massimiliano Farau scene e costumi Fabiana Di Marco luci Luca Bronzo produzione Fondazione Teatro Due prima nazionale assoluta Un prete si confessa a un Arcivescovo: parla della solitudine, dell'infanzia, del sacerdozio, degli abusi subiti, di quelli inferti. Seguendo il racconto della sua lenta e inconsapevole deriva verso il male assoluto, da bambino incapace di dire “no” ad adulto impossibilitato ai sentimenti, il pubblico entra nella mente e nell’anima di un uomo di Dio, di un assassino, che prende la forma di una strana, raggelata stanza dei giochi. Un coagulo di memorie infantili mai articolate in coscienza adulta, uno sconcerto di voci dal passato che reclamano attenzione. La banalità del male prende l’aspetto di un bambino sensibile, intrappolato in un corpo adulto e tormentato, portato in scena da Salvatore Cantalupo (già interprete di Gomorra di Matteo Garrone, recentemente Don Mario in Corpo Celeste di Alice Rohrwacher). Le prime cose che mi hanno colpito nel leggere il potente testo di Laura Forti sono proprio gli odori. E i sapori. Odori che contengono in sé una strana ambivalenza, che sono insieme inebrianti e un po’ nauseabondi, familiari ma capaci, al tempo stesso, di stordire. E questi odori abitano ambienti desolati e come sospesi, luoghi spesso colti in una specie di tempo fermo, in uno iato dell’esistenza o in un torpore della coscienza in cui tutto è possibile, e può accadere di attraversare, con leggerezza e distrazione, soglie da cui non si torna indietro. Massimiliano Farau 24, 25, 27, 29, 30 novembre e 4 dicembre 2011, ore 21.00 26 novembre e 3 dicembre 2011, ore 19.00 1 e 2 dicembre 2011, ore 20.00 (riposo lunedì 28 novembre 2011) Spazio Grande 26 novembre / 4 dicembre 2011 Aristofane LE RANE di e con Roberto Abbati, Paolo Bocelli, Cristina Cattellani, Laura Cleri Gigi Dall’Aglio, Tania Rocchetta, Marcello Vazzoler musiche Alessandro Nidi scene Alberto Favretto costumi Marzia Paparini luci Luca Bronzo produzione Fondazione Teatro Due Atene 405 a. C. Una città in mano alla corruzione. Lentamente si sgretola quello che per secoli abbiamo considerato la radice della modernità ed un prezioso caso di raffinatezza culturale. Aristofane ingaggia Dioniso, Dio del Teatro e della doppiezza, e lo spedisce in viaggio nell'Ade alla ricerca di almeno uno degli antichi poeti-tragediografi che, resuscitando, possa restituire alla città i valori perduti. Le Rane ci parla con ironia di una società in decadimento e racconta un viaggio per la salvezza della polis che Aristofane vorrebbe attuare attraverso il teatro. L’Ensemble di Fondazione Teatro Due attiva, e non attualizza, questo testo antico, proponendolo a noi, figli di un pragmatismo miope e orfani di miti, ormai logori. Non si tratta di piegare Aristofane per parlare dell’oggi, ma al contrario, di utilizzare la nostra contemporaneità, tutta, per cercare i nostri Eschilo ed Euripide, e riscoprire Aristofane. Per riflettere sulle contraddizioni e sulla crisi di valori, è più utile un film come Accattone o come Shindler list? E' meglio affidarsi incondizionatamente alla forza dirompente dei giovani che vedono nei vecchi stanchezza e corruzione, o alla saggezza e morigeratezza dei vecchi che vedono nei giovani assenza di radici e di interessi? Ma se i giovani sono già disponibili a farsi corrompere ed i vecchi non sono più morigerati? Se alla dialettica si è sostituita la rissa? Se alla volgarizzazione dei grandi problemi, la demagogia? Se non ci sono più intellettuali di supporto alla politica? Se la politica non produce più interesse per gli intellettuali? Se il futuro non è più una meta? Se il passato appare solo come una di una cassaforte di tesori perduti? Se le acque sempre burrascose delle democrazie sono diventate stagnanti e pian pian risalgono in superficie, dal fondo, gli escrementi? Sulla scena portiamo questo un dibattito, mantenendo il testo originale di Aristofane con l'aggiunta di alcuni estratti dei due autori-avversari (Eschilo e Euripide), per aiutare quel pubblico che oggi non ha più riferimenti così immediati nella memoria. Gigi Dall’Aglio dal 26 novembre al 3 dicembre 2011, ore 21.00 27 novembre e 4 dicembre 2011, ore 16.00 28 e 30 novembre 2011, ore 10.30 (riservato alle scuole) (riposo lunedì 28 novembre 2011) Spazio Bignardi 26 novembre / 4 dicembre 2011 IL SACRO DELLA PRIMAVERA da LA SAGRA DELLA PRIMAVERA di Igor Stravinskij con Andrea Capaldi, Ambra Chiarello, Andrea Coppone, Massimiliano Frascà Francesco Gabrielli, Sara Ippolito, Francesca Lombardo Carlo Massari, Gianluca Pezzino, Livia Porzio, Emanuela Serra Giulia Spattini, Chiara Taviani, Teresa Timpano ideazione e coreografia di Michela Lucenti incursioni sonore Maurizio Camilli produzione Balletto Civile SPETTACOLO VINCITORE PREMIO ROMA DANZA 2011 Un balletto per eccellenza e un fiasco per eccellenza. Alla sua prima rappresentazione La Sagra della Primavera è stata un insuccesso, ha provocato una rissa. Perché è un’opera d’avanguardia, giovane, nata per distruggere le tradizioni. Si dice che la musica moderna sia nata con essa. Stravinskij dichiarò che ebbe una visione prima di scrivere quest’opera: un rituale in cui un cerchio di anziani saggi osservava una vergine che doveva danzare fino a morire. Una meravigliosa metafora del nostro tempo, di questa generazione che attende obbligata allo stallo, osservata, spiata, pesata, vergine perché impossibilitata a fare da sola. Ora l’urgenza è più grande. La nostra generazione non può più attendere, f***off! I cicli naturali si invertono, i vecchi ci osservano e noi invecchiamo senza sbocciare, in uno stallo esistenziale che ci chiede sempre di attendere pazienti e comprensivi, facendoci credere che sia naturale. Non è naturale. Lasciamo definitivamente i padri, come si lascia l’inverno e smettiamo di essere figli. Che il rito propiziatorio avvenga con il nostro sudore che ha nutrito la pazienza. E’ il nostro tempo e ce lo riprendiamo. Gli antenati saranno d’accordo con noi, non c’è più tempo per le spiegazioni. Questa non è una generazione di passaggio, nessuna generazione è di passaggio. La scena è vuota, scarna. I corpi scivolano e cercano aria in vestiti troppo grandi, pantaloni e camice di seconda mano, dei fratelli maggiori. L’importante è restare in pista, non mollare, il corpo si scompone ma non si sfoga, cerca di dire anche affannosamente ma ha solo questo tempo e i corpi si scuotono sino a trasformarsi in vettori di energia impazziti. Il sacro della primavera è un lavoro di gruppo, ma nella grande corsa si è perdutamente soli. Il corpo si sbilancia, cade nel desiderio di abbracciare tutto lo spazio “digeribile”. Ci si sposta, ci si incastra per rimanere in piedi, aggrappati gli uni agli altri, ci si aggroviglia, si cammina sugli altri, ma non è sopraffazione, è sostegno, urgenza, compassione. Azioni precise, vigorose, furiose, velocissime. Ognuno perde forza ma solo per brevi attimi, subito rimesso in piedi dagli altri. La sagra è il tempo interiore che si confonde, che si ferma. Stravinskji mescolato al resto dei suoni del mondo. Alla grande cacofonia. Un dj set con irriverenti incursioni, per dissacrare la Sagra e reinventare un nuovo Sacro. Balletto Civile 26 e 27 novembre 2011, ore 19.00 3 e 4 dicembre 2011, ore 18.00