Unità 2 La teoria quantistica L'effetto fotoelettrico Nel 1902 il fisico P. Lenard studiò l'effetto fotoelettrico. Esso è l'emissione di elettroni da parte di un metallo su cui incide un'onda elettromagnetica. Lenard scelse un tubo a vuoto in cui una radiazione ultravioletta di lunghezza d'onda λ incideva su una lastra metallica; la corrente aumenta al crescere del ∆V nel tubo, fino a un valore limite, proporzionale all'irradiamento ultravioletto. L'effetto fotoelettrico Le difficoltà dell'elettromagnetismo classico Nell'esperimento di Lenard, se M è sempre più negativo rispetto a L, la corrente diminuisce fino ad annullarsi del tutto per un valore –∆Va: il potenziale d'arresto. Sia ∆Va che l'energia cinetica degli elettroni non dipendono dall'irradiamento della radiazione ultravioletta: questo risultato è inspiegabile con la teoria classica dell'elettromagnetismo. Infatti secondo Maxwell l'energia ceduta dalla radiazione cresce con l'irradiamento. Le difficoltà dell'elettromagnetismo classico - Si ha effetto fotoelettrico se la frequenza f della radiazione incidente supera un certo valore minimo fmin, che dipende dal tipo di metallo; - Classicamente l'estrazione di elettroni dovrebbe avvenire a qualsiasi frequenza, purché l'irradiamento sia sufficientemente grande. La quantizzazione della luce secondo Einstein Nel 1905 Einstein spiegò l'effetto fotoelettrico con la seguente ipotesi: - la radiazione elettromagnetica è composta da quanti, o pacchetti di energia, poi chiamati fotoni; - ogni fotone ha massa nulla e trasporta un'energia E proporzionale alla sua frequenza f : dove è la costante di Planck. La quantizzazione della luce secondo Einstein L'energia elettromagnetica è quantizzata: può assumere solo valori multipli della quantità fondamentale hf. Il modello dei fotoni di Einstein non contraddice la teoria di Maxwell: infatti il grande numero di quanti di un fascio di luce si comporta come un'onda, così come il gran numero di molecole di un corpo costituisce un mezzo continuo. La spiegazione dell'effetto fotoelettrico L'estrazione di un elettrone si spiega con l'interazione individuale di un singolo fotone con un singolo elettrone: l'elettrone può liberarsi solo se il fotone ha energia hf ≥ We, da cui la frequenza minima è allora We= lavoro di estrazione Le proprietà ondulatorie della materia Nei fenomeni d'interferenza un fascio di luce si comporta come un'onda; invece nell'effetto fotoelettrico lo stesso fascio si comporta come se fosse costituito da numerose particelle, i fotoni: l'ente fisico luce si comporta come onda o particella a seconda dell'esperimento cui è sottoposta. Il comportamento duale è intrinseco delle radiazioni elettromagnetiche: le descrizioni corpuscolare e ondulatoria sono alternative. La dualità onda-particella della materia Nel 1923-4 Louis de Broglie ipotizzò che un comportamento duale esistesse anche per la materia: - egli intuì che ad ogni particella si può associare un'onda, di λ data dalla lunghezza d'onda di de Broglie: P=mv: modulo della quantità di moto della particella - le λ associate agli oggetti del quotidiano non generano effetti osservabili, mentre per le particelle elementari il dualismo è rilevante. La dualità onda-particella della materia Nel 1927 l'esperimento di Davisson e Germer sulla diffrazione degli elettroni confermò il modello di de Broglie: un fascio di elettroni era sparato su un reticolo cristallino di passo confrontabile con la λ di de Broglie degli elettroni. Il principio di indeterminazione Tra il 1920 e il 1930 la fisica quantistica inquadra in una teoria coerente gli aspetti corpuscolare e ondulatorio della materia. Il principio fondamentale della teoria è il principio di indeterminazione di Heisenberg. Esso prende in esame quantità fisicamente misurabili e stabilisce che: non è possibile misurare contemporaneamente con precisione arbitraria la quantità di moto e la posizione di una particella. Il principio di indeterminazione Dall'esempio si vede che il processo di misura della posizione impartisce all'elettrone una quantità di moto non determinabile. Prima forma del principio di indeterminazione Indicando con ∆x e ∆p le incertezze sulla posizione e sulla quantità di moto, il principio di indeterminazione si scrive: Tanto più è piccolo ∆x, ossia tanto più precisa è la misura della posizione, tanto maggiore è ∆p, e viceversa. La fisica quantistica è in accordo con quella classica: poiché il valore di h è piccolo, per gli oggetti macroscopici le indeterminazioni ∆x e ∆p sono trascurabili rispetto agli errori di misura. Il principio di indeterminazione è rilevante solo per i fenomeni che si verificano su scala atomica. Nel mondo macroscopico invece le indeterminazioni quantistiche sono del tutto trascurabili. Le onde di probabilità e il dualismo onda-corpuscolo In un'onda elettromagnetica oscillano il campo elettrico e il campo magnetico;cosa oscilla in una particella? La fisica quantistica risponde che in un'onda di materia oscilla una grandezza detta ampiezza di probabilità o funzione d'onda Ψ. Ψ serve a calcolare la probabilità di trovare la particella, nell'intervallo di tempo da t a t + ∆t, in un volume ∆V centrato attorno al punto P (x,y,z). L'ampiezza di probabilità e il principio di Heisenberg Ma un insieme di elettroni, o di fotoni, che si propaga nello spazio, in realtà è corpuscolo o onda? NON c'è una risposta: - quando si propaga nello spazio, ogni radiazione va pensata come costituita da tutti i pacchetti d'onda delle Ψ delle particelle costituenti; - quando interagisce con dispositivi, si comporta come onda (nello spazio) o come corpuscolo (concentrata in un punto) a seconda del processo di misura. Il principio di sovrapposizione Se un sistema fisico ha due stati di uguale energia, descritti dalle funzioni d'onda Ψa e Ψb, secondo la fisica quantistica il sistema è descritto dalla sovrapposizione di stati (con ca, cb costanti reali) Dato uno schermo con due fenditure A e B, si possono considerare Ψa e Ψb come le ampiezze di probabilità che un fotone passi da A o da B. Ma la sovrapposizione descrive un caso in cui non è definito dove passi il fotone. Il principio di sovrapposizione In fisica classica, deterministica, è impossibile non sapere dove passi la luce; invece per le onde di probabilità ciò è coerente: se mettiamo due rivelatori dopo le fenditure, vedremo che alcuni fotoni passeranno da A, altri da B, ma non possiamo saperlo in anticipo. Tutto ciò che è possibile calcolare è la probabilità che un fotone passi da una determinata fenditura. Il principio di sovrapposizione Dopo essere stato segnalato da RA o da RB, il fotone non è più descritto dalla sovrapposizione di stati, ma solo, rispettivamente, da Ψa o Ψb. Se non vi sono rivelatori, sullo schermo posto dopo le fenditure si osserva la figura d'interferenza della fisica classica: i fotoni sono descritti dalla sovrapposizione di stati. Se invece mettiamo i rivelatori, dopo il passaggio non c'è sovrapposizione di stati e sullo schermo non c'è figura d'interferenza. Stabilità degli atomi e orbitali atomici Dopo l’ipotesi quantistica per spiegare la struttura atomica non possiamo più pensare gli elettroni come pallini: non ci sono elettroni che orbitano attorno al nucleo, ma nuvole di probabilità, gli orbitali, definiti dalle funzioni d'onda degli elettroni. Stabilità degli atomi e orbitali atomici Queste nuvole elettroniche sono stazionarie: la probabilità di trovare un elettrone a una certa distanza dal nucleo non varia nel tempo. In questa situazione stazionaria, gli elettroni non ruotano attorno al nucleo: quindi non irraggiano. Fisica classica e fisica moderna Con le teorie della relatività e quantistica bisogna rinunciare a due concetti fondamentali: - l'esistenza di uno spazio e di un tempo assoluti; - la natura corpuscolare delle particelle subatomiche. La fisica classica è comunque applicabile e dà risultati in accordo con l'esperienza, quando valgono due condizioni: 1) le velocità dei corpi sono piccole rispetto a c; 2) i prodotti p ⋅ x sono grandi rispetto a h.