Medea a processo. Antichità e attualità a confronto Prof. Laura Pepe Università degli Studi di Milano Treviso, Liceo Canova, 2 marzo 2016 Il funzionamento della giustizia ad Atene Il funzionamento dei tribunali ateniesi i giudici non sono esperti di diritto Atene è la città dei tribunali: tutti i cittadini sono chiamati a essere giudici, ed essere giudice rientrava tra i diritti e i doveri del cittadino maschio adulto le parti sono tenute a difendersi da sole: non esiste una figura simile al nostro avvocato le parti forniscono ai giudici tutte le necessarie informazioni relative al caso: ricostruzione dei fatti, testimonianze, leggi i magistrati non conducono alcuna indagine relativa al caso non esistono procedure d’ufficio: l’iniziativa processuale spetta al cittadino L’iniziativa dell’azione processuale un qualunque cittadino ateniese in veste di accusatore volontario (ho boulomenos) la vittima dell’illecito o un suo parente stretto l’azione è chiamata graphé l’azione è chiamata dike esempio: graphe asebeias, azione per empietà, usata contro Socrate esempio: dike phonou, azione per omicidio intentata da uno o più parenti della vittima in assenza di un accusatore volontario l’illecito rimaneva impunito Un “giusto processo”? può essere giusto un processo lasciato all’iniziativa di parte, privo di indagini condotte da magistrati al di sopra delle parti, giudicato da giudici sprovvisti di preparazione tecnica? no: i giudici sono condizionati dalla maggiore abilità retorica di chi parla e dal suo prestigio e potere sociale; non vi è considerazione per la fondatezza delle argomentazioni e la pertinenza delle leggi (vedi Aristofane, Vespe) sì: tutti i cittadini conoscevano bene le leggi (erano loro ad approvarle nell’assemblea) e maturavano una solida esperienza nel giudicare cause; inoltre essi giuravano di formulare il loro verdetto finale in conformità alle leggi vigenti La giustizia degli Ateniesi non esiste l’idea che la pena sia direttamente ed equamente proporzionale alla gravità dell’illecito non vengono prese in considerazione attenuanti o aggravanti: a un illecito corrisponde una e una sola pena la pena ha funzione deterrente e retributiva (non è concepita la funzione riabilitativa) Il figlicidio di Medea nel quadro storico dell’epoca La Medea di Euripide Euripide accoglie la variante del mito in cui Medea uccide i figli; altrove il gesto è compiuto dagli abitanti di Corinto. Perché questa scelta? Medea e Giasone condividono colpe e responsabilità a livello tragico (non giuridico) Medea deve essere protagonista di un conflitto tragico senza soluzione (cfr. Edipo, Oreste) Medea è incarnazione di una molteplice alterità rispetto a Giasone (donna/uomo, barbarie/grecità, pathos vs. logos) Il figlicidio • Oggi: in base agli art. 576, 577 c.p. l’uccisione del discendente costituisce un’aggravante rispetto al semplice omicidio: la pena è più severa • Nella Roma antica al padre era accordato il ius vitae ac necis sui figli • Nell’Atene antica (come a Sparta) l’uccisione o l’esposizione da parte del padre del figlio infante poteva non costituire reato • Le leggi ateniesi riguardano solo il padre, padrone assoluto e incontrastato dell’oikos • Non esiste relazione di parentela tra figlio e madre (cfr. Orestea) • L’uccisione di un figlio da parte della madre è ritenuta cosa rara (esempi soprattutto nel mito: Ino, Altea) l’uccisione del figlio non è disciplinata in modo specifico ma considerata semplice omicidio La disciplina ateniese dell’omicidio La legge di Draconte distingue tra phonos ek pronoias, “omicidio volontario”, punito con la morte e la confisca dei beni (in alternativa: fuga perpetua) phonos akousios, “omicidio involontario”, punito con l’esilio fino alla concessione del perdono da parte dei parenti il concetto greco di “volontarietà” è diverso dall’attuale: l’atto compiuto d’impeto, per ira o gelosia, non è considerato volontario La dike phonou, “azione per omicidio” i parenti della vittima che vogliano convenire in giudizio l’omicida piantano una lancia sulla tomba della vittima essi si rivolgono all’arconte basileus, portando con loro il presunto omicida; le parti espongono le loro ragioni nelle prodikasiai (“udienze preliminari”); il basileus intima quindi al presunto omicida di tenersi lontano dai luoghi indicati dalla legge sulla base delle informazioni raccolte il basileus inoltra la causa al tribunale competente: Areopago (omicidio volontario) o Palladio (omicidio involontario) le parti pronunciano personalmente i loro discorsi, uguali per lunghezza; hanno diritto a una replica. La difesa ha sempre l’ultima parola i giudici esprimono immediatamente il loro verdetto; in caso di condanna viene immediatamente applicata la pena prevista per legge Il processo a Medea: i possibili argomenti dell’accusa accusatore: Giasone - tribunale: Areopago • dimostrazione dell’odio di Medea nei confronti suoi e dei figli; Giasone avrebbe potuto mostrare che il suo caso riguardava la città: se tutte le donne ripudiate si comportassero come Medea non vi sarebbero stati più cittadini • citazione delle parole pronunciate dalla stessa Medea pubblicamente (testimoni le donne di Corinto): “ucciderò i figli” (v. 792); “ho deciso di uccidere al più presto i figli e di fuggire poi in terra straniera… è inevitabile che essi muoiano e, poiché è necessario, sarò io a ucciderli, io che li ho generati… Sventurata mano, prendi la spada… non ti vinca viltà, non ricordare che sono tuoi figli… li ucciderai” (v. 1236 ss.) • testimonianza della nutrice: Medea “odia i figli” (v. 36); “volge su di loro uno sguardo come di fiera, come se stesse per fare qualcosa contro di loro” (v. 92) • rievocazione della trattativa con Egeo • rievocazione dei precedenti assassini commessi da Medea • richiesta di pena di morte Il processo a Medea: i possibili argomenti della difesa difesa: Medea (rappresentata in giudizio da un uomo che parlava per lei) • tentativo di far declassare il proprio gesto da omicidio volontario a omicidio involontario, con la dimostrazione che quando aveva ucciso Medea era non era del tutto capace di intendere e di volere: era infatti accecata tanto dalla gelosia verso la futura sposa di Giasone, quanto da ira procurata dal comportamento irriverente di quest’ultimo. • ricordando che Giasone, tradendo e abbandonando Medea, era venuto meno alle promesse e ai giuramenti solenni che in passato le aveva prestato, la difesa avrebbe potuto trasformare Giasone da accusatore ad accusato: Giasone era la vera causa e il vero motore del gesto che Medea aveva compiuto; aveva tradito lei e i figli, acconsentendo al loro esilio. Medea avrebbe potuto essere definita colpevole secondaria, artefice di una reazione in risposta a un’azione • replica all’accusa di Giasone che Medea era una serial killer: proprio Giasone era stato la causa scatenante e dunque il vero responsabile degli assassini di Apsirto e Pelia. Il probabile verdetto Applicando la lettera della legge, i giudici avrebbero condannato Medea Medea avrebbe subito la pena di morte in quanto giudicata colpevole di omicidio volontario Funzione della pena: ripagare Medea dello stesso male fatto, fornire un esempio della sorte prevista per chi commette simili atti