Persinsala Teatro
Daniele Rizzo
luglio 24, 2014
Va in scena nello splendido contesto degli scavi archeologici di
Ostia Antica, Argonauti – Giasone e Medea, uno spettacolo
in bilico tra classico e contemporaneo.
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La spedizione degli Argonauti per la presa del vello d’oro è una delle più
grandei epopee del mondo antico. Insuperabile dal punto di vista della
complessità dell’intreccio, dovuto anche alla presenza di numerosi eroi e
luoghi della mitologia antica, non ha nulla da invidiare ai testi canonici di
epica che si è soliti studiare tra i banchi di scuola.
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All’interno della vicenda, è Medea a svolgere un ruolo di sicuro rilievo.
Determinante per la riuscita dell’impresa, la figlia della maga Circe è
ricordata principalmente per aver sacrificato chiunque, anche la propria
famiglia (il piccolo fratello, i figli avuti con Giasone), pur di coronare un
sogno di amore assoluto, artificiosamente ispirato dalla dea Afrodite,
dunque per aver inseguito un miraggio falso come tutti gli ideali e
anticamera della drammatica esistenza di questa antieroina.
Tuttavia, Medea non è stata l’unica figura mitologica in grado di simili
abomini contra naturam. Anche volendo rimanere agli Argonauti, infatti,
impossibile non ricordare quel Pelia, sterminatore della propria famiglia e
usurpatore del trono del fratello (padre di Giasone, di cui era zio), il quale,
dopo aver imposto l’impresa del vello e non aver rispettato i patti, venne
letteralmente cucinato dalle figlie sotto l’incantesimo della stessa Medea.
Decisiva per la riuscita di una opera troppo grande anche per i supereroi a
bordo dell’Argo, Medea occupa un posto privilegiato soprattutto
nell’immaginario comune, fatto che (solo in parte) può rendere la coerenza
tra titolo e messa in scena. Moglie sedotta e tradita, capro espiatorio del
potere maschile, Medea fu anche (e in modo particolare) vittima e
carnefice di sé e della propria estrema capacità di amare, spesso
snaturata nel simbolo di una concezione dell’essere femminile antiquata,
se non proprio pericolosa, che identifica in maniera ridondante le virtù
della forza e dell’ingegno con la virilità e quelle dell’inganno e della malizia
con l’altro sesso, confinando quest’ultimo a un ruolo subalterno nella
società.
http://teatro.persinsala.it
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Daniele Rizzo
luglio 24, 2014
Proprio questa prospettiva, la più semplice e immediata, è stata infatti
sposata da questo allestimento, essenziale monologo di Cinzia
Maccagnano che sovrasta in termini di protagonismo sia Stefano Fardelli
(un Giasone muto a rimarcarne la mancanza di senso di responsabilità),
sia il coro delle ballerine di Carlotta Bruni, Benedetta Capanna, Rosa
Merlino.
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L’improvvida scelta di tracce musicali registrate, alcune heavy metal, così
come l’uso del microfono, non hanno pagato, patendo una scadente resa
acustica, mentre, nonostante l’omaggio alla tragedia classica in cui recita
a passo di danza, l’impostazione del coro è apparsa confusa, quasi
oscillante tra l’incapacità di prendere le forme di personaggio (la
collettività) e l’inconsistenza di porsi quale interlocutore della
protagonista.
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Uno spettacolo nel complesso didascalico nella regia e nelle coreografie,
lineare nelle interpretazioni e stranamente debole nel non riuscire ad
avvalersi dell’ambientazione offerta dal suggestivo Teatro Romano di Ostia
Antica, palesando una mancanza di personalità che ha finito per sacrificare
quell’ambientazione naturale che pure sembrava costituiree il principale
punto di forza.
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Romano di Ostia Antica
via dei Romagnoli 717, (scavi archeologici Ostia Antica) Roma
23 luglio 2014, ore 21.00
Estreusa/Mda Produzioni
ARGONAUTI. Giasone e Medea
da Apollonio Rodio, Franz Grillparzer, Euripide
drammaturgia Maurizio Donadoni
regia e coreografia Aurelio Gatti
con Carlotta Bruni, Benedetta Capanna, Stefano Fardelli, Rosa Merlino, Gipeto e Cinzia Maccagnano
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