Prima Guerra Mondiale
Introduzione
Pag 19-24
Il 28 giugno 1914 l’arciduca Francesco Ferdinando e la consorte furono assassinati dallo studente
serbo Gabrilo Princip a Sarajevo. Questo evento fece precipitare verso la guerra una situazione
internazionale da anni carica di tensioni politiche/economiche/sociali. Una guerra che coinvolse
tutti gli Stati europei, ma anche il Giappone e gli Stati Uniti d’America. Infatti fu proprio
l’assassinio di Sarajevo il casus belli; ma le cause effettive erano in realtà ben più profonde. Dal
punto di vista politico-diplomatico vi erano numerose questioni di attrito fra gli Stati Europei.
Il cancelliere tedesco Bismark aveva costituito un sistema di stati fondato su 3 cardini:
1) un blocco di stati alleati, con Ger/Rus/Aus/Ita
2) l’isolamento della Francia
3) la neutralità della Gran Bretagna
Tutto questo sistema di relazioni internazionali aveva cominciato a dissolversi.
Bismark fu costretto alle dimissioni e il nuovo Kaiser Guglielmo II iniziò una politica estera più
aggressiva. Egli si dotò di una grande flotta da guerra e iniziò a partecipare alla corsa alle colonie
ottenendo Camerun, Togo, Tanganica. Questo portò la Germania in rotta di collisione con l’Impero
Britannico. Il contrasto si acuì quando l’imperatore lanciò il programma pangermanista che
prevedeva la riunificazione di tutti i popoli tedeschi.
Vi erano anche questioni nazionali irrisolte. In questo quadro i conflitti nazionali balcanici
rappresentavano il più minaccioso focolaio di tensione:
- la lotta per l’indipendenza dei croati e degli sloveni
- le spinte indipendentistiche di cechi e di ungheresi
- la Serbia che guidò il nazionalismo slavo e diede vita con Bulgaria, Grecia e Montenegro ad
una lega, che nel 1912 dichiarò guerra all’impero ottomano (1°- 2° Guerra balcanica dove
l’impero ottomano tra il 1908 e 1914 aveva perso un terzo dei suoi territori)
Fino ad ora la Gran Bretagna aveva svolto il ruolo di grande potenza garantendo l’equilibrio
continentale. L’800 fu così un secolo di pace con conflitti locali presto rimarginati. Questo ruolo
della Gran Bretagna nel XIX secolo venne meno. Infatti si basava su una indiscussa leadership
economica che nel ‘900 cominciò a declinare. Inizia ad esserci verso il 1906-1907 una concorrenza
internazionale sempre più vasta. La spartizione del mondo era ormai avvenuta, non vi erano più
ormai terre di nessuno e coloro che volevano allargarsi dovevano farlo a scapito degli altri. Nella
spartizione delle terre avvenuta nell’ 800 la Francia e Gran Bretagna avevano ottenuto vantaggi,
mentre la Germania si dovette accontentare di aree marginali; iniziò così una corsa agli armamenti e
la guerra e gli eserciti divennero un grande affare economico.
Il timore del dominio della Germania portò nel 1904 all’accordo detto Entente Cordiale tra Gran
Bretagna e Francia a cui si avvicinò anche la Russia. Si formarono così due sistemi di alleanze
contrapposte.
Francia
Germania
Tradizionalmente ostile alla Germania dopo la guerra del 1870,
nel 1904 stipula l’intesa cordiale con la GranBretagna.
Proiettata da Guglielmo II in una politica aggressiva, appoggia
l’intraprendenza austriaca nei Balcani.
Gran Bretagna
Austria-Ungheria
In urto con la Germania per la spartizione dei domini coloniali.
Legata dalla Triplice Alleanza con la Germania, in urto con la
Russianei Balcani.
Russia
Italia
In competizione con l’Austria nei Balcani, si avvicina all’Intesa
Legata alla Germania, Austria e Ungheria dalla Triplice
Alleanza.
Questo sistema di alleanze prevedeva obblighi reciproci molto stretti. Se un solo stato ne avesse
attaccato un altro l’Europa sarebbe scesa in guerra in difesa dell’uno o dell’altro. L’assassinio di
Sarajevo fu appunto il Casus Belli che portò l’Europa alla guerra; la principale posta in gioco era la
ridefinizione dei rapporti di forza tra le nazioni industrializzate e la ricostruzione di un nuovo
sistema di relazioni internazionali.
L’inizio delle operazioni militari
pag.29 - pag. 32
L’ultimatum dell’Austria alla Serbia e l’inizio della grande guerra
L’attentato di Sarajevo consenti all’impero austro-ungarico e alla Germania d’avere un pretesto per
mettere in atto la loro volontà di guerra. L’Austria voleva risolvere la questione balcanica, placando
cosi le rivendicazioni nazionalistiche dei serbi; la Germania invece voleva approfittare
dell’occasione per invadere la Francia. La Germania infatti,convinta della superiorità del suo
esercito, predisse una guerra-lampo. A questo punto l’Austria propose alla Serbia un ultimatum
inaccettabile che quest’ultimi rifiutarono.
-Il 28 luglio 1914 l’Austria dichiara guerra alla Serbia
-La Russia si mobilità immediatamente in aiuto della Serbia
-L’1 agosto la Germania dichiara guerra alla Russia e il 3 agosto alla Francia
-Nei giorni successivi si costituisce formalmente la triplice intesa tra Russia, Francia, e Inghilterra.
Quest’ultima entra in guerra con Russia e Francia perché esse erano già sue alleate prima dello
scoppio del conflitto.
-Il 23 agosto entra in guerra anche il Giappone unendosi alla triplice alleanza. Mentre il Giappone
entra in guerra la Germania invade il Belgio e il Lussemburgo,che sono stati neutri,per invadere la
Francia a sorpresa da nord.
-L’1 novembre entra in guerra anche l’impero ottomano schierandosi dalla parte della Germania e
dell’Austria.
-L’Italia,invece,proclamò la sua neutralità ritenendo inoperante la triplice alleanza fatta con
Germania e Austria nel 1882 in quanto patto di carattere difensivo.
Guerra di posizione:fronte occidentale e fronte orientale
L’esercito tedesco dopo aver invaso con qualche difficoltà il Belgio, si riversò immediatamente in
territorio francese incontrando la resistenza dell’esercito comandato dal generale Joffre, ma
l’esercito tedesco comandato da von moltke sbaragliò le truppe avversarie portandosi in
pochissimo tempo a poche decine di chilometri da Parigi. Il governo francese si spostò da Parigi a
bordeaux mentre l’esercito di Joffre riorganizzatosi con l’aiuto di qualche truppa inglese respinge
l’esercito tedesco prima oltre l’aisne e poi con una successiva battaglia oltre la somme. La guerra si
trasformò presto in una guerra di posizione perché i due eserciti si muniro di trincee e fortificazioni.
I tedeschi furono sconfitti nuovamente nella battaglia della Marna. A questo susseguirsi di sconfitte
e al respingimento dell’esercito tedesco verso i confini nazionali da parte dell’esercito anglofrancese contribuirono 2 fattori:
-L’avanzata troppo rapida che portò dispersione nelle linee dell’esercito teutonico sul fronte
occidentale.
-L’inaspettata invasione della Russia in terra prussiana che sottrasse truppe al fronte occidentale
per portarle sul fronte orientale in difesa dei confini nazionali. L’esercito teutonico vinse due
battaglia, una ad agosto a Tannenberg e una nel mese di settembre ai laghi Masuri . Sempre nel
mese di settembre i russi vinsero la battaglia a Leopoli,riequilibrando le sorti del conflitto.
Un nuovo fronte:guerra sui mari e guerra sottomarina
Al fronte orientale a al fronte occidentale se ne aggiunse un terzo, che fu un decisivo teatro di
guerra:il mare del nord,dove la Gran Bretagna e la Germania ingaggiarono un aspro conflitto. La
Gran Bretagna aveva l’intento di boicottare tutti i rifornimenti per inceppare la potente macchina da
guerra Austro – tedesca. Questa strategia cominciò già nel 1915 ad avere i suoi frutti. Infatti le
Germania ebbe un grave crisi economica che causò notevoli morti da parte di anziani e bambini e
logoramento generale della popolazione oltre alla diminuzione della produzione bellica. La
Germania rispose a questo blocco economico scatenando una guerra sottomarina boicottando a sua
volta i rifornimenti americani alla Gran Bretagna. La guerra sottomarina ebbe i suoi frutti ma fu
lasciata mano a mano perché furono coinvolte numerose navi civili e gli stati uniti minacciarono il
loro intervento in favore della triplice intesa.
L’intervento italiano
pag. 33 – 38
L’Italia si dichiara neutrale il 3 agosto 1914: applica alla lettera il trattato della Triplice Alleanza
che non aveva carattere offensivo(era infatti stata l’Austria a dichiarare guerra alla Serbia). In Italia
si scatenò comunque un confronto duro fra neutralisti e interventisti.
NEUTRALISTI
1) I liberal-democratici giolittiani, che
temevano l’impreparazione militare e
vedevano nella guerra la possibilità di
imprimere sviluppo all’economia
rifornendo i campi opposti senza entrare
nel conflitto
2) Il partito socialista, che interpretava
l’idea di operai e contadini i quali, della
guerra, avrebbero solo fatto le spese
3) I cattolici, sia per esigenze pacifiste sia
perché giudicavano inaccettabile entrare
in guerra contro la cattolica Austria .
N.B. Queste forze rappresentavano la
maggioranza del Parlamento
INTERVENTISTI
1) I nazionalisti, che riflettevano le
posizioni dei più conservatori,
sostenitori dell’imperialismo e pronti a
vedere la guerra sia come occasione di
crescita per il grande capitalismo sia
come occasione “di cuore”, cioè come
ardente passione.
2) Una piccola parte di socialisti che
vedevano la guerra come un’occasione
per fare arrivare il socialismo al potere.
3) Una minoranza composita che leggeva la
guerra come schieramento accanto
all’intesa e ostilità dichiarata all’Austria,
carcere dei popoli, dal cui crollo sarebbe
venuto il compimento del
Risorgimento(recuperare Trento, Trieste,
il dominio dell’Adriatico, l’influenza nei
Balcani). Questo recupero di terre
prendeva il nome di
irredentismo(movimento di opinione
nato dopo la terza guerra di
Indipendenza con l’intento di
promuovere l’unione all’Italia di
Trentino, Friuli e Venezia-Giulia,
rimasti all’Austria). Gli irredentisti
avevano un pensierò di matrice
repubblicano-democratica.
Mentre si agitavano queste opposte tendenze, nell’aprile 1915, il ministro degli Esteri Sonnino
stipulò segretamente, all’insaputa del Parlamento il Patto di Londra che impegnava l’Italia a
entrare in guerra a fianco dell’Intesa. Ai primi di maggio Giolitti con più di 300 deputati ribadì la
scelta neutralista. Il capo del governo Salandra dà le dimissioni.
Le dimissioni vengono respinte dal re che dà a Salandra poteri eccezionali, scavalcando la volontà
del Parlamento. In tutta Italia gli interventisti cominciano a infiammare i cuori. Il 20 maggio 1915 il
Parlamento dà il suo sostegno al governo e dopo tre giorni l’Italia dichiara guerra all’Austria:
il 24 maggio l’esercito italiano varca il Piave.
Lo stallo del 1915-16
Pag 40 - 43
Con l’intervento italiano si apre un nuovo fronte di guerra, una linea di circa 600 Km che correvano
da Trieste alla Svizzera. Eppure questo elemento nuovo non produsse mutamenti nei rapporti di
forza tra i due blocchi. E lentamente fallisce la strategia tedesca della “guerra-lampo”, il conflitto si
va sempre più trasformando in una “guerra di logoramento”, nella quale milioni di soldati si
contrapponevano lungo chilometri e chilometri di trincee senza mai affrontarsi in battaglie campali.
Questa situazione di stallo finiva con il danneggiare perlopiù gli imperi centrali, che, essendo
circondati da ogni lato dalle forze nemiche, subivano sempre più drammaticamente il blocco
commerciale imposto loro da Gran Bretagna e Francia. La Germania tentò di rompere l’isolamento
attraverso la battaglia di Verdun e dello Jutland ma il suo tentativo fallì. I tedeschi annunciarono poi
la “guerra sottomarina totale”, che prevedeva l’affondamento di tutte le navi che fossero entrate in
qualche modo in comunicazione con l’Inghilterra. Nel maggio-giugno 1916, gli austriaci lanciarono
un violento attacco contro le linee italiane che portò all’occupazione dell’altopiano di Asiago. L’
unico risultato militare che le truppe italiane riuscirono a conseguire fu la presa di Gorizia.
Per fronteggiare le difficoltà della guerra si vennero formando governi di unità nazionale. Gli stati si
assunsero direttamente il compito di pianificare e dirigere l’economia di guerra. Questo determinò
uno sviluppo notevolissimo delle attività produttive e la formazione di imprese gigantesche. Per la
prima volta si impiegarono per usi bellici e su larga scala i motori a scoppio e i moderni strumenti
di comunicazione come il telegrafo e il telefono. Grazie al continuo aumento del prezzo del
combustibile venne favorito l’uso dell’energia elettrica, l’agricoltura conobbe un’ulteriore
meccanizzazione e si sviluppò quasi dal nulla l’industria aeronautica. Successivamente lo stato
mise in atto una serie di provvedimenti tesi a limitare le libertà sindacali e a imporre la
“militarizzazione” del lavoro in fabbrica. A tal proposito ricorse non solo al credito internazionale,
ma impose nuove tasse. Accrebbe però il debito pubblico e una spirale inflazionistica che
minacciava tutto il sistema economico.
Dalla guerra europea alla guerra mondiale
pag. 45 - 50
La svolta del 1917
Durante il quarto anno del conflitto vi furono avvenimenti che ebbero un’ importanza decisiva:la
rivoluzione bolscevica in Russia(che portò il paeseall’uscita dalla scena del conflitto),l’intervento
degli Stati Uniti,il manifestarsi nei soldati e nella popolazione del rifiuto della guerra.La corte
zarista continuava a dare prova di un totale distacco dalla realtà del paese ,accentuando i caratteri
dispotici del la sua politica. Ciò che fece traboccare il vaso fu la rivolta da parte di operai e soldati
scoppiata a Pietrogrado nel Marzo (Febbraio in Russia) del 1917.Questo portò alla formazione di
un governo repubblicano provvisorio e all’abdicazione dello zar Nicola II. Il presidente del governo
provvisorio Kerenskij decise di scatenare in Galizia(Polonia) un’offensiva che fu però un totale
fallimento.I soldati russi disertarono e tornarono nelle proprie case segno della totale estraneità dei
soldati alla guerra,che convinse il Governo rivoluzionario comunista all’uscita della Russia dalla
guerra.Passiamo ora agli Stati Uniti:come conseguenza della ripresa della guerra sottomarinada
parte della Germania,gli Stati Uniti entrano nel conflitto a fianco dei paesi che come la Francia e la
Gran Bretagna avevano un sistema politico liberaldemocratico.Spostiamo lo sguardo ora su soldati
su popolazione soprattutto nella sua fascia meno abbiente.
A livello mondiale c omincia a diffondersi il malcontento tra i soldati, stanchi ed insofferenti per la
durata e l'intensità della guerra.
Il movimento socialista internazionale si oppose ai conflitti e con il Manifesto di Kienthal del 1916
si dichiarò fortemente contrario al conflitto.
Con l'aumentare delle vittime - causate anche dall'utilizzo di nuove armi quali bombe a mano,
lanciafiamme e gas asfissianti – e il peggioramento delle condizioni di vita dei soldati - malnutriti
ed esposti a malattie - crescevano le insubordinazioni, gli ammutinamenti e le diserzioni. Si profilò
così, tra le file dei soldati e degli ufficiali, un generale disfattismo nei confronti della guerra.
La risposta autoritaria al “disfattismo”
La sfiducia nei confronti dell’andamento bellico durante il primo conflitto mondiale si diffuse, oltre
che all’interno dei vari eserciti europei, anche tra le masse popolari, vessate dai lutti familiari e dal
miserabile tenore di vita imposto dai sacrifici volti a sostenere i costi della guerra. I governi di tutta
Europa tentarono di arginare il malessere sociale con un’incessante attività di propaganda, la quale
diffondeva false promesse riguardanti interventi socio-economici a favore delle famiglie dei soldati.
Inoltre la cosiddetta “Borsa Nera”, in altre parole il mercato clandestino di generi di prima necessità
venduti a prezzi elevatissimi da parte di speculatori e grossisti, alimentò ancora di più le ire
popolari, che sfociarono spesso in violente rivolte che, nella maggior parte dei casi, erano represse
nel sangue. In questo tragico contesto intervenne anche il mondo cattolico, capeggiato da papa
Benedetto XV, il quale, per fermare la strage in corso in tutta Europa, inviò una lettera a tutti i
governanti del vecchio continente, cercando di dissuaderli dal continuare quella terribile guerra.
Tuttavia i governi occidentali risposero ancora una volta con l’autoritarismo, arrivando addirittura a
militarizzare le industrie, come nel caso della Germania.
In aggiunta a ciò, anche i governi liberali di Francia e Gran Bretagna preferirono una svolta
autoritaria e repressiva, che smantellava in parte la tradizione democratica di questi due stati.
L’offensiva austro-tedesca: la disfatta italiana di Caporetto
Nel 1917 gli Imperi di Austria e Germania si prepararono ad uno sforzo offensivo eccezionale e i
loro eserciti sferrarono un nuovo massiccio attacco sul fronte dell’Isonzo. A causa del comando del
generale Luigi Cadorna e di alcuni errori strategici, l’esercito italiano cedette e dopo aver perso
anche a Caporetto, il 24 ottobre furono costretti a ritirarsi fino al Piave con ingenti perdite.
Nonostante quest’apparente situazione di sconfitta si formò un nuovo governo, presieduto da
Vittorio Emanuele Orlando, e venne riorganizzato un nuovo esercito sotto il comando del generale
Armando Diaz.
Con la promessa di assegnare ai contadini nuove terre, egli riuscì ad accendere gli animi dei soldati
e ad evitare così la rotta dell’esercito italiano; nonostante ciò la sconfitta a Caporetto fu comunque
un importante successo per gli Imperi centrali cui si aggiunsero le trattative di pace chiuse con la
Russia.
La fine della guerra
Pag 50 – 53
L’ offensive austro-tedesca prosegue sul fronte occidentale, giungendo fino alla Marna.
Con la collaborazione delle truppe americane l’Intesa dà il via alla controffensiva.
Nel 1918 per la prima volta si combatteva con aerei e carri armati, che costrinsero i tedeschi alla
ritirata. Con l’ arrivo delle truppe americane, l’ esercito tedesco fu completamente sottomesso. Al
suo fronte meridionale iniziava la contro difesa dell’ esercito italiano contro l’ Austria con a capo
Vittorio Veneto.
Nel frattempo Austria e Germania, costrette alla resa, vedono dissolversi i loro ordinamenti politici.
Nel gennaio 1919 a Versailles le potenze vincitrici (Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Italia) si
incontrarono alla conferenza di pace per decidere i trattamenti riservati agli sconfitti. Clemenceau,
primo ministro francese, voleva risolvere la disgregazione di quattro imperi (Russia, Austria,
Germani e Ottomano) con la politica delle annessioni territoriali. Wilson, presidente statunitense,
puntava ad affermare il principio democratico dell’autodeterminazione dei popoli.
L’ Italia non riuscì ad ottenere l’ annessione di Fiume e della Dalmazia.
Prevale la posizione di una “pace punitiva” per la Germania, sostenuta da Clemenceau.
La Germania doveva restituire alla Francia l’ Alsazia e Lorena, smembrare i possessi coloniali e
pagare i danni di guerra.
I trattati portano così al riconoscimento di nuovi stati come Austria, Ungheria,Cecoslovacchia e
Regno di Iugoslavia.
I territori dell’ Impero Ottomano vengono affidati all’amministrazione provvisoria di Francia e
Gran Bretagna.
Digressione: cultura e politica del nazionalismo
Pag 24 – 29
Abbiamo sottolineato spesso che la prima guerra mondiale scoppia sia per l’accumulo di concause
lontane sia per un preciso casus belli. Le cause lontane sono: la rivoluzione scientifica al servizio
della produzione, lo sviluppo del capitalismo, gli sconti sociali fra capitale e operai, la malattia del
capitalismo(cioè la sovrapproduzione), il riarmo, la ragnatela di alleanze, le guerre locali. Questo è
l’humus adatto allo sviluppo del nazionalismo.
I movimenti reazionari nazionalisti e autoritari movimenti diventarono i diretti avversari delle
organizzazioni operaie e sindacali coinvolgendo classi sociali distanti dai centri di potere come la
piccola borghesia cittadina e proletari rurali.
“Patria” e “nazione” diventano termini chiave di una nuova aggressività imperialistica, distante
dalla tradizione liberale dell’800. Queste nuove ideologie contribuirono a creare un clima di
crescente competizione internazionale.
“La rivolta ideale” di Alfredo Oriani descrive in modo impeccabile le mire espansionistiche tipiche
del nazionalismo europeo. L’aspetto antiliberale e antidemocratico del nazionalismo è evidente
nelle formulazioni che esso ebbe in Italia dove nel 1910 un gruppo d’intellettuali fondò
l’Associazione Nazionalista Italiana dove vennero raccolte le concezioni nazionaliste più efficaci e
coerenti.
Il nazionalismo fece presa sui ceti medi e si alleò con le vecchie élite liberali. Queste posizioni
cominciarono a raccogliere consensi fra grandi industriali e i settori dei ceti medi urbani, desiderosi
di affermarsi come soggetti politici, sostituirsi alle vecchie elite liberali e al contempo timorosi
dell’avanzata delle masse popolari dei partiti socialisti.
Il nazionalismo contribuì al processo d’integrazione del popolo nella patria.
La comunanza d’intenti fra nazionalisti e liberali conservatori conteneva però una contraddizione:
1. Avversione verso la pace a favore della guerra rigeneratrice
2. Avversione verso la massificazione a favore della selezione elitaria dei migliori
3. Avversione verso la democrazia e l’eguaglianza a favore di un’”aristocrazia”, ecc..
In tuta Europa il pacifismo socialista entra in crisi di fronte alla diffusione del nazionalismo.
L’insieme di questi fenomeni concorse a considerare la guerra come una occasione di sviluppo e
affermazione internazionale.
Nel 1907 al congresso di Stoccarda fece breccia tra i delegati l’idea di una possibile missione di
civilizzazione di un colonialismo socialista: la politica di potenza degli stati nazionali era dunque
profondamente penetrata nella cultura politica socialista. Non ci stupisce che la maggior parte dei
partiti socialisti preferisse sostenere, di fatto, gli interessi nazionali. Il segnale più forte lo espresse il
partito-guida tedesco Spd il 4 agosto 1914 votando a favore dei crediti di guerra.
La guerra segna la crisi definitiva dell’ideologia ottimistica che aveva dominato gli ultimi decenni
dell’800 affondando le sue radici in una crisi di valori e delle grandi sintesi ideologiche.
La grande guerra mise fine a un periodo di pace durante il quale si era sviluppata un’idea di
avvenire inteso come inarrestabile progresso economico, sociale e culturale. La guerra appariva
come una clamorosa confutazione di questa idea, fece crollare le certezze razionalistiche e mise fine
“all’età d’oro della sicurezza”. Questo fenomeno indusse gli intellettuali a una riflessione:
“l’uomo di cultura doveva restare fuori dalla mischia, oppure doveva partecipare attivamente alla
vita pubblica, mettendo il proprio ingegno al servizio della lotta contro il nemico.”
Rolland e Croce difesero la prima tesi, la neutralità dell’intellettuale: che l’uomo di cultura dovesse
restare “al di sopra della mischia”.
La seconda tesi, ovvero che l’uomo doveva partecipare attivamente alla vita pubblica, fu di gran
lunga prevalente in Germania.
La gran parte degli intellettuali tedeschi mise la propria voce a disposizione della patria, ad
eccezione di Einstein. Consideravano la guerra necessaria per rompere l’accerchiamento delle altre
nazioni europee. La guerra trova il suo più autentico significato nell’idea della missione tedesca
verso la civiltà mondiale; da idee come questa nacque nel 1914 “l’appello dei 93” al quale si
sottoscrivevano scienziati e studiosi tedeschi.