Generatori di tensione Laboratorio di Elettronica B Anno accademico 2007-2008 In molte applicazioni analogiche, specialmente per i processi di conversione D/A e A/D, è necessario disporre di tensioni di riferimento precise. Mostriamo alcuni metodi per ottenere tali generatori. Una possibilità consiste nell’utilizzare diodi zener. I diodi di questo tipo esistono nell’intervallo della tensione di zener da circa 2,5V a 30V. Il coefficiente di temperatura della tensione di zener è negativo per tensioni inferiori ai 6V mentre per tensioni superiori il coefficiente diviene positivo. Negli intervalli di tensione estremi tale coeffciente è dell’ordine della frazione di millivolt per grado centigrado. Esistono diodi alla tensione di 6V con coefficente di temperatura praticamente nullo. In Fig. 1.9 e 2.9 sono date le caratteristiche, per uno zener da 6V(1N821), della variazione della tensione di zener e del suo coeffciente di temperatura in funzione della corrente del diodo. Dalle curve si vede che per la corrente di 7,5mA la variazione della tensione di zener e del suo coefficiente di temperatura sono nulli al variare della temperatura stessa. Possiamo quindi realizzare un circuito, con un operazionale in configurazione non invertente, che ci fornisce una tensione stabile che a sua volta è utilizzata per stabilizzare la corrente di zener nel punto di lavoro ottimale. All’accensione di questo circuito potrebbe succedere che lo zener si mettesse a lavorare come un diodo diretto, con una tensione di –0.6V ai capi, generando quindi una tensione d’uscita di -0.9V. A ciò si ovvia inserendo un diodo tra l’uscita dell’amplificatore e le resistenze ad essa connesse come in Fig. 4.9. Sappiamo che una giunzione di diodo polarizzata direttamente ha un coefficiente di temperatura importante: circa –2,2mV/ºC per grado per correnti inferiori ai 100µA, -1,6mV/ºC per correnti da 1 a 10mA. Influisce questo coefficiente di temperatura sulla nostra tensione di riferimento? La risposta è no. Infatti il diodo è all’interno della maglia di controreazione pertanto può essere pensato come appartenente all’amplificatore per il quale valgono tutti i risultati ottenuti supponendo che la sua amplificazione a maglia aperta sia sufficientemente alta. 1 S. Centro Amplificatori 8-10-2007 Fig. 1.9 Fig. 2.9 2 S. Centro Laboratorio di Elettronica B 8-10-2007 Fig. 3.9 Fig. 4.9 Una variazione migliorativa del circuito precedente si vede in Fig. 5.9. Abbiamo utilizzato il generatore di corrente di corrente di Fig. 6.6 con n=m=1. In questo caso abbiamo nei vari nodi le tensioni scritte nella figura. Anche qui abbiamo aggiunto un diodo per forzare lo zener ad accendersi come tale. È immediato verificare che non c’è corrente su R2 pertanto la corrente che polarizza lo zener viene solo attraverso gli 800Ω. Conviene tenere R1 ed R2 piuttosto alte, dell’ordine delle decine di kilohm, per non sprecare 3 S. Centro Amplificatori 8-10-2007 potenza. La tensione di riferimento, par alla tensione di zener, si preleva all’uscita dell’amplificatore Vout1 a impedenza d’uscita nulla. Ricordando la (28.6) avremmo potuto porre n=0.5. In tal caso la tensione all’uscita dell’amplificatore 2 sarebbe stata di 9V perchè avremmo dovuto mettere una resistenza di riferimento da 400Ω. Una tensione più bassa in uscita all’amplificatore 2 è preferibile perchè più lontana dalle tensioni di alimentazione che sono normalmente di ±15V. Infatti 12V in uscita è una tensione limite per molti operazionali. Mentre Vout1 rappresenta sempre la tensione di zener, a bassa impedenza, anche l’altra tensione V out2 è disponbibile a bassa impedenza ed ha il valore Vout2=Vout1(1+R11/R1). Un altro metodo per realizzare una tensione di riferimento è il cosiddetto bandgap voltage generator. Il nome del circuito è alquanto improprio e la sua origine sarà spiegata in seguito. Consideriamo il circuito di Fig. 6.9. La tensione ai capi del diodo VD2 sarà leggermente maggiore di quella ai capi di VD1 in quanto attraversato da una corrente maggiore se n>1. Tenendo presente che la tensione ai morsetti d’ingresso dell’amplificatore è la stessa, VD2, possiamo scrivere VR − VD2 VD2 − VD1 = R R1 (1.9) dalla quale risulta € VR = R (VD2 − VD1 ) + VD2 R1 (2.9) Ricordiamo l’espressione della corrente I di un diodo € VD VD VT I = I 0 e −1 ≈ I 0 ∗ e VT (3.9) € 4 S. Centro Laboratorio di Elettronica B 8-10-2007 Fig. 5.9 dove VT = € kT ≈ 25mV → @300K q (4.9) essendo k=1,38*10-23 J/K (oppure 8,61*10-5 eV) e q=1,6*10-19 C, carica dell’elettrone. Applicando la (3.9) ai nostri diodi otteniamo (5.9) VD1 − VD2 = VT ∗ ln n € 5 S. Centro Amplificatori 8-10-2007 Fig. 6.9 pertanto la (2.9) diventa VR = € R (VT ∗ ln n) + VD2 R1 (6.9) Poichè vogliamo V R sia costante al cambiare della temperatura, sarà sufficiente porre uguale a zero la derivata prima della (6.9) rispetto alla temperatura. Ricordiamo che avevamo già visto che ∂VD2 = −1,6mV ∂T (7.9) quindi annullare la derivata della (6.9) significa scrivere € 0= R k ( ∗ ln n) −1,6 ⋅10 −3 R1 q (8.9) La condizione di stabilità in temperatura si ha quindi per € R ln n =18,55 R1 (9.9) In questa condizione la (6.9) diventa € VR =18,55 ∗ 25 ∗10 −3 + .7 ≈ 1,16V € 6 S. Centro Laboratorio di Elettronica B 8-10-2007 avendo posto VD2=0,7V. Abbiamo ottenuto la condizione di stabilità mettendo in competizione due quantità con coefficenti di temperatura opposti. Ciò che otteniamo al variare della temperatura è mostrato nel grafico di Fig. 7.9. VG0 è il valore della tensione di giunzione estrapolata allo zero assoluto. VG0 è chiamato tensione di bandgap. Generatori di tensione basati sullo stesso principio possono essere realizzati con strutture diverse. In Fig. 8.9 viene presentato un circuito che permette di ottenere tensioni di qualsiasi valore. La tensione d’uscita sarà (1+R2/R3)VR e potremo scrivere (VR − VB1 ) − (VR − VB2 ) VR − VB2 = R1 R € (10.9) e poi si procede come nel caso precedente ricordando che per la giunzione base-emettitore del transistor vale ancora la (3.9). Per ottenere poi la stabilità in temperature si pone nulla la derivata dell’espressione della tensione di riferimento rispetto alla temperatura stessa. Altre possibili strutture sono date nelle figure seguenti per le quali si lascia l’analisi al lettore. È importante ricordare sempre che il coefficiente di temperatura per la giunzione base-emettitore di un transistor o di un diodo polarizzato con correnti dell’ordine del milliampere è circa –1,6 mV/°C. Nelle analisi fatte fin qui non ci siamo preoccupati di verificare se l’amplificatore fosse correttamente connesso con controreazione negativa. È immediato verificare ciò appliando il principio di sovrapposizione sia allo schema di Fig. 7.9 che 8.9. Per l’ultimo caso mostriamo il circuito equivalente avendo posto per semplicità R 2=0. Nella Fig. 8bis.9 abbiamo sostituito alle giunzioni i generatori V 1 e V 2 e poi abbiamo disegnato i circuiti equivalenti applicando un generatore per volta. 7 S. Centro Amplificatori 8-10-2007 Fig. 7.9 Fig. 8.9 8 S. Centro Laboratorio di Elettronica B 8-10-2007 Fig. 8bis.9 Dal lato a) della figura abbiamo −VR = € V1 R R1 (11.9) tenendo conto che la corrente generata da V1 entra in VR ma non può che provenire dalla R. Dal lato b) otteniamo R VR − VR = V2 R + R1 (12.9) dalla quale € R VR = V2 1+ R1 (13.9) e sovrapponendo gli effetti si riottiene la nota formula € VR = R (V2 − V1 ) + V2 R1 (13.9) 9 € S. Centro Amplificatori 8-10-2007 Fig. 9.9 Fig. 10.9 Prima di fornire gli schemi di altri generatori bandgap consideriamo la Fig. 9.9. In essa l’operazionale agisce da specchio di corrente. Infatti possiamo scrivere che IL = I R1 R2 (11.9) € 10 S. Centro Laboratorio di Elettronica B 8-10-2007 Fig. 11.9 Dai circuiti che generano tensioni di bandgap si possono anche ricavare circuiti che misurano accuratamente la temperatura con scale diverse e con origini diverse. Analizziamo un caso che sarà facilemnte esteso a circuiti analoghi. Supponiamo di disporre di una unità del tipo di Fig. 11.9 e connettiamola come in Fig. 13.9 dove nel blocco “bandgap” è contenuto il circuito di Fig. 11.9. 11 S. Centro Amplificatori 8-10-2007 Fig. 12.9 Ci proponiamo di realizzare un circuito che misuri la temperatura con scala variabile e indicazione dei 25 oC ad un valore predefinibile. Risulta immediatamente che R R + Rc Ra Rc V0 = VT 1+ c b − VR Ra Rb Ra (12.9) e ricordando che € (13.9) VT = VR − Vbe scriviamo € R R R V0 = VR 1+ c − Vbe 1+ c + c Rb Ra Rb (14.9) Ricordando che a 25 oC Vbe vale 700mV il valore di scala sarà € R ∂V0 R =1,6 *10 −3 1+ c + c ∂T Ra Rb € (15.9) 12 S. Centro Laboratorio di Elettronica B 8-10-2007 mentre il valore a a 25 oC sarà R R R V25 = VR 1+ c − 700 *10 −3 1+ c + c Rb Ra Rb (16.9) € Fig. 13.9 Ad esempio se volessimo V25 uguale a 2,5V per T=25°C ed una scala di 100mV per grado basterebbe porre, ricordando che VR vale 1,16 V, Rc Rc 100 + = = 62,5 1+ Ra Rb 1,6 (17.9) e € R 2,5 =1,161+ c − 700 *10 −3 * 62,5 Rb (18.9) ovvero € Rc = 38,8 Rb (19.9) e € 13 S. Centro Amplificatori 8-10-2007 Rc = 22,7 Ra (20.9) € 14 S. Centro Laboratorio di Elettronica B 8-10-2007