Intervento musicale in occasione degli auguri di Natale
martedì 23 dicembre 2008 ore 12 – sala conferenze “Serio Galeotti” – via dei Caniana 2
Musica nella rete VII
“centri e periferie: Sonate e Noëls tra Bergamo e l’Europa”
Ensemble a geometria variabile dell’Università di Bergamo
Silvia Maffeis (violino) – Università degli studi di Milano
Giuseppe Cattaneo (oboe) – Centro per le tecnologie didattiche e la comunicazione
Francesco Giussani (fagotto) – Istituto superiore di studi musicali “G. Donizetti”
Giovanni Legrenzi
(1626-1690)
Sonata in re minore op. XI n. 1 [1673]
[Allegro] – Adagio – Presto – Adagio – Allegro – Adagio
Carlo Antonio Marino
(1670-1735?)
Sonata in sol maggiore op. VII n. 10 [1704]
Largo – Allegro – Largo – Allegro
Johan Helmich Roman
(1694-1758)
Sonata in sol minore
Adagio – Allegro – Andante – Presto assai
Carl Philipp Emanuel Bach Duetto in sol maggiore Wq 140
(1714-1788)
Andante – Allegro – Allegretto
Michel-Richard de Lalande Noëls en Trio, premier Livre
(1657-1726)
Symphonie – Où s’en vont ces gays bergers (Gay-Double)
Ritournelle (Lentement) – Une jeune pucelle (Un peut gay-Double)
Voycy le jour solemnel (Gay-Double)
Ah ma voysine! (Gay-Double)
Elle alloit au Temple (Gay-Double)
Or nous dites Marie (Lentement)
À minuit fût fait un réveil (Double)
Carillon (Un peut Gay)
in collaborazione con:
Venezia, Stoccolma, Berlino, Parigi: le pagine presentate alla settima puntata di “Musica nella rete” vedono la luce in
quattro capitali europee. È quindi chiaro il riferimento ai “centri”: che cosa ... c’entrano allora le “periferie”? A parte
il fatto che “centro” e “periferia” dipendono dal punto di osservazione adottato, in primo luogo, musicalmente, la
Stoccolma del Settecento era, per quanto “con privilegio reale” ancora periferia. Poi, Legrenzi e Marino sono autori
bergamaschi (lo stesso Vivaldi era di famiglia bresciana!). Ancora, l’utilizzo di movenze e di temi popolari all’interno
della musica “alta” (come nelle serie dei Noëls francesi, che comprendono tranquillamente melodie provenzali,
borgognone e svizzere) è testimonianza di una continua interazione fra i diversi ambiti. Non sono “le campagne che
conquistano la città”, ma i “centri” che riescono a catalizzare e stimolare la creatività delle proprie “periferie”.
Clusonese, Giovanni Legrenzi, «nel 1654 fu organista in S. Maria Maggiore a Bergamo, successore di Maurizio
Cazzati. Dal 1657 al 1665 fu maestro di cappella all’Accademia dello Spirito Santo a Ferrara. Chiese invano un posto
a Vienna, si trasferì a Venezia e, dal 1672 fu direttore del conservatorio dei Mendicanti. Nel 1681 divenne vicemaestro e nel 1685 maestro di cappella in S. Marco, dove aumentò notevolmente l’organico strumentale. Ebbe
moltissimi allievi fra cui A. Lotti, C. Pollarolo e A. Caldara». [AMB – Archivio Musicale Bergamasco:
http://www.unibg.it/musicisti]. La Sonata in re minore è il primo numero dei 18 dell’op.XI, La Cetra, pubblicata a
Venezia nel 1673 (erroneamente come op. X): brevi movimenti, con alternanza di sezioni rapide (con andamenti
imitativi) e lente (sia espressive che puramente cadenzali), tempi semplici e composti, arricchiti da un gusto (che si
direbbe “da operista”) per la caratterizzazione degli incisi melodici. Il materiale di esecuzione è stato preparato in
base al fac-simile dell’edizione originale, disponibile presso la Civica Biblioteca “A. Mai” di Bergamo.
Come appurato dalla tesi in musicologia di A. Firrincieli (comprendente l’edizione dell’opera omnia), Carlo Antonio
Marino nacque a Bergamo in Città alta (fu battezzato in S. Salvatore); l’opera VII “Suonate a tre due Violini,
Violoncello obligato con il Basso” fu pubblicata Venezia nel 1704, quando Marino era primo violino in S. Maria
Maggiore. La Sonata decima è costituita da due coppie di movimenti lento-veloce, pienamente aggiornate al gusto
del primo Settecento, con un decorso musicale più lineare e sviluppato rispetto agli esempi del secolo precedente. La
prima coppia è caratterizzata da un fitto gioco imitativo, mentre il secondo Allegro, introdotto da un Largo in mi
minore, mostra uno stile maggiormente sciolto e con ambizioni virtuosistiche.
Johan Helmich Roman è una delle figure principali nella storia della musica svedese: maestro della Cappella reale, a
lui si deve la nascita di regolari stagioni pubbliche di concerti a Stoccolma, nonché lo stimolo all’utilizzo di testi in
lingua svedese sia nella musica vocale sacra e profana. Oltre che compositore fu apprezzato oboista e violinista. La
Sonata in sol minore (tonalità abituale ai brani oboistici) dimostra quanto il Barocco maturo fosse divenuto uno stile
realmente internazionale: un compositore svedese padroneggia perfettamente lo “stile italiano”, con la cantabilità dei
tempi lenti (l’Andante è una tenera Siciliana) e la scioltezza di quelli rapidi, il primo con un “motto” molto simile al
Trio di Vivaldi per flauto, oboe e fagotto, il conclusivo con qualche “complicazione nordica” nella parte centrale.
L’epoca del basso continuo (o Generalbaß) vede anche fiorire musiche “senza basso”: se tra di esse spiccano le pagine
per strumento “melodico” solo, come le Suites / Partite di J.S. Bach, non meno numerosi sono i duetti (e i trii), spesso
concepiti per il personale diletto di più o meno nobili esecutori (si pensi alle composizioni di Quantz per Federico di
Prussia). Il Duetto di Carl Philipp Emanuel Bach (secondo figlio di Giovanni Sebastiano e compositore tra i più
significativi dell’epoca di transizione dal Barocco allo stile classico e pre-romantico) alterna le diverse “sensibilità” di
un melanconico Andante in mi minore a un morbido e giocoso Allegro e a un “nobile” Minuetto.
Nella tradizione italiana, le musiche natalizie per eccellenza sono le “pastorali”, presenti sia nei “Concerti per la notte
di Natale” dei principali autori barocchi, che in composizioni per organo e clavicembalo (anche di autori tedeschi e
francesi): pagine in tempo composto (al pari delle Siciliane), sezioni “en musette” col doppio “pedale” di note tenute,
sezioni rapide “coi flauti”, richiami alla tradizione popolare. Si tratta, peraltro, di un genere musicale e non di un
“repertorio” di melodie date, a differenza della tradizione francese dei Noëls, dove una delimitata serie di temi
popolari viene rielaborata per più secoli.
“Sovrintendente alla Musica del Re” (1689) e “Maestro della Camera del Re” (1695), Michel-Richard de Lalande
ebbe tra i suoi compiti quello di insegnante di musica delle figlie del Re Sole, di compositore di musiche “pour les
soupers du Roy” e per le celebrazioni del Natale: ci sono infatti restati quattro libri di Noëls en trio pour les flûtes,
violons et hautbois. La scrittura originaria presuppone un’esecuzione da parte di un complesso “orchestrale” con
strumenti a tastiera per la realizzazione degli accordi del basso numerato, date le indicazioni “tutti” (dove spesso le
due voci superiori procedono all’unisono) e “trio”, ma pure un’esecuzione in trio (con l’inserimento qua e là di una
linea secondaria) è perfettamente in grado di far risaltare la “naturalezza” delle melodie popolari e la “nobilitazione”
dall’elaborazione “d’autore”.
G.C.