Paolo Albrigi1 Il quadrimpulso o enermoto Introduzione Le leggi di conservazione giocano un ruolo fondamentale sia a livello di comprensione dei fenomeni fisici sia come potente strumento per la soluzione di problemi In fisica classica il vettore quantità di moto (o momento) di una particella è un vettore tangente alla traiettoria definito come ⃗p=m ⃗ v . Se si introduce un sistema di riferimento cartesiano allora esso è descritto da tre componenti ⃗p=( p x , p y , p z) . Come noto, considerato un sistema di particelle eventualmente interagenti, se la forza totale esterna è nulla la quantità di moto totale ottenuta sommando vettorialmente le quantità di moto delle singole particelle si conserva. Analogamente l’energia E di un sistema è una grandezza scalare ottenuta considerando un certo numero di contributi(cinetica, potenziale, termica, elettrica,etc) la cui legge di conservazione è espressa simbolicamente dall’espressione Δ E=Q+W ove Q e W sono le energie scambiate con l’ambiente sotto forma di calore e lavoro. In questo scritto si illustra l’equivalente relativistico dell’energia e della quantità di moto e la relativa legge di conservazione. Premessa La geometria della relatività è sostanzialmente diversa da quella dell’ordinario spazio euclideo: la coordinata temporale è infatti intrinsecamente legata alle tre dimensioni spaziali e non può essere considerata indipendentemente da esse. 1 Docente di matematica e fisica al Ferraris. 1 Se si considerano due punti dell’ordinario spazio euclideo, essi appaiono con coordinate diverse a 2 2 2 2 due osservatori, ma la loro distanza (al quadrato) Δ s =Δ x +Δ y +Δ z (calcolata con il teorema di Pitagora) risulta essere un invariante, cioè la stessa per tutti gli osservatori. Nello spazio tempo, come conseguenza dei postulati di Einstein e come sperimentalmente verificato in milioni di casi,dati due eventi (due punti dello spazio -tempo), la grandezza invariante è invece il cosiddetto intervallo o tempo proprio,il cui valore (al quadrato) è 2 2 2 2 2 2 2 Δ τ =Δ t −Δ s =Δ t −( Δ x +Δ y +Δ z ) Tale grandezza gioca il ruolo di “distanza” nello spazio tempo della relatività .La profonda e fondamentale differenza con lo spazio euclideo consiste proprio nella presenza del segno “meno” tra l’intervallo temporale e quello spaziale (si considera qui il caso in cui Δ t ≥Δ s ovvero gli intervalli di tipo tempo o di tipo luce). Si è scelto di misurare, qui e successivamente,tempo e spazio nelle stesse unità di misura (ad esempio metri di spazio e metri di tempo; un metro di tempo è il tempo impiegato dalla luce a 1 s ). Questa scelta, oltre ad evidenziare la 8 3×10 sostanziale unità di spazio e tempo ( che comunque non sono equivalenti!), permette di ottenere una presentazione formale più semplice ed elegante. La velocità diventa una grandezza adimensionale (m/m) e in particolare la velocità della luce risulta essere uguale a 1. percorrere un metro di spazio; 1metro di tempo= L’enermoto Nello spazio-tempo il concetto di traiettoria è sostituito da quello di linea di universo e i vettori divengono dei quadrivettori cioè vettori a quattro componenti, la prima temporale e le altre tre spaziali. Una particella di massa m che si muove compie, nello spazio-tempo, spostamenti quadridimensionali. Se si considera lo spostamento Δ ⃗τ =(Δ t , Δ x , Δ y ,Δ z ) è possibile definire la quadrivelocità dividendo lo spostamento per il tempo proprio Δ τ (l’unico su cui tutti gli osservatori concordano) e di conseguenza il quadrivettore energia-momento o enermoto della particella ( Δt Δ x Δ y Δ z ⃗τ π =m Δ ⃗ Δ τ =m Δ τ , Δ τ , Δ τ , Δ τ ) . Nel limite in cui Δ τ→ 0 le velocità medie divengono istantanee e si potrà scrivere π =m ⃗ ( d ⃗τ dt d x d y d z =m , , , dτ dτ dτ dτ dτ 2 ). Tale vettore è tangente alla linea di universo della particella. La componente temporale è l’energia (relativistica) della particella, le tre componenti spaziali sono le componenti (relativistiche) della quantità di moto: π =m(E , p x , p y , pz ) ⃗ Occorre ora analizzare un po’ più a fondo tali componenti (questa parte, un po’ tecnica si può saltare passando subito alle conclusioni) fig 1: la freccia dell'enermoto Se per un certo osservatore la particella si muove con velocità v 2 2 2 2 2 2 2 allora d s=v dt e di conseguenza d τ =dt −ds =dt −v dt =(1−v )dt 2 2 da cui: 2 dt dt 1 =( )= 2 2 e di conseguenza dτ dτ 1−v dove γ è il cosiddetto fattore relativistico. dt 1 = =γ d τ √1−v 2 Da ciò si deduce che l’energia della particella, ovvero la componente temporale dell’enermoto è: E=γ m per le componenti spaziale x π x =m dx dx dt =m =m v x γ dτ dt d τ e analogamente π y =m v y γ e π z =m v z γ cioè l’ordinaria quantità di moto per il fattore relativistico. Possiamo allora scrivere ⃗ π =( γ m , γ m v x , γ m v y , γ m v z ) Il modulo quadro dell’enermoto sarà 2 2 |⃗ π| =( γm) −( γ m v 2 x 2 2 2 2 2 ) −( γ m v y ) −( γm v z ) =γ m (1−v )=m 2 Quindi la massa di una particella è il modulo dell’enermoto. Inoltre poiché 2 2 E =( γm) e 2 2 p =( γm v ) segue che p =v E Se una particella è in quiete in un certo sistema di riferimento v=0 e γ=1 per cui E=E 0 =m e p=0 . Chiameremo E0 energia a riposo della particella: tale energia coincide con la massa. La differenza tra E ed E0 è l’energia dovuta al moto e quindi è l’energia cinetica: k=E− E 0= γm−m=(γ−1) m 3 Conclusioni Il quadrivettore energia-momento o enermoto di una particella è un vettore a quattro componenti π =m(E , p x , p y , pz ) dove la prima componente (quella temporale) E=γ m rappresenta l’energia e ⃗ le altre tre componenti (quelle spaziali ) pk =m v k γ, k=1,2,3 rappresentano la quantità di moto . La massa della particella (invariante) è il modulo dell’enermoto che coincide con l’energia a riposo della particella (quella misurata da in osservatore in cui la particella è in quiete); la differenza tra energia ed energia a riposo è la frazione di energia cinetica. Il rapporto p =v fornisce la velocità della particella . E Unità di misura Se si volessero utilizzare le unità di misura convenzionali poiché 2 v= 2 v conv c si otterrà: Econv = E c = γm c 2 2 E0 conv =E 0 c =mc pconv = p c=γm v c=γ m vconv La seconda formula in particolare è probabilmente la più conosciuta di tutta la fisica, ma forse anche la più fraintesa: la massa non è l’energia ma il modulo dell’enermoto. Le due grandezze coincidono solo se la particella è a riposo: in generale E>m Analisi dell’enermoto Nella parte successiva della trattazione per ragioni di semplicità si analizzeranno situazioni in cui il moto avviene solo lungo l’asse delle ascisse: lo spazio-tempo sarà quindi uno spazio a due dimensioni, con la dimensione temporale sull’asse delle ordinate. La figura 2 mostra il vettore enermoto disposto lungo la tangente alla linea di universo Supponiamo di avere una particella ferma in un certo riferimento: la sua linea di universo sarà una retta parallela all’asse delle ordinate e tale sarà la direzione del suo enermoto, Se una forza agisce sulla particella accelerandola la freccia dell’enermoto si inclinerà. La particella acquisisce quantità di moto. fig 2: l'enermoto è trasportato lungo la linea di universo Nell’ordinaria geometria euclidea (essendo la massa invariante il modulo dell’enermoto) ciò determinerebbe una diminuzione dell’energia. 2 2 2 Viceversa, nella teoria della relatività, poiché E =m + p l’aumento di p implica necessariamente anche un aumento di E 4 Nella figura 3 sono mostrati i vettori enermoto della stessa particella di massa m=20 (in unità arbitrarie) vista da sistemi di riferimento differenti in cui essa si muove con velocità diverse. Notiamo che la massa (la “lunghezza” dell’enermoto) è sempre la stessa, benché graficamente ciò non appaia, in ragione del fatto che stiamo rappresentando nello spazio l’enermoto in uno spazio euclideo. fig 3: l'enermoto di una particella di massa 20che si muove lungo l'asse x vista da osservatori differenti Meccanica Newtoniana e relatività speciale La figura successiva mostra l’andamento dell’energia cinetica di una particella in funzione della sua velocità fig 4: confronto fra le energie cinetiche classiche e relativistiche in funzione della velocità 5 Appare evidente che per basse velocità (dal punto di vista della relatività!) le previsioni delle due teorie coincidono, mentre esse divergono sostanzialmente per velocità crescenti. Gli esperimenti dimostrano che ad alte velocità la curva relativistica descrive assai più fedelmente i risultati e che quindi la descrizione newtoniana del moto va considerata una approssimazione, valida a basse velocità, della relatività. La conservazione dell’enermoto Si ègià fatto cenno nell’introduzione alle leggi classiche di conservazione dell’energia e della quantità di moto. In relatività esse vengono unificate nella legge di conservazione dell’enermoto: se un sistema è isolato l’enermoto totale (ovvero la somma vettoriale dei singoli enermoti), è costante: l’enermoto totale nello stato iniziale è uguale all’enermoto totale e nello stato finale Si noti che tale legge esprime una legge di conservazione per il quadrivettore enermoto e pertanto equivale a quattro leggi di conservazione, una per ciascuna componente. Esempi di applicazione Nella figura seguente viene analizzato un urto unidimensionale tra due particelle che si muovono in versi opposti lungo l’asse x. Una particella di massa 8 (in unità arbitrarie),che si muove verso destra con velocità 15 5 , urta una particella di massa 12 che si muove verso sinistra con velocità − 17 13 A destra è mostrato un possibile esito dell’urto. L’enermoto totale è lo stesso prima e dopo l’urto fig 5: l'enermoto di due particelle prima e dopo l'urto; l’enermoto totale si conserva 6 Possiamo analizzare altri casi : supponiamo il caso di due biglie di plastilina con la stessa massa e velocità opposte che si urtano frontalmente e rimangono appiccicate. Prima dell’urto le palline hanno la stessa energia e quantità di moto opposta. Ad esempio π a =(1, 0.6) , π b=(1,−0.6) (l’energia la quantità di moto e la massa si misurano tutte nella stessa unità, ad esempio in kg). Dopo l’urto l’energia sarà doppia e la quantità di moto nulla π f =(2,0) Dopo Prima 2 2 2 2 2 Per entrambe le particelle m =E − p =1 −0.6 =1−0.36=0.64 da cui si ricava m=0,8 . Dopo l’urto E=2 e p=0 da cui m=2 L’energia si conserva, la quantità di moto si conserva, la massa non si conserva! La cosa bizzarra è che ciò è vero anche se le particelle, considerate come sistema non si urtano affatto. Questa massa aggiuntiva va considerata come una proprietà del sistema in quanto tale: è una proprietà del sistema, non delle singole particelle. Non ha senso chiedersi dove essa sia. Si può pensare per analogia al caso di un gas di molecole che posseggono energia termica: tale proprietà è posseduta da tutte le molecole, non da ciascuna di esse separatamente. Come ultimo esempio viene analizzato l’ effetto Compton (nel caso unidimensionale). Un fotone urta un elettrone fermo. Poiché la linea di universo del fotone è inclinata a 45° ( v=1 ), E= p e di conseguenza m=0. Quindi il fotone trasporta energia e quantità di moto, pur essendo la sua massa nulla. L’elettrone è in quiete nel sistema di riferimento quindi la componente spaziale dell’enermoto è nulla. Prima dell’urto π i =πi fotone +π i elettrone=( E a , pa )+(E b ,0) dopo l’urto π f =π f fotone+π f elettrone =(E c , p c )+( E d , p d) 7 fig 6: urto unidimensionale tra un fotone e un elettrone in quiete; nell’esempio qui rappresentato il fotone incidente ha energia doppia dell'energia a riposo dell'elettrone Dalla conservazione dell’enermoto Ea +E b= E c +E b e pa= pc + E d Per il fotone Ea= pa e pc =E c e per l’elettrone Eb =m e pd =E d v=γ m v , da cui Ea +m=E c +γ m e Ea= E c +γ m v Queste due relazioni permettono di ricavare (noti Ea e m ) l’energia Ec del fotone riflesso e la velocità v dell’elettrone dopo l’urto. Tale effetto si può (con qualche complicazione di calcolo) generalizzare facilmente al caso di urto bidimensionale Bibliografia E. Taylor e J. Wheeler, Fisica dello spazio-tempo M. Pohlig e H. Strauch, A New Way of Teaching the Special Theory of Relativity Sander Bais, Relatività – Guida illustrata molto speciale 8