© Copyright 2014 Editoriale Delfino S.r.l. Via Mario Morgantini, 29 - 20148 Milano Tel 02 9578 4238 - Fax 02 7396 0387 www.editorialedelfino.it Prima edizione 2014 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (microfilm, copie fotostatiche compresi), sono riservati per tutti i paesi. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta con sistemi elettronici, meccanici, o altro senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. Responsabile editoriale: Mario Montalbetti Stampa: Colorshade - Peschiera Borromeo (MI) Finito di stampare nel mese di settembre 2014 Per Palazzoli S.p.A. Via F. Palazzoli,31 - 25128 Brescia - Italy Tel. +39 030 2015.1 - Fax +39 030 2015.217 www.palazzoli.it - [email protected] L’Installatore Qualificato GUIDA ALL’IMPIANTO ELETTRICO Nata nel 1904, Palazzoli fonda il proprio successo sulla qualità dei prodotti, qualità garantita da rigorosi controlli sull'intera filiera produttiva e commerciale.I valori e il "savoir faire" presenti in ogni reparto della Palazzoli, si traducono in prodotti che sono assunti spesso come riferimento dallo "stato dell'arte", sono regolarmente certificati da Laboratori Notificati e si distinguono per durata e perfezione delle funzioni. Palazzoli è "green" e ha già superato gli obiettivi del Protocollo di Kyoto fissati per il 2020. Rispetta la sicurezza e la salute dei suoi clienti, tutela l'ambiente e utilizza in maniera consapevole le risorse naturali. 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Per questo motivo si è voluto condensare in un volume tutte le informazioni che i suddetti tecnici devono avere a portata di mano durante lo svolgimento del loro lavoro. 3 INDICE GENERALE PRINCIPI FONDAMENTALI DI ELETTROTECNICA Correnti continue ed alternate ........................................................ 9 Rapporto di fase .......................................................................... 10 Tensioni monofasi e trifasi ........................................................ 10 Resistenza, reattanza, impedenza ................................................ 11 Resistenza .................................................................................. 11 Conduttanza ................................................................................ 12 Reattanza induttiva e capacitiva .............................................. 12 Impedenza ed ammettenza ........................................................ 14 Legge di Ohm .................................................................................. 14 Sovracorrenti .............................................................................. 16 Potenza e energia .......................................................................... 16 Circuiti a corrente continua ...................................................... 16 Circuiti a corrente alternata ...................................................... 16 Potenza complessiva di un circuito ............................................ 18 Effetto Joule ................................................................................ 18 Energia specifica (integrale di Joule) ........................................ 18 Utilizzatori in serie.......................................................................... 19 Utilizzatori in parallelo .................................................................. 20 MISURE ELETTRICHE Classificazione degli strumenti ...................................................... 21 Identificazione degli strumenti ...................................................... 22 Segni grafici e schemi d’inserzione ................................................ 23 Classe di precisione ........................................................................ 24 Trasformatori di misura ................................................................ 24 Errore di rapporto e di angolo .................................................... 25 Prestazione .................................................................................. 25 Caratteristiche normalizzate dei trasformatori di misura ...... 27 Misura dell’energia ........................................................................ 27 Misura delle tensioni e delle correnti ............................................ 28 Misura della potenza ...................................................................... 29 Misura della potenza attiva ........................................................ 29 4 Misura della potenza reattiva e del cos ϕ .................................. 30 Misura della potenza mediante TA e TV.................................... 31 QUADRI ELETTRICI DI DISTRIBUZIONE Normativa ........................................................................................ 32 Sistema di quadri ............................................................................ 33 Principali tipi di quadri .............................................................. 33 Quadri in kit di montaggio ........................................................ 36 Accessibilità dei componenti ...................................................... 37 Costruttore del quadro .................................................................... 37 Verifiche di progetto ........................................................................ 39 Caratteristiche elettriche nominali ................................................ 39 Gradi di protezione del quadro ...................................................... 43 Verifica della sovratemperatura all'interno del quadro ................ 45 Verifica mediante prove .............................................................. 46 Verifica per derivazione da un quadro cablato provato ............ 46 Verifica delle sovratemperature per mezzo di calcoli ................ 46 Verifica di tenuta al corto circuito ................................................ 48 Corrente di cortocircuito e idoneità del quadro all’impianto ...... 50 Verifica delle caratteristiche dielettriche ...................................... 51 Prova di tenuta dielettrica a frequenza industriale .................. 51 Prova di tenuta dielettrica all’impulso di tensione .................... 51 Protezione contro i contatti diretti ................................................ 52 Protezione dei quadri contro i contatti indiretti ............................ 53 Protezione basata sul circuito di protezione .............................. 53 Isolamento in classe II ................................................................ 56 Targa del quadro ............................................................................ 57 Documentazione tecnica di supporto .............................................. 57 Verifiche individuali ........................................................................ 58 Criteri pratici per la realizzazione del quadro .............................. 59 Quadri per uso domestico e similare .............................................. 60 Definizioni .................................................................................... 60 Targa di identificazione .............................................................. 62 Impiego di involucri conformi alla norma .................................. 62 Quadri monofasi con corrente nominale Inq ≤ 32 A.................... 63 Quadri con corrente nominale Inq ≤ 125 A.................................. 63 Esempio 1 .................................................................................... 63 Esempio 2 .................................................................................... 65 Documentazione da allegare al quadro ...................................... 67 Quadri di distribuzione destinati ad essere utilizzati da persone comuni (DBO) ................................................................68 Quadri ASC per cantieri ................................................................ 68 5 IMPIANTI ELETTRICI: PRESCRIZIONI GENERALI Classificazioni e definizioni .................................................... 72 Natura e numero dei conduttori .................................................... 73 Sistemi di conduttori attivi ........................................................ 73 Classificazione dei sistemi elettrici in relazione al loro modo di collegamento a terra .............................................................. 74 Classificazione dei sistemi elettrici in relazione alla tensione .... 76 Gradi di protezione degli involucri ................................................ 79 Protezione meccanica contro gli urti (codice IK) .......................... 82 Classificazione dei componenti elettrici ........................................ 83 Principali definizioni relative agli impianti .................................. 84 Sezionamento e comando .......................................................... 87 Sezionamento .................................................................................. 87 Interruzione per manutenzione non elettrica .............................. 90 Interruzione ed arresto d’emergenza.............................................. 90 Comando funzionale ...................................................................... 91 Suddivisione dell’impianto ............................................................ 91 Protezione contro i contatti diretti ........................................ 92 Isolamento ...................................................................................... 92 Involucri e barriere ........................................................................ 92 Ostacoli e distanziamento .............................................................. 93 Protezione addizionale mediante differenziali .............................. 93 Protezione per limitazione della corrente .................................... 94 Protezione per limitazione della carica elettrica .......................... 94 Protezione contro i contatti indiretti .................................... 95 Interruzione automatica dell’alimentazione ................................ 95 Collegamento equipotenziale locale connesso a terra .............. 96 Sistema TT ................................................................................. 96 Sistema TN .................................................................................. 98 Sistemi IT .................................................................................. 104 Protezione senza interruzione automatica .................................. 107 Impiego di componenti di Classe II o con isolamento equivalente ...................................................................................... 107 Protezione per separazione elettrica ........................................ 109 Protezione per mezzo di luoghi non conduttori ...................... 111 Protezione per equipotenzializzazione del locale non connesso a terra .............................................................................. 113 Protezione differenziale .......................................................... 114 Protezione contro gli effetti termici .................................... 116 Protezione contro gli incendi ........................................................ 116 Protezione contro le ustioni .......................................................... 118 6 Protezione dai contatti diretti e indiretti .......................... 119 Sistemi SELV e PELV .................................................................. 119 IMPIANTI DI ILLUMINAZIONE PER INTERNI La luce ............................................................................................ 120 Il colore .......................................................................................... 121 Grandezze fotometriche ................................................................ 123 Sorgenti luminose.......................................................................... 125 Parametri per la scelta della lampada .................................... 130 Apparecchi di illuminazione ........................................................ 132 Curve fotometriche degli apparecchi di illuminazione ............ 133 Classificazione degli apparecchi in base alla distribuzione del flusso luminoso .................................................................... 134 Sistemi di illuminazione .......................................................... 135 Classificazione degli apparecchi di illuminazione (secondo il loro modo di protezione contro i contatti indiretti) .............. 136 Gradi di protezione degli apparecchi di illuminazione .......... 136 Scelta ed installazione degli apparecchi di illuminazione ...... 136 Requisiti per una buona illuminazione ...................................... 138 Livello d’illuminamento ............................................................ 138 Uniformità di illuminamento .................................................. 142 Equilibrio delle luminanze ........................................................ 143 Limitazione dell’abbagliamento ................................................ 143 Illuminazione direzionale .......................................................... 144 Indice di resa cromatica e tonalità della luce .......................... 146 Fattore di manutenzione .......................................................... 146 Metodo di calcolo per illuminazione d’interni ............................ 146 Calcolo del flusso totale ............................................................ 148 Uniformità di illuminamento .................................................. 148 Esempio ......................................................................................149 Valori indicativi del numero di lampade fluorescenti per illuminazione degli ambienti civili .......................................... 152 IMPIANTI IN AMBIENTI A MAGGIOR RISCHIO IN CASO D’INCENDIO Ambienti a maggior rischio in caso d’incendio ............................ 153 L’impianto elettrico, causa e veicolo d’incendio .......................... 156 I cavi e l’incendio........................................................................ 160 Classificazione dei cavi ............................................................ 162 Prescrizioni generali per gli impianti elettrici negli ambienti a maggior rischio in caso d’incendio ........................ 164 7 Prescrizioni riguardanti i componenti .................................... 164 Barriere tagliafiamma .............................................................. 167 Criteri per la scelta del tipo di conduttura .............................. 168 Prescrizioni per l’installazione delle condutture...................... 169 Protezione delle condutture ...................................................... 169 LE VERIFICHE DEGLI IMPIANTI ELETTRICI Verifiche iniziali ........................................................................174 Esame a vista ................................................................................ 175 Prove .............................................................................................. 176 Prove della continuità dei conduttori di protezione e dei conduttori equipotenziali principali e supplementari ............ 176 Misura della resistenza di isolamento dell’impianto elettrico ...................................................................................... 177 Verifica della protezione per separazione elettrica ................ 178 Misura della resistenza dei pavimenti e delle pareti .............. 179 Verifica della protezione mediante interruzione automatica 179 Misura della resistenza di terra................................................ 180 Misura della resistività del terreno ........................................ 183 Misura dell’impedenza dell’anello di guasto .......................... 184 Verifica dell’intervento dei dispositivi differenziali ................ 186 Prova di polarità ...................................................................... 189 Verifica della sequenza delle fasi ............................................ 189 Prove di funzionamento ............................................................ 190 Verifica della caduta di tensione .............................................. 190 Verifica di sfilabilità dei cavi .................................................... 190 Individuazione delle masse estranee ...................................... 190 Rapporto a seguito della verifica iniziale......................................191 Verifiche periodiche ................................................................ 192 Frequenza della verifica periodica .............................................. 192 Rapporto delle verifiche periodiche ............................................ 193 8 PRINCIPI FONDAMENTALI DI ELETTROTECNICA Correnti continue ed alternate Il comportamento dei circuiti elettrici è determinato dal tipo di tensione di alimentazione e di conseguenza dal tipo di corrente che li percorre, ossia se continua o alternata, in quanto il flusso di elettroni, per la corrente continua, ha sempre lo stesso verso, mentre per quella alternata sinusoidale varia periodicamente di verso ed istante per istante di intensità. Nei circuiti a corrente continua tensione e corrente sono definite da un valore numerico, in quelli a corrente alternata tensione e corrente sono grandezze vettoriali caratterizzate da (fig. 1): – valore istantaneo: è il valore che la grandezza assume in un dato istante; si indica con una lettera minuscola e assume il valore: a = AM sen ω t = AM sen α – valore massimo o di picco o di cresta AM : è il massimo valore istantaneo (positivo o negativo) che la grandezza può assumere; – valore efficace A: è il valore corrispondente a quello di una corrente continua che produce gli stessi effetti termici; in relazione al valore massimo risulta: A = AM / √2 = 0,707 AM – periodo T: è l’intervallo di tempo (in secondi) che decorre fra l’istante in cui la grandezza assume un dato valore e l’istante successivo in cui lo riassume dopo aver assunto tutti i valori positivi e negativi che può assumere; – frequenza f: è il numero di periodi che si verificano in un secondo; si misura in hertz (Hz) e risulta pari a: f = 1/T – pulsazione ω : indica la velocità angolare (in radianti al secondo) Fig. 1 9 del vettore che con la sua rotazione genera la sinusoide; è legata al periodo dalla relazione: α = ω t = 2 π /T = 2 π · f Rapporto di fase Quando si studia un circuito elettrico in corrente alternata è necessario considerare contemporaneamente due o più grandezze sinusoidali (ad esempio tensione e corrente); si deve pertanto definire il loro rapporto di fase o sfasamento che corrisponde al tempo t che intercorre tra il momento in cui una grandezza assume il suo valore massimo e quello in cui vi giunge l’altra (fig. 2). Fig. 2 Poiché le grandezze alternate sinusoidali sono grandezze vettoriali rappresentabili quindi con vettori (o anche mediante notazione simbolica) lo sfasamento è espresso dall’angolo ϕ (in gradi) formato dai due vettori ed equivale al prodotto della pulsazione per il tempo t impiegato dal vettore per percorrere tale angolo. Tensioni monofasi e trifasi La produzione e la distribuzione dell’energia elettrica in corrente alternata avviene mediante sistemi trifasi; solo per l’utilizzo in bassa tensione vengono anche impiegati i sistemi monofasi. I sistemi trifasi sono caratterizzati da due terne di tensioni E1, E2, E3 e U12, U23, U31 sfasate tra loro di 30°, ciascuna delle quali è costituita da tre tensioni sfasate fra loro di 120° (fig. 3). La prima terna è costituita dalle tensioni di fase ossia le tensioni esistenti tra ciascun conduttore e il centro stella (neutro), la seconda terna è costituita dalle tensioni concatenate, ossia le tensioni esistenti fra due qualsiasi conduttori, e corrispondenti alla differenza vettoriale tra le rispettive tensioni di fase (indicate in neretto in quanto vettori): U12 = E1 – E2 U23 = E2 – E3 Fig. 3 U31 = E3 – E1 10 Fig. 4 Nei sistemi trifasi il conduttore di neutro può essere distribuito (sistema a 4 conduttori) o non distribuito (sistema a 3 conduttori) ed inoltre i carichi possono essere connessi a stella o a triangolo (fig. 4). Le relazioni che legano correnti e tensioni sono indicate per i vari casi nella seguente tabella. Stella 3 conduttori (sistema equilibrati) [ E1 + E2 + E3 = 0 ] 4 conduttori (3 fasi + neutro) E= U E1 + E2 + E3 = 0 √3 If1 + If2 + If3 = IN If1 + If2 + If3 = 0 Z Triangolo If = E = U If = (I l = I f) √3 Z E Z = U √3 Z (I l = I f) U12 + U23 + U31 = 0 If1 + If2 + If3 = 0 If = U (I l = √ 3 I f ) Z N.B. Se il carico è squilibrato (impedenze Z diverse fra loro) le correnti nelle tre fasi risultano a loro volta diverse e di conseguenza, nei circuiti a tre conduttori le relazioni indicate tra parentesi [...] non risultano più valide. Nei circuiti con neutro (a 4 conduttori) lo squilibrio determina una corrente IN che percorre il conduttore di neutro N. Resistenza, reattanza, impedenza Resistenza Ogni materiale oppone una certa resistenza R al passaggio della corrente sia alternata sia continua: R=ρ l S (ohm) 11 dove: ρ – è la resistività del materiale (in Ω · mm2/m oppure Ω · m) ossia la resistenza di un conduttore di lunghezza e sezione unitaria; l – lunghezza del corpo (in m); S – sezione del corpo (in mm2 o in m2). Dalla relazione sopra scritta si possono dedurre le seguenti: R .S ρ .l l= (m) S= (in mm2 o in m2) ρ R La resistività ρ varia in relazione alla temperatura; ne deriva che il valore di ρ ad una data temperatura θ dev’essere determinato in base al coefficiente di temperatura α (in genere riferito a 20 °C, si veda la tabella 1 a pagina seguente) mediante la relazione: ρθ = ρ20 [1 + α20 (θ – 20)] La resistenza, sempre alla temperatura θ assume come conseguenza il valore: Rθ = R20 [1 + α20 (θ – 20)] essendo R20 il valore di resistenza alla temperatura di 20 °C. Conduttanza La conduttanza G è l’inverso della resistenza ed esprime la facilità con cui un materiale si lascia attraversare dalla corrente: G= 1 R = 1 . S ρ l =γ S l essendo γ = 1/ρ la conduttività (inverso della resistività). Reattanza induttiva e capacitiva I circuiti e gli utilizzatori percorsi da corrente alternata sono caratterizzati, oltre che dalla resistenza, anche da una reattanza. Per reattanza induttiva si intende l’opposizione che il circuito presenta alla variazione della corrente a causa dei campi magnetici che si generano nei conduttori e in particolare negli avvolgimenti i quali quindi presentano una induttanza L (in henry). Il valore della reattanza induttiva X L dipende dalle caratteristiche del circuito (che determinano il valore d’induttanza) e dalla frequenza della corrente: XL = 2 π · f · L = ω · L (ohm) La reattanza induttiva determina inoltre uno sfasamento di 90° in ritardo della corrente rispetto alla tensione. Anche la reattanza capacitiva offre una certa opposizione al passaggio della corrente, tuttavia questo effetto, dovuto ai campi elettrostatici che si formano tra due conduttori paralleli o tra un conduttore e la terra (i condensatori si basano su questo effetto), determina uno sfasamento della corrente in anticipo di 90° rispetto alla tensione. 12 Tabella 1 – Resistività e coefficiente di temperatura di alcuni materiali conduttori Resistività a 20 °C (Ω . mm2)/ m Coefficiente di temperatura a 20 °C x 10 –3 ricotto 0,0172 3,93 crudo 0,0178 3,91 ricotto 0,0276 ÷ 0,0282 4 crudo 0,0282 ÷ 0,0287 4 0,0164 3,8 0,031 ÷ 0,033 3,6 Materiale Rame elettrolitico Alluminio Argento Aldrey Bronzo 0,05 ÷ 0,1 3,9 Ottone 0,06 ÷ 0,08 1÷2 0,06 3,7 0,0978 6 Zinco Ferro puro Platino 0,1 3,6 Stagno 0,11 ÷ 0,12 4,2 ÷ 4,4 Argentana 0,35 ÷ 0,41 0,07 Manganina 0,42 ÷ 0,45 0,01 Costantana 0,49 ÷ 0,51 0 Nichelcromo 1,09 0,0001 Il valore della reattanza capacitiva dipende anch’esso dalle caratteristiche del circuito (che determinano il valore della capacità C espressa in farad) e dalla frequenza della corrente: XL = 1 2π· f · C = 1 ω· C (ohm) Poiché la reattanza induttiva risulta esattamente in opposizione di fase alla reattanza capacitiva, in genere si considera l’effetto risultante: X = X L – XC che può essere induttivo o capacitivo a seconda che prevalga uno o l’altro termine. L’inverso della reattanza viene definito suscettanza: 1 1 BC = (siemens) BL = XC XL 13 Impedenza ed ammettenza Nei circuiti in corrente alternata gli effetti resistivo e reattivo sono presenti contemporaneamente, non essendo però individuabili fisicamente, nello studio dei circuiti si ricorre all’artificio di immaginarli come se fossero effettivamente elementi individuabili, considerandoli in serie o in parallelo tra loro, a seconda dei casi, ed esprimendo l’effetto complessivo con due parametri denominati impedenza (Z) e ammettenza (Y): Elementi in serie Elementi in parallelo Z = √ R2 + X 2 Y = √ G2 + B 2 Poiché l’impedenza di un circuito deve essere in ogni caso la stessa vale la relazione: Z = 1/Y Dato un circuito serie per il quale sono noti i valori di resistenza R, e reattanza X si possono calcolare i valori della conduttanza G e della suscettanza B del circuito equivalente (considerando quindi gli elementi in parallelo) e viceversa con le relazioni (fig 5): R= G X= Y2 B G= Y2 R B= Z2 X Z2 Fig. 5 Legge di Ohm La legge di Ohm stabilisce la proporzionalità diretta tra la tensione applicata a un circuito e l’intensità della corrente che in esso circola. a) In corrente continua è espressa con le relazioni: I= 14 U R (A) U = R . I (V) R= U I (Ω) b) In corrente alternata è espressa con le relazioni: I= U Z U = Z . I (V) (A) Z= U I (Ω) Tenendo conto che l’impedenza Z è costituita da una componente resistiva e da una reattiva, sfasata di 90° in anticipo (se di tipo capacitivo) o di 90° in ritardo (se di tipo induttivo), si può ritenere che, considerando gli elementi in serie, la tensione di alimentazione U si ripartisca ai capi dei due elementi dando luogo alle cadute di tensione UR e UX (fig. 6): U = Z · I = (R + j X) · I = R · I + jX · I = UR + jUX = UR + UX Fig. 6 La tensione risulta sfasata rispetto alla corrente dell’angolo ϕ desumibile con la relazione: tg ϕ = UX UR = X R Dal diagramma vettoriale si rileva inoltre che: UR = R · I = U· cos ϕ = Z · I· cos ϕ UX = X · I = U · sen ϕ = Z · I· sen ϕ Di conseguenza si possono definire le componenti resistiva e reattiva mediante l’angolo di sfasamento: R = Z cos ϕ X = Z sen ϕ Analogamente se si considerano gli elementi in parallelo si ha: I = U · Y = U · (G – jB) = G · U – jB · U = IR + IX La figura 7 indica i diagrammi vettoriali delle correnti e di ammettenza, suscettanza e conduttanza nel caso di circuito induttivo. La corrente I risulta sfasata rispetto alla tensione di un angolo ϕ desumibile dalla relazione: 15 Fig. 7 tg ϕ = IX IR = B R Risulta inoltre che: IR = G · U = I cos ϕ IX = B · U = I sen ϕ Per cui data l’ammettenza Y = 1/Z si possono definire le componenti G e B, noto l’angolo ϕ: G = Y cos ϕ B = Y sen ϕ Sovracorrenti Dalla legge di Ohm si rileva che se in un utilizzatore alimentato l’impedenza diviene via via più piccola, la corrente assorbita assume valori sempre più elevati sino a che, per Z ≈ 0, la corrente raggiunge il valore massimo Icc . Si definisce sovracorrente il valore di corrente superiore al massimo ammesso per un dato circuito. Le sovracorrenti possono essere: – correnti di sovraccarico: si verificano in un circuito elettricamente sano quando questo alimenta troppi utilizzatori, oppure quando si sovraccarica un motore; – correnti di cortocircuito: si verificano a seguito di un guasto di impedenza trascurabile fra due fasi del circuito. Potenza e energia Circuiti a corrente continua La potenza P e l’energia E nei circuiti a corrente continua sono espresse dalle relazioni: P = U· I E = P · t = U· I· t dove: U è la tensione, I la corrente e t il tempo durante il quale circola la corrente. Circuiti a corrente alternata Nei circuiti a corrente alternata, corrente e tensione non sono generalmente in fase e ciò dà luogo a tre modi di esprimere la potenza. a) Potenza attiva o reale: è la potenza dissipata negli elementi resistivi del circuito, per produrre calore, oppure assorbita dagli utiliz16 zatori attivi (ad esempio motori) e trasformata in un’altra forma di energia (ad esempio meccanica). Corrisponde al prodotto: P = U · I · cos ϕ (W) nei circuiti monofasi nei circuiti trifasi P = √ 3 U · I · cos ϕ (W) essendo ϕ lo sfasamento tra tensione e corrente nei circuiti monofasi e in quelli trifasi equilibrati, mentre per quelli squilibrati, ϕ rappresenta lo sfasamento medio ossia l’angolo di cui sarebbe necessario ruotare la terna di correnti per rendere massima la potenza reale del sistema. b) Potenza reattiva: è la potenza alternativamente assorbita e resa dai campi magnetici (circuiti induttivi) ed elettrostatici (circuiti capacitivi); questa potenza, che non è dissipata, risulta dal prodotto della tensione per la componente in quadratura della corrente. Q = U · I · sen ϕ (var) nei circuiti monofasi Q = √ 3 U · I · sen ϕ (var) nei circuiti trifasi essendo ancora ϕ lo sfasamento tra tensione e corrente. c) Potenza apparente: è la potenza in base alla quale deve essere dimensionato il circuito. Se si considera il diagramma vettoriale delle potenze (fig. 8) si può rilevare che la somma vettoriale della potenza attiva P e di quella reattiva Q (sfasata di 90°) rappresenta la potenza apparente S: S = U· I = √P 2 + Q 2 S = √3· U· I = √P 2 + Q2 (VA) nei circuiti monofasi (VA) nei circuiti trifasi Fig. 8 Il valore della potenza apparente indica la massima potenza attiva che il circuito potrebbe assorbire se la componente reattiva fosse nulla ossia se cos ϕ = 1 (sen ϕ = 0). I valori dell’energia (in joule) si ottengono moltiplicando le potenze attiva o reattiva per il tempo t (in secondi). EP = P· t EQ = Q· t Volendo esprimere la potenza attiva in wattora o in kilowattora che sono le unità di misura comunemente utilizzate si deve dividere la potenza EP per 3600 (secondi in un’ora) ottenendo i wattora e quindi ancora per 1000 per ottenere i kilowattora. 17 Potenza complessiva di un circuito Nei circuiti gli utilizzatori possono essere connessi in serie o in parallelo. La potenza attiva o reattiva complessivamente assorbita corrisponde in ogni caso alla somma aritmetica delle singole potenze attive o delle singole potenze reattive: Pt = P1 + P2 + ... + Pn Qt = Q1 + Q2 + ... + Qn Per determinare la potenza apparente totale è invece necessario operare una somma vettoriale tra potenza totale attiva e potenza totale reattiva: St = Pt + Qt il cui modulo è: St = √ Pt2 + Qt2 L’angolo di sfasamento complessivo può venir determinato con uno dei seguenti rapporti e le tabelle trigonometriche: tg ϕ = Q P cos ϕ = P sen ϕ = S Q S Effetto Joule È la potenza dissipata sotto forma di calore negli elementi resistivi del circuito. Se R è la resistenza dell’elemento, I la corrente che lo percorre e ∆U = R· I la c.d.t. che si verifica ai capi dell’elemento stesso, si ha che la potenza dissipata per effetto Joule è pari a: P = ∆U · I = R· I 2 (W) mentre il valore dell’energia attiva dissipata risulta: EP = R· I 2 · t (J) Poiché 1 J equivale a 0,239 calorie valgono anche le seguenti relazioni: – per t in secondi Ecal = 0,239 · R· I 2 · t (calorie) – per t in ore Ecal = 860 · R · I 2 · t (calorie) Energia specifica (integrale di Joule) L’energia sviluppata dalla corrente su di un elemento di resistenza unitaria é detta energia specifica. Il suo valore dipende dall’intensità e dal tempo di permanenza della corrente e si calcola con la relazione: ∫ i 2 dt ≈ I 2 t Il concetto di energia specifica risulta particolarmente importante nella progettazione delle condutture. Poiché ogni organo di protezione (interruttore magnetotermico o fusibile) in caso di cortocircuito, prima di poter intervenire e interrompere il circuito, lascia passare la corrente di cortocircuito per un certo tempo t, in ogni tratto di conduttore del circuito guasto avente resistenza unitaria viene dissipata l’energia I 2t che si trasforma in calore. 18 Quanto maggiore è il valore dell’I 2t lasciato passare dal dispositivo di protezione tanto maggiore è la quantità di calore prodotto. Poiché per guasto di breve durata il cavo non riesce a cedere tale calore all’ambiente, si può verificare un aumento di temperatura del conduttore tale da compromettere l’integrità degli isolanti. Utilizzatori in serie Circuiti in corrente continua Circuiti in corrente alternata Rt = R1 + R2 + … + Rn Zt = Z1 + Z2 + … + Zn Ut = U1 + U2 + … + Un Rt = R1 + R2 + … + Rn I= U1 = R1 . I U2 = R2 . I ......... Un = Rn . I Ut Xt = X1 + X2 + … + Xn Rt Zt = √ Rt2 + Xt2 I= Ut Rt cos ϕ = Rt Zt Ut = U1 + U2 + … + Un U1 = Z 1 . I U2 = Z2 . I ........ Un = Zn . I 19 Utilizzatori in parallelo Circuiti in corrente continua Rt = 1 1 R1 + 1 R2 + ..... + 1 È necessario trasformare gli elementi R e X in serie negli equivalenti G e B in parallelo con le relazioni: Rn Per due soli resistori: R 1 . R2 Rt = R1 + R2 It = Circuiti in corrente alternata G= R B= Z2 X Z2 ottenendo: U Rt It = I1 + I2 + .… + In I1 = I2 = U R1 Gt = G1 + G2 + … + Gn U Bt = B1 + B2 + … + Bn R2 ......... In = U Rn Yt = √ G t2 + B t2 = It = U . Yt = U Zt 1 Zt cos ϕ = It = I1 + I2 + … + In I1 = U . Y1 I2 = U . Y2 ........ In = U . Yn 20 G Y MISURE ELETTRICHE Classificazione degli strumenti Elettronici La grandezza misurata è trasformata in una coppia che agisce sull'equipaggio mobile al quale è connesso l’indice che indica su una scala il valore della grandezza. Tale forza è contrastata, in genere, da una molla (coppia antagonista). La grandezza misurata è elaborata tramite circuiti elettronici, alimentati da una sorgente di alimentazione ausiliaria. L’ndice riproduce, per analogia, l'andamento nel tempo della grandezza (perciò sono anche detti strumenti analogici). Visualizzano il risultato della misura in forma di numero o in forma analogica oppure in entrambi i modi contemporaneamente. Grandezze misurate Tensione, corrente, potenza attiva e reattiva, energia, resistenza, frequenza. Tensione, corrente, potenza attiva e reattiva, energia, resistenza, frequenza. Consumo sensibile (tenerne conto nell'effettuare le misure). Negli strumenti ad indice, vi è la possibilità di errori di parallasse o di apprezzamento. Sensibili a urti e vibrazioni. Non hanno organi in movimento. Prelevano pochissima energia dal circuito di misura. Comodità di lettura, senza errori di apprezzamento. Richiedono controlli e tarature più frequenti. Presentazione della misura Principio di funzionamento Elettromeccanici Pregi e difetti Gli strumenti impiegati per la misura di grandezze elettriche possono essere classificabili in due categorie: elettromeccanici ed elettronici. 21 Identificazione degli strumenti Gli strumenti di misura elettrici riportano sul quadrante alcuni simboli per precisare le caratteristiche e le modalità d’impiego. Tipo di circuito nel quale può essere inserito Principio di funzionamento magnete permanente e bobina mobile a corrente continua magnete permanente e bobina mobile come misuratore di rapporto a corrente alternata a corrente continua e alternata elettrodinamico a corrente alternata trifase elettrodinamico con ferro a corrente alternata trifase con carico squilibrato a induzione Posizione dello strumento a ferro mobile (elettromagnetico) con quadrante verticale a lamelle vibranti con quadrante orizzontale termico a lamina bimetallica con quadrante inclinato (per esempio di 60°) a bobina mobile con raddrizzatore Tensione di prova Classe di precisione 0,5 22 il valore indica l’errore percentuale Segni grafici e schemi d’inserzione Strumento (grand. misurata) Segno grafico Schema di inserzione Voltmetro (tensione) Amperometro (corrente) Wattmetro (potenza attiva) Varmetro (potenza reattiva) Contatore (energia) Frequenzimetro (frequenza) Fasometro (cos ϕ) Ohmmetro (resistenza) Trasformatore di corrente (TA) Trasformatore di tensione (TV) 23 Classe di precisione Gli strumenti di misura presentano sempre un’imprecisione, che può essere più o meno grande a seconda della classe di precisione che caratterizza lo strumento. Gli strumenti elettromeccanici sotto l’aspetto della precisione sono distinti nelle seguenti classi: 0,05 – 0,1 – 0,2 – 0,5 – 1 – 1,5 – 2,5 – 5 Questi valori rappresentano l’indice di classe, ossia il limite (inteso in senso positivo e negativo, ± 1 ad esempio) dell’errore dello strumento, espresso in percento del valore di fondo scala (portata). Ad esempio, supponendo di usare un voltmetro avente un campo di misura da 0 a 300 V (si usa anche dire con una portata di 300 V) e classificato di classe 0,5, l’errore dello strumento è sempre contenuto entro il ± 0,5% di 300 V, ossia entro ± 1,5 V, in qualsiasi punto della scala. Ne deriva che se si rileva la tensione di 70 V, il valore effettivo della misura è contenuto nel campo 68,5 ÷ 71,5 V. Per gli strumenti digitali il grado di precisione è proporzionale al numero di cifre visualizzate: in genere da 3 a 11-12. Molto diffusa è la presentazione a n + 1/2 cifre con la quale non tutte le cifre visualizzate possono variare da 0 a 9, ma la prima e talvolta la seconda cifra si limitano ai valori 1-2-3. Ad esempio uno strumento a 3 1/2 cifre può presentare un risultato compreso tra 000 e 1999; mentre uno strumento 5 1/2 cifre può presentare un risultato compreso tra 00000 e 199999 oppure, a seconda del tipo di apparecchio, 299999 e 129999. Trasformatori di misura La misura delle grandezze nei circuiti che presentano elevate tensioni o forti intensità di corrente richiede l’uso di trasformatori (riduttori) di tensione (TV) e di corrente (TA). Il loro impiego consente di: – assicurare una maggiore sicurezza all’operatore (le misure vengono effettuate con valori di tensione limitati); – utilizzare strumenti con portate unificate (ad esempio 5 A e 100 V di fondo scala); – raggruppare gli strumenti (una sola coppia di TA, TV può alimentare più strumenti). Con l’impiego dei TA e TV i valori di corrente I e tensione U devono essere calcolati moltiplicando il valore letto sullo strumento per il rapporto di trasformazione del TA o del TV: I = LA · δ A U = LV · δV essendo LA e LV i valori letti sull’amperometro e sul voltmetro e δA, δV i rapporti di trasformazione del TA e rispettivamente del TV: δA = 24 I1 I2 δV = U1 U2 essendo I1, U1 la corrente e tensione al primario del trasformatore mentre I2, U2 sono la corrente e la tensione al secondario. Errore di rapporto e di angolo I TA e i TV danno luogo a due tipi di errore: – errore di rapporto: dovuto al fatto che il rapporto di trasformazione δA, δV varia col variare delle condizioni di funzionamento. Le norme stabiliscono i limiti di tali errori per ciascuna classe di precisione; – errore d’angolo: è dovuto alla differenza di fase introdotta dai trasformatori tra la corrente primaria e quella secondaria per i TA e tra la tensione primaria e quella secondaria per i TV. L’errore d’angolo assume particolare importanza nelle misure di potenza in quanto l’errore globale introdotto può essere elevato. In relazione alla precisione dei TA e TV le norme fissano delle classi e i corrispondenti limiti massimi di errore (tabelle 1 e 2). Si osservi che nelle misure ove non sono richieste particolari esigenze (ad esempio strumentazioni da quadro) non si tiene conto degli errori introdotti dai riduttori di misura. Prestazione La prestazione S di un riduttore di misura è la potenza apparente (prodotto della tensione per la corrente) che il trasformatore può erogare al secondario. Per il TA questo valore consente di stabilire la massima impedenza che il complesso degli strumenti alimentati dal TA non deve superare affinché la precisione del trasformatore rimanga nei limiti di classe: Z= S I2 (Ω) Tabella 1 – Errori ammissibili dei riduttori di tensione Errore d'angolo Errore di rapporto (%) in minuti d'arco in centiradianti 0,1 ± 0,1 ±5 ± 0,15 0,2 ± 0,2 ± 10 ± 0,3 0,5 ± 0,5 ± 20 ± 0,6 1 ± 1,0 ± 40 ± 1,2 3 ± 3,0 nessuna prescrizione nessuna prescrizione Classi I limiti di errore sono validi per qualunque valore di tensione compreso tra 80% e 120% del valore nominale. 25 Tabella 2 – Errori dei riduttori di corrente Classe di precisione 0,1 0,2 0,5 1 3 5 Errori d’angolo Corrente in % della nominale Errori di rapporto (%) in minuti d’arco in centiradianti 10 ± 0,25 ± 10 ± 0,3 20 ± 0,2 ±8 ± 0,24 100 ± 0,1 ±5 ± 0,15 120 ± 0,1 ±5 ± 0,15 10 ± 0,5 ± 20 ± 0,6 20 ± 0,35 ± 15 ± 0,45 100 ± 0,2 ± 10 ± 0,3 120 ± 0,2 ± 10 ± 0,3 10 ±1 ± 60 ± 1,8 20 ± 0,75 ± 45 ± 1,35 100 ± 0,5 ± 30 ± 0,9 120 ± 0,5 ± 30 ± 0,9 10 ±2 ± 120 ± 3,6 20 ± 1,5 ± 90 ± 2,7 100 ±1 ± 60 ± 1,8 120 ±1 ± 60 ± 1,8 50 ±3 120 ±3 50 ±5 120 ±5 nessuna prescrizione nessuna prescrizione I limiti di errore sono validi per qualunque valore delle prestazioni compreso tra il 25% e il 100% del valore nominale con cos ϕ = 0,8 induttivo. essendo: S la prestazione (in VA) e I la corrente nominale secondaria (in genere 5 A). Per i TV la prestazione determina la massima corrente che l’insieme degli strumenti alimentati dal trasformatore può assorbire: I= S U (A) dove U è la tensione nominale secondaria (in genere 100 V). 26 Caratteristiche normalizzate dei trasformatori di misura TA TV Classi di precisione 0,1 - 0,2 - 0,5 - 1 - 3 - 5 0,1 - 0,2 - 0,5 - 1 - 3 Prestazioni (VA) 2,5 - 5 - 10 - 15 - 30 10 - 15 - 25 - 30 - 50 75 - 100 - 150 - 200 300 - 400 - 500 Contrassegni dei morsetti (1) primario P1 - P2 primario { A-B A - B - C - (N) secondario S1 - S2 secondario { aa -- bb - c- (N) (1) I TA e TV dispongono anche di un morsetto che serve per il collegamento a terra della carcassa metallica e del nucleo magnetico onde evitare che si possano determinare tensioni elevate su tali parti. A tale morsetto si collega anche uno dei morsetti secondari per evitare che: – per un guasto all’isolamento, l’avvolgimento secondario possa venire in contatto con quello primario e assumere quindi la stessa tensione con pericolo per l’operatore; – per effetto dell’induzione elettrostatica il secondario assuma un potenziale verso terra elevato e quindi pericoloso. Misura dell’energia Il valore dell’energia è dato dal prodotto della potenza attiva transitante in un circuito per il tempo. Se tale potenza è rigorosamente costante è sufficiente moltiplicare l’indicazione di un wattmetro per il tempo in ore per ottenere l’energia in wattora. In realtà la potenza raramente risulta costante per cui per la misura è necessario ricorrere ai contatori. Nei contatori elettromeccanici l’energia misurata E è uguale al numero di giri n percorsi dal disco diviso la costante N (in giri/kWh) dello strumento (rilevabile sulla targa dello stesso): E = n/N (in kWh) Sono disponibili anche contatori elettronici che forniscono direttamente il valore dell’energia prelevata. Anche per la misura dell’energia reattiva si possono utilizzare appositi contatori. I contatori di energia reattiva sono utilizzati a scopo tariffario per i circuiti monofase e trifase. 27 Misura delle tensioni e delle correnti Corrente Tensione Inserzione diretta Inserzione tramite TA e TV 28 Misura della potenza Misura della potenza attiva Circuiti monofasi in corrente alternata in corrente continua P=U.I Circuiti trifasi simmetrici ed equilibrati dissimmetrici e squilibrati Con centro stella accessibile (sistema a 4 fili) a) Centro stella accessibile (sistema a 4 fili) P = 3 .W P = W1 + W2 + W3 b) Metodo Aron per circuiti a tre fili Avvertenze Fare attenzione ai collegamenti; in particolare i morsetti dello strumento connessi allo stesso punto della linea devono riportare lo stesso contrassegno (in genere +). Sono disponibili anche wattmetri trifasi adatti per sistemi equilibrati e squilibrati che forniscono direttamente il valore della potenza attiva. P = W1 + W2 N.B. La somma W1 + W2 è algebrica: uno dei wattmetri può indicare un valore negativo (in tal caso scambiare i conduttori ai morsetti voltmetrici per leggere il valore. 29 Misura della potenza reattiva e del cos ϕ Per la misura della potenza reattiva sono utilizzati ancora i wattmetri anche se sono disponibili appositi strumenti detti varmetri. Sistemi monofase A=U.I P=W Q = √A2 – P 2 cos ϕ = P/A Sistemi simmetrici equilibrati Q = √3 W Sistemi simmetrici squilibrati Q = √ 3 (W1 – W2) Q= W1 – W2 + 2 W3 √3 W2 può risultare negativo per cui è da sommare (invertire i conduttori sui morsetti voltmetrici). tg ϕ = W1 – W2 + 2 W3 √ 3 (W1 + W2) Il metodo di misura Aron è il più conveniente in quanto consente sia di rilevare, le potenze attiva e reattiva, sia di calcolare rapidamente il fattore di potenza operando il rapporto tra le indicazioni dei due wattmetri X = W1/W2 con i rispettivi segni e di utilizzare poi il grafico a lato. 30 tg ϕ = √ 3 (W1 – W2) (W1 + W2) Se W1 > W2 la potenza risulta positiva e il carico è induttivo; viceversa se W2 > W1 la potenza risulta negativa e il carico è capacitivo. Misura della potenza mediante TA e TV Circuito monofase P = LW . δA . δV S = LV . δV . LA . δA Q = √ S2 – P 2 L - lettura strumento; δA - rapporto di trasformazione TA; δV - rapporto di trasformazione TV. Circuito trifase (sistema Aron) P = (LW1 + LW2) δA . δV Q = √ 3 (LW1 – LW2) δA . δV S = √ P 2 + Q2 tg ϕ = P Q cos ϕ = P S Avvertenze: – i wattmetri devono essere uguali; – le operazioni sono algebriche (una delle letture può essere negativa); – questo sistema è valido solo per circuiti simmetrici. Circuito trifase a tre o quattro fili (i wattmetri devono essere uguali) P = (LW1 + LW2 + + LW3) . δV . δA 31 QUADRI ELETTRICI DI DISTRIBUZIONE Normativa Il “quadro elettrico” è un complesso coordinato di elementi strutturali di supporto (carpenteria), di apparecchi di comando, protezione, misura, segnalazione, regolazione, delle connessioni ecc. aventi lo scopo di svolgere determinate funzioni, necessarie all’esercizio dell’impianto elettrico, nel quale il quadro è inserito. L'apparato normativo dei quadri elettrici per bassa tensione è costituito dalla serie di norme CEI EN 61439 "Apparecchiature assiemate di protezione e di manovra per bassa tensione (quadri BT) comprendente le seguenti parti: – Parte 1: Regole generali (CEI EN 61439-1), è il testo principale in quanto tale norma è stata concepita per armonizzare, per quanto possibile, tutte le regole e le prescrizioni di natura generale e in particolare di verifica applicabili alle apparecchiature assiemate di protezione e di manovra per bassa tensione. Essa tratta le definizioni, le caratteristiche tecniche e stabilisce le condizioni di servizio e le prescrizioni di costruzione e di verifica. I suoi contenuti valgono quindi per qualsiasi genere di quadro, ovvero per qualunque applicazione a cui il quadro è destinato. La norma, pertanto occupa una posizione gerarchica superiore rispetto alle specifiche norme di prodotto riguardanti le varie tipologie di quadri, come schematicamente rappresentato nella figura 1, le quali quindi vanno lette e utilizzate congiuntamente ad essa. – Parte 2: Quadri di potenza (CEI EN 61439-2), contiene le prescrizioni specifiche inerenti i quadri di distribuzione (power center di cabina, quadri di settore, quadri di reparto ecc.) detti anche PSC dall’inglese: Power Switchgear Controlgear. – Parte 3: Quadri di distribuzione destinati ad essere utilizzati da persone comuni (CEI EN 61439-3), fornisce le prescrizioni per i quadri destinati all’uso da parte di persone comuni e quindi anche per applicazioni domestiche (per operazioni ad esempio, di manovra e di sostituzione fusibili). – Parte 4: Prescrizioni particolari per quadri per cantiere (ASC), (CEI EN 61439-4) definisce le prescrizioni per i quadri destinati all’uso in cantieri e luoghi simili per esterno ed interno. – Parte 5: Quadri di distribuzione di potenza (CEI EN 61439-5) destinati alle reti di distribuzione pubblica. Alle norme citate si affiancano le seguenti: – CEI 23-51 che tratta i quadri per uso domestico e similare che devono essere utilizzati in ambienti con determinate caratteristiche e 32 Fig. 1 - Complesso normativo per la realizzazione dei quadri. destinati all’uso con tensioni e correnti limitate a determinati valori. – CEI 17-43 che specifica le modalità di determinazione delle sovratemperature mediante estrapolazione; – CEI 17-52 che riguarda i criteri di determinazione della tenuta al cortocircuito; – CEI 23-49, che riguarda gli involucri destinati ad installazioni per uso domestico e similare. Sistema di quadri Con la definizione “Sistema di quadri” la norma CEI EN 61439-1 indica la gamma completa di componenti meccanici ed elettrici (involucri, sbarre, unità funzionali, ecc.), definita dal costruttore originale, che possono essere assemblati in accordo con le istruzioni fornite dal costruttore stesso per ottenere quadri differenti. Principali tipi di quadri Esistono differenti classificazioni per i quadri elettrici, che dipendono da diversi fattori: tipologia costruttiva, configurazione esterna, condizioni d’installazione, funzione assolta (fig. 2). Tipologia costruttiva In base alla tipologia costruttiva si distinguono i quadri aperti e chiusi. Il quadro chiuso è dotato di pannelli protettivi su tutti i lati in modo da garantire un grado di protezione dai contatti diretti non inferiore Confronto tra sigle abrogate e vigenti utilizzate per i quadri EN 60439-X EN 61439-X ASD DBO ASC ASC AS – ANS – 33 a IPXXB. Per impieghi in ambienti ordinari i quadri devono essere chiusi. I quadri aperti, eventualmente dotati della sola protezione frontale, sono i cosiddetti quadri a giorno, in cui le parti in tensione sono accessibili. Questi quadri possono essere utilizzati solo nelle officine elettriche, nei luoghi cioè in cui è consentito l’accesso al solo personale addestrato. Configurazione esterna Sotto l’aspetto della configurazione esterna i quadri si distinguono in: – ad armadio con diversi sistemi di compartimentazione; sono utilizzati per alimentare grossi apparecchi di distribuzione e di comando; – a banco (o a leggio), per il comando di macchine o d’impianti; – a cassetta per posa a parete sia sporgente sia incassata; sono utilizzati principalmente per la distribuzione a livello di reparto o di zona negli ambienti industriali e del terziario. – a cassette multiple, insieme di più cassette, in genere di tipo protetto e con flange di affrancamento, ciascuna contenente un’unità funzionale (interruttore automatico, avviatore, presa completa d’interruttore di blocco o di protezione). Si ottiene in tal modo una combinazione di scomparti meccanicamente uniti tra loro con o senza una struttura di fissaggio comune; i collegamenti elettrici tra due cassette vicine passano attraverso le aperture praticate sulle pareti adiacenti. Condizioni d’installazione Per quanto riguarda le condizioni d’installazione i quadri si distinguono in: – Quadro per interno quando è destinato a essere utilizzato in locali in cui sono verificate le condizioni normali di servizio per interno, come specificato nella Norma CEI EN 61439-1 (tabella 1, a pag. 36). – Quadro per esterno quando è destinato a essere utilizzato nelle normali condizioni di servizio per installazioni all’esterno, come specificato nella CEI EN 61439-1 (tabella 2, a pag. 36). – Quadro per installazione a parete o a incasso. – Quadro fisso se previsto per essere fissato sul luogo di utilizzo, ad esempio al pavimento o ad un muro. – Quadro movibile se previsto per essere facilmente spostato da un luogo di utilizzo ad un altro. Classificazione funzionale In relazione alle funzioni cui sono destinati, i quadri possono essere suddivisi nelle seguenti tipologie: – Quadri principali di distribuzione o Power Center (PC), sono in genere installati subito a valle dei trasformatori MT/BT o dei generatori; comprendono una o più unità d’ingresso, eventuali congiuntori di barra ed un numero relativamente ridotto di unità di uscita. 34 Quadro aperto completamente o con sola chiusura frontale Quadro ad armadio Quadro a leggio Quadro a cassette componibili Quadro da incasso o da parete Fig. 2 – Quadri secondari di distribuzione, destinati alla distribuzione dell’energia, sono in genere dotati di un’unità d’ingresso e di numerose unità di uscita. – Quadri di manovra motori o Motor Control Center (MCC), sono destinati alla centralizzazione dei comandi e delle protezioni dei motori; comprendono quindi le relative apparecchiature coordinate di manovra e protezione e quelle ausiliarie di comando e segnalazione. – Quadri di comando, misura e protezione, sono in genere costituiti da banchi che contengono in prevalenza le apparecchiature per il comando, le misure e il controllo di impianti e di processi industriali. – Quadri a bordo macchina, funzionalmente simili ai precedenti, hanno il compito di consentire l’alimentazione ed il controllo delle 35 Tabella 1 – Condizioni ambientali d’installazione di quadri per interno Umidità relativa 50% (alla temperatura massima di 40° C) 90% (alla temperatura massima di 20° C) Temperatura dell’aria Altitudine Temperatura massima ≤ 40 °C Temperatura massima media in un periodo di 24 ore ≤ 35 °C Non superiore a 2000 m Temperatura minima ≥ – 5 °C Tabella 2 – Condizioni ambientali d’installazione di quadri per esterno Umidità relativa Temperatura dell’aria Altitudine Temperatura massima ≤ 40 °C 100% temporaneamente (alla temperatura massima di 25° C) Temperatura massima media in un periodo di 24 ore ≤ 35 °C Temperatura minima ≥ – 25 °C Non superiore a 2000 m Temperatura minima ≥ – 50 °C per climi artici macchine (ulteriori prescrizioni per questi quadri sono riportate nelle norme della serie CEI EN 60204). – Quadri per cantiere, sono in genere di tipo mobile o trasportabile con particolari caratteristiche di sicurezza; presentano varie tipologie costruttive: dalla semplice unità di prese a spina sino a veri e propri quadri di distribuzione in involucro metallico o in materiale isolante. Quadri in kit di montaggio I più importanti costruttori di apparecchiature elettriche offrono un’ampia gamma di componenti per l’assemblggio di quadri (in svariate configurazioni) che risultano preverificati dal costruttore stesso mediante calcoli riferiti a prototipi totalmente provati. É pertanto possibile realizzare quadri conformi alle norme senza necessità di esecuzione delle verifiche di progetto, ma solamente effettuando le verifiche individuali, con l’unica condizione che la scelta e l’impiego dei componenti (carpenteria, apparecchi di protezione e manovra, sistemi di sbarre, accessori ecc.) avvenga nel rispetto delle prescrizioni indicate dal costruttore il quale deve fornire i fogli d’istruzione o altro, e una dichiarazione in merito alle prove di tipo effettuate. 36 Accessibilità dei componenti Ai fini della protezione contro i contatti accidentali e la sicurezza di esercizio, per i quadri di potenza sono previste 4 forme di segregazione (suddivisione all’interno del quadro) dei componenti del quadro, realizzate mediante barriere o diaframmi interni (fig. 3): Forma 1: nessuna segregazione; per sostituire un componente bisogna togliere tensione all’intero quadro. Forma 2: segregazione delle sbarre principali dalle unità funzionali. Nella forma 2a i terminali di uscita delle unità funzionali non sono separati dalle sbarre, mentre nella forma 2b i terminali sono separati. Per sostituire un componente bisogna togliere tensione all’intero quadro. Forma 3: segregazione delle sbarre principali dalle unità funzionali e segregazione di tutte le unità funzionali l’una dall’altra. Nella forma 3a i terminali di uscita non sono separati dalle sbarre principali, nella 3b sono invece separati. Con questa forma è possibile sostituire un’unità funzionale (se asportabile o estraibile) senza togliere tensione al quadro. Forma 4: segregazione delle sbarre dalle unità funzionali, segregazione di tutte le unità funzionali l’una dall’altra e segregazione dei terminali di uscita. Nella forma 4a i terminali sono compresi nella stessa cella che contiene l’unità funzionale associata, mentre nella forma 4b i terminali non sono nella stessa cella dell’unità funzionale. Con questa forma è possibile, oltre a quanto visto per la forma 3, sostituire una linea di partenza senza togliere tensione all’intero quadro. La segregazione mediante barriere o diaframmi (metallici o isolanti) ha lo scopo di: – assicurare la protezione contro i contatti diretti (almeno IPXXB), in caso di accesso ad una parte del quadro posta fuori tensione, rispetto al resto del quadro rimasto in tensione (barriera): – ridurre la probabilità di innesco e di propagazione di un arco interno (barriera); – impedire il passaggio di corpi solidi (diaframma) fra parti diverse del quadro (grado di protezione almeno IP2X). Per diaframma s’intende l’elemento di separazione tra due celle, mentre la barriera protegge l’operatore dai contatti diretti e dagli effetti dell’arco degli apparecchi di interruzione nella direzione abituale di accesso. Costruttore del quadro La Norma CEI EN 61439-1 considera la figura del costruttore del quadro. In particolare definisce due modi di essere del costruttore: il “costruttore originale” ed il “costruttore del quadro”. Il primo è l’azienda che in primis effettua il progetto originale e realizza una linea di quadri eseguendo, a tal fine, le verifiche di progetto per fornire un ventaglio di alternative. Il secondo, identificato come “costruttore del quadro”, è chi effettiva37 Fig. 3 mente realizza il manufatto finito (e che si assume la responsabilità dell'insieme), procurandosi i diversi particolari e componenti, assemblandoli ed effettuando il cablaggio, utilizzando una delle alternative proposte dal costruttore originale. La norma ammette che alcune fasi del montaggio dei quadri siano realizzate anche fuori dal laboratorio o dall’officina del costruttore del quadro (sul cantiere), attenendosi comunque alle sue istruzioni. Operativamente i quadristi e gli installatori, intesi come costruttori finali, potranno come di consueto utilizzare prodotti commercializzati in kit e presentati nei cataloghi dei “costruttori originali”, per assemblarli nella configurazione di quadro di cui hanno bisogno. Riassumendo il “costruttore originale” dovrà: – progettare (calcolare, disegnare e realizzare) la linea di quadri desiderata; – provare alcuni prototipi di quella linea di quadri; – superare queste prove per dimostrare la rispondenza alle prescrizioni obbligatorie della Norma; – derivare dai quadri provati altri allestimenti attraverso il calcolo o ulteriori valutazioni o misurazioni; – aggiungere ulteriori allestimenti ottenuti senza prove ma con adatte “regole di progetto”; 38 – infine raccogliere tutte le informazioni suddette in cataloghi, software o altri strumenti, in modo che il “costruttore del quadro”, possa realizzare il nuovo manufatto, nonché utilizzarlo e gestirlo al meglio, effettuando gli opportuni controlli e la manutenzione. Il “costruttore del quadro” avrà invece la responsabilità: – sulla scelta e sul montaggio (topografico) dei componenti nel rispetto delle istruzioni fornite dal costruttore originario; – di eseguire le verifiche individuali su ogni quadro realizzato; – di certificare il quadro in quanto egli diventa il soggetto responsabile diretto del manufatto. Responsabilità giuridicamente rappresentata dalla marcatura CE e dalla targa, riportante, in modo indelebile, il suo nome e la matricola del quadro. Pertanto se il costruttore del quadro si attiene a tutte le istruzioni del costruttore originale e alle prestazioni previste realizza la conformità richiesta senza rifare alcuna prova o alcun calcolo (salvo le verifiche finali). Quando invece si discosta dalle regole stabilite dal costruttore originale, deve condurre delle verifiche di progetto sulla configurazione derivata. Verifiche di progetto La Norma CEI EN 61439-1 stabilisce che un quadro è conforme quando risponde alle verifiche di progetto previste dalla norma stessa. Per questo obiettivo la norma consente tre modalità, alternative ma tra loro equivalenti, ai fini della verifica di conformità di un quadro, che sono: 1) verifica con prove di laboratorio con le quali si devono ottenere i risultati fissati dalla norma; 2) verifica mediante confronto con il progetto di riferimento provato; 3) verifica mediante valutazione, ossia la conferma della corretta applicazione dei calcoli e delle regole di progetto compreso l’utilizzo di appropriati margini di sicurezza. Le diverse prestazioni (sovratemperatura, isolamento, tenuta al cortocircuito ecc.) potranno essere garantite con una qualsiasi di queste tre procedure; resta del tutto irrilevante l’aver seguito l’una o l’altra strada per garantire la conformità del quadro. Non tutti e tre i criteri sono però applicabili; la tabella 3, elenca, per ciascuna prestazione da verificare, quali delle tre procedure di verifica si possono utilizzare. Caratteristiche elettriche nominali Tensione nominale (Un ) È il più alto valore nominale della tensione in c.a. (valore efficace) o in c.c, dichiarato dal costruttore del quadro, con cui si può alimentare il(i) circuito(i) principale(i) del quadro. Per circuiti trifase tale tensione corrisponde alla tensione concatenata tra le fasi. Tensione nominale di impiego (Ue ) È il valore di tensione nominale, dichiarato dal costruttore, di un 39 Tabella 3 – Criteri per la verifica di conformità del quadro (P = prove; C = confronto con progetto originario; V = valutazione) Caratteristiche da verificare Criterio di verifica 1 - Robustezza dei materiali e parti del quadro: • Resistenza alla corrosione P • Proprieta dei materiali isolanti: – Stabilità termica – Resistenza dei materiali al calore anormale e al fuoco causato per effetti interni di natura elettrica • Resistenza alla radiazione ultravioletta (UV) P P-V P-V • Sollevamento P • Impatto meccanico P • Marcatura P 2 - Grado di protezione degli involucri P-V 3 - Distanze d’isolamento in aria P 4 - Distanze d’isolamento superficiali P 5 - Protezione contro la scossa elettrica ed integrità dei circuiti di protezione: • Effettiva continuità della messa a terra tra le masse del quadro ed il circuito di protezione • Capacità di tenuta al cortocircuito del circuito di protezione P P-C-V 6 - Installazione degli apparecchi di manovra e dei componenti V 7 - Circuiti elettrici interni e collegamenti V 8 - Terminali per conduttori esterni V 9 - Proprietà dielettriche: • Tensione di tenuta a frequenza industriale • Tensione di tenuta ad impulso 10 - Limiti di sovratemperatura P P-V P-C-V 11 - Tenuta al cortocircuito P-C 12 - Compatibilità elettromagnetica (EMC) P-V 13 - Funzionamento meccanico 40 P circuito di un quadro che, insieme alla sua corrente nominale, ne determina l’utilizzazione. Solitamente in un quadro esiste un circuito principale, con una propria tensione nominale, ed uno o più circuiti ausiliari con proprie tensioni nominali. Tensione nominale di isolamento (Ui ) È il valore efficace della tensione di tenuta, assegnato dal costruttore, che caratterizza la capacità di tenuta specificata (a lungo termine) dell’isolamento del quadro. Tensione nominale di tenuta ad impulso (Uimp ) È il valore di tensione, assegnato dal costruttore del quadro, che caratterizza la capacità di tenuta specificata dell’isolamento del quadro nei confronti delle sovratensioni transitorie. Corrente nominale del quadro (InA ) É la più alta corrente di carico permanente e ammissibile in entrata o comunque la massima corrente sopportabile da un quadro; è definita come la minore tra: – la somma delle correnti nominali dei circuiti di entrata funzionanti in parallelo (vale a dire contemporaneamente); – la corrente totale che le sbarre principali sono in grado di distribuire nella configurazione specifica del quadro. Corrente nominale di un circuito del quadro (InC ) È il valore di corrente che un circuito deve portare senza che da ciò possano derivare nelle diverse parti del quadro sovratemperature oltre i limiti stabiliti dalla norma. Correnti di cortocircuito Onde specificare la tenuta al cortocircuito del quadro (o di un suo singolo circuito), ossia la capacità di un quadro a resistere alle sollecitazioni termiche e dinamiche derivanti dalla corrente di cortocircuito, il costruttore deve indicare il valore della corrente nominale ammissibile di breve durata (Icw), oppure il valore della corrente nominale di cortocircuito condizionata (Icc) ed inoltre la corrente nominale ammissibile di picco (Ipk ). Icw è il valore efficace della corrente di cortocircuito che il circuito di entrata o un singolo circuito del quadro può sopportare per una determinata durata (dichiarata dal costruttore) senza subire danni. Icc è il valore efficace della corrente di cortocircuito che il circuito di entrata o un singolo circuito del quadro può sopportare per la durata limitata dal funzionamento del dispositivo di protezione contro il cortocircuito che protegge il quadro. Ipk è il valore di picco della corrente di cortocircuito (che definisce gli sforzi elettrodinamici), dichiarato dal costruttore del quadro, che il quadro stesso può sopportare nelle condizioni definite. Si può ottenere moltiplicando la corrente di breve durata per il fattore “n” indicato nella tabella 4, a pagina seguente: Ipk = Icw . n 41 Tabella 4 – Valori del fattore “n” Valore efficace della corrente di cortocircuito (in kA) cos ϕ n I≤5 0,7 1,5 5 < I ≤ 10 0,5 1,7 10 < I ≤ 20 0,3 2 20 < I ≤ 50 0,25 2,1 I > 50 0,2 2,2 I valori sono indicativi in quanto tengono conto della maggioranza delle applicazioni ma non dei casi particolari, come, per esempio, in vicinanza di trasformatori o generatori. Ogni quadro dovrà essere installato in un punto in cui la corrente presunta di cortocircuito (Icp) del sistema di distribuzione non sia superiore a Icw o a Icc. Fattore nominale di contemporaneità (RDF) In un quadro ogni singolo circuito in uscita deve essere in grado di portare la sua corrente nominale (InC). Se però nel quadro vi sono più circuiti e tutti, contemporaneamente, funzionano al loro valore di corrente nominale, è necessario che ciò non comporti per il quadro risvolti negativi dal punto di vista termico. Il costruttore del quadro deve precisare se tutti i circuiti presenti possono oppure no funzionare contemporaneamente al valore di carico nominale. Questa prestazione (o questo vincolo di funzionamento) viene dichiarato mediante il fattore nominale di contemporaneità RDF (acronimo di "Rated Diversity Factor"). Per l'utente del quadro, il fattore RDF è di notevole importanza, in quanto è il fattore per cui bisogna moltiplicare le correnti nominali dei circuiti d'uscita per ricavare i massimi valori di corrente con cui essi possono essere caricati contemporaneamente e in modo continuativo. Se il fabbricante del quadro non indica, nelle specifiche, il valore di RDF, lo si deve intendere uguale a 1. Quando invece dichiara un RDF inferiore a 1 significa che i singoli circuiti d'uscita del quadro non sono in grado di portare contemporaneamente la propria corrente nominale. L’alimentazione delle utenze dovrà allora essere sfalsata nel tempo oppure ridotti i rispettivi assorbimenti. Il fattore di contemporaneità RDF può essere relativo a tutto il quadro o solo ad un gruppo di circuiti. Compatibilità elettromagnetica (EMC) In linea con la normativa inerente la compatibilità elettromagnetica, la norma identifica due ambienti tipici di installazione: – Ambiente A, altrimenti detto "ambiente industriale pesante", con 42 cabine elettriche proprie, valori elevati di corrente e frequenti commutazioni di carichi induttivi o capacitivi. – Ambiente B, costituito dalle utenze connesse alle reti di distribuzione pubblica in bassa tensione (230/400 V) o a soccorritori statici (UPS). In relazione al tipo di ambiente per cui il quadro è destinato, il fabbricante dovrà procedere a una scelta oculata dei componenti interni, soprattutto se questi sono o contengono parti elettroniche. Gradi di protezione del quadro Il grado di protezione IP di un quadro influenza la capacità di smaltire il calore: più elevato è il grado di protezione tanto meno il quadro riesce a disperdere calore; per questa ragione è opportuno scegliere il quadro con il grado di protezione necessario all’ambiente d’installazione. Il grado di protezione, se non diversamente specificato dal costruttore, vale per l’intero quadro montato ed installato come nell’uso ordinario (a porta chiusa). Il costruttore può però indicare i gradi di protezione relativi a particolari configurazioni che si possono presentare in esercizio, come ad esempio il grado di protezione a porte aperte e quello ad apparecchi asportati o estratti. Per i quadri destinati ad uso interno, in ambienti dove non c’è il rischio di penetrazione di acqua, sono utilizzabili i seguenti gradi minimi di protezione: IP00, IP2X, IP3X, IP4X, IP5X, IP6X. Per i quadri chiusi, il grado di protezione deve essere non inferiore a IP2X dopo l’installazione. Per i quadri previsti per uso all’esterno e senza protezione supplementare, la seconda cifra caratteristica della sigla IP deve essere almeno uguale a 3. Allo stato attuale non esistono disposizioni normative che stabiliscono il grado di protezione IP in relazione all’ambiente di installazione del quadro (ad esclusione di ambienti con pericolo di esplosione). A titolo indicativo vengono riportati nella tabella 5 i gradi di protezione consigliabili per alcuni ambienti. In caso di rimozione dal quadro di un componente predisposto per essere asportabile (es: interruttore estraibile, sezionatore estraibile, basetta portafusibili), per riparazione, controllo o manutenzione, deve essere mantenuto lo stesso grado IP precedente alla rimozione (si osserva che gli otturatori di sicurezza, posti sulla parte fissa degli interruttori aperti estraibili, consentono di rispettare la prescrizione). Nel caso di lavori elettrici, se dopo la rimozione di una parte fissa (come flange, pannelli, coperchi o zoccoli) per mezzo di un attrezzo, il grado di protezione originale non fosse mantenuto, si devono adottare gli opportuni provvedimenti prescritti dalle norme CEI 11-48 e CEI 11-27, per assicurare un adeguato livello di sicurezza agli operatori. Nei riguardi degli impatti meccanici dannosi, il livello di protezione fornito dall’involucro all’apparecchiatura è indicato mediante il grado IK verificato mediante metodi di prova normalizzati. 43 Tabella 5 – Gradi di protezione dei quadri destinati ad alcune tipologie di ambienti industriali Stabilimenti industriali alcolici (deposito) animali (allevamento) birrifici carta (deposito) carta (fabbricazione) cartone (fabbricazione) cave combustibili liquidi (depositi) concerie falegnamerie ferramenta (fabbricazione) formaggerie gommapiuma (fabbricaz., trasformaz.) granaglie (fabbriche e deposito) incisione dei metalli latterie lavanderie legno (lavorazione del) macellerie materie plastiche (fabbricazione) mattatoi mattoni (fabbrica di ) metalli (trattamento) pelle (fabbricazione e deposito) pitture (fabbricazione e deposito) salumifici saponi (fabbricazione) segherie silos di cereali o zucchero tessuti (fabbricazione) tintorie tipografie vernici (fabbricazione e utilizzo) vestiti (depositi) vetrerie zuccherifici 44 IP31-41 IP43 IP65 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Verifica della sovratemperatura all'interno del quadro La verifica della sovratemperatura che può manifestarsi all'interno del quadro elettrico è volta a accertare che non vengano superate le soglie di sovratemperatura, indicate nella tabella 6, per i vari componenti del quadro in corrispondenza delle correnti di regime stimate per l’esercizio dello stesso. Tabella 6 – Limiti di sovratemperatura per i componenti del quadro Parti del quadro Sovratemperature Componenti incorporati (*) In accordo con le relative prescrizioni delle norme di prodotto per i componenti singoli, o secondo le istruzioni del costruttore del componente, tenendo presente la temperatura interna del quadro. Terminali per conduttori esterni isolati 70 K Sbarre e conduttori Limitata da: – resistenza meccanica del materiale conduttore; – possibili influenze sull’apparecchio adiacente); – limite di temperatura ammissibile per i materiali isolanti a contatto con il conduttore; – influenza della temperatura del conduttore sugli apparecchi ad esso connessi; – per i contatti ad innesto, natura e trattamento superficiale del materiale. Organi di comando manuale in: – metallo – materiale isolante 15 K 25 K Involucri e coperture esterne accessibili: – superfici metalliche – superfici isolanti 30 K 40 K Connessioni particolari del tipo presa a spina e spina Determinata dai limiti fissati per i componenti dell’apparecchio di cui fanno parte. (*) Il termine indica: gli apparecchi convenzionali di protezione e di manovra; i sottoassiemi elettronici (ponti raddrizzatori, circuiti stampati ecc.); le parti d’equipaggiamento (regolatore, alimentatore stabilizzato di potenza, amplicatore operazionale). 45 Per questa verifica è possibile, in generale, procedere con tutti e tre i criteri riportati nella tabella 3 (a pag. 40), tenendo presente che per i metodi di verifica tramite calcoli e mediante le regole di progetto devono essere soddisfatti alcuni presupposti. Per cui il progettista non può scegliere liberamente l'una o l'altra soluzione, ma deve verificare prima che i rispettivi vincoli siano soddisfatti. Verifica mediante prove Qualora si utilizzi la modalità di prova con corrente nei circuiti, la stessa è condotta facendo passare in ogni circuito del quadro la rispettiva corrente nominale (a meno dell’eventuale fattore di contemporaneità) fino al raggiungimento del regime termico. Possono essere utilizzati carichi fittizi (esterni al quadro) per distribuire le correnti nei circuiti di uscita o per simulare la presenza di unità funzionali adiacenti a quella provata. Verifica per derivazione da un quadro cablato provato Questa procedura, applicabile quando si dispone dei dati ottenuti dai test fatti su altri quadri, è usata per la verifica di conformità dei quadri non provati ma rispondenti a precise regole comparative rispetto a quadri testati. I quadri derivati si considerano conformi se, rispetto ai quadri provati, hanno: – le unità funzionali dello stesso tipo (ad es. stessi schemi elettrici, apparecchi della stessa taglia, stessa disposizione e fissaggio, stessa struttura di montaggio, stessi cavi e cablaggi) di quelle usate nell’unità provata; – lo stesso tipo di costruzione del quadro provato; – le stesse o maggiori dimensioni esterne del quadro provato; – le stesse o migliorative condizioni di raffreddamento del quadro provato (convezione forzata o naturale, stesse o maggiori aperture di ventilazione); – la stessa o inferiore forma di segregazione interna del quadro provato (se esiste); – la stessa o minore potenza dissipata nello stesso scomparto del quadro provato; – lo stesso o ridotto numero di circuiti d’uscita per ogni scomparto. Verifica delle sovratemperature per mezzo di calcoli In questo caso si sfruttano algoritmi matematici di tipo termodinamico, che sono tra l’altro già in uso, ossia il calcolo delle potenze dissipate oppure il calcolo definito dalla norma CEI 17-43. Verifica mediante calcolo delle potenze dissipate Se il quadro elettrico rispetta entrambi i seguenti requisiti: – è composto da una singola cella (quindi la volumetria d'aria al suo interno è unica); – ha una corrente nominale InA non superiore a 630 A; il calcolo della temperatura massima raggiungibile al suo interno 46 può essere fatto con il metodo della somma delle potenze dissipate dai singoli componenti installati nel quadro, ossia apparecchi, sbarre, strumentazione, conduttori di collegamento e morsettiere. Da tale calcolo deve risultare che la potenza totale dissipata dai componenti del quadro non supera la potenza massima dissipabile dall'involucro fissata dal costruttore dello stesso. Per le apparecchiature, i valori di potenza dissipata sono desumibili dalle specifiche fornite dai relativi fabbricanti. Inoltre negli Allegati informativi della Norma CEI EN 61439-1 sono riportate delle tabelle con l'indicazione della portata e della potenza dissipata per i conduttori (secondo le varie disposizioni) e le sbarre. Dalla potenza dissipata si risale alla sovratemperatura che, sommata alla temperatura ambiente (in genere si assume 35 °C), consente di definire la temperatura assoluta interna del quadro. Se questa resta, per i vari componenti del quadro, nei limiti fissati dalla tabella 6 la verifica è positiva. Algoritmo di calcolo della norma CEI 17-43 Se il quadro elettrico rispetta tutti i seguenti requisiti: – ha una corrente nominale InA non superiore a 1600 A; – soddisfa le condizioni di cui alla tabella 7; Tabella 7 – Condizioni per applicare la Norma CEI 17-43 nel calcolo della sovratemperatura interna di un quadro 1 - Uniformità, all'interno del quadro, della potenza dissipata. 2 - Assenza di ostacoli (apparecchi o strutture) che impediscano in modo significativo la circolazione dell'aria nella volumetria interna del quadro. 3 - Corrente nominale InC di ciascun circuito presente all'interno del quadro non superiore all'80% della corrente convenzionale termica in aria libera o alla corrente nominale In degli apparecchi installati nel circuito stesso. 4 - Minimizzazione delle perdite e delle correnti parassite per isteresi dei conduttori che portano una corrente maggiore di 200 A, grazie ad una corretta collocazione degli stessi. 5 - Tutti i conduttori devono avere una sezione minima basata sul 125% della corrente nominale ammessa del circuito associato. 6 - Aperture di ventilazione, sugli eventuali diaframmi interni orizzontali, di sezione non inferiore al 50% della sezione orizzontale complessiva dello scomparto. 7 - Aperture di uscita dell'aria di sezione almeno un 10% superiore a quelle di entrata. 8 - Presenza, in ogni scomparto del quadro, di non più di tre diaframmi orizzontali che separano la cella dalle altre. 47 il calcolo della temperatura può essere fatto per estrapolazione, seguendo la procedura della Norma CEI 17-43 (traduzione della Norma IEC 60890) che consiste nella costruzione, dal basso verso l'alto, della curva che descrive la mappa termica a regime del quadro, secondo valori di temperatura crescenti in modo lineare e che raggiungono il valore massimo proprio in corrispondenza della sommità dell'involucro. Tracciata la retta, per interpolazione lineare si ricava a qualsiasi altezza del quadro la sovratemperatura attesa all'interno dello stesso. Valore che sommato alla temperatura ambiente deve restare contenuto entro i limiti previsti per i vari componenti allocati all'interno del quadro in verifica. Nel caso in cui si potesse disporre di un esemplare di quadro già provato, l'adozione del metodo riportato nella Norma CEI 17-43 è consentito fino a correnti nominali del quadro non superiori a 3150 A, tramite l'estrapolazione dei risultati ottenuti sul quadro campione (parere del Sottocomitato 17D del CEI riportato nell’Appendice nazionale della Norma CEI EN 61439-1. Verifica di tenuta al corto circuito Il quadro elettrico deve essere costruito in modo che i suoi componenti resistano alle sollecitazioni termiche (sbarre nude, cavi, ecc.) e dinamiche (sugli isolatori, i supporti, la struttura, ecc.) derivanti dalla corrente di cortocircuito nel punto di installazione. A tal fine il quadro può essere protetto contro le correnti di cortocircuito mediante interruttori automatici o fusibili che possono essere installati nel quadro o a monte di esso. Premesso che in ogni caso la corrente di cortocircuito presunta dell'impianto nel punto d'installazione del quadro, fornita dal progettista dell'impianto, deve essere inferiore alla Icw o alla Icc del quadro, non sempre è necessaria la verifica della tenuta al corto circuito. Può essere, infatti, omessa nei seguenti casi: – quadri con Icc ≤ 10 kA oppure con Icw ≤ 10 kA; – quadri protetti da dispositivi limitatori di corrente aventi una corrente di picco limitata non superiore a 17 kA, in corrispondenza della corrente presunta di cortocircuito massima ammissibile, ai terminali del circuito di entrata del quadro; – circuiti ausiliari del quadro previsti per essere collegati a trasformatori la cui potenza nominale è ≤ 10 kVA con una tensione nominale secondaria Vn ≥ 110 V, oppure che non superi 1,6 kVA con una Vn secondaria < 110 V, e la cui impedenza di cortocircuito sia ≥ 4%. Le modalità di verifica ammesse sono due: mediante prova oppure mediante confronto o calcoli con il progetto di riferimento. Nel primo caso la verifica risulta impegnativa in quanto le prove sono numerose. Nel secondo caso la verifica è accertata mediante il confronto del quadro da verificare con un progetto (prototipo) già testato, da assumere a riferimento, e utilizzando la lista di controllo riportata nella 48 Tabella 8 – Prescrizioni da considerare nel confronto tra quadro in verifica e quadro prototipo Rif. N° Prescrizioni per il quadro sottoposto a verifica da confrontare con quelle del quadro prototipo 1 Il valore nominale di tenuta al cortocircuito di ogni circuito è minore o uguale? 2 Le dimensioni delle sezioni delle sbarre e dei collegamenti di ogni circuito sono maggiori o uguali? 3 Le distanze tra le sbarre e tra i collegamenti di ogni circuito del quadro sono maggiori o uguali? 4 I supporti delle sbarre di ogni circuito del quadro sono dello stesso tipo, forma e materiale ed hanno la stessa o minore distanza su tutta la dimensione longitudinale? La struttura di montaggio dei supporti delle sbarre è dello stesso progetto e tenuta meccanica? 5 I materiali e le caratteristiche dei materiali dei conduttori di ogni circuito del quadro sono uguali? 6 I dispositivi di protezione contro il cortocircuito di ogni circuito del quadro presentano lo stesso tipo di fabbricazione, hanno la stessa disposizione e uguali o migliori caratteristiche di limitazione (I2t, Ipk)? 7 La lunghezza dei conduttori attivi non protetti di ogni circuito non protetto è uguale o minore? 8 Se il quadro da verificare comprende un involucro, il progetto di riferimento comprendeva un involucro quando era stato provato? 9 L’involucro del quadro è dello stesso disegno e tipo ed ha almeno le stesse dimensioni? 10 Le celle di ogni circuito hanno lo stesso progetto meccanico ed almeno le stesse dimensioni? SI NO tabella 8. Nel caso che la risposta ad una o più domande della tabella fosse NO, si deve ricorrere all’utilizzo di calcoli oppure alla verifica mediante prova. L’utilizzo dei calcoli richiede che i circuiti principali del quadro siano verificati secondo la norma IEC 60865-1 (CEI 17-52) che fornisce le condizioni e le modalità per accertare che il quadro non debba sopportare sollecitazioni meccaniche e termiche più elevate della struttura già provata. Inoltre ogni circuito deve soddisfare le prescrizioni dei punti 6, 8, 9 e 10 della tabella 8. 49 Corrente di cortocircuito e idoneità del quadro all’impianto La verifica della tenuta alla corrente di cortocircuito di un quadro nel suo punto di installazione nell’impianto si basa principalmente su due parametri del quadro che sono: – la corrente nominale ammissibile di breve durata Icw; – la corrente nominale di cortocircuito condizionata Icc. Il quadro è idoneo o meno ad essere installato in un determinato punto dell’impianto se Icw o Icc sono maggiori o uguali alla corrente di cortocircuito presunta Icp nel punto di installazione. Deve essere verificato che i poteri d’interruzione degli apparecchi (eventualmente tramite back-up) all’interno del quadro siano compatibili con i valori di cortocircuito dell’impianto. Nel caso della corrente Icw si deve verificare anche che l’interruttore a monte del quadro presenti, per il valore della corrente di cortocircuito presunta Icp nel punto di installazione, un’energia specifica passante I2t = Icw . t (1) (generalmente t = 1 s) minore dell’energia specifica sopportata dal quadro ed una corrente di picco limitata Ip minore della Ipk dichiarata dal costruttore del quadro. I diagrammi di figura 4 illustrano il metodo per determinare la compatibilità del quadro con l’impianto. Fig. 4 (1) Questa relazione vale nell’ipotesi di adiabaticità del fenomeno, che non può superare perciò i 3 secondi. 50 Verifica delle caratteristiche dielettriche Fra i tre requisiti prestazionali principali che un sistema di quadri deve possedere, accanto alla tenuta termica e a quella di cortocircuito, ci sono le prestazioni dielettriche. La Norma CEI EN 61439-1 prevede due verifiche: con tensione di tenuta a frequenza industriale Ui , e con tensione di tenuta a impulso Uimp. Si ricorda che le diverse tensioni che caratterizzano un quadro sono via via crescenti (fig. 5): il valore minore è relativo alla tensione d’impiego Ue, funzione dell’effettivo valore di tensione dell’impianto; segue la tensione nominale Un dichiarata dal costruttore; si ha quindi la tensione d’isolamento Ui cui si riferiscono le prove dielettriche; ancora più elevata è la tensione di tenuta all’impulso Uimp che esprime il picco massimo impulsivo sopportabile dal quadro. Prova di tenuta dielettrica a frequenza industriale Questa prova, che si effettua in corrente alternata alla frequenza di 45 ÷ 65 Hz, consente di definire la tensione nominale d’isolamento Ui, ed è necessaria ed esclusiva, nel senso che non ammette verifiche alternative mediante confronto con il progetto di riferimento provato o attraverso verifica mediante valutazione. I valori efficaci delle tensioni di prova da applicare in laboratorio sono riportati nelle Tabelle 8 e 9 della CEI EN 61439-1. Prova di tenuta dielettrica all’impulso di tensione La prova all’impulso è necessaria per definire la tensione nominale di tenuta all’impulso Uimp. La capacità dei quadri di sopportare gli effetti derivanti da picchi e sbalzi della tensione, prodotti da cause atmosferiche, è determinata dalla tenuta dielettrica dell’aria che si trova tra le parti attive sulle quali si verifica l’impulso. Per verificare tale prestazione si deve effettuare una prova sperimentale che può essere condotta secondo tre modalità. In alternativa e con pari validità si può applicare anche la verifica mediante valu- Fig. 5 - Tensioni nominali che caratterizzano un quadro. 51 Tabella 9 – Minime distanze d’isolamento in aria Tensione nominale di tenuta ad impulso Uimp [kV] Minime distanze d’isolamento in aria [mm] ≤ 2,5 1,5 4 3 6 5,5 8 8 12 14 tazione che prevede di accertare che le distanze d’isolamento in aria tra tutte le parti in tensione e a rischio di scarica, siano almeno 1,5 volte i valori specificati dalla CEI EN 61439-1 (tabella 9). Le distanze d’isolamento in aria si possono verificare mediante misure fisiche, o mediante verifiche delle quote dei disegni progettuali. Va da se che, affinchè l’intero quadro possa assicurare una determinata Uimp, oltre alla prova o alla verifica mediante valutazione che giustificano tale specifica, deve essere equipaggiato anche con componenti caratterizzati da una Uimp uguale o maggiore. Protezione contro i contatti diretti La protezione contro i contatti diretti può essere ottenuta sia attraverso la costruzione stessa del quadro, sia mediante provvedimenti addizionali da adottare durante l’installazione (come, ad esempio, la collocazione del quadro entro un locale con accesso consentito al solo personale autorizzato). Le misure di protezione possono essere: Protezione mediante isolamento delle parti attive Le parti attive devono essere completamente ricoperte con un isolante che può essere rimosso solo mediante la sua distruzione. L’isolamento deve essere realizzato con materiali in grado di resistere nel tempo alle sollecitazioni meccaniche, elettriche e termiche a cui possono essere sottoposti durante il servizio. Protezione mediante barriere o involucri Tutte le superfici esterne devono presentare un grado di protezione non inferiore a IPXXB, mentre le superfici orizzontali accessibili, fino a un’altezza di 1,6 metri, devono avere grado minimo IPXXD. La distanza tra i dispositivi meccanici previsti per la protezione e le parti attive da essi protette non deve essere inferiore ai valori specificati per le distanze in aria e superficiali. Tutte le barriere e gli involucri devono essere fissati in modo sicuro al loro posto ed avere robustezza e durata sufficienti a resistere agli sforzi e alle sollecitazioni che possono manifestarsi in servizio nor52 male, in modo che le distanze di isolamento in aria non vengano ridotte. La rimozione delle barriere o l’apertura degli involucri deve essere possibile nel rispetto di una delle seguenti condizioni: – è richiesto l’uso di attrezzi o di una chiave; – se la barriera intermedia fornisce un grado di protezione almeno IPXXB deve poter essere rimossa solo mediante chiave o attrezzi; – dopo il sezionamento dell’alimentazione delle parti attive (il ripristino dell’alimentazione deve essere possibile solo dopo la richiusura delle barriere o degli involucri) Protezione dei quadri contro i contatti indiretti La protezione dei quadri contro i contatti indiretti può essere realizzata mediante uno dei seguenti sistemi: – circuiti di protezione; – isolamento completo; – separazione dei circuiti; – bassissima tensione di sicurezza (questo metodo può assicurare anche la protezione contro i contatti diretti). In pratica i sistemi prevalentemente utilizzati sono i primi due e solo per essi sono fornite alcune indicazioni. Protezione basata sul circuito di protezione Il circuito di protezione di un quadro (coordinato con il dispositivo per la disconnessione automatica dell’alimentazione) può essere costituito o da un conduttore di protezione separato o dalle parti conduttrici della struttura o da entrambi. Il circuito di protezione concorre ad assicurare (2): – la protezione contro gli effetti di guasti all’interno del quadro; – la protezione contro gli effetti di guasti nei circuiti esterni alimentati dal quadro. La continuità dei circuiti di protezione, siano essi costituiti dalle parti metalliche del quadro o da appositi conduttori, dev’essere assicurata mediante interconnessioni efficaci che garantiscano una (2) Un guasto all’isolamento è ipotizzabile nel tratto di conduttura tra l’ingresso al quadro ed il dispositivo di protezione. Per i quadri metallici sarebbe richiesta una protezione a monte (sulla linea di alimentazione) o la realizzazione della conduttura in classe II all’imbocco e all’interno del quadro sino al dispositivo di protezione. La Norma CEI 648/4 tuttavia considera di classe II i tratti di cavo compresi tra l’ingresso dell’alimentazione nel quadro metallico ed il dispositivo destinato alla protezione contro i contatti indiretti anche se sono sprovvisti di guaina isolante o non sono installati in tubi protettivi od in canali isolanti, purché: – abbiano la lunghezza strettamente necessaria ad effettuare la connessione ai terminali del dispositivo di protezione; – le connessioni, siano realizzate in accordo con le norme riguardanti il dispositivo di protezione e con le eventuali indicazioni di montaggio fornite dal costruttore del dispositivo di protezione e/o del quadro. 53 buona conduzione, costante nel tempo, ed una resistenza adeguata alle più elevate sollecitazioni termiche e dinamiche dovute alle correnti di guasto a terra che possono interessare il quadro. I mezzi di connessione per assicurare la continuità delle masse con i conduttori di protezione devono avere solo questa funzione. Se una parte del quadro viene rimossa, per esempio per manutenzione ordinaria, i circuiti di protezione della restante parte del quadro non devono risultare interrotti. Salvo casi eccezionali, i soli mezzi di sezionamento ammessi sui conduttori di protezione sono le sbarrette rimovibili con l’impiego di attrezzi ed accessibili solo al personale autorizzato. Nelle moderne strutture prefabbricate la continuità del circuito di protezione è assicurata dalle stesse giunzioni metalliche tra le parti della carpenteria come i montati, gli angolari, le chiusure di fondo, gli zoccoli, i pannelli ecc. che sono realizzate in lamiera prezincata e, se verniciate, sono serrate con apposite viti/dadi, in grado di rimuovere la vernice stessa e stabilire un intimo e duraturo contatto tra le parti prezincate. Non è necessario collegare al circuito di protezione le parti metalliche non pericolose, ossia quegli elementi del quadro che soddisfano ad almeno una delle seguenti condizioni: – non possono essere toccati con superfici estese del corpo o afferrati con le mani; – sono di piccola dimensione (circa 50 x 50 mm) o sono collocati in modo tale da escludere ogni contatto con le parti attive. Pertanto viti e targhette come pure elettromagneti di contattori, nuclei magnetici di trasformatori (se non dotati di appositi terminali), alcune parti di sganciatori ecc. non devono essere connessi a terra. Le parti metalliche interne ed inaccessibili (in quanto possono essere toccate solo dopo aver rimosso parte dell’involucro mediante attrezzi), quali ad esempio, i binari, le piastre di fissaggio, gli angolari, i distanziatori ecc. essendo parti intermedie non devono essere collegate a terra. Gli stessi elementi tuttavia possono diventare masse e vanno collegati a terra se risultano accessibili nel caso di quadri all’interno dei quali si deve accedere nell’esercizio ordinario. Coperchi, porte, piaste di chiusura ecc. sui quali non sono montati apparecchi elettrici (ad esclusione di quelli a bassissima tensione di sicurezza), si possono ritenere adeguatamente connessi a terra in quanto gli ordinari collegamenti con viti metalliche o cerniere metalliche sono ritenuti sufficienti ai fini della continuità elettrica. Viceversa se su tali elementi sono montati apparecchi elettrici si devono prendere misure atte ad assicurare la continuità dei circuiti di protezione e a tale fine è opportuno che queste parti siano provviste di un conduttore di protezione fissato saldamente e di sezione adeguata alla corrente d’impiego dell’apparecchio alimentato (per correnti sino a 20 A la sezione è uguale alla sezione del conduttore di alimentazione). Se le parti asportabili o estraibili hanno superfici metalliche di sup54 porto, tali superfici sono considerate sufficienti ai fini della continuità dei circuiti di protezione purché la pressione esercitata su di esse sia sufficientemente elevata. Il circuito di protezione di una parte estraibile deve rimanere tale dalla posizione di inserito alla posizione di prova incluse. Se la continuità può essere interrotta mediante connettori o dispositivi a prese e spina, il circuito di protezione dev’essere interrotto solo dopo che sono stati interrotti i conduttori attivi e la sua continuità dev’essere ripristinata prima del ripristino della continuità dei conduttori attivi. Dimensionamento del circuito di protezione Nel quadro la sezione dei conduttori di protezione (PE, PEN) destinati ad essere connessi a conduttori esterni deve essere determinata utilizzando la formula riportata nella tabella 10 (a pag. 56). La formula è utilizzata per calcolare la sezione dei conduttori di protezione necessaria per sopportare le sollecitazioni termiche causate da correnti di durata dell’ordine compreso tra 0,2 s e 5 s. Se l’involucro del quadro è usato come parte di un circuito di protezione, la sua sezione dev’essere elettricamente almeno equivalente alla sezione minima specificata per il conduttore di protezione. Ai fini della determinazione della sezione dei conduttori di protezione occorre tenere presente che nel caso dei sistemi TN il valore dell’impedenza dell’anello di guasto deve soddisfare le condizioni richieste per il funzionamento del dispositivo di protezione previsto. Per i conduttori PEN si devono inoltre applicare le seguenti prescrizioni supplementari: – la sezione minima deve essere di 10 mm2 per un conduttore in rame e di 16 mm2 per un conduttore in alluminio; – la sezione del conduttore PEN non deve essere inferiore a quella del conduttore di neutro; – i conduttori PEN possono non essere isolati all’interno del quadro; – le parti della struttura non devono essere utilizzate come conduttore PEN, ad eccezione delle guide di montaggio in rame o alluminio. Criteri di scelta del dispositivo di protezione Il dispositivo posto a protezione del quadro contro i contatti indiretti deve intervenire per guasto a massa entro i tempi stabiliti dalle norme per la protezione del corpo umano. In pratica se il quadro è inserito in sistemi TT è necessaria una delle seguenti misure: isolamento doppio o rinforzato delle connessioni di entrata, oppure protezione con interruttore differenziale sui circuiti di entrata. Nei sistemi TN, per la protezione contro i contatti indiretti può essere utilizzato un interruttore magnetotermico purché i tempi di intervento siano: – inferiori a 5 s nei quadri di distribuzione o che alimentano apparecchi fissi; 55 Tabella 10 – Dimensionamento dei conduttori di protezione isolati o nudi ma in contatto con il rivestimento di cavi Sp ≥ √ I2 t K dove: Sp – sezione espressa in mm2; I – valore efficace della corrente di guasto (A) che percorre il dispositivo di interruzione, per guasto di impedenza trascurabile; t – tempo d'intervento del dispositivo d'interruzione (durata compresa tra 0,2 e 5 s); K – coefficiente che dipende dal materiale del conduttore di protezione, dall'isolamento e da altri elementi, oltre che dal valore iniziale (30 °C) e finale della temperatura. Isolante del conduttore di protezione e del rivestimento dei cavi Temperatura finale PVC XLPE, EPR, conduttori nudi Gomma butilica 160 °C 250 °C 220 °C Valori di K Rame 143 176 166 Alluminio 95 116 110 Acciaio 52 64 60 – inferiori a 0,4 s per quadri di circuiti terminali o che alimentano apparecchi mobili. Isolamento in classe II La protezione contro i contatti indiretti può essere realizzata mediante isolamento completo ottemperando alle seguenti prescrizioni: 1 – gli apparecchi devono essere completamente racchiusi in un involucro di materiale isolante che equivale al doppio isolamento o all’isolamento rinforzato (classe II). L’involucro deve riportare il simbolo ; 2 – l’involucro isolante non dev’essere attraversato in alcun punto da parti conduttrici tramite le quali sia possibile che una tensione di guasto venga portata all’esterno dell’involucro stesso (ad esempio gli organi di comando, che per ragioni costruttive attraversano l’involucro, devono essere adeguatamente isolati all’interno o all’esterno). 3 – l’involucro, quando l’apparecchiatura è pronta per il funzionamento e collegata all’alimentazione, deve racchiudere tutte le parti 56 attive, le masse e le parti costituenti il circuito di protezione in modo che queste non possano essere toccate. L’involucro deve avere un grado di protezione non inferiore a IP2XC; 4 – le masse all’interno dell’apparecchiatura non devono essere collegate al conduttore di protezione. Ciò vale pure per gli apparecchi incorporati, anche se questi hanno un terminale di connessione per il circuito di protezione; 5 – se le porte o le coperture dell’involucro possono essere aperte senza l’uso di chiave o di altro attrezzo, si deve prevedere un ostacolo di materiale isolante che costituisca una protezione contro i contatti accidentali non solo con le parti attive accessibili, ma anche con le masse che diventano accessibili soltanto dopo la rimozione delle coperture; tale ostacolo non deve poter essere rimosso senza l’uso di un attrezzo. Targa del quadro La norma esige che ogni quadro sia dotato di una o più targhe che riportino il nome del costruttore, che si assume la responsabilità dell'insieme, il quale, in caso di commercializzazione del manufatto, dovrà dichiarare e marcare CE; mentre in caso di fornitura è installazione del manufatto, dovrà inserirlo nella Dichiarazione di Conformità ai sensi del D.M. 37/08. Sulla targa (o sulle targhe) del quadro, oltre al nome o marchio di fabbrica del costruttore devono sempre comparire: a) l’indicazione inequivocabile del tipo o del numero di identificazione o altro che consenta di ottenere dal costruttore del quadro le informazioni attinenti; b) la data di costruzione; c) l’indicazione della norma specifica della serie EN 61439-X a cui il costruttore si è riferito per progettare e realizzare il quadro. Per quanto attiene il dato "c", la norma chiede solo l'indicazione della norma specifica di applicazione, dando per implicita la conformità alla norma generale CEI EN 61439-1. In altri termini, sulla targa di un quadro di distribuzione di potenza dovrà comparire solo l'indicazione della Norma CEI EN 61439-2. Sulla targa possono altresì essere riportate tutte le indicazioni che il costruttore ritiene utile fornire. Tutte le altre informazioni inerenti il quadro devono essere inserite nella documentazione di supporto. Documentazione tecnica di supporto Il quadro elettrico deve essere sempre accompagnato da una documentazione tecnica di supporto che, oltre agli schemi, riporti le informazioni utili in relazione alla tipologia del quadro e alla sua destinazione d'uso. In tale documentazione devono essere contenute anche le istruzioni per l’installazione, messa in servizio, funzionamento e manutenzione del quadro. 57 Verifiche individuali Le verifiche individuali (collaudo finale) prescritte dalla norma e a carico del “costruttore del quadro” consistono nei controlli eseguiti su ciascun quadro dopo la fabbricazione per accertare la presenza di difetti nei materiali, nella fabbricazione e accertare il corretto funzionamento del quadro assemblato e quindi, in ultima analisi, per confermare che il quadro soddisfi le prescrizioni della norma applicabile. Tali verifiche riguardano: – Gradi di protezione IP dell’involucro mediante esame a vista. – Distanze d’isolamento in aria e superficiali che non devono essere inferiori ai valori riportati nella tabella 9 (a pag. 52). La verifica si effettua a vista quando le distanze sono visibilmente superiori al necessario; diversamente tali distanze devono essere misurate fisicamente. Se le distanze risultano inferiori ai valori minimi della tabella 9 si deve effettuare una prova alla tensione di tenuta all’impulso. – Protezione contro la scossa elettrica ed integrità dei circuiti di protezione: la verifica è basata su un esame a vista per controllare le misure di protezione contro i contatti diretti e quelle in caso di guasto. I collegamenti avvitati o imbullonati possono essere verificati a campione. – Installazione degli apparecchi di manovra e dei componenti: si verifica l’effettiva corrispondenza tra apparecchi installati e quelli previsti nel progetto del quadro, indicati nelle istruzioni di costruzione. – Circuiti elettrici interni e collegamenti: si verifica a campione il serraggio delle viti e dei bulloni. I conduttori devono essere controllati in accordo con le istruzioni di costruzione del quadro. – Terminali per conduttori esterni: si controlla la corrispondenza del numero, tipo e identificazione dei terminali con lo schema di cablaggio contenuto nelle istruzioni di costruzione del quadro. – Funzionamento meccanico: si deve controllare l’efficacia degli elementi meccanici di manovra, dei blocchi e degli interblocchi, compresi quelli associati con le parti asportabili. – Proprietà dielettriche: per questa verifica si deve effettuare una prova di tenuta a frequenza di esercizio con durata di 1 secondo su tutti i circuiti; questa prova tuttavia non deve essere effettuata sui circuiti ausiliari quando sono protetti da un dispositivo di protezione contro il cortocircuito con valore nominale non superiore a 16 A oppure se è stata eseguita in precedenza una prova di funzionamento elettrico alla tensione nominale di impiego per cui i circuiti ausiliari sono stati progettati. In alternativa per i quadri con protezione nominale in entrata fino a 250 A, si può eseguire la verifica della resistenza di isolamento mediante uno strumento di misura con tensione di almeno 500 V c.c. La prova si ritiene superata se la resistenza di isolamento tra circuiti e masse è di almeno 1000 ohm/volt per ciascun circuito (riferita alla tensione di alimentazione verso terra di tali circuiti). 58 – Cablaggio, prestazioni in condizioni operative e funzionalità: si deve verificare che le informazioni e le targhe del quadro siano complete. In funzione della complessità del quadro, infine, può essere necessaria una prova di funzionamento elettrico in particolare quando sono presenti interblocchi complessi, sistemi di controllo sequenza ecc. Queste prove possono essere effettuate in qualsiasi ordine di successione. Il fatto che le verifiche individuali siano effettuate dal “costruttore del quadro”, non esonera l’installatore dall’effettuarle nuovamente dopo il trasporto e l’installazione del quadro. Criteri pratici per la realizzazione del quadro Assemblaggio del quadro elettrico L’assemblaggio dei diversi componenti meccanici ed elettrici (involucri, sbarre, unità funzionali, ecc.), che compongono il sistema quadro progettato dal costruttore originale, deve essere fatto seguendo con scrupolosità le istruzioni di montaggio fornite nella documentazione tecnica (catalogo tecnico o manuale) del costruttore stesso. Si inizia assemblando i componenti della carpenteria (talvolta già pronta come monoblocco). Si passa quindi all’inserimento interno dei dispositivi, che per quadri di piccola e media taglia, può essere eseguito più agevolmente disponendo l’involucro orizzontalmente su cavalletti. L’accessibilità interna risulta più agevole operando senza i fianchi metallici della carpenteria, lasciando, per così dire, a nudo l’intero cablaggio interno. É opportuno procedere montando gli apparecchi dal centro verso l’esterno, cablando man mano i cavi e inserendoli nelle relative canaline. Particolare attenzione deve essere posta nel rispettare le distanze minime in aria e superficiali tra le diverse parti attive e la massa. Posizionamento degli interruttori La disposizione degli apparecchi sul fronte quadro è compito del costruttore del quadro che, conoscendo le caratteristiche dell’impianto, il luogo d’installazione e l’effettivo utilizzo del quadro, può realizzare la configurazione ottimale. In genere risulta opportuno collocare gli interruttori in modo da rendere i percorsi dei conduttori soggetti alle correnti più elevate quanto più possibile ridotti, in tal modo si limita la potenza dissipata all’interno del quadro con benefici dal punto di vista termico. Nei quadri con molte colonne è consigliabile, ove possibile, posizionare l’interruttore generale nella colonna centrale. In questo modo si divide immediatamente la corrente nei due rami del quadro e si può ridurre la sezione delle barre di distribuzione principale. Per facilitare la manovra dei grossi apparecchi è opportuno posizionarli tra 0,8 m e 1,6 m da terra. Collocando in basso gli interruttori 59 più grossi e quindi più pesanti si ottiene inoltre una migliore stabilità del quadro sopratutto durante il trasporto e l’installazione. Tenuto conto che nei quadri la temperatura varia in senso verticale: più fredda nelle zone più basse e più calda in quelle in alto, è consigliabile la collocazione in basso anche per gli apparecchi attraversati da una corrente prossima al valore nominale (che hanno una maggior dissipazione termica) ed in alto gli apparecchi attraversati da una corrente minore del valore nominale. Quadri per uso domestico e similare Per i quadri di potenza limitata, destinati ad impianti civili e similari, che rientrano nell’ambito di applicazione della Norma CEI 23-51 gli adempimenti normativi sono semplificati, in particolare per i quadri alimentati da sistemi monofasi con corrente nominale non superiore a 32 A. La norma è applicabile ai quadri per uso domestico e similare che soddisfano tutte le seguenti condizioni: – sono quadri per distribuzione ad installazione fissa; – sono adatti ad essere utilizzati a temperatura ambiente non superiore a 25 °C (in genere, ma che occasionalmente può raggiungere i 35 °C); – sono previsti per impiego con tensione nominale ≤ 440 V; – la “corrente nominale in entrata” non è superiore a 125 A; – la corrente di cortocircuito presunta nel punto di installazione del quadro non supera i 10 kA o, alternativamente, il quadro è protetto da un interruttore limitatore o da fusibili che limitano il valore di picco della corrente di cortocircuito a 15 kA in corrispondenza del potere d’interruzione nominale del dispositivo stesso. Qualora una sola delle condizioni indicate non dovesse essere rispettata il quadro deve risultare conforme alla Norma CEI EN 61439-3 (CEI 17-116). Definizioni – Corrente nominale in entrata (Ine) è il valore della corrente del dispositivo di protezione e manovra in entrata Ing moltiplicato per il fattore di utilizzo Ke: Ine = Ing · Ke Nel caso le linee di alimentazione del quadro fossero più di una, Ine è la somma delle correnti nominali di tutti i dispositivi di protezione e manovra in entrata, destinati ad essere utilizzati contemporaneamente, moltiplicata per il fattore di utilizzo Ke: Ine = (Ing1 + Ing2 + Ing3 + ...) Ke – Corrente nominale in uscita (Inu) è la somma delle correnti nominali di tutti i dispositivi di protezione e manovra in uscita destinati ad essere utilizzati contemporaneamente: 60 Inu = In1 + In2 + In3 + ... – Corrente nominale del quadro (Inq) è il valore più basso tra la corrente nominale in entrata Ine e la corrente nominale in uscita Inu. Qualora non fossero presenti nel quadro dispositivi di protezione e manovra in entrata, la corrente nominale del quadro si identifica con la corrente nominale in uscita Inu. – Potenza dissipata dai dispositivi di protezione e manovra (Pdp) è la somma delle potenze dissipate da ciascun dispositivo di protezione e manovra i cui valori sono determinati tenendo conto dei fattori di utilizzo Ke e di contemporaneità K. – Potenza dissipata dagli altri componenti (Pau) è la potenza dissipata dagli altri componenti installati nel quadro (ad esempio lampade di segnalazione ad incandescenza, trasformatori per suoneria, citofonia ecc.). Si tiene conto di questa potenza se assume valori significativi rispetto a Pdp. – Potenza totale dissipata nel quadro (Ptot) é la somma della potenza dissipata dai dispositivi di protezione e manovra (Pdp), aumentata del 20% per tener conto di collegamenti, prese a spina, relè, timer, piccoli apparecchi ecc., e della potenza dissipata dagli altri componenti installati nel quadro (Pau): Ptot = Pdp + 0,20 Pdp + Pau – Potenza massima dissipabile dall’involucro (Pinv) è il valore, dichiarato dal costruttore, della potenza dissipabile all’interno dell’involucro nel rispetto dei limiti di sovratemperatura e nelle condizioni d’installazione previste. – Fattore di utilizzo Ke relativo al dispositivo di protezione in entrata: è il rapporto tra la corrente in uscita e la corrente nominale del dispositivo; Ke è assunto convenzionalmente pari 0,85, tuttavia se sono note le correnti effettivamente assorbite dai carichi e la loro somma (Σ Ic) è inferiore a 0,85 volte la corrente nominale del dispositivo in entrata, si può utilizzare il rapporto Σ Ic /Ing (essendo Ing la corrente nominale del dispositivo di protezione in entrata). – Fattore di contemporaneità (K ) dei dispositivi in uscita: rapporto tra l’effettiva corrente assorbita dal carico e la corrente nominale del dispositivo di protezione in uscita Ic /In; se le effettive correnti assorTabella 11 – Fattori di contemporaneità Numero circuiti principali Fattore di contemporaneità (K) 2÷3 0,8 4÷5 0,7 6÷9 0,6 10 e più 0,5 61 bite dai carichi non sono note si possono utilizzare i valori indicati nella tabella 11. Si noti che nel calcolo della potenza totale dissipata i fattori Ke e K (che equivalgono ad un rapporto tra correnti) devono essere elevati al quadrato in quanto la potenza è proporzionale al quadrato della corrente. Targa di identificazione I quadri devono riportare una targa indelebile (anche se posta dietro una copertura mobile, ad esempio lo sportello) con i seguenti dati (fig. 6): – nome o marchio del costruttore; – elemento di identificazione del quadro (tipo, numero o altro mezzo); – tensione nominale di funzionamento; – corrente nominale del quadro e frequenza; – natura e frequenza della corrente; – grado di protezione (se superiore a IP2XC). Impiego di involucri conformi alle norme I quadri considerati dalla Norma CEI 23-51, se realizzati mediante componenti conformi alla relative norme di prodotto, sono ritenuti conformi alla regola dell’arte senza ulteriori prove se non alcune verifiche di cui si dirà più avanti. In particolare se l’involucro è conforme alla Norma CEI 23-49, si può ritenere abbia già superato le seguenti verifiche (effettuate dal costruttore dell’involucro): – protezione nei riguardi della penetrazione di corpi solidi e di acqua (grado di protezione); – resistenza meccanica all’impatto; – resistenza dei materiali isolanti al calore; – resistenza del materiale isolante al calore anormale ed al fuoco; – resistenza alla ruggine ed all’umidità. Pertanto tali verifiche non devono essere ripetute dall’installatore che assembla il quadro. Fig. 6 62 Tabella 12 – Verifiche e prove da eseguire sui quadri di distribuzione per uso domestico con circuito d'ingresso monofase e Inq ≤ 32 A Caratteristiche Verifiche /Prove Costruzione ed identificazione Controllo visivo per accertare la conformità del quadro agli schemi circuitali, ai dati tecnici ecc. e che i dati di targa siano completi. Cablaggio, funzionamento meccanico e, se necessario, funzionamento elettrico Verifica del corretto montaggio e cablaggio degli apparecchi, del funzionamento meccanico e, se necessario, del funzionamento elettrico. Quadri monofasi con corrente nominale Inq ≤ 32 A Per i quadri con circuito d’ingresso monofase e corrente nominale Inq ≤ 32 A la norma consente di ridurre ulteriormente gli adempimenti a carico del costruttore purché i quadri siano realizzati con involucri e apparecchi conformi alle rispettive norme di prodotto e il grado di protezione non sia compromesso durante il montaggio dei componenti. Per questi quadri, se l’involucro è conforme alla Norma CEI 23-49, le prove da effettuare al termine dell’assemblaggio sono indicate nella tabella 12. Quadri con corrente nominale Inq ≤ 125 A Per i quadri alimentati da circuiti monofasi o trifasi e corrente nominale non superiore a 125 A le prove e verifiche da effettuare al termine dell’assemblaggio sono indicate nella tabella 13; in particolare è necessario effettuare la verifica dei limiti di sovratemperatura. La verifica tuttavia si riduce al controllo della seguente relazione: Ptot ≤ Pinv ossia nel verificare che la potenza totale dissipata dai dispositivi installati nel quadro Ptot non sia superiore alla massima potenza che il quadro è in grado di dissipare Pinv affinché la temperatura del quadro non risulti superiore a quella massima ammessa. Esempio 1 Si consideri lo schema unifilare di figura 7 che riporta anche i dati delle apparecchiature di manovra e protezione e le potenze dissipate da ciascun polo (p) e si supponga di scegliere un involucro in grado di dissipare la potenza Pinv = 42 W. 1 - I valori delle correnti di entrata, uscita e del quadro sono: – Corrente di entrata: Ine = Ing· Ke = 40· 0,85 = 34 A; 63 Tabella 13 – Verifiche e prove da eseguire sui quadri di distribuzione per uso domestico e similare con corrente nominale Inq ≤ 125 A Caratteristiche Verifiche /Prove Costruzione ed identificazione Controllo visivo per accertare la conformità del quadro agli schemi circuitali, ai dati tecnici ecc. e che i dati di targa siano completi. Limiti di sovratemperatura Verifica che la potenza totale dissipata dal quadro (Ptot) sia inferiore alla potenza massima dissipabile dall'involucro (Pinv). Resistenza d'isolamento Verifica della resistenza di isolamento mediante strumento in grado di fornire una tensione di almeno 500 V. La misura deve essere effettuata tra ogni conduttore attivo e le masse e tra i conduttori attivi. La resistenza d'isolamento è ritenuta adeguata se tra i circuiti e le masse si rileva almeno 1000 ohm/V per ciascun circuito (valore riferito alla tensione nominale verso terra di ciascun circuito). Efficienza dei circuito di protezione (solo per involucri metallici) Si effettua un esame a vista e, se necessario, si esegue la prova della continuità del circuito di protezione (si verifica che la resistenza tra il terminale d'ingresso del conduttore di protezione e la massa ad esso collegata sia sufficientemente bassa). Cablaggio, funzionamento meccanico e, se necessario, funzionamento elettrico Verifica del corretto montaggio e cablaggio degli apparecchi, del funzionamento meccanico e, se necessario, del funzionamento elettrico. Fig. 7 64 – Corrente in uscita: Inu = In1 + In2 + In3 = 20 + 25 + 16 = 61 A; – Corrente nominale del quadro: Inq = minore tra Ine = 34 A ed Inu = 61 A per cui: Inq = 34 A 2 - Verifica dei limiti di sovratemperatura: – Calcolo della potenza dissipata dai dispositivi di manovra e protezione avendo posto K = 0,8 (vedi tabella 12 per 3 circuiti d’uscita): Pdp = 3 pg · Ke2 + 3 K 2 (p1 + p2 + p3) Pdp = 3· 4,6 · 0,852 + 3 · 0,82 (3,1 + 4,2 + 2,6) = 28,98 W – Calcolo della potenza totale dissipata nel quadro: Ptot = Pdp + 0,2 Pdp + Pau = 28,98 + 0,2 · 28,98 + 6 = 40,8 W essendo Pau la potenza complessiva dissipata dagli altri dispositivi installati nel quadro. 40,8 ≤ 42 W – Verifica: Ptot ≤ Pinv Esempio 2 Si consideri lo schema unifilare di figura 8 e si supponga di utilizzare un involucro in grado di dissipare la potenza Pinv = 20 W. In questo caso sono note le correnti (Ic) effettivamente assorbite dai carichi. 1 - Determinazione dei fattori di utilizzo Ke e contemporaneità K. Poiché la somma delle correnti in uscita è inferiore all’85 % della corrente in entrata i coefficienti di utilizzo e contemporaneità possono essere calcolati con le relazioni: Ke = Σ Ic Ing = Ic1 + Ic2 + Ic3 Ing = 12 + 8,5 + 13 40 = 0,84 Fig. 8 65 K1 = Ic1 In1 = 12 16 = 0,75 K3 = Ic3 In3 K2 = = 13 16 Ic2 In2 = 8,5 10 = 0,85 = 0,81 2 - Le correnti nominali di entrata, di uscita e del quadro sono rispettivamente: – Corrente di entrata: Ine = Ing · Ke = 40· 0,84 = 33,6 A; – Correnti di uscita: Inu = In1 + In2 + In3 = 16 + 10 + 16 = 42 A; – Corrente nominale quadro: Inq = minore tra Ine = 33,6 A ed Inu = 42 A Inq = 33,6 A 3 - Verifica dei limiti di sovratemperatura: – Calcolo della potenza dissipata dai dispositivi di manovra e protezione: Pdp = 2 pg · Ke2 + 2 p1 · K12 + 2 p2 · K22 + 2 p3 · K32 Pdp = 2 · 4,6 · 0,842 + 2 · 2,6 · 0,752 + 2 · 2,5 · 0,852 + 2 · 2,6 · 0,812 = = 16,44 W (su carta intestata) DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ ALLA REGOLA DELL'ARTE Il prodotto: QUADRO DI DISTRIBUZIONE ............................................ Dati principali: Tensione nominale: ........................................................ Corrente nominale dei quadro (Inq):.................................. Grado di protezione: IP .................................................... .......................................................................................... .......................................................................................... è conforme alla norma: “Norma Sperimentale CEI 23-51: Prescrizioni per la realizzazione, la verifica e le prove dei quadri di distribuzione per installazioni fisse per uso domestico e similare”. Luogo, ................................................... Data ......................................... Denominazione sociale (Firma del Legale Rappresentante) 66 Fig. 9 – Calcolo della potenza totale dissipata nel quadro Ptot = Pdp + 0,2 Pdp + Pau = 16,44 + 0,2 · 16,44 + 0 = 19,7 W – Verifica: Ptot ≤ Pinv 19,7 ≤ 20 Documentazione da allegare al quadro Il costruttore del quadro deve predisporre una documentazione comprendente: – dichiarazione di conformità alla regola dell’arte sul tipo di quella indicata nel riquadro della pagina precedente; – schema unifilare e tabella dei dati tecnici dei componenti (vedi esempio in figura 9); – per i quadri con corrente nominale ≤ 125 A la relazione di verifica dei limiti di sovratemperatura, indicando i calcoli effettuati per la determinazione della potenza totale dissipata. 67 Quadri di distribuzione destinati ad essere utilizzati da persone comuni (DBO) I DBO sono quadri per la distribuzione dell'energia elettrica nelle applicazioni domestiche e in altri luoghi dove è previsto il loro utilizzo da parte di persone comuni. Tenuto conto che le operazioni di manovra o di sostituzione fusibili sono effettuate da persone che possono non conoscere i rischi legati all'uso della corrente elettrica, questi quadri devono presentare, oltre alle caratteristiche richieste dalla norma generale, anche quelle specifiche della Norma CEI EN 61439-3: – esecuzione in involucro e installazione fissa (anche incassata); – uso interno o esterno; – corrente nominale dei circuiti di uscita non superiore a 125 A, mentre la corrente nominale del quadro non supera i 250 A; – circuiti d'uscita protetti da dispositivi destinati ad essere utilizzati da persone comuni; – tensione nominale verso terra non superiore a 300 V (solo c.a.); – grado minimo di protezione dell’involucro IP2XC; – grado di protezione contro l'impatto meccanico IK 05 per quadri di uso interno, IK 07 per quadri di uso esterno; – elevata resistenza alla ruggine delle parti metalliche; – particolare resistenza al calore dei materiali isolanti. Quadri ASC per cantieri Nei cantieri edili l'impianto elettrico è soggetto alle prescrizioni della norma CEI 64-8/7 nella quale sono trattati gli ambienti e le applicazioni particolari tra cui, appunto, i "cantieri di costruzione e di demolizione". Un valido aiuto agli impiantisti, viene dato inoltre dalla Guida CEI 64-17 ed. 2010-2 che fornisce interessanti informazioni e 68 suggerimenti per l'installazione degli impianti elettrici e raccomandazioni relative ai circuiti alimentati da prese a spina destinate all'alimentazione di apparecchi elettrici di cantiere che possono essere utilizzati da personale non addestrato. L'esecuzione dell'impianto elettrico dei cantieri è soggetta anche al DM 37/08 e al Titolo IV del D.Lgs. 81/08 che si occupa della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. L'impianto elettrico di cantiere è escluso dall'obbligo del progetto ma l'installatore è tenuto a rilasciare la dichiarazione di conformità. Si ricordano inoltre l'art. 117 del D.Lgs. 81/08 e l'art. 73 del D.Lgs. 106/09 riguardanti le distanze di sicurezza dalle linee elettriche. Nell'impianto elettrico di cantiere sono fondamentali i quadri elettrici destinati alla distribuzione dell'energia che devono essere costruiti in conformità alle prescrizioni della norma CEI EN 61439-4 "Apparecchiature assiemate di protezione e di manovra per bassa tensione (quadri BT), Parte 4: Prescrizioni particolari per apparecchiature assiemate per cantiere (ASC)". La norma definisce i quadri ASC: "Combinazione di uno o più dispositivi di trasformazione o di manovra e interruzione con gli associati apparecchi di comando, misura, segnalazione, protezione e regolazione, con tutte le loro interconnessioni elettriche e meccaniche interne comprese le loro parti strutturali, progettate e costruite per l'uso in tutti i cantieri, all'interno e all'esterno". I quadri di cantiere possono essere per installazione trasportabile, oppure mobile: il primo tipo può essere spostato, ma solo in assenza di tensione, mentre il secondo tipo può essere spostato sotto tensione. Le condizioni ambientali presenti nei cantieri impongono che i quadri elettrici abbiano caratteristiche particolari ai fini della funzionalità e della sicurezza del personale presente in cantiere. La Norma CEI EN 61439-4, che integra la norma generale, contiene pertanto prescrizioni più restrittive, inerenti: – il grado di protezione minimo, che dev’essere almeno IP44, con tutte le porte chiuse e i pannelli asportabili montati (il grado di protezione per il fronte di comando all'interno di una porta può essere IP21 purchè la porta possa essere chiusa in tutte le condizioni di utilizzo, diversamente il grado di protezione deve essere non meno di IP44); – le prese a spina non protette dall'involucro del quadro devono avere un grado di protezione almeno IP44 con spina disinserita o completamente inserita; – l’attuatore del dispositivo principale di chiusura e di interruzione che dev’essere facilmente accessibile; 69 – la protezione contro la corrosione; – la resistenza alla radiazione ultravioletta; – la resistenza meccanica (il quadro deve superare specifiche prove di impatto e d'urto); – la completezza dei dati di targa che devono comprendere anche il tipo di corrente, la tensione nominale e la corrente nominale del quadro, il grado di protezione e la massa (quando superiore a 30 kg); – le informazioni supplementari che devono essere inserite nella documentazione tecnica del costruttore fornita col quadro. Un ASC è costituito da un'unità di entrata e una o più unità di uscita (queste ultime possono svolgere anche la funzione di alimentare altri ASC) e può incorporare una o più unità di misura o di trasformazione. In base alla funzione svolta i quadri ASC possono essere classificati del seguente modo: 70 Quadro di arrivo Quadro come uscite dirette Quadro principale Quadro di piano/zona Quadro portatile Quadro di trasformazione L'unità d'uscita deve comprendere i dispositivi per il sezionamento, l'inserzione e la disinserzione del carico (facilmente accessibili), le protezioni contro le sovracorrenti e contro i contatti indiretti. Ai fini della protezione contro i contatti indiretti la Norma CEI 648/7 prescrive che nei cantieri la tensione di contatto limite convenzionale non sia superiore a 25 V c.a. e 60 V c.c. e che le prese a spina e gli apparecchi utilizzatori permanentemente connessi, aventi correnti nominali minori di 32 A, siano protetti da dispositivi differenziali con Idn ≤ 30 mA. Crea il tuo quadro con il nuovo software ASC COMPOSER solo su: www.palazzoli.it In conformità alle Norme EN 61439-1, 61439-4 Con: ● Preventivo ● Protezioni Automatiche ● Protezioni Differenziali ● Dichiarazione di conformità ● Prove individuali ● Cavi da utilizzare ● Schema Elettrico 71 IMPIANTI ELETTRICI PRESCRIZIONI GENERALI CLASSIFICAZIONI E DEFINIZIONI Un impianto elettrico è il complesso di componenti elettrici, anche a tensioni nominali diverse, destinato alla produzione, distribuzione e utilizzazione dell’energia elettrica. Fanno parte dell’impianto elettrico tutti i componenti elettrici non alimentati da prese a spina, i relativi dispositivi di interruzione, sezionamento, protezione e gli apparecchi utilizzatori fissi alimentati tramite prese a spina destinate unicamente alla loro alimentazione. Origine dell’impianto è il punto di consegna dell’energia elettrica, se l’impianto è alimentato da rete pubblica, oppure i morsetti di uscita del trasformatore o del generatore (se esistente) nel caso di autoproduttore di energia. Si intende invece con il termine sistema elettrico la parte di un impianto costituita dai componenti aventi tutti una determinata tensione nominale. Di seguito saranno esaminati i soli impianti elettrici utilizzatori, ossia il complesso costituito dai circuiti di alimentazione degli apparecchi utilizzatori e delle prese a spina e dalle apparecchiature di manovra, sezionamento, interruzione e protezione, che ha origine, in genere, nel punto di allacciamento alla rete di distribuzione pubblica, subito a valle degli organi di misura, di limitazione e di consegna dell’energia elettrica. La figura 1 riporta lo schema elettrico semplificato a struttura radiale, tipico degli impianti utilizzatori alimentati da rete pubblica. Fig. 1 72 Gli impianti elettrici utilizzatori che richiedono potenze maggiori sono generalmente alimentati tramite una cabina di trasformazione. Natura e numero dei conduttori La Norma CEI 64-8 definisce i conduttori degli impianti elettrici in relazione alla funzione svolta: – conduttori di fase (L), i conduttori attivi destinati a fornire energia elettrica agli apparecchi utilizzatori; – conduttore di neutro (N), il conduttore collegato al punto di neutro del sistema ed in grado di contribuire alla trasmissione dell’energia elettrica mettendo a disposizione una tensione diversa da quella esistente fra le fasi; – conduttore di protezione (PE), è prescritto per realizzare la protezione contro i contatti indiretti delle masse: – conduttore PEN, che svolge insieme le funzioni sia di conduttore di protezione sia di conduttore di neutro; – conduttore mediano M nei circuiti a corrente continua; – conduttore PEM, che unisce le funzioni di conduttore di protezione e conduttore mediano nei circuiti a corrente continua. Sistemi di conduttori attivi La norma considera i seguenti sistemi di conduttori attivi: 73 Classificazione dei sistemi elettrici in relazione al loro modo di collegamento a terra In relazione alla situazione di un punto del sistema elettrico (in genere del neutro) rispetto alla terra e delle masse dell’impianto rispetto alla terra, i sistemi elettrici vengono classificati mediante due lettere di cui la prima indica la relazione esistente tra sistema elettrico e la terra e la seconda la relazione tra le masse dell’impianto e la terra. Prima lettera Seconda lettera Situazione del sistema elettrico rispetto alla terra T - collegamento diretto a terra di un punto del sistema elettrico (in genere il neutro) I - tutte le parti attive sono isolate da terra o un punto (in genere il neutro) è collegato a terra tramite impedenza di valore elevato Situazione delle masse dell'installazione rispetto alla terra T - connessione elettrica diretta tra le masse e la terra N - connessione elettrica diretta tra le masse e il punto, in genere il neutro, connesso a terra del sistema elettrico (se il neutro non è disponibile tale punto può essere un conduttore di fase) I sistemi di distribuzione che ne risultano sono: TT – tipico delle utenze alimentate in bassa tensione; TN – relativo alle utenze alimentate in media tensione tramite una propria cabina di trasformazione; a seconda che le funzioni di neutro N e di protezione PE siano svolte da due conduttori separati (N e PE) o da un singolo conduttore (PEN) si hanno i seguenti sistemi: ● TN-S - neutro e conduttore di protezione separati; ● TN-C - unico conduttore per neutro e PE; Simboli di designazione dei conduttori N, M, PE, PEN, PEM Conduttore di neutro (N) o mediano (M) Conduttore di protezione PE Combinazione PEN o PEM dei conduttori di neutro o mediano e di protezione 74 Sistema TN Sistema con il quale è distribuita l'energia alle utenze che dispongono di propria cabina di trasformazione: – il neutro è messo direttamente a terra; – le masse sono connesse allo stesso impianto di terra del neutro. N.B. Nel sistema TN è vietato collegare a terra localmente il conduttore di neutro nei casi in cui è vietato utilizzare il sistema TN-C TN - S: i due conduttori di neutro e di protezione sono separati. TN - C: le funzioni dei conduttori di neutro e di protezione sono svolte da un unico conduttore denominato PEN che non deve essere sezionato da dispositivi di protezione. TN - C - S: è una combinazione dei primi due sistemi; le funzioni di neutro e di protezione sono svolte dal conduttore PEN in una parte del sistema e da due conduttori distinti PE e N nella restante parte. 75 Sistema TT Sistema con il quale è distribuita l'energia elettrica alle utenze di I categoria: – il neutro è collegato direttamente a terra nella cabina di trasformazione dell’ente distributore; – le masse sono connesse ad un impianto di terra, elettricamente indipendente da quello del neutro, mediante PE. N.B. Nel sistema TT è vietato collegare il neutro all’impianto di terra dell’utente Sistema IT Sistema adatto nei casi in cui dev'essere garantita la continuità del servizio: – il neutro è isolato o messo a terra tramite impedenza; le norme consigliano però di non distribuirlo; – le masse sono messe a terra indipendentemente o collettivamente, oppure è possibile collegarle alla terra del sistema. ● TN-C-S - in una parte del sistema elettrico si ha un conduttore unico PEN e nella restante parte due conduttori separati N e PE IT – utilizzato per garantire la continuità dell’alimentazione. Classificazione dei sistemi elettrici in relazione alla tensione Un sistema elettrico è caratterizzato dalla sua tensione nominale, ossia dal valore efficace di tensione in base al quale il sistema stesso è denominato e gli elementi che lo compongono sono stati progettati e possono essere utilizzati. 76 Tabella 1 – Categorie dei sistemi elettrici Limiti di tensione Categoria corrente alternata (V) corrente continua non ondulata (1) (V) Esempi di impiego U ≤ 120 Segnalazioni acustiche e luminose; utensili portatili usati in condizioni ambientali particolari; giocattoli elettrici ecc. U > 120 U ≤ 1 500 Impianti elettrici in edifici di civile abitazione; nel terziario; nell’industria. 0 U ≤ 50 I U > 50 U ≤ 1 000 II U > 1 000 U ≤ 30 000 U > 1 500 U ≤ 30 000 Cabine di trasformazione; grossi impianti industriali, linee di distribuzione energia elettrica, ecc. III U > 30 000 U > 30 000 Linee per trasporto dell’energia elettrica a media e grande distanza. (1) Una tensione in c.c. è ritenuta non ondulata quando: a - l’ondulazione sinusoidale non è superiore al 10% in valore efficace, b - oppure l’ondulazione non sinusoidale presenta un valore massimo di picco ≤ 140 V per un sistema in c.c. con tensione nominale di 120 V, ovvero ≤ 70 V per un sistema in c.c. con tensione nominale di 60 V. 77 Tabella 2 – Tensioni verso terra in relazione alla tensione nominale e al sistema di distribuzione Sistema di distribuzione Tensione verso terra Neutro a terra Ut = U0 = U √3 = U 1,73 Neutro isolato o a terra tramite impedenza Ut = U (1) Sistema monofase con punto di mezzo messo a terra Ut = U 2 Sistema monofase senza punti a terra Ut = U (1) Nei sistemi elettrici isolati da terra la tensione nominale verso terra non ha un valore definito in quanto dipende dalle impedenze di isolamento di ciascuna fase verso terra. Se tali impedenze hanno uguale valore, la tensione verso terra corrisponde alla tensione di fase, tuttavia se una delle fasi presenta un guasto franco a terra la tensione verso terra delle altre fasi assume il valore della tensione concatenata. Poiché questa è la condizione più pericolosa, per i sistemi con neutro isolato o a terra tramite impedenze (è il caso del sistema IT) si assume, come tensione nominale verso terra, la tensione concatenata del sistema. 78 In relazione alla tensione nominale U le norme CEI 64-8 suddividono i sistemi elettrici nelle categorie indicate nella tabella 1. Dal punto di vista della sicurezza risulta importante anche la tensione nominale verso terra Ut, ossia il valore massimo della tensione rilevabile tra un conduttore del sistema e la terra sia in condizioni di esercizio normale, sia in condizioni di guasto. La tabella 2 indica i valori della tensione nominale verso terra in relazione alla tensione nominale per alcuni sistemi elettrici. Oltre alla tensione nominale, si deve considerare anche la tensione massima e la tensione minima di un sistema, rispettivamente come la tensione più elevata e più bassa che può verificarsi in qualunque momento ed in qualunque punto dell’impianto in condizioni regolari di esercizio, non tenendo conto delle variazioni temporanee dovute a guasti, a brusche variazioni di carico ecc. Gradi di protezione degli involucri L’involucro è l’elemento che assicura ad ogni elemento dell’impianto elettrico una protezione appropriata contro i contatti diretti per le persone e contro gli agenti esterni (penetrazione di polvere, umidità, acqua ecc.). Il grado di protezione che l’involucro o la barriera assicura è definito dalle norme mediante le lettere caratteristiche IP (International Protection: protezione internazionale) seguite da due cifre ed eventualmente da due lettere di cui una addizionale ed una supplementare (fig. 2). La prima cifra, indica sia il grado di protezione contro la penetrazione di corpi solidi e della polvere, sia il grado di protezione contro l’accesso a parti pericolose (non solo elettriche, ma anche meccaniche, derivanti ad esempio dalla presenza di organi in movimento, cinghie, ruote dentate ecc.). Le verifiche relative a questi due tipi di protezione sono effettuate in modo indipendente. Fig. 2 79 Tabella 3 – Grado di protezione degli involucri Accesso di corpi solidi e a parti pericolose Accesso dell'acqua 0 Non protetto 0 Non protetto 1 Protetto contro corpi solidi di dimensioni superiori a 50 mm e contro l’accesso a parti pericolose col dorso della mano. 1 Protetto contro la caduta verticale di gocce di acqua. 2 Protetto contro corpi solidi di dimensioni superiori a 12,5 mm e contro l’accesso a parti pericolose con un dito. 2 Protetto contro la caduta di gocce di acqua con una inclinazione massima di 15°. 3 Protetto contro la pioggia. 3 Protetto contro corpi solidi di dimensioni superiori a 2,5 mm e contro l’accesso a parti pericolose con un attrezzo (ad esempio cacciavite). 4 Protetto contro gli spruzzi d’acqua. 5 Protetto contro i getti d’acqua. 6 Protetto contro le ondate 7 Protetto contro gli effetti dell’immersione. 8 Protetto contro gli effetti della sommersione. 4 Protetto contro corpi solidi di dimensioni superiori a 1,0 mm e contro l’accesso a parti pericolose con un filo. 5 Protetto contro la polvere e contro l’accesso a parti pericolose con un filo. 6 Totalmente protetto contro la polvere e contro l’accesso a parti pericolose con un filo. La seconda cifra indica il grado di protezione contro la penetrazione dell’acqua. La tabella 3 precisa il significato delle due cifre. La lettera addizionale (vedi tabella 4) ha lo scopo di designare il livello di inaccessibilità dell’involucro alle dita, alla mano, oppure ad oggetti impugnati da una persona. Ha cioè una funzione prettamente antinfortunistica e dev’essere uti80 Tabella 4 – Significato della lettera addizionale Lettera addizionale Descrizione A Impedisce l'accesso con il palmo della mano B Impedisce l'accesso con un dito C Impedisce l'accesso con un attrezzo impugnato D Impedisce l'accesso con un filo impugnato lizzata solo se la protezione contro l’accesso all’involucro è superiore a quella definita con la prima cifra caratteristica. Ad esempio, nel caso di un involucro con grado IP1X, ossia protetto solo contro la penetrazione di corpi solidi estranei con diametro superiore a 50 mm, possono essere aggiunte protezioni interne tali da impedire che le dita umane possano entrare in contatto con le parti pericolose. In questo caso, l’involucro è classificato IP1XB, per indicare il grado di protezione esteso alle dita. Se invece la soluzione costruttiva consentisse un grado IP2X, l’indicazione della lettera B diverrebbe inutile. Al limite, se con accorgimenti costruttivi particolari (distanziamenti, Tabella 5 – Significato della lettera supplementare Lettera supplement. Descrizione H Involucro adatto ad un’apparecchiatura ad alta tensione W Involucro idoneo all’impiego in condizioni atmosferiche particolari (specificate dal costruttore) e dotato di accorgimenti protettivi addizionali M-S Involucri in cui, per la presenza di parti interne in movimento (caso tipico quello dei motori), l’eventuale ingresso di acqua potrebbe provocare danni. La presenza della lettera M salvaguarda sempre dai danni, mentre la S indica una salvaguardia condizionata dal fatto che le parti mobili non siano in moto 81 Tabella 6 – Grado di protezione secondo le Norme CEE protezione contro lo stillicidio (IPX1) protetto contro la pioggia (IPX3) protezione contro gli spruzzi (IPX4) protezione contro i getti d'acqua (IPX5) stagno all'immersione (IPX7) stagno alla sommersione (IPX8) - (m = profondità max) protezione contro la polvere (IP5X) protezione totale contro la polvere (IP6X) labirinti strutturali o altro) fosse realizzata una protezione solo contro l’accesso a parti pericolose, il grado di protezione sarebbe indicato con la sigla IP seguita da due X e dalla lettera addizionale. Ad esempio: IPXXA che indica la protezione solo contro l’accesso con il dorso della mano a parti pericolose (elettriche o meccaniche). Si ricorda che le norme impianti, prescrivono, per gli involucri contenenti parti attive scoperte, un grado di protezione almeno pari a IPXXB, tranne che per le superfici superiori orizzontali per le quali la protezione deve essere portata a IPXXD (ad eccezione dei portalampada e dei portafusibili in caso di assenza della lampada o della cartuccia fusibile). La lettera supplementare (vedi tabella 5) ha lo scopo di indicare condizioni particolari attinenti la tipologia o l’impiego dell’involucro e del suo contenuto. I gradi di protezione possono risultare ancora indicati, mediante i simboli riportati nella tabella 6 (l’equivalenza con il codice IP é approssimativa). Protezione meccanica contro gli urti (codice IK) La robustezza degli involucri delle apparecchiature elettriche, agli effetti degli impatti meccanici, è specificata mediante il codice IK (Norma CEI 70-3) costituito da due cifre numeriche che individuano l’energia d’impatto in joule (J) cui l’involucro ha dato prova di resistere senza subire danni. I vari codici e i relativi valori d’energia sono indicati nella tabella 7. 82 Tabella 7 – Gradi di protezione meccanica contro gli urti Codice Energia (J) Codice Energia (J) IK 00 (nessuna prot.) IK 06 1 IK 01 0,15 IK 07 2 IK 02 0,2 IK 08 5 IK 03 0,35 IK 09 10 IK 04 0,5 IK 10 20 IK 05 0,7 Classificazione dei componenti elettrici In relazione al sistema di protezione contro i contatti indiretti i componenti elettrici sono suddivisi nelle seguenti Classi: – Componenti di Classe 0 : sono provvisti solamente di isolamento principale (1); l’involucro metallico (massa) non dispone del morsetto di messa a terra. Sono impiegabili quando sono allacciati a sistemi elettrici di categoria 0 o a sistemi di categoria I totalmente isolati da terra (separazione elettrica) o installati in locali isolanti. Per i componenti di Classe 0 è vietata l’installazione negli impianti di edifici civili e similari. – Componenti di Classe I: sono provvisti di isolamento principale in tutte le loro parti e gli involucri sono muniti di morsetto di messa a terra (2). Questi componenti sono utilizzabili in tutti i sistemi (TT, TN, IT) di categoria 0 e I. – Componenti di Classe II: sono provvisti di isolamento speciale (3) e sono privi di morsetto di messa a terra. In pratica questi componenti non hanno masse in quanto eventuali parti conduttrici esterne sono separate da quelle in tensione da un isolamento tale per cui è assai improbabile un guasto. Sono impiegati, in alternativa a quelli di Classe I quando non si ritenga attuabile il collegamento a terra (1) Si definisce principale (fondamentale) l’isolamento necessario per assicurare il normale funzionamento dell’apparecchio e la protezione fondamentale contro le tensioni di contatto. (2) Contrassegno . (3) Per isolamento speciale si intende uno dei seguenti tipi: – doppio isolamento, costituito da un isolamento principale e da uno supplementare; – isolamento rinforzato, costituito da un isolamento principale migliorato e tale da assicurare lo stesso grado di protezione contro il contatto elettrico del doppio isolamento. 83 degli apparecchi o tale collegamento non offra garanzie di efficienza, solo nei sistemi elettrici di I categoria (da oltre 50 V a 1 000 V per corrente alternata e da oltre 120 V a 1 500 V per corrente continua). Questi apparecchi sono contraddistinti dal simbolo indicato a lato. – Componenti di Classe III: in questi apparecchi le parti in tensione possono anche essere scoperte in quanto la protezione contro i contatti indiretti si basa sull’alimentazione a bassissima tensione di sicurezza. Non devono essere provvisti di morsetto di messa a terra di protezione. In relazione al loro grado di mobilità gli apparecchi sono classificati: – apparecchio fisso: apparecchio ancorato a un supporto o fissato in altro modo in un posto preciso (apparecchio a installazione fissa), oppure apparecchio che non può essere spostato facilmente; – apparecchio trasportabile: apparecchio che, pur potendo essere spostato facilmente non ha bisogno di essere spostato durante il suo impiego ordinario; – apparecchio mobile: apparecchio trasportabile che dev’essere spostato manualmente dall’utilizzatore per il suo funzionamento mentre è collegato al circuito di alimentazione; – apparecchio portatile (a mano): apparecchio mobile destinato ad essere sorretto dalla mano dell’utilizzatore durante il suo impiego ordinario, nel quale il motore, se esiste, è parte integrante. Principali definizioni relative agli impianti Persona addestrata: persona avente conoscenze tecniche o esperienza (persona esperta), o che ha ricevuto istruzioni specifiche sufficienti per permetterle di prevenire i pericoli dell’elettricità, in relazione a determinate operazioni condotte in condizioni specificate (persona avvertita). Componente elettrico: termine generale usato per indicare sia i componenti dell’impianto sia gli apparecchi utilizzatori. Componente dell’impianto: ogni elemento utilizzato per la produzione, trasformazione, trasmissione o distribuzione di energia elettrica, come macchine, trasformatori, apparecchiature, strumenti di misura, apparecchi di protezione, condutture. Apparecchio utilizzatore: apparecchio che trasforma l’energia elettrica in altra forma di energia (luminosa, calorica, meccanica ecc.). Parte attiva: ogni conduttore o parte conduttrice in tensione durante il servizio ordinario. Il neutro è considerato parte attiva, mentre non lo è il conduttore PEN (per convenzione). Massa: parte conduttrice facente parte dell’impianto elettrico o di un apparecchio utilizzatore che può essere toccata e in condizioni ordinarie non è in tensione, ma che può andare in tensione in caso di cedimento dall’isolamento principale. Una parte conduttrice che può andare in tensione solo perché è in contatto con una massa non deve essere considerata massa. Una massa conduttrice che può andare in 84 tensione in caso di cedimento dell’isolamento principale, posta dietro un involucro o una barriera rimovibili senza l’uso di un attrezzo, è da considerare una massa se l’involucro o la barriera devono esser rimossi nell’esercizio ordinario; se l’involucro o la barriera sono rimovibili solo con l’uso di un attrezzo, le parti retrostanti non sono da considerare masse. Massa estranea: parte conduttrice non facente parte dell’impianto elettrico ma suscettibile di introdurre il potenziale di terra (o in casi particolari altri potenziali). Negli ambienti di tipo ordinario sono da considerare masse estranee le parti metalliche non facenti parte dell’impianto elettrico (tubazioni, infissi metallici ecc.) che presentano verso terra un valore di resistenza inferiore a 1 000 Ω. Negli ambienti a maggior rischio elettrico, quali: i cantieri di costruzione, i locali ad uso agricolo o zootecnico ed i locali ad uso medico di gruppo 1 e 2 (senza pericolo di microshock) in cui la tensione di contatto limite UL è di 25 V, sono da considerare masse estranee le parti metalliche non facenti parte dell’impianto elettrico che presentano un valore di resistenza verso terra inferiore a 200 Ω. Tensione totale di terra: tensione che si stabilisce in seguito a cedimento dell’isolante tra una massa e un punto a potenziale zero. Tensione di contatto: tensione che si stabilisce tra parti (masse, masse estranee) simultaneamente accessibili durante il cedimento dell’isolamento. Tensione di contatto limite convenzionale (UL ): massimo valore della tensione di contatto che è possibile mantenere per un tempo indefinito in condizioni ambientali specificate. UL = 50 V per gli ambienti di tipo ordinario; UL = 25 V per gli ambienti a maggior rischio elettrico (cantieri edili, locali ad uso agricolo o zootecnico, locali ad uso medico). Parte intermedia: parte metallica non accessibile, che non è in tensione in servizio ordinario ma che può andare in tensione a seguito del cedimento dell’isolamento principale. Parti simultaneamente accessibili: sono i conduttori o le parti conduttrici (parti attive, masse, masse estranee, conduttori di protezione, dispersori, pavimenti e pareti non isolanti) che possono essere toccate simultaneamente da una persona. Parti a portata di mano: sono i conduttori o le parti conduttrici situati nel volume delineato nella figura 3. Circuiti di distribuzione: sono quelli che alimentano i quadri di distribuzione e costituiscono le dorsali dalle quali sono derivati i circuiti terminali (fig. 4). Circuiti terminali: sono i tratti di circuito collegati direttamente agli apparecchi utilizzatori o alle prese a spina (fig. 4). Circuito elettrico: insieme dei componenti di un impianto alimentato da uno stesso punto e protetto contro le sovracorrenti da uno stesso dispositivo di protezione. 85 Fig. 3 Corrente di impiego (di un circuito): corrente che può fluire in un circuito nel servizio ordinario. Sovracorrente: ogni corrente che supera il valore nominale. Per le condutture, il valore nominale è la portata. Corrente di sovraccarico (di un circuito): sovracorrente che si verifica in un circuito elettricamente sano. Corrente di cortocircuito (franco): sovracorrente che si verifica in seguito a un guasto di impedenza trascurabile fra due punti fra i quali esiste tensione in condizioni ordinarie di esercizio. Corrente convenzionale di funzionamento (di un dispositivo di protezione): valore specificato di corrente che provoca l’intervento del dispositivo di protezione entro un tempo specificato, denominato tempo convenzionale. Corrente di guasto: corrente che si stabilisce a seguito di un cedimento dell’isolamento o quando l’isolamento è cortocircuitato. Corrente di guasto a terra: corrente di guasto che si chiude attraverso l’impianto di terra. Corrente differenziale: somma algebrica dei valori istantanei delle correnti che percorrono tutti i conduttori attivi di un circuito in un punto dell’impianto. Fig. 4 86 SEZIONAMENTO E COMANDO In ogni impianto è necessario installare dispositivi in grado di interrompere i circuiti elettrici per ragioni di sicurezza o di funzionalità. La necessità di prevedere dispositivi per interrompere i circuiti elettrici è dovuta ad uno dei seguenti motivi: – sezionamento (di sicurezza): messa fuori tensione di un impianto o di una sua parte in modo da garantire la sicurezza delle persone che operano su od in vicinanza di parti attive durante i lavori di riparazione, localizzazione guasti, sostituzione di apparecchi ecc.; – interruzione per manutenzione non elettrica: operazione destinata ad interrompere l’alimentazione di macchine od altri apparecchi utilizzatori, o parti di essi, avente lo scopo di prevenire i pericoli, dovuti all’alimentazione elettrica ma diversi da quelli elettrici (ad esempio movimento di organi); – interruzione di emergenza: comando inteso ad interrompere l’alimentazione elettrica a tutto l’impianto, o ad una sua parte, quando si presenta un rischio di origine elettrica. – chiusura di emergenza: operazione destinata a fornire energia elettrica ad una parte dell’impianto che deve essere utilizzata in situazioni di emergenza. – arresto di emergenza: comando di emergenza inteso ad arrestare i movimenti pericolosi; – comando funzionale: comando destinato alla chiusura, apertura o variazione dell’alimentazione di un componente elettrico o di una qualsiasi parte dell’impianto per il funzionamento ordinario. Le condizioni generali alle quali devono rispondere i dispositivi preposti alle funzioni di interruzione o comando sono le seguenti: – nei sistemi trifasi più neutro e nei sistemi monofasi (fase più neutro) l’apertura del neutro deve avvenire contemporaneamente o dopo di quella dei conduttori di fase e la chiusura deve avvenire contemporaneamente o prima della chiusura delle fasi; – sul conduttore di protezione PE e sul conduttore PEN non devono mai essere inseriti dispositivi di interruzione (è ammesso solamente un dispositivo di apertura manovrabile con attrezzo per le misure). Nella tabella 8 sono indicati i dispositivi idonei a svolgere le funzioni di sezionamento, interruzione per manutenzione non elettrica, comando ed arresto d’emergenza, comando funzionale. Sezionamento È indispensabile prevedere un adeguato numero di dispositivi di sezionamento onde rendere agevoli e sicuri gli interventi manutentivi senza mettere fuori servizio sezioni notevoli di impianto. In genere è opportuno prevedere un sezionatore generale e un sezionatore per ciascun circuito. Il sezionamento deve interessare tutti i conduttori di fase compreso 87 Tabella 8 – Idoneità dei dispositivi a svolgere la funzione di sezionamento e comando Funzione Dispositivo di interruzione Sezionamento InterruzioInterruzione per maComando ne e arresto nutenzione funzionale d'emerenza non eletrica Sezionatore (1) SI – – – Interruttore di manovra (1) SI SI SI SI Interruttore automatico SI SI SI SI Interruttore differenziale SI SI SI SI Interruttore estraibile SI SI SI SI Interruttore di manovra sezionatore SI SI SI SI Contattore – SI SI SI Presa a spina SI SI – se ≤ 16 A (2) Fusibile SI – – – Componente elettronico – – – SI (1) Con o senza fusibili. (2) Per le prese a spina di portata > 16 A occorre predisporre un dispositivo di comando che dev’essere interbloccato con la spina solamente nei locali di pubblico spettacolo. il neutro (con esclusione del conduttore PEN). Solo nei sistemi TN-S non è richiesto il sezionamento del neutro anche se è consigliabile. Se in un impianto o in involucro sono presenti più alimentazioni (esempio alimentazione ordinaria e di riserva) le persone che accedono alle parti attive devono essere avvertite con cartelli o altre segnalazioni della necessità di sezionare tutte le sudette parti a meno che sia previsto un dispositivo di interblocco tale da assicurare il sezionamento delle parti attive. 88 Il dispositivo impiegato deve: – garantire la necessaria distanza fra i contatti; – possedere una segnalazione ben visibile della posizione di aperto su tutti i poli; – essere installato in modo tale da impedire la chiusura accidentale. Gli apparecchi da utilizzare per il sezionamento sono ad esempio: – i sezionatori semplici; – l’interruttore di manovra-sezionatore; – gli interruttori automatici; – le prese a spina; – le cartucce per fusibili; – le barrette. Se per le operazioni di sezionamento si adottano dispositivi che non sono in grado di operare sotto carico e tanto meno in condizioni di guasto, è opportuno adottare provvedimenti per evitare le operazioni di chiusura o apertura da parte di persone non edotte sui pericoli della manovra. Tali provvedimenti possono essere: – sistemazione del dispositivo in involucri o locali chiusi a chiave; – blocchi meccanici; – scritte o segnalazioni. Provvedimenti analoghi devono essere presi per evitare manovre intempestive del dispositivo di sezionamento quando esso non si trova sotto il controllo a vista dell’operatore. Interruttori sezionatori da parete, retroquadro e armadio. 89 Interruzione per manutenzione non elettrica Per questo tipo di interruzione i dispositivi utilizzati devono essere inseriti sul circuito di alimentazione principale, devono poter essere azionati sotto carico e devono essere contrassegnati in modo da risultare facilmente identificabili. Inoltre devono essere previsti opportuni provvedimenti affinché non possano essere riattivati intempestivamente. A tal fine si possono prevedere: blocchi a chiave, cartelli monitori, ubicazione dei dispositivi stessi entro locali o involucri chiusi a chiave. Si possono utilizzare, ad esempio: – interruttori di manovra multipolari; – interruttori automatici; – ausiliari di comando dei contattori; – prese a spina. Sebbene non sia richiesta l’interruzione di tutti i conduttori attivi (fase più neutro), è da ritenersi più sicura l’interruzione onnipolare. É ammessa l’interruzione dei soli circuiti di comando, quando sia assicurata una condizione di sicurezza equivalente all’interruzione diretta dell’alimentazione principale, adottando ad esempio precauzioni supplementari, quali i blocchi meccanici. Interruzione ed arresto d’emergenza La Norma CEI 64-8 differenzia l’interruzione d’emergenza (interruzione dell’alimentazione elettrica per eliminare pericoli imprevisti e improvvisi) dall’arresto d’emergenza (interruzione dell’alimentazione elettrica qualora parti meccaniche azionate elettricamente possano essere causa di pericolo). I dispositivi per l’interruzione d’emergenza sono, ad esempio, utilizzati in sistemi di pompaggio di liquidi infiammabili; in impianti di ventilazione centralizzati; nei circuiti di alimentazione di lampade a scarica a tensione elevata; in grandi edifici, come ad esempio magazzini di vendita; in laboratori per prove e ricerche elettriche; in centrali termiche; in grandi cucine. Esempi di impianti dove, viceversa, sono richiesti dispositivi per l’arresto d’emergenza sono le scale mobili; i nastri trasportatori; le porte azionate elettricamente; alcuni tipi di macchine utensili; gli impianti di lavaggio auto. I dispositivi utilizzati per l’interruzione e l’arresto d’emergenza devono presentare i seguenti requisiti: – essere installati in modo che il loro azionamento sia rapido, inequivocabile ed avvenga con un’unica operazione. Gli attuatori (pulsanti, leve ecc.) devono essere di colore rosso su fondo giallo; – poter interrompere la corrente di pieno carico del circuito; sono perciò utilizzabili interruttori di manovra, interruttori automatici, contattori ecc.; – devono agire sul circuito principale o sul circuito di comando; – nei circuiti di comando l’apertura deve avvenire per diseccitazione della bobina o mediante altri sistemi che in caso di guasto pongano 90 il sistema in condizioni di sicurezza. È possibile, ad esempio, utilizzare una bobina a lancio di corrente purché l’efficienza del circuito sia permanentemente segnalata da una lampada spia (fig. 5). Il comando d’emergenza infine deve operare solo sulla parte di impianto dalla quale può derivare pericolo. Fig. 5 Comando funzionale Un dispositivo di comando funzionale dev’essere previsto per ogni circuito e per ogni apparecchio che richieda di essere comandato indipendentemente. Uno stesso dispositivo può comandare più circuiti o più apparecchi se questi sono destinati a funzionare contemporaneamente. Il dispositivo di comando non deve necessariamente interrompere tutti i conduttori attivi e pertanto può essere sia onnipolare, sia unipolare (in questo caso, però, deve essere inserito sulle fasi). Possono essere utilizzati: – interruttori automatici o interruttori di manovra; – contattori; – relè ausiliari; – prese a spina fino a 16 A; – dispositivi a semiconduttori. Nel caso in cui l’attuazione di un comando funzionale non possa essere controllata dall’operatore è necessario predisporre opportuni dispositivi di segnalazione. Il dispositivo di comando funzionale deve essere protetto qualora possa dar luogo a situazioni di pericolo se azionato accidentalmente. Nella commutazione di alimentazioni da sorgenti diverse i dispositivi di comando devono interrompere tutti i conduttori attivi. Suddivisione dell’impianto Ogni impianto deve essere in genere suddiviso in diversi circuiti, secondo le esigenze, per: – evitare pericoli e ridurre inconvenienti in caso di guasto; – facilitare ispezioni, prove e manutenzione in condizioni di sicurezza; – tenere conto dei pericoli che potrebbero derivare da un guasto su più circuiti, come per es. i circuiti di illuminazione. – ridurre la possibilità di intervento indesiderato degli interruttori differenziali dovuto a correnti eccessive nel conduttore PE, non causate da un guasto; – ridurre gli effetti delle interferenze elettromagnetiche. Per le parti dell’impianto che è necessario vengano comandate separatamente, devono essere previsti circuiti separati, in modo tale che quei circuiti non vengano influenzati da un guasto in altri circuiti. 91 PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI DIRETTI Le misure di protezione contro i contatti diretti comprendono tutti gli accorgimenti intesi a proteggere le persone contro il pericolo derivante dal contatto con parti attive normalmente in tensione. I sistemi di protezione previsti per gli ambienti ordinari comprendono misure quali l’isolamento, l’impiego di involucri e barriere, di ostacoli e distanziamenti (questi ultimi proteggono solo contro il rischio di contatti accidentali) ed inoltre metodi particolari quali la limitazione della corrente e la limitazione della carica elettrica. Isolamento L’isolamento delle parti attive è l’elemento base per la sicurezza. I componenti, siano essi cavi, condotti prefabbricati, organi di manovra e comando, accessori e apparecchiature o macchine devono soddisfare norme specifiche che ne dettano i criteri di costruzione. L’isolante deve poter essere rimosso solo mediante distruzione e deve presentare caratteristiche di resistenza ad agenti meccanici, chimici, termici, elettrici ed atmosferici. Vernici, lacche, smalti e prodotti simili non sono in genere idonei a fungere da isolanti. Gli isolanti devono rispondere a precise condizioni quali il valore di tensione a cui il componente deve funzionare, il grado di resistenza meccanica, la temperatura di funzionamento (nonché gli sbalzi termici), la resistenza agli agenti chimici più o meno corrosivi ed agli agenti atmosferici (raggi solari, pioggia, gelo ecc.). Involucri e barriere Gli involucri (parti che assicurano la protezione di un componente elettrico contro determinati agenti esterni e, in ogni direzione, contro i contatti diretti) e le barriere (parti che assicurano la protezione contro i contatti diretti nelle direzioni abituali di accesso) devono avere un grado di protezione antinfortunistica almeno IPXXB e per le superfici superiori orizzontali a portata di mano almeno IPXXD). Se realizzati sul posto devono distare dalle parti attive dei sistemi di I categoria almeno 40 mm (riducibili se le parti attive sono meccanicamente solidali con involucri o barriere di materiale isolante). Affinché possano mantenere invariata la loro validità antinfortunistica contro i contatti diretti, devono essere saldamente fissati e devono poter conservare nel tempo il richiesto grado di protezione ed una conveniente separazione dalle parti attive. La rimozione delle barriere o l’apertura degli involucri deve essere possibile solo con l’uso di un attrezzo o di una chiave (esemplare unico od in numero limitato, ed affidata a personale addestrato). In alternativa, l’involucro può essere interbloccato con un dispositivo che assicuri l’assenza della tensione sulle parti attive interne, oppure può essere dotato all’interno di un’ulteriore barriera, asportabile solo con l’uso di una chiave o di un attrezzo e in grado di evitare il contatto delle dita della mano con le parti attive. 92 Fig. 6 Ostacoli e distanziamento Limitatamente ai locali accessibili solo a persone addestrate (ad esempio cabine elettriche) la protezione contro i contatti diretti con parti in tensione può essere attuata mediante ostacoli (corrimano, schermi grigliati ecc. (fig. 6)), ossia elementi intesi a prevenire un contatto diretto involontario con le parti attive, ma non a impedire il contatto diretto intenzionale. Questi non devono poter essere rimossi accidentalmente ma, in caso di bisogno (ad esempio per interventi di misura o manutenzione), possono esserlo anche senza l’uso di una chiave o di un attrezzo. Il distanziamento consiste nell’impedire che una persona possa toccare simultaneamente due parti a tensione diversa. Nella direzione verticale la zona a portata di mano si estende sino a 2,5 m dal piano di calpestio (superficie S della fig. 3 a pag. 86), non tenendo conto di qualsiasi ostacolo intermedio che fornisca un grado di protezione inferiore a IPXXB. Una di queste parti può essere il pavimento, a meno che non sia isolante, cioè con resistenza R ≥ 50 kohm per tensioni nominali ≤ 500 V e R ≥ 100 kohm per tensioni più elevate. Protezione addizionale mediante differenziali L’uso degli interruttori differenziali con corrente differenziale nominale d’intervento ≤ 30 mA è considerato un metodo addizionale per la protezione contro i contatti diretti che non esime dall’applicazione delle misure di protezione precedentemente descritte. La Norma CEI 64-8 richiede per la protezione contro i contatti diretti l’installazione di dispositivi differenziali con corrente nominale d'intervento non superiore a 30 mA: a) nei locali ad uso abitativo per i circuiti che alimentano le prese a spina con corrente nominale non superiore a 20 A; b) per le prese a spina con corrente nominale non superiore a 32 A destinate ad alimentare apparecchi utilizzatori mobili usati all’esterno. 93 Si tenga presente che la protezione differenziale presenta delle limitazioni: – non interviene per elettrocuzione fra due fasi del sistema; – in caso di elettrocuzione per contatto con una parte in tensione e la terra (o una massa o massa estranea) non evita all’infortunato la “scossa” elettrica, con ciò che ne consegue in termini di eventuale incidente indiretto, dovuto alla rapida ritrazione dell’individuo e quindi a possibilità per lui di urti o cadute. Il fatto che sia la corrente di elettrocuzione a far intervenire il differenziale (pur in tempi molto brevi), non consente però di escludere che nell’infortunato possa insorgere la fibrillazione ventricolare. Protezione per limitazione della corrente Questa forma di protezione trova impiego esclusivamente su apparecchiature speciali (interruttori a contatto, antenne televisive, recinzioni elettriche, apparecchi elettromedicali ecc.), nelle quali una parte metallica accessibile si trova collegata ai circuiti attivi tramite un’impedenza di valore elevato. La salvaguardia contro l’elettrocuzione dev’essere garantita dal costruttore delle apparecchiature facendo in modo che la corrente destinata ad attraversare il corpo umano durante il servizio ordinario (ad esempio in occasione del contatto con le dita per attivare l’interruttore) non sia superiore a 1 mA in corrente alternata oppure a 3 mA in corrente continua. Per le parti metalliche che non devono essere toccate durante il servizio ordinario è ammessa sulle apparecchiature una tensione di contatto che non dia origine, sempre attraverso il corpo della persona, ad una corrente superiore a 3,5 mA in c.a. o 10 mA in c.c. Protezione per limitazione della carica elettrica Vi è un limite di capacità oltre il quale i morsetti dei piccoli condensatori devono essere protetti contro il contatto diretto, per evitare che un’eventuale elettrocuzione dovuta alla corrente di scarica, anche se impulsiva, possa produrre effetti pericolosi sulle persone. Per la carica elettrica le norme indicano un valore massimo di 0,5 µC (microcoulomb) per le parti che devono essere toccate durante il servizio ordinario e di 50 µC per le altre. I corrispondenti valori massimi di capacità, rapportati al valore efficace della tensione di carica del condensatore, sono: 0,16 µF a 230 V 0,07 µF a 500 V 0,09 µF a 400 V 0,03 µF a 1 000 V Oltre questi valori i condensatori devono avere una resistenza di scarica in parallelo che riduca in meno di 5 s la tensione ai loro capi ad un valore inferiore a 60 V c.c., oppure devono essere autonomamente protetti contro il contatto accidentale (grado IP2X). 94 PROTEZIONE CONTRO I CONTATTI INDIRETTI La protezione consiste nelle misure intese a salvaguardare le persone contro il pericolo derivante dal contatto con parti conduttrici isolate dalle parti attive, ma che potrebbero andare in tensione a causa di un guasto (cedimento dell’isolamento). La protezione contro i contatti indiretti può essere omessa nei seguenti casi: – mensole a muro per isolatori di linee aeree, compresi i relativi accessori metallici, se situate fuori portata di mano; – pali di cemento armato con armatura metallica non accessibile; – masse che, per le loro ridotte dimensioni (approssimativamente 50 x 50 mm) oppure per la loro disposizione, non possono essere afferrate o determinare un contatto con una parte significativa del corpo umano, solo quando la connessione con un conduttore di protezione non sia affidabile o sia eseguibile con difficoltà (per esempio a viti, rivetti, targhe e graffe di sostegno dei cavi). I metodi di protezione contro i contatti indiretti sono classificati nel seguente modo: a) con interruzione automatica (del circuito); b) senza interruzione automatica (del circuito) e: – impiego di componenti a doppio isolamento (o isolamento equivalente); – separazione elettrica con trasformatore; – luoghi non conduttori; – collegamento equipotenziale locale non connesso a terra. Interruzione automatica dell’alimentazione Questo sistema di protezione consiste, in caso di guasto, nell'interrompere automaticamente l'alimentazione al circuito od al componente elettrico, in modo che non possa persistere una tensione di contatto presunta, superiore alla tensione di contatto limite convenzionale UL, tra una parte attiva ed una massa o un conduttore di protezione per un tempo tale da causare un rischio di effetti dannosi alla persona eventualmente in contatto con parti simultaneamente accessibili. A tal fine le masse devono essere collegate ad un conduttore di protezione nelle condizioni specificate per ciascun modo di collegamento a terra (sistemi TN, TT, IT). Inoltre in ciascun edificio devono essere connessi al collettore di terra: il conduttore di protezione, il conduttore di terra, e le seguenti masse estranee e/o parti conduttrici: – i tubi alimentanti i servizi dell'edificio (acqua e gas); – le parti strutturali metalliche dell'edificio e canalizzazioni del riscaldamento centrale e del condizionamento d’aria; – le armature principali del cemento armato utilizzate nella costruzione degli edifici, se praticamente possibile. 95 Quando tali parti conduttrici provengano dall'esterno dell'edificio, il loro collegamento deve essere effettuato nel punto più vicino possibile a quello di entrata nell'edificio. Al collegamento equipotenziale principale deve essere collegato anche qualsiasi schermo metallico dei cavi di telecomunicazione (previo consenso dei proprietari o degli utilizzatori di questi cavi). Collegamento equipotenziale locale connesso a terra Se le condizioni per l'interruzione automatica sopra indicate non possono essere soddisfatte in un impianto o in una sua parte, si deve realizzare un collegamento equipotenziale locale connesso a terra che comprenda tutte le masse simultaneamente accessibili di componenti fissi dell'impianto e tutte le masse estranee, comprese le armature principali del cemento armato, se praticamente possibile. Il collegamento equipotenziale deve risultare connesso ai conduttori di protezione di tutti i componenti dell'impianto, compresi quelli delle prese a spina. Il collegamento equipotenziale locale connesso a terra si distingue dal collegamento equipotenziale supplementare richiesto ad esempio per i locali da bagno o doccia, perché quest'ultimo ha lo scopo di migliorare la sicurezza anche quando i dispositivi di protezione rispettano i tempi di interruzione dell'alimentazione richiesti. Quando esistano dubbi sulla efficacia del collegamento equipotenziale locale connesso a terra, si deve accertare che la resistenza R tra ogni massa ed ogni massa estranea simultaneamente accessibili soddisfi le seguente condizione: UL R≤ Ia essendo Ia la corrente (in A) che provoca il funzionamento automatico entro 5 s dei dispositivi di protezione contro le sovracorrenti oppure la corrente Idn dei dispositivi differenziali. Ci si deve anche assicurare che la realizzazione di un collegamento equipotenziale tra due masse appartenenti a due circuiti aventi conduttori con sezioni molto diverse non possa provocare nel conduttore di minore sezione il passaggio di una corrente di guasto tale da provocare una sollecitazione termica superiore a quella ammissibile in tale conduttore. Sistema TT Gli impianti elettrici alimentati direttamente in bassa tensione (sistema TT) sono presenti in ogni settore, dall’edilizia residenziale, al settore industriale (piccole officine, laboratori), agli esercizi commerciali, agli uffici, dai locali di pubblico spettacolo agli ambienti ad uso medico (ambulatori e studi medici). Negli impianti eserciti mediante il sistema TT un guasto tra una fase ed una massa determina la circolazione di una corrente di guasto che interessa contemporaneamente gli impianti di terra dell’utente e dell’ente distributore (cabina). 96 Fig. 7 Il valore di tale corrente dipende dell’impedenza dell’anello di guasto (indicato in tratteggio nella figura 7) costituita essenzialmente dalle resistenze di terra Rn e RE. Per questi impianti la protezione contro i contatti indiretti è generalmente realizzata mediante interruzione automatica dell’alimentazione in modo che sia soddisfatta la seguente condizione: RE · Idn ≤ UL (50 V) dove: RE è la resistenza di terra del dispersore (ohm) che può assumere anche valori elevati (tabella 9); Idn è la corrente differenziale nominale (A) del dispositivo differenziale. Se le condizioni di interruzione indicate dalla relazione sopra riportata non possono essere soddisfatte, si deve realizzare un collegamento equipotenziale locale connesso a terra. Quando diversi dispositivi di protezione a corrente differenziale sono utilizzati in serie, questa prescrizione si applica separatamente a tutte le masse protette dallo stesso dispositivo. Per la protezione degli impianti alimentati con sistema TT non è più ammesso l’uso degli interruttori automatici magnetotermici. Inoltre è sempre vietato collegare il neutro all’impianto di terra locale. Il punto neutro o, se questo non esiste, un conduttore di linea, di ogni trasformatore o di ogni generatore, deve essere collegato a terra Tabella 9 – Valori massimi della resistenza di terra in relazione alla corrente differenziale nominale del dispositivo di protezione Idn (A) 0,010 0,030 0,1 0,5 1 Rt (Ω) 5000 1660 500 100 50 97 in modo da permettere l’interruzione dell’alimentazione al primo guasto franco su una massa collegata al dispersore. Per ragioni di selettività, a monte dei dispositivi differenziali di tipo generale, si possono utilizzare interruttori differenziali di tipo S (ritardati). Se questi ultimi sono installati su circuiti di distribuzione è ammesso un tempo di interruzione maggiore, ma non superiore a 1 s. Negli impianti di cantieri edili, locali ad uso medico e strutture adibite ad uso agricolo o zootecnico, per i quali la norma limita la tensione di contatto a UL = 25 V, la condizione da soddisfare é: RE · Idn ≤ 25 Sistema TN Questi sistemi sono caratterizzati dal fatto di essere alimentati in media tensione (e di richiedere quindi una propria cabina di trasformazione) mentre la distribuzione e l’alimentazione delle apparecchiature e delle macchine è effettuata in bassa tensione, oppure parte in bassa e parte in media tensione. Poiché l’impianto di terra è unico per le masse e il neutro, la protezione contro i contatti indiretti dev’essere attuata per guasti che si verificano sia sulla parte dell’impianto in M.T. sia sulla parte di impianto in B.T. Un guasto in M.T., infatti, produce i suoi effetti sulle masse di entrambe le parti dell’impianto. Protezione per guasti in bassa tensione Sul lato bassa tensione dei sistemi TN un guasto di impedenza trascurabile tra un conduttore di linea e il conduttore di protezione o una massa è paragonabile ad un cortocircuito (fig. 8) dato che la corrente si richiude direttamente sul centro stella del trasformatore, interessando i conduttori di fase e quelli di protezione (il dispersore non è quindi coinvolto). Per attuare la protezione con dispositivi a massima corrente a tempo inverso (fusibili o interruttori magnetotermici) si richiede che sia soddisfatta in qualsiasi punto del circuito la seguente condizione: Fig. 8 98 Zs · Ia ≤ U0 U0 - tensione nominale verso terra dell’impianto relativamente al lato bassa tensione (in volt); Zs - impedenza totale (in ohm) dell’anello di guasto che comprende il trasformatore (sorgente) il conduttore di fase e quello di protezione tra il punto di guasto e il trasformatore; Ia - corrente (in ampere) che provoca l’intervento del dispositivo di protezione entro il tempo indicato nella tabella 10. I tempi massimi di interruzione indicati nella tabella 10 si applicano ai circuiti terminali protetti con dispositivi di protezione contro le sovracorrenti aventi corrente nominale o regolata non superiore a 32 A. Tempi di interruzione convenzionali non superiori a 5 s sono ammessi per i circuiti diversi da quelli terminali. Osservando la tabella si rileva che negli ambienti ordinari e per i normali sistemi di distribuzione a 230/400 V (dove U0 = 230 V), il tempo di intervento delle protezioni dev’essere non superiore a 0,2 s. Qualora la condizione Ia ≤ U0 / Zs non potesse essere soddisfatta con gli interruttori magnetotermici, è necessario ricorrere a dispositivi differenziali (in questo caso Ia corrisponde alla corrente differenziale nominale Idn), oppure realizzare un collegamento equipotenziale locale. Con l’installazione dell’interruttore differenziale la relazione indicata risulta generalmente soddisfatta e non è quindi richiesta la misura dell’impedenza Zs. Tabella 10 – Tempi massimi di interruzione per sistemi TN Campo di tensione Corrente alternata (s) Corrente continua (s) 50 V < U0 ≤ 120 V 0,8 (*) 120 V < U0 ≤ 230 V 0,4 5 230 V < U0 ≤ 400 V 0,2 0,4 U0 > 400 V 0,1 0,1 U0 è la tensione nominale verso terra in c.a o in c.c. Per valori di tensione intermedi, si sceglie il valore prossimo superiore. Quando la protezione è realizzata mediante l'uso di dispositivi differenziali, i tempi di interruzione si riferiscono alle correnti di guasto differenziali presunte più elevate della corrente differenziale nominale (tipicamente 5 Idn). (*) Per le tensioni che sono entro la banda di tolleranza precisata nella Norma CEI 8-6 si applicano i tempi di interruzione corrispondenti alla tensione nominale. 99 L’utilizzo dei dispositivi di protezione a corrente differenziale è sempre ammesso nei sistemi TN-S, è vietato nei sistemi TN-C, mentre nei sistemi a TN-C-S non è ammesso utilizzare un conduttore PEN a valle di tali dispositivi (il collegamento del conduttore di protezione al conduttore PEN deve essere effettuato a monte del dispositivo di protezione a corrente differenziale). Per realizzare la selettività dei dispositivi, gli interruttori differenziali del tipo S possono essere usati in serie agli interruttori differenziali di tipo generale. Quando, in casi particolari, l'interruzione automatica non può essere ottenuta secondo le condizioni sopra indicate si deve realizzare un collegamento equipotenziale locale connesso a terra. Protezione per guasti in media tensione Secondo la Norma CEI 99-3 “Messa a terra degli impianti elettrici con tensione superiore a 1 kV in corrente alternata” il dispersore di terra degli impianti in MT deve essere dimensionato in modo che la sua resistenza di terra RE sia di valore tale che, in relazione al coordinamento con i dispositivi di protezioni di media tensione (tempi di intervento in funzione del valore della corrente di guasto) per guasto verso massa nel sistema MT, le tensioni di contatto UT siano contenute entro i limiti di sicurezza indicati nella tabella 11, i cui valori sono stati desunti dalla curva di sicurezza riportata dalla Norma CEI 99-3. Le tensioni di passo, in genere, possono essere trascurate in quanto normalmente più basse di quelle di contatto. In ogni caso per le tenTabella 11 – Valori massimi delle tensioni di contatto ammissibili in relazione al tempo di eliminazione del guasto. Durata del guasto tF [s] Tensione di contatto ammissibile UTP [V] 10 1,1 0,72 0,64 0,49 0,39 0,29 0,2 0,14 0,08 0,04 80 100 125 150 220 300 400 500 600 700 800 Per guasti di durata maggiore di 10 s si può considerare un valore della tensione di contatto di 75 V. 100 sioni di passo sono ammessi valori maggiori di tre volte rispetto ai valori delle tensioni di contatto ammissibili indicati nella tabella 11 (poiché 3 è il fattore di percorso della corrente nel corpo umano da piede a piede). Le tensioni di contatto dipendono dalla tensione di terra UE, determinabile mediante la relazione: UE = RE · IE essendo IE corrente di terra (cioè quella che circola verso terra tramite la resistenza di terra RE) che può essere fatta coincidere con la corrente di guasto a terra IF, (corrente che circola verso terra dal conduttore di fase nel punto di guasto). In effetti la IE può essere inferiore a IF in quanto una parte della IF può richiudersi nel sistema di alimentazione (attraverso funi di guardia o schermi di cavi interrati), senza interessare l’impianto di terra. In ogni caso il considerare il valore di IF anziché quello di IE porta a risultati che sono a favore della sicurezza. Il valore della corrente di guasto IF deve essere richiesto all’Ente distributore (4). Il valore della resistenza dell’impianto di terra in grado di contenere le tensioni di contatto entro i limiti della curva di sicurezza dipende dal tipo di dispersore della cabina M.T./B.T. e dell’impianto utilizzatore e in particolare dal livello di equipotenzialità che assicura. Si possono prevedere i seguenti casi. (4) Nei sistemi con neutro a terra, la corrente di guasto a terra si identifica con quella di cortocircuito monofase a terra; mentre nei sistemi a neutro isolato (che nel nostro paese rappresentano la maggior parte delle reti di II categoria) la corrente di guasto a terra è quella che si richiude attraverso l’impianto di terra e le capacità che le fasi della linea presentano verso terra. Nelle reti di II categoria funzionanti con neutro isolato, il valore della corrente di guasto a terra IF può essere valutata con la relazione: IF = U (0,003 L1 + 0,2 L2) dove U è la tensione nominale della rete in kV; L1 è la somma delle lunghezze in chilometri delle linee aeree e L2 è la somma delle lunghezze in chilometri delle linee in cavo, ordinariamente collegate fra loro durante l’esercizio. 101 Caso 1 Negli impianti con dispersore comune, ma con caratteristiche diverse per le due parti di impianto (magliato in corrispondenza della cabina e ad anello per l’impianto utilizzatore), che è la situazione più frequente, è necessario che il dispersore abbia una resistenza di terra RE tale da originare una tensione totale di terra UE minore della tensione di contatto ammissibile UTp: UE = RE · IE ≤ UTp Se la resistenza di terra del dispersore assume un valore tale da non consentire il rispetto della relazione indicata, l’alternativa ad un adeguamento del dispersore è quella della misura diretta dei valori delle tensioni di contatto (UT) e di passo (US), verificando che: UT ≤ UTp per le tensioni di contatto; US ≤ 3 UTp per le tensioni di passo Qualora le relazioni indicate non risultino soddisfatte sarà inevitabile prendere i necessari provvedimenti aggiuntivi per la riduzione della tensione di contatto UT (isolamento o equipotenzializzazione) o della resistenza di terra RE. Caso 2 Quando l’impianto di terra unico è costituito da una rete magliata che copre l’intera area dell’impianto utilizzatore e della cabina, si può ritenere assicurata una buona equipotenzialità. Pertanto la norma consente di ritenere l’impianto di terra adeguato se è soddisfatta almeno una delle seguenti condizioni: 1 – La tensione totale di terra risulta: UE = RE· IE ≤ 1,5 UTp 2 – La tensione totale di terra risulta: UE = RE · IE ≤ 4 UTp e sono stati adottati inoltre i provvedimenti previsti dalla Norma CEI 99-3. 3 – Le tensioni di contatto UT e di passo US misurate risultano: UT ≤ UTp US ≤ 3 UTp Caso 3 Le masse dell’impianto utilizzatore di bassa tensione sono connesse ad un impianto di terra separato da quello della cabina (sistema TT). In questa situazione l’impianto di terra della cabina è adeguato se risponde alle prescrizioni indicate per l’impianto di terra unico con rete magliata (caso 2) e la tensione totale di terra risulta: UE ≤ 250 V per tempi di intervento delle protezioni > 5 s UE ≤ 500 V per tempi di intervento delle protezioni ≤ 5 s Questo perché in caso di guasto oltre al problema delle tensioni di contatto, si presenta quello degli isolanti che possono essere solleci102 tati da una tensione eccessiva. A seguito di un guasto a massa, infatti, sono soggetti a una tensione che risulta essere la somma della tensione di fase più la tensione totale di terra. Tensioni trasferite all’esterno dell’impianto Le strutture metalliche che si estendono all’esterno del perimetro dell’impianto di terra, possono trasferire tensioni pericolose anche a grande distanza. Casi tipici sono le tubazioni metalliche, i binari, le recinzioni, i nastri trasportatori ecc. I provvedimenti adottabili per evitare il trasferimento di tensioni di contatto pericolose sono: Interruzione della continuità: questo provvedimento consiste nell’interrompere la continuità elettrica delle strutture metalliche in prossimità del perimetro dell’impianto di terra e, qualora risulti necessario, anche in altri punti. Le interruzioni di continuità devono presentare, anche in condizioni ambientali sfavorevoli (ad esempio, pioggia, terreno umido ecc.), caratteristiche d’isolamento adeguate alla massima corrente di guasto a terra (fig. 9). Aumento della resistività: la misura consiste nel ricoprire il terreno adiacente ai corpi metallici con materiali ad elevata resistività (pietrisco, asfalto, bitume, gomma, plastica, ecc.). Sufficienti garanzie d’isolamento nel tempo sono offerte da spessori superiori a 10 cm per la ghiaia o a 5 cm per l’asfalto. Controllo dei gradienti di tensione: mediante collegamento dei corpi metallici ad un dispersore supplementare con forma e dimensioni tali da ridurre i gradienti superficiali. Segregazione ed isolamento: si adottano opportune barriere le quali impediscono il contatto con i corpi metallici che presentano tra loro o verso terra tensioni pericolose, oppure si impedisce l’accessibilità all’area circostante i corpi stessi. L’accesso a tali aree può essere consentita solo a persone addestrate, in grado quindi di eliminare temporaneamente le condizioni di pericolo o di adottare mezzi protettivi idonei. La segregazione può essere omessa quando la presenza di persone non addestrate è molto improbabile. Fig. 9 – Modalità di interruzione della continuità elettrica di una tubazione esterna. 103 Fig. 10 Sistemi IT Negli impianti che non ammettono l’interruzione dell’esercizio a causa di un guasto a terra, per i pericoli o per i danni alla produzione che il disservizio comporterebbe, è necessario ricorrere al sistema di distribuzione IT (fig. 10). In questo sistema le parti attive devono essere isolate da terra oppure essere collegate a terra attraverso un'impedenza di valore sufficientemente elevato. Il collegamento può essere effettuato al punto neutro del sistema e, se questo non esiste, si può collegare a terra un conduttore di linea, o il punto neutro artificiale. Le masse metalliche sono collegate, separatamente, a gruppi o collettivamente, all’impianto di terra del sistema distinto da quello al quale è eventualmente connesso il neutro. Il valore dell'impedenza deve essere scelto in modo da evitare oscillazioni del potenziale dell'impianto dovute a fenomeni di risonanza ed in modo da provocare la circolazione di una corrente di guasto che possa essere rilevata. In pratica, negli impianti aventi tensione nominale di 230/400 V è opportuno scegliere una resistenza avente valore dell'ordine di qualche centinaio di ohm. In questo sistema in caso di guasto a massa la corrente di guasto si può richiudere solo attraverso le capacità dei conduttori sani verso terra, per cui risulta limitata; conseguentemente la soprelevazione di tensione delle masse è contenuta entro valori non pericolosi. Un secondo guasto su una fase diversa dà luogo però ad una corrente che deve determinare l’intervento delle protezioni (fig. 11). Fig. 11 104 Fig. 12 Le norme non richiedono l’intervento delle protezioni al primo guasto, ma prescrivono: – l’adozione di un dispositivo segnalatore sonoro e /o visivo a funzionamento continuo atto a rilevare lo stato di isolamento di tutto l’impianto e quindi in grado di segnalare l’eventuale guasto a terra, sia sulle fasi sia sul neutro (se questo è distribuito), affinché possa essere eliminato entro breve tempo (5); – che sia soddisfatta la condizione: RE· Id ≤ 50 nei sistemi c.a. RE · Id ≤ 120 nei sistemi c.c. dove: RE - è la resistenza del dispersore di terra a cui sono collegate le masse (in ohm); Id - è la corrente di guasto nel caso di primo guasto di impedenza trascurabile tra un conduttore di fase ed una massa (in ampere). Il valore tiene conto delle correnti di dispersione e dell'impedenza totale verso terra dell'impianto elettrico. A seguito del primo guasto a terra il sistema IT si trasforma in sistema TN o TT a seconda che le masse siano connesse tutte allo stesso impianto di terra oppure connesse ad impianti di terra separati (fig. 12). Le condizioni per assicurare la protezione contro i contatti indiretti di conseguenza devono essere: a) corrispondenti alle prescrizioni per i sistemi TT, se le masse sono messe a terra singolarmente o per gruppi; b) corrispondenti alle prescrizioni per i sistemi TN, se le masse fanno tutte capo allo stesso impianto di terra, con l’avvertenza che devono essere soddisfatte le seguenti condizioni: Zs ≤ U 2 Ia per circuiti in c.a. senza neutro distribuito (fig. 13a) e per circuiti in c.c. senza conduttore mediano Z s’ ≤ U0 2 Ia per circuiti in c.a. con neutro distribuito (fig. 13b) e per circuiti in c.c. con conduttore mediano (5) Se sono previsti entrambi i segnali sonoro e visivo, il segnale sonoro può essere disattivato. 105 Fig. 13 dove: Ia - corrente di intervento del dispositivo di protezione che interrompe il circuito entro il tempo t, specificato nella tabella 10 (a pag. 99), per i circuiti terminali protetti contro le sovracorrenti con dispositivi aventi corrente nominale o regolata non superiore a 32 A, e tempi non superiori a 5 s per i circuiti diversi; Zs – impedenza (in ohm) dell’anello di guasto, costituito dal conduttore di fase e dal conduttore di protezione (6); Z’s – impedenza (in ohm) del circuito di guasto, costituito dal conduttore di fase, dal neutro e dal conduttore di protezione (6); U0 – tensione (in volt) in c.a. od in c.c. tra il conduttore di linea e rispettivamente il conduttore di neutro od il conduttore mediano; U – tensione (in volt) in c.a. od in c.c. tra i conduttori di linea. Se le condizioni indicate non possono essere soddisfatte con l’uso di dispositivi di protezione di sovracorrente, si deve prevedere una protezione con interruttore differenziale su ciascun circuito. Diversamente si deve realizzare un collegamento equipotenziale locale non connesso a terra. Negli impianti, o parti di esso, di ambienti particolari (cantieri edili, locali ad uso medico e strutture adibite ad uso agricolo o zootecnico) per i quali la tensione limite deve essere UL = 25 V, per la protezione contro i contatti indiretti deve essere soddisfatta la relazione: (6) Per l’impedenza dell’anello di guasto si dovrebbe prendere in considerazione il caso più severo, per esempio, nella situazione di neutro distribuito, un guasto sul conduttore di linea lato sorgente e simultaneamente un altro guasto sul conduttore di neutro di un apparecchio utilizzatore del corrispondente circuito. 106 RE · Id ≤ 25 mentre al verificarsi del secondo guasto a massa le protezioni devono intervenire nei tempi indicati nella tabella 10 (a pag. 99). Le norme raccomandano di non distribuire il neutro nei sistemi IT. Se il conduttore di neutro viene distribuito, è in genere necessario prevedere in ogni circuito la rilevazione delle sovracorrenti su tale conduttore, al fine di provocare l’interruzione di tutti i conduttori attivi del circuito corrispondente, ivi compreso il conduttore di neutro. Ciò non è richiesto se si verifica una delle seguenti condizioni: – il neutro è protetto contro i cortocircuiti da un dispositivo di protezione posto a monte, per esempio all’origine dell’impianto; – il circuito è protetto da un dispositivo differenziale avente corrente nominale differenziale ≤ 0,20 volte la portata del conduttore di neutro. Il dispositivo deve aprire tutti i conduttori attivi del circuito corrispondente, compreso il conduttore di neutro. Protezione senza interruzione automatica Impiego di componenti di Classe II o con isolamento equivalente Per i soli sistemi di I categoria le norme consentono di attuare la protezione contro le tensioni di contatto mediante l’uso di materiale elettrico (conduttori, scatole di derivazione, quadri, apparecchi ecc.) con doppio isolamento o con isolamento rinforzato (componenti in Classe II) senza connessioni a terra. I componenti elettrici, che devono essere stati sottoposti alle prove di tipo ed essere contrassegnati con il segno grafico indicato a lato, possono essere dei seguenti tipi: – componenti elettrici aventi un isolamento doppio o rinforzato (componenti elettrici di Classe II); – componenti elettrici dichiarati nelle relative norme come equivalenti alla Classe II (ad es. i quadri aventi un isolamento completo). Anche un isolamento supplementare aggiunto all’isolante principale o un isolamento rinforzato applicato alle parti nude durante l’installazione dei componenti risultano idonei purché rispondenti a tutti i requisiti richiesti per i materiali di Classe II. In questo caso è raccomandato che il segno grafico riportato a lato sia applicato all’esterno dell’involucro e, se possibile, anche all’interno. Per poter garantire all’impianto nel suo complesso un isolamento di Classe II, è necessario rispettare le seguenti condizioni: – gli involucri isolanti devono presentare una struttura atta a sopportare le sollecitazioni meccaniche, elettriche e termiche che possono verificarsi in caso di guasto; – durante l’installazione si deve evitare di danneggiare anche minimamente gli isolamenti; – gli involucri non devono essere muniti di viti neppure di materiale isolante (per evitare che vengano sostituite con altre in metallo, compromettendo così il grado di isolamento); – i contenitori muniti di portelli o coperchi devono essere apribili 107 solo con chiave o attrezzi. Se le porte e i coperchi sono apribili senza l’uso di un attrezzo, tutte le parti conduttrici accessibili devono trovarsi dietro una barriera isolante (rimovibile solo con l’uso di attrezzi) con grado di protezione minimo IPXXB. – le parti intermedie dei componenti elettrici pronti per il funzionamento, devono essere protette con un involucro avente un grado di protezione minimo IPXXB; – gli isolamenti supplementari ottenuti con l’impiego di vernici lacche e materiali similari non sono adatti; – l’involucro non dev’essere attraversato da parti conduttrici suscettibili di propagare un potenziale; – l’involucro non deve nuocere alle condizioni di funzionamento del componente elettrico protetto; – le parti conduttrici racchiuse nell’involucro isolante non devono essere collegate ad un conduttore di protezione. É possibile però far attraversare l’involucro da conduttori di protezione di altri componenti elettrici il cui circuito di alimentazione passi anch’esso attraverso l’involucro. All’interno dell’involucro tali conduttori e i loro morsetti devono essere isolati come se fossero parti attive e i morsetti devono essere contrassegnati in modo adeguato; – le parti conduttrici accessibili e le parti intermedie non devono essere collegate ad un conduttore di protezione a meno che ciò non sia previsto nelle prescrizioni di costruzione del componente elettrico. – i tratti di cavo compresi tra l’ingresso dell’alimentazione in un quadro metallico ed il dispositivo di protezione destinato alla protezione contro i contatti indiretti, si considerano in accordo con le prescrizioni riguardanti la Classe II anche se sono sprovvisti di guaina isolante o non sono installati in tubi protettivi od in canali isolanti, purché abbiano la lunghezza strettamente necessaria ad effettuare la connessione ai terminali del dispositivo di protezione. Queste connessioni, se realizzate in accordo con le norme del dispositivo di protezione e in accordo con le eventuali indicazioni di montaggio fornite dal costruttore del dispositivo di protezione e/o del quadro, consentono di ottenere l’isolamento in Classe II. Per i sistemi elettrici con tensioni nominali non superiori a 690 V sono considerate di classe II, le condutture elettriche costituite da: – cavi con guaina non metallica aventi tensione nominale maggiore di un gradino rispetto a quella necessaria per il sistema elettrico servito e che non comprendano un rivestimento metallico; – cavi unipolari senza guaina installati in tubo protettivo o canale isolante, rispondente alle rispettive Norme; – cavi con guaina metallica aventi isolamento idoneo per la tensione nominale del sistema elettrico servito, tra la parte attiva e la guaina metallica e tra questa e l'esterno. La protezione con isolamento di Classe II o equivalente può coesistere in uno stesso impianto con la protezione attuata mediante messa a terra e interruzione automatica del circuito. 108 Protezione per separazione elettrica La separazione elettrica è una misura di protezione nella quale: – la protezione contro i contatti diretti è fornita dall'isolamento principale delle parti attive o da barriere od involucri; – la protezione contro i contatti indiretti è fornita dall’isolamento principale dei circuiti separati da altri circuiti e da terra. Un guasto a massa nel circuito separato non comporta infatti alcun pericolo per le persone, in quanto la corrente di guasto non può richiudersi, mancando il collegamento a terra di un punto del circuito separato (se le capacità dei conduttori verso terra sono trascurabili). Tuttavia, dato che la sicurezza di questa misura di protezione dipende dal buon isolamento dei circuiti separati è opportuno che tali circuiti siano installati in modo che il loro stato possa essere esaminato a vista. In particolare ciò vale per i cavi flessibili che sono soggetti facilmente a danneggiamenti. Il circuito separato può alimentare un solo apparecchio utilizzatore o più apparecchi. a) Alimentazione di un solo apparecchio utilizzatore Quando la misura di protezione per separazione elettrica è applicata per l'alimentazione di un singolo apparecchio utilizzatore si devono applicare le seguenti prescrizioni: – alimentazione da una sorgente non messa a terra, avente almeno separazione semplice (trasformatore ordinario), che fornisca una tensione per il circuito separato non superiore a 500 V; – le parti attive del circuito separato non devono essere collegate né ad alcun punto di altri circuiti, né a terra né ad un conduttore di protezione; – i cavi flessibili devono essere visibili in tutte le parti del loro percorso in cui potrebbero essere danneggiati meccanicamente (se sono prevedibili danneggiamenti meccanici i cavi devono essere protetti); – per il circuito separato è raccomandabile l’uso di condutture separate da quelle degli altri circuiti; nel caso non fosse possibile, si devono utilizzare cavi multipolari senza guaina metallica oppure cavi unipolari senza guaina in tubi protettivi o canali isolanti a condizione che essi presentino un isolamento idoneo alla tensione nominale del sistema a tensione più elevata presente nella canalizzazione e che ciascun circuito sia protetto contro le sovracorrenti; – le masse del circuito separato non devono essere connesse intenzionalmente né ad un conduttore di protezione, né ad una massa di altri circuiti, né a masse estranee (7). È ammesso però collegare intenzionalmente le masse del circuito separato ad un impianto di terra a cui (7) Se le masse del circuito separato sono suscettibili di entrare in contatto, intenzionalmente o occasionalmente, con le masse di altri circuiti, la protezione contro i contatti elettrici non dipende unicamente dalla protezione per separazione elettrica, ma anche dalle misure di protezione adottate per queste ultime masse. 109 Fig. 14 non siano collegate né masse o conduttori di protezione di altri circuiti, né masse estranee che possano introdurre tensioni pericolose. b) Alimentazione di più apparecchi utilizzatori Questa misura di protezione è applicabile solo quando l'impianto è controllato o è sotto la supervisione di persone addestrate. Quando il circuito separato alimenta più apparecchi utilizzatori oltre alle prescrizioni riportate nel paragrafo a) precedente si devono osservare anche le seguenti prescrizioni: – le masse del circuito separato devono essere collegate tra di loro per mezzo di conduttori di protezione isolati, non collegati a terra; tali conduttori, che svolgono la funzione di conduttori equipotenziali, non devono essere collegati intenzionalmente a conduttori di protezione od a masse di altri circuiti o a qualsiasi massa estranea (fig. 14); – tutte le prese a spina devono essere provviste di contatti di terra che devono essere collegati al conduttore di protezione; – tutti i cavi flessibili che non alimentino componenti elettrici con isolamento doppio o rinforzato, devono incorporare un conduttore di protezione; – a protezione del circuito separato deve essere installato un dispositivo di protezione (interruttore automatico magnetotermico) che intervenga interrompendo l'alimentazione, al verificasi di due guasti su due masse che siano alimentate da conduttori di polarità diversa, nei tempi indicati in tabella 10 di pag. 99 (fig. 15). – il circuito separato deve essere di estensione ridotta (per limitare le correnti capacitive) per cui è raccomandabile che la conduttura elettrica non abbia lunghezza superiore a quella determinabile con la seguente relazione: 100 000 L≤ Un e comunque non sia superiore a 500 m, essendo: L la lunghezza delle linee a valle del trasformatore (in metri) e Un la tensione nominale 110 Fig. 15 di alimentazione (in volt) del circuito separato che, come detto, non può essere maggiore di 500 V. Caratteristiche del conduttore di protezione Per quanto riguarda il conduttore di protezione valgono le seguenti prescrizioni: – il collegamento di protezione non va esteso all’involucro metallico della sorgente di alimentazione; – tutte le prese del circuito separato devono avere l’alveolo di terra collegato al conduttore di protezione; – il conduttore di protezione dev’essere dotato di guaina isolante, in modo che neanche accidentalmente possa andare in contatto con i conduttori di protezione o di terra o le masse di altri circuiti; – tutti i cavi di alimentazione delle utenze, tranne quelle in Classe II, devono incorporare il conduttore di protezione utilizzato in questo caso come conduttore equipotenziale; – ogni collegamento di protezione deve essere realizzato con un conduttore di sezione non inferiore a 2,5 mm2 se è prevista una protezione meccanica, oppure 4 mm2 se non è prevista alcuna protezione meccanica (il conduttore di protezione contenuto nel cavo flessibile di alimentazione dell’utilizzatore può avere sezione inferiore ai valori indicati, ma non minore di quella dei conduttori di fase). Protezione per mezzo di luoghi non conduttori Per la sua particolarità questo sistema di protezione non è ammesso negli edifici civili e similari. Devono essere osservate tutte le seguenti condizioni: 1 – non si devono introdurre nel locale conduttori di protezione; 2 – le masse devono essere disposte in modo che, in circostanze ordinarie, una persona non possa venire simultaneamente in contatto con due masse, oppure una massa ed una massa estranea, se queste parti sono suscettibili di trovarsi ad un potenziale diverso a seguito 111 Fig. 16 di un guasto dell'isolamento principale di parti attive. Ciò si realizza assicurandosi che il luogo abbia pavimento e pareti isolanti con resistenza verso terra: ≥ 50 kΩ per tensioni nominali fino a 500 V; ≥ 100 kΩ per tensioni nominali maggiori di 500 V; e applicando una delle seguenti disposizioni (fig. 16): – distanziamento delle masse tra loro e dalle masse estranee almeno di 2,5 m se a portata di mano, e di almeno 1,25 m se fuori dalla portata di mano in modo che non sia possibile toccare contemporaneamente due masse o un massa e una massa estranea; – interposizione tra masse e masse estranee di efficaci ostacoli non collegati a terra o a masse (e per quanto possibile in materiale isolante) e in grado di assicurare le distanze indicate nel precedente punto; – isolamento (o disposizioni isolanti) delle masse estranee con resistenza sufficiente a sopportare una tensione di prova di almeno 2000 V. La corrente di dispersione verso terra non deve superare 1 mA in condizioni ordinarie d'uso. 3 – le masse estranee (tubi metallici) uscenti dal locale devono essere interrotte con elementi isolanti; 4 – non è ammesso l’uso di prese a spina; 5 – l’impianto dev’essere sotto il controllo di personale addestrato per evitare che nel locale possano venir introdotti apparecchi collegati a terra oppure a masse estranee e che le persone siano sottoposte a differenze di potenziale pericolose durante l’accesso al locale. 112 Protezione per equipotenzializzazione del locale non connesso a terra Anche questo tipo di protezione non è applicabile, per le sue particolarità, agli impianti in edifici civili e similari. La protezione viene realizzata collegando fra loro tutte le masse e masse estranee simultaneamente accessibili. Tale collegamento equipotenziale non dev’essere connesso a terra né direttamente né attraverso masse o masse estranee. Precauzioni devono essere prese per assicurare che le persone che entrano in tale luogo non siano esposte ad una differenza di potenziale pericolosa, in particolare quando un pavimento conduttore isolato da terra sia dotato di collegamento equipotenziale locale non connesso a terra. Personale addestrato deve controllare il locale per evitare l’introduzione di apparecchi connessi a terra e predisporre accorgimenti per evitare che le persone siano soggette a tensioni pericolose all’accesso del locale. 113 PROTEZIONE DIFFERENZIALE L’interruttore differenziale svolge una funzione di protezione contro i contatti diretti, indiretti e nei riguardi dell’incendio. Nel primo caso è una protezione addizionale che si aggiunge (non può quindi sostituirle) alle misure di protezione passive (isolamento, involucri e barriere). Per questo compito il valore della corrente nominale differenziale dev’essere Idn ≤ 30 mA. Nella protezione contro i contatti indiretti la Idn dell’interruttore dev’essere coordinata con la resistenza dell’impianto di terra. Per quanto riguarda infine la protezione contro l’incendio, il differenziale costituisce un controllore permanente dell’isolamento; a tal fine deve presentare una Idn non superiore a 300 mA. Il differenziale è espressamente richiesto dalla Norma CEI 64-8 in numerosi casi (tabella 12). Tabella 12 – Casi in cui l’interruttore differenziale è espressamente richiesto dalla Norma CEI 64-8 Circuito Idn max (mA) Articolo norma Circuiti alimentati tramite cavo piatto per posa sotto tappeto a posa fissa 30 521.1 (Commenti) Circuiti che alimentano prese a spina in zona 3 di locali contenenti bagni e docce (1) 30 701.53 Tutti i circuiti del locale o cabina sauna, con l’eccezione del riscaldatore per sauna 30 703.412.5 Circuiti che alimentano prese a spina in zona 1 (piccole piscine) e in zona 2 delle piscine (1) 30 702.53 Circuiti che alimentano prese a spina con In ≤ 32 A nei cantieri edili (1) 30 704.410.1 30 702.413.7.3 Circuiti che alimentano apparecchi di illuminazione fissi di classe I installati in zona 2 di piscine (1) e in zone 0 e 1 di fontane (1) A meno che l'alimentazione avvenga per separazione elettrica, con alimentazione di un solo apparecchio, oppure con sistema SELV. 114 Circuito Idn max (mA) Articolo norma Circuiti installati in strutture ad uso agricolo o zootecnico che alimentano: – prese a spina con In ≤ 32 A – prese a spina con In > 32 A – circuiti terminali con grado di protezione < IP4X 30 100 705.413 Circuiti che alimentano prese a spina: con In ≤ 20 A in locali ad uso abitativo; con In ≤ 32 A destinate ad alimentare apparecchi utilizzatori mobili impiegati all’esterno 30 412.5.3 Nelle aree di campeggio i circuiti che alimentano ciascuno una presa a spina e i circuiti terminali di collegamento fisso per la fornitura di energia a case mobili o trasportabili 30 708.530.5.6 Condutture installate in luoghi a maggior rischio in caso d'incendio formate da: – cavi multipolari provvisti di PE; – cavi unipolari o multipolari senza PE installati in tubi, involucri, passerelle metallici oppure in tubi o involucri isolanti con grado di protezione ≥ IP4X 30 300 (3) 1000 (3) 751.04.2.7 Circuiti nei luoghi di pubblico spettacolo alimentati direttamente in bassa tensione (sistema TT) (2) 752.47.1 Circuiti terminali di locali ad uso medico di gruppo 1 che alimentano prese a spina con In ≤ 32 A e tutti i circuiti dei locali ad uso medico di gruppo 2 se non alimentati dal sistema IT-M. 30 710.413.1.3 300 (2) La Norma CEI 64-8/7 non fissa un limite per la corrente Idn, ma è richiesto il coordinamento con l'impianto di terra. (3) Anche ad intervento ritardato. 115 PROTEZIONE CONTRO GLI EFFETTI TERMICI Il calore sviluppato dai componenti elettrici non deve poter causare danni alle persone, ai componenti elettrici fissi ed ai materiali non facenti parti dell’impianto elettrico, posti nelle loro vicinanze, in particolare per quanto riguarda i seguenti effetti: – combustione o deterioramento di materiali; – rischio di ustioni; – riduzione della sicurezza nel funzionamento dei componenti elettrici installati. Protezione contro gli incendi I componenti elettrici non devono costituire pericolo di innesco o di propagazione di incendio per i materiali adiacenti. A tal fine devono essere conformi alle rispettive norme di prodotto. In carenza di esse, possono essere adottati, per i componenti elettrici costruiti con materiali isolanti, i criteri di prova riportati nella tabella 13. I componenti elettrici che possono raggiungere temperature superficiali tali da poter innescare l’incendio dei materiali adiacenti, devono essere installati in uno dei seguenti modi: – su od entro elementi costituiti da materiali che resistano a tali temperature e che abbiano una bassa conducibilità termica; – dietro schermi termicamente isolanti che resistano a tali temperature e che abbiano una bassa conducibilità termica; – a una distanza sufficiente a permettere un’adeguata dissipazione del calore per evitare che tali temperature possano avere effetti termici dannosi sui materiali. I componenti elettrici collegati all’impianto in modo permanente, che nel loro funzionamento ordinario possono produrre archi o scintille, devono essere: – racchiusi in elementi di materiale resistente agli archi; – schermati, con elementi resistenti agli archi, dagli elementi dell’edificio sui quali gli archi potrebbero avere effetti termici dannosi; – essere installati ad una distanza sufficiente dagli elementi dell’edificio sui quali gli archi o le scintille potrebbero avere effetti termici dannosi, in modo da consentire la sicura estinzione agli stessi. I materiali utilizzati per schermare o racchiudere i componenti elettrici devono essere non combustibili, avere bassa conducibilità termica e uno spessore adeguato per assicurare stabilità meccanica. Se si ricorre alla interposizione di schermi termicamente isolanti, questi devono venire realizzati con i materiali aventi un adeguato grado di reazione al fuoco. Si devono interporre elementi realizzati con gli stessi materiali anche quando i componenti elettrici sono da collocare su elementi che non sono in grado di resistere alle elevate temperature (come per esempio nel caso degli apparecchi di illuminazione) o ad archi o 116 Tabella 13 – Criteri di prova per verificare l’attitudine dei componenti elettrici a non innescare o propagare l’incendio Componenti elettrici (scatole, cassette, quadretti, placche e coperchi) nelle diverse condizioni d'installazione Resistenza al riscaldaResistenza al mento in funzionamento riscaldamento ordinario e in fase d’ineccessivo per stallazione guasto Prova in stufa per 60 min. (1) (°C) Termopres- Prova al filo sione con incandescente biglia (2) (3 ) (°C) (°C) Componenti da incasso sotto intonaco (pareti in muratura tradizionale e prefabbricate) 60 (4) – 550 Componenti da incasso per pareti vuote (pareti in truciolato, tramezze in legno ecc.) 70 – 850 Componenti applicati a parete 70 – 550 Parti dei componenti di cui sopra che tengono in posizione parti sotto tensione (escluse le parti relative al conduttore di protezione) 100 125 850 (1) Le modalità di prova sono quelle descritte nella Norma CEI 104-3 (CEI EN 60068-2-2). (2) Le modalità di prova sono quelle descritte nella Norma CEI 89-24 (CEI EN 60695-10-2). (3) Le modalità di prova sono quelle descritte nella Norma CEI 89-13 (CEI EN 60695-2-11). (4) Per le scatole da incasso per pannelli prefabbricati a stagionatura rapida, il valore è di 90 °C. scintille. Tuttavia, nel caso di apparecchi di illuminazione dotati di ballast e marchiati con il simbolo F questi elementi addizionali non sono necessari. I componenti elettrici fissi (ad es. apparecchi d’illuminazione con lampade a incandescenza) che presentino effetti di focalizzazione o di concentrazione di calore, devono essere distanziati da qualsiasi oggetto fisso o elemento dell’edificio in modo tale che questi non possano essere sottoposti, in condizioni ordinarie, a temperature pericolose. 117 Tabella 14 – Limiti di temperatura in funzionamento ordinario per le parti accessibili dei componenti elettrici Parti accessibili Materiale delle parti accessibili Temperatura massima (°C) Organi di comando da impugnare metallico non metallico 55 65 Parti previste per essere toccate durante il funzionamento ordinario, ma che non necessitano di essere impugnate metallico non metallico 70 80 Parti che non necessitano di essere toccate durante il funzionamento ordinario metallico non metallico 80 90 Quando i componenti elettrici installati nello stesso locale contengono liquido infiammabile in quantità significativa (8), si devono prendere precauzioni per evitare che il liquido in fiamme ed i prodotti di combustione del liquido stesso (fiamme, fumo, gas tossici) si propaghino alle altre parti dell’edificio. Ad esempio: – una fossa di drenaggio che raccolga le fuoriuscite di liquido e ne assicuri, in caso di incendio, l’estinzione; – installazione dei componenti elettrici in un locale dotato di pareti resistenti al fuoco e di barriere o di altri mezzi adatti ad evitare che il liquido in fiamme si propaghi in altre parti dell’edificio; tale locale dev’essere ventilato solo verso l’esterno. Protezione contro le ustioni Le parti accessibili dei componenti elettrici a portata di mano non devono raggiungere temperature tali che possano causare ustioni alle persone. Ciò è verificato per i componenti elettrici conformi alle relative norme di prodotto. Per gli altri devono essere soddisfatti i limiti indicati nella tabella 14. Qualora parti dell’impianto in funzionamento ordinario, possano raggiungere, anche per brevi periodi, temperature superiori ai limiti indicati nella tabella 14, devono essere protette (con involucri o barriere aventi grado di protezione almeno IPXXB) in modo da evitare il contatto accidentale. (8) Una quantità di 25 l di liquidi altamente infiammabili (oli minerali o idrocarburi) è generalmente considerata come significativa. Per liquidi isolanti meno infiammabili, come per esempio gli esteri o siliconi, il limite può essere aumentato a 50 l. Per quantità inferiori a 25 l è sufficiente prendere precauzioni per evitare la fuoriuscita e lo spargimento del liquido. 118 PROTEZIONE DAI CONTATTI DIRETTI E INDIRETTI L’impiego della bassissima tensione, consente una protezione combinata contro i contatti diretti e contro quelli indiretti. Condizione essenziale perché ciò sia possibile è la garanzia che in nessun caso questa tensione possa aumentare (ad esempio per un guasto alle apparecchiature che la forniscono o per un contatto accidentale con altri circuiti). La protezione è assicurata quando: – per la protezione contro i contatti indiretti, la tensione nominale non supera 50 V in c.a., e 120 V in c.c. (ad eccezione dei locali a maggior rischio elettrico, quali bagni, piscine ecc); – per la protezione contro i contatti diretti, non supera i 25 V in c.a. e i 60 V c.c. in edifici dove è stato installato il collegamento equipotenziale principale; – l’alimentazione proviene da una sorgente di sicurezza; – sono soddisfatte tutte le disposizioni normative. Si osservi che se il sistema è alimentato da un sistema a tensione più elevata tramite, per es., autotrasformatori, potenziometri, dispositivi a semiconduttori, ecc., il circuito secondario è da considerare un’estensione del circuito primario e deve essere protetto mediante le misure di protezione applicate al circuito primario. Sistemi SELV e PELV I sistemi a bassissima tensione utili alla protezione combinata possono essere di due tipi SELV (Safety Extra-Low Voltage) e PELV (Protective Extra-Low Voltage). Il sistema SELV (che non ha nessun punto collegato a terra) è preferibile nelle situazioni in cui è necessario privilegiare l’aspetto della sicurezza contro la folgorazione. Il sistema PELV (che ha un punto connesso a terra) è particolarmente adatto nei circuiti di comando perché consente un buon compromesso tra l’esigenza di sicurezza contro i contatti diretti ed indiretti e l’esigenza di sicurezza contro gli azionamenti intempestivi dovuti a due guasti a terra che cortocircuitano i dispositivi di sicurezza del circuito di comando. Un terzo sistema a bassissima tensione, denominato FELV (Functional Extra-Low Voltage) ha caratteristiche prettamente funzionali che non garantiscono da eventuali sovraelevazioni accidentali del valore di tensione e pertanto richiede una protezione contro i contatti diretti ed indiretti analoga a quella richiesta per il circuito di alimentazione del trasformatore. 119 IMPIANTI DI ILLUMINAZIONE PER INTERNI La luce La luce è la sensazione determinata nell’occhio umano dalle radiazioni elettromagnetiche, prodotte dalle sorgenti luminose, che si propagano nello spazio con andamento essenzialmente periodico. Le radiazioni elettromagnetiche si trasmettono con una traiettoria rettilinea e sono caratterizzate dalle seguenti grandezze (fig. 1): – lunghezza d’onda λ, distanza tra i picchi di due onde successive (espressa in nanometri); – frequenza f, numero di periodi al secondo (espressa in hertz); – velocità di propagazione ν = λ· f che nel vuoto e nell’aria è di circa 300 000 km/s. Fig. 1 Le onde elettromagnetiche coprono una gamma di lunghezza d’onda vastissima, tuttavia solo la banda da 380 a 780 nm è occupata dalle onde elettromagnetiche visibili (fig. 2). Fig. 2 120 Il colore Ciascuna lunghezza d’onda, nel campo delle radiazioni luminose, viene percepita dall’osservatore sotto forma di un determinato colore, il cui insieme costituisce lo spettro. I colori si succedono partendo da quello corrispondente alla lunghezza d’onda minore a quello corrispondente alla lunghezza d’onda maggiore: violetto - azzurro - verde - giallo - arancio - rosso. I colori rosso, giallo, blu sono detti colori fondamentali o elementari perché è possibile ottenere qualunque altro colore e gradazione con la semplice mescolanza di questi (fig. 3). Fig. 3 Un oggetto appare quindi di un determinato colore perché riflette solo le radiazioni luminose della lunghezza d’onda di quel colore mentre assorbe tutte le altre. Il colore nero corrisponde all’assenza di radiazioni luminose mentre la luce bianca è costituita dall’insieme delle radiazioni di tutte le lunghezze d’onda. La sensibilità dell’occhio umano è massima per il colore giallo - verde (550 nm) e decade rapidamente verso i colori estremi (ossia il violetto e il rosso) (fig. 4). Si segnala che con l’acronimo RGB (Red, Green, Blue) si indicano i 3 colori fondamentali nella luce (rosso, verde, blu), mentre nella materia, pastelli, pitture ecc., i colori fondamentali sono rosso, giallo, Fig. 4 121 Fig. 5 blu. La miscelazione dei 3 colori fondamentali si ottiene sia con le lampade fluorescenti sia con le lampade a LED (nuove sorgenti luminose), in grado di creare atmosfere luminose finalizzate al divertimento (discoteche), alla cura/benessere (cromoterapia), alla vendita (sale esposizione) e numerose altre applicazioni. Poiché la visione del colore è soggettiva, si è reso necessario definire un sistema di valutazione univoco. Messo a punto dalla Commissione Internazionale dell’Illuminazione (ICI), questo sistema si basa su un diagramma tricromatico e consente di definire in modo inequivocabile qualsiasi colore, quando sono note le due coordinate x e y (fig. 5). La luce solare comprende tutte le lunghezze d’onda dei colori rappresentati dal diagramma tricromatico; viene pertanto assunta come luce campione. Le sorgenti luminose artificiali (lampade) sono invece caratterizzate da una emissione che non sempre comprende le onde di tutte le lunghezze d’onda dello spettro. La buona resa dei colori da parte di una sorgente artificiale di luce è condizionata quindi dal fatto che essa emetta radiazioni elettromagnetiche che comprendono tutte le lunghezze d’onda dello spettro visibile. 122 Grandezze fotometriche Definizione Simbolo della grandezza Unità di misura (simbolo) Flusso luminoso: quantità di luce emessa da una sorgente luminosa nell'unità di tempo Φ lumen (lm) Illuminamento: quantità di flusso luminoso che investe perpendicolarmente una superficie S E E = Φ/S lux (lx) lx = lm / m2 Intensità luminosa: quantità di flusso luminoso emesso da una sorgente luminosa in una determinata direzione e nell'unità di angolo solido (1) I I = Φ /ω candela (cd) cd = lm /sr Efficienza luminosa: flusso emesso da una sorgente luminosa per ogni watt di potenza assorbita Φ /P lumen/watt (lm / W) L L = I /S candela/m2 (cd/ m2) Luminanza: intensità luminosa emessa in una determinata direzione da una sorgente luminosa o per riflessione da una superficie illuminata riferita all’unità di superficie apparente (ossia normale a tale direzione, vedi figura a lato) Contrasto di luminanza: rapporto fra il valore della luminanza dell'oggetto e quello del suo sfondo. Più è elevato, maggiore è il contrasto (elevati contrasti possono però affaticare la vista diminuendo il comfort visivo). (1) L’angolo solido (ω) è la porzione di spazio delimitata dalle semirette con origine in un punto (0) che delimitano una porzione della superficie della sfera che ha per centro 0. L'unità di misura è la steradiante (simbolo sr) equivalente all'angolo solido, con vertice nel centro di una sfera di raggio r, che determina su questa una calotta di superficie r 2. (Segue) 123 Definizione Simbolo della grandezza Unità di misura (simbolo) Rendimento luminoso di un apparecchio di illuminazione: rapporto tra la quantità di flusso emesso dall’apparecchio e la quantità di flusso totale emesso dalle sorgenti luminose contenute nell’apparecchio. η per cento (%) Indice di resa cromatica: valore numerico che indica la resa cromatica di una sorgente luminosa raffrontata con quella della luce solare alla quale viene attribuito il valore 100. Ra = 85 ÷ 100, ottima resa cromatica Ra = 70 ÷ 85, buona resa cromatica Ra = 50 ÷ 70, modesta resa cromatica Ra – – kelvin (K) Temperatura di colore: valutazione del colore della luce emessa dalle sorgenti luminose utilizzata dai costruttori. Indica la temperatura assoluta (in gradi kelvin) a cui si dovrebbe portare un corpo solido nero (elemento di riferimento) perché emetta una luce dello stesso colore di quella emessa dalla sorgente luminosa. Valori indicativi: < 3 000 K luce calda (biancooro) 3300 ÷ 5300 K luce bianca (vicino a quella naturale del sole) 5300 ÷ 6 500 K luce fredda (diurna) 124 Sorgenti luminose Le sorgenti luminose possono essere classificate: – ad incandescenza (lampade a irradiazione per effetto termico); – ad arco o scarica nei gas o vapori (lampade fluorescenti, a vapori di mercurio, di sodio ecc.); – a induzione; – a LED (Light Emitter Diode). Nella tabella 1 sono riportate la caratteristiche principali dei vari tipi di lampade Lampade ad incandescenza Le lampade ad incandescenza sono costituite da un’ampolla di vetro al cui interno è posto un filamento di tungsteno: il passaggio della corrente provoca il surriscaldamento del filamento ad una temperatura, prossima alla temperatura di fusione, tale da emettere luce. Queste lampade sono state messe al bando dalla Direttiva UE 52/2003 in quanto poco efficienti. Lampade alogene Le lampade agli alogeni sono lampade ad incandescenza che contengono all’interno del bulbo composti alogeni, come iodio o bromo. Gli alogeni permettono una rigenerazione del filamento di tungsteno impedendo l’annerimento del bulbo generalmente realizzato in quarzo. Rispetto a quelle ad incandescenza hanno una miglior efficienza. Lampade fluorescenti In questo tipo di lampada la scarica nei gas avviene tra due elettrodi preriscaldati posti all’interno di un tubo di vetro riempito con vapore di mercurio a bassa pressione e con una piccola quantità di gas raro (argon, miscela di argon e neon o kripton); la superficie interna del tubo é ricoperta da polveri fluorescenti che trasformano le radiazioni ultraviolette del mercurio da invisibili in radiazioni visibili. In base alle sostanze fluorescenti impiegate si possono avere tipi di luce differenti: luce bianca, luce diurna, luce rosata ecc. Per il funzionamento delle lampade fluorescenti sono necessari uno starter, un reattore magnetico e un condensatore oppure un unico alimentatore elettronico. Le lampade fluorescenti a catodo freddo sono in genere più sottili e più lunghe delle precedenti e richiedono tensioni di alimentazione elevate. Sono utilizzate in genere per realizzare insegne luminose. Lampade fluorescenti compatte Sono lampade fluorescenti di dimensioni compatte, comparabili, per quanto concerne il principio di funzionamento, alle lampade tubolari fluorescenti tradizionali. Sono caratterizzate da: – un attacco a vite tipo Edison uguale a quello delle lampade ad incandescenza (ma altri tipi sono dotati di attacchi diversi); – contengono internamente i dispositivi di accensione, per cui non richiedono cablaggio di starter, reattore, condensatore di rifasamento; 125 – producono più luce con un consumo minore (una lampada fluorescente da 25 W produce più del doppio di luce della lampada ad incandescenza da 60 W, consumando meno della metà); – hanno una durata 8 volte superiore di quelle ad incandescenza con conseguente riduzione dei costi di sostituzione. – sono disponibili con tonalità di luce calda, 2700 °K, uguale a quella delle lampade ad incandescenza e tonalità di luce diurna. – l’uso di tubi più sottili disposti a spirale, ne permette anche l’utilizzo in apparecchi d’illuminazione ad involucro chiuso. Vapori di mercurio Le lampade sono composte da un’ampolla in vetro di forma ellissoidale, all’interno della quale si trova il tubo di scarica contenente vapori di argon e mercurio: il passaggio della corrente elettrica all’interno del tubo genera l’emissione di radiazioni luminose. L’ampolla è dotata di un attacco a vite tipo Edison ed ha la superficie interna ricoperta da sostanze fluorescenti che trasformano le radiazioni ultraviolette emesse dal mercurio in radiazioni visibili; ciò consente il miglioramento della qualità della luce e della resa dei colori. Ioduri metallici Sono un’evoluzione delle lampade ai vapori di mercurio, ma si differenziano per il tipo di gas contenuti nel tubo di scarica (oltre al mercurio, ioduri di sodio, di tallio e indio) e per la forma e finitura dell’ampolla. Nelle lampade di recente produzione vengono inserite anche terre rare (disprosio, olmio, tulio, cesio), che permettono una migliore distribuzione spettrale ed efficienze luminose più elevate. Sodio alta pressione Sono costituite da un tubo di scarica in materiale ceramico trasparente, contenente sodio, posto in un’ampolla di vetro fornita di attacco tipo Edison. La scarica avviene in vapori ad alta temperatura e pressione con una conseguente emissione di luce bianco dorata. Sodio bassa pressione Hanno un principio di funzionamento analogo a quello delle lampade al sodio ad alta pressione ma la scarica avviene all’interno di un tubo di vetro a forma di U. Il tubo di scarica è protetto da un’ampolla di vetro a doppia parete all’interno della quale è praticato il vuoto al fine di mantenere una temperatura di 260 °C, corrispondente al valore di massima efficienza luminosa. Lampade ad induzione Le lampade ad induzione sono costituite da un’ampolla di vetro cosparsa internamente di polveri fluorescenti e caricata con vapori di mercurio. Un particolare avvolgimento interno, collegato ad un generatore elettronico ad alta frequenza esterno alla lampada, funge da primario mentre il mercurio si comporta come il secondario di un immaginario trasformatore. L’avvolgimento genera un campo magnetico che 126 dà origine a correnti indotte all’interno dell’ampolla e determina la ionizzazione del gas e quindi la produzione di una scarica e l’emissione di radiazione ultravioletta che, interagendo con le polveri fluorescenti di cui è cosparso l’interno del bulbo, genera radiazioni visibili. La principale caratteristica di queste lampade consiste nella durata di vita media che supera le 60 000 ore. LED Il LED è un componente elettronico in grado di emettere luce. Il materiale luminescente, allo stato solido, assicura assenza di fuoriuscita di gas e di rotture per vibrazioni, contrariamente alle normali sorgenti luminose, dotate di ampolle contenenti gas e filamenti. Irradiano luce praticamente monocromatica di un particolare colore, che dipende dal materiale utilizzato. La loro integrazione in moduli composti da un certo numero di LED permette le più svariate applicazioni. I moduli devono essere alimentati tramite trasformatori elettronici che forniscono una tensione di uscita in corrente continua a 10 oppure 24 V stabilizzata e indipendente dalla potenza del carico. Estremamente flessibili nell’utilizzo, i moduli, possono, a seconda del tipo, essere montati a incasso, a parete, o a pavimento consentendo la massima libertà nel creare un’illuminazione di design. La vasta gamma di moduli disponibili, la varietà di forme e di funzioni consente di creare un’illuminazione d’effetto, realizzare luci psichedeliche (che pulsano al ritmo della musica), guide di luce, effetti di luce su superfici, colonne, pilastri e archi, piccoli fasci luminosi, imitare la luce di ore diverse del giorno o di stagioni dell’anno diverse, segnalare i percorsi e i contorni di strutture (bordi e gradini), creare una vera e propria segnaletica di orientamento e di introdurre nuovi elementi decorativi nell’architettura di interni. Sono disponibili anche lampade a LED (che includono l’alimentatore) dotate di attacchi tradizionali che ne consentono l’intercambiabilità con le normali lampade ad incandescenza. L’utilizzo di questa tipologia di sorgenti luminose presenta i seguenti vantaggi: – accensione e raggiungimento della temperatura di colore immediati; – funzionamento anche a – 40 °C; – dimmerabilità e capacità di seguire rapidissime variazione di luminosità; – nessuna emissione di calore nella parte frontale e di raggi UV; – efficienza (15 ÷ 35 lm/W secondo il colore della luce emessa) e consumi vantaggiosi rispetto alle lampade ad incandescenza, alogene e fluoresceti (a pari flusso luminoso, le potenze assorbite da una alogena e da un LED stanno nel rapporto 5 : 1, quindi con i LED si consuma un quinto dell’energia); – vita lunghissima rispetto alle tradizionali lampade, con drastica riduzione dei costi di manutenzione. 127 Tabella 1 – Caratteristiche delle lampade Famiglia Sottofamiglia senza alogeni Incandescenza (effetto termico) con alogeni corto (a scarica) Ad arco (a scarica nei gas e nei vapori) E14; E27; E40 ad attacco unilaterale E14; E27; B15d; G9; GU10 - GZ10 doppio attacco R7S per bassissima tensione G4; GY6,35; GU4; GU5,3 a vapori di mercurio E27; E40 ad alogenuri E27; E40; G8,5; G12; RX7s-24; Fc2 vapori di sodio alta pressione E27; E40; ; PG12-1 vapori di sodio bassa pressione BY22d compatte (AI) E14; E27 compatte (AE) GX24q-1/2/3/4/5; G24q-1/2/3; 2G7; 2G10; 2G11; GR10q compatte (SI) G24d-1/2/3; G23; GX24d-1/2/3; GR8 lineari G5; G13; W4,3 circolari 2Gx13; G10q lungo (fluorescenti) Ad induzione LED AI - con alimentatore integrato AE - per alimentatori elettronici 128 Tipo di attacco flusso (lm) efficienza (lm/W) potenza (W) min max min max durata media (ore) 100 115 19000 8 19 1000 15 1000 100 1000 4200 13 17 3000 40 1000 100 1400 44000 14 22 3000 60 2000 100 350 3200 18 25 3000 5 100 70 - 95 1800 58000 30 55 10000 50 70 - 90 2400 300000 50 95 5000 35 2000 30 4000 130000 64 119 12000 50 1000 65 12500 38000 73 84 8000 70 400 80 1300 4800 30 40 5000 35 100 < 20 1800 26000 67 170 9000 20 150 70 - 85 250 2000 50 60 5000 5 120 70 - 85 600 4800 60 85 10000 5 55 70 - 85 250 2000 50 80 8000 5 28 70 - 85 120 15300 50 90 9000 15 65 70 - 85 1300 5000 60 85 15000 22 60 80 3500 12000 64 73 60 000 55 165 30 - 100 2 250 20 50 100000 0,1 5 Ra min max 1000 SI - con starter integrato 129 Parametri per la scelta della lampada Per la scelta del tipo di lampada da utilizzare è necessario tener conto delle seguenti caratteristiche (vedi tabelle 1 e 2): – Flusso luminoso: determina il numero delle lampade per ottenere l’illuminamento medio desiderato. – Potenza nominale: condiziona il dimensionamento dei circuiti di alimentazione. Nel caso di lampade che necessitano di alimentatore, si deve anche tener conto della potenza dissipata da quest’ultimo. – Indice di resa cromatica Ra: condiziona la fedele riproduzione dei colori degli oggetti illuminati. – Temperatura di colore: influisce sulla tonalità della luce e condiziona la scelta della lampada in relazione all’ambiente e all’attività in esso svolta (tabella 3). – Efficienza luminosa: consente una valutazione economica nella scelta delle lampade in quanto permette di confrontare, a parità di potenza assorbita, il flusso luminoso emesso (fig. 6). – Decadimento flusso luminoso: indica la riduzione del flusso emesso dalla lampada in funzione del tempo di funzionamento della stessa. – Durata media di vita della lampada: determina, unitamente al decadimento del flusso, l’economia di gestione dell’impianto e gli intervalli di tempo fra gli interventi di sostituzione. Fig. 6 1 - ad incandescenza 2 - ad incandescenza con alogeni 3 - fluorescenti ad alta efficienza 4 - fluorescenti 5 - a vapori di mercurio alta pressione a bulbo fluorescente 130 6 - a vapori di mercurio alta pressione a luce miscelata 7 - a vapori di mercurio alta pressione a alogenuri 8 - a vapori di sodio a bassa pressione 9 - a vapori di sodio alta pressione Tempi riaccensione a caldo (min) Resa dei colori 12-15 3 0 15 nulla bassa no (2) 5 10 media medie tutte si 3-4 15-20 buona medie/ grandi (4 ) Fluorescenti: – lineari (3) starter 0 0 – compatte starter 0 0 Luce miscelata no (5) 5 5-10 Vapori di sodio: – bassa pressione – alta pressione Vapori di mercurio con bulbo fluorescente Alogenuri metallici Posizione di funzionamento Tempi di accensione (min) A (1) A Tipo di lampada Dimensioni Dispositivo di accensione Tabella 2 – Vantaggi e svantaggi delle lampade a scarica nei gas rilevanti S.O. medie tutte discr./ rilevanti tutte ottima ottima med./pic- tutte cole media medie tutte Nota - Tutte le lampada a scarica ad arco corto, qui esaminate, e quelle ad arco lungo (fluorescenti) richiedono, per stabilizzare l'arco, un reattore e, di conseguenza, richiedono la compensazione dell'energia reattiva mediante un condensatore. A - accenditore S.O. - solo prossime all'orizzontale (1) In genere. (2) Poichè l'innesco è provocato da un elettrodo ausiliario, offrono elevata affidabilità (un componente delicato in meno). (3) Esistono diverse tipologie di lampade con resa cromatica fino a 96. Assicurano anche un ottimo controllo dell'abbagliamento, grazie a luminanza contenuta (4) In genere posizione solo prossima all’orizzontale; esistono anche lampade che funzionano in posizione verticale con zoccolo in alto. (5) La lampada a luce miscelata non essendo una lampada a scarica non richiede né reattore né accenditore e quindi è intercambiabile con le lampade a incandescenza. 131 Tabella 3 – Criteri di scelta delle lampade fluorescenti in relazione all’ambiente Ambiente Tonalità di luce Resa cromatica Temperat. di colore (K) Abitazioni Alberghi, bar, ristoranti Negozi generi alimentari (carne e salumi) Oreficerie Locali di pubblico spettacolo Ospedali (corsie) calda alta < 3000 Scuole Ospedali (illum. generale) Uffici Negozi vari Grandi magazzini Supermercati Complessi sportivi bianca buona 4000 bianchissima bassa > 3000 diurna alta > 5000 Officine Industrie Fabbriche generiche Esterni Negozi di tessuti Industrie tessili Industrie grafiche Studi fotografici Laboratori Apparecchi di illuminazione Gli apparecchi di illuminazione svolgono alcune funzioni essenziali: controllano il flusso luminoso della lampada dirigendolo nelle direzioni desiderate; evitano l’abbagliamento schermando la lampada o riducendone la luminanza; proteggono la lampada dai danneggiamenti di carattere meccanico, garantendo la sicurezza elettrica funzionale e quella contro i contatti accidentali. In base alla distribuzione del flusso luminoso si classificano in: Diffusori: quando diffondono la luce in tutte le direzioni. Sono costituiti da involucri opalini (in vetro o materiale plastico). Diminuiscono la luminanza della lampada attenuando l’abbagliamento, ma 132 assorbono parte del flusso emesso dalla lampada (20 ÷ 50%) limitando il rendimento. Riflettori: quando riflettono, mediante superfici speculari (alluminio brillantato, vetro argentato, lamiere smaltate ecc.) la luce emessa dalla lampada indirizzandola entro un angolo che varia in funzione del tipo di apparecchio: molto piccolo (nel caso dei proiettori), molto grande (150° ÷ 160°) per i riflettori diffondenti. Rifrattori: quando la luce, attraversando uno schermo trasparente, è deviata dalla sua direzione angolare. In relazione alle scanalature prodotte sullo schermo trasparente si può controllare la diffusione della luce e quindi la direzione del fascio luminoso. Curve fotometriche degli apparecchi di illuminazione Ogni apparecchio di illuminazione è caratterizzato da una particolare distribuzione del flusso luminoso che si traduce in differenti intensità luminose nelle diverse direzioni. È pertanto possibile tracciare per ogni piano passante per la sorgente luminosa e l’apparecchio una curva fotometrica che rappresenta i valori dell’intensità luminosa misurati lungo le varie direzioni angolari. Le curve fotometriche, consentono di definire le caratteristiche illuminotecniche degli apparecchi e sono quindi fondamentali nei calcoli degli impianti di illuminazione. Normalmente, per ogni apparecchio, vengono fornite due curve fotometriche (fig. 7) relative a due piani verticali, ortogonali tra loro, passanti per il centro ottico dell’apparecchio. Per facilitarne la lettura sui diagrammi vengono riportati dei cerchi concentrici attorno all’origine (che rappresentano i livelli di intensità luminosa) e dei segmenti uscenti dall’origine (che rappresentano gli angoli rispetto alla verticale). In genere le curve fotometriche sono tracciate basandosi convenzionalmente su un flusso luminoso di 1 000 lm. I valori rilevati dal diagramma devono essere quindi moltiplicati per un fattore che è proporzionale al flusso effettivo della lampada. Fig. 7 133 Classificazione degli apparecchi in base alla distribuzione del flusso luminoso Tipo Diretta: il flusso luminoso è indirizzato nella zona sottostante l’apparecchio. Consente l’adozione di apparecchi poco costosi, ma se l'altezza di questi sul piano di lavoro è insufficiente si crea disuniformità di illuminamento. Semidiretta: il flusso luminoso è diretto prevalentemente verso il basso e in misura minore verso il soffitto per attenuare l’ombra e rendere più confortevole la visione. Mista: il flusso luminoso è distribuito in parti circa uguali verso l’alto e il basso, con uniformità di illuminamento e assenza di ombre e di abbagliamento. Semindiretta: il flusso luminoso è indirizzato verso il soffitto con distribuzione molto allargata e in piccola parte verso il basso. Illuminamento uniforme, senza abbagliamento. Indiretta: il flusso luminoso è diretto tutto verso il soffitto con distribuzione molto allargata e giunge al piano di lavoro per riflessione. Offre elevata uniformità di illuminamento. 134 Curva fotometrica Apparecchio Sistemi di illuminazione Tipo Schematizzazione Generale Gli apparecchi sono disposti in modo che il flusso luminoso sia distribuito in tutto l'ambiente in modo uniforme. Sistema largamente usato in ogni campo soprattutto dove sono necessari sul piano di lavoro bassi o medi livelli di illuminamento. Direzionale La luce proviene prevalentemente da una direzione preferita. Tale illuminazione è realizzata mediante una particolare disposizione degli apparecchi illuminanti o impiegando faretti con riflettore a fascio largo. È usata per creare ombre su oggetti esposti per evidenziarne la forma e per illuminare superfici che a loro volta agiscono come sorgenti secondarie di luce. Questo sistema può essere combinato con l'illuminazione generale. Localizzata Gli apparecchi sono concentrati in certe aree in modo da produrre un illuminamento sufficientemente elevato nelle zone di maggior interesse. L’illuminamento dell'ambiente può risultare disuniforme. Supplementare Gli apparecchi illuminanti sono disposti vicino alle zone ove si deve compiere un lavoro allo scopo di realizzare un illuminamento elevato. Questo tipo di illuminazione dev'essere integrato da una illuminazione generale. 135 Classificazione degli apparecchi di illuminazione (Secondo il loro modo di protezione contro i contatti indiretti) Classe apparecchio Caratteristiche Contrassegno 0 Sono provvisti solamente di isolamento principale e non dispongono del morsetto per la messa a terra. In caso di guasto dell'isolamento principale la protezione rimane affidata alle caratteristiche dell'ambiente che circonda l'apparecchio. – I Sono provvisti di isolamento principale e morsetto di messa a terra che dev’essere connesso al conduttore di protezione dell’impianto. – II Sono provvisti di doppio isolamento o isolamento rinforzato e non dispongono del morsetto di messa a terra. III Apparecchi ad isolamento ridotto perché destinati ad essere alimentati esclusivamente da un sistema a bassissima tensione di sicurezza. Gradi di protezione degli apparecchi di illuminazione I gradi di protezione sono quelli previsti dalle Norme CEI per gli involucri degli apparecchi in genere (vedere pag. 79). Scelta ed installazione degli apparecchi di illuminazione Nella scelta e nell’installazione degli apparecchi di illuminazione si deve valutare l’effetto termico dell’energia irradiata e trasmessa all’ambiente circostante prendendo in considerazione: – la potenza massima ammissibile dissipata dalle lampade; – la resistenza al fuoco del materiale adiacente al punto di installazione e nelle aree termicamente influenzate; – la distanza minima degli oggetti illuminati verso i materiali combustibili. A tal fine gli apparecchi di illuminazione devono essere installati in accordo con i simboli riportati sugli apparecchi stessi (tabella 4). La connessione degli apparecchi di illuminazione fissi ai conduttori di alimentazione deve avvenire in una scatola che costituisce il terminale della conduttura, eventualmente tramite un adeguato connettore montato nella scatola. Se l’apparecchio di illuminazione non è provvisto di mezzi per la connessione ai cavi di alimentazione, è richiesto che questa connessione 136 Tabella 4 – Simboli indicanti la protezione contro gli effetti termici per apparecchi di illuminazione e relative apparecchiature Simboli Significato Uso di cavi resistenti al calore per alimentazione, interconnessione o cablaggio esterno Unità di alimentazione protetta termicamente per montaggio su superfici normalmente infiammabili Distanza minima dagli oggetti illuminati Apparecchio a temperatura limitata in superficie adatto per essere installato dove si possono accumulare polveri combustibili (non esplosive). Apparecchio per uso solo di lampade ad alogeni autoschermate e lampade utilizzabili solo con apparecchi aperti Apparecchio da incasso non adatto per montaggio diretto su superfici normalmente infiammabili Apparecchio non adatto per montaggio superficiale diretto su superfici normalmente infiammabili Apparecchio non adatto ad essere coperto con materiale di isolamento termico Alimentatore (o trasformatore) dotato di una protezione termica per prevenire il surriscaldamento anche in caso di guasto o di fine vita. Alimentatore indipendente Trasformatore di isolamento di sicurezza di protezione contro i cortocircuiti venga effettuata mediante morsetti, oppure mediante connettori adatti per la connessione all’alimentazione. I mezzi di fissaggio, destinati a sostenere gli apparecchi di illuminazione sospesi, devono essere conformi alle istruzioni del costruttore. L’installatore deve assicurarsi che i mezzi di fissaggio siano in grado di sostenere la massa degli apparecchi di illuminazione e i loro even137 tuali accessori, verificando che essa sia compatibile con la resistenza meccanica del soffitto. È ammesso l’impiego di alimentatori delle lampade indipendenti solo se questi sono marcati con il corrispondente simbolo (tabella 4). Requisiti per una buona illuminazione Un impianto di illuminazione a regola d’arte, in conformità alle norme, richiede il conseguimento dei seguenti requisiti: – livello d’illuminamento adeguato alle necessità di chi frequenta l’ambiente; – uniformità d’illuminamento senza eccessivi contrasti o con i dovuti contrasti (dove servono); – equilibrio delle luminanze; – limitazione dell’abbagliamento; – equilibrio tra illuminazione direzionale e illuminazione diffusa; – dosaggio appropriato tra illuminazione artificiale e naturale; – resa dei colori commisurata alle necessità (non esclusa quella psicologica del vivere e lavorare in un ambiente gradevole); – economia di gestione dell’impianto. Livello d’illuminamento Costituisce uno dei più importanti elementi da prendere in esame nell’elaborazione del progetto; un adeguato valore dell’illuminamento in relazione alle caratteristiche e destinazione dell’ambiente consente infatti all’occhio di percepire con rapidità e sicurezza, senza fatica i particolari che interessano. La fig. 8 a indica la variazione percentuale del rendimento e dell’affa- Fig. 8 138 ticamento visivo in relazione ai livelli di illuminamento, mentre la fig. 8 b mostra la variazione percentuale del numero di errori che possono essere commessi sempre in relazione ai livelli di illuminamento. Nei calcoli illuminotecnici si considera l’illuminamento medio mantenuto, Em ossia il valore al di sotto del quale l’illuminamento medio non deve mai scendere e che quindi deve essere sempre garantito nel tempo, grazie ad interventi di manutenzione sugli apparecchi illuminanti e di sostituzione delle lampade guaste o con efficienza eccessivamente ridotta. Nella tabella 5 sono riportati i livelli di illuminamento medio mantenuto, Em, consigliati per alcuni tipi di ambiente di lavoro (selezione dalla Norma UNI EN 12464-1). I livelli più elevati possono essere raggiunti anche integrando l’illuminazione diffusa con fonti locali concentrate sugli oggetti da osservare o lavorare. L’illuminazione localizzata deve essere comunque coordinata con quella generale e non può sostituirsi ad essa. Nella tabella 5 sono riportati anche i valori consigliati: – dell’indice di resa cromatica Ra, che, in ambienti in cui si lavora o dove si deve permanere per lungo tempo, non deve mai essere inferiore a 80; – di URG, coefficiente relativo alla limitazione dell’abbagliamento per la cui definizione si rimanda a pag. 144. L’illuminamento medio va misurato sulla superficie orizzontale, verticale o inclinata di ogni zona del compito visivo; solo per i corridoi e le rampe di accesso ai parcheggi deve essere misurato a livello del pavimento. Qualora siano richieste condizioni di visibilità diverse dalle abituali, il valore di illuminamento medio mantenuto può essere modificato dal progettista di almeno un gradino della seguente scala degli illuminamenti in più o in meno: 20 30 50 75 100 150 200 300 500 750 1000 1500 2000 3000 5000 È opportuno aumentare i valori dell’illuminamento mantenuto quando: – il compito visivo è critico; – accuratezza e produttività sono molto importanti; – le capacità visive del lavoratore sono inferiori al normale; – i dettagli dell’oggetto del compito visivo sono molto piccoli o con basso contrasto; – il compito visivo richiede tempi di lavoro molto lunghi. È consentito ridurre il valore dell’illuminamento mantenuto se: – il compito visivo richiede tempi di lavoro molto brevi; – i dettagli dell’oggetto del compito visivo sono molto grandi o con elevato contrasto. Nelle zone immediatamente circostanti il compito visivo può essere ridotto purchè correlato al valore dell’illuminamento della zona del compito visivo e comunque non minore dei valori della tabella 6. 139 Tabella 5 – Valori di illuminamento, indice di resa cromatica e indice di abbagliamento consigliati per vari tipi di ambiente e attività Em (lux) Ra UGR 100 (2) 40 28 – Scale, ascensori, tappeti mobili 150 40 25 – Rampe di carico 150 40 25 – Ingressi 100 80 22 – Sale d’attesa 200 80 22 – Uffici archiviazione, copiatura, aree di circolazione 300 80 19 – Uffici scrittura, lettura, elaboraz. dati 500 80 19 – Archivi 200 80 25 – Disegno tecnico 750 80 16 – Postazioni CAD 500 80 19 – Sale conferenze e riunioni 500 80 19 – Ricezione (reception) 300 80 22 – Locale visite e cure mediche 500 90 16 – Infermeria 500 80 19 – Locali per esercizi fisici 300 80 22 – Guardaroba, gabinetti, bagni 200 80 25 – Ingressi 100 80 22 – Guardaroba 200 80 25 – Biglietteria 300 80 22 – Sala d’attesa 200 80 22 – Corridoi 100 80 25 – Sale di prova, spogliatoi 300 80 22 Tipi di ambiente o attività Zone di transito – Aree di circolazione e corridoi Locali di pubblico interesse in genere Uffici Ambulatori medici Teatri, sale da concerto, cinema 140 Em (lux) Ra UGR 300 80 22 100-200 (1 ) 60 25 300 60 25 20-150 (1) (2) 60 22 150 60 22 – Area di lettura 500 80 19 – Posti di servizio al pubblico 500 80 19 – Zona scaffali 200 80 19 300 80 22 – 80 – – Ristorante self service 200 80 22 – Buffet 300 80 22 – Sale conferenze 500 80 19 – Cucina 500 80 22 – Corridoi 100 80 25 – Area di vendita 300 80 22 – Casse 500 80 19 – Tavolo imballaggio 500 80 19 – Parrucchiere 500 90 19 – Lavanderie e tintorie 300 80 25 – Farmacie 500 80 19 Tipi di ambiente o attività Fiere e padiglioni espositivi – Illuminazione generale Magazzini – Zone di stoccaggio – Zone di movimentazione, imballaggio, spedizione – Corridoi di magazzini con scaffali – Posto di controllo Biblioteche Ristoranti ed hotel – Reception – Ristorante, sale pranzo, ricevimenti Locali di vendita al dettaglio Locali per attività produttive (Segue) 141 Em (lux) Ra UGR – Aule giochi e lavoro (scuole materne) 300 80 19 – Asili nido 300 80 19 – Aule scolastiche 300 80 19 – Sale di lettura 500 80 19 – Aule per disegno tecnico 750 80 16 – Aule di educazione tecnica, laboratori 500 80 19 – Laboratori di informatica 300 80 19 – Ingressi 200 80 22 – Aree di circolazione e corridoi 100 80 25 – Scale 150 80 25 – Aule comuni e aula magna 200 80 22 – Sale professori 300 80 19 – Rampe di ingresso/uscita (di giorno) 300 (2) 20 25 – Rampe di ingresso/uscita (di notte) 75 (2) 20 25 – Corsie 75 (2) 20 25 (2) 20 25 80 19 Tipi di ambiente o attività Edifici scolastici Parcheggi al coperto – Zone di parcheggio – Biglietteria 75 300 (1 ) Il valore più alto se nella zona vi è presenza continua di persone. (2) A livello del pavimento. Uniformità di illuminamento Per assicurare un buon livello di comfort visivo il rapporto Emin/Emax tra l’illuminamento minimo e quello massimo della zona di lavoro (detto fattore di uniformità) non deve essere minore di: – 0,7 nella zona del compito visivo; – 0,5 nella zona immediatamente circostante quella del compito visivo. Il fattore di uniformità dipende dall’entità del flusso luminoso riflesso dalle superfici del locale e dalla distribuzione degli apparecchi di illuminazione. Per ottenere un’accettabile uniformità di illuminazione occorre limitare l’interdistanza tra gli apparecchi d’illumina142 Tabella 6 – Valori minimi di illuminamento mantenuto delle zone immediatamente circostanti le zone del compito visivo Valore di illuminamento del compito visivo (lx) Valore di illuminamento delle zone immediatamente circostanti (lx) ≥ 750 500 500 300 300 200 ≤ 200 Uguale alla zona del compito visivo zione. L’interdistanza massima per un dato apparecchio, compatibile con l’uniformità sopra indicata, è desumibile dal rapporto tra l’interdistanza stessa e l’altezza di montaggio degli apparecchi rispetto al piano di lavoro; tale rapporto è fornito dai costruttori degli apparecchi di illuminazione. L’uniformità d’illuminamento può essere determinata empiricamente misurando l’illuminamento mentre ci si sposta dalla verticale sotto le singole lampade (illuminamento massimo) alle zone intermedie fra due o più fonti di luce (illuminamento minimo). Equilibrio delle luminanze Una distribuzione equilibrata delle luminanze nel campo visivo ha una notevole importanza ai fini dell’efficienza della visione e per prevenire l’affaticamento visivo. In generale si può affermare che quando i valori di luminanza in gioco sono piuttosto bassi, è preferibile che il contrasto tra la luminanza dell’oggetto da vedere e quella della zona immediatamente ad esso circostante non sia molto accentuato. Con livelli elevati di luminanza è invece preferibile che il contrasto in parola sia piuttosto accentuato. Le luminanze delle superfici dell’ambiente assumono particolare importanza e sono determinate dal fattore di riflessione e dal valore dell’illuminamento delle superfici stesse. I fattori di riflessione consigliati sono: – soffitto da 0,6 a 0,9 – pareti da 0,3 a 0,8 – pavimento da 0,1 a 0,5 – piano di lavoro da 0,2 a 0,6 Limitazione dell’abbagliamento L’abbagliamento è un disturbo visivo che si può verificare quando: – nel campo visivo si vengono a trovare sorgenti luminose od oggetti illuminanti la cui luminanza ha un valore troppo elevato (abbagliamento molesto o debilitante); – una superficie speculare riflette la luce di una sorgente luminosa 143 Tabella 7 – Angoli di schermatura minimi degli apparecchi di illuminazione Luminanza della lampada (kcd/m2) Angolo minimo di schermatura Da 20 a < 50 15° Da 50 a < 500 20° ≥ 500 30° esterna o interna (abbagliamento da riflessione o riflessione velante). L’abbagliamento provocato direttamente dai centri luminosi è valutato attraverso l’indice unificato di abbagliamento UGR (Unified Glare Rating) di valore crescente all’aumentare dell’abbagliamento. Il calcolo dell’UGR è abbastanza laborioso per cui si deve ricorrere in genere alle informazioni fornite dai costruttori di apparecchi di illuminazione. Condizione essenziale per mantenere entro limiti accettabili l’abbagliamento diretto provocato dagli apparecchi d’illuminazione è l’adeguato posizionamento e il controllo della loro luminanza nelle varie direzioni di emissione mediante schermi disposti con angoli di schermatura minimi che dipendono dalla luminanza della lampada (tabella 7). Il posizionamento degli apparecchi d’illuminazione deve tener conto: – delle dimensioni del locale; – dell’altezza d’installazione; – delle dimensioni degli apparecchi e loro disposizione nel locale; – della luminanza della superficie del plafone adiacente agli apparecchi stessi. In merito ai primi due punti è evidente che quanto più il locale è basso e lungo, tanto più numerosi sono i centri luce che entrano nel campo visivo. L’abbagliamento da riflessione può essere ridotto in vari modi: – sistemando adeguatamente gli apparecchi d’illuminazione e i posti di lavoro (fig. 9); – prevedendo superfici opache di finitura degli arredi; – riducendo la luminanza degli apparecchi d’illuminazione; – aumentando l’area luminosa del corpo illuminante; – dotando gli ambienti di pareti e soffitti chiari. Illuminazione direzionale La direzionalità della luce è un parametro fondamentale per definire le caratteristiche di un ambiente luminoso. L’eccesso di luce indiretta e diffusa, infatti, oltre ad attenuare le ombre e ad appiattire le forme, peggiora la percezione degli oggetti. 144 Fig. 9 Associando alla luce indiretta un’illuminazione direzionale si facilita l’espletamento del compito visivo, in quanto, risultando più marcate le ombre, si rivelano meglio i dettagli. Per contro un’illuminazione troppo direzionale in cui le ombre sono particolarmente marcate provoca spesso adattamenti bruschi per l’apparato visivo. La soluzione migliore è costituita dal rapporto ottimale tra illuminazione diffusa e illuminazione direzionale, definito dalla norma UNI 12464-1 come il “modellato”, ossia la creazione di ombre gradatamente marcate. Ciò si ottiene mediante: adozione di apparecchi d’illuminazione caratterizzati da un’adatta emissione di flusso e una razionale ubicazione degli stessi. Fig. 10 145 Indice di resa cromatica e tonalità della luce Tra i parametri che valgono a caratterizzare le sorgenti luminose ai fini della qualità dell’illuminazione sono: la tonalità della luce e l’indice di resa cromatica. I valori consigliati per alcuni ambienti e attività sono indicati nella tabella 5 di pag. 140. È opportuno ricordare che le lampade ad elevata temperatura di colore richiedono elevati valori di illuminamento (fig. 10). Fattore di manutenzione Nel tempo l’illuminamento si riduce sia per il decadimento naturale del flusso luminoso emesso dalle lampade, sia a causa dell’insudiciamento delle lampade o degli schermi degli apparecchi. Per tener conto di questo aspetto, nella progettazione dell’impianto di illuminazione il valore di illuminamento viene maggiorato in base ad un coefficiente denominato fattore di manutenzione (M) che rappresenta il rapporto tra l’illuminamento medio mantenuto richiesto e quello medio fornito dalle lampade: Em M= E Evidentemente il fattore di manutenzione è fortemente influenzato dal sistema di manutenzione adottato (programmato o non programmato) e può variare in un campo assai ampio in relazione alla pulizia dell’ambiente ed alla frequenza degli interventi di manutenzione. Per gli impianti a luce diretta o prevalentemente diretta la tabella 8 riporta alcuni valori indicativi di M, desunti dall’esperienza. Per impianti a luce indiretta, i valori della tabella vanno moltiplicati per 0,8, a meno che non si provveda a ridurre gli intervalli di manutenzione, in modo correlato al grado di impolveramento del locale. Metodo di calcolo per illuminazione d’interni Il calcolo degli impianti di illuminazione di ambienti interni si basa sul metodo del flusso totale (detto anche dei coefficienti di utilizzazione). Tabella 8 – Fattore di manutenzione M, per impianti a luce diretta o prevalentemente diretta (valori indicativi) Grado di impolveramento locale Fattore di manutenzione M Lampade a Lampade al incandescenza mercurio e al sodio Lampade ad alogenuri Minimo 0,85 0,75 0,65 Medio 0,70 0,65 0,55 Elevato 0,60 0,50 0,45 146 Per il calcolo devono essere determinati i seguenti parametri: 1) L’illuminamento medio richiesto Em (in lux); 2) La superficie totale S del locale da illuminare (in m2); 3) L’altezza h dal soffitto al piano di lavoro (0,8 ÷ 1 m da terra) e la distanza hu dall’apparecchio illuminante al piano di lavoro; 4) Il fattore di utilizzazione F, determinato dal rapporto tra il flusso utile Φu (diretto e indiretto) che investe il piano di lavoro e il flusso totale Φt emesso dalla sorgente (F = Φu /Φt); tale rapporto dipende: dal sistema di illuminazione, dalle caratteristiche degli apparecchi di illuminazione, dal fattore di riflessione di soffitto e pareti, dall’indice del locale k. Valori indicativi dei coefficienti di riflessione sono riportati nella tabella 9 mentre quelli del fattore di utilizzazione sono riportati nella tabella 10. 5) L’indice del locale k che tiene conto delle caratteristiche geometriche del locale (fig. 11); esso si calcola con le relazioni seguenti: – per illuminazione con luce diretta, semidiretta, mista: a·b k= hu· (a + b) – per illuminazione con luce semindiretta o indiretta: 3· a· b k= 2h · (a + b) 6) Coefficiente di manutenzione M: tiene conto del decadimento del flusso luminoso a seguito del deprezzamento delle caratteristiFig. 11 che fotometriche degli apparecchi di illuminazione. Il grafico di fig. 12 consente di valutare il coefficiente M in relazione al tempo tra un intervento di manutenzione e l’altro. Fig. 12 147 Tabella 9 – Coefficienti di riflessione di soffitti e pareti Fattore di riflessione Colori delle superfici Gruppi molto chiari Vernice bianca - luce opaca Calce bianca, smalto bianco latte Carta bianca Bianco avorio Marmo di Carrara Grigio perla Crema 70% Gruppi chiari Vernice avorio Alluminio matto Verde chiaro Giallo paglierino Marmo Candoglia Tabacco Azzurro chiaro 50% Gruppi scuri Acero bianco, legni lucidi chiari Rosa carico Arancio Verde marino Ottone, bronzo Azzurro cielo Cuoio 30% Grigio ferro Verde oliva Indaco Grigio fondo Marrone bruciato Legni scuri lucidi (noce, mogano) 10% Gruppi molto scuri Calcolo del flusso totale Le formule base per il calcolo del flusso luminoso Φt necessario per illuminare un locale ad un dato livello medio di illuminamento Em e quindi il numero n di lampade necessario sono: Φt = E m· S F·M n = Φt ΦL essendo ΦL il flusso emesso da ogni singola lampada, F il fattore di utilizzazione e M il fattore di manutenzione. Il numero n di lampade va arrotondato all’intero superiore. 148 Uniformità di illuminamento Per assicurare un fattore di uniformità non inferiore a 0,7 devono essere determinate con precisione altezza e interdistanza dei centri luminosi. A titolo orientativo si possono però ritenere valide le seguenti relazioni (fig. 13): a) per illuminazione diretta, semidiretta e mista: D/hu < 1,5 d = D /2 in generale; d = D /3 per ambienti con posti di lavoro vicino alle pareti b) per illuminazione indiretta e semindiretta: Fig. 13 D/h < 1,5 Esempio Si voglia illuminare un locale con i seguenti dati di progetto: – dimensioni: 13 x 16 m (S = 208 m2); – altezza utile: hu = 2,1 m; – illuminamento richiesto 250 lx; – distribuzione della luce: mista; – coefficiente di riflessione: pareti: 50% soffitto: 50%. Procedimento Determinazione dell’indice del locale: a·b 13 · 16 k= = = 3,4 2,1· (13 + 16) hu (a + b) Dalla tabella 10 risulta che con k = 3,4 si ha un fattore di utilizzazione F = 0,56. Considerando un periodo fra due manutenzioni di 300 giorni e un ambiente abbastanza pulito si può assumere un coefficiente di manutenzione pari a 0,75 (vedere fig. 12). Calcolo del flusso totale: 250· 208 Em · S = = 123 810 lm Φt = F·M 0,56 · 0,75 Scegliendo tubi fluorescenti da 3 500 lm risultano necessarie: 123 810 = 35 lampade 3 500 Numero che viene portato a 36 per questioni di simmetria. Le lampade sono posizionate, su apparecchi di illuminazione bilampada, 2 x 36 W. 149 150 Distribuzione 0,38 0,46 0,50 0,54 0,58 0,62 0,67 0,69 0,72 0,74 0,28 0,35 0,39 0,45 0,49 0,56 0,60 0,64 0,68 0,70 0,50 ÷ 0,70 0,70 ÷ 0,90 0,90 ÷ 1,10 1,10 ÷ 1,40 1,40 ÷ 1,75 1,75 ÷ 2,25 2,25 ÷ 2,75 2,75 ÷ 3,50 3,50 ÷ 4,50 4,50 ÷ 6,50 50% 0,50 ÷ 0,70 0,70 ÷ 0,90 0,90 ÷ 1,10 1,10 ÷ 1,40 1,40 ÷ 1,75 1,75 ÷ 2,25 2,25 ÷ 2,75 2,75 ÷ 3,50 3,50 ÷ 4,50 4,50 ÷ 6,50 Indice locale k Indice di riflessione Tabella 10 – Fattore di utilizzazione F 0,22 0,29 0,33 0,38 0,42 0,50 0,55 0,59 0,62 0,65 0,32 0,42 0,46 0,50 0,54 0,59 0,64 0,66 0,70 0,71 30% 75% 0,18 0,25 0,30 0,33 0,37 0,44 0,50 0,54 0,59 0,62 0,28 0,38 0,43 0,48 0,51 0,56 0,61 0,63 0,67 0,69 10% 0,26 0,33 0,37 0,40 0,43 0,49 0,53 0,56 0,61 0,65 0,37 0,46 0,50 0,53 0,56 0,60 0,65 0,67 0,70 0,72 50% 0,21 0,27 0,32 0,36 0,39 0,44 0,48 0,51 0,56 0,62 0,32 0,41 0,46 0,50 0,53 0,58 0,63 0,65 0,68 0,70 30% Pareti 50% Soffitto 0,18 0,24 0,28 0,32 0,34 0,40 0,44 0,47 0,53 0,60 0,28 0,38 0,43 0,47 0,50 0,56 0,61 0,63 0,66 0,68 10% 0,20 0,26 0,30 0,33 0,37 0,42 0,47 0,50 0,54 0,58 0,31 0,41 0,46 0,49 0,52 0,58 0,62 0,64 0,67 0,69 30% 30% 0,17 0,24 0,27 0,30 0,33 0,38 0,44 0,47 0,52 0,57 0,28 0,38 0,43 0,47 0,50 0,56 0,61 0,62 0,66 0,67 10% 151 Distribuzione 0,26 0,32 0,37 0,40 0,42 0,46 0,50 0,52 0,55 0,57 0,11 0,15 0,18 0,22 0,25 0,29 0,33 0,35 0,36 0,39 0,50 ÷ 0,70 0,70 ÷ 0,90 0,90 ÷ 1,10 1,10 ÷ 1,40 1,40 ÷ 1,75 1,75 ÷ 2,25 2,25 ÷ 2,75 2,75 ÷ 3,50 3,50 ÷ 4,50 4,50 ÷ 6,50 50% 0,50 ÷ 0,70 0,70 ÷ 0,90 0,90 ÷ 1,10 1,10 ÷ 1,40 1,40 ÷ 1,75 1,75 ÷ 2,25 2,25 ÷ 2,75 2,75 ÷ 3,50 3,50 ÷ 4,50 4,50 ÷ 6,50 Indice locale k Indice di riflessione 0,09 0,12 0,15 0,18 0,21 0,26 0,30 0,32 0,34 0,38 0,23 0,29 0,33 0,36 0,39 0,43 0,46 0,48 0,52 0,54 30% 75% 0,06 0,10 0,12 0,16 0,19 0,22 0,28 0,30 0,32 0,36 0,21 0,27 0,31 0,34 0,36 0,40 0,43 0,45 0,49 0,51 10% 0,07 0,09 0,10 0,13 0,15 0,17 0,20 0,21 0,22 0,24 0,23 0,28 0,31 0,34 0,36 0,41 0,44 0,46 0,48 0,49 50% 0,05 0,07 0,09 0,11 0,13 0,15 0,19 0,20 0,21 0,23 0,21 0,26 0,29 0,31 0,33 0,38 0,40 0,44 0,46 0,47 30% Pareti 50% Soffitto 0,04 0,06 0,07 0,10 0,11 0,14 0,17 0,19 0,20 0,23 0,19 0,24 0,27 0,30 0,32 0,35 0,39 0,41 0,45 0,46 10% 0,19 0,23 0,26 0,28 0,30 0,32 0,34 0,37 0,39 0,42 30% 30% 0,17 0,21 0,24 0,26 0,28 0,30 0,33 0,36 0,38 0,41 10% Valori indicativi del numero di lampade fluorescenti per illuminazione degli ambienti civili Superf. locale (m2) 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90 95 100 120 140 160 180 200 250 300 350 400 450 1 1 1 1 2 2 2 2 2 3 3 3 3 3 4 4 4 4 4 5 6 6 7 7 9 10 12 13 14 1 1 2 3 3 4 4 4 4 5 5 6 6 6 6 7 7 8 8 9 10 12 13 14 17 20 23 26 29 1 2 3 4 4 5 6 6 6 7 8 8 9 9 9 10 11 12 12 14 16 18 20 21 26 31 35 39 43 2 3 4 5 6 6 7 8 8 9 10 11 12 12 13 14 14 15 16 18 21 24 26 28 35 40 46 51 57 3 4 5 6 7 8 9 9 11 12 12 14 14 15 16 17 18 19 20 23 26 29 33 35 43 50 58 65 72 3 4 6 8 8 9 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 27 31 35 39 42 52 60 69 78 86 4 5 7 8 9 11 12 14 15 16 18 19 20 21 22 24 25 26 27 32 37 41 45 50 59 71 81 91 100 4 6 8 9 12 13 14 16 17 18 20 22 23 24 26 27 29 30 31 37 42 47 52 56 69 81 92 104 115 4 6 9 11 13 14 16 18 19 21 22 24 26 27 29 31 32 34 35 41 47 53 58 63 77 91 104 117 129 5 8 9 12 14 16 18 20 21 23 25 27 29 31 32 34 36 38 41 46 52 58 65 71 86 100 115 130 143 Illuminamento (lux) Valori riferiti a: lampade di Ø 26 mm, a luce bianca da 36 W, 4000 K, 3450 lm, installate a 2 m dal piano di lavoro, coefficiente di manutenzione 0,8, coefficienti di riflessione pari al 70% per il soffitto e 30% per le pareti. Per le lampade di potenza diversa moltiplicare il valore indicato in tabella per i coefficienti: 2,38 per lampade da 18 W e 0,64 per lampade da 58 W. 152 IMPIANTI IN AMBIENTI A MAGGIOR RISCHIO IN CASO D’INCENDIO Ambienti a maggior rischio in caso d’incendio Gli ambienti “a maggior rischio in caso d’incendio” si distinguono da quelli “ordinari” in quanto presentano un rischio più elevato; intendendo con il termine rischio il prodotto della probabilità che si verifichi l’incendio per la presumibile entità del conseguente danno alle persone, cose o animali. È evidente che, a parità di rischio, si possono avere situazioni in cui, a fronte di una probabilità di incendio elevata, i presunti danni possono essere modesti e, viceversa, in presenza di una probabilità limitata, i danni possono essere rilevanti. In ogni caso è necessario porre in essere tutti quegli accorgimenti che consentano sia di ridurre al minimo la probabilità di incendio e sia di limitare i danni qualora esso si sviluppi. Non è compito del CEI fornire le modalità per l’individuazione degli ambienti a maggior rischio in caso d’incendio, in quanto è necessario effettuare un’analisi dei rischi (D.Lgs. 81/08, corretto e integrato dal D.Lgs. 106/09) che deve essere eseguita, con l’ausilio della documentazione antincendi (D.M.10-3-98), sotto la responsabilità del committente e sulla base, ad esempio, dei seguenti parametri: – densità di affollamento; – massimo affollamento ipotizzabile; – capacità di deflusso o di sfollamento; – entità del danno per animali e/o cose; – comportamento al fuoco delle strutture e dei materiali impiegati nei componenti dell’edificio; – presenza di materiali combustibili (1); – tipo di utilizzazione dell’ambiente; – situazione organizzativa per quanto riguarda la protezione antincendio (adeguati mezzi di segnalazione ed estinzione incendi, piano di emergenza e sfollamento, addestramento del personale, distanza dal più vicino distaccamento del Corpo Nazionale del Vigili del Fuoco, esistenza di Vigili del Fuoco aziendali ecc.). (1) Combustibile è una sostanza capace di combinarsi con un comburente (ossigeno dell’aria) dando luogo ad una reazione in cui si ha liberazione di calore e fiamma. Sono combustibili le sostanze, liquide o solide aventi una “temperatura di infiammabilità” superiore a 40 °C (essendo la temperatura di infiammabilità la temperatura minima alla quale la sostanza incomincia ad emettere vapori o gas in quantità sufficiente a creare con l’aria un’atmosfera pericolosa). 153 Il D.M. 10-3-98 definisce tre livelli di rischio d’incendio: elevato, medio, basso: sono considerati a maggior rischio in caso d’incendio generalmente gli ambienti con livello di rischio almeno medio, (si veda l’Allegato 9, art. 9.3 del D.M.). La Norma CEI 64-8/7, pur non indicando con precisione quali luoghi possono essere considerati a maggior rischio in caso di incendio, al fine di definire le caratteristiche che l’impianto elettrico deve presentare per garantire un’adeguata sicurezza, ha raggruppato tali luoghi in tre categorie, (per comodità definite: A, B e C) per le quali la tabella 1 fornisce degli esempi. In assenza di valutazioni eseguite nel rispetto del D.Lgs. 81/08, il D.P.R. 01/08/2011, n. 151 elenca le attività, soggette ai controlli di prevenzione incendi da parte dei VV.F, che possono essere considerate ambienti a maggior rischio in caso di incendio. In generale, gli ambienti dove non si svolgono le attività elencate nel D.P.R. 151/2011 non sono ambienti a maggior rischio in caso di incendio; tuttavia, essi possono essere considerati tali se si verificano le condizioni elencate in precedenza. Per la individuazione dei luoghi di tipo C è necessario determinare la classe del compartimento antincendio e pertanto è necessario riferirsi al D.M. 9/3/2007. Con il termine “compartimento antincendio” si intende la parte della costruzione organizzata per rispondere alle esigenze della sicurezza in caso di incendio e delimitata da elementi costruttivi idonei a gaTabella 1 – Esempi di luoghi a maggior rischio in caso d’incendio Luoghi di tipo A Sono quegli ambienti a maggior rischio in caso d’incendio per: a) l’elevata densità di affollamento o per l’elevato tempo di sfollamento in caso d’incendio, quali ad esempio: – locali di pubblico spettacolo e di trattenimento; – alberghi, pensioni, motel, dormitori e simili; – scuole di ogni ordine, grado e tipo, accademie e simili; – ambienti adibiti ad esposizione e/o vendita all’ingrosso o al dettaglio; – stazioni sotterranee di ferrovie, di metropolitane e simili; – ambienti destinati ai degenti negli ospizi, ai detenuti nelle carceri ed ai bambini negli asili ed ambienti simili; – il sistema di vie d’uscita, i vani ed i condotti dei sistemi di ventilazione forzata negli edifici destinati a civile abitazione con altezza in gronda superiore a 24 m. b) l’elevato danno ad animali o cose, quali ad esempio: – edifici pregevoli per arte o storia oppure destinati a contenere biblioteche, archivi, musei, gallerie, collezioni e comunque oggetti 154 di interesse culturale sottoposti alla vigilanza dello Stato. In questi ambienti la probabilità che si verifichi un incendio può essere anche molto limitata, ma in ogni caso l’entità del danno previsto è notevole. Luoghi di tipo B Sono quegli ambienti a maggior rischio in caso d’incendio in quanto aventi le strutture portanti combustibili, come ad esempio, gli edifici costruiti interamente in legno (le travi in legno non sono motivo sufficiente per ritenere l’ambiente a maggior rischio) senza particolari requisiti antincendio, come ad esempio le baite. Per questi ambienti la probabilità che si sviluppi un incendio è alta. Nota: L’individuazione degli ambienti di tipo A e B soggetti al controllo dei Vigili del Fuoco è effettuata dal Ministero dell’Interno con parere del CCTS (Comitato Centrale Tecnico Scientifico per la prevenzione incendi). Luoghi di tipo C Sono quegli ambienti che possono essere considerati a maggior rischio in caso d’incendio a causa della presenza di materiale infiammabile o combustibile in lavorazione, convogliamento, manipolazione o deposito quando la classe del compartimento antincendio considerato è maggiore di 30 (carico d’incendio specifico di progetto > 450 MJ/m2). I materiali considerati sono i seguenti: – materiali combustibili allo stato solido, compatto o di aggregati o di fibre o di trucioli o granulari (ad es.: legno, carta, manufatti facilmente combustibili, lana, paglia, grassi lubrificanti) per i quali in pratica non si considera una temperatura d’infiammabilità; – sostanze allo stato liquido aventi temperatura d’infiammabilità (1) superiore a 40 °C o alla massima temperatura ambiente e non soggetti a lavorazione, convogliamento, manipolazione o deposito con modalità tali da consentire loro il contatto con l’aria ambiente a temperature uguali o superiori a quella d’infiammabilità (2). (1) Temperatura d’infiammabilità: è la minima temperatura alla quale una sostanza emette, sopra la sua superficie libera, gas o vapore in quantità sufficiente a formare con l’aria una miscela avente concentrazione compresa entro i limiti di infiammabilità. (2) Se negli ambienti sono presenti: – materiali esplosivi, fluidi infiammabili, polveri infiammabili; – liquidi infiammabili o combustibili aventi temperatura di infiammabilità inferiore a 40 °C; – liquidi infiammabili o combustibili con temperatura di infiammabilità superiore a 40 °C, ma soggetti a lavorazione, convogliamento, manipolazione o deposito con modalità tali da consentire il loro contatto con l’aria ambiente a temperatura uguale o superiore a quella d’infiammabilità (diminuita di 5 K) perché, ad esempio, sono stati riscaldati; in tali ambienti può formarsi un’atmosfera esplosiva e di conseguenza gli impianti devono essere realizzati in conformità alle prescrizioni delle norme riguardanti i luoghi con pericolo d’esplosione. 155 rantire, sotto l’azione del fuoco e per un dato intervallo di tempo, la capacità di compartimentazione (DM 9 marzo 2007). La “classe di resistenza al fuoco” (del compartimento antincendio) è l’intervallo di tempo espresso in minuti, definito in base al carico di incendio specifico di progetto, durante il quale il compartimento antincendio garantisce la capacità di compartimentazione. Sono previste le classi: 15 - 30 - 45 - 60 - 90 - 120 - 180. Più alto è il numero più pericoloso è il compartimento e quindi più severe devono essere le misure di protezione. Nella tabella 2 sono riportati gli elementi per il calcolo della classe del compartimento antincendio. L’impianto elettrico, causa e veicolo d’incendio Qualsiasi materiale, se assume una determinante temperatura (temperatura di accensione), in presenza di ossigeno atmosferico si incendia. Alcuni materiali richiedono una grande quantità di energia termica perché possano raggiungere la temperatura di accensione, per altri la quantità di energia termica necessaria è limitata. Le fonti più comuni di energia termica che possono costituire elemento di innesco dell’incendio sono la corrente elettrica, le cariche elettrostatiche, le superfici calde di macchine o forni, le scintille e le fiamme libere. Le principali cause elettriche di innesco sono: – le correnti di guasto a terra (correnti differenziali); – i cortocircuiti; – i sovraccarichi non eliminati tempestivamente; – gli archi elettrici; – i surriscaldamenti localizzati per cattivi contatti nei morsetti, nelle prese o negli adattatori; – le correnti superficiali dovute al deposito di polvere conduttrice, e/o all’umidità presente sulle superfici isolanti che supportano parti in tensione. In ogni caso i guasti di natura elettrica che possono dar luogo ad incendio sono dovuti alla perdita di isolamento per decadimento delle caratteristiche dielettriche degli isolanti. Maggiormente interessati a questo tipo di guasto sono i cavi, le giunzioni e derivazioni, gli interruttori, le prese, i quadri elettrici. I cavi costituiscono il fattore di rischio più consistente in quanto la presenza di impianti elettrici con circuiti estesi e ramificati nei vari ambienti, non solo accresce la probabilità di innesco dell’incendio, ma anche la possibilità che i cavi costituiscano il veicolo di propagazione dell’incendio da essi stessi innescato o sviluppatosi per cause estranee all’impianto elettrico. Inoltre emettendo fumi e gas tossici e corrosivi possono determinare danni ancora più ingenti a cose o persone. È noto infatti che la causa principale che ha provocato molte vittime negli incendi verificatisi negli ultimi anni in locali di pubblico spettacolo è da far risalire al fumo e ai gas tossici piuttosto che alle fiamme. 156 Tabella 2 – Calcolo della classe del compartimento antincendio (sintesi dell’Allegato al D.M. 9/3/2007) Il potenziale termico netto di tutti i materiali combustibili contenuti in uno spazio corretto in base ai parametri indicativi della partecipazione alla combustione dei singoli materiali è denominato “carico di incendio” ed è espresso in MJ (convenzionalmente 1 MJ = 0,054 kg di legna equivalente). In relazione alla superficie lorda del compartimento antincendio (*) si determina il carico d’incendio specifico con la formula: n Σ gi . Hi . mi . ψ i qf = i =1 [MJ/m2 ] A g i - massa dell'i-esimo materiale combustibile [kg]; H i - potere calorifico dell'i-esimo materiale combustibile [MJ/kg]; i valori di H i possono essere determinati per via sperimentale secondo la Norma UNI EN ISO 1716 o mutuati dalla letteratura tecnica. m i - fattore di partecipazione alla combustione dell'i-esimo materiale combustibile pari a 0,80 per il legno e altri materiali di natura cellulosica e 1,00 per tutti gli altri materiali combustibili. ψ i - fattore di limitazione della partecipazione alla combustione dell'i-esimo materiale combustibile pari a 0 per i materiali contenuti in contenitori appositamente progettati per resistere al fuoco; 0,85 per i materiali contenuti in contenitori non combustibili e non appositamente progettati per resistere al fuoco; 1 in tutti gli altri casi. A - superficie in pianta lorda del compartimento [m2] Qualora, in alternativa alla formula suddetta, si pervenga alla determinazione di q f attraverso una valutazione statistica del carico di incendio per la specifica attività, si deve far riferimento a valori con probabilità di superamento inferiore al 20%. Per determinare la classe di resistenza al fuoco del compartimento antincendio si deve calcolare il “carico d’incendio specifico di progetto” (qf,d) - ossia il carico d'incendio specifico corretto in base ai parametri indicatori del rischio di incendio del compartimento e dei fattori relativi alle misure di protezione presenti - con la relazione: q f,d = δq1 . δq2 . δn . q f δn = δn1 . δn2 . δn3 . ..... . δn9 dove: (*) Lo spazio di riferimento generalmente coincide con il compartimento antincendio considerato e il carico di incendio specifico è quindi riferito alla superficie in pianta lorda del compartimento stesso, nell'ipotesi di una distribuzione sufficientemente uniforme del carico di incendio. In caso contrario il valore nominale q f del carico d'incendio specifico è calcolato anche con riferimento all'effettiva distribuzione dello stesso. (Segue) 157 Tabella a Superficie lorda in pianta del compartimento (m2) δq1 Superficie lorda in pianta del compartimento (m2) δq1 A < 500 1 2.500 ≤ A < 5.000 1,60 500 ≤ A < 1.000 1,20 5.000 ≤ A < 10.000 1,80 1.000 ≤ A < 2.500 1,40 A ≥ 10.000 2,00 Tabella b δq2 Classi di rischio Descrizione delle aree in termini di probabilità di innesco dell’incendio I Basso rischio di incendio, velocità di propagazione delle fiamme e possibilità di controllo dell'incendio stesso da parte delle squadre di emergenza 0,8 II Moderato rischio di incendio in termini di probabilità d'innesco, velocità di propagazione di un incendio e possibilità di controllo dell'incendio stesso da parte delle squadre di emergenza 1 III Alto rischio di incendio in termini di probabilità d'innesco, velocità di propagazione delle fiamme e possibilità di controllo dell'incendio da parte delle squadre di emergenza 1,2 Tabella c Misure di protezione Sistemi automatici di estinzione 158 ad acqua δ n1 = 0,60 altro δ n2 = 0,80 Sistemi di evacuazione automatica fumo e calore δ n3 = 0,90 Sistemi automatici di rilevazione, segnalazione e δ = 0,85 n4 allarme di incendio Squadra aziendale dedicata alla lotta antincendio δ n5 = 0,90 Rete idrica antincendio interna δ n6 = 0,90 interna e esterna δ n7 = 0,80 Percorsi protetti di accesso δ n8 = 0,90 Accessibilità ai servizi di soccorso VVF δ n9 = 0,90 δq1 - fattore che considera il rischio di incendio in relazione alla dimensione del compartimento (tabella a); δq2 - fattore che tiene conto del rischio di incendio in relazione al tipo di attività svolta nel compartimento (tabella b); δ n - fattore che tiene conto dei parametri δ ni relativi alle differenti misure di protezione adottate (tabella c); q f - valore nominale del carico d'incendio specifico. In relazione al carico d'incendio specifico di progetto le classi di resistenza al fuoco per il livello III di prestazione richiesta a una costruzione (mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo idoneo alla gestione dell’emergenza) sono indicate nella tabella d. Tabella d Carichi d’incendio specifici di progetto (q f,d) ≤ 100 MJ/m2 Classe Carichi d’incendio specifici di progetto (q f,d) 0 ≤ 900 MJ/m2 MJ/m2 ≤ 300 MJ/m2 ≤ 200 Classe 60 15 ≤ 1200 MJ/m2 90 20 ≤ 1800 MJ/m2 120 ≤ 450 MJ/m2 30 ≤ 2400 MJ/m2 180 ≤ 600 MJ/m2 45 > 2400 MJ/m2 240 I livelli che individuano le prestazioni richieste a una costruzione sono: Livello I - Nessun requisito specifico di resistenza al fuoco qualora le conseguenze della perdita dei requisiti stessi siano accettabili o dove il rischio di incendio sia trascurabile. Livello II - Mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo sufficiente all'evacuazione degli occupanti all'esterno della costruzione in luogo sicuro. Può ritenersi adeguato per costruzioni fino a 2 piani fuori terra e 1 piano interrato, isolate - eventualmente adiacenti ad altre purché strutturalmente e funzionalmente separate - destinate ad un'unica attività non aperta al pubblico e ai relativi impianti tecnologici di servizio e depositi, purchè si verifichino tutte le condizioni dettagliate dal D.M 9/3/2007. Il livello II di prestazione è assicurato, a prescindere dal valore assunto dal carico di incendio specifico di progetto, dalle classi di resistenza al fuoco: 30 - per costruzioni ad un piano fuori terra, senza interrati; 60 - per costruzioni fino a due piani fuori terra e un piano interrato. Livello III - Mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo congruo con la gestione dell'emergenza. Livello IV - Requisiti di resistenza al fuoco tali da garantire, dopo la fine dell'incendio, un limitato danneggiamento della costruzione. Livello V - Requisiti di resistenza al fuoco tali da garantire, dopo la fine dell'incendio, il mantenimento della totale funzionalità della costruzione. I livelli IV o V possono essere oggetto di specifiche richieste del committente o essere previsti dai capitolati tecnici di progetto. Possono altresì essere richiesti dalla autorità competente per costruzioni destinate ad attività di particolare importanza. 159 I cavi e l’incendio Nei cavi per bassa tensione il cedimento dell’isolamento è dovuto a cause di natura meccanica, chimica e termica che determinano una riduzione dello spessore dell’isolante o una sua rottura. Ciò rende possibile lo stabilirsi di deboli correnti di dispersione, tra fase e fase e tra fase e massa, che possono, evolvendosi nel tempo, aumentare di intensità e innescare un arco, possibile causa d’incendio. Un aspetto importante per quanto riguarda il decadimento dell’isolante è la correlazione tra la temperatura del cavo e la durata di vita del cavo stesso al termine della quale le proprietà dell’isolante risultano compromesse. Il grafico di figura 1, mostra l’andamento della “durata di vita convenzionale” e della “perdita di vita convenzionale 1‰”, per conduttori isolati sia in polivinilcloruro (PVC) sia in etilenpropilene (EPR). Si può rilevare dalle curve della durata di vita convenzionale che, se un conduttore si trova costantemente alla temperatura di 90 °C, perde la propria vita in 30 anni, se si tratta di cavo in EPR, e in soli 2,5 anni, se si tratta di cavo in PVC. Alla temperatura costante di 120 °C, il cavo in EPR perde la propria vita in circa 1,5 anni, mentre il cavo in PVC la perde in circa 50 giorni. Fig. 1 160 Dalla curva della perdita di vita convenzionale 1‰ si può invece constatare come, ad una temperatura di 160 °C, il cavo in EPR perda un millesimo della propria vita in 20 minuti, mentre il cavo in PVC perda un millesimo della propria vita in soli 15 s. Dall’osservazione dei diagrammi descritti si deduce che, nel dimensionamento delle condutture, oltre a tenere presente la corrente di regime a cui sarà sottoposto il conduttore durante il suo funzionamento, è anche importante sapere se il cavo può risultare sottoposto a frequenti sovraccarichi. Dai grafici che indicano i valori di sovraccaricabilità in funzione della “perdita di vita convezionale 1 ‰” (fig. 2) si può rilevare l’entità della perdita di vita di un cavo in relazione alla corrente di sovraccarico. Per i cavi isolati in PVC, ad esempio, si può constatare che una corrente di intensità pari a 10 volte la portata del cavo provoca la perdita di un millesimo della vita del cavo se permane per un periodo da tre a cinquanta secondi circa, a seconda della sezione del cavo. Di conseguenza, quando si dimensionano i conduttori che alimentano i motori o apparecchiature con elevate correnti di spunto e con un elevato numero di avviamenti nell’arco di una giornata (quali ad esempio i ventilatori), si dovranno tenere presenti i transitori di avviamento durante i quali la corrente può assumere valori anche 10 volte la corrente nominale per tempi superiori ad 1 s. Infatti, dimensionando il cavo in relazione alla sola corrente nominale, esso perderebbe un millesimo della propria vita o più ad ogni avviamento, con il rischio di danneggiarsi nel giro di pochi mesi. Il decadimento delle proprietà dielettriche dell’isolante, deriva in misura consistente anche dalla riduzione delle proprietà meccaniche Fig. 2 161 dovuta alla dilatazione dei conduttori (a seguito di sovracorrenti) che sollecita a trazione e compressione l’isolante. Naturalmente il decadimento dipende dal tipo di isolamento. Il PVC, a causa della sua termoplasticità rammollisce già a temperature basse (alcune decine di gradi oltre la sua temperatura d’esercizio di 70 °C) per cui le sollecitazioni meccaniche possono provocare facilmente riduzioni nello spessore dell’isolante. L’EPR, viceversa, oltre ad avere una temperatura d’esercizio superiore (~ 90°C) non subisce il fenomeno della deformazione plastica e quindi il rischio di decadimento delle proprietà meccaniche risulta decisamente minore. Classificazione dei cavi In relazione al loro comportamento al fuoco i cavi sono suddivisi nelle seguenti categorie: – cavi senza particolari requisiti: non offrono alcuna protezione contro l’incendio (in pratica questi cavi sono quasi scomparsi dal mercato); – cavi resistenti alla propagazione della fiamma (rispondenti alla Norma CEI 20-35): questi cavi non propagano la fiamma se sono installati singolarmente; tale proprietà decade quando risultano installati in fasci; – cavi resistenti alla propagazione dell’incendio (rispondenti alla Norma CEI 20-22): non propagano l’incendio anche se raggruppati in fascio (2). Sono cioè dotati di caratteristiche di autoestinguenza e non accensione anche in condizioni di installazione gravose (fascio di cavi verticali in cunicoli o cavedi con tiraggio naturale); portano stampigliata sulla guaina la scritta CEI 20-22 II o III e, in genere, sono di colore blu chiaro per cavi con guaina in PVC e grigio per quelli con guaina in gomma; – cavi a bassa emissione di gas e di fumo (LSOH), rispondenti alle Norme CEI 20-38, che utilizzano come isolanti elastomeri privi di (2) Il fascio tuttavia non deve essere di dimensioni superiori a quelle del fascio di prova previsto dalla Norma CEI 20-22, diversamente la resistenza alla propagazione dell’incendio non è più assicurata. La Norma infatti prevede, per la verifica dell’attitudine dei cavi a non propagare l’incendio, prove di severità graduata in relazione al tipo di cavo. Per ciascun tipo di prova è previsto un determinato quantitativo di materiale non metallico (isolante o riempitivo) per metro lineare di fascio: a) 10 kg /m per i cavi isolati in PVC; b) 5 kg /m per i cavi unipolari privi di rivestimento protettivo, con isolamento diverso dal PVC e con tensione nominale U0 /U < 0,6/1 kV; c) 10 kg /m di materiale non metallico per i cavi, differenti da quelli ai punti a) e b) isolati con materiali diversi dal PVC; d) 1,5 dm3/m (corrispondente a circa 2,5 kg/m) per i cavi differenti da quelli indicati ai punti a) e b) ed inoltre isolati con materiali diversi dal PVC. I cavi di cui ai punti a), b) e c) sono contrassegnati con il simbolo CEI 2022/II, mentre quelli di cui al punto d) sono contrassegnati con CEI 20-22/III. 162 alogeni e altre sostanze che possono dar luogo a gas corrosivi, tossici e/o fumi eccessivi (le prove sono definite dalla Norma CEI 20-37); – cavi resistenti al fuoco (rispondenti alla Norma CEI 20-45): assicurano il funzionamento per un tempo precisato durante l’incendio; – cavi con isolamento minerale (rispondenti alla Norma CEI 20-39): questi cavi oltre ad assicurare la non propagazione dell’incendio sono resistenti al fuoco e non emettono fumi e gas tossici. Nella tabella 3 sono indicati i principali tipi di cavi adatti per locali a maggior rischio in caso d’incendio. Tabella 3 – Sintesi dei principali tipi di cavi adatti per locali a maggior rischio in caso d’incendio Tipo Resistenti alla propagazione della fiamma Resistenti alla propagazione dell'incendio A basso sviluppo di gas tossici, corrosivi e fumo Materiale Isolamento Guaina PVC – Sigla (esempi) Norma di riferimento H07RN-K (1) CEI 20-35 Gomma PVC H07RN-F (1) (antiabras.) PVC – N07V-K (1) PVC PVC FROR 450/750 V CEI 20-22 II (1) PVC PVC N1VV-K EPR PVC FG7(O)R (1) Elastomero reticolato speciale – N07G9-K (1) CEI 20-22 II e 20-38 Elastomero Elastomero FG7(O)M1 CEI 20-22 III reticolato reticolato FG10(O)M1 e 20-38 speciale speciale (1 ) Elastomero Elastomero FG10(O)M1 A basso CEI 20-22 III (1 ) reticolato sviluppo di reticolato e 20-45 speciale speciale fumo, gas tossici e corrosivi Ossido di Isolamento CEI e resistenRame 2) magnesio minerale ( 20-39 ti al fuoco (1) Cavo per energia o per segnalazione e comando. (2) Cavo per energia. 163 Prescrizioni generali per gli impianti elettrici negli ambienti a maggior rischio in caso d’incendio La Norma CEI 64-8/7, Sez. 751 indica una serie di prescrizioni da osservare per tutti i luoghi a maggior rischio in caso d’incendio, indipendentemente dalla classe di appartenenza (A, B o C). Peculiari prescrizioni sono poi dettate per ciascuna delle tre classi. Prescrizioni riguardanti i componenti Negli ambienti a maggior rischio in caso di incendio possono essere installati soltanto i componenti elettrici necessari per l’uso dell’ambiente stesso. È fatta eccezione per le condutture le quali possono anche transitare nell’ambiente. È vietato installare nelle vie d’uscita apparecchi elettrici contenenti fluidi infiammabili (il divieto non riguarda i condensatori ausiliari incorporati negli apparecchi). I dispositivi di manovra, controllo e protezione, salvo quelli destinati a facilitare l’evacuazione del pubblico, vanno installati in luoghi inaccessibili al pubblico o entro involucri apribili con chiave o attrezzo. I dispositivi di sezionamento devono essere di tipo onnipolare, comprendendo l’eventuale conduttore di neutro. Tutti i componenti elettrici devono rispettare le prescrizioni riportate a pag 116 sia in funzionamento ordinario dell’impianto sia in situazione di guasto dell’impianto stesso, tenuto conto dei dispositivi di protezione. Questo può essere ottenuto mediante un’adeguata costruzione dei componenti dell’impianto o mediante misure di protezione addizionali da prendere durante l’installazione. I componenti elettrici installati in vista (a parete o soffitto) per i quali non esistano le norme relative, devono essere di materiale resistente alle prove previste dalla Norma CEI 64-8 assumendo per la prova al filo incandescente 650 °C anziché 550 °C (tabella 13 a pag. 117). Un’adeguata distanza (in ogni direzione in assenza di istruzioni del costruttore) dev’essere interposta fra apparecchi di illuminazione e gli oggetti illuminati (ad esempio le tende) quando questi ultimi sono di materiale combustibile. In particolare per faretti e piccoli proiettori, tale distanza non dev’essere inferiore a: – 0,5 m per lampade di potenza fino a 100 W; – 0,8 m per lampade di potenza da 100 a 300 W; – 1 m per lampade di potenza da 300 a 500 W. – distanze maggiori per lampade con potenza > 500 W Per la marcatura degli apparecchi di illuminazione che possono essere installati su superfici infiammabili si veda la tabella 4 a pag. 137. Lampade e altre parti componenti degli apparecchi d’illuminazione devono essere protette contro le prevedibili sollecitazione meccaniche. I mezzi di protezione non devono essere fissati ai portalampade a meno che non siano parte integrante dell’apparecchio. I dispositivi di limitazione della temperatura devono essere provvisti del solo ripristino manuale. 164 Tabella 4 – Condizioni di installazione e del grado IP verso la parete delle scatole e delle cassette incassate Classi di reazione al fuoco dei materiali delle pareti (1) Pareti Tipi di ambiente 0 1 2 Ambienti ordinari A A pubblico spettacolo B C Ambienti a maggior rischio in caso di incendio di tipo: 3 4 componenti schermati (2) IP4X (se i componenti producono archi o scintille) componenti schermati (2) Grado di protezione IP in accordo con norme generali (di regola IP2X su superfici verticali). Tipo di parete non permesso. (1) D.M. del 26 giugno 1984. Secondo questo decreto i materiali solidi sono assegnati alle classi 0, 1, 2, 3, 4 e 5 con l'aumentare della loro partecipazione alla combustione. Queste classi possono essere sinteticamente individuate nel modo seguente: – classe 0: materiali incombustibili; – classe 1: materiali che non possono bruciare; – classe 2: materiali difficilmente combustibili (possono prendere fuoco a contatto con una sorgente d'innesco, ma allontanati da questa non bruciano); – classe 3: materiali combustibili (possono bruciare, se innescati); – classe 4: materiali comburenti (a contatto con altre sostanze, specie se infiammabili, favoriscono la combustione); – classe 5: i materiali sono esplosivi. L'unico documento idoneo ad attestare la classe di reazione al fuoco di un materiale è l'atto di omologazione rilasciato dal Ministero dell'Interno, anche sulla base di una certificazione rilasciata da un laboratorio riconosciuto. Sono omologabili tutti i materiali classificabili, cioè i materiali per i quali il D.M. del 26 giugno 1984 individua i metodi di prova atti alla loro classificazione. (2) I componenti devono essere schermati come indicato a pagina 116 e seguenti se sono tali da raggiungere temperature superficiali elevate o da produrre archi o scintille. 165 Gli apparecchi, quali i riscaldatori, resistori ecc., devono essere realizzati in modo che gli involucri non raggiungano temperature più elevate di quelle relative agli apparecchi di illuminazione ed essere, per costruzione o installazione, in grado di impedire qualsiasi accumulo di materiale che possa limitare la dissipazione del calore. Per le scatole e le cassette in posa incassata la tabella 4 puntualizza le condizioni di installazione e il grado di protezione IP verso la parete. Barriere tagliafiamma devono essere predisposte in tutti gli attraversamenti di solai o pareti che delimitano il compartimento antincendio indipendentemente dal tipo di cavo e di posa. Le barriere devono essere tali da ripristinare la resistenza al fuoco che l’elemento costruttivo aveva in assenza della conduttura. A tale fine bisogna sia otturare il foro di passaggio eventualmente rimasto libero dalla conduttura, sia l’interno della conduttura stessa. Entrambe le otturazioni devono avere un REI (3) uguale o superiore a quello richiesto dalla classe del compartimento antincendio. Non è necessario otturare internamente il tubo se sono rispettate tutte le seguenti condizioni: il tubo è conforme alla Norma CEI EN 50086 (non propagante la fiamma), il diametro interno non supera 30 mm, il tubo protettivo ha un grado di protezione almeno IP33 e le estremità del tubo, se in ambiente chiuso, entrano in custodie con grado di protezione almeno IP33. (3) La resistenza al fuoco riguarda gli elementi costruttivi di un edificio con funzioni portanti o separanti, che devono garantire nelle condizioni di carico, una resistenza per un tempo prestabilito. Gli elementi che consentono di valutare la resistenza al fuoco per il tempo di esposizione richiesto sono: – stabilità (R): attitudine di un elemento da costruzione a conservare la resistenza meccanica sotto l’azione del fuoco; – tenuta (E): attitudine di un elemento da costruzione a non lasciar passare ne produrre fiamme, vapori o gas caldi dal lato opposto quando l’altra facciata sia esposta al fuoco; – isolamento termico (I): attitudine di un elemento da costruzione a ridurre la trasmissione del calore. Pertanto con il simbolo REI si identifica un elemento costruttivo che deve conservare per un tempo determinato: stabilità, tenuta, isolamento termico. Analogamente, con il simbolo RE si identifica un elemento costruttivo che deve conservare per un tempo determinato, la stabilità, la tenuta, mentre con il simbolo R si identifica un elemento costruttivo che deve conservare per un tempo determinato la sola stabilità. La resistenza al fuoco R, RE, REI, viene misurata in minuti, sulla base di apposite prove. Ad esempio, una porta avente resistenza al fuoco REI 120 manterrà le sue caratteristiche di stabilità, tenuta ed isolamento per 120 minuti. (4) La principale caratteristica dei sistemi di tamponamento attivo è l’intumescenza, ossia la capacità del materiale di espandere, quando sottoposto all’azione del fuoco, con il seguente meccanismo: il riscaldamento iniziale provoca la disidratazione dello strato superficiale che successivamente, sotto l’effetto del calore, fonde e carbonizza. Se la temperatura aumenta ulteriormente il materiale sviluppa dei gas che, agendo da propellente, espandono lo strato carbonizzato che stratifica e fa da schermo protettivo contro la fiamma e il calore. Appena lo strato carbonizzato brucia il processo si ripete. 166 Fig. 3 Barriere tagliafiamma Le barriere antifuoco possono essere realizzate con componenti inerti o attivi (4). I primi sono resistenti al fuoco (materiali refrattari) ma non sono in grado di occludere le cavità originate, in seguito all’incendio, dalla consunzione degli isolanti dei cavi o tubi protettivi in PVC; i componenti attivi, invece, se sottoposti al fuoco, si espandono rapidamente occludendo le cavità formatesi. I componenti attivi possono essere costituiti da una guarnizione in gomma sintetica avente stabilità dimensionale nel tempo (solo a contatto col fuoco il volume aumenta) e resistenza al calore e al fuoco. Le guarnizioni, costruite in due o più parti uguali, possono essere montate anche dopo l’installazione di tubi e cavi (fig. 3). In alternativa possono essere utilizzati tubi di materiale intumescente che sono inseriti a pressione nei fori praticati nella parete o cementati nel calcestruzzo (fig. 4) e sigillati da entrambi i lati mediante stucco antifuoco. La chiusura dei passaggi nelle solette può anche essere realizzata versando nell’apertura una schiuma, a due componenti, di tipo intumescente; la parte inferiore della apertura deve precedentemente essere stata chiusa con lana minerale (fig. 5). Appositi manicotti realizzano passaggi antifuoco di tubi o cavi anche di grande diametro; la costruzione, in due parti metalliche di sup- Fig. 4 – Sigillatura di passaggio cavi (1) mediante tubo di materiale intumescente (2) e stucco antifuoco (3). Fig. 5 – Sigillatura di passaggio cavi (1) attraverso soletta, con schiuma intumescente (2) e lana minerale (3). 167 Fig. 6 Fig. 7 porto riempite con materiale intumescente ne rende possibile il montaggio anche con cavi già installati (fig. 6). Le barriere con componenti inerti possono essere realizzate mediante: Conglomerato inerte. È una mescola di malte secche a cui dev’essere aggiunta acqua. Serve per sigillare i passaggi di cavi che presentano piccoli interstizi e in particolare tra ambienti posti uno sopra l’altro. Sacchetti per tamponamento in tessuto di fibra di vetro riempiti con fibre minerali e componenti incombustibili; in presenza del fuoco tali materiali tendono a compattarsi e solidificarsi. Sono utilizzati per la chiusura di ampie aperture, quali quelle per il passaggio di passerelle. Pannelli di lana roccia. Sono utilizzati per la chiusura delle aperture più ampie in alternativa ai sacchetti di tamponamento. Sono sagomabili per adattarsi alle dimensioni del passaggio cavi e in caso di ampliamenti è sufficiente creare ulteriori forature secondo la nuova configurazione della conduttura. Devono essere rivestiti esteriormente con conglomerato o materiale intumescente (fig. 7). Comunque, sono disponibili barriere realizzate con componenti modulari che semplificano l’installazione e consentono di sigillare i passaggi tra locali con un elevato grado di resistenza al fuoco e ai fumi. Criteri per la scelta del tipo di conduttura La norma prevede diversi tipi di condutture e, in relazione alle caratteristiche presentate da ciascuna di esse per quanto riguarda la possibilità di essere causa di innesco e/o propagazione dell’incendio, stabilisce opportuni provvedimenti. Nelle tabelle (5 ÷ 7) sono riportati i vari tipi di condutture, suddivisi in tre gruppi, e i rispettivi criteri per la loro realizzazione. Il I gruppo (tabella 5) comprende le condutture che per loro costruzione non possono essere causa di innesco (poiché isolate dall’ambiente esterno) o propagazione dell’incendio (poiché non vi può essere l’apporto di ossigeno necessario alla propagazione della fiamma). Per queste condutture non sono richiesti particolari requisiti di protezione. Il II gruppo (tabella 6) comprende le condutture che non possono essere causa d’innesco essendo dotate di uno schermo metallico con168 nesso a terra (tramite PE) che separa i conduttori attivi dall’ambiente esterno. Tuttavia, avendo una guaina esterna in materiale combustibile, possono propagare l’incendio. Queste condutture richiedono, pertanto, alcuni provvedimenti atti ad evitare tale propagazione. Il III gruppo (tabella 7) comprende le condutture che possono essere causa d’innesco e allo stesso tempo mezzo per propagare l’incendio. La loro installazione richiede la predisposizione di misure atte a prevenire sia l’innesco dell’incendio sia la sua propagazione. Per quanto riguarda i binari elettrificati e i condotti sbarre, la possibilità che essi siano veicolo di propagazione dell’incendio deve essere valutata in relazione ai materiali utilizzati per la loro costruzione o mediante prove specifiche. Ne deriva che indicazioni in merito possono essere fornite solo dal costruttore. Per le condutture mobili, è raccomandata la scelta di cavi destinati a servizio pesante in accordo con la Guida CEI 20-40, per esempio cavi del tipo H07RN-F o altri cavi adeguatamente protetti. Prescrizioni per l’installazione delle condutture Negli ambienti a magior rischio in caso d’incendio non è ammesso il sistema di distribuzione TN-C, ossia con conduttore PEN (unico conduttore con funzioni di conduttore di protezione PE e di neutro N). Questa prescrizione, che non riguarda le condutture che transitano nel luogo, deriva dalla necessità di evitare che la corrente dovuta ai normali squilibri dei carichi, vada ad interessare anche le masse e le masse estranee connesse al PEN creando in parallelo a tale conduttore, circuiti di ritorno, con il pericolo che la corrente di squilibrio possa dar luogo a riscaldamenti localizzati nei punti a maggiore resistenza o scintillii nei punti di discontinuità. Per lo stesso motivo nel sistema TN-S è vietato collegare tra loro i conduttori separati di neutro N e di protezione PE. Le condutture che attraversano i luoghi a maggior rischio in caso d’incendio e che quindi non sono destinate ad alimentare apparecchiature al loro interno, non devono avere connessioni lungo il percorso all’interno di questi luoghi, a meno che non siano poste in involucri che soddisfino la prova contro il fuoco come definita nelle relative norme di prodotto . Le condutture elettriche che attraversano le vie d’uscita di sicurezza non devono ostacolare il deflusso delle persone e preferibilmente non devono essere a portata di mano diversamente vanno poste entro involucri o dietro barriere che costituiscano una buona protezione contro i danneggiamenti meccanici prevedibili durante l’evacuazione. Protezione delle condutture Le condutture che alimentano o attraversano gli ambienti a maggior rischio in caso di incendio e quelle che hanno origine in tali luoghi devono essere protette mediante dispositivi posti all’origine dei circuiti stessi in modo da risultare protette, sia contro i sovraccarichi, sia contro eventuali guasti non franchi che possono avvenire in un punto qualsiasi della linea. 169 Tabella 5 – Condutture che non costituiscono causa di innesco e propagazione dell’incendio REQUISITI PARTIOL. RICHIESTI CONDUTTORE DI PROTEZIONE (PE) CONDUTTURA I GRUPPO 170 Posa: interrata o incassata in strutture incombustibili (calcestruzzo, intonaco ecc.). Protezione: tubi protettivi o canali in materiale metallico o isolante. Posa: in vista a parete o su mensole. Tipo di cavi: unipolari o multipolari (con o senza PE). Protezione: tubi protettivi o canali in materiale metallico (grado di protezione ≥ IP4X). Tipo di cavi: unipolari o multipolari (con o senza PE). Il conduttore PE non è richiesto ai fini della protezione contro l'innesco dell'incendio. Se è richiesto per la protezione contro i contatti indiretti, può essere un conduttore unipolare o un'anima di cavo multipolare. Il PE (non richiesto ai fini della protezione contro l'incendio) può essere costituito dal canale o tubo, se idonei, diversamente può essere inserito all’interno del tubo o canale come cavo singolo o come anima di cavo multipolare. Posa: in vista a parete, su mensole o passerelle. Tipo di cavi: con isolamento minerale e guaina metallica continua senza saldature. La funzione di PE è svolta dalla guaina metallica Il cavo dev’essere sprovvisto di guaina non metallica esterna. Tabella 6 – Condutture che possono essere causa di propagazione (ma non d'innesco) dell'incendio REQUISITI PARTIOLARI RICHIESTI CONDUTT. PROTEZ. (PE) CONDUTTURA II GRUPPO Posa: in vista a parete su mensola, passerelle ecc. Tipo di cavi: multipolari muniti di conduttore di protezione PE concentrico o di guaina metallica o di armatura, in grado da poter fungere da PE, e guaina esterna protettiva. Posa: in vista a parete su mensole, passerelle ecc. Tipo di cavi: multipolari muniti di schermo metallico sulle singole anime o sull'insieme delle anime, in grado di poter fungere da PE, e guaina esterna isolante. Posa: in vista a parete su mensole, passerelle ecc. Tipo di cavi: ad isolamento minerale con guaina metallica continua senza saldatura (con funzione di PE) e guaina esterna non metallica Conduttore concentrico, guaina metallica, armatura Schermo metallico sulle singole anime o sull'insieme delle anime. Guaina metallica Dev’essere adottato uno dei seguenti provvedimenti: a) utilizzare cavi resistenti alla propagazione della fiamma se installati individualmente o distanziati tra loro almeno 25 cm o se installati individualmente in tubi o canalette con grado di protezione IP4X; b) utilizzare cavi resistenti alla propagazione dell’incendio, se installati in fascio, e purché non sia superato il volume unitario di materiale non metallico stabilito dalla Norma CEI 20-22 cat. II o III. Se il fascio supera tale valore adottare provvedimenti integrativi analoghi a quelli indicati al punto c). c) adottare sbarramenti, barriere e/o altri provvedimenti indicati dalla Norma CEI 11-17. Inoltre prevedere barriere tagliafiamma in tutti gli attraversamenti di solai o pareti che delimitano il compartimento antincendio. Nei locali tipo A, se i cavi sono raggruppati in quantità significative in rapporto alle altre sostanze combustibili presenti, si deve effettuare l’analisi dei rischi e se necessario utilizzare cavi a bassa emissione di fumi e gas tossici (LSOH). 171 Tabella 7 – Condutture che possono essere causa di innesco e di propagazione dell'incendio III GRUPPO CONDUTTORE DI PROTEZIONE (PE) CONDUTTURA Posa: in vista a parete su mensola, passerelle ecc. 172 Posa: in vista. Posa: in vista. Protezione: canale in metallo senza un particolare grado di protezione, passerella in metallo continua forata a rete . Protezione: canale o tubo protettivo in materiale isolante (grado di protezione ≥ IP4X) Se non esistono norme di prodotto, tubi e canali devono essere in grado di sopportare le prove indicate nella tab. 13 a pag. 117 assumen do per la prova al filo incandescente la temperatura di 850 °C (anziché 650 °C). Tipo di cavi: unipolari e multipolari senza PE. Tipo di cavi: multipolari muniti di conduttore PE. Tipo di cavi: unipolari e multipolari senza PE. Il conduttore PE dev’essere incorporato e costituito da un'anima del cavo. La funzione di conduttore PE può essere svolta dal tubo, passerella o canale se idonei o da un conduttore isolato, meglio se nudo (rappresenta una cautela addizionale), appositamente inserito nella canalizzazione. Il PE, non è richiesto ai fini della protezione contro l'incendio, ma è consigliabile; può essere un conduttore nudo o isolato inserito nel tubo protettivo o canale. REQUISITI PARTICOLARI RICHIESTI Ai fini della protezione contro l’innesco dell’incendio, i circuiti devono essere protetti, oltre che con le protezioni generali, in uno dei seguenti modi: 1) nei sistemi TT e TN con dispositivo differenziale a corrente nominale d'intervento ≤ 300 mA (anche a intervento ritardato); quando non sia possibile, ad esempio per ragioni di continuità di servizio, in alternativa ≤ 1 A (ad intervento ritardato). Se esiste il rischio di guasti resistivi che possano innescare un incendio, per esempio per riscaldamento a soffitto con elementi a pellicola riscaldante, la corrente differenziale nominale d’intervento deve essere Idn = 30 mA 2) nei sistemi IT mediante dispositivo che rileva con continuità le correnti di dispersione verso terra e, quando si manifesta un decadimento d'isolamento, provoca l'apertura automatica del circuito; se per necessità di continuità di servizio l’interruzione non è ammissibile, il dispositivo in alternativa può azionare un allarme ottico ed acustico. Istruzioni devono essere date affinché, in caso di primo guasto, sia effettuata l'apertura manuale il più presto possibile. Sono escluse dalle prescrizioni dei punti 1) e 2) le condutture: – facenti parte di circuiti di sicurezza; – racchiuse in involucri con grado di protezione almeno IP4X, ad eccezione del tratto finale uscente dall'involucro per il necessario collegamento all'apparecchio utilizzatore. Per evitare la propagazione delle fiamme deve essere adottato uno dei seguenti provvedimenti: a) utilizzare cavi resistenti alla propagazione della fiamma se installati individualmente o distanziati tra loro almeno 25 cm, oppure se installati in tubi o canalette con grado di protezione almeno IP4X; b) utilizzare cavi resistenti alla propagazione dell'incendio se installati in fascio, purché non sia superato il volume unitario di materiale non metallico stabilito dalla Norma CEI 20-22 cat. II o cat. III. Se il fascio supera tale valore unitario devono essere adottati provvedimenti integrativi analoghi a quelli indicati al punto c) seguente. c) adottare sbarramenti, barriere e/o altri provvedimenti indicati dalla Norma CEI 11-17. Inoltre in tutti gli attraversamenti di solai o pareti che delimitano il compartimento antincendio si devono prevedere barriere tagliafiamma con caratteristiche di resistenza al fuoco pari a quelle degli elementi costruttivi dei solai o delle pareti attraversate. Nei locali tipo A, se i cavi sono raggruppati in quantità significative in rapporto alle altre sostanze combustibili presenti, si deve effettuare l’analisi dei rischi e se necessario utilizzare cavi a bassa emissione di fumi e gas tossici (LSOH). 173 LE VERIFICHE DEGLI IMPIANTI ELETTRICI Le disposizioni legislative e le norme tecniche per gli impianti elettrici prescrivono verifiche iniziali, controlli, ispezioni periodiche, sorveglianza e manutenzione. La Norma CEI 64-8/6 prescrive che l’impianto elettrico sia soggetto a: – verifica iniziale durante l'installazione (per quanto praticamente possibile), al suo completamento o dopo la realizzazione di integrazioni o modifiche e prima di essere messo in servizio; – verifiche periodiche per determinare se l’impianto e i suoi componenti si trovano in una condizione soddisfacente per il loro uso. Al termine delle verifiche deve essere redatto un rapporto sui risultati di tali verifiche. VERIFICHE INIZIALI Le verifiche iniziali hanno lo scopo di accertare la rispondenza dell'intero impianto elettrico alle prescrizioni normative. Comprendono l’esame a vista e le prove consistenti nell'effettuazione di misure, mediante appropriati strumenti, o di altre operazioni con le quali si accerta l'efficienza della stesso impianto elettrico. Nel caso di ampliamenti o di modifiche di impianti esistenti, le verifiche devono accertare che tali ampliamenti o modifiche siano conformi alle prescrizioni normative e che non compromettano la sicurezza delle parti non modificate dell'impianto. I risultati dell’esame a vista e delle prove devono essere registrati sul rapporto di verifica. Il tecnico che effettua le verifiche iniziali deve avere a disposizione il progetto o la documentazione necessaria indicante: – il tipo e la composizione dei circuiti (punti di utilizzo serviti, numero e dimensione dei conduttori, tipo di canalizzazioni); – le caratteristiche necessarie per l’identificazione dei dispositivi che svolgono le funzioni di protezione, isolamento e commutazione e loro disposizione; – note di calcolo in base alle quali il progettista ha scelto le sezioni dei conduttori, i criteri di posa e la scelta dei dispositivi di protezione. Schemi e documenti dovrebbero fornire per ciascun circuito dell’impianto almeno le seguenti informazioni dettagliate: – tipo e sezione dei conduttori; – lunghezza dei circuiti; – natura e tipo dei dispositivi di protezione; – corrente nominale o di regolazione dei dispositivi di protezione; – correnti di cortocircuito presunte e potere di interruzione dei dispositivi di protezione. 174 La verifica deve essere effettuata da persona esperta per quanto riguarda i pericoli dell’elettricità e competente nelle operazioni di verifica. Precauzioni devono essere prese per garantire la sicurezza delle persone e delle cose. Esame a vista L’esame a vista è preliminare a qualsiasi altra prova e deve essere effettuato, per quanto necessario, con impianto elettrico fuori tensione. Tale esame deve accertare, avvalendosi anche della documentazione, che i componenti dell’impianto elettrico siano: – conformi alle prescrizioni di sicurezza (ciò può essere accertato dall’esame di marchi, certificazioni, dichiarazioni di conformità rilasciate dai costruttori); – scelti correttamente e installati in conformità alle norme e alle istruzioni del costruttore; – non danneggiati visibilmente in modo tale da comprometterne la sicurezza. L’esame a vista deve almeno comprendere, per quanto applicabile, la verifica di quanto segue: – sistemi di protezione contro i contatti diretti e indiretti; tale verifica comprende la misura delle distanze e riguarda, ad esempio la protezione mediante barriere o involucri, o a mezzo di ostacoli o mediante distanziamento; – presenza di barriere tagliafiamma o altre precauzioni contro la propagazione del fuoco e sistemi di protezione contro gli effetti termici; – scelta dei conduttori per quanto concerne la loro portata, sezione e caduta di tensione (secondo le note di calcolo del progettista); – scelta e taratura dei dispositivi di protezione e di segnalazione (secondo le note di calcolo del progettista); – presenza e corretta installazione dei dispositivi di sezionamento e di comando; – idoneità delle apparecchiature e delle misure di protezione contro le influenze esterne; – identificazione dei conduttori di neutro e di protezione; – connessione dei dispositivi di comando unipolari ai conduttori di fase; – presenza di schemi, di cartelli monitori e di informazioni analoghe; – identificazione dei circuiti, dei fusibili, degli interruttori, dei morsetti ecc.; – idoneità delle connessioni e della loro realizzazione (in caso di dubbio, è opportuno misurare la resistenza elettrica delle connessioni che dovrebbe risultare inferiore alla resistenza elettrica di 1 m del conduttore di sezione minore collegato); – presenza ed adeguatezza dei conduttori di protezione, compresi i conduttori per il collegamento equipotenziale principale e supplementare; – agevole accessibilità degli organi di manovra all'operatore; 175 – agevole accessibilità dell’impianto per interventi operativi e di manutenzione. Prove Dopo l’esame a vista devono essere effettuate, per quanto applicabili, le seguenti prove, che vanno condotte possibilmente nella sequenza indicata: – prove della continuità dei conduttori di protezione e dei conduttori equipotenziali principali e supplementari; – misura della resistenza di isolamento dell’impianto elettrico; – verifica della protezione per separazione elettrica nel caso sia di sistemi SELV e PELV, sia della separazione elettrica; – misura della resistenza di isolamento dei pavimenti e delle pareti; – verifica del funzionamento del sistema di protezione con interruzione automatica dell’alimentazione; – verifica della protezione addizionale; – prove di polarità; – prova dell'ordine delle fasi; – prove di funzionamento; – verifica delle protezioni contro gli effetti termici; – misura della caduta di tensione. – prova di sfilabilità dei cavi (eventualmente, se è prevista la sfilabilità dei cavi). Nel caso che qualche prova indichi la presenza di un difetto, tale prova e ogni altra prova precedente che possa essere stata influenzata dal difetto segnalato devono essere ripetute dopo l’eliminazione del difetto stesso. I metodi di prova descritti nel seguito costituiscono metodi di riferimento; è ammesso l’uso di altri metodi di prova, purché essi forniscano risultati ugualmente validi. Prove della continuità dei conduttori di protezione e dei conduttori equipotenziali principali e supplementari La prova si esegue impiegando una sorgente di tensione alternata o continua in grado di erogare una tensione compresa fra 4 e 24 V a vuoto, e una corrente di almeno 0,2 A. Per la misura può essere utilizzato un ohmmetro in grado di fornire i valori di tensione e corrente indicati (fig. 1). Si deve verificare la continuità dei conduttori di protezione (PE), del neutro, quando svolge anche la funzione di conduttore di protezione (PEN), dei conduttori equipotenziali principali (EQP), supplementari (EQS) e del conduttore di terra. La prova non ha lo scopo di verificare la resistenza dei conduttori, ma solo la loro integrità, pertanto la continuità risulta non verificata quando la corrente erogata dalla sorgente di tensione risulta inferiore a 0,2 A. Le misure possono essere effettuate con estrema facilità mediante 176 Fig. 1 un apposito misuratore di resistenza a corrente costante che fa corrispondere alla condizione di corrente erogata inferiore a 0,2 A, ad esempio, l’indicazione di fuori scala della portata massima; ossia si ritiene accettabile la verifica quando l’indice si posiziona su uno dei valori interni alla scala. Misura della resistenza di isolamento dell’impianto elettrico La resistenza di isolamento dev’essere misurata, con l’impianto fuori tensione (fig. 2): a) tra ogni conduttore attivo o tra tutti i conduttori attivi collegati insieme (se praticamente possibile) e il conduttore di protezione PE connesso a terra; b) tra i conduttori attivi (prova consigliata). Si tenga presente che: – prima dell’esecuzione delle prove si devono disinserire tutti gli apparecchi utilizzatori; – il conduttore di neutro deve essere scollegato dal conduttore di protezione; – nei sistemi TN-C il conduttore PEN è considerato come facente Fig. 2 177 parte della terra per cui la misura è eseguita tra i conduttori attivi e il conduttore PEN; – se qualche componente dell'impianto può influenzare la prova, o essere danneggiato, tale componente deve essere disinserito prima di effettuare la prova di isolamento. Se non è possibile disinserirlo (per esempio nel caso di SPD incorporati in prese a spina) la tensione di prova può essere ridotta sino a 250 V c.a. per il relativo circuito, ma la resistenza di isolamento deve avere almeno il valore di 1 MΩ; – nei luoghi a maggior rischio in caso di incendio, deve essere eseguita una misura della resistenza di isolamento tra i conduttori attivi. In pratica, può essere necessario eseguire questa misura durante l'installazione dell'impianto prima della connessione del componente elettrico. Le misure devono essere eseguite con un apparecchio in grado di fornire i valori della tensione di prova richiesti (indicati in tabella 1) con un carico di 1 mA. I valori minimi della resistenza d’isolamento sono riportati nella tabella 1. Per la misura si può impiegare un megaohmmetro. Negli impianti di dimensioni limitate la prova viene eseguita all’origine, ossia in prossimità del punto di consegna dell’energia. Negli impianti complessi i valori di resistenza misurati all’origine dell’impianto possono risultare inferiori a quelli di tabella 1. È opportuno allora suddividere l’impianto in gruppi di circuiti e ripetere la misura per ciascun gruppo. Se i risultati fossero ancora insufficienti la misura può essere ripetuta su ogni singolo circuito. Verifica della protezione per separazione elettrica La prova, da effettuare nel caso che la protezione contro i contatti diretti e indiretti sia attuata mediante separazione elettrica, deve verificare che la resistenza di isolamento tra le parti attive del circuito alimentato dal trasformatore e quelle di altri circuiti, non sia inferiore a quella indicata nella tabella 1. Le misure devono essere eseguite con i criteri indicati per la misura della resistenza di isolamento. La misura deve verificare: – nei sistemi SELV, la separazione tra le parti attive del circuito separato da quelle di altri circuiti e dalla terra; Tabella 1 – Minimi valori della resistenza di isolamento Tensione nominale del circuito (V) Tensione di prova (V) Resistenza di isolamento (MΩ) SELV e PELV 250 ≥ 0,5 Fino a 500 V, compreso FELV 500 ≥ 1,0 Oltre 500 V 1000 ≥ 1,0 178 – nei sistemi PELV, la separazione tra le parti attive del circuito separato da quelle di altri circuiti; – nel caso di protezione mediante separazione elettrica (trasformatore di separazione), la separazione delle parti attive del circuito separato da quelle di altri circuiti e dalla terra. Misura della resistenza dei pavimenti e delle pareti Questa prova è richiesta quando la protezione contro i contatti indiretti è attuata per mezzo di locali isolanti. Questa misura di protezione, per la sua particolarità è applicabile solo in situazioni eccezionali e comunque mai negli edifici civili e similari. Un locale è ritenuto isolante se le pareti ed il pavimento sono in materiale isolante e presentano, verso terra, una resistenza: ≥ 50 kΩ per tensioni nominali non superiori a 500 V; ≥ 100 kΩ per tensioni nominali superiori a 500 V. In ogni locale si devono eseguire almeno 3 misure: una a circa 1 m da qualsiasi massa estranea accessibile posta nel locale e le altre due a distanze maggiori. Inoltre le misure devono essere ripetute per ogni tipo di pavimento o parete del locale. La misura deve essere eseguita con la tensione verso terra e la frequenza nominale, o con la più bassa tensione, alla stessa frequenza nominale, associata con la resistenza di isolamento. Come sorgenti di tensione possono essere utilizzati: a) la tensione verso terra che esiste al punto di misura; b) la tensione al secondario di un trasformatore a doppio avvolgimento; c) una sorgente indipendente alla frequenza nominale del sistema. Per ragioni di sicurezza, per misure a tensione superiore a 50 V, la corrente massima di uscita non deve superare i 3,5 mA. La corrente I è misurata mediante un amperometro inserito tra l’elettrodo di prova e la sorgente di tensione e la tensione U con un voltmetro (resistenza interna almeno di 1 MΩ) inserito tra l’elettrodo di prova e il conduttore di protezione. La resistenza di isolamento del pavimento è quindi: R = U/I. La misura è eseguita tra un elettrodo di prova e il conduttore di protezione dell’impianto. L’elettrodo di prova, costituito da una piastra metallica quadrata con lato di 250 mm (la Norma CEI 64-8/6 prevede anche un altro tipo di elettrodo), è posto sulla superficie da provare con l’interposizione di una carta assorbente o di un panno inumidito e strizzato, con lato di circa 270 mm, e dev’essere caricato con una forza di 750 N per la misura dei pavimenti e 250 N per quella delle pareti. Verifica della protezione mediante interruzione automatica Per la verifica del funzionamento del sistema di protezione contro i contatti indiretti mediante interruzione automatica dell’alimentazione, la normativa CEI prevede le seguenti prove in relazione al sistema di distribuzione: 179 Sistema TT: 1) misura della resistenza di terra del dispersore al quale sono collegate le masse dell’impianto oppure misura della resisteza dell’anello di guasto; 2) La verifica mediante esame a vista della caratteristiche e/o dell’efficienza mediante prove del dispositivo differenziale. L’efficienza dei dispositivi di protezione a corrente differenziale deve essere verificata generando una corrente differenziale di valore non superiore a Idn mediante l’uso di adatte apparecchiature di prova senza misurare il tempo di intervento. Quando l’efficienza della misura di protezione sia stata confermata in un punto situato a valle del dispositivo di protezione differenziale, la protezione dell’impianto a valle di questo punto può essere provata verificando la continuità dei conduttori di protezione. Sistema TN: 1) misura dell’impedenza dell’anello di guasto (questa misura non è in genere necessaria quando l’alimentazione viene interrotta mediante interruttori differenziali); 2) verifica delle caratteristiche e/o dell'efficienza del dispositivo di protezione associato eseguita mediante: – esame a vista (delle caratteristiche di intervento per gli interruttori automatici e della corrente nominale e tipo per i fusibili) per i dispositivi di protezione contro le sovracorrenti; – esame a vista e prove per i dispositivi a corrente differenziale. L’efficienza dei dispositivi di protezione a corrente differenziale deve essere verificata generando una corrente differenziale di valore non superiore a Idn mediante l’uso di adatte apparecchiature di prova senza misurare il tempo di intervento. Quando l’efficienza della misura di protezione sia stata confermata in un punto situato a valle del dispositivo di protezione differenziale, la protezione dell’impianto a valle di questo punto può essere provata verificando la continuità dei conduttori di protezione. Sistemi IT: 1) misura della corrente di primo guasto quando il suo valore non può essere conosciuto con certezza tramite calcolo; 2) controllo che in caso di un secondo guasto, se il sistema IT si trasforma in un sistema TT o in un sistema TN (1), siano soddisfatte le rispettive misure di protezione richieste per tali sistemi. Misura della resistenza di terra La misura della resistenza di terra dev’essere effettuata, per quanto possibile, con l’impianto nelle ordinarie condizioni di funziona(1) Durante le misure della resistenza dell’anello di guasto è necessario stabilire un collegamento di impedenza trascurabile tra il punto neutro dell’alimentazione ed il conduttore di protezione preferibilmente all’origine dell’impianto o, dove questo non è accettabile, nel punto di misura. 180 mento. Non è necessario effettuare la misura in particolari condizioni meteorologiche o in particolari condizioni del terreno. Inoltre la misura può essere eseguita senza staccare i dispersori di fatto che non sono sotto il controllo di chi esercisce l’impianto. Tuttavia se è ragionevole supporre che l’efficienza dell’impianto di terra dipenda soprattutto da tali dispersori è giustificato, in sede di verifica, valutare il contributo di questi ultimi, in quanto l’impianto di terra deve essere progettato senza tener conto del contributo di altri dispersori. La misura si esegue, utilizzando un dispersore ausiliario M (sonda di corrente) ed una sonda di tensione N, col metodo volt-amperometrico (fig. 3 a) o con appositi strumenti di misura (fig. 3 b). La sonda di corrente (M) dev’essere disposta in un punto sufficientemente lontano dal dispersore in prova così che le zone di influenza del dispersore di terra e della sonda non risultino sovrapposte. La sonda di corrente si può ritenere sufficientemente lontana dall’impianto di terra quando allontanando via via la sonda di tensione N dall’impianto di terra in misura, la resistenza di terra (ovvero la tensione misurata) varia in modo trascurabile. Si fa disperdere una corrente di terra non inferiore all’1% di quella per la quale il dispersore è proporzionato e comunque non inferiore a 5 A e si misura la tensione tra la sonda di tensione e il dispersore. Il valore della resistenza di terra è dato dal rapporto tra la tensione misurata e la corrente che fluisce tra la sonda M e il dispersore. Per verificare che la resistenza di terra sia un valore corretto, si fanno tre misure con la sonda di tensione N spostata di 6 m rispettivamente più lontano e più vicino al dispersore in prova. Se le tre misure sono sostanzialmente le stesse, si prende la media dei tre risultati come resistenza di terra del dispersore. Se non c’è tale accordo, le prove devono essere ripetute con la distanza, tra sonda di corrente e dispersore, aumentata. a Fig. 3 b 181 Fig. 4 Se la prova è effettuata con corrente a frequenza industriale, l’impedenza interna del voltmetro dev’essere almeno 200 Ω/V. La sorgente della corrente utilizzata per la prova dev’essere separata dalla rete di alimentazione (per esempio con un trasformatore a doppio avvolgimento). Quando il luogo dell'impianto (per es. nelle città) è tale che non è possibile, in pratica, rispettare le distanze indicate tra l’impianto di terra e gli elettrodi ausiliari, si può eseguire la misura della resistenza dell'anello di guasto oppure utilizzare il metodo semplificato. Misura dell’impedenza dell’anello di guasto Questa misura (fig. 4) eseguita nei sistemi TT, con l’ausilio di strumenti elettronici, fornisce valori per eccesso della resistenza di terra a tutto vantaggio della sicurezza (si misura infatti anche la resistenza del dispersore di cabina dell’ente distributore). Metodo semplificato La figura 5 indica lo schema per l’applicazione di un metodo semplificato utilizzabile nei sistemi TT e TN. Il metodo prevede l’infissione delle sonde di tensione e del dispersore ausiliario ad una distanza circa uguale alla diagonale maggiore del perimetro dell’impianto in prova. Installato il dispersore ausiliario ad una distanza (x) dal contorno del dispersore in misura non inferiore alla massima dimensione lineare (y) del suolo impegnato dall’impianto di terra, si effettua una serie di rilevazioni con metodo volt-amperometrico spostando la sonda di tensione (N) dal dispersore ausiliario (M) verso il dispersore in misura lungo l’asse x (se si utilizzano un voltmetro e un amperometro è necessario calcolare per ogni posizione il rapporto R = U/I). Le misure intermedie devono essere effettuate in numero e posizione tale da evidenziare nel diagramma R = f (x) il punto di flesso (ossia il tratto orizzontale) che rappresenta il punto a potenziale indisturbato tra le due zone d’influenza dei dispersori. 182 Fig. 5 La resistenza del dispersore è individuata dall’ordinata del punto di flesso (RT). Qualora non esistessero punti di flesso si deve ripetere la misura con il dispersore ausiliario installato in altra zona. Misura della resistività del terreno Il valore di resistenza dell’impianto di terra dipende dalla resistività del terreno. La conoscenza di questo parametro consente di dimensionare correttamente l’impianto di terra riducendo anche i costi di installazione. Per la misura è necessario un misuratore di terra a quattro morsetti ai quali devono essere collegati quattro dispersori ausiliari infissi a distanze regolari in linea retta (fig. 6). La distanza fra i picchetti ha notevole importanza, in quanto la corrente che fluisce tra due picchetti interessa strati del terreno via via più profondi all’aumentare della distanza fra i picchetti stessi. La profondità di infissione dei picchetti non ha particolare importanza, ma è consigliabile sia pari a 1/20 della distanza fra le sonde. É opportuno eseguire diverse misure in differenti punti del terreno e quindi fare la media dei valori di resistività trovati. Ripetendo le misure per varie distanze tra le sonde si può risalire ai valori di resistività dei diversi strati del terreno e valutare perciò a 183 Fig. 6 quale profondità è conveniente collocare i dispersori dell’impianto di terra. La resistività risulta: ρ=2πaR dove R è il valore letto sullo strumento (in Ω) e a la distanza tra le sonde (in m). Si tenga presente che la presenza di strutture metalliche (quali tubazioni, cavi con guaine o schermi metallici ecc.) interrate in prossimità del luogo di misura può falsare la misura stessa. Misura dell’impedenza dell’anello di guasto La misura può essere effettuata in base al metodo della caduta di tensione o a quello dell’alimentazione separata. I valori rilevati devono essere in accordo con i valori calcolati in fase di progetto. È raccomandato che tale misura sia preceduta da una prova di continuità dei conduttori di protezione tra il punto neutro e le masse. Metodo della caduta di tensione Nel punto più lontano del circuito, che dev’essere controllato, si misura la tensione verso terra di una fase con e senza il collegamento con la resistenza R (interruttore del circuito di prova aperto e rispettivamente chiuso), misurando nel contempo la corrente che passa nella resistenza di carico (fig. 7). L’impedenza è data dalla relazione: Z= U1 – U2 Ia dove: U1 - tensione del punto di prova senza il collegamento alla resistenza di carico R; U2 - tensione nel punto di prova con il collegamento alla resistenza di carico R; Ia - corrente che passa attraverso la resistenza di carico. 184 Fig. 7 La resistenza R dev’essere regolata ad un valore sufficientemente basso in modo che la differenza (U1 – U2) risulti abbastanza elevata. In realtà il metodo di misura descritto fornisce la resistenza del circuito di guasto e non l’impedenza, il che può portare ad errori considerevoli, non in favore della sicurezza, in particolare per le misure in prossimità di grossi trasformatori ove la reattanza è preponderante e non può essere trascurata nella misura. Negli impianti medio-piccoli invece la misura della resistenza si può ritenere accettabile. Metodo della alimentazione separata (o voltamperometrico) Questa misura si esegue togliendo l’alimentazione al circuito in prova e, dopo aver messo in cortocircuito il primario del trasformatore, si alimenta il circuito interessato con una sorgente separata (fig. 8). Si misura quindi la tensione U e la corrente I che circola nel presunto anello di guasto. L’impedenza dell’anello di guasto si calcola con il rapporto tra tensione e corrente: Z= U I dove: U - tensione misurata; I - corrente misurata. Questo metodo è perfetto solo che è applicabile solo quando è possibile mettere fuori tensione un impianto in servizio. Fig. 8 185 Fig. 9 Mediante loop tester Quando il valore dell’impedenza dell’anello di guasto dipende in misura prevalente dalla componente resistiva (componente induttiva trascurabile) la misura può essere effettuata in maniera rapida utilizzando appositi strumenti elettronici denominati loop-tester di cui in commercio ne esistono vari tipi. La figura 9 illustra un paio di esempi di come effettuare la misura con il loop-tester. È necessario tuttavia tenere sempre ben presente che questi strumenti consentono di rilevare esclusivamente il valore della resistenza del circuito di guasto, anziché l’impedenza, per cui la misura fornisce risultati corretti e può quindi essere accettata solo quando si è certi che l’anello di guasto è prevalentemente resistivo. In linea di massima i loop tester possono essere utilizzati in impianti di bassa potenza (non superiore a 160 kVA) e quando nell’impianto sono presenti cavi di sezione non superiore a 95 mm2. Verifica dell’intervento dei dispositivi differenziali Sono previsti 3 metodi di controllo. Metodo 1 In figura 10 è indicato lo schema di principio del metodo che prevede l’impiego di una resistenza variabile collegata fra un conduttore attivo dalla parte del carico e la massa. Si aumenta quindi la corrente riducendo il valore della resistenza variabile Rp. La corrente Id alla quale il dispositivo differenziale interviene non dovrà superare il valore della corrente nominale differenziale Idn, del dispositivo differenziale. È raccomandabile la disinserzione del carico. Se il carico è inserito, si deve accertare che la sua corrente di dispersione sia trascurabile. Nei sistemi IT può essere necessario collegare un punto del sistema direttamente a terra durante la prova per ottenere l’intervento del differenziale. 186 Fig. 10 Fig. 11 È necessario sospendere la prova se il voltmetro indica una tensione minore di U0 – UL essendo UL la tensione limite. Metodo 2 In figura 11 è indicato lo schema di principio del metodo che prevede il collegamento della resistenza variabile a cavallo del dispositivo differenziale, su conduttori attivi diversi. Si aumenta quindi la corrente riducendo il valore della resistenza variabile Rp. La corrente Id, letta sull’amperometro, alla quale interviene il dispositivo differenziale non deve superare il valore della corrente nominale differenziale Idn del dispositivo di protezione. È raccomandabile la disinserzione del carico. Se il carico è inserito, si deve accertare che la sua corrente di dispersione sia trascurabile. Metodo 3 In figura 12 è indicato lo schema di principio del metodo che impiega un elettrodo ausiliario indipendente. Nei sistemi IT può essere necessario collegare un punto del sistema direttamente a terra durante la prova per ottenere il funzionamento del dispositivo differenziale. Si aumenta la corrente riducendo il valore della resistenza variabile Rp e si misura la tensione U fra le masse e l’elettrodo ausiliario. Si misura altresì la corrente Id verificando che il valore rilevato al momento dell’intervento del dispositivo differenziale non sia superare al valore della corrente differenziale nominale Idn del dispositivo differenziale. Deve essere soddisfatta la relazione: Id U ≤ UL Idn dove UL è la tensione limite convenzionale. 187 Fig. 12 Il metodo è poco pratico e difficilmente applicabile per l’evidente difficoltà nel realizzare un elettrodo ausiliario indipendente. In commercio esistono diversi tipi di strumenti portatili che permettono di controllare la corrente d’intervento dei dispositivi differenziali ed i relativi tempi senza staccare il carico o creare disservizi all’impianto. Con tali strumenti è anche possibile effettuare le verifiche, considerate come necessarie per un corretto coordinamento del dispositivo differenziale con l’impianto di terra, consistenti nel controllo dei tempi di intervento massimo e minimo del differenziale stesso: – verifica di non intervento con Id < 0,5 Idn; – verifica di intervento con Id = 1 Idn; – verifica di intervento rapido con Id = 5 Idn. Queste prove devono essere ripetute in corrispondenza sia dell’inizio della semionda positiva (0°) sia dell’inizio della semionda negativa (180°) (fig. 13). È opportuno misurare preventivamente la corrente di dispersione sia permanente sia transitoria (picco di inserzione) relativa ai circuiti protetti dal dispositivo differenziale al fine di evitare che valori elevati di tale corrente possano influenzare negativamente le prove stesse. La misura delle correnti di dispersione, che consente di rilevare Fig. 13 188 anche i motivi di eventuali scatti intempestivi del differenziale, richiede strumenti estremamente sensibili e, contemporaneamente, insensibili ai disturbi esterni (campi magnetici o altro). La misura risulta tanto più precisa quanto più elevata è la risoluzione dello strumento utilizzato. In commercio esistono strumenti, inseribili “a pinza” sul circuito in esame, capaci di memorizzare i valori della corrente di dispersione e che inoltre offrono la possibilità di essere abbinati a registratori grafici per osservare l’andamento della corrente di dispersione nel tempo. Prova di polarità Consiste nell’individuazione strumentale del conduttore di neutro per verificare che nessun dispositivo di interruzione unipolare si trovi installato su tale conduttore (quando ciò è vietato). Nei circuiti monofasi (fase-neutro) il conduttore di neutro si individua misurando la tensione verso terra di entrambi i conduttori: il neutro è quello che presenta una tensione prossima allo zero. Nei circuiti trifasi si misura la tensione tra quello che si suppone essere il neutro e ognuno degli altri tre: se l’intuizione è corretta, le tre misure danno un valore pressoché costante; altrimenti una di esse sarà inferiore e consentirà di individuare il neutro. Verifica della sequenza delle fasi Nei circuiti multipolari, quando richiesta, deve essere verificata la sequenza delle fasi ossia l’ordine con il quale si susseguono i massimi di tensione nei conduttori di fase. La verifica può essere effettuata con un indicatore di senso ciclico o con due lampade di uguali caratteristiche e un condensatore collegati a stella sul sistema trifase (fig. 14). Se i valori di resistenza e della capacità sono scelti opportunamente si ha sempre una lampada a luce piena e l’altra a luce ridotta. Se il condensatore è collegato sulla fase 1, la fase 2 è segnalata dalla lampada più brillante e la fase 3 dalla lampada quasi spenta. Fig. 14 189 Prove di funzionamento Le unità costituite da diversi componenti, come le apparecchiature prefabbricate, i motori e i relativi ausiliari, i comandi e i blocchi devono essere sottoposti a una prova di funzionamento per verificare che essi siano montati, regolati ed installati in accordo con le prescrizioni normative. I dispositivi di protezione devono essere sottoposti a prove di funzionamento, se necessario, per verificare che siano stati installati e regolati in modo appropriato. Verifica della caduta di tensione La misura diretta della caduta di tensione ∆U può essere effettuata disponendo di uno strumento registratore a più ingressi voltmetrici. Un ingresso va collegato alla fonte energetica, l'altro va di volta in volta connesso ai vari punti d'installazione. Ogni lettura comprende due valori: U1 ed U2. La caduta di tensione va calcolata applicando la formula: ∆U = U1 – U2 Ed il valore percentuale risulta: ∆U% = ∆U 100 U1 Verifica di sfilabilità dei cavi La verifica della sfilabilità dei cavi consiste nell’estrarre uno o più cavi dal tratto di tubo o di condotto, compreso tra due cassette o scatole successive, e nell’osservare che questa operazione non abbia danneggiato il cavo stesso. La verifica dev’essere eseguita su tratti di tubo o di condotto per una lunghezza complessiva tra l’1% e il 3% della totale lunghezza dei tubi o dei condotti dell’impianto. Contemporaneamente a questa prova viene fatta la verifica del rapporto fra diametro interno del tubo o del condotto e diametro del cerchio circoscritto al fascio di cavi contenuto nel tubo o nel condotto. Individuazione delle masse estranee Secondo le indicazioni normative, una parte conduttrice non facente parte dell’impianto elettrico risulta essere una massa estranea quando la sua resistenza verso terra risulta inferiore a 1 000 Ω negli ambienti ordinari, a 200 Ω nei locali a maggior rischio elettrico, quali i cantieri, i locali ad uso agricolo ecc., e a 0,5 MΩ o 200 Ω per gli ambienti ad uso medico. Ne deriva che per alcuni elementi metallici è necessario verificare il valore della resistenza verso terra attraverso una misura mediante ohmmetro, applicando i puntali tra il conduttore di protezione e l'elemento metallico (fig. 15). 190 Fig. 15 Rapporto a seguito della verifica iniziale Al termine della verifica iniziale, deve essere preparato e consegnato al committente un rapporto di prova che deve indicare l’oggetto della verifica, insieme all'esito dell'esame a vista e dei risultati delle prove. Ogni difetto od omissione rilevato durante la verifica deve essere eliminato prima della consegna dell’impianto da parte dell'installatore. 191 VERIFICHE PERIODICHE La verifica periodica dell'impianto deve essere eseguita con la finalità di accertare che l'impianto non sia danneggiato o deteriorato in modo tale da ridurne i requisiti di sicurezza, ovvero non vi siano difetti e scostamenti dalle caratteristiche richieste dalla normativa. La verifica periodica deve comprendere un esame a vista approfondito dell’impianto integrato dalle opportune prove, analoghe a quelle indicate per la verifica iniziale, che possono essere effettuate per campionamento, includendo almeno: – la misura della resistenza di isolamento; – la prova di continuità dei conduttori di protezione; – la verifica che le prescrizioni per la protezione contro i contatti indiretti siano soddisfatte; – la prova funzionale dei dispositivi di protezione differenziale e dei dispositivi di controllo. Evidentemente nell’effettuare la verifica dovrebbero essere tenuti in considerazione i risultati e le raccomandazioni di precedenti rapporti, se disponibili, e prese tutte le precauzioni per assicurare che la verifica non causi pericolo alle persone e agli animali o danni alle apparecchiature anche se il circuito risulta guasto. Le verifiche periodiche possono essere sostituite, nel caso di impianti elettrici di grandi industrie, da un adeguato e sicuro regime di sorveglianza e di manutenzione continuo degli impianti e dei loro componenti attuato da parte di persone esperte. Frequenza della verifica periodica La frequenza della verifica periodica di un impianto deve essere determinata considerando il tipo di impianto e i componenti, il suo uso e funzionamento, la frequenza e la qualità della manutenzione e le influenze esterne a cui l’impianto è soggetto. La Norma CEI 64-8/6 suggerisce un intervallo di tempo di alcuni anni, (per esempio 5 anni) con le eccezioni seguenti che, a causa del maggiore rischio presentato, richiedono intervalli di tempo non superiore a 2 anni: – posti di lavoro o luoghi in cui esistano rischi di degrado, di incendio o di esplosione; – posti di lavoro o luoghi in cui coesistano impianti di alta e di bassa tensione; – luoghi ai quali ha accesso il pubblico; – cantieri; – impianti di sicurezza. Per gli edifici residenziali possono essere considerati adeguati intervalli di tempo maggiori (per es. 10 anni). Si osservi che in qualche caso l’intervallo di tempo è stabilito da pre192 scrizioni di carattere legislativo (2). In ogni caso sarebbe opportuno che il responsabile della verifica indicasse nel rapporto l'intervallo per la successiva verifica periodica. Rapporto delle verifiche periodiche A seguito della verifica periodica di un impianto esistente, deve essere predisposto un rapporto. Tale documentazione deve includere i dettagli di quelle parti dell'impianto e delle limitazioni della verifica coperte dal rapporto, insieme con una registrazione dell'esame a vista, che includa ogni difetto, nonché il risultato delle prove. Il rapporto periodico può contenere le raccomandazioni per la riparazione e il miglioramento, se opportuno, tale da portare l'impianto conforme alle prescrizioni normative. (2) Il D.Lgs. 9 aprile 2008 , n. 81 Specifica che: “Ferme restando le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462, il datore di lavoro provvede affinchè gli impianti elettrici e gli impianti di protezione dai fulmini, siano periodicamente sottoposti a controllo secondo le indicazioni delle norme di buona tecnica e la normativa vigente per verificarne lo stato di conservazione e di efficienza ai fini della sicurezza”. In base al D.P.R. 462 del 2001 il datore di lavoro deve effettuare la regolare manutenzione degli impianti di terra e farli sottoporre a verifica periodica: – ogni 2 anni se installati nei cantieri, locali medici e luoghi a maggior rischio in caso d’incendio; – ogni 5 anni se installati negli altri luoghi. 193 Palazzoli ACADEMY La collana «L’INSTALLATORE QUALIFICATO» ha come obiettivo di fornire agli installatori elettrici una serie completa di titoli, che affrontino con taglio pratico-operativo tutti i principali temi relativi alla sicurezza degli impianti elettrici, dagli ambienti ordinari a quelli con pericolo di incendio e d’esplosione. In «dati e tabelle» un richiamo approfondito alle nozioni di base di elettrotecnica consente un approccio all’impianto elettrico in termini di sicurezza con particolare riferimento alle prove e verifiche da effettuare sui quadri. In «Incendio negli impianti elettrici» vengono forniti numerosi esempi che possono aiutare a comprendere l’effettiva importanza delle applicazioni elettriche, sul come e perché possono originarsi eventi dannosi dagli impianti e dalle macchine elettriche. In «Progettare e installare in ATEX» sono ampiamente illustrati e approfonditi gli elementi fondamentali per individuare le sorgenti di innesco e prevenire l’esplosione dovuta a cause elettriche. Numerose tabelle riassuntive aiutano il lettore nella corretta applicazione delle nuove disposizioni legislative e regolamentari. 194 Palazzoli ACADEMY Annualmente Palazzoli, organizza corsi di formazione, rivolti a target diversi quali ingegneri, periti, installatori, banconisti, forze vendita e Vigili del Fuoco. La formazione avviene in maniera tecnica e pratica, dando modo ai partecipanti di confrontarsi su fatti concreti e comportamenti reali. 195 © Copyright 2014 Editoriale Delfino S.r.l. Via Mario Morgantini, 29 - 20148 Milano Tel 02 9578 4238 - Fax 02 7396 0387 www.editorialedelfino.it Prima edizione 2014 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (microfilm, copie fotostatiche compresi), sono riservati per tutti i paesi. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta con sistemi elettronici, meccanici, o altro senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. Responsabile editoriale: Mario Montalbetti Stampa: Colorshade - Peschiera Borromeo (MI) Finito di stampare nel mese di settembre 2014 Per Palazzoli S.p.A. Via F. Palazzoli,31 - 25128 Brescia - Italy Tel. +39 030 2015.1 - Fax +39 030 2015.217 www.palazzoli.it - [email protected] L’Installatore Qualificato Palazzoli Academy Via F. Palazzoli,31 – 25128 Brescia - Italy Tel. +39 030 2015.1 – fax +39 030 2015.217 www.palazzoli.it 55532 Questo volume è da considerarsi copia OMAGGIO-CAMPIONE GRATUITO fuori commercio” (vendita e altri atti di disposizione vietati: art. 17 c.2 L.633/1941) Esente da IVA (D.P.R. 26/10/1972, n. 633, art. 2, lett. D) Esente da bolla di accompagnamento (D.P.R. 6/10/1978, n.627, art. 4, n. 6) Aggiornata con le nuove Norme CEI Guida all’impianto elettrico Questo manuale è una guida per i tecnici che si occupano abitualmente d’impianti elettrici. Raccoglie tutte le informazioni che essi devono avere presenti e a portata di mano durante lo svolgimento del loro lavoro. Ogni argomento preso in esame è stato trattato esaurientemente e corredato di diagrammi e numerose tabelle i cui dati consentono di risolvere ogni specifico problema senza dover ricercare ulteriori valori.