prodotto e “buona causa”: il marketing di pubblica utilità

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PRODOTTO E “BUONA CAUSA”:
IL MARKETING DI PUBBLICA UTILITÀ
di Francesco Zecca *
Il marketing di pubblica utilità (Cause
Related Marketing) è l’insieme delle operazioni di informazione sociale di una
azienda “profit” che, attraverso la sensibilizzazione e il coinvolgimento di coloro
che possono definire il modo d’uso della
marca, raggiunge, o comunque persegue e
cerca di raggiungere, gli stessi obiettivi che
si prefiggono le aziende “non-profit”:
nello specifico, la promozione di un prodotto collegato a una buona causa.
Nell’articolo si sottolinea l’ormai diffusa esigenza di conoscere, delle imprese produttrici, non solo gli aspetti più strettamente connessi alle componenti economica,
finanziaria e patrimoniale, ma anche
quelli riguardanti la componente sociale
del processo produttivo.
With the concept of Cause Related
Marketing we intend all those
operations linked to social information
in a profit company that can lead to
and pursue the same objectives of nonprofit making companies; in particular
the promotion of a good product linked
to a good cause. This can be done
through sensitisation and involvement
of those who are entitled to define the
way in which a brand is to be used.
The article underlines the widespread
need to know about enterprises not only
those aspects directly linked to
economic, patrimonial and financial
components, but also those linked to
social elements in the productive
process.
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l Cause Related Marketing (il marketing di pubblica utilità) rappresenta l’insieme delle operazioni d’informazione sociale effettuate da un’azienda profit per definire e contribuire a raggiungere gli obiettivi di una o più aziende non-profit attraverso la sensibilizzazione e il coinvolgimento di determinati stakeholders, cioè dell’insieme
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* Dirigente Ricerca e Sperimentazione del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
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di coloro che possono definire il modo d’uso della marca. La natura
delle pressioni indotte rappresenta uno stimolo positivo per le imprese
costrette a confrontarsi non solo sul terreno dell’efficienza economica
ma anche sul piano dell’efficienza sociale e del suo impatto su quella
economica.
La strategia di azione prevede la promozione di un prodotto collegato a una buona causa. Il prodotto diventa così il mezzo per comunicare il messaggio sociale e l’integrazione economica è collegata ai risultati delle vendite. Le imprese sono disposte a portare avanti in modo
autonomo iniziative di comunicazione sociale, quando ne intuiscono i
vantaggi in termini di posizionamento dell’impresa.
La decisione di aderire ad attività di Cause Related Marketing
(CRM), così come il più generale impegno sociale delle aziende, rappresentano oggi un importante indicatore dello sviluppo aziendale. Nello
sforzo di costante ricollocamento sul mercato e acquisizione di vantaggi competitivi, l’azienda che guarda al sociale ha la possibilità di rappresentare un punto di riferimento per la comunità degli utenti.
Sotto il profilo applicativo e della metodologia il marketing di pubblica utilità consiste nell’introduzione dei concetti del marketing classico al fine di promuovere idee e cause sociali, insieme al prodotto della
propria impresa.
Diversi in questo senso sono i segnali che provengono dal mondo
politico. Il Consiglio Europeo di Lisbona nel marzo 2000 ha chiesto al
settore privato di acquisire una responsabilità sociale nei confronti di
temi quali la lotta all’esclusione sociale, l’organizzazione del lavoro, le
pari opportunità e lo sviluppo sostenibile.
Analogo invito è stato rivolto dalla Commissione Europea nel Libro
verde Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese.
L’Unione europea è convinta che un diretto impegno sociale delle
aziende possa rappresentare l’elemento fondante di un’economia della
conoscenza, in grado di garantire una crescita economica sostenibile
con migliore occupazione e maggiore coesione sociale.
L’ONU ha lanciato nel 1999 al World Economic Forum di Davos,
il Global compact, un patto globale tra imprese, agenzie internazionali, organizzazioni del lavoro e società civile che prevede, tra l’altro, l’im-
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pegno delle imprese stesse a portare avanti progetti ed iniziative che
sostengano cause sociali.
Il presente contributo vuole sottolineare l’esigenza ormai, come evidenziato, diffusamente avvertita da parte della collettività di conoscere
delle imprese non solo gli aspetti più strettamente connessi alle componenti economica, finanziaria e patrimoniale ma anche quelli riguardanti la componente sociale del processo produttivo. Parimenti le
imprese necessitano sempre più di dotarsi di strumenti atti al soddisfacimento delle esigenze dei soggetti che operano sia all’interno che
all’esterno del sistema produttivo rendendoli partecipi direttamente o
indirettamente delle azioni promosse e da promuovere nel campo dell’utilità sociale.
In questa nota ci si è soffermati sulle esperienze in atto a livello
nazionale cercando di valutarne l’applicabilità sia reale che potenziale.
Per la fonte cui attingere i dati si è fatto riferimento alla bibliografia esistente in argomento ed a siti web d’aggiornamento sullo stato dell’arte.
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Contenuti generali del C.R.M.
Secondo la bibliografia consultata, i consumatori tendono generalmente a scegliere il brand e il prodotto eticamente impegnati e sono
disponibili a pagare molto volentieri per questo un sovrapprezzo che
rafforzi tale impegno. Le imprese, allo scopo d’aumentare la visibilità
del proprio marchio e del proprio prodotto, si avvicinano a cause di
ordine sociale attraverso rapporti commerciali con organizzazioni
non-profit che garantiscano l’efficacia e moltiplichino l’impatto del
loro impegno a favore della collettività. Un’azienda può essere ritenuta
socialmente responsabile quando con le sue azioni può dimostrare di
essere in grado di soddisfare le attese, economiche e non, di tutti i suoi
referenti interni ed esterni. Ciò che emerge dalle più recenti indagini sul
consumo a livello europeo, è che in genere quasi il 90% dei consumatori valuta positivamente l’immagine di un’azienda che investe nel
sociale, e oltre l’80% ritiene che a parità di prezzo e qualità è preferibile acquistare prodotti associati ad una causa sociale.
Una ricerca Ipsos-Eurisko ha mostrato che il 75% delle aziende italiane ha realizzato almeno una attività di marketing sociale negli ultimi
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anni. A questo elemento va aggiunto il fatto che probabilmente le
aziende stanno scoprendo che il loro impegno per il sociale deve essere strategico e duraturo nel tempo e che per tale motivo sono necessarie non soltanto buone intenzioni ma anche strategie serie, credibili,
concrete, condivise dall’azienda.
Secondo la Research International Ltd. (UK) oltre il 70% dei
responsabili d’impresa e marketing manager ritengono che il CRM
aumenterà di importanza nei prossimi anni mentre il 75% di loro considera che il CRM può aumentare l’immagine dell’azienda e la riconoscibilità del marchio; l’81% dei consumatori ritiene che, a parità di prezzo e qualità, sia meglio comprare prodotti associati ad una causa sociale; l’86% stima positivamente l’immagine di una azienda che investe in
cause sociali.
Fare investimenti nel sociale appare pertanto essere soddisfacente
per tutti le componenti dell’azione in quanto si tratta di una relazione
di scambio fondata sul comune interesse, sull’offerta di prestazioni e
l’accettazione di controprestazioni.
L’impresa nel conferire valore sociale aggiunto alla propria attività
fidelizza un consumatore sempre più socialmente consapevole ed esigente.
Attraverso il CRM l’impresa raggiunge un target che può essere
significativo in termini di prezzo-contatto, in quanto arriva a segmenti
di mercato specifici, con messaggi in grado di eliminare le barriere psicologiche che il messaggio commerciale produce.
Dovendo sintetizzare i reciproci vantaggi in termini di partnership
commerciale tra un’azienda profit e un’organizzazione non-profit il
CRM determina benefici trasparenti ed equilibrati rappresentati da:
incremento delle vendite; posizionamento differenziato del prodotto;
maggior visibilità della causa portata avanti; differenziazione della propria azienda; incremento del processo di fidelizzazione; ampliamento
della clientela; maggiore visibilità del proprio apporto alla comunità;
reperimento di fondi ulteriori; ulteriore coinvolgimento di personale;
maggior sostegno nella comunità alla propria azione.
Strategicamente, nella definizione di un’attività di CRM i punti qualificanti per l’impresa appaiono essere: un’opportuna scelta dell’orga-
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nizzazione non-profit fra i possibili partner; missione considerabile
come rilevante per la propria clientela; dettagliata definizione dell’obiettivo aziendale da perseguire (es.: incremento delle vendite, maggiore visibilità, maggior coinvolgimento dei propri dipendenti, ecc.);
selezione di un partner non-profit con requisiti di professionalità; coinvolgimento del partner nella programmazione delle tematiche e dei
modi di svolgimento dell’azione di marketing; creatività nel modo di
porgere i messaggi e di farli arrivare ad un pubblico più vasto.
Rispetto alle sponsorizzazioni di eventi, che sovente si esauriscono
attraverso un finanziamento, il CRM si contraddistingue per la modalità più intimamente partecipativa, la continuità del dialogo, l’essere inserito nella quotidianità delle operazioni commerciali.
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Analisi delle applicazioni nel contesto nazionale
Dall’analisi delle ricerche portate avanti negli anni dai più importanti Istituti di ricerca si evidenzia chiaramente l’aumento delle imprese
impegnate nel sociale. Questa tendenza è evidente non solo numericamente ma anche se si considera il dato relativo alle iniziative di comunicazione. Un’indagine della Nielsen evidenzia infatti come nei primi
cinque mesi del 2003 rispetto allo stesso periodo del 2002 le iniziative
di CRM hanno avuto un incremento del 95,6% e l’investimento lordo
è aumentato del 28,6%.
Nell’analisi delle applicazioni nel contesto nazionale è emerso un
approccio diversificato da parte delle imprese. L’esempio più noto è
quello ormai datato dell’accordo fra un’azienda produttrice di una nota
linea di prodotti dolciari e il WWF per la campagna pubblicitaria
“Salvate l’orso bianco”. Il differenziale del profitto derivante dall’aumento delle vendite è stato consegnato al WWF per la costituzione in
Siberia di riserve estese per un milione di ettari destinate alla salvaguardia dell’orso bianco.
Sempre il WWF ha stipulato un accordo con la World Bank per mettere sotto tutela almeno il 10% delle foreste mondiali. In Italia, una primaria azienda ottica ha sostenuto da un lato “Medici senza frontiere”,
una onlus (organizzazione non lucrativa di utilità sociale) che dal maggio del 1997 svolge un progetto di recupero del sistema sanitario in
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Ruanda, dall’altro ha istituito “Aiuta chi li aiuta”, una iniziativa per la
quale, consegnando in uno dei negozi aziendali i propri vecchi occhiali, essi vengono valutati per una parte come sconto per l’acquisto di un
paio di occhiali nuovo e per l’altra devolute a “Medici senza frontiere”.
I vecchi occhiali - dopo che ne sono state registrate le caratteristiche vengono inviati a chi ancora potrà utilizzarli.
L’opera del Banco Alimentare, istituzione nata con lo scopo d’integrare i deficit di alimentazione delle quote di popolazioni più bisognose, è supportata dalle percentuali sul prezzo di vendita di beni e servizi
che le aziende s’impegnano a devolvere.
Dall’osservazione dei numerosi case-histories emergono due principali direttrici in cui si sviluppa il Cause Related Marketing:
- l’azienda da il suo contributo a una certa causa e naturalmente lo fa
sapere in base al ben noto principio di comunicazione secondo il
quale non è sufficiente che un fatto avvenga ma è necessario che
esso debba anche essere reso noto;
- l’azienda offre al consumatore l’opportunità di contribuire a una
certa causa mediante l’acquisto dei propri prodotti.
Secondo la bibliografia consultata, i settori produttivi esplorati nel
portare avanti le azioni di Cause Related Marketing sono stati: farmaceutico, alimentare, assicurazioni, chimica, energia, servizi finanziari,
telecomunicazioni, grande distribuzione, cosmesi.
La categoria principale di prodotti a cui tali programmi sono stati associati in misura maggiore è quella riguardante i beni di largo consumo.
Le aree d’intervento verso le quali si è focalizzata l’attenzione delle
imprese sono state: la salute in termini soprattutto di ricerca; l’ambiente attraverso la salvaguardia di territorio, flora e fauna; l’attività di assistenza alle categorie deboli della società (bambini, malati, tossicodipendenti); le attività culturali; l’istruzione attraverso il supporto di azioni
portate avanti in ambito scolastico, universitario, ecc.; l’estero tramite
iniziative rivolte al terzo mondo.
La dimensione geografica delle iniziative di Cause Related Marketing
può essere relativa: al mercato di riferimento, il programma può essere
realizzato sull’intero territorio nazionale oppure può essere a carattere
regionale o locale; alla causa sociale che può essere internazionale,
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nazionale, regionale e locale; alle caratteristiche del prodotto che può
essere globale o locale (Michelini L., 2003).
I diversi esiti delle combinazioni possibili tra le opzioni citate consentono di massimizzare se ottimizzati i vantaggi dei programmi proposti.
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Conclusioni
La creazione di un legame fra profitto e cause sociali è possibile ed
è in funzione oltre che della volontà dell’azienda anche di quella di chi
è disposto ad investire. Contribuzioni a favore delle buone cause si possono ottenere, se per ogni acquisto il cliente pretende che una parte del
prezzo pagato venga devoluto per scopi sociali. Valori sociali emergenti sono la creatività, l’estetica, la soggettività, l’emotività, l’etica secondo i principi del Cause Related Marketing. Non deve però trattarsi di
semplici sponsorizzazioni o donazioni, ma è necessario instaurare una
vera partnership su un progetto che, da un lato, assicuri le risorse finanziarie per questioni di pubblica utilità e, dall’altro, accresca l’attenzione
dei clienti nei confronti dell’impresa impegnata socialmente. L’azienda
supporta una qualche iniziativa sociale (tipicamente non-profit), associando al proprio nome ed alla propria azione di marketing il nome e
gli scopi di una organizzazione che opera direttamente a favore dell’iniziativa. In questo senso occorre sottolineare come alcune multinazionali si siano internamente dotate di Fondazioni non-profit che si occupano d’integrare l’azione d’impresa sotto il profilo sociale.
Si comprende subito che, nell’ambito degli standard etici ed operativi dell’impresa, si tratta di una azione ben definita e complessivamente parziale.
Si tratta tuttavia di un fenomeno che merita di essere approfondito:
appare essere infatti solo l’inizio di un percorso verso una nuova consapevolezza della portata e dell’estensione dei fini dell’impresa, che certamente travalicano il mero aspetto del profitto che resta essenziale ma
non è più esclusivo. Sotto questo aspetto è necessario che le imprese
per prime valutino le iniziative da portare avanti in un’ottica complessiva di sostenibilità in grado d’identificare indicatori e schemi che ne
consentano di valutare i risultati.
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