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L’innovazione nei canali di Marketing
*
Fabio Musso
Abstract
Negli anni più recenti, le dinamiche competitive dei mercati globali hanno imposto più complesse articolazioni dei canali di vendita al dettaglio, con fenomeni nuovi, cole la disintermediazione e la reintermediazione, che spesso generano fenomeni di multicanalità, con nuovi ruoli e specializzazioni del retail.
In tali condizioni, l’innovazione nei canali di marketing diventa un’attività complessa, multidisciplinare
e interorganizzativa, che richiede collaborazione e interrelazioni fra i vari soggetti coinvolti
Negli ultimi anni, i processi di innovazione dei canali di marketing si sono manifestati con una elevata
intensità, soprattutto in seguito ai cambiamenti stimolati dalla tecnologia che ha permesso l’adozione di
soluzioni organizzative più efficienti e improntate a maggiore efficacia.
Keywords:Distribuzione; Struttura dei canali distributivi;Innovazione; Mercati globali; Canale di Marketing
1. I canali di Marketing: evoluzione del concetto
Il tema dell’innovazione nei canali di marketing è stato finora trattato con
riferimento a specifiche aree di innovazione o singole categorie di soggetti
all’interno dei canali, mentre è stato poco studiato con una prospettiva riferita al canale nel suo insieme. I maggiori contributi teorici hanno riguardato
l’innovazione nel retailing, intesa come innovazione di prodotto per le imprese di distribuzione (Dawson, 2001; Dupuis M., 2000; Castaldo, 2001;
Cardinali, 2005) e l’innovazione nella supply chain, focalizzando soprattutto
l’attenzione sugli sviluppi tecnologici, in particolare quelli relativi alle information and communication technologies (ICT), e alle implicazioni che ne
possono derivare per i canali di marketing (Kim et al., 2006; Hausman,
Stockb, 2003). I pochi contributi che si sono focalizzati sull’intero canale
(Gundlach et al., 2006), hanno messo in evidenza specifici aspetti, come gli
effetti dell’innovazione sulle dinamiche relazionali fra membri di canali
(Gupta, Loulou, 1998) e l’influenza del contesto istituzionale, economico,
sociale e culturale nella diffusione dell’innovazione nei canali a livello internazionale (Bello et al., 2004).
Nella letteratura esistente, quindi, prevale una visione che non coglie
pienamente la continuità fra rapporti a monte e a valle della catena del
valore lungo i canali, né emerge un’analisi dei cambiamenti che, in seguito all’innovazione, possono riguardare il ruolo stesso dei canali di marketing quale collegamento fra sistemi di produzione e mercati finali.
Questo lavoro si propone di analizzare il tema dell’innovazione nei canali di marketing con una prospettiva riferita all’intero canale, esaminando
sia la struttura, sia i flussi (informativi, fisici, negoziali), che ne animano il
funzionamento e che collegano tutti i soggetti al loro interno.
L’analisi si pone l’obiettivo di fornire una griglia concettuale sulla base della quale poter indirizzare successive indagini e approfondimenti in grado di
cogliere nello specifico la misura e gli effetti dei cambiamenti che si manifestano in seguito all’innovazione.
Coerentemente con il paradigma smithiano-stigleriano, che spiegava
l’esistenza degli intermediari commerciali in base alla loro capacità di gene-
*
Professore Associato di Economia e Gestione delle Imprese, Università degli Studi di Urbino-Carlo Bo
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rare economie di specializzazione, i canali di distribuzione e di marketing
sono stati inizialmente studiati con riferimento a modelli basati sulla struttura del mercato e le relative dinamiche competitive, analizzando i soggetti
che vi fanno parte in base al loro tipo di specializzazione (Mallen, 1973).
Collegata ai principi della microeconomia, la prospettiva istituzionale (Bucklin, 1966) si è focalizzata sugli attori dei canali intesi come una sequenza
di soggetti che ci occupano del trasferimento dei prodotti da produttore
all’utilizzatore finale, attivando svariate tipologie di flussi. Simile
all’approccio istituzionale, quello funzionale ha analizzato i canali di marketing sulla base del ruolo svolto dai membri che lo compongono (Alderson,
1957).
I canali di marketing sono anche stati definiti come Sistemi Verticali di
Marketing (McCammon, 1970) nel caso in cui emerge un leader in grado
di assumerne il coordinamento.
Le prospettive tradizionali finora richiamate si basavano sull’assunto che
un canale di marketing potesse essere visto come una struttura integrata e
unilineare che collega verticalmente i produttori a una serie di intermediari.
Tale concezione, per come si sono attualmente evolute le economie occidentali, non appare più appropriata per descrivere la struttura dei canali
perché le relazioni fra i soggetti che li popolano si sono profondamente modificate. Sia i produttori, sia i distributori, tendono infatti a perseguire strategie di integrazione verticale, spesso a spese dei grossisti (Dawson, 1979).
Inoltre, anche l’emergere di figure di collegamento a livello orizzontale, come i gruppi di acquisto, le unioni volontarie o i network in franchising, ha arricchito i canali della presenza di soggetti che, pur non coinvolti nella distribuzione fisica dei prodotti, hanno assunto crescente peso nei processi negoziali e di marketing.
Negli anni più recenti, il contesto sempre più globalizzato in cui si manifestano le dinamiche competitive sta portando ad articolazioni di canale più
complesse (Rosenbloom, Larsen, 2008), con fenomeni nuovi fra cui quello
della disintermediazione/reintermediazione, che spesso da vita a soluzioni
di multicanalità, con novi ruoli e specializzazioni che si affermano. Inoltre, la
ricerca di crescente efficienza e velocità nelle relazioni verticali favorisce
prospettive convergenti fra i membri dei canali per la gestione delle attività
legate alla supply chain e alla logistica, per le quali le logiche tendono ad
accomunarsi (Gundlach et al., 2006). In tali condizioni, l’innovazione nei
canali di marketing diventa un’attività complessa, multidisciplinare e interorganizzativa, che richiede collaborazione e interrelazioni fra i vari soggetti
coinvolti, con una grossa parte dei fronti innovativi che si sviluppano proprio
a livello di relazioni acquirente-fornitore (Ganesan et. al., 2009).
2. Fronti di innovazione nei canali di Marketing
Il concetto di innovazione riferito ai canali di marketing deve essere considerato tenendo conto di un doppio livello attraverso cui essa si esprime. Da
una parte, essa va intesa come attività strategica sia delle imprese industriali, sia di quelle commerciali, finalizzata all’acquisizione di un vantaggio competitivo ricercato lungo i canali distributivi. Dall’altra, va intesa come processo di cambiamento della funzione economica dei sistemi di distribuzione dei
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prodotti, in seguito al quale compaiono nel mercato nuove forme distributive
in grado di offrire servizi nuovi e aggiuntivi rispetto a quelli preesistenti e
colmare un vuoto di offerta. In entrambi i casi, l’innovazione scaturisce da
scelte delle imprese presenti lungo i canali, che sempre più spesso coinvolgono i partner a monte e a valle del network a cui appartengono, originando
innovazioni sempre meno centrate sulla singola impresa e sempre più diffuse nel network verticale.
Negli ultimi anni i processi di innovazione lungo i canali di marketing si
sono manifestati con una elevata intensità, soprattutto in seguito ai cambiamenti stimolati dalla tecnologia che ha permesso l’adozione di soluzioni organizzative più efficienti e improntate a maggiore efficacia nel mercato. Un altro fattore che ha fortemente stimolato l’avvio di processi innovativi nei canali è stato il processo di modernizzazione del settore distributivo, che nel corso degli ultimi decenni ha visto progressivamente rafforzarsi e arricchirsi il ruolo delle imprese di distribuzione. Anche i cambiamenti
sociali e nei modelli di comportamento della domanda finale hanno stimolato innovazioni finalizzate ad assecondare nuovi valori associati ai beni
acquistati ma anche ai relativi sistemi di produzione e distribuzione (es.:
tracciabilità dei prodotti, rispetto di valori sociali, ecologici ed etici nei processi produttivi, ecc.).
Tali fattori di influenza si sono inseriti in un contesto di forte accentuazione delle dinamiche competitive, sia orizzontali, fra imprese di produzione e
fra imprese di distribuzione, sia verticali. Queste ultime si sono manifestate
con l’emergere dei prodotti a marchio commerciale, con l’affermarsi del retailing marketing e con i processi di integrazione a valle da parte dei produttori (es.: negozi monomarca e factory outlets) e, viceversa, di integrazione a
monte di distributori, attraverso l’internalizzazione di alcune fasi della supply
chain.
Gli stimoli all’innovazione nei canali distributivi sono stati distinti in technology based, con riferimento alle opportunità derivanti dai cambiamenti nelle
information and communication technologies (ICT), e market based (Castaldo, 2001; Cardinali, 2005). I fattori market based possono essere a loro
volta distinti fra fattori demand based, riferiti ai cambiamenti nei caratteri e
nei comportamenti della domanda che le imprese cercano di assecondare
(Kaufman-Scarborough, Forsythe, 2009), e competitive based, con specifico riferimento alle condotte attivate dalle imprese in una logica di differenziazione e velocità di cambiamento dell’offerta rispetto alla concorrenza.
Spesso tali logiche risultano improntate ai principi della time based competition (Hum, Sim, 1996; Brondoni, 2005), accentuando il valore della variabile
temporale della ricerca del vantaggio competitivo e basando le politiche di
marketing su un orientamento alla concorrenza, che in alcuni casi diviene
prioritario rispetto al riferimento della domanda.
Nel seguito di questo lavoro l’innovazione nei canali di marketing viene
analizzata tenendo conto di tutte le tipologie di canali, non solo quelli che
vedono la centralità della distribuzione al dettaglio, e verranno considerate tutte le tipologie di prodotti, sviluppando considerazioni distinte, laddove necessario, fra beni di consumo, da una parte, e beni strumentali e industriali, dall’altra. L’analisi viene svolta seguendo tre distinte prospettive
di osservazione:
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A. prospettiva tecnologica: quali sono i fronti di innovazione per
l’ottimizzazione delle interazioni fra imprese e con i clienti finali;
B. prospettiva relazionale: cosa cambia sul fronte dei rapporti verticali
fra le imprese lungo i canali di marketing, in particolare con riferimento all’interazione negoziale fra imprese;
C. prospettiva strutturale: quali nuove configurazioni di canale si possono manifestare.
La prospettiva tecnologica (A) comprende un’area di innovazione nei
rapporti verticali fra imprese e un’area di innovazione nei rapporti con la
domanda finale, secondo la seguente articolazione:
A.1. Area di innovazione nei rapporti verticali fra imprese.
A.1.1. Logistica, Electronic Data Interchange e sistemi
di identificazione in radiofrequenza.
A.1.2. Vendor Management Inventory.
A.1.3. Collaborative Planning Forecasting and Replenishment, and Vendor Managed Category Management.
A.1.4. E-procurement, E-sourcing.
A.2. Area dei rapporti col cliente finale.
A.2.1. Tecnologie di cassa;
A.2.2.
frontalini elettronici e prezzatura dinamica;
A.2.3.
moneta elettronica;
A.2.4.
vendite a distanza e on-line;
A.2.5.
vendite automatiche e tecnologie
self service.
Secondo la prospettiva relazionale (B) le innovazioni nei canali di marketing possono manifestarsi su alcuni fronti che non sono di per sé innovativi,
in quanto ormai già ampiamente sviluppati e diffusi, ma che rappresentano
aree su cui le imprese possono sviluppare soluzioni innovative:
B. 1.
processo di acquisto dell’impresa commerciale;
B. 2.
Trade Marketing;
B. 3.
Category Management;
B. 4.
prodotti a marchio commerciale;.
B. 5.
Corporate Social Responsibility e assortimenti etici;
B. 6.
Personalizzazione e fidelizzazione nel rapporto con il consumatore finale (Customer Relationship Management, programmi fedeltà, ecc.).
La prospettiva strutturale (C), riguardante nuove configurazioni di canale, nuovi canali o multicanalità, può essere distinta in due fronti:
C1.
innovazione introdotta per iniziativa dell’impresa industriale
(franchising, negozi monomarca, canali diretti multilevel,
factory outlet, e-commerce, multi-channeling);
C2.
innovazione in seguito ai meccanismi interni dell’offerta
commerciale: modelli di retail change, multicanalità.
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3. L’innovazione tecnologica nei canali di Marketing
3.1 Area dei rapporti verticali fra imprese
L’innovazione tecnologica lungo i canali di marketing (A) può essere ripartita, nell’area dei rapporti fra imprese (A.1) e quella dei rapporti con la
domanda finale (A.2).
Un primo fronte di innovazione nei rapporti fra imprese (A.1) è quello
dell’interazione cliente-fornitore, ovvero tutte quelle tecniche che permettono, attraverso il ricorso a tecnologie ICT, di velocizzare, fluidificare e
rendere più efficienti le relazioni verticali. La piattaforma tecnologica per
tali innovazioni è rappresentata dall’informatica e le telecomunicazioni,
tecnologie su cui si sono costruiti processi evoluti di gestione delle informazioni infra-aziendali e inter-aziendali.
Attualmente, la gestione della catena logistica globale sta diventando
per tutte le imprese un imperativo strategico e il concetto di Supply Chain
Management (SCM) si è ormai affermato entrando a far parte, per ciò che
riguarda i canali di marketing, di quei processi concordati di innovazione e
razionalizzazione che hanno trovato espressione nell’istituzione di un con1
fronto permanente, quale è il Efficient Consumer Response (ECR) . Si
tratta di un tavolo di trattativa che prevede una collaborazione fra produttori e distributori per gestire in maniera più rapida ed efficiente le filiere. Lo
scopo dell’ECR è quello di favorire lo sviluppo di una supply chain intesa
in modo unitario e di eliminare le attività a basso valore aggiunto. Gli elementi chiave dell’ECR riguardano le aree della gestione degli assortimenti
e riassortimenti, e quella dell’introduzione di nuovi prodotti e relativa promozione. Lungo questi fronti vengono contrastati i principali problemi che
tendono a manifestarsi a livello distributivo in relazione alla gestione delle
forniture, in particolare le rotture di stock o, viceversa, le rimanenze o comunque gli eccessi di stock (Kotzab, 1999).
Nell’ambito dei processi di gestione della supply chain ci sono tre livelli
di collaborazione che possono essere realizzati. Il primo fa riferimento alla
logistica (A.1.1), che si dedica alla ricerca di miglioramenti della produttività dei flussi fisici e informativi, attraverso il miglioramento della rete di trasporti, la gestione dei centri logistici, la gestione delle non conformità, la
costituzione di infrastrutture di comunicazione come l’Elettronic Data Interchange (EDI).
Per ciò che riguarda la logistica, alcuni elementi ne hanno determinato
un cambiamento che è andato oltre la semplice ottimizzazione ‘tecnica’
consentita dagli sviluppi dell'informatica e delle comunicazioni: i nuovi
rapporti all'interno dei canali, caratterizzati dalla necessità di maggiore
coordinamento e integrazione, trovano proprio nella logistica il punto di
contatto e l'interfaccia fra orientamenti strategici e operativi difformi e talvolta contrastanti.
Nella gestione delle attività di magazzinaggio e movimentazione, l’integrazione logistica fra produttori e distributori, pur affidata a operatori terzi,
può condurre a implementare soluzioni organizzative che prevedano non
solo una diversa riorganizzazione dei flussi, ma anche l’utilizzo di facilities
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logistiche di transito in sostituzione di quelle di stoccaggio, attraverso
2
specifiche tecniche, come il cross docking .
I più recenti fronti di innovazione logistica riguardano i sistemi di controllo
e rilevazione della movimentazione, sia interna ai magazzini sia esterna,
attraverso tecnologie di rilevazione in radiofrequenza (Radio-Frequency Identification – RFID), che consistono nell’utilizzo di targhette elettroniche
con microprocessore, denominate RFID tag, che vengono applicate a un
prodotto o alla sua confezione, rendendone possibile l’identificazione e la
rilevazione mediante collegamenti radio. L’utilizzo dell’RFID si presta anche
alla gestione dei riassorbimenti e permette notevoli riduzioni nelle rotture di
stock (Hardgrave, Miles, Mitchell, 2009). Ulteriori benefici nell’uso dell’RFID
sono ottenibili nella riduzione dei costi di personale, nella semplificazione
dei processi e nella riduzione degli errori di inventario.
L’infrastruttura tecnologica per coordinare i processi logistici fra i diversi
partner del canale è data dall’EDI, che rende possibile lo scambio automatico di dati fra applicazioni remote appartenenti a differenti soggetti/organizzazioni (Martinez, Polo-Redondo). Il principale vantaggio dell’EDI
nei canali di marketing è nei settori dove vi è un elevato numero di referenze
da gestire con frequenti approvvigionamenti. Per le imprese della grande
distribuzione, ma anche per i grossisti, l’EDI consente grandi risparmi, dato l’elevato numero di fornitori e di prodotti trattati, con un conseguente
elevato interscambio di documentazione per gestire gli ordini. Per questa
ragione sono stati i distributori, soprattutto nel grocery, a sostenere lo sviluppo dell’EDI, spesso forzando anche i fornitori minori ad adottarlo.
Il secondo livello di collaborazione nei processi della supply chain è
quello della gestione condivisa degli approvvigionamenti(A.1.2), attraverso tecniche come il Vendor Management Inventory (VMI) che comprende
le scelte di assortimento, il contrasto delle rotture di stock, la definizione di
indicatori per migliorare le procedure in comune fra i partner.
Il VMI è una metodo che consiste nell’affidare al fornitore le decisioni relative alla gestione dei riassortimenti. Il fornitore controlla i livelli di stock del
proprio cliente e decide quantità e tempi degli approvvigionamenti (Waller
et al., 1999). In questo modo il fornitore è in grado di controllare direttamente i picchi di domanda cercando di rendere maggiormente stabili i flussi di
fornitura, e questo gli permette di alleggerire i magazzini e programmare
meglio la capacità produttiva. Uno dei settori in cui questa metodologia si è
rivelata particolarmente efficace è quello dell’abbigliamento, mentre minore
diffusione si è riscontrata nel settore grocery.
Il terzo livello di collaborazione nella SCM riguarda un grado superiore di
integrazione fra i partner di canale (A.1.3), con marcate implicazioni sul
fronte del marketing, sia per l’analisi della domanda che per la definizione di
alcune politiche (gestione delle categorie, promozioni nei punti vendita, assegnazione dello spazio espositivo alle referenze, ecc.) attraverso metodologie come il Collaborative Planning Forecasting and Replenishment
(CPFR) e il Vendor Managed Category Management (VMCM).
Il CPFR è un modello di approvvigionamento condiviso, utilizzato nel rapporto fra imprese commerciali e relativi fornitori, e consiste nell’effettuare
previsioni di vendita e programmi di approvvigionamento in comune. Esso si
estende anche alla gestione delle promozioni e all’introduzione di nuovi proEdited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca
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dotti. Il CPFR incoraggia la condivisione delle informazioni sul mercato e una
pianificazione collaborativa che implica l’impiego congiunto di risorse per definire un assortimento ottimale e le modalità secondo cui gestirlo in relazione
all’andamento della domanda. Il CPFR è adatto per gestire categorie di prodotti ad alto livello di attività promozionale e caratterizzate da significative
fluttuazioni della domanda.
Il VMCM è un sistema per fronteggiare le dinamiche della domanda che
combina il VMI e il Category Management (cfr. Par. 5) attraverso scelte di
outsourcing, con le quali si affida al fornitore l’intera gestione degli assortimenti interessati. L’applicazione più frequente del VMCM è nelle categorie
secondarie o residuali perchè i benefici dell’outsourcing sono più immediati:
per un distributore è costoso dotarsi di competenze e know-how per gestire
efficacemente categorie poco importanti e a basso valore aggiunto, e allo
stesso tempo il grado di rischiosità che può derivare da scelte di ousourcing
non grava su prodotti chiave (Kaipia, Tanskanen, 2003).
Un ulteriore fronte di innovazione tecnologica nei rapporti verticali fra
imprese è dato dai sistemi di gestione via internet degli approvvigionamenti, fra cui l’e-procurement e l’e-sourcing (A.1.4). Questo fronte si può
sviluppare a tutti i livelli di integrazione sopra considerati.
Con il termine e-procurement si indica una vasta gamma di strumenti
che hanno in comune l’utilizzo di tecnologie Internet e comprende ogni
possibile soluzione per migliorare la flessibilità e la velocità della supply
chain, soprattutto in termini di sincronizzazione dei processi inter e intra
aziendali. L’e-procurement abbraccia quindi tutte le fasi di back-end e
front-end, che vengono digitalizzate e condivise con i fornitori per gestire
gli approvvigionamenti (Risso, 2009).
L’e-sourcing è uno sviluppo dell’e-procurement. Esso comprende tutte le
fasi di acquisto realizzate attraverso Internet: dalla ricerca di nuovi fornitori,
alla loro qualificazione e certificazione, fino alla fase di negoziazione.
Gli strumenti per la gestione dell’e-procurement e dell’e-sourcing sono
le piattaforme digitali (e-marketplace), che facilitano le attività legate alle
3
transazioni e alle interazioni tra più imprese .
Fra le modalità di negoziazione on-line si trovano le aste inverse (ereverse auction), nelle quali l’acquirente richiede un bene/servizio specifico
e più fornitori competono per aggiudicarsi la commessa in un gioco al ribasso.
3.2 Area dei rapporti con il consumatore
I fronti di innovazione tecnologica più rilevanti che possono essere individuati nei rapporti con il consumatore finale (A.2.) sono le tecnologie di cassa (A.2.1), i frontalini elettronici e i sistemi di prezzatura variabile (A.2.2), la
moneta elettronica (A.2.3), le vendite a distanza e on-line (A.2.4), le vendite
automatiche e le tecnologie self service (A.2.5), come i distributori automatici e i chioschi elettronici.
Le tecnologie di cassa, denominate anche Point of Sale (POS) (A.2.1),
sono tecnologie utilizzate nei punti vendita al dettaglio. Si basano sull’uso di
terminali computerizzati collegati a lettori ottici di codici a barre. I futuri sviluppi della tecnologia POS portano verso l’utilizzo di programmi residenti su
piattaforme web, in modo da veicolare via Internet le operazioni di cassa e
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rendere più agevole l’installazione e l’aggiornamento dei software, soprattutto nel caso di imprese a succursali e reti associative.
I benefici della tecnologia POS sono nel fatto che, combinando i dati di
vendita con le quantità e i costi di acquisto, è possibile gestire l'inventario
con maggiore precisione e aggiornamento, e analizzare la redditività delle
singole referenze. Inoltre, con i dati sul tasso di rotazione delle merci e sulla
redditività è possibile, tramite specifici programmi di space management,
ottimizzare il posizionamento dei prodotti nel punto vendita.
Da alcuni anni si stanno sperimentando tecnologie innovative per rendere più veloci e automatizzate le procedure di cassa, in modo da ottenere anche risparmi nell’uso di personale. L’adozione di sistemi selfscanning, che attualmente è quella maggiormente adottata nelle sperimentazioni in corso, sembra essere solamente una soluzione intermedia
a favore di tecnologie basate sulle trasmissioni in radiofrequenza. La diffusione di tale tecnologia richiede però che sia adottata dai produttori
l’applicazione di tag RFID in ogni confezione di prodotto.
In collegamento con la tecnologia POS, vi è la possibilità di sviluppare
politiche di prezzi dinamici nei punti vendita mediante l’utilizzo di frontalini
elettronici (A.2.2). L’applicazione riguarda in larga parte i settori grocery e
consiste nel segnalare i prezzi dei prodotti negli scaffali con dei piccoli
schermi LCD in sostituzione dei tradizionali indicatori di cartone (frontalini). Il collegamento wireless con un PC permette di operare rapidamente
variazioni dei prezzi in base alle fasce orarie o al livello di traffico di clientela nel punto vendita. Il sistema si coordina con le casse e assicura un
continuo e corretto allineamento fra i prezzi indicati a scaffale e quelli effettivamente imputati al momento del pagamento (Bergen et al. 2008).
Questa soluzione elimina completamente le possibilità di errore fra
prezzi indicati e prezzi effettivamente pagati dal cliente, anche durante le
promozioni, e permette di variare i prezzi durante la giornata in modo istantaneo e simultaneo fra casse e scaffali. Tuttavia, si tratta di sistemi
che hanno alti costi di acquisto/installazione ma anche di manutenzione,
soprattutto per i frequenti aggiornamenti software e per la riparazione o
sostituzione dei frontalini in seguito alle manomissioni (Zbaracki et al.,
2004), e questo ne sta ostacolando la diffusione.
Un’ulteriore tecnologia collegata ai sistemi POS è quella della moneta
elettronica (A.2.3), ossia dei sistemi di pagamento senza uso di denaro
contante, come carte di credito e di debito e, più recentemente, telefonia
mobile. Si tratta di tecnologie in rapida evoluzione, che si avvalgono di
collegamenti telefonici, fissi o mobili, per l’accettazione delle transazioni
da parte dei circuiti di pagamento utilizzati (Dahlberg et al., 2008).
Attualmente, il fronte di innovazione per tali sistemi è quello dei micropagamenti per le spese quotidiane (Ondrus, Pigneur, 2006). Soluzioni in tal
senso sono già state introdotte soprattutto nei servizi, laddove si richiedono
transazioni veloci, come nel caso dei trasporti pubblici, nei pedaggi stradali
e autostradali, nei fast food, nelle stazioni di servizio, nelle vendite automatiche e negli impianti di risalita sciistici (Chou, Lee, Chung, 2004).
Altre forme di innovazione nei rapporti col cliente finale sono individuabili
nelle vendite a distanza (A.2.4), che rappresentano l’evoluzione delle ven-
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dite per corrispondenza. Si tratta principalmente delle vendite televisive,
telefoniche e delle vendite on line.
Le vendite televisive stanno attraversando una fase di rivitalizzazione della capacità innovativa in seguito alle tecnologie che rendono la comunicazione televisiva interattiva: non più vendite televisive che richiedono una risposta del consumatore mediante mezzi diversi (soprattutto telefonici), ma
possibilità di effettuare direttamente gli acquisti attraverso il televisore.
La maggiore portata innovativa deriva però dalle vendite on-line, quale
parte dell’e-commerce. Tuttavia, l’e-commerce rappresenta tuttora una piccolo parte del commercio al dettaglio, nonostante i numerosi benefici derivanti dall’acquisto a distanza, fra cui bassi prezzi (Brynjolfsson, Smith
2000), la possibilità di maggiore scelta dei prodotti (Ghose et al., 2006), la
maggiore comodità e convenienza in seguito all’eliminazione dei costi e
tempi di spostamento per fare gli acquisti, che diventano peraltro possibili
indipendentemente dalla distanza che intercorre fra acquirente e venditore.
In realtà, ci sono varie ragioni per cui i consumatori si stanno abituando
lentamente ad acquistare on-line: innanzitutto, per la mancanza di vedere
e verificare direttamente il prodotto prima dell’acquisto, inoltre a causa dei
maggiori costi e tempi per la consegna dei prodotti, infine per le difficoltà
legate all’eventuale gestione delle contestazioni sui prodotti e dei resi
(Forman, Ghose, Goldfarb, 2009). Di fatto, vi è una serie di diseconomie
legate agli acquisti on-line, che naturalmente variano in base al tipo di
prodotti e di distributori, ma che spesso dei ostacoli significativi alla diffusione del commercio elettronico.
L’ultimo fronte considerato di innovazione tecnologica nei rapporti con il
consumatore finale è quello delle tecnologie self-service, basate su interazioni automatiche, come nel caso dei distributori self-service e dei chioschi
elettronici o multimediali (A.2.5). Di fronte a una domanda finale sempre più
alla ricerca di prodotti comodi da acquistare e a basso costo, la distribuzione automatica ha incontrato negli ultimi anni notevoli spazi di crescita.
I distributori automatici stanno continuamente evolvendo grazie
all’introduzione di nuove tecnologie, così come la varietà di prodotti venduti si sta ampliando considerevolmente. Una delle più recenti innovazioni
introdotte è quella della telemetria, che consente di monitorare a distanza
le condizioni tecniche e di assortimento delle singole macchine distributrici. Questo permette di programmare i percorsi di riassortimento collegando i distributori direttamente con i vettori di trasporto, che possono così
ottimizzare i percorsi e conoscere in anticipo le eventuali esigenze di intervento tecnico.
Il collegamento telematico dei singoli distributori rende possibili anche le
interazioni con i circuiti di pagamento che devono autenticare le transazioni effettuate con moneta elettronica. Un ulteriore fronte innovativo legato alle vendite automatiche è quello dei prezzi variabili in base a parametri
esterni (Courty, Pagliero, 2008), per esempio come nel caso di bibite dissetanti il cui prezzo può variare automaticamente al variare della temperatura esterna.
Anche le nuove tecnologie energetiche rappresentano un’innovazione
rilevante per questo settore, grazie alla possibilità di installare distributori
alimentati a idrogeno (fuel-cell) cher non necessitano di collegamento con
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la rete elettrica, potendoli quindi localizzare liberamente in luoghi non collegati ad alimentatori.
I chioschi elettronici o multimediali sono dei computer installati in luoghi
di pubblico accesso con lo scopo di attirare l’attenzione, fornire informazioni e supportare transazioni digitali. Gli allestimenti delle stazioni sono
opportunamente realizzati per rendere altamente visibile, accessibile e
fruibile il computer, solitamente attrezzato con tecnologie touch screen.
La localizzazione è tipicamente all’interno dei punti vendita, nei centri
commerciali o nei luoghi pubblici di transito pedonale come stazioni ferroviarie, aeroporti o stazioni di servizio stradali.
Quello dei chioschi multimediali è stato un fronte finora trascurato considerate le potenzialità che può offrire, soprattutto per ciò che riguarda le
applicazioni all’interno della distribuzione tradizionale (Rowley, Slack,
2003). In tali contesti, la portata innovativa è per le attività di comunicazione e promozione. Per esempio, possono essere fornite ai consumatori
informazioni aggiuntive sulle caratteristiche dei prodotti, sul modo di utilizzarli, sulle disponibilità in stock, sui prodotti collegati, sulle eventuali promozioni attive, fino ad arrivare, per alcuni prodotti, a rendere possibili personalizzazioni in base a parametri indicati dal cliente.
In alcuni casi i chioschi possono essere anche usati per interagire maggiormente con i consumatori, come supporto ai programmi di fedeltà, o
coinvolgendoli nella costituzione di community. In tal senso, i chioschi
multimediali sono stati indicati come una nuova opportunità, soprattutto
per i produttori, per recuperare il controllo, nel punto vendita, delle decisioni finali di acquisto compiute dal consumatore (Norris, 1994).
4. L’innovazione nelle relazioni di canale
Con riferimento alle relazioni lungo i canali di marketing (B),
l’innovazione può manifestarsi nelle attività a monte condotte dai membri
del canale, oppure nelle attività a valle, o ancora nei rapporti con gli acquirenti finali. Mentre nel paragrafo precedente sono stati considerati gli
aspetti di carattere tecnologico dell’innovazione, legati alle ICT e alla logistica, in questo paragrafo vengono trattate le implicazioni strategiche e
organizzative che l’innovazione determina per le imprese che si trovano
nei canali di marketing.
Nel caso delle attività a monte (B.1), il principale fronte di innovazione,
spesso più graduale che radicale, ha riguardato negli ultimi anni la strategia di acquisto delle imprese della grande distribuzione. In seguito ai processi di modernizzazione della distribuzione, i grandi retailer hanno iniziato
a esprimere un’autonomia strategica svincolata dalla dipendenza dai produttori di marca, che si è espressa attraverso un approccio attivo al mercato di approvvigionamento. Secondo questa impostazione, le scelte assortimentali sintetizzano il collegamento fra il mercato a valle del distributore e
quello a monte, assicurando coerenza al posizionamento. Per rispondere
ai rapidi cambiamenti della domanda, all’accorciamento del ciclo di vita dei
prodotti e alla crescente necessità di migliorare l’efficienza della distribuzione fisica dei beni, la gestione delle attività di acquisto ha assunEdited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca
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to una natura dinamica ed è diventata oggetto di innovazioni organizzative. Tali innovazioni si estendono al rapporto con i fornitori e richiedono il
loro coinvolgimento (Gonzalez-Padron et al., 2008), con ruoli che variano
in relazione ai prodotti che essi offrono (in termini di marca, originalità, unicità, innovazione), alla loro dimensione, al grado di concentrazione
all’interno del settore di cui fanno parte, al valore dal marchio industriale
(Musso, 1999). Il prevalente orientamento del passato a privilegiare fornitori di maggiori dimensioni lascia spazio a nuove possibilità di rapporto
per i piccoli e medi fornitori (Grayson, Dodd, 2007) che possono trovare
spazi complementari e maggiormente dinamici, funzionali ad assortimenti
di varietà, specificità e maggiore rispondenza a logiche di sourcing locale,
anche a livello internazionale (Pepe, 2007).
In maniera speculare ai rapporti di fornitura, un fronte di innovazione nei
rapporti a valle è riconducibile al Trade Marketing (TM) (B.2) (Dupuis, Tissier-Desbordes, 1996; Fornari, 1990), che punta a individuare gli strumenti utili all’efficacia dell’azione di marketing nel momento in cui la distribuzione risulta una variabile non più pienamente controllabile dall'impresa
produttrice. Anche questo fronte, quindi, trae origine dal processo di modernizzazione del commercio. L’impresa commerciale, quale intermediario che permette di gestire la leva distributiva e che è allo stesso tempo
infrastruttura attraverso cui attivare altre leve di marketing, diventa oggetto di stimoli commerciali che devono essere coerenti con le politiche (del
produttore) rivolte al consumatore finale e con quelle di acquisto attivate
dal distributore. Allo stesso tempo, il TM cerca anche di armonizzare e
rendere compatibile il consumer marketing del produttore con il retailing
marketing del distributore, anche questo rivolto al consumatore finale.
Il TM porta allo sviluppo di innovazioni organizzative per l’impresa industriale, nell’uso degli strumenti commerciali e promozionali rivolti al distributore, nei processi di business intelligence nei quali il distributore diventa
allo stesso tempo oggetto e partner dell’analisi di mercato.
Il TM ha espresso in passato il suo potenziale innovativo soprattutto sul
fronte degli strumenti rivolti ai distributori, mentre solo più recentemente si
è sviluppata l’attività di analisi dei distributori stessi e del relativo processo
di acquisto. Così come il marketing tradizionale prevede lo studio del
comportamento di acquisto del consumatore, anche il TM si spinge ad
analizzare i criteri di scelta dei distributori e le strategie che questi sviluppano nel rapporto con i fornitori (orientamenti strategici, processi decisionali, struttura organizzativa).
Collegato ai due punti sopra considerati, e riguardante il particolare la
gestione degli assortimenti, è il Category Management (CM) (B.3.). Il CM
è una soluzione organizzativa e interorganizzativa che tende a migliorare,
per i distributori, l’efficacia della gestione delle categorie attraverso un
maggiore coordinamento degli acquisti, della gestione assortimentale,
delle politiche di prezzo e dei marchi trattati. Il CM coinvolge il fornitore
nella gestione delle categorie, considerate come business unit, in funzione del miglioramento dei risultati della gestione (Dhar et al., 2001). Un categoria veine definita come un distinto gruppo di prodotti che il consumatore percepisce come complementari e/o sostitutivi nel soddisfacimento di
determinate funzioni d’uso (ECR Report, FMI, 1995).
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Il CM coinvolge sia le attività rivolte al consumatore per incrementare la
domanda, sia quelle di carattere tecnico-organizzativo per migliorare la gestione della supply chain e il coordinamento logistico con i fornitori. I fronti di
innovazione derivanti dal CM possono essere individuati nei seguenti:
- criteri di esposizione dei prodotti nei punti vendita (display);
- organizzazione delle vendite del produttore (ruoli a specializzazioni
merceologiche);
- organizzazione delle responsabilità di acquisto dei distributori (ruoli
a specializzazioni merceologiche) ed esigenza di coordinamento
fra acquisti e vendite;
- criteri di analisi del ruolo e della redditività della categorie;
- rapporto fra trade marketing e retailing marketing;
- VMCM, quale processo inovativo del concetto di VMI, collegato
all’ECR) (cfr. par. 4.1).
Un terreno di innovazione lungo i canali di marketing può essere considerato anche lo sviluppo dei prodotti a marchio commerciale (B.4). I grandi distributori commercializzano prodotti con proprio marchio per differenziare l’offerta rispetto ai concorrenti, aumentare la fidelizzazione e rafforzare l’identità dell’insegna.
L’innovazione legata ai prodotti a marchio commerciale porta verso una
ridefinizione di ruoli fra produttori e distributori (Kumar, Steenkamp, 2007),
con i distributori che si appropriano delle politiche di marca, promozionali
e, in alcuni casi, anche della ricerca e sviluppo. Di conseguenza, si manifesta una potenziale perdita di tutte le funzioni di marketing del produttore
e talvolta di quelle a monte, dalla progettazione alla ricerca delle fonti di
approvvigionamento.
Più di recente, si sta assistendo a un’estensione degli assortimenti a
marchio commerciale, che dalle classiche categorie alimentari e grocery
si stanno espandendo anche su prodotti non alimentari come biancheria
personale, prodotti per il fai-da-te, piccoli elettrodomestici e attrezzature
per la casa, prodotti farmaceutici.
Ancora secondo la prospettiva relazionale, un ulteriore fronte di innovazione è dato dalla Corporate Social Responsibility (CSR) (B.5) e da tutte
le politiche correlate, in particolare quelle relative alla gestione di prodotti
etici e quelle legate al controllo/tracciabilità delle supply chain.
La CSR rappresenta un concetto che accoglie in maniera estensiva
quello di responsabilità, con riferimento a tutti i valori coinvolti nel rapporto
fra un’impresa e l’ambiente che la circonda. Per le imprese questo significa responsabilità verso i consumatori ma anche verso gli investitori, che
peraltro si aspettano una massimizzazione dei profitti. La crescente sensibilità dei consumatori verso il concetto di sostenibilità ha spinto i distributori più innovativi all’adozione di precise politiche di CSR per la gestione dei propri assortimenti (Freestone, McGoldrick, 2008).
Più recentemente, il confine del classico concetto di etica di impresa si
è esteso ed è arrivato a comprendere il più ampio fronte della CSR e dello
sviluppo sostenibile. Il concetto di sviluppo sostenibile sintetizza le tre dimensioni del problema: la salvaguardia dell’ambiente, il rispetto per i diritti
umani e l’equità nella distribuzione del valore fra tutti i soggetti che partecipano alle filiere.
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Un ultimo fronte relativo all’innovazione nella prospettiva relazionale riguarda quello delle iniziative di personalizzazione e fidelizzazione nel rapporto con il consumatore (B.6), ossia tutte le attività finalizzate al consolidamento della relazione con il cliente finale sulla base delle informazioni
ottenibili e attraverso processi di Customer Relationship Management
(CRM). Il CRM nella distribuzione al dettaglio viene associato all’uso delle
carte fedeltà, che permettono al distributore di ottenere un elevato numero
di informazioni dai suoi clienti. La tecnologia delle carte fedeltà permette di
trasformare semplici dati sui consumatori in indicazioni sulle loro abitudini e
gusti (Pine, Peppers and Rogers 1995) e, mediante appositi strumenti, diventa possibile adottare iniziative per fidelizzare il cliente e alimentare un
clima di fiducia (Mauri, 2003). I programmi fedeltà permettono anche di
4
aumentare la share of wallet (SOW) , ossia la quota di consumi ricorrenti
che vengono effettuati presso il medesimo punto vendita.
Dei fronti di innovazione finora visti, riguardanti gli aspetti relazionali, il
campo di applicazione è quello dei beni di consumo, e in larga prevalenza
quello dei beni grocery, con l’unica eccezione del CRM che trova espressione anche nei beni industriali. I primi due fronti (attività di acquisto
dell’impresa commerciale e trade marketing) si sviluppano soprattutto nei
rapporti fra imprese, anche se il collegamento con il consumatore finale si
manifesta quando la condivisioni dei dati sulla domanda finale e le azioni
promozionali e di comunicazione progettate congiuntamente portano a
estenderne i confini oltre il rapporto cliente-fornitore.
Il CM, i prodotti a marchio commerciale e la CSR rappresentano fronti di
comune coinvolgimento cliente-fornitore con dirette applicazioni verso il
consumatore finale. L’ultimo fronte, quello della custmer care, è invece
più chiaramente centrato sul cliente finale, con protagonista il distributore,
se si tratta di beni di consumo, o anche il produttore, se si tratta di beni
strumentali.
5. La prospettiva strutturale dell’innovazione nei canali
L’innovazione nei canali di marketing secondo la prospettiva strutturale
(C) fa riferimento ai cambiamenti nella struttura dei canali, allo sviluppo di
nuovi canali e ai conseguenti processi di disintermediazione, reintermediazione o multicanalità.
L’analisi può essere effettuata nella distinzione fra innovazioni che scaturiscono per iniziativa dell’impresa produttrice (C.1) e innovazioni che si sviluppano in seguito ai meccanismi interni dell’offerta commerciale (C.2).
L’innovazione per iniziativa dell’impresa produttrice (C.1) è influenzata
principalmente dalla ricerca di soluzioni in grado di:
- salvaguardare o valorizzare la marca attraverso un maggior controllo della distribuzione che possa assicurare un utilizzo coerente
delle politiche attivate nel punto vendita (prezzi, comunicazione,
promozioni, immagine e arredamento, visual merchandising);
- rafforzare il rapporto con il cliente finale, anche attraverso politiche
di servizio;
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-
conseguire maggiore redditività attraverso il presidio di fasi a valle
della catena del valore;
- accorciare il canale attraverso una riduzione dei livelli di intermediazione.
Le principali innovazioni introdotte dai produttori che influiscono sulla
struttura dei canali di marketing si sono manifestate soprattutto a livello di
distribuzione al dettaglio. Le principali sono costituite dal franchising (Gillis,
Combs, 2009), anche a livello internazionale (Szulanski, Jensen, 2008), dai
Multilevel Marketing System (MVM) (Johnston, Ferrell, Darmon, 2007), dal
multilevel franchising (Emerson, 2009) che combina la distribuzione di tipo
tradizionale con tecniche di vendita diretta, dai negozi monomarca dei produttori (Wang,, Bell, Padmanabhan, 2009), dai factory outlet (Bray, Berger,
2008), dai pop up stores, denominati anche temporary stores o guerrilla
stores (Niehm et al., 2007).
Questi ultimi rappresentano l’espressione più recente di soluzioni innovative adottate dai produttori di marca, quale novo format sperimentale
utilizzato per attirare i consumatori. I negozi temporanei comportano la
creazione di un ambiente finalizzato a promuovere un marchio o una linea
di prodotti, disponibile per un breve periodo di tempo, generalmente in un
ambiente di dimensioni ridotte per stimolare il dialogo con il personale aziendale (Gordon, 2004). I negozi temporanei sono realizzabili anche al di
fuori dei tradizionali ambienti della distribuzione al dettaglio, in tutti i casi
in cui si vuole ricreare un’atmosfera simile a quella di un negozio ma in
contesti innovativi, come ristoranti, alberghi o altro (Shanahan, 2005). I
negozi temporanei possono anche essere mobili e legati a singoli eventi,
eventualmente associando l’iniziativa ad altre tecniche di guerrilla marketing (Trend Watching, 2006).
Secondo una prospettiva strutturale, rientra fra le innovazioni attivate
dai produttori anche l’e-commerce, di cui si è già parlato nel par. 4.2. La
nascita di nuovi canali, che nel caso dell’e-commerce da vita a forme alternative di distribuzione fra cui poter scegliere, non ha in realtà posto una
questione di disintermediazione (dei distributori tradizionali) e di reintermediazione, bensì di multicanalità, come verrà discusso successivamente
nel corso di questo praragrafo.
I processi di innovazione nella struttura dei canali di marketing originati
dalle imprese di distribuzione (C.2) possono essere ricondotti nell’ambito
del naturale processo di continuo cambiamento che caratterizza la distribuzione commerciale.
Fin dai primi contributi con cui McNairs (1958) e Hollander (1960) han5
no sviluppato la teoria della Wheel of Retailing , molte alter revisioni di tale teoria sono state poi proposte (Mårtenson, 1981; Brown, 1988; Levy,
Weitz, 2001; McGoldrick, 2002) e altre teorie sull’evoluzione della distribuzione commerciale si sono susseguite, come quella della Retail Accordion (Hollander, 1966), del General-Specific-General Cycle (Gist, 1968),
del ciclo di vita della distribuzione (Davidson et al., 1976), della prospettiva dialettica (Gist, 1968), le teorie basate su metafore biologiche (Dreesmann, 1968), quelle basate sulla prospettiva dei sistemi aperti (Markin,
Duncan, 1981; Roth, Klein, 1993) e quella legata al concetto del Big
Middle (Levy et al., 2005).
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Attualmente, le ricerche tendono a sottolineare come i confini fra i diversi
formati della distribuzione siano sempre più sfumati (McGoldrick, 2002).
L’innovazione originata a livello distributivo può anche essere vista come innovazione di prodotto delle imprese commerciali che, a differenza di
quanto avviene per l’innovazione nell’industria di marca, non determina
un vantaggio competitivo stabile e duraturo, essendo l’innovazione visibile
e quindi difficilmente difendibile dall’imitazione.
L’innovazione di prodotto nel commercio viene intesa sia nella prospettiva
della comparsa sul mercato di nuove forme distributive (format e concept di
punto vendita) sia nella prospettiva di evoluzione continua della proposta
commerciale attraverso la gestione delle leve di marketing (assortimento,
prezzo, promozioni, merchandising), nell’ambientazione e negli attributi soft
del punto vendita (visual merchandising, architettura del punto vendita, attrezzature), nelle relazioni con la clientela finale (carte fedeltà, micromarketing, one to one marketing), nell’offerta di servizi che esulano dai confini competitivi tradizionali (ristorazione, entertainment, servizi culturali) (Castaldo,
2001).
Sia nel caso dell’innovazione strutturale generata dalle imprese industriali, sia di quella generata dalle imprese commerciali, lo sviluppo di
nuovi canali porta al fenomeno della multicanalità, soprattutto con lo sviluppo dell’e-commerce, che consente l’integrazione delle vendite on-line
con un portafoglio di canali distributivi alternativi (Agatz et al., 2008).
Per i produttori, le principali problematiche di marketing legate alla multicanalità riguardano il pericolo di cannibalizzazione di canali e le possibili
conflittualità fra i membri di canali diversi, che finiscono per essere in concorrenza fra loro (Webb, 2002). Inoltre, all’aumento del numero di canali
utilizzati, le vendite veicolate da ciascun canale rischiano di ridursi, comportando possibili problemi di equilibrio economico. Conflittualità possono emergere anche all’interno dell’impresa, fra i responsabili dei diversi canali, e
anche fra i partner delle relative supply chain (Tsay et al., 2004).
Di conseguenza, la capacità di gestire un intero portafoglio di canali, invece che considerarli singolarmente, diventa un elemento chiave per gestire efficacemente la multicanalità e diventa necessario realizzare precise strategie multicanale (Rosenbloom, 2007). È importante, per i produttori, riuscire a gestire le relazioni con i propri clienti attraverso più canali di
interazione usando informazioni e processi che devono avere una base
comune e che si devono sviluppare in maniera compatibile, sfruttando le
esperienze e le informazioni acquisite da un canale a favore anche degli
altri canali. Occorre, di fatto, trovare un equilibrio fra ricerca di economie
di scala derivanti dall’integrazione dei diversi canali, da una parte, ed esigenza di adattamento e ricerca di specifiche soluzioni che ogni canale richiede, dall’altra. Quindi, occorre decidere quali processi integrare attraverso il ricorso a più canali, e quali tenere distinti per ogni canale (Gulati,
Garino, 2000).
6. Conclusioni e Emerging Issues
L’analisi effettuata in questo lavoro ha cercato di fornire un contributo per
una visione dell’innovazione nei canali di marketing che non fosse limitata
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ad alcuni specifici aspetti dell’innovazione o ad alcuni stadi del canale.
L’esigenza di una visione d’insieme nasce dal fatto che l’innovazione lungo
i canali si sviluppa spesso nei processi di interazione fra i vari membri, il cui
ruolo tende peraltro a sfumarsi maggiormente rispetto al passato. In effetti, i
produttori, i grossisti e i distributori al dettaglio sono diventati sempre più
problematici da analizzare e da comprendere in maniera distinta. Il ruolo dei
distributori è di fatto cambiato nel momento in cui hanno iniziato a integrare
attività a monte, come la progettazione del prodotto, gli approvvigionamenti
e la produzione, o anche quando si sono appropriati delle politiche di prezzo verso l’acquirente finale. I prodotti a marchio commerciale, le vendite online e lo sviluppo del succursalismo sono tre fenomeni emblematici di una
sovrapposizione che in alcuni casi diventa una sostituzione di ruoli.
La classificazione proposta in questo lavoro, distinta secondo tre principali prospettive, quella relazionale, tecnologica e strutturale, può rappresentare un punto di riferimento per approfondire ulteriormente l’analisi dei
processi innovativi che si sviluppano nei fronti individuati.
In particolare, dal lavoro emergono alcuni aspetti che necessitano di ulteriore approfondimento. Il primo di questi riguarda i driver dell’innovazione
fra:
- cambiamenti della domanda e relative esigenze/aspettative rispetto
a cui si aprono spazi di innovazione per l’offerta di servizi e modalità distributive;
- sviluppi della tecnologia che offrono nuove opportunità alle imprese
per introdurre innovazioni sia nell’offerta di servizi distributivi, sia
nelle relazioni lungo i canali e con i consumatori finali;
- meccanismi competitivi orizzontali, sia fra imprese manifatturiere
che fra distributori, e verticali, che portano allo sviluppo di nuove
soluzioni organizzative e strutturali.
Il secondo aspetto che richiede maggiore approfondimento è quello relativo all’esigenza di realizzare una griglia concettuale in cui poter collegare i fattori influenzanti dell’innovazione con le sue conseguenze nei rapporti fra imprese e nei rapporti con i clienti finali, distinguendo fra beni di
consumo e beni industriali/strumentali. Come emerge dalla letteratura più
recente (Ganesa, Gorge, Jap, 200; Rosenbloom, 2007), la multicanalità
rappresenta il tema comune e trasversale rispetto alle principali dinamiche dell’innovazione, assieme alle implicazioni che Internet e lo sviluppo
dell’e-commerce continuano a produrre.
Un ultimo aspetto che necessita di chiarimento è quello relativo
all’orizzonte temporale da prendere come riferimento a proposito
dell’innovazione. Il problema si pone non tanto rispetto all’analisi di ciò
che è avvenuto, ma a quella di ciò che può avvenire. La tecnologia, attualmente in forte sviluppo, sta aprendo scenari di grande cambiamento
per quel che riguarda le abitudini di consumo, di acquisto, di interazione
fra imprese, di modalità di gestione del tempo. Tali cambiamenti richiederanno alle imprese la ricerca di nuovi modelli organizzativi, di gestione dei
rapporti di canale, così come nuovi modelli di comunicazione.
Di fronte a tutto questo si pone un problema di discriminare fra un’ottica di
breve e medio periodo, che assume lo stato attuale delle tecnologie ‘a impianti esistenti’, e una di lungo periodo con tecnologie evolute.Tale differenza, con la maggior parte delle imprese spesso legate a una prospettiva di
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breve-medio termine, si rivela di particolare rilevanza per l’orientamento
delle scelte strategiche, sia dei produttori che dei distributori.
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Note
1
Nato nel 1987 negli Stati Uniti sotto la spinta di Procter&Gamble e di Wal-Mart, il progetto
ECR si è diffuso nel decennio successivo anche nei mercati europei, dove si sono insediate
le associazioni nazionali ECR. I due assi fondamentali dei progetti ECR mirano, da una parte, ad assicurare il flusso di merci senza rotture di stock e dall’altra a regolare il flusso di informazioni tra i soggetti della filiera attraverso i sistemi di comunicazione Electronic Data Interchange (EDI) e le nuove tecnologie dell’informazione basate su Internet.
2
Il cross docking è un sistema di consegna che prevede l’arrivo di carichi completi da più
punti di partenza a un’unica piattaforma dove vengono immediatamente ricomposti e rinviati
per un nuovo punto di destinazione. Il cross docking può essere gestito secondo la logica
della piattaforma multifornitore (piattaforma comune a più produttori) o multidistributore (piattaforma comune a più distributori).
3
Gli e-marketplace possono assumere diverse connotazioni, a seconda delle tipologie di
utenti e delle modalità delle loro interazioni. Si parla di e-marketpalce verticale quando le
transazioni sono riferite a uno specifico settore o segmento di mercato. Si definiscono emarketplace orizzontali quelli che coprono più settori industriali. Per quanto riguarda il processo di selezione dei partecipanti, un e-marketplace è chiamato pubblico se è aperto a tutte
le aziende che desiderano acquistare o vendere on line, chiuso o selettivo quando sono stabiliti dei criteri limitativi per l’accesso.
4
Most grocery shoppers have a primary or focal store in which they make a large share of
their purchases, but the extent to which other stores are used routinely, and consequently
the share devoted to the focal store, varies across consumers. In this context, customer
SOW corresponds to the share of category expenditures spent on purchases at a certain
store, which integrates both choice behaviour and transaction values during a specific time
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period into a single measure of customer share. For retailers, SOW is of great significance,
because they need to know how shoppers divide their purchases across competing stores
and how they can increase their share of total expenditures.
5
La teoria della Wheel of Retailing si basa sulla tendenza del consumatore a non considerare la struttura dell’offerta di servizi commerciali in relazione al binomio merce-servizio, e a
manifestare la propensione a ridurre il consumo di servizi commerciali per aumentare il consumo di merce. Essa adatta il modello del ciclo di vita dei prodotti ai servizi commerciali. Una
nuova forma distributiva entra sul mercato per soddisfare una domanda di alternative inferiori
di prezzo. Nella prima fase del ciclo di vita, quando la competizione è di tipo intertype, la
nuova forma distributiva è impegnata nello sforzo di ridurre il livello di servizi commerciali al
fine di praticare una politica di prezzo aggressiva. Quando la domanda si avvicina alla saturazione, e alla competizione di tipo intertype si sostituisce una competizione di tipo intratype,
le imprese iniziano ad affermare un processo di differenziazione dell’offerta commerciale attraverso un progressivo arricchimento del livello e della qualità dei servizi offerti (trading up).
Nella fase di maturità del ciclo di vita delle forme distributive la competizione di prezzo lascia
il posto ad una competizione di tipo non price e questo meccanismo costituisce il presupposto per la nascita di un nuovo vuoto di offerta in senso economico e la successiva comparsa
sul mercato di un nuovo prodotto commerciale. L’innovazione di prodotto nel commercio è
dunque stimolato, secondo questa teoria, da un meccanismo interno all’offerta.
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