F. O . N . C a M . Preservazione della fertilità in donne affette da carcinoma della mammella MANO1 - PECCATORI2 - AMUNNI3 - DELMASTRO4 - DOLFIN5 DONADIO6 - FABBRI7 - NOCI8 - REVELLI9 - SIMONCINI10 TERRIBILE11 - VANDONE12 - CATALIOTTI13 1 Dipartimento Scienze Biomediche e Oncologia Umana, Università di Torino S.C.Epidemiologia dei Tumori 2 CPO Piemonte, Azienda Ospedaliero Universitaria San Giovanni Battista di Torino. 2 Dipartimento di Medicina, Divisione di Emato-Oncologia Clinica, Istituto Europeo di Oncologia, Milano. 3 SOD Oncologia Medica Ginecologica, Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, Firenze. 4 S.S. Sviluppo Terapie Innovative, Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova. 5 Ospedale di Ivrea e Cuorgnè, A.S.L TO4. 6 S.S.C.V.D. Oncologia Medica Senologica Breast Unit, Azienda Ospedaliero Universitaria San Giovanni Battista di Torino. 7 U.O. di Ginecologia e Fisiopatologia della Riproduzione Umana Policlinico S.Orsola-Malpighi, Università di Bologna. 8 Dip. di Scienze per la Salute della Donna e del Bambino, Università di Firenze Centro di Fisiopatologia della Riproduzione Umana, Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, Firenze. 9 SSD Fisiopatologia della Riproduzione e PMA ASO OIRM-S. Anna, Torino Dipartimento Discipline Ginecologiche e Ostetriche, Università di Torino. 10 Breast Unit del Dipartimento ad Attività Integrata Oncologia della Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, Firenze. 11 Responsabile U.O.S. Terapie Integrate dei Tumori del Seno Policlinico Universitario “A. Gemelli” Roma. 12 S.S.C.V.D. Oncologia Medica Senologica Breast Unit, Azienda Ospedaliero Universitaria San Giovanni Battista di Torino. 13 Dipartimento di Oncologia, Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, Firenze. I l numero di donne che si ammalano di tumore della mammella e che desiderano ancora prole è relativamente alto ed in aumento, soprattutto in considerazione, da punto di vista sociale, si è osservato un aumento dell’età alla prima gravidanza. Una gravidanza successiva non rappresenta un rischio nè per il feto né, in senso prognostico negativo, per la madre; dunque sembra importare preservare la fertilità nelle donne che lo desiderino. A questo scopo un gruppo di esperti ha sentito la necessità di incontrarsi per redarre un documento che contenesse istruzioni ed indicazioni relative alla preservazione della fertilità. Da questo gruppo di lavoro è sono emerse le raccomandazioni per coloro che trattano la patologia mammaria nelle giovani donne in età fertile. Raccomandazioni A tutte le donne con diagnosi di neoplasia maligna della mammella e di età inferiore a 38 anni deve essere data la possibilità, al momento della diagnosi, di effettuare un counseling riproduttivo presso un centro specializzato per la fertilità che sia in collaborazione con una Unità diagnosticoterapeutica di Senologia. Se la donna, adeguatamente informata, desidera preservare la fertilità per una futura gravidanza deve essere attivato subito il percorso individuato e integrato con il trattamento per la neoplasia. Indicatore il 95% delle donne di età inferiore a 35 anni deve avere avuto la possibilità di effettuare un counseling per la preservazione della fertilità. Introduzione Il carcinoma mammario rappresenta il tumore più frequentemente diagnosticato nelle donne di età inferiore a 40 anni. Su 37.950 nuovi casi di tumore mammario registrati in Italia ogni anno, circa il 4.7% (pari a 1.800 casi) si verifica in donne di età inferiore a 40 anni. Un importante problema che si pone in questo gruppo di giovani pazienti è la potenziale perdita della fertilità come conseguenza dei trattamenti antitumorali. Tale problema è di maggiore rilevanza rispetto al passato a causa dello spostamento in avanti dell’età alla prima gravidanza: in Italia la percentuale di gravidanze in donne oltre i 35 anni è passata dal 12% nel 1990 al 16% nel 1996 ed è stato stimato che sarà pari al 25% nel 2025. Studi recenti indicano che il problema della fertilità non sempre viene trattato in maniera adeguata: circa la metà delle donne con pregressa diagnosi di tumore, infatti, non ha memoria di una discussione circa la fertilità al momento della decisione del tipo di trattamento da effettuare. D’altra parte l’aumentato tasso di sopravvivenza delle paN. 62 - 2011 ATTUALITÀ IN SENOLOGIA 65 F. O . N . C a M . zienti con carcinoma della mammella rende i temi della preservazione della fertilità e della gravidanza dopo neoplasia mammaria di grande interesse ed attualità. Il medico che si occupa di giovani pazienti con tumore mammario non può più prescindere da un ascolto attento delle istanze e deve saper gestire problematiche anche apparentemente lontane dalla sua formazione professionale. In questa ottica, la gestione multidisciplinare di un counseling riproduttivo diventa terreno di crescita culturale di ciascuno, senza dimenticare che l’oggetto di discussione è assai delicato sia per i temi affrontati che per i risultati ancora sperimentali ed incerti. La presa in carico della giovane donna con patologia oncologica deve garantire la possibilità di individuare Rapidamente un percorso stabilito che la aiuti a valutare le diverse opzioni di preservazione della fertilità in modo da poter pianificare adeguatamente i tempi rispetto all’inizio di un trattamento oncologico medico, sia adiuvante che neoadiuvante. Effetto dei trattamenti oncologici medici sulla fertilità Il trattamento medico del carcinoma mammario può comportare l’utilizzo di chemioterapia, ormonoterapia o entrambi i trattamenti in sequenza. La chemioterapia può portare ad amenorrea temporanea oppure alla riduzione della riserva ovarica con menopausa precoce prima dei 40 anni: l’entità del danno iatrogeno dipende dal tipo di farmaco utilizzato, dalla sua dose cumulativa e dall’età della paziente al momento dell’avvio del trattamento. Il maggior rischio di infertilità si associa all’utilizzo di chemioterapici alchilanti, in particolare l’uso della Ciclofosfamide, agente che comporta danno diretto sui follicoli primordiali. L’ormonoterapia adiuvante non ha effetto dannoso diretto sui follicoli primordiali ma il suo utilizzo per 5 anni ritarda l’eventuale possibilità di intraprendere una gravidanza. Il ritardo legato alla durata della terapie e il progressivo aumentare degli anni della paziente, aumentano il rischio di infertilità attraverso una riduzione della riserva ovarica correlata all’età. L’incidenza di amenorrea permanente indotta dalla chemioterapia ha ampie variazioni in letteratura, a causa della non uniformità nella definizione di amenorrea e menopausa e della variabilità di distribuzione per età delle pazienti, per tipo di trattamento e per durata del follow-up. E’ importante sottolineare che l’amenorrea è solo una misura surrogata di infertilità. E’ infatti possibile che pazienti in amenorrea dopo chemioterapia abbiano qualche ciclo ovulatorio e al contrario che pazienti che continuano a mestrua66 ATTUALITÀ IN SENOLOGIA 2011 - N. 62 re abbiano comunque subito un danno follicolare ovarico con conseguente rischio di menopausa precoce o comunque di infertilità . In donne di età superiore ai 40 anni che intraprendono una chemioterapia con CMF per 6 mesi, la percentuale di amenorrea permanente si stima essere intorno al 80-95%, mentre questa percentuale scende al 30-40% se si considerano donne di età inferiore ai 40 anni. Se si utilizzano schemi di polichemioterapia a tre farmaci utilizzati per un periodo di tempo non superiore a 6 mesi, contenenti antracicline e ciclofosfamide (CAF-FEC), la percentuale di amenorrea nelle donne di età inferiore ai 40 anni si riduce al 10-25%, mentre rimane superiore all’80% considerando donne di età superiore ai 40 anni. Gli schemi contenenti antracicline e taxani sembrano indurre una maggiore percentuale di amenorrea rispetto agli schemi con antracicline senza taxani. Gravidanza e tumore mammario La preservazione della fertilità in donne affette da neoplasia mammaria ha un razionale solo nel caso in cui una gravidanza successiva ai trattamenti oncologici sia sicura per la madre e per il prodotto del concepimento. Nel passato si riteneva, sulla base di presupposti teorici, che la gravidanza potesse avere un effetto sfavorevole sulla prognosi delle donne con pregresso tumore mammario, soprattutto se quest’ultimo era ormono-sensibile. Tuttavia, i dati clinici attualmente disponibili non hanno confermato tale presupposto: infatti le donne che hanno una gravidanza dopo diagnosi di tumore mammario non sembrano avere una prognosi peggiore rispetto alle donne che non hanno avuto una gravidanza. In una recente meta-analisi, il rischio relativo di morte per le donne che hanno avuto una gravidanza dopo diagnosi e terapia per un pregresso tumore mammario era 0.59 (Tabella 1). Anche se tali risultati provengono da studi osservazionali, a volte effettuati su casistiche numericamente limitate, essi sono rassicuranti per le donne che vogliono avere una gravidanza dopo diagnosi di tumore mammario ed hanno eliminato la controindicazione teorica alla gravidanza in queste donne. Nonostante non vi siano dunque controindicazioni, la percentuale di pazienti che ha una gravidanza a termine dopo una diagnosi di carcinoma mammario è molto bassa e varia dal 3% all’8%. L’utilizzo di LHRHa per la preservazione della riserva ovarica durante chemioterapia Il razionale per l’utilizzo di LH-RHa allo scopo di ridurre la tossicità ovarica della chemioterapia è basato sull’osservazio- F. O . N . C a M . ne che la chemioterapia colpisce maggiormente i tessuti con rapido turn-over cellulare. L’LH-RHa riduce la secrezione di FSH e di conseguenza sopprime la proliferazione folli- colare e la produzione di estrogeni. Questo potrebbe, in linea teorica, ridurre l’effetto tossico della chemioterapia. Un altro effetto protettivo di LH-RHa potrebbe derivare dalla ridotta perfusione a liFigura 1. Effetto della gravidanza in donne con pregresso carcinoma mammario vello ovarico successiva all’ipoestrogenismo, che Author, year RR (95% CI) esporrebbe le gonadi a Cooper 1970 0.64 (0.31 , 1.31) minori concentrazioni Mignot 1986 0.86 (0.34 , 2.18) di agenti chemioterapiAriel 1989 0.85 (0.55 , 1.33) ci, riducendone quindi Sankila 1994 0.21 (0.10 , 0.45) la tossicità. Malamos 1996 0.55 (0.39 , 0.77) In studi clinici di fase Lethaby 1996 0.78 (0.58 , 1.05) Velentgas 1999 0.80 (0.30 , 2.30) II, LH-RHa sono staBirgisson 2000 0.54 (0.25 , 1.13) ti somministrati a 345 Gelber 2001 0.44 (0.21 , 0.96) pazienti, di queste 314 Blakely 2004 0.47 (0.27 , 0.82) (91%) hanno avuto una Mueller 2003 0.54 (0.41 , 0.71) Ives 2007 0.59 (0.37 , 0.95) preservazione della funKroman 2008 0.73 (0.54 , 0.99) zione ovarica e 59 (19%) Largillier 2009 0.23 (0.10 , 0.52) sono andate incontro ad una gravidanza (riassun0.59 (0.50 , 0.70 Pooled Relative Risk* ti in 20 e 21) (Tabella 1). Questi dati suggeriscono un potenziale ruolo 0.1 0.3 0.5 0.7 1.0 1.5 2.5 degli LHRHa nella preQ test for Heterogeneity=22.8 (p=0.04), df=13 I =43.1 servazione della funzio*Mixed effect model: estimates adjusted for the heterogeneity between studies 2 Tabella I: Risultati degli studi con GnRHa in termini di preservazione della funzione ovarica Preservazione funzione No. Studio ovarica Pazienti con gravidanza No. (%) (No.Gravidanze) Waxman (1987) 4 (50) 0 Pereyra Pacheco (2001) 12 (100) 2 (3) Blumenfeld (2005) 70 (93) 21 (31) Franke (2005) 4 (80) 1 (1) Dann (2005) 7 (100) 5 Somers (2005) 19 7 Del Mastro (2006) 27 (97) 0 Recchia (2006) 67 (67) Castelo-Branco (2007) 27 (90) 1 (1) Loverro (2007) 14 (100) 0 Blumenfeld (2008) 63 (70) 19 (26) Huser (2008) non riportato Totale 314 (91) 59 N. 62 - 2011 ATTUALITÀ IN SENOLOGIA 67 FONCaM ne ovarica, ma non costituiscono l’evidenza definitiva di tale ruolo essendo la maggioranza degli studi di fase II o osservazionali. Attualmente è disponibile un solo studio di fase III pubblicato, i cui risultati sono riportati nella Tabella 2, ma che necessita di ulteriori conferme. servazione di ovociti e la crioconservazione del tessuto ovarico. CRIOCONSERVAZIONE DI OVOCITI La crioconservazione ovocitaria presuppone una stimola- Tabella II: Risultati 8 mesi dopo la terapia Studio Gruppo trattato con CT + LHRH a (n=39) Gruppo controllo trattato con CT da sola (n=39) Ripresa mestruazioni 35 (89.6%) Ripresa ovulazione 27 (69.2%) 2 (3) <.001 Valore di p <.001 Menopausa precoce 4 (11.4%) 21 (31) <.001 FSH sierico (mIU/mL) 8.3 ± 2.10 15.2 ± 5.31 <.009 LH sierico (mIU/mL) 7.6 ± 2.34 16.3 ± 2.43 <.004 E2 sierico (pg/mL) 279 ± 23.32 75.43 ± 18.98 <.001 P sierico (ng/mL) 6.3 ± 1.01 3.7 ± 1.21 <.004 Vari studi confermatori di fase III sono attualmente in corso. Tra questi, lo studio italiano, GIM6-PROMISE ha concluso il reclutamento delle pazienti ed i risultati presentati all’ASCO meeting del 2010 hanno confermato il ruolo protettivo a livello ovarico. Preservazione della fertilità e medicina della riproduzione- percorsi clinici È importante indirizzare rapidamente le pazienti con neoplasia mammaria a centri specializzati nella preservazione della fertilità. Esistono infatti alcune opzioni per la preservazione della fertilità che devono essere realizzate prima che le pazienti vengano sottoposte a trattamenti chemioterapici. L’attuale legislazione vigente in Italia, permette la criocon68 ATTUALITÀ IN SENOLOGIA 2011 - N. 62 zione ovarica con gonadotropine. Per evitare il potenziale rischio legato all’incremento dei livelli di estradiolo circolanti, nei protocolli di stimolazione ovarica è stato inserito il letrozolo, un inibitore dell’aromatasi utilizzato per la terapia del tumore mammario endocrino-responsivo nelle donne in post-menopausa. Con l’utilizzo di questo farmaco i livelli di estradiolo sono aumentati rispetto al ciclo spontaneo ma in modo nettamente inferiore se confrontati a quelli riscontrabili con la stimolazione convenzionale; questo è un fattore importante soprattutto in pazienti con neoplasia positiva per i recettori estrogenici. La stimolazione parte in genere dal 2° giorno del ciclo mestruale e prevede l’utilizzo combinato di letrozolo e gonadotropine. Il tempo richiesto per un’adeguata stimolazione è circa di 10-14 giorni. Durante la stimolazione vengono ef- FONCaM fettuati dosaggi sierici dei valori di estradiolo e monitoraggi ecografici della crescita follicolare ogni 2-3 giorni. Una volta raggiunta la maturità follicolare si programma il prelievo ovocitario (pick up), che viene eseguito in anestesia generale (o locale con eventuale sedazione) per via ecografica transvaginale. Gli ovociti possono essere conservati per anni, fino alla richiesta del loro utilizzo da parte della paziente. Dopo lo scongelamento gli ovociti fecondati vengono coltivati per 24-48 ore e poi trasferiti in utero. CRIOPRESERVAZIONE di TESSUTO OVARICO La crioconservazione di tessuto ovarico, prelevato mediante biopsia per via laparoscopica prima dell’inizio delle terapie antitumorali, offre importanti prospettive per preservare la funzione riproduttiva e l’attività steroidogenica delle pazienti affette da patologie neoplastiche, siano bambine o giovani donne in età fertile. La crioconservazione del tessuto ovarico consente di recuperare un numero elevato di follicoli. Può essere effettuata in qualsiasi momento del ciclo mestruale evitando ritardi nell’inizio della terapia antineoplastica; risulta particolarmente indicata nei tumori ormono-sensibili e/o in pazienti in cui non è consigliabile ) effettuare la stimolazione ovarica. Il tessuto ovarico, dopo scongelamento, potrà essere reimpiantato ortotopicamente al peduncolo ovarico d’origine (nella sede ovarica dove è stato effettuato il prelievo), e/o eterotopicamente, lontano dalle ovaia e in siti particolarmente vascolarizzati (es. sotto la borsa omentale, sotto la capsula renale, sulla superficie del muscolo deltoide, sulla superficie anteriore dell’utero o sotto la pelle dell’avambraccio) per ripristinare la funzionalità gametogenica, quindi la fertilità e/o steroidogenica. Il tessuto ovarico può essere in alternativa posto in coltura per ottenere la crescita e lo sviluppo in vitro dei follicoli dai quali prelevare gli ovociti maturi da utilizzare in un programma di fecondazione in vitro. Lo sviluppo e maturazione in vitro di follicoli primordiali, necessita ancora di ricerche, poiché la completa maturazione si è ottenuta solo negli animali. La crioconservazione del tessuto ovarico è una tecnica molto promettente. Fino ad oggi sono stati effettuati reimpianti circa in 50 pazienti. La percentuale di ripresa della funzionalità ovarica è del 90-100% compatibilmente con l’età della paziente e il numero di follicoli presenti al momento della crioconservazione. Per quanto riguarda la possibilità di avere figli, dati del 2009 registrano nel mondo dodici bambini nati grazie alla crioconservazione e successivo reimpianto di tessuto ovarico. Conclusioni Tutte le pazienti, in età fertile, debbono essere informate al momento della diagnosi della possibilità di accedere a protocolli per preservare la fertilità. In caso La paziente sia interessata viene inserita in un percorso clinico-assistenziale che prevede che venga indirizzata, già al momento della diagnosi, dall’Unità di Senologia, ad un colloquio preliminare presso il centro specializzato per la Riproduzione Umana nella sede di riferimento che deve essere individuata e con la quale debbono esistere accordi preliminari, dove avrà informazioni sui limiti, rischi e benefici della procedura. Se la paziente deciderà di partecipare a questo programma sarà informata sulle possibili opzioni, dopo che l’intera equipe medica (esperti di riproduzione, oncologi e senologi) avrà discusso il suo personale percorso clinico, che sarà basato sul tipo di trattamento previsto. Sarebbe utile mantenere, al di là di ciò che avviene nei singoli centri, un data -base /registro a livello nazionale dei casi inseriti in questo percorso dedicato per monitorare l’efficienza ed efficacia del percorso stesso e per il calcolo dell’indicatore rispetto alle raccomandazioni. Il gruppo si propone di organizzare un registro discutendone le possibilità organizzative e le risorse in ambito foncam. N. 62 - 2011 ATTUALITÀ IN SENOLOGIA 69