Fertilità@ IEO: una nuova opportunità per le pazienti

Fertilità@ IEO: una nuova opportunità per le pazienti con tumore
Fedro Peccatori, Direttore progetto “Fertilità e Gravidanza in Oncologia”
Istituto Europeo di Oncologia, Milano
Informazione, ricerca e multidisciplinarietà: sono questi i temi fondamentali intorno ai quali
si gioca il successo di un programma integrato di preservazione della fertilità nelle pazienti
oncologiche.
Informazione
Di 150 donne con neoplasia della mammella che avevano appena concluso un
trattamento chemioterapico, solo 1 su 3 era stata informata del rischio di sterilità, così si
legge in un articolo di Christine Duffy pubblicato sul Journal of Clinical Oncology nel 1995.
Oggi non è più possibile dire “non ci ho pensato”. Le tecniche di crioconservazione di
ovociti, embrioni e tessuto ovarico hanno raggiunto livelli di efficienza impensabili fino a
qualche anno fa. Il ciclo mestruale può essere sincronizzato rapidamente con antagonisti
dell’ LHRH e la stimolazione può essere adattata anche per pazienti con tumori
ormonosensibili, senza raggiungere elevati livelli di estrogeni potenzialmente pericolosi
per le pazienti. Il tessuto ovarico può essere prelevato con un intervento chirurgico mini
invasivo, senza allungare i tempi operatori, durante la chirurgia oncologica. La cultura in
vitro di ovociti permette di raccogliere cellule immature, farle maturare in laboratorio e poi
congelarle, una tecnica che potrebbe essere utilizzata in futuro anche partendo dal tessuto
ovarico.
Diventa quindi prioritario che i centri che si occupano di oncologia dell’età fertile abbiano
un referente che organizzi un percorso specifico per ciascuna paziente a seconda dell’
età, della patologia e delle cure oncologiche previste. D’altra parte, i medici e i chirurghi
oncologi devono conoscere la possibilità di riferire le pazienti per un counselling dedicato,
con un rapido accesso allo specialista in medicina della riproduzione. Anche le donne
devono sapere che una diagnosi di tumore non è più sinonimo di infertilità: in media, entro
3 settimane dalla diagnosi si possono crioconservare i gameti per un futuro utilizzo.
All’ Istituto Europeo di Oncologia, in collaborazione con il Centro di Riproduzione Umana
Florence , le pazienti possono ricevere un consulto di “oncofertility” con un oncologo
specialista anche in ginecologia e con una ginecologa specialista in medicina della
riproduzione, con un rapido accesso ai centri di raccolta di gameti con i quali è stata
stabilita una intesa. Creare una rete tra i centri di oncologia e quelli di riproduzione umana
è indispensabile per poter offrire a ciascun paziente le migliori opportunità, con protocolli
condivisi e senza informazioni dissonanti.
Ricerca
Chemioterapia radioterapia e terapie biologiche hanno migliorato significativamente la
sopravvivenza delle pazienti affette da tumore. Sappiamo che alcuni tipi di chemioterapici,
in particolare quelli che danneggiano il DNA, riducono il numero degli ovociti primordiali,
diminuendo la cosiddetta riserva ovarica e aumentando il rischio di infertilità e menopausa
anticipata.
Sappiamo però poco sui nuovi farmaci, che pure rappresentano una fetta importante
dell’attuale armamentario terapeutico oncologico. Ad esempio non sappiamo nulla sulla
potenziale tossicità gonadica dei nuovi antiangiogenetici, compresi gli anticorpi
monoclonali e le piccole molecole. Eppure nel normale ciclo ovarico, i fattori angiogenetici
sono fondamentali per lo sviluppo e il mantenimento del corpo luteo, così come sono
importanti per l’annidamento dell’embrione.
All’Istituto Europeo di Oncologia di Milano in collaborazione con il laboratorio di Anatomia
Patologica e Ematoncologia, abbiamo messo a punto protocolli che valutano le variazioni
di FSH, Estradiolo e AMH in corso di terapie antineoplastiche. Inoltre è da poco partito uno
studio in un modello murino che valuta specificatamente il danno vascolare e endoteliale
ovarico dovuto alla chemioterapia.
Multidisciplinarietà
La oncologia del futuro sarà sempre più caratterizzata dalla ricerca di terapie mirate al
tumore e adattate all’individuo. Non si cureranno più i tumori della mammella, piuttosto
ciascuna paziente riceverà un trattamento che tenga conto dell’assetto genetico della
stessa paziente, delle alterazioni genetiche ed epigenetiche del tumore e dei farmaci più
adatti a ripristinare l’equilibrio fisiologico che il tumore ha alterato. Anche i meccanismi di
tossicità dei farmaci potranno essere identificati a priori, caratterizzando specifiche vie
metaboliche e potendo quindi sceglier a parità di efficacia il farmaco meno tossico.
Non dovrà più esistere una medicina dove ciascun specialista si occupa esclusivamente
di un organo o di una patologia. La iperspecializzazione è utile solo nell’ambito di una vera
multidisciplinarietà e interdisciplinarietà, dove diversi professionisti si siedono intorno ad
un tavolo (anche virtuale) e discutono insieme. La sfida della preservazione della fertilità
in oncologia è anche una sfida culturale: ci si deve saper incontrare partendo da
conoscenze e esperienze molto lontane, ottimizzando le risorse e creando reti virtuose,
dove il ciclo della conoscenza e della collaborazione crea valore aggiunto.